Quando l' economista approfondisce una questione, molti provano un senso di estraneità e di spavento. C' è chi fa finta di capire, chi rinuncia a capire, chi si fa congestionare dal rancore, chi sbuffa infastidito e chi semplicemente scappa.
Purtroppo l' economista è tenuto a pensare in modo semplice e sulla base dei fatti; la maggior parte di noi si ritrova solo se immerso nell' abituale confusione (i giornali piacciono proprio per quello). La confusione generalizata ci libera la favella che correndo a ruota libera ci fa sentire meglio.
Conta anche che l' economista sia tenuto a pensare in modo razionale, e la maggior parte di noi si orienta solo se circondata dalla rassicurante compagnia delle proprie distorsioni cognitive.
Non è certo un caso se nel mondo, in genere, la gente non riesce a pensare l' economia.
In Italia, poi, le cose vanno ancora peggio che altrove.
Qui, per esempio, Robin Hanson rifette sul significato della parola "sessismo".
Si chiede, tra l' altro, come evitare che ce ne sia troppo poco.
Una questione importante, ma sul punto è difficile avere risposte da chi non comprende nemmeno la domanda.
Purtroppo, chissà perchè, chi ha sempre in bocca quella parole non s' impegna poi tanto per affrontare quesito del genere, forse non sente l' urgenza.
O forse è troppo smaliziato per non sapere quanto la ragione rallenti le "grandi manovre".
Il fascino pragmatico dei "come" non puo' essere intralciato da dei prosaici "perchè".
Per fortuna, qua e là, vaga ramingo qualche economista, novello "povero di spirito".