giovedì 11 novembre 2010

Il tempo di E.

Relatività e tempo, alcuni punti da aver chiari per non cadere in equivoci.

1) L’ esperimento di Michelson e Morley dimostrò che la velocità della luce è una costante, ovvero che non è soggetta alla composizione galileiana.

2) La composizione galileiana delle velocità (trasformazione galileiana) ci dice che se un’ auto che va a 100 km orari viene superata da un’ auto che va a 120 km orari, allora quest’ ultima apparirà alla prima con una velocità di 20 km orari. Ebbene, questo calcolo differenziale non è applicabile qualora l’ auto sia superata da una particella luminosa poiché la velocità della luce è una costante universale (sempre la stessa indipendentemente dallo spazio e dal moto). Le trasformazioni di lorentz si adattano invece a questo secondo caso.

2bis) Si noti che se vado a 100 km/h e vengo superato da un’ auto che va a 200 km/k posso sempre dire che quell’ auto va a 100 km/h ma nel suo sistema i km sono lunghi mezzo km  e le ore durano mezz’ ora. Se dico che va a 200 km/h è perché decido di considerare lo spaziotempo come una costante universale, ovvero comune a tutti i sistemi inerziali.

2ter) Le trasformazioni sono degli algoritmi che traducono i fenomeni da un piano cartesiano ad un altro. Ogni sistema inerziale ha un suo proprio piano cartesiano.

2quater) si immagini un vagone che corre velocissimo e una fonte luminosa che si accende nel bel mezzo del vagone. Secondo il viaggiatore a bordo del vagone (per lui tutto è fermo) la luce colpisce simultaneamente la parete di testa e quella di coda ma secondo uno spettatore che guarda dalla pensilina (per lui il vagone è in movimento) la parete di testa (che si allontana dal punto di emissione della particella) viene colpita dopo mentre quella di coda (che si avvicina al punto di emissione) viene colpita prima. Come riconciliare le due osservazioni divergenti? Se la velocità del vagone si avvicina a quella della luce si adotteranno le trasformazioni di lorentz.

2quinquies) Ma analizziamo l’ esperimento mentale del vagone e della fonte luminosa che si accende nel mezzo per segnalare un’ asimmetria fondamentale per capire come rallenta il flusso del tempo in un sistema in movimento. Poniamo che il vagone viaggi ad una velocità vicina a quella della luce: vista dalla pensilina, la fonte luminosa impiegherà parecchio tempo a raggiungere la parete anteriore, ovvero, apparirà come se procedesse molto lentamente lentamente. D’ altra parte la stessa fonte raggiungerà quasi subito la parete posteriore ma non potrà mai apparire più veloce della sua equivalente simmetrica, questo perché non è concepibile un corpo che viaggi a velocità superiore rispetto alla luce. Per mantenere l’ asimmetria di tocco sarà necessaria quindi una contrazione dello spazio posteriore del vagone, in questo modo il fascio luminoso proiettato verso quella parete terminerà per primo il proprio percorso, come è normale che sia per chi osserva dalla pensilina, senza con questo apparire più veloce del suo gemello proiettato sulla parete opposta, come sarebbe assurdo che fosse. Tutto, nel vagone, procede quindi più lentamente se misuriamo gli eventi con l’ orologio del viaggiatore sulla pensilina.

3) Einstein fu il primo a prendere sul serio l’ esperimento MM e a costruire, grazie alle trasformazioni di lorentz, un modello in cui la costante fosse la velocità della luce. Fino ad allora la costante era rappresentata dal fluire del tempo (sempre il medesimo indipendentemente dallo spazio e dalla velocità di movimento dei corpi). Lo scostamento tra apparenza e realtà era imputato alla velocità dei corpi, una variabile da “normalizzare” mantenendo lo “spaziotempo” come costante.

4) Ora, se A’ si allontana da A a velocità elevatissime, i movimenti che si svolgono in A’ appaiono in A come rallentati. Secondo la fisica tradizionale questo effetto puo’ essere interpretato come un ritardo delle particelle luminose giunte in A dovuto al movimento di A’. Ma se la velocità della luce è posta come una costante, ovvero se è indipendente dal movimento, allora non tutto il rallentamento è imputabile allo spazio sempre maggiore che la luce emanata dal corpo in allontanamento deve compiere per colpire l’ osservatore in quiete. Una buona parte di questo effetto è reale e spiegate dalle opportune trasformazioni proprie della relatività ristretta. Negli esperimenti mentali che si fanno per comprendere la relatività c’ è un aspetto ingannevole poiché non si distingue tra rallentamenti relativistici e rallentamenti che possono essere spiegati in virtù della sola fisica classica.

5) L’ oggetto in movimento avrà sempre tempi rallentati se misurati da un sistema immobile, e questo non sarà solo un effetto ottico ma, almeno in parte, un effetto reale della relatività (se è vero che l’ unica costante di cui disponiamo è la velocità della luce). 


6) Il paradosso dei gemelli potrebbe implicare delle difficoltà per l’ apparente simmetria tra allontanamento e avvicinamento (viaggio di andata e di ritorno). Perché mai il gemello viaggiatore dovrebbe ringiovanire se si sottopone a due trattamenti simmetrici?: un trattamento dovrebbe annullare l’ altro. Tuttavia cio’ che si elide per compensazione è solo l’ effetto ottico del ritardo o del compattamento con cui le particelle luminose emanate da chi viaggia giungono all’ osservatore sulla terra. L’ effetto relativistico (che non è un effetto ottico ma un effetto reale) si somma. In altri termini: cio’ che si vede da terra non va confuso con cio’ che si calcola restando a terra.

Problema: come si riconcilia una simile impostazione con la teoria tradizionale del tempo? Si puo' sempre sostenere che la "relatività ristretta" si limita a dire che la "simultaneità" non puo' mai essere osservata con certezza e non che non esiste.

http://plato.stanford.edu/entries/time/

Two other arguments against The A Theory (besides McTaggart's argument, that is) have been especially influential. The first of these is an argument from the special theory of relativity in physics. According to that theory (the argument goes), there is no such thing as absolute simultaneity. But if there is no such thing as absolute simultaneity, then there cannot be objective facts of the form “t is present” or “t is 12 seconds past”. Thus, according to this line of argument, there cannot be objective facts about A properties, and so the passage of time cannot be an objective feature of the world.
It looks as if the A Theorist must choose between two possible responses to the argument from relativity: (1) deny the theory of relativity, or (2) deny that the theory of relativity actually entails that there can be no such thing as absolute simultaneity. Option (1) has had its proponents (including Arthur Prior), but in general has not proven to be widely popular. This may be on account of the enormous respect philosophers typically have for leading theories in the empirical sciences. Option (2) seems like a promising approach for A Theorists, but A Theorists who opt for this line are faced with the task of giving some account of just what the theory of relativity does entail with respect to absolute simultaneity. (Perhaps it can be plausibly argued that while relativity entails that it is physically impossible to observe whether two events are absolutely simultaneous, the theory nevertheless has no bearing on whether there is such a phenomenon as absolute simultaneity.)