mercoledì 10 febbraio 2010
Upload urgente
2. Noi ne conosciamo alcune grazie all' intuizione della ragione.
3. Questa conoscenza è indipendente dai nostri desideri.
Caricatevi nel cervello queste tre proposizioni e preservatele con continui back-up.
Chi baldanzoso si riteneva autorizzato a giudicare naif l' "intuizionismo etico" e passava oltre, ora ha l' occasione per ricredersi. Dopodichè le scuse son finite.
Circola in versione ampliata il libro di Michael Huemer. E' pericolosissimo perchè rischia di semplificarvi la vita mentre so bene come in questo campo in molti anelino a labirintiche contorsioni mentali.
Che fare in caso di disaccordo etico?
Possibile che il "desiderio" possa e debba essere messo da parte in queste faccende?
Come interagisce il mondo con la nostra interiorità?
Cosa resta dell' evoluzione in ambito etico?
Se l' etica è un' intuizione come la insegno a mio figlio?
"Relativismo" e "naturalismo" etico, come metterli da parte e non parlarne più?
... e da ultimo...
Come trascurare oltre chi promette di rispondere alle domande di cui sopra avendo le carte in regola per farlo?
martedì 9 febbraio 2010
Quattromila anni di paternità
... tendenzialmente... la figura del Padre sembra deteriorarsi...
... forse anche perchè "tendenzialmente" prospera quella del "Bellimbusto"...
... un blog che non capisco bene ma che parla sempre di questa cosa qua...
lunedì 8 febbraio 2010
Mea culpa
E' il mistero della felicità.
[Le iperboli sono belle ma un' avvertenza è dovuta: non crediate che quei bambini siano mediamente felici quanto i loro coetanei benestanti e in buona salute, o che i paraplegici lo siano quanto i normodotati. Insomma, non crediate ingenuamente che i beni materiali siano davvero estranei alla felicità.]
Di sicuro comunque quei bambini una cosa ce la dicono: lo spirito sposta le montagne.
Già, ma alla fine della fiera cosa ci consola? Cosa ci fa reagire? Cosa ci aiuta nella disgrazia?
1. Sapere prima che arriverà: meglio una disgrazia sicura al 100% che al 95%.
2. Frequentare i disgraziati.
3. Incolpare se stessi piuttosto che la sfortuna o (non sia mai) gli altri.
Delusi dalla scheletrica risposta?
In effetti sul tema ci si poteva scrivere un trattato, oppure tre righi. Ho optato per la seconda soluzione, l' unica alla mia portata.
Per chi invece avesse l' ardire di cimentarsi nel trattato, la prefazione ideale è già bella e pronta.
venerdì 5 febbraio 2010
Chiave di volta
Non lo so... Però è evidente che facciano così.
Ti ringrazio per la franchezza su un punto che mi sembra chiave di volta anche per il resto.
Certo che, almeno sul ciclo, per l' approccio "austriaco" non varrebbe più l' accusa di "apriorismo".
Nel frattempo mi leggo incuriosito il lavoro che citavi.
http://2909.splinder.com/post/22174036#comment
***
Torno con qualche dubbio su Carilli e Dempster (C&D) in relazione al discorso di cui al link:
1) la logica della loro matrice rende problematico anche l' aggiustamento deflazionario (conviene stare fermi o muoversi per ultimi).
2) ancorarsi ai "futures NGDP" non conduce ad una "divergences between the natural and money rate of interest" (il caso considerato da C&D); ci si limita a ristabilire presso le banche la struttura originaria dei "costi opportunità" altrimenti deformata dalle aspettative deflazionistiche; serve solo ad eliminare dal range degli investimenti possibili l' indebito intruso che blocca tutto: la liquidità. Tutto il resto rimane immutato. Perchè dunque sbagliare ancora?
3) amettiamo pure che con valutazioni sbagliate della banca centrale si arrivi a tenere tassi troppo bassi troppo a lungo; C&D devono postulare che il rischio bancario sia una vera e propria esternalità. Caspita, se lo fosse in modo tanto rilevante diventa ragionevole nazionalizzare il settore.
4) C&D adottano come criterio di scelta MINMAX: per quanto credibile è pur sempre un criterio irrazionale.
5) per C&D un' impresa dovrebbe vedere compromesso il suo profitto per il semplice fatto che l' impresa concorrente compie investimenti fallimentari. Quest' ipotesi cruciale, francamente non è molto chiara.
giovedì 4 febbraio 2010
Il nostro povero individualismo
Parlava degli argentini, di quello spirito anarcoide che tutto pervade e impedisce loro di assimilarsi in una vera Patria. Uno scoraggiante sentimento di sfiducia per ogni potere sovraordinato, una riluttanza a lasciarsi coordinare.
Se andiamo oltre Borges, ecco presentarsi uno spiazzante paradosso: quell' intima ostilità ad ogni governo... chiede incessantemente "più Governo".
La storia dell' Argentina - piena come un uovo di dittatori, caudillos, socialismo, fascismo, statalismo - è lì a perenne testimonianza per l' incredulo.
Presso gli studiosi delle democrazie la storiella è conosciuta come "il paradosso dell' italiano": l' italiano è quello strano tipo che nutre una sfiducia atavica verso il suo governo e, contemporaneamente, accetta e chiede interventi governativi sempre più ipertrofici. Chi "disprezza" tanto alla fine "compra", forse aveva ragione la nonna.
Insomma, da noi dietro chi dice "piove, governo ladro" si nasconde quasi sempre un pianificatore incallito.
Ora si scopre che il fenomeno è pressochè universale: il cinismo è nemico della libertà. Peggio un Governo lavora e più cresce la richiesta dei suoi servigi.
Come spiegare tutto cio'? Forse la sfiducia del cinico è tale per cui solo un "unto del Signore" puo' salvarci. Il cinico pessimista puzza di scommasse pascaliane anche quando parla di politica. Se l' accentramento dei rischi per lui è razionale, quello dei poteri è la logica conseguenza.
Il cinico è un giocatore disperato: non gli resta che puntare tutto su una carta.
Certo che tutto questo ha una conseguenza paradossale: ai libertari viene chiesto di amare il loro nemico, o perlomeno di porgere l' altra guancia.
Continua a leggere sul tema:
http://www.cato-unbound.org/2007/03/11/tyler-cowen/the-paradox-of-libertarianism/
http://econlog.econlib.org/archives/2007/03/worst_advice_to.html
mercoledì 3 febbraio 2010
Argumentum ad ignorantiam
Ti curo con scarso costrutto: a meno che sotto non ci sia un vero bluff, si tratta di un caso estremamente raro. Peccato che un' accusa tanto dotta con cui avrei fatto colpo si riveli poi inservibile.
Prendi la scienza. La scienza è quasi sempre incerta, di conseguanza tutti i suoi argomenti fondati su precedenti conclusioni dovrebbero essere "ad ignorantiam". Un disastro.
Fortunatamente le cose stanno altrimenti. La scienza, poichè ragiona in termini probabilistici, ben raramente ci chiede l' astensione. Quandanche un' alternativa sopravanzasse microscopicamente le concorrenti, sarebbe pur sempre razionale preferirla.
E su quasi nulla siamo completamente ignoranti, nemmeno su come cadrà la monetina che lanciamo in aria.
Danno forse fastidio le conclusioni molto imprecise, per non dire sballate? Pazienza, la scienza molto spesso è così: imprecisa&sballata. Nondimeno è scienza.
Una conclusione imprecisa e sballata non testimonia il fatto di essere a-scientifica, testimonia solo il fatto che non ce ne faremo granchè. Serve solo per "conoscere", vuol dire che ci limiteremo a quello.
Ve lo vedete un filosofo tracciare una linea e dire: se l' errore supera questa soglia siamo fuori dal territorio della Scienza!
Sarebbe una macchietta! Perchè? Perchè Scienza & Precisione non sono affatto sorelle. Al limite Cugine.
Ammetto che la conclusione non è immediata. Sarà perchè chi lavora "nel campo" non è molto interessato a diffonderla. Sa bene che il suo status rispettabile dipende dal fatto "che c' azzecca" e non dal fatto che "è uno scienziato".
Confesso, ho scritto tutto avendo ancora in testa il principio antropico.
Come leggete i libri?
Se è per questo anch' io ho smesso da tempo di leggere come prima cosa la Prefazione.
Sarà per preservare il virginale incontro con la scrittura d' autore in modo che sgorghi spontaneo un giudizio personale incontaminato...
...sta di fatto che ora le leggo..."durante".
Il "durante" non è sempre facile da definire.
Ci provo: non appena mi accorgo che la valutazione si va consolidando, che gli occhi subiscono una panne problematica, che il testo ha un momento di stanca...zac, ci infilo un pezzo di Prefazione.
Così, come diversivo. Così, come sorbetto. Così, tanto per cambiare aria aprendo porte e finestre.
Con questo modo di leggerle, a pezzi e bocconi, non voglio certo svalutarle.
Per non lasciare dubbi dirò che alcuni libri, in passato, gli ho acquistati o presi in prestito solo per le Prefazioni.
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Ora che sono partito a pensarci mi vengono in mente altre modalità attraverso cui i libri "mi leggono".
Di solito si fanno impugnare mettendomi supino, poi, oplà, mi girano pancia sotto. Tempo dieci minuti e siamo in posizione "alla romana" (fianco sinis'-sinis').
Terminata una rotazione completa si riparte con la schienata iniziale e via, verso una seconda serie di posture.
Dopodichè la seduta viene dichiarata sciolta e sono finalmente libero di dedicarmi ad altre attività.
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Recentemente mi sono ribellato imparando a non finire i libri che non lo meritano. E che cavolo!
E' stata una conquista di civiltà anche se non priva di inconvenienti. Figuratevi che avevo abbandonato Faulkner, autore per cui oggi ho aperto un fan club.
***
Ho notato che sia Rossella che De Mauro consigliano la "lettura lenta". Unisco entusiasta la mia voce a cotanto coro dichiarandomi un sostenitore di questa pratica.
Attenzione però, la lettura in surplace non è un dogma.
Meglio riservarla ai territori inesplorati, quando non sai chi hai di fronte, quando cammini sotto un cielo senza stelle.
Poi, dopo aver fermato l' oriente, si puo' procedere impostando una velocità di crociera. Ogni autore ha la sua.
La lettura rallentata non è nemmeno uno scherzo, ci vuole molto self control.
Quante volte sono partito con tutte le migliori intenzioni ma poi - sarà stata l' ansia di sciogliere qualche nodo, la curiosità di districare il plot, la seduzione del libro successivo o parallelo - mi ritrovavo lanciato a razzo, comprensione nulla, occhi spremuti...praticamente una tortura autoinflitta.
Ci si puo' aiutare con il podcast.
Il podcast ti cala nel contesto, ti fornisce una bussola, ti schiarisce la storia, almeno nei suoi snodi principali.
Con queste premesse puoi permetterti il lusso di calarti appieno nella pagina saggiandone fino in fondo tutti i ghirigori.
L' aggressione compulsiva, o frenetico/consumista, al libro è il nemico che la lettura "lenta" vorrebbe sgominare.
Darsi dei limiti facendosi legare al palo come un Ulisse, costituirebbe una strategia alternativa.
Io, per esempio, non avendo nobel da consegnare, mi dedico solo ad autori defunti. Le tentazioni sono forti, le trasgressioni non mancano e non so se durerà.
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Solidarizzo con i lettori da treno.
Aggiungo una locazione affine. I freddi marmi della Stazione Centrale mentre attendi coincidenze che non coincidono.
Almeno finchè i barboni più smandrappati non entrano in frizione (accade puntualmente all' ora X), in questi casi attaccano a ruzzare ed inveire biascicando. Cosa fai? Chiudi il libro, fai finta di niente, ti alzi zufolando e teli.
Altra piaga per la concentrazione sono gli audacissimi piccioni che ti stringono d' assedio reclamando una briciola dei tuoi preziosi krek.
Degli annunci continui (dlin-dlon), non mi preoccupo. Riesco a relegarli in un vicolo cieco del cervelletto in fondo a destra (è un po' come il cestino di Window). Lì non disturbano.
A meno che non mi venga il dubbio atroce (con paturnia allegata) che il treno soppresso sia proprio il mio!?
Ti precipiti nel cervelletto in fondo a destra ma non riesci a ripristinare nulla di intelleggibile. La fronte s' imperla, meglio fare l' orecchia alla pagina e andare ai monitor azzurrini.
***
Chiudo con una nota di realismo impudico affrontando l' ineludibile tema della Salle de Bain.
Ogni volta che mi rilasso sulla maieutica seggetta il mio QI s' impenna. Come non approfittarne?
Per letture "volanti" del genere privilegio la lirica. In alternativa aforismi o monografie della Taschen.
In quella sede quando il reading è maturo lo capisci subito. C' è sempre un momento in cui l' interesse per il verso/epigramma/immagine "frana".
Allora tiri lo sciacquone e arrivederci alla prossima.
martedì 2 febbraio 2010
Tutto è fantastico, a posteriori.
Polkinghorne, infatti, sembra oggi l' apologeta più attivo nella difesa della fede dall' attacco scientista. L' uomo è ferrato, non c' è che dire.
Punta molto sul "principio antropico", quello per cui il fatto che ora siamo qui è estremamente improbabile, quindi, se Dio gioca a dadi, gioca perlomeno con dadi truccati. L' universo, per essere cio' che è, richiede una "calibratura" di partenza mica da ridere.
La replica sembra semplice: getta mille volte una monetina, osserva bene la serie che esce. E' fantastico che sia uscita proprio quella! Tutto, a posteriori, è fantastico ed inspiegabile.
Sì, ma se la serie è fatta tutta di "sei" la cosa è fantastica sia a priori che a posteriori, che ne dici?
Forse la "serie" non è fatta solo di "sei", certo che è ben strana. Puoi appurarlo te stesso spendendo 55 euro.
L' universo come lo conosciamo "esce" dai valori di alcune costanti iniziali tra loro indipendenti (probabilmente). Solo una "sorprendente" coincidenza consentirebbe la vita come la conosciamo, ovvero basata sul carbonio.
C' è chi obietta e dice che la vita puo' emergere anche da altri elementi.
Altre forme di vita sono state considerate, eppoi, stando ai fatti, noi conosciamo solo la vita fondata sul carbonio.
John Leslie: il fine tuning è evidenza, evidenza genuina del seguente fatto: Dio è reale/ci sono molti universi differenti.
Polkinghorne dice che il credente puo' abbracciare entrambe le opzioni, anche se personalmente trova la cosa "priva di fascino". Io no.
Ancora... bello il modo con cui liquida i teo/zoo/biologi: non sembrano giudicare problematico da dove giungano i materiali disponibili per la "loro" evoluzione.
Ah, in matematica è un platonico. Bene!
Questo il suo libro che ho letto in treno.
Untitled
... altre capriole irresponsabili...
... altri brindisi amniotici...
sabato 30 gennaio 2010
Quando Kant e Bentham brindarono al Circolo Ferrovieri
Sì, quello degli "scambi" e del "ciccione".
Sì, quello per cui se azioni lo scambio del treno fai fuori una persona ma ne grazi cinque.
Sì, quello che per salvare tutti puoi buttare il ciccione sui binari e bloccare il treno impazzito.
Sì, quello dove tutti sembrano incoerenti perchè lo scambio lo azionano ma il ciccione, quello no, quello non osano buttarlo.
Bè, prendiamo due scambisti coerenti, due sergenti di ferro: il signor Kant e il signor Bentham.
Quando Kant, conosciuto anche come "Mr. don't switch", è addetto agli scambi sappiamo bene come ragiona: l' uomo è un fine, non posso "usare" (sacrificare) Giovanni per salvare quei cinque scemi. A buttare Bombolo sui binari, poi, neanche ci pensa.
Con lui agli scambi gli amanti dello splatter gongolano: uno strike di 5 birilli non ha niente a che spartire con la solita "morte singola"... con tutti i suicidi che bloccano la metropolitana oggidì poi...
Bentham è conosciuto come "Mr push", è sempre lì che si conta le dita. 5-1=4, vai con lo scambio... hop, e Giovanni non c' più. 5-1=4 vai con la spintarella... hop, e Bombolo non c'è più. Certo che Bentham ne ha di pelo sullo stomaco per mettere le sue manacce addosso a Bombolino mio, e la biografia è lì a confermare.
Al circolo ferrovieri i due non fanno che litigare intorno al biliardo: "anche oggi ne hai fatti fuori una marea", "tratti le persone come carne da macello", e le stecche cozzano tra loro. Gli altri (il gruppo switch&dontpush) neanche ci badano, tutti i giorni la stessa storia.
Ma oggi al circolo c' è un nuovo ferroviere, si avvicina al biliardo e confabula con i due litiganti. Dopo poco eccoli avviati come tre amiconi verso il Bar per brindare alla salute a alla ritrovata amicizia. Il gruppo strabuzza gli occhi.
Ma cosa avrà detto il misterioso ferroviere al "contatore umano" e all' "uomo con la legge nel cuore" per ottenere una simile effusione dei corpi e degli spiriti?
Ve lo dico in un orecchio, avvicinatevi: se stabilite una pena equa (risarcimento) potete mantenere principi saldi e bilanci che quadrano, le due cose non sono affatto in conflitto. Utilità&Principi... Culo&Camicia!
Capito? Vabbè, grazie a tutti e alla prossima.
Dimenticavo, visto che avete porto l' orecchio vi svelo anche il nome del misterioso ferroviere, si tratta del signor Coase, detto anche "Mr. switch&push&pay".
venerdì 29 gennaio 2010
Culoni che troneggiano
Difficile se si mette piede fuori dall' aula scolastica. Per me è evidente che una qualche seppur minima libertà esista.
Eppure ce ne sono molti. Magari sotto la maschera grottesca del "compatibilismo".
[I compatibilisti, onore a loro, un po' si vergognano e corrono a nascondersi infilando la testa sotto il letto. Ma il culone, purtroppo, troneggia denunciandoli]
Ma perchè sono così tanti? Probabilmente per evitare l' inondazione metafisica delle loro filosofie (spesso) materialiste quando ormai lì dentro hanno investito troppo, fino a farne un' ideologia.
Per loro sarebbe davvero disperante.
Se proviamo per un attimo a prendere sul serio il determinismo (d) scopriremmo che è una dottrina contraddittoria, così come lo sono le sue caricature "compatibiliste". Il libero arbitrio (l.a.) allora s' impone (anche) per coerenza logica.
Dimostrazione.
PREMESSA 1: Dovremmo credere solo a cio' che è vero (semplice deontologia epistemica).
PREMESSA 2: Un "dovere" è tale se è anche "possibile" (semplice ragionevolezza).
PREMESSA 3: Se d. fosse vero, tutto cio' che è "possibile" fare verrà fatto (non si scappa).
PREMESSA 4: Io credo nel l.a. (e tutti credono nella mia buona fede).
DERIVAZIONE 1: sulla questione del d., possiamo evitare le false credenze (poiché la ipotizziamo conoscibile: 1+2).
DERIVAZIONE 2. Se il d. fosse vero, potremmo evitare le false credenze (3+5).
DERIVAZIONE 3: poichè evito d., d. non puo' essere vero, quindi sono libero (6+4).
DERIVAZIONE 4: L.a. è vero.
Il determinismo, poichè implica il suo contrario, è una dottrina autocontraddittoria.
Detto più semplicemente: poichè non faccio cio' che potrei fare, sono libero e il detrminismo (che implica si faccia tutto quello che si può fare) è confutato.
Qui Michael Huemer affossa le flebili obiezioni.
giovedì 28 gennaio 2010
Ciao ciao Darwin
ATEISTA: sciocco! Si vede che non hai letto Darwin. Leggilo e scoprirai come per creare "meraviglie" del genere bastano "caso" e "necessità". Nessun Architetto è richiesto.
TEISTA: sì sì... il processo evolutivo eccetera eccetera. Ma qui siamo di fronte a complessità davvero inesplicabili.
ATEISTA: l' evoluzione è in grado di spiegare anche le complessità più complesse.
TEISTA: non le complessità complessissimissime.
ATEISTE: anche quelle!
TEISTA: anche le complessissimissime?
ATEISTA: anche le complessississimissime!
TEISTA: bla bla bla...
ATEISTA: bla bla bla bla...
Lasciamo i due filosofi al loro dialogo tra sordi e cerchiamo piuttosto una via d' uscita.
Potremmo partire dalla spiazzante osservazione di Eugene Wigner: "ma quanto irragionevole potere esplicativo ha la matematica" con cui spieghiamo tanta complessità. Già, veramente irragionevole.
Ma noi non vogliamo essere irragionevoli!
Un modo per evitarlo consiste nel credere che l' universo sia un oggetto matematico.
Certo che se le cose stanno così il potere della matematica non è più "irragionevole" ma del tutto naturale.
Inoltre prendo due piccioni con una fava: l' universo matematico richiede l' esistenza di più mondi e l' esistenza di più mondi riconcilia le contraddizioni tra relatività e teoria quantistica.
Altra conseguenza: la natura della complessità dell' universo è del tutto particolare. Ora possiamo dire di saperne di più, si tratta di una complessità matematica.
La matematica costituisce un sistema "complesso", chi puo' negarlo? Persino il sistema dei numeri naturali è, nel suo piccolo, molto "complesso".
Eppure l' origine di questo genere di complessità non puo' essere nemmeno lontanamente spiegato da processi evolutivi (ciao ciao Darwin).
C' era d' aspettarselo, si capisce: per fare i teologi non basta chiedersi "perchè c' è la vita", bisogna chiedersi "perchè c' è qualcosa". Anche per questo mandiamo in pensione il Darwin teologo (tenendoci stretto il naturalista).
E l' origine dei numeri, allora?
Una soluzione in tasca non ce l' ho. In questi casi è ragionevole adattarsi alla più immediata.
Qualcuno puo' pensare che siano lì da sempre. Fissi! Che pensiero strano. Oppure che originino da numeri, che originano da numeri, che... Che pensiero incasinato!
Mi è molto naturale pensare che un numero origini da una mente. Non la nostra, per quanto detto più sopra noi siamo fatti di numeri e siamo fatti per comprenderli, mica siamo in grado di partorirli.
Non resta che la Mente di Dio.
E' la soluzione più di buon senso, spiega perchè quel genere di matematica che forma l' universo si presenta a noi in modo molto differente da una comune astrazione.
E' la soluzione più semplice, almeno da intuire, così anche il rognoso spirito di Occam smetterà di brontolare.
Agenzie viaggio
Non nego le molte difficoltà, magari ci sono persino leggi fisiche che lo impediscono, mille problemi, ma nessuno di natura logica.
Discorso diverso per la Macchina del Tempo.
Trasferendomi nel passato potrei apportare modifiche al fine di avere un "futuro" differente. Ma questo è contradditorio con il fatto che io conosco già il futuro e se è quello non puo' cambiare, non ci sono santi. Ma allora puo' cambiare o no?
Sembra proprio che per avere una Macchina del Tempo sia necessario un multiverso e una B-theory del tempo.
Di solito ho un' allergia per tutto cio' che è controintuitivo, eppure, per ragioni indipendenti, simpatizzo con le due condizioni di cui sopra.
Allora, per come la vedo io, una Macchina del tempo dovrebbe essere possibile. Mamma mia che impressione.
Si tratta di giochetti? Forse, sta di fatto che una presa di posizione sul punto è richiesta nell' indagine volta a capire "cosa pensano i filosofi del nuovo millennio".
Ne deduco che la posta in gioco non è poi così bassa.
Una rinfrescatina
... a seguire l' unico compositore "tonale" ammesso nel fortino torturante delle avanguardie radicali. Tre minuti di sorbetto in pranzi (di ore) a 12 portate (indigeste).
Fede cieca
No! Dice il matrerialista bloccandomi: tu non hai in mente proprio nulla, l' unica cosa che "hai" è un cervello che "formicola" in un certo modo stando rinsaldato nella sua scatola cranica. Tutto lì, il resto è illusione.
Ok, ho un cervello che frizza nella sua scatola cranica, questo lo so. Però, oltre al cervello, caro materialista, ti assicuro che avevo anche in mente qualcosa mentre scrivevo il rigo di cui sopra. Lo saprò, mica sono scemo. Lo so con una certezza che è almeno pari a quella con cui avvisto all' Osservatorio il transito delle comete.
Che avessi in mente qualcosa non devo dimostramelo, e spero di non doverlo dimostrare nemmeno a te, poichè è l' unica cosa certa in questo caos. Da lì, semmai, devo partire per capire meglio come stanno le cose in questo mondo.
Questi materialisti vè... mi sembra molto poco "scientifico" dire che la realtà debba coincidere con qualcosa che la nostra teoria (fisica o chimica) riesce a spiegare adeguatamente.
Non c' è un bel po' di dogmatismo in tutto cio'? Un dogmatismo che rasenta la cecità.
E' quel particolare dogmatismo a cui alludeva Bergson quando diceva: "la fede cieca non sposta le Montagne, la fede cieca non vede nemmeno che ci sono delle montagne da spostare".
link
p.s. ecco una metafora felice: la mente è un astronauta, il cervello è la sua astronave.
mercoledì 27 gennaio 2010
Il Brutto e il Migliore
Brusco su Craxi
Curiosità: le leggi che procurarono il buco furono varate da Craxi o furono un portato del passato? Magari si scopre che furono leggi fatte da altri giunte "a maturazione" nell' esra Craxi.
L' inazione non accrediterà mai accuse gravi quanto l' azione.
Soprattutto quanto perlomeno una di queste azioni benemerite fu intrapresa: quella contro l' inflazione. Chi si oppose persino a quella? Magari scopriamo che fu chi oggi critica che non fu fatto abbastanza.