venerdì 17 dicembre 2010
Arte invisibile
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Per non fare confusione: http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2010/12/13/SCUOLA-Le-paritarie-abbassano-il-livello-solo-un-idea-falsa-di-Repubblica/1/133355/
giovedì 16 dicembre 2010
Donne arruolate
In una recente intervista il filosofo conservatore Roger Scruton bollava come assurdo il concetto di "genere", i vecchi concetti legati alla "sessualità" tradizionale sono più che sufficienti per trattare certe faccende.
"Genere" è un concetto culturale mentre "sesso" un concetto biologico. Il "genere" si sceglie, il sesso no.
Ma qualcuno pensa davvero che Scruton abbia difficoltà a concepire influssi culturali legati al sesso? No, ovviamente.
E allora, perchè mai introdurre un nuovo termine ("genere") con allegati i cosiddetti "gender studies"?
Dietro la rinnovata terminologia c' è una tesi ben precisa: cio' che chiamiamo "influsso culturale" è, ed è sempre stato nella storia, l' inganno riuscito attraverso cui la "classe dei maschi" ha sottomesso e sfruttato la "classe delle femmine".
Parlo di "classe" non a caso, vista l' ascendenza marxista dei "gender studies" che guardano alla storia come ad una lotta (a somma zero) tra maschi e femmine traendo la loro strumentazione teorica da chi vi ha visto in precedenza una lotta continua tra tra padroni e proletari.
La donna che non ammette questo conflitto, molto semplicemente non puo' essere arruolata tra le "femministe".
L' alternativa liberale è infatti di considerare i differenti ruoli sociali che si presentano nella storia come una modalità condivisa di organizzare razionalmente la società sulla base delle differenze sessuali che di fatto esistono.
Per esempio, se la punizione in seguito ad adulterio è più severa per le donne, questo non è indice di vessazione ma riflette il danno maggiore che procura l' infedeltà femminile (mantenere per una vita un figlio non mio ha costi molto alti).
Altro esempio, il ruolo domestico della donna rifletteva sia le modalità della maternità, sia la qualità dei lavori esistenti, basati innanzitutto sulla forza fisica.
Nessuna congiura, quindi.
Ora, chi ritiene che la cultura passata sia stata perlopiù un inganno attraverso cui vessare la donna, ritiene anche che occorra combatterla ora con gli strumenti propri della cultura, ovvero "rettificando" le parole e costruendo un linguaggio "politically correct" che serva alla bisogna.
Per chi ritiene invece che la cultura passata rispecchi un sincero sforzo di organizzazione sociale, una battaglia del genere è assurda: saranno le mutate condizioni di fatto a mutare i ruoli e i comportamenti degli attori sociali.
"Genere" è un concetto culturale mentre "sesso" un concetto biologico. Il "genere" si sceglie, il sesso no.
Ma qualcuno pensa davvero che Scruton abbia difficoltà a concepire influssi culturali legati al sesso? No, ovviamente.
E allora, perchè mai introdurre un nuovo termine ("genere") con allegati i cosiddetti "gender studies"?
Dietro la rinnovata terminologia c' è una tesi ben precisa: cio' che chiamiamo "influsso culturale" è, ed è sempre stato nella storia, l' inganno riuscito attraverso cui la "classe dei maschi" ha sottomesso e sfruttato la "classe delle femmine".
Parlo di "classe" non a caso, vista l' ascendenza marxista dei "gender studies" che guardano alla storia come ad una lotta (a somma zero) tra maschi e femmine traendo la loro strumentazione teorica da chi vi ha visto in precedenza una lotta continua tra tra padroni e proletari.
La donna che non ammette questo conflitto, molto semplicemente non puo' essere arruolata tra le "femministe".
L' alternativa liberale è infatti di considerare i differenti ruoli sociali che si presentano nella storia come una modalità condivisa di organizzare razionalmente la società sulla base delle differenze sessuali che di fatto esistono.
Per esempio, se la punizione in seguito ad adulterio è più severa per le donne, questo non è indice di vessazione ma riflette il danno maggiore che procura l' infedeltà femminile (mantenere per una vita un figlio non mio ha costi molto alti).
Altro esempio, il ruolo domestico della donna rifletteva sia le modalità della maternità, sia la qualità dei lavori esistenti, basati innanzitutto sulla forza fisica.
Nessuna congiura, quindi.
Ora, chi ritiene che la cultura passata sia stata perlopiù un inganno attraverso cui vessare la donna, ritiene anche che occorra combatterla ora con gli strumenti propri della cultura, ovvero "rettificando" le parole e costruendo un linguaggio "politically correct" che serva alla bisogna.
Per chi ritiene invece che la cultura passata rispecchi un sincero sforzo di organizzazione sociale, una battaglia del genere è assurda: saranno le mutate condizioni di fatto a mutare i ruoli e i comportamenti degli attori sociali.
Svezia: non prendiamoci il peggio!
All' inizio degli anni novanta la Svezia era un paese sull' orlo del baratro, oggi la situazione è cambiata decisamente in meglio, che lezione possiamo trarne?
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
La ricetta della resurrezione svedese non andrebbe dispersa: basse tasse alle imprese, privatizzazioni (a cominciare dalle scuole) e deregolamentazione dei mercati.
Eppure, chissà perchè, quando si addita la Svezia a modello molti finiscono per ammirare la pesante zavorra che stava affondando il paese.
Per i dettagli cedo la parola ad Andreas Bergh: http://reason.tv/video/show/andreas-bergh-inteview.
Interessanti sono anche le considerazioni sull' origine della ricchezza svedese:
"The Nordic nation became rich between 1870 and 1970 when government was very small, but then began to stagnate as welfare state policies were implemented in the 1970s and 1980s"
Una cosa mi ha stupito:
Swedish women in the workplace who become pregnant must under Swedish law be given all sorts of benefits that few private businesses can afford -- so 75% of Swedish women work for the government. Nobody else wants them... (http://dissectleft.blogspot.com/2005_09_04_dissectleft_archive.html#112601329474472881).
Un dato che sembra collimare con il concetto di "bureaugamia" introdotto da Christina Hoff Sommers: le donne che si consideravano "matenute" dal marito ora sono "mantenute" dallo Stato: dalla padella alla brace.
add: tra USA e Svezia c' è differenza nella distribuzione dei redditi ma non poi così tanta nella distribuzione della ricchezza.
mercoledì 15 dicembre 2010
Meditazione libertaria sul Vangelo del 19 dicembre
Vangelo secondo Luca 1, 26-38a
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.
Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.
Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.
La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.
Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.
Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.
In quel tempo. L’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te». A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine». Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».
A Maria viene annunciata la futura miracolosa maternità.
Gran parte di questa esperienza si ripete in tutte le donne poichè tutte le maternità hanno in sè qualcosa di miracoloso: nel ventre prende forma un corpo ma si cala anche un' anima dalla provenienza misteriosa. Spiegare l' incarnazione di una libertà è impresa vana, su questo fronte la resa cognitiva e l' accettazione del miracolo non ha nulla di disonorevole.
Tuttavia, oggigiorno vegliare attivi su questo miracolo, un onere e un privilegio concesso dalla natura in primis alla donna, è considerato invece fonte di umiliazione e di assoggettamento tarpante.
La maternità incatena mentre "il lavoro nobilità", non sono in pochi coloro che, vittimizzandosi, gridano questo slogan dalla sinistra reminiscenza.
Madre e Lavoratrice, Maria ha svolto entrambi i compiti nobilitandoli anche quando erano umili. Sarebbe da stupidi sacrificare un ruolo sull' altare dell' altro.
Addendo: sia chiaro, non sono tra coloro i quali pensano che una donna si privi senza rimedio di una gamma di sensazioni e affetti per il fatto di non essere mamma. E lo dico per esperienza: io oggi sono padre, ed è una sensazione bellissima, ma millanterei se dicessi di essere di fronte a qualcosa di sconosciuto. Penso che per le donne valga lo stesso: una vita interiore intensa ti porta ovunque. la Grazia è dappertutto e lo dimostra continuamente.
Eureka!
Cosa determina il successo di una persona nel mondo moderno?
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
Sono tre i fattori che di solito si tirano in ballo.
1. Merito.
2. Fortuna.
3. Egotismo.
Senz' altro queste tre componenti agiscono mescolate tra loro, ma io mi concentrerei sulla terza che forse è prevalente.
L' uomo di successo possiede indubbi meriti ma è anche animato da un certo senso di rivalsa, vuole "dimostrare" al mondo, ma anche a se stesso, chi è e cosa sa fare, non di rado ha delle piccole e salutari frustrazione da compensare.
Senza questa molla è problematico affrontare situazioni rischiose. Suvvia, certe dedizioni che sacrificano vita familiare e affetti non possono essere spiegate pensando solo al potere attrattivo della ricchezza.
"The price of everything", la novella di Russell Roberts, trasfonde queste conclusioni in una realtà vivida e credibile.
Quando nel capannone tirato su dopo un' estenuante lotta contro tutto e tutti - burocrazia in primis -, Alan Korner vede spuntare dal macchinario preposto il primo anonimo "widget" della componentistica hardware da lui ideata, capisce che ce l' ha fatta. Lì, in piedi e imbambolato, il suo primo pensiero non è per la nuova casa che potrà finalmente permettersi, o per le prossime vacanze che segneranno uno salto di qualità, o per gl' investimenti incrementali da fare, o per i nuovi soci da tirar dentro... pensa invece al vecchio padre; un tipo che, a dirla tutta, nemmeno gli era mai andato veramente a genio.
Quel pensiero non è contorno ma pietanza, lo capirebbe anche un lettore bambino.
Volendo rinforzare la tesi, sul punto mi paiono dirimenti le ficcanti parole usate da Mandrake nella mitica arringa in cui illustrava a suo discarico la natura instabile del "giocatore":
Insomma, colui che si gongola nel proprio equilibrio interiore difficilmente abbandonerà l' aurea mediocrità in cui si è accomodato, e questo a prescindere dal prezioso talento che cova; continuerà probabilmente a coverlo con parsimonia senza mai arrovellarsi per metterlo a frutto ad ogni costo.
Accettato tutto cio', passiamo a valutare le conseguenze.
La prima è sorprendente e per molti spiacevole: se la vita sociale è retta da istituzioni efficienti, il successo del singolo si riverbera sull' intera società arricchendola. Ovvero, le lacune psichiche del primo fecondano la seconda.
E allora, mi fa male dirlo, ma si pone il problema di come incentivare la formazione di simili lacune.
Ho l' impressione che si debba agire sull' individuo in tenera età per aiutare la formazione di "squilibri virtuosi". Ci vorrebbe un piano concreto per produrre frustrazioni senza eccedere nè lesinare?
- fine prima parte -
http://stumblingandmumbling.typepad.com/stumbling_and_mumbling/2010/12/egonomics.html
lunedì 13 dicembre 2010
Sei idee di giustizia
Sono quelle in campo oggi. Innanzitutto un elenchino il più scheletrico possibile.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
1. Soggettivismo.
Proprietà e contratti distribuiscono in modo equo le risorse.
Pro: chiarezza.
Contro: compatibilità con forti disuguaglianze sociali.
2. Just Desert.Aggiungere a quanto sopra una quota di tassazione per compensare esternalità e la realizzazione dei beni pubblici.
Pro: realismo.
Contro: oltre alle diseguaglianze, resta pur sempre l' arbitrarietà nel giudicare cosa sia "bene pubblico".
3. Utilitarismo.Massimizzare l' utilità sociale.
Pro: neutralismo ideologico.
Contro: arbitrarietà su tutti i fronti.
4. Pari opportunità.
Eliminare l' elemento "fortuna" nel redistribuire le risorse.
Pro: meritocrazia.
Contro: autocontradditorietà.
5. Minmax.Parliamo qui della la società teorica prescelta da coloro che esercitano la propria opzione dietro un velo d' ignoranza (ovvero senza sapere in quale cittadino s' incarneranno all' atto pratico). Si presume infatti che verrà scelta la Società che tutela al meglio il cittadino nelle condizioni peggiori.
Pro: s' inserisce nel glorioso solco dell' contrattualismo.
Contro: è astratta e presuppone criteri di scelta inverosimili.
6. Egalitarismo.Puntare sull' eguaglianza tra i cittadini.
Pro: espelle il risentimento sociale.
Contro: diffonde inefficienza.
***
Uno e Due sono teorie che potremmo chiamare di Destra; Quattro, Cinque e Sei sono teorie più o meno di Sinistra.
Tre è una teoria ideologicamente neutrale ma questo non è un pregio bensì un difetto: essendo arbitraria ognuno puo tirarla per la giacchetta trascinandola nel suo campo ideologico.
***Poichè non cado dal cielo ma professo una mia ideologia di destra, mi sento autorizzato ad una microdifesa della mia parte, nonchè ad una micro-critica di quella avversa. Mi sia allora consentito.
1.
Si dirà: e la vita comunitaria con tutti i beni che necessita?
Risposta possibile: proprio perchè una vita comunitaria è essenziale diverrà essenziale coltivare una propria moralità.
Ci sarà un incentivo concreto ad essere generosi e solo le società composte da individui moralmente temprati avranno chances di sopravvivere.
Delegare i nostri compiti ad uno Stato Etico è invece la premessa per la desertificazione del cuore.
2.
Se Tizio inquina è giusto che paghi una tassa per compensare l' inquinato. E meglio se di mezzo non ci siano Intermediari avidi: tassazione e crediti d' imposta automatici faranno il grosso del lavoro.
Se c' è da costruire una strada sarebbe meglio che qualcuno coordinasse i lavori, ok: il che non significa finanziarla, a quello pensano i pedaggi. Il che non significa costruirla, a quello pensano le imprese di costruzione. Il che non significa gestirla, a quello pensano le imprese di gestione.
3.
Innanzitutto richiede un confronto interpersonale tra "felicità", il che è sempre arbitrario, nonchè odioso.
Pensate solo agli esiti paradossali: un povero prodigo dovrebbe trasferire le sue scarse ricchezze verso un ricco avaro. E' il secondo infatti a desiderae di più la ricchezza materiale.
Poi è una teoria lontana dalla senso etico comune, e non c' è bisogno di introdurre l' esperimento mentale del Trolley per capirlo. Basterebbe evocare l' avversione generale contro una tassa sull' "altezza" dei contribuenti, ovvero una tassa elaborata sulla base dei principi utilitaristici.
Recentemente, in una replica di Uomini e Profeti su Radio Tre, ho ascoltato Sergio Quinzio il quale sosteneva che i peccati più gravi sono quelli omissivi. Motivo? Poichè sono i meno sentiti sono anche quelli da punire più duramente. Assurdo! - diciamo noi tutti in un coro spontaneo -, eppure in questo caso il mistico Quinzio applica a sorpresa (e senza volerlo) una logica utilitaristica.
4.Si puo' liquidare questa posizione con un esperimento mentale: cerchiamo di concepire una società giusta, una società in cui tutti partano alla pari.
Nel corso della vita sociale ciascuno dei partecipanti sarà compensato secondo il proprio merito (outcomes).
Si puo' facilmente prevedere che gran parte di questo compenso verrà investito per facilitare la vita ai figli fornendo loro un piedistallo di partenza privilegiato, è questo che spesso un uomo deidera sopra ogni cosa. D' altronde, cosa esiste di più prezioso che un figlio?
Ma chi sostiene 4 non puo' sopportare un simile uso delle risorse, d' altro canto non puo' nemmeno impedirlo se vuole essere rispettoso del "merito".
Morale: non essendoci soluzione a questa impasse, dobbiamo concludere necessariamente che 4 è una teoria contraddittoria.
5.Nessuno di noi sceglie sulla base del criterio "Minmax", perchè dovremmo dunque affidarci a lui per la scelta più importante?
Questa inverosimiglianza fa passare in secondo piano l' astrattezza irriducibile della teoria proposta da John Rawls.
6.
Mi sembra inutile spendere parole in merito. Ha già parlato la storia.
***
Conclusione: la Destra - se proprio vogliamo utilizzare un vecchio gergo - in questa fase storica mi sembra intellettualmente dominante. La Sinistra, per contro, offrendo soluzioni più astratte ed arbitrarie, è più attrezzata ad attrarre l' interesse dell' intellettuale accademico, costui si muove al meglio in questo elemento potendo liberare il proprio ingegno senza troppi vincoli.
La desert theory nella formulazione di Mankiw: http://www.economics.harvard.edu/faculty/mankiw/files/Spreading%20the%20Wealth%20Around.pdf
Una critica alla desert theory sulla base del Shapley value: http://theoryclass.files.wordpress.com/2010/12/just-deserts.pdf
P.S. il Shapley value neutralizza la fortuna e puo' essere una variante di 4: il compenso è calcolato in base alla media delle utilità marginali calcolate permutando i "destini" dei protagonisti penalizzando chi ha il solo merito di essere al posto giusto nel momento giusto. Tutto cio' giustificherebbe un' imposta progressiva. Contro: vedi la teoria dell' imprenditore di Kirtzner.
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Un' introduzione chiara e di sostanza.
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http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Soggettivismo, utilitarismo, just desert e pari opportunità.
http://gregmankiw.blogspot.com/2010/12/fairness-and-tax-policy.html
p.s. critiche all' utilitarismo: 1) richiede confronti interpersonali 2) non è sentito giusto (vedi tassa sull' altezza).
Shrek
Ho rivisto due volte l' inizio ma ancora mi sfugge l' essenziale.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
In un certo senso il film della Dreamworks ha un' animazione prodigiosa, eppure si presenta con una zoppia che ne inficia il portamento.
La domanda cruciale mi sembra chiara: perchè mai Lord Farquaad odia le fiabe e vuole mettere al confino i protagonisti che le animano?
Rispondere sembra decisivo, eppure non c' è risposta che soddisfa.
Si puo' al limite farsi una ragione di questa difficoltà.
Innanzitutto bisogna dire che un' ostilità generalizzata per il mondo delle fiabe è nell' aria, lo si satireggia di continuo mettendolo alla berlina con una brillante produzione in serie di anti-climax. Geppetto, per esempio, tradisce Pinocchio vendendoselo al mercato.
La posizione decostruzionista ci viene suggerita in modo più o meno subliminale: è da ingenui credere che le cose stiano esattamente come ce le raccontano le fiabe, divertiamoci piuttosto a montarle e rimontarle a piacimento, in fondo servono solo a quello.
Ma soprattutto, per i più sentimentali, c' è Shrek...
Shrek, il protagonista, è infastidito dalle fiabe e vuole stare alla larga da quel mondo perchè in quel mondo è considerato un mostro repellente, cosicchè non trova nulla di meglio che isolarsi nella sua palude.
Noi siamo chiamati ad empatizzare con lui, conosciamo il suo animo sensibile e patiamo la sottile ingiustizia a cui è sottoposto.
Tutto sembra chiarito e siamo pronti per la crociata. Ma, un attimo, c' è anche Lord Faquaad!
Anche lui vede le fiabe come invadenti ("rovinano il mio regno") e se tentiamo di spiegarcene la ragione non resta che puntare sui medesimi motivi invocati per Shrek: nelle fiabe lui è il "Re malvagio" destinato ad una brutta fine, come potrebbe amarle?
Ma una motivazione del genere butta all' aria la logica del film: come potrebbero i due antagonisti principali essere animati da una causa comune?
Qui i "buoni" osteggiano il mondo semplificatorio delle fiabe, come potrebbe unirsi al gruppo colui che anche nel film è chiamato a fare le veci del "cattivo"?
Lord Farquaad nelle fiabe è un emarginato, ma lo è anche nel film!
Sarà anche un' ingenuità semplificatoria ma se si vuole raccontare una storia ai bambini un "cattivo" serve e questa esigenza insopprimibile fa in modo che un film smitizzante come questo resti pencolante senza rimedio.
sabato 11 dicembre 2010
La coerenza dei cattolici in politica
Nelle mailnglist dei ciellini gira commentato con entusiasmo lo scambio tra Maurizio Lupi ed Eugenio Scalfari intorno alla figura del cattolico berlusconiano.
Voi con chi state? Con il pragmatista (Lupi) o con il moralista (Scalfari)?
Io, vista la mia avversione al bigottismo in politica, non ho dubbi*. Ma quando c' è di mezzo barbapapà quasi mai ho dubbi.
Voi potete decidere leggendo questo scambio.
Altro dilemma è darsi ragione di parti che sembrano rovesciate. Perchè il bigottismo alligna prepotente tra i laicisti?
Solo strumentalizzazione politica? Non credo.
Noi non abbiamo certo bisogno del fulgido esempio di Scalfari visto che il nostro Osservatorio ha nel mirino un prototipo esemplare del "Giornalista Unico"**, parlo di "Fahre", e possiamo quindi constatare tutti i giorni questo singolare modo di trasudare omelie a sprone della crociata più di moda.
A ritmo alternato si filosofeggia un giorno a favore del pragmatismo, per passare all' azione il giorno dopo con la lancia del moralismo in resta.
Cosa c' è che non va?
Ancora conflitti irrisolti dopo la caduta di quel beneamato muro dove queste "novelle beghine" si erano a lungo cementificate godendo di una mai abbastanza rimpianta sicurezza uterina?
***
* [... Il cattolico si prefigge un obbiettivo ed è autorizzato a cercare la via migliore per perseguirla. Una sana considerazione che ha spazzato via la perniciosa idea dell' unità politica dei cattolici...]
** Ferrara bollava così il giornalista/opinionista rigoroso osservante di comandamenti scolpiti in tavolette discese da monti a quanto pare molto più alti del Sinai. Serve sottoscriverli per essere ammessi nella "Grande Parrocchia".
Voi con chi state? Con il pragmatista (Lupi) o con il moralista (Scalfari)?
Io, vista la mia avversione al bigottismo in politica, non ho dubbi*. Ma quando c' è di mezzo barbapapà quasi mai ho dubbi.
Voi potete decidere leggendo questo scambio.
Altro dilemma è darsi ragione di parti che sembrano rovesciate. Perchè il bigottismo alligna prepotente tra i laicisti?
Solo strumentalizzazione politica? Non credo.
Noi non abbiamo certo bisogno del fulgido esempio di Scalfari visto che il nostro Osservatorio ha nel mirino un prototipo esemplare del "Giornalista Unico"**, parlo di "Fahre", e possiamo quindi constatare tutti i giorni questo singolare modo di trasudare omelie a sprone della crociata più di moda.
A ritmo alternato si filosofeggia un giorno a favore del pragmatismo, per passare all' azione il giorno dopo con la lancia del moralismo in resta.
Cosa c' è che non va?
Ancora conflitti irrisolti dopo la caduta di quel beneamato muro dove queste "novelle beghine" si erano a lungo cementificate godendo di una mai abbastanza rimpianta sicurezza uterina?
***
* [... Il cattolico si prefigge un obbiettivo ed è autorizzato a cercare la via migliore per perseguirla. Una sana considerazione che ha spazzato via la perniciosa idea dell' unità politica dei cattolici...]
** Ferrara bollava così il giornalista/opinionista rigoroso osservante di comandamenti scolpiti in tavolette discese da monti a quanto pare molto più alti del Sinai. Serve sottoscriverli per essere ammessi nella "Grande Parrocchia".
Cosa significa essere un cristiano libertario?
Le riflessioni di Norman Horn:
http://studentsforliberty.org/blog/lessons-in-liberty-christian-libertarianism/
http://studentsforliberty.org/blog/lessons-in-liberty-christian-libertarianism/
Ti piace la verdura?
Se non piace al palato forse piacerà all' orecchio.
A loro modo sono dei puristi, qui non si bara mica.
Un solo rammarico: le stravaganti premesse rischiano di far passare in secondo piano un brodo che invece è davvero di sostanza.
The Vegetables Orchestra - Onionoise - Transacoustic
A loro modo sono dei puristi, qui non si bara mica.
Un solo rammarico: le stravaganti premesse rischiano di far passare in secondo piano un brodo che invece è davvero di sostanza.
The Vegetables Orchestra - Onionoise - Transacoustic
venerdì 10 dicembre 2010
Una sola moltitudine
Nel mondo della musica girano sempre facce scontente: in molti avrebbero voluto nascere in epoche diverse. Il periodo dell' oro è per definizione altrove.
Forse l' attualità è davvero pessima, ma perlomeno offre una scappatoia: in caso di necessità si possono lenire i propri travagli estetici barricandosi in cameretta per riassemblare la storia della musica a proprio uso e consumo. La strumentazione necessaria è davvero a basso costo.
MH ricorre spesso a questo rimedio estremo. Il suoi isolamenti "mumble mumble" finiscono sempre per essere molto "affollati".
In passato si è dedicato con acribia al cadavere di Mahler smembrandolo e ricucendolo poi insime alla bell' e meglio; nel corso del sabotaggio anche Sinopoli riceveva strattoni poco cortesi. Ma a protezione del discolo calava la sua egida nientemeno che la Deutsche Grammophone.
Qui invece la macchina del tempo fa tappa su altre lande: ci è dato di transitare attraverso un' allucinata "Big Band era" americana, con tutto il corredo di squilli e sincopi che ne segue.
Con la fiction sonora ci si diverte in vari modi, per esempio mischiando la propria biografia emotiva alla musica d' epoca.
Esempi? In Knowing viene concesso l' ingresso ad una cinquantina di solisti ( cantano una parola ciascuno), sono gli ex compagni di scuola; in One Life il pezzo gira intorno all' allarme della care-unit che ospitava in quel periodo il bimbo prematuro di Matthew... mi fermo per non andare sul pesante.
La dinamica dei suoni ondeggia appesa ad una coulisse vorticosa; impallidirebbe anche la sezione di tromboni più indiavolata... quella chiamata ad "ondeggiare come un palmizio".
Matthew Herbert - The Matthew Herbert Big Band - Accidental rec.
Forse l' attualità è davvero pessima, ma perlomeno offre una scappatoia: in caso di necessità si possono lenire i propri travagli estetici barricandosi in cameretta per riassemblare la storia della musica a proprio uso e consumo. La strumentazione necessaria è davvero a basso costo.
MH ricorre spesso a questo rimedio estremo. Il suoi isolamenti "mumble mumble" finiscono sempre per essere molto "affollati".
In passato si è dedicato con acribia al cadavere di Mahler smembrandolo e ricucendolo poi insime alla bell' e meglio; nel corso del sabotaggio anche Sinopoli riceveva strattoni poco cortesi. Ma a protezione del discolo calava la sua egida nientemeno che la Deutsche Grammophone.
Qui invece la macchina del tempo fa tappa su altre lande: ci è dato di transitare attraverso un' allucinata "Big Band era" americana, con tutto il corredo di squilli e sincopi che ne segue.
Con la fiction sonora ci si diverte in vari modi, per esempio mischiando la propria biografia emotiva alla musica d' epoca.
Esempi? In Knowing viene concesso l' ingresso ad una cinquantina di solisti ( cantano una parola ciascuno), sono gli ex compagni di scuola; in One Life il pezzo gira intorno all' allarme della care-unit che ospitava in quel periodo il bimbo prematuro di Matthew... mi fermo per non andare sul pesante.
La dinamica dei suoni ondeggia appesa ad una coulisse vorticosa; impallidirebbe anche la sezione di tromboni più indiavolata... quella chiamata ad "ondeggiare come un palmizio".
Matthew Herbert - The Matthew Herbert Big Band - Accidental rec.
giovedì 9 dicembre 2010
Capire la mente cattolica V
Nel capitolo 7 Vallauri affronta il problema del male e si scatena. La sua accusa non lascia spiragli:
Se a Dio chiedo il bene, è perchè penso che possa compierlo; ma se lo ritengo capace di una cosa del genere e lo benedico quando la realizza, allora, per coerenza, dovrei maledirlo quando fa il male.
Il peccato originale ha precipitato l' uomo in un mondo dove tutto ha un prezzo. Solo in Paradiso regnerà l' amore universale e i prezzi saranno banditi.
Poco fa sono stato in Stazione a comprare un biglietto del treno. Ho forse maledetto il bigliettaio perchè mi ha chiesto 4 euro? No.
Certo, se mi accorgessi che il prezzo corretto fosse stato di 3 euro, tornerei indietro a contestare e magari mi scapperebbe pure qualche impropero.
Se il prezzo è giusto, allora noi viviamo nel migliore dei mondi possibili dato il voncolo della scarsità, ovvero dato il peccato originale.
Non ha senso dunque "maledire".
D' altronde, se non avessi soldi per tornare a casa implorerei il bigliettaio o un passante di regalarmi un biglietto. Magari il mio piano andrebbe in porto, in quel caso benedirei chi ha avuto pietà di me.
"Chiedere" non è dunque insensato.
La conclusione confuta quindi l' accusa: nel mondo migliore possibile, quello in cui ci ha precipitato il peccato originale, ovvero in un mondo dove non esistono "pasti gratis" e tutto ha un prezzo, non ha senso "maledire" se il prezzo è giusto e, contemporaneamente, puo' aver senso "chiedere" e "benedire".
Se a Dio chiedo il bene, è perchè penso che possa compierlo; ma se lo ritengo capace di una cosa del genere e lo benedico quando la realizza, allora, per coerenza, dovrei maledirlo quando fa il male.
Il peccato originale ha precipitato l' uomo in un mondo dove tutto ha un prezzo. Solo in Paradiso regnerà l' amore universale e i prezzi saranno banditi.
Poco fa sono stato in Stazione a comprare un biglietto del treno. Ho forse maledetto il bigliettaio perchè mi ha chiesto 4 euro? No.
Certo, se mi accorgessi che il prezzo corretto fosse stato di 3 euro, tornerei indietro a contestare e magari mi scapperebbe pure qualche impropero.
Se il prezzo è giusto, allora noi viviamo nel migliore dei mondi possibili dato il voncolo della scarsità, ovvero dato il peccato originale.
Non ha senso dunque "maledire".
D' altronde, se non avessi soldi per tornare a casa implorerei il bigliettaio o un passante di regalarmi un biglietto. Magari il mio piano andrebbe in porto, in quel caso benedirei chi ha avuto pietà di me.
"Chiedere" non è dunque insensato.
La conclusione confuta quindi l' accusa: nel mondo migliore possibile, quello in cui ci ha precipitato il peccato originale, ovvero in un mondo dove non esistono "pasti gratis" e tutto ha un prezzo, non ha senso "maledire" se il prezzo è giusto e, contemporaneamente, puo' aver senso "chiedere" e "benedire".
Stupidità + Malizia = Miscela Esposiva
Due premesse.
1. La probabilità che un immigrato clandestino qualsiasi delinqua è molto più elevata rispetto a quella che un italiano qualsiasi delinqua.
2. Eppure, se veniamo a conoscenza di un crimine, è molto più probabile che sia stato commesso da un italiano: gli italiani sono molto più numerosi.
Nel riferire le notizie i giornalisti farebbero bene a non fomentare l' odio irrazionale verso i clandestini.
Nonostante cio', vuoi per malizia (destra xenofoba), vuoi per stupidità (sinistra politically correct), a volte ci cascano.
Capita ai secondi quando per esempio omettono per principio di dare la nazionalità del criminale.
Darla contribuirebbe infatti a riabilitare l' immagine dei poveri clandestini a scapito di quella degli italiani, magari sfruttando un trucco statistico.
Fin qui la teorie. Ora però c' è anche la pratica.
In Svezia, l' abitudine politically correct di fornire informazioni incomplete è inveterata da anni, non mi stupirei se ci fosse anche una legge (SPQS: sono pazzi questi svedesi).
Recentemente in quei paesi sono cresciuti a dismisura i partiti xenofobi, tanto è vero che dobbiamo andar laggiù per incontrare i razzisti più agguerriti d' Europa.
Tra stupide abitudini e razzismo dilagante, qualcuno comincia ad ipotizzare una connessione di causa-effetto. Per esempio il buon Beppe Severgnini.
1. La probabilità che un immigrato clandestino qualsiasi delinqua è molto più elevata rispetto a quella che un italiano qualsiasi delinqua.
2. Eppure, se veniamo a conoscenza di un crimine, è molto più probabile che sia stato commesso da un italiano: gli italiani sono molto più numerosi.
Nel riferire le notizie i giornalisti farebbero bene a non fomentare l' odio irrazionale verso i clandestini.
Nonostante cio', vuoi per malizia (destra xenofoba), vuoi per stupidità (sinistra politically correct), a volte ci cascano.
Capita ai secondi quando per esempio omettono per principio di dare la nazionalità del criminale.
Darla contribuirebbe infatti a riabilitare l' immagine dei poveri clandestini a scapito di quella degli italiani, magari sfruttando un trucco statistico.
Fin qui la teorie. Ora però c' è anche la pratica.
In Svezia, l' abitudine politically correct di fornire informazioni incomplete è inveterata da anni, non mi stupirei se ci fosse anche una legge (SPQS: sono pazzi questi svedesi).
Recentemente in quei paesi sono cresciuti a dismisura i partiti xenofobi, tanto è vero che dobbiamo andar laggiù per incontrare i razzisti più agguerriti d' Europa.
Tra stupide abitudini e razzismo dilagante, qualcuno comincia ad ipotizzare una connessione di causa-effetto. Per esempio il buon Beppe Severgnini.
Solo l' integralismo è razionale
Ieri ho partecipato ad una scuola di comunità dei ciellini. E' praticamente un club di lettura, solo che si leggono solo i libri di Don Giussani.
Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.
Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.
Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.
Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.
Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.
Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.
La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.
I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.
Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.
In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.
In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.
Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.
Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.
Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.
Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.
Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.
Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.
La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.
I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.
Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.
In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.
In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.
Non esiste la comunità, esistono solo gli individui
1. Per capire se avete a che fare con una mentalità dispotica, non lasciatevi abbagliare dal buonismo o dallo slancio generoso di chi vi sta di fronte, chiedetegli piuttosto di sottoscrivere la massima in calce. Di fronte ad un rifiuto diffidate e prendete le contromisure: siete di fronte ad un ducetto presuntuoso. Magari simpatico, magari generoso ma pur sempre un pallone gonfiato.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
2. Per capire le ragioni di una conclusione tanto drastica basterebbe osservare un formicaio (ma alla bisogna soccorre anche un alveare o uno stormo di uccelli).
3. Non esiste qualcosa di tanto complesso ed armonioso quanto la vita nel formicaio.
4. Eppure il cervello delle formiche è piccolissimo, come potrebbe qualcosa di tanto minuto presiedere e dominare una simile complessità?
5. Aggiungici che le formiche non hanno un "capo", nessuno comanda laggiù. Esiste una regina ma non si occupa di queste faccende. Quindi?
6. Il minuscolo cervello delle formiche non concepisce astrazioni, in particolare risulta estraneo un concetto astratto come quello di "comunità". Però i compiti a cui è preposto vengono assolti in modo eccellente. Per esempio, sa bene come reagire quando il vicino si comporta in una certa maniera.
7. Conclusione: il cervello della farmica non è all' altezza di concepire "progetti" sociali, non concepisce neanche il termine "società", figuriamoci. Si limita a regolare il proprio comportamento su quello dei vicini.
8. Detto in altri termini, senza concepire la società le formiche danno vita ad una società complessa ed armoniosa fondata sulle relazioni individuali.
9. Qualora una tronfia formica pensasse di poter organizzare l' intero formicaio arrogandosi il diritto di impartire comandi calati dall' alto, manderebbe tutto all' aria per il semplice fatto che non esiste tra le formiche un cervello abbastanza potente per assolvere questo compito gravoso.
10. La mentalità dispotica è una mentalità innanzitutto presuntuosa e il peccato che commette ha un nome ben preciso, si chiama "abuso della ragione".
11. L' "abuso della ragione" è un peccato molto grave, lo commisero anche i nostri progenitori. Tutti sanno che Adamo ed Eva furono scacciati dal Paradiso Terrestre perchè attinsero all' albero della conoscenza, ma non tutti sanno che ad essere punita non fu la loro sete di "sapere", bensì il malefico "abuso della ragione". Insomma, fu la tentazione dispotica a compromettere la felicità del genere umano. L' uomo non è fatto per "progettare" il suo vicino (noi cristiani diciamo "prossimo"), è fatto per contrattare con lui.
12. Già, infatti il cervello dell' uomo è più sviluppato di quello animale, ma la società umana è anche enormemente più complessa. Per questo l' uomo, nel fronteggiare il caos, se proprio non vuole imparare dal suo dio, che impari perlomeno dalle formiche, ovvero dagli esseri viventi con le prestazioni migliori nel rapporto intelligenza individuale/complessità sociale realizzata.
13. La tentazione dispotica si ripresenta ogni volta che il governante abusa della ragione elaborando un "progetto sociale". L' "abusivo", trascinato dalla propria presunzione, s' immagina di dover "progettare" la Società, ovvero la vita dei suoi simili. In realtà non esiste una "Società" da disegnare, esiste solo una miriade di interazioni individuali che il governante virtuoso è chiamato a "manutenere" senza imporre dall' alto indirizzi di sorta.
In questi 13 punti ho sintetizzato l' insegnamento moralistico contenuto nella novella di Russ Roberts: The Price of Everything. Lì, per fortuna, non si parla tanto di "abuso" "conoscenza", "società" e "dispotismo", si racconta solo una fiaba relativa al lato oscuro delle manifestazioni studentesche, naturalmente c' è anche una storia d' amore.
Manca ora solo la spiegazione del titolo: cosa c' entrano i prezzi? Semplice, le relazioni individuali tra persone si concretizzano nei contratti e il prezzo è il cuore dei contratti: tutto ha un prezzo e dove non c' è un prezzo si nasconde abuso della Ragione e dispotismo. Speriamo che il messaggio passi ai figli visto che i genitori hanno dimostrato di avere la testa dura.
martedì 7 dicembre 2010
Travaglio continuo
Un tempo il grande musicista era pittore, dalla pennellata ben assestata riconoscevi il Maestro.
Oggi è scultore.
[... Pollini alle prese con Chopin basta a rendere persuasivo il punto...]
Una conferma non necessaria la offrono poi questi tre alacri scalpellini.
Ma, attenzione ai distinguo.
Allo scultore si chiede di liberare la forma che è riuscito ad immaginarsi intrappolata in quel quasi-nulla che è la meteria bruta.
Al musicista-scultore si chiede di più: deve inventarsi la forma ma deve anche inventarsi il quasi-nulla della materia bruta! Deve scavare e deve anche essere scavato.
Come contropartita gode comunque di uno sgravio: nessuno gli chiede più di andare oltre l' abbozzo. Partorita la creatura ricomincia con nuovi travagli. Ai bagnetti e alle pappe si dedicherà la manovalanza dei quasi-musicisti, ragazzi di bottega privi d' inventiva ma istruiti a puntino.
Tuba, Serpentone, flauto basso non sono privilegiati per un ghiribizzo: il loro suono fornisce una creta talmente malleabile che non teme la concorrenza degli altri strumenti.
Eugenio Colombo-Michel Godard-Carlo Rizzo - Ciaobelleragazze - Zone
Oggi è scultore.
[... Pollini alle prese con Chopin basta a rendere persuasivo il punto...]
Una conferma non necessaria la offrono poi questi tre alacri scalpellini.
Ma, attenzione ai distinguo.
Allo scultore si chiede di liberare la forma che è riuscito ad immaginarsi intrappolata in quel quasi-nulla che è la meteria bruta.
Al musicista-scultore si chiede di più: deve inventarsi la forma ma deve anche inventarsi il quasi-nulla della materia bruta! Deve scavare e deve anche essere scavato.
Come contropartita gode comunque di uno sgravio: nessuno gli chiede più di andare oltre l' abbozzo. Partorita la creatura ricomincia con nuovi travagli. Ai bagnetti e alle pappe si dedicherà la manovalanza dei quasi-musicisti, ragazzi di bottega privi d' inventiva ma istruiti a puntino.
Tuba, Serpentone, flauto basso non sono privilegiati per un ghiribizzo: il loro suono fornisce una creta talmente malleabile che non teme la concorrenza degli altri strumenti.
Eugenio Colombo-Michel Godard-Carlo Rizzo - Ciaobelleragazze - Zone
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