La professoressa Nancy Rosenblum ha recentemente dato alle stampe un libro in cui si rivaluta la partigianeria politica: o di qua o di là.
E’ decisamente un’ operazione azzardata visto che mai come oggi l’ osservatore indipendente dei fatti politici è ricercato e apprezzato:
… Il disgusto per il partigiano si diffonde rapidamente e ovunque… da più parti la sua è ritenuta una forma “degradata” di cittadinanza… non mancano giudizi aspri che lo vogliono ora ignorante, ora inerte, ora succube dei leader e via dicendo… una persona dedita a sfigurare cio’ che altrimenti sarebbe una comunità politica perfettamente unita… e anche chi non giunge a questi eccessi, ovvero chi accetta di buon grado una consistente dose di pluralismo, considera comunque la partigianeria come un fattore divisivo creatore di conflitti… chi lo demonizza esalta poi la figura dell’ Indipendente mettendone in luce la superiorità etica…
Non è un caso che tutti gli esperti di settore anelino all’ indipendenza e a un certo ecumenismo:
… la continua interrogazione socratica e l’ imparzialità huemaniana sono quanto di più raccomandabile per l’ analista… anche i semplici votanti vengono spinti a fronteggiare i problemi politici con mentalità non-partisan… laddove i giudizi del “fazioso” vengono considerati squilibrati e minati da continue distorsioni percettive, quelli dell’ “imparziale” vengono raffigurati come limpidi, empirici e ragionati…
Peccato che tesi del genere non reggano un serio scrutinio:
… ben lungi dall’ essere più attenti, interessati e informati, gli “indipendenti”, come gruppo, tendono ad avere una conoscenza più approssimativa dei problemi politici, un’ immagine infantile delle personalità politiche, il linguaggio della politica spesso è per loro un gergo incomprensibile, il loro interesse al dibattito è inferiore così come inconsistenti sono le loro preoccupazioni sull’ esito di molte vertenze… L’ “indipendente puro” è la figura meno interessata alla politica… il più ignorante in merito… nonché, tra i votanti, il più superficiale… Tutto cio’ è perfettamente plausibile, se ci pensate: il militante spende molto più tempo nell’ approfondimento e ha anche più agganci quando si tratta di reperire informazioni… Il pragmatismo dell’ Indipendente - nascosto dietro la maschera di un generico “interesse civico” - è spesso caotico e sfocia in soluzioni ad hoc quasi sempre dannose per la costruzione di un sistema coerente… come se non bastasse, molte volte la sua posizione “equilibrata” sfrutta opportunisticamente i precedenti e fertili conflitti originati dalle varie fazioni…
A cio’ si aggiunge l’ incapacità di incidere, così tipica del Terzista:
… Ignazio Silone aveva ragione nel dire che l’ essenza del giudizio democratico sta nella “scelta dei compagni”… L’ Indipendente non coglie questa essenza quando, geloso della propria originalità, recalcitra allorché è chiamato a “coordinarsi” con il prossimo… si consegna così a un atomismo che, da un lato lo esonera dalle responsabilità del compromesso, ma dall’ altro lo rende, sì puro, ma anche irrilevante…
D’ altro canto, il settario:
… con il suo rifiuto della visione altrui pone linee chiare di demarcazione, accettando il conflitto delle idee s’ impegna a regolarlo sempre meglio, mette a fuoco i punti di dissenso ma anche quelli di possibile convergenza… in mancanza di partigiani i benefici della dialettica faticherebbero a emergere soffocati da un magma di visioni indistinte e mai in chiara opposizione l’ una con l’ altra…
Ma che dire a chi ci fa notare quanto il Partigiano tenda ad adottare acriticamente il Vangelo della sua tribù rifiutando spesso l’ evidenza palmare che confuta certe credenze? Secondo chi sostiene l’ accusa, il Partigiano rischia sempre di essere passivo ed eterodiretto.
… molti di questi difetti si riscontrano anche nell’ Indipendente, si riscontrano in chiunque professi una propria ideologia, e vale la pena qui di ricordare che “essere indipendenti” non significa essere svincolati dall’ ideologia ma piuttosto costruirsene una su misura… del resto il supporto ideologico sembra essenziale alla comprensione del reale, per dirla con le parole di Shumpeter: “l’ ideologia ci nasconde gran parte della realtà ma senza ideologia saremmo del tutto ciechi”… quanto alla presunta “passività” dell’ affiliato, recenti ricerche hanno dimostrato come le organizzazioni politiche siano sensibili alle preferenze latenti dei membri e anche più elastiche di quanto si pensi nel cambiare la posizione ufficiale in conformità con l’ opinione ufficiosa nel frattempo diffusasi tra i militanti…
Altro dubbio: ma la partigianeria non rischia di fomentare l’ estremismo?
… No. L’ estremismo deleterio non ha nulla a che vedere con le specifiche posizioni politiche di un partito ma piuttosto con la condotta di una frangia di militanti… l’ estremismo è un epifenomeno che emerge allorché si fa strada la frustrazione di non poter mobilitare dei voti, e questo diventa tanto più probabile quanto più si indeboliscono i partiti… gli estremisti spesso hanno una piattaforma accettabile [molti condividono gran parte dei volantini delle BR]… l’ estremismo è una prassi, non un’ idea…
Secondo molti se la faziosità politica dovesse diffondersi il Paese resterebbe bloccato, sono gli “indipendenti” a renderlo dinamico e sempre pronto a invertire la rotta. Sbagliato:
… Hillygus e Shields, nel loro libro “Chi persuadere?” hanno dimostrato che a cambiare voto sono per lo più ex partigiani delusi prima ancora che gli indipendenti. Come se non bastasse, è qui il caso di affermare che su molte “issue” il partigiano la pensa in difformità con il suo partito [si parla degli USA]…
La faziosità fomenta l’ interesse, ok, ma c’ è da chiedersi se davvero un’ “interesse” tanto morboso sia preferibile la quieta apatia di molti indipendenti:
… su questo punto pesano le contingenze. Al momento attuale vedo l’ apatia come la maggior fonte distorsiva del sistema. Colpisce soprattutto i poveri, sono loro a non votare e, come ha dimostrato uno studioso del calibro di Larry Bartels, la struttura delle preferenze dei poveri è molto differente rispetto a quella degli altri gruppi sociali, cio’ significa che una gran parte della società non è rappresentata nel voto democratico…
Conclusione:
… non abbiamo bisogno di più indipendenza ma di una sempre più leale partigianeria con un agone efficiente dove far competere idee contrapposte…
D’ altronde, era chiaro fin dall’ inizio che per la Rosenblum il tratto partigiano è consustanziale alla democrazia:
… il luogo comune per cui un sistema democratico intelligente e funzionante richieda ai suoi membri indipendenza di giudizio e spirito non fazioso è palesemente falso… nel mio libro ho intenzione di proporre la “militanza” come primario valore democratico ed etico…
Convinti? Io non del tutto. Penso che almeno un paio di critiche restino inevase, e per me sono quelle decisive.
Prima.
Chiediamoci: cosa serve affinché emerga la preziosa “wisdom of the crowd”, che è poi il sale di ogni democrazia?
Indipendenza di giudizio.
Cosa mina innanzitutto l’ appartenenza zelante a una Chiesa?
L’ indipendenza di giudizio.
Conclusione: nell’ aggregare i giudizi abbiamo bisogno di tutti i generi di errore affinché si elidano meglio tra loro. La partigianeria ci spinge pericolosamente a fare lo stesso errore degli altri, e questo puo’ essere un guaio.
Spesso, diciamolo, un’ ignoranza capronesca, specie se umile, è molto meglio di un cervello all’ ammasso.
Secondo.
Il “partigiano” coltiverà anche una grande passione civile dedicando molto tempo all’ informazione e all’ approfondimento delle varie “issue”, non sembra però che questo gli giovi granché quando forma le sue credenze. I bias cognitivi lo perseguitano più di quanto non facciano con l’ indipendente.
Sul punto, a me piace portare questo esempio sull’ effetto serra, lo traggo da Andrew Gelman:
… su un campione di soggetti intervistati, il 19% dei Repubblicani con un’ istruzione superiore credeva che le attività umane fossero la causa del riscaldamento globale, mentre si saliva al 75% tra i democratici, sempre limitandosi a quelli in possesso di laurea o titolo superiore… se invece non consideriamo in alcun modo il grado di istruzione la percentuale dei Repubblicani sale al 31% e quella dei democratici scende al 52%! A prima vista un risultato del genere è parecchio strano: verrebbe naturale pensare che quanto più elevata è l’ istruzione, tanto più si converge sul consenso scientifico, magari i laureati sono più scettici e meno creduloni ma qui tra Rep. e Dem. c’ è un movimento opposto nelle percentuali. Eppure, se guardiamo a questi dati da un’ altra angolazione, tutto prende senso: tra i laureati la percentuale di militanti è molto più elevata che tra i non-laureati e questo è confermato dalle ricerche che riscontrano una maggiore “polarizzazione” politica tra gli “istruiti”. Nel caso di specie, quindi, la forte divergenza sarebbe da attribuire a bias ideologici…
Non da ultimo, diciamolo, il Partigiano è spesso persona sgradevole, la sua “sordità” infastidisce. Va bene, è giusto riconoscergli una “funzione sociale”, ma questa spetta anche alla prostituta e all’ usuraio, passare dal “riconoscimento” all’ elogio è un salto mortale doppio, c’ è il rischio di rompersi il collo.
Certo comunque che se giudico dalla mia esperienza i sorprendenti dati della Rosenblum escono abbastanza confermati.
Di fronte a qualsiasi diatriba ritrovo puntualmente tre gruppi di persone: 1) gli indipendenti superficiali che affrontano il problema giusto al bar come pretesto per socializzare 2) i militanti che hanno una passione morbosa e che cercano di realizzarsi come paladini della verità 3) gli indipendenti sofisticati tutti indaffarati nell’ attribuire priorità e pesi in modo da bilanciare torti e ragioni.
Chi appartiene alla categoria 1 offre solo un interesse simulato e fuggevole alle questioni, i problemi non vuole risolverli ma solo scacciarli dalla propria mente, oppure esibire in pubblico la propria personalità, oppure li usa come pretesto per socializzare. Il passaggio da 1 a 2 si compie, in genere, quando siamo toccati personalmente da cio’ di cui parliamo. Il passaggio da 2 a 3 comincia quando cessa la paura del “nemico” – il che va di pari passo con una crescente sicurezza delle proprie posizioni - e si desidera approfondire il suo punto di vista, magari per meglio rintuzzarlo.
Vogliamo quantificare questi tre gruppi? Fatto cento il campione, il gruppo 1) conta settanta membri, il 2) venticinque e il 3) cinque.
Bè, se i numeri sono davvero questi – e io li trovo plausibili – le generalizzazioni della Rosenblum, anche se controintuitive, non sono campate in aria. Resta da valutare il fatto se un “interesse morboso” sia meglio di un “interesse simulato” o di un “disinteresse”. Probabilmente lo è solo quando rappresenta una tappa verso ulteriori sviluppi.
Chiudo con due considerazioni, spero non troppo fuori tema, frutto ancora della mia piccola esperienza. In esse rivaluto la partigianeria, ma in ambito culturale più che politico.
A.
Quando leggo un libro trovo utile porsi con un atteggiamento di sfida: “io la penso così, prova a convincermi del contrario se ci riesci”. Sarebbe impossibile lanciare seriamente queste sfide se la faziosità fosse bandita.
B.
E’ buona pratica, dopo essere stati “catechizzati” da chi ne sa più di noi, chiedere: “mi puoi citare un paio di personalità che rispetti e che su questo stesso tema sostengono tesi antitetiche alle tue?”. Conoscere visioni differenti illumina la visione che ci viene propinata e aiuta a giudicarla.
Recentemente ho fatto questa domanda alla psicologa dell’ asilo dopo l’ incontro che abbiamo avuto sui temi educativi. Mi ha sorriso ma non mi ha risposto (forse non era la sede per impelagarsi in certi discorsi). Me lo sono fatto bastare.
Menzione speciale alla sigla di testa: grafica optical (le “macchie” si prestano) e musiche schizoidi.
Scatta il ricordo di di Carl Stalling, compositore sottovalutato che John Zorn sdoganò sul finire del secolo scorso. Suoi gli esplosivi commenti musicali ai rapsodici cartoni della Warner.
Il film presenta due civiltà: quella canina e quella bipede, sorprende quanto poco comunichino tra loro. La prima appare comunque superiore.
Tra i cattivi, Crudelia è passata negli annali (il suo clacson fa compagnia a quello di Bruno Cortona), ma io prediligo il segaligno Gaspare (sarà per la voce vellutata di Walter Matthau).
A proposito dell’ inetta coppia Gaspare-Orazio, in almeno due scene (l’ irruzione maldestra in casa altrui e le sedute alienanti davanti alla TV in compagnia dei rapiti) richiamano i villain di Fargo.
Il personaggio di Ronnie, cagnolino obeso che dice sempre “mamma ho fame”, oggi, nella società medicalizzata, non sarebbe praticabile. La sua condizione è da considerare patologica e da esibire solo col filtro di robusti eufemismi.
Nel corso delle feste natalizie ho letto un libro mica male: Una donna di cuore, di Alice Munro.
Qui riserverò la mia attenzione solo al primo racconto della silloge nella speranza di dare un’ idea approssimativa di questa autrice contemporanea in odore di Nobel da parecchi anni.
Una letterata affida il suo messaggio allo stile ed è difficile rendere uno stile a parole, la cosa migliore, in casi del genere, consiste nell’ accumulare citazioni dirette e indirette, ed è proprio quello che farò.
C’ è stata un’ epoca in cui “senso del dovere” e “lealtà alla parola data” erano vissuti alla stregua di gabbie claustrofobiche da cui evadere alla ricerca di esprimere una più autentica “spinta vitale”. Oggi, in tempi di corruzione e volgarità diffusa, la cosa puo’ apparire singolare ma chi viene da una cultura puritana sa bene di cosa parlo. Noi cattolici, per capire meglio, possiamo ricorrere alla buona letteratura, a cominciare da questa prova della Munro.
***
Ma partiamo pure con la storia. Nella prima parte alcuni ragazzini scoprono il cadavere del Sig. Willens in una palude.
La loro è un’ escursione in stile “stand by me” con uno scopo ben preciso:
… poter raccontare di aver nuotato nello Jutland prima ancora che si sciogliesse tutta la neve per terra…
Un nevaio “basso e testardo” rende meno proibitiva l’ impresa.
Ho detto “nuotare”? Diciamo meglio “agitare scompostamente gambe e braccia per fuggire poi frettolosamente a riva”. Tanto l’ importante è:
… il sollievo di sapere vera la propria fanfaronata…
Se nel racconto c’ è un leitmotiv, questi è “la schiavitù che impone il dovere della sincerità”.
Inutile precisare che l’ ambiente non è cattolico ma puritano. Enid, l’ eroina della Munro, sembra uscita da un racconto di Flannery al solo scopo di fiondarsi in un film di Van Triers.
Il gran finale sarà costruito intorno alle capacità catartiche della bugia, o meglio, della reticenza:
… quanti benefici poterono sbocciare dal suo silenzio… era in quel modo che si rendeva abitabile il mondo…
Ma torniamo ai ragazzi, sulla via del ritorno, forse galvanizzati dal segreto che custodiscono, fanno mille progetti sul futuro sognando a occhi aperti:
… nessuno sembrò accennare agli impegni scolastici…
Durante queste gite i nomi propri dei protagonisti sembrano banditi:
… per attirare l’ attenzione reciproca si limitavano a dire “ehi”…
L’ infanzia “campagnola” mi facilita nel capire le risonanze di questo passaggio. Da un lato provo il piacere di cogliere una sfumatura, dall’ altro l’ inquietudine di chi constata che se le allusioni sono tanto sottili, per una che ne intercetti, dieci te ne sfuggono.
Veniamo alla lezione numero uno di una qualsiasi scuola di scrittura creativa: la condizione psicologica dei personaggi deve essere resa solo mediante la descrizione di comportamenti. L’ esempio in corpore vivi qui si sostanzia nei bimbi che tornano in paese latori della ferale notizia:
… sulla via del ritorno camminarono in fretta. Di quando in quando accennavano a un trotto, senza mai rompere in una corsa vera e propria… oppressi dal peso della meta e dal dovere da compiere…
Il paese: bisogna figurarsi i paesi di una volta, quelli in cui la gente si saluta e saluta anche i bambini, forse per rispetto ai genitori:
… replicando i ragazzi non si degnavano mai di alzare lo sguardo oltre la borsetta delle signore e il pomo d’ Adamo degli uomini…
In famiglia. A pranzo. I due criteri da osservare prima di servire in tavola un paio di uova:
… nere di pepe e rugginose sugli smerli…
Abbozzo del tradizionale papà alticcio sempre a caccia di un pretesto per pestare. Mi ha colpito la fenomenologia della sberla: prima ti dice “fai il furbo eh? Meglio se fai attenzione…”:
… dopodiché, se gli restituivi lo sguardo o magari se non glielo restituivi, se posavi la forchetta o magari se proseguivi a mangiare… era facile che lui intonasse il breve ringhio che precede lo scatto del corpo…
Dopo le botte furiose ando-cojo-cojo (mamma compresa) e la casa a soqquadro, qualcuno suona sempre il campanello (di solito un amico del bar). Lui apre inventandosi un’ ilare fesseria che giustifichi sommariamente lo strepito appena cessato:
… non gli importava essere creduto. Diceva così per trasformare in burla tutto quanto accadeva in famiglia…
Poi se ne andava al bar, ma anche quando non era più in casa permaneva sempre il ricordo e la minaccia della sua presenza pazzoide.
Intanto, in quelle stesse case, le mamme dai ricci “lucidi come lumache” andavano perdendo le forze giorno dopo giorno limitandosi a dire: “mi preparo una borsa d’ acqua calda e me ne torno a letto”:
… lo ripeteva praticamente sempre, ma lo annunciava ogni volta come fosse un’ idea improvvisa…
E i bimbi cominciano a scoprire la vita annusando… la mamma…
… quell’ odore invitante e nauseabondo della sua biancheria intima…
Altrove, presso focolari più civili, i genitori mostrano invece “una severità esperta” e soprattutto non modificano il proprio atteggiamento una volta entrati in casa. Oltre a cio’, le mamme non giudicano i comportamenti dei figli solo in base agli effetti sui padri. Ma queste sono case in cui non si allestiscono nemmeno brande in sala da pranzo.
Una parola va spesa per la collocazione temporale della storia. La Munro ama i passati non troppo remoti, l’ ideale per far risuonare la nota melanconica che ha nelle corde. Qui, per esempio, siamo nell’ epoca in cui…
… i Sabati erano ancora un avvenimento…
I ragazzi si decidono a denunciare il loro macabro ritrovamento ma l’ operazione sfuma. E’ Bud, il più ciarliero, a mandare all’ aria tutto quanto. Quando lo sceriffo ancora sonnecchiante si alza in piedi dietro la scrivania, gli viene naturale rettificare l’ esordio preparato sostituendolo con queste parole:
… ha la bottega aperta…
Per poi scappare trattenendo una risata convulsa.
Mi è piaciuto molto anche il passaggio in cui i ragazzi interrompono discretamente il classico “sonnellino sul lavoro” dello sceriffo:
… la sua espressione impiegò un attimo per mettere a fuoco il luogo, l’ ora e le persone. Poi estrasse di tasca un vecchio orologio, come se contasse sul fatto che i ragazzini vogliono sempre sapere che ora è…
***
Nella seconda parte del racconto la badante Enid assiste la Sig.ra Queen (27 anni) fino alla fine dei suoi giorni.
Mi sembra giusto dire fin da subito che Willens fu ucciso da Rupert, il marito della Sig.ra Queen, dopo essere stato sorpreso a fare lo sporcaccione con la moglie. Enid lo apprenderà dalla signora stessa che ricorda molto bene quel giorno:
… l’ odore dei vestiti zuppi di sangue bruciati nel camino dette alla signora un voltastomaco tale da indurla a credere che il suo star male iniziò da lì…
Ma andiamo con ordine: la Sig.ra Queen è una malata impegnativa:
… anche nel corso della conversazione più banale si mostrava enormemente esigente e tesa…
Per quanto nessuno dei due fece mai accenno a questo fatto, Enid ricordava bene Rupert, il marito della malata era stato suo compagno di scuola:
… quello era esattamente il sorriso che sfoderava Rupert al tempo del liceo, per difendersi da possibili prese in giro…
Enid e le sue amiche lo punzecchiavano continuamente; era per loro piacevole…
… guardargli il collo farsi rosso…
Perché allora volevano vederlo umiliato?
… solo perché avevano il potere di farlo…
Lui era al banco proprio di dietro e quando capitava che le appoggiasse un dito sulla spalla per richiamare la sua attenzione e chiedere un suggerimento…
… lei si sentiva… perdonata…
Ora l’ abbronzatura del contadino aveva preso il posto dei rossori.
Alle amiche di scuola è infine riservato il ricordo di un ricordo:
… successivamente ne aveva aiutate alcune a partorire in casa per ritrovarle piegate nella loro sicumera…
I rapporti con la malata. Enid, tanto per allentare la tensione, racconta alla Sig.ra come lei e sua madre se la cavassero benissimo anche senza uomini in casa…
… intendeva buttarla sullo scherzo ma non funzionò…
I malati vanno sempre presi un po’ in giro:
… crede forse che non abbia mai visto un sedere prima d’ ora?…
I malati hanno il vizietto di ripetere a voce alta quel che pensano che gli altri pensino:
… ma quando la farà finita questa qui?… quando potremo finalmente buttarla via come un gattino morto?…
Sapeste quanta energia preziosa sprecano i malati per inveire contro i sani! L’ acrimonia trasfigura la loro fisionomia e ce ne vuole prima che si sistemino sui binari della loro agonia.
… tornavano a galla antiche faide, vecchie rampogne e persino un castigo ingiusto subito settant’ anni prima…
Le tette della malata:
… piccole sacche vuote con due acini d’ uva passa come capezzoli…
***
Qui cade un inciso fondamentale dove si narra di come Enid dovette rinunciare al sogno della sua vita: diventare infermiera professionale. Mentre il padre moriva all’ ospedale di Walley, le disse con tono calmo e razionale (era un agente immobiliare): “non mi piace che tu possa lavorare in un posto come questo”.
… si era messo in testa che il mestiere di infermiera rendesse la donna volgare… la dimestichezza con la nudità maschile modificava una ragazza così come modificava la considerazione che avrebbero avuto gli uomini di lei…
Il Padre chiede dunque a Enid, già avviata in modo promettente a quegli studi, di rinunciare.
Il carattere della madre di Enid è vividamente descritto riportando la sua reazione alla richiesta, non occorre altro:
… Eh dài. Tu promettiglielo. Che differenza vuoi che faccia?…
Enid la ritenne una frase sconvolgente ma non fece commenti, era coerente con il modo che aveva sua madre di vedere un sacco di cose.
Rinunciò agli studi dedicandosi unicamente ai moribondi (quello non poteva essere considerato un lavoro da infermiera):
… e così, senza intoppi di sorta, ancora giovane, scivolava dentro quel ruolo essenziale, socialmente cruciale, ma anche solitario…
E adesso, eccola lì la nostra Enid:
… impegnata a consumare la vita fingendo che non fosse così…
***
Il marito della malata, ovvero l’ assassino, è un contadino, uno che a furia di lavorare non riesce più a levarsi di dosso il sudore invecchiato:
… uno con cui ha senso scambiarsi solo frasi frettolose e esclusivamente di ordine pratico…
Per convivere con tipi del genere è necessaria la conoscenza di certi codici, fortunatamente Enid li domina:
… e lei gli chiedeva se avesse voglia di una tazza di tè… naturalmente lui rispondeva che non era il caso, e lei glielo preparava lo stesso intuendo che quella risposta poteva benissimo coincidere con un sì espresso secondo le buone maniere di campagna…
Guardandolo ora era davvero impossibile immaginarselo sottolineare con la penna rossa “l’ editto di Nantes” mettendoci accanto la nota N.B.
I sogni della protagonista in quel periodo – lei li chiamava “lerciume mentale” - sono squisitamente puritani:
… atti sessuali o tentativi di atti sessuali (talvolta impediti da intrusi o improvvisi cambi di scena) con partner assolutamente proibiti o impensabili. Grassi neonati, o pazienti fasciati da bende, o sua madre…
Si risvegliava restando nel letto come una carcassa vuota. Finché la vera Enid, con tutta la sua vergogna e la sua incredulità, tornava a scorrerle nelle vene…
Per la Sig.ra Queen si avvicina la fine; breve visita (indotta) del rude consorte alla malata:
… Enid pensò di eclissarsi sulla veranda ma faceva troppo fresco, temeva di sentire involontariamente discorsi intimi, magari l’ accenno di una lite…
Due giorni prima della morte, Enid è padrona della situazione:
… una meno esperta di lei l’ avrebbe creduta morta…
Il giorno pima:
… l’ energia tornò a fluire nel corpo della malata in quel modo innaturale e ingannevole… la signora volle sedersi appoggiandosi ai cuscini…
Il giorno della morte.
Una “badante terminale” sa sempre qualche giorno prima quale sarà il giorno della morte, ovvero:
… il giorno in cui verrà offerta dell’ acqua che non sarà più considerata…
Enid fece dormire le due bambine della moribonda di sotto:
… si ricorderanno per sempre di aver dormito quaggiù…
Ci si ricorda sempre di quando da piccoli si è dormito in un posto diverso dal solito. Per Enid era importante fare di quel giorno un giorno speciale.
Tra le immagini allucinate dell’ agonia anche quella del corpo di Willens appena reduce dal pestaggio ricevuto:
… niente tagli né lividi… forse era ancora presto… la roba che gli colava dalla bocca non era nemmeno sangue… era rosa…
Il giorno dopo la morte.
Enid annuncia che se ne andrà nel pomeriggio:
… ora che i parenti, sollevati dall’ imminente partenza di chi stava così saldamente al timone della casa, si sentivano con le mani libere, cominciarono a fioccare i complimenti…
***
Nel finale, Enid, ormai tornata a casa sua deve decidere se mettere Rupert di fronte alla sua colpa. Una decisione travagliata:
… girarsi nel letto e muovere il corpo le scombussolava tutte le informazioni che aveva nella testa… per cui cercava di farlo il meno possibile...
Enid sa benissimo che chi sbaglia deve essere punito ma soprattutto sa a memoria il perché:
… per quanto si sta male altrimenti dentro di sè… se fai una bruttissima cosa e non vieni punito stai peggio, molto peggio che se vieni punito…
Enid si prepara per tornare alla casa del vedovo:
… si puntò i capelli con una treccia e si mise la cipria… le parevano cose tanto superflue, quanto irrinunciabili…
La conversazione di Rupert è, come al solito, afasica:
… a bloccarlo, quella volta, era lo stupore più che l’ ostilità…
Il finale della storia è ambiguo ma prevale la sensazione che per la prima volta in vita sua Enid non abbia “dato corso alla Giustizia”. Il passaggio chiave da cui si evince tutto cio’ l’ ho già citato ma vale la pena di ripeterlo:
… quanti benefici potevano sbocciare dal suo silenzio… era in quel modo che si rendeva abitabile il mondo…
L’ ultima immagine che ci viene data di Enid:
… era scoppiata a piangere. Non per dolore, ma per l’ ondata di sollievo che nemmeno sapeva di aver cercato.
***
Il libro si chiude ma tante domande restano aperte. Qualche esempio.
Enid ha rinunciato definitivamente ad agire contro Rupert?
Penso proprio di sì, anche se il racconto si chiude con i due che ancora discutono.
Enid “rinuncia” a fare giustizia per un senso di colpa che risaliva ai tempi del Liceo? Oppure il suo inatteso “lassismo etico” è una scelta a tutela delle figlie di Rupert?
Penso proprio di no. Enid vuole rompere l’ ossessione per la “schiena dritta” e la “rettitudine inflessibile” che le viene dalla sua cultura puritana: cio’ che ha rovinato la sua esistenza non deve fare ulteriori danni.
Potrei proseguire, ma ce n’ è già a sufficienza per una seconda lettura in cerca di conferme e/o rettifiche sulle ipotesi formulate.
***
Per chiudere due parole sull’ autrice, che poi sono due parole sull’ eterna questione delle genealogie.
C’ è un lato “mostruoso” nelle eroine della Munro, per questo mi è venuto da evocare le stramberie di Flannery e le ossessioni di Lars. Ma sarebbe una genealogia sbagliata poiché dimentica una figura di riferimento come Henry James. L’ omaggio al romanziere americano si sostanzia innanzitutto nella qualità enigmatica dei racconti: li leggi con la sensazione che presto o tardi qualcuno ti metta al corrente di notizie sconcertanti (e per un lettore è una sensazione piacevole). Poi c’ è la nota melanconica della voce narrante che sembra dire a ogni rigo: il tempo che passa lascia di te sempre qualcosa in meno e mai qualcosa in più.
Punire e premiare i giudici quando il loro verdetto è smentito o confermato ex post, magari per una confessione o una prova del dna.
Direte: ma spesso così facendo si finisce per dare un peso alla fortuna.
E allora? La fortuna pesa in qualsiasi attività. Perché l' agricoltore o l' investitore dovrebbero essere soggetti alla fortuna mentre i magistrati dovrebbe esserne esentati?
Partiamo da un' osservazione sulla natura umana (e non solo):
On the faculty web page of Asif Ghazanfar[1], a psychologist at Princeton University, Ghazanfar comments, “For primates (including humans), the most salient features of the environment are other status-striving agents.” In other words, the monkeys, chimpanzees, baboons, gorillas and you and I tend to be quite preoccupied with our personal worth and more particularly with our rank or status. We tend to be hyper-aware of how we rank relative to the other “status-striving agents” in our environment. We want to be alpha, if not absolutely, then at least relative to somebody...
Ora, occupandoci della definizione, consideriamone alcune probabilmente errate:
One commentator considered humility to be a kind of effortless mental naturalness or going-with-the-flow that can’t be adopted as action or pursued. To another, ‘humility’ suggests servility or obsequiousness, a kind of groveling bootlicking attitude. Another thought it to be a combination of disregard for social status, contrition for one’s moral shortcomings, and trust in God to bless one with moral improvement. In recent literature, humility is sometimes equated with low self-esteem, to which people sometimes respond by saying that it’s actually accurate self-assessment, rather than low self-assessment. The history of philosophy doesn’t provide much help. David Hume writes of humility as though it is the feeling of shame, while Thomas Aquinas regards it as a brake on immoderate ambition...
E adesso veniamo a una definizione più congegnale:
I propose that it is a lack of regard for social status that comes of caring passionately about some good. Jesus and Socrates are prime exemplars of the virtue. Jesus’ humility consists in not regarding his divine status as “something to be insisted on” or “grasped” because of his great love for the Father and for humanity, and Socrates’ humility consists in his disregard for social approval that comes of caring passionately for truth and for his own integrity. Since the passion that explains Socrates’ lack of regard for social standing is in large part an intellectual passion (the love of truth and the desire to understand), Socrates’ trait is a prime example ofintellectualhumility...
Dovremmo pagare i controllori con azioni delle compagnie controllate. I membri delle commissioni di controllo delle linee aeree con azioni delle compagnie aeree. I membri della FDA con azioni delle compagnie farmaceutiche.
E che fare dei politici? Il metro per capire se in un posto si vive bene è il prezzo di case e terreni. Ecco, paghiamoli con proprietà distribuite in tutto il territorio. Tanta più terra possiede il presidente tanti più incentivi avrà a governare con saggezza...
Di solito la triade va a braccetto, non nel mio caso.
Andrei nel fuoco per la Famiglia, mi inginocchio al cospetto di Dio, ritiro le mie idee una volta ammaestrato dal Magistero della Chiesa ma francamente nulla mi lega alla Patria: resto alieno a qualsiasi forma di nazionalismo, nonché sordo ai richiami di Mussolini e Ciampi.
Sono forse incoerente?
Spero di no: innanzitutto il sentimento che mi lega alla Famiglia è iscritto nei miei geni come in quelli di ogni uomo; e anche per la fede probabilmente vale qualcosa del genere visto che persino gli atei militanti riconoscono che, per un fatto legato alla nostra evoluzione, siamo “nati per credere”.
Al contrario, il concetto di Patria è molto più artefatto, qualcosa di scritto a tavolino e propagandato con il megafono stridulo della retorica.
D’ altronde l’ attaccamento alla Famiglia è spontaneo, i Carabinieri difficilmente si ritrovano nei fogli di servizio ordini del tipo “costringere le madri ad allattare i figli”. Lo stesso dicasi per la fede, l’ adesione è libera, nessuno si reca in Chiesa con la scorta armata e le mani in alto.
Al centro del culto per la Patria c’ è invece la coercizione. Ma guarda caso!
Detto questo, si riscontra un’ altra differenza spesso sottovalutata: sia il valore della Famiglia che quello della Divinità convivono meglio con il rispetto dei diritti altrui.
Io posso “tifare” per mio figlio, favorirlo in tutti i modi ma non ammazzerei mai nessuno per spianargli la strada, non giustificherei una sua affermazione scorretta, questo perché trovo giusto e compatibile con il valore della Famiglia che le regole del gioco siano le stesse per tutti. E scommetto che questo atteggiamento è comune a tutti i padri di famiglia. Chi agisce diversamente lo fa nella vergogna.
Allo stesso modo, il Dio che adoro manda il suo popolo in Paradiso e gli infedeli all’ Inferno ma finché stiamo quaggiù non esistono distinzioni pregiudiziali. Chiunque, anche il peccatore più immondo, puo’ pentirsi divenendo “il favorito” segreto di Dio; chiunque, anche il più alacre devoto, puo’ nascondere dietro la sua puntigliosa osservanza un vuoto fariseismo che lo danna.
In nome della Nazione invece impazza la discriminazione dei senza-vergogna, faccio solo tre esempi. 1. Le misure protezionistiche tutelano il venditore nazionale penalizzando i diritti dello straniero. 2. Parlando di Fiat il lavoratore italiano e quello serbo non sembrano affatto essere messi sullo stesso piano. 3. In guerra l’ omicidio di civili stranieri innocenti è un “effetto collaterale” non punibile.
Mi fermo qui per carità di Patria.
Ho parlato delle asimmetrie implicite nel protezionismo, nell’ outsourcing e nella guerra solo perché non vengono affatto vissute come scorrettezze etiche; in altri termini, il valore della Nazione, diversamente da quello della Famiglia e di Dio, è perfettamente compatibile con la discriminazione del prossimo.
Concludo con una riflessione personale: se nel coltivare i valori personali proprio non riuscite a considerare un orizzonte infinito (Dio), meglio per tutti se considerate l’ orizzonte più ristretto possibile (Famiglia o Individuo).
Sono in molti a credere che il buon cristiano debba respingere la società opulenta e non sporcarsi le mani con ricchezze tentatrici. La povertà costituirebbe una dimensione privilegiata per avvicinarsi agli esclusi imitando Cristo. Tenere le distanze dalle comodità del Mondo è il miglior modo per omaggiare Dio.
Nessuna meraviglia quindi che la Chiesa riceva continue sollecitazioni a imboccare la via della povertà liberandosi del superfluo.
Tutti coloro che condividono questa visione, anche a prescindere dalla fede, sono compagni di strada ben accetti, gente con cui percorrere almeno un tratto del percorso insieme.
Ma chi è il nemico numero uno del pauperista? E chi sono invece i suoi compagni di strada? Vediamo di capirlo meglio con una breve analisi psicologica che indaghi il macachino che è in noi.
Considerando “noi due” (io e te) alle prese con un oggetto o un attributo, si danno quattro possibilità (A-B-C-D):
A = HAI ; HO B = HAI ; NON HO C = NON HAI ; HO D = NON HAI ; NON HO
Dal mio punto di vista, definisco adesso in modo analitico alcuni sentimenti dell’ animo umano (con > indico una preferenza e con = un’ indifferenza):
1) Invidioso rosa: C > D & D > B 2) Invidioso verde: C = D & D > B 3) Geloso: C = D & A > B 4) Malanimo: C > D & C > A 5) Malevolo: C > D & D > A 6) Maligno: C = D & D > A 7) Competitivo: A = D & C > D 8) Pauperista: D > C & B > A 9) Egoista: A = C > B = D 10) Magnanimo: A > D & A > C 11) Mistico: D = B > C = A
Ripeto la medesima definizione ma in modo descrittivo.
1: Qualora tu sia povero, preferirei essere ricco ma qualora il povero sia io, meglio se lo sei anche tu.
2: Qualora tu sia povero, il mio stato mi è indifferente ma se costretto a povertà, meglio che tu mi segua nella sorte.
3: Qualora tu sia povero, il mio stato mi è indifferente ma se tu sei ricco, allora devo esserlo anch’ io costi quel che costi.
4: Qualora tu sia povero, preferirei essere ricco, certo che se dovessi essere ricco preferirei esserlo da solo.
5: Qualora tu sia povero, preferirei essere ricco, certo che pur di non vederti ricco sarei disposto a impoverirmi.
6: Qualora tu sia povero, mi disinteresso della mia condizione ma se ti arricchisci sarei disposto ad impoverirmi pur di riportarti alla condizione precedente.
7: Mi interessa solo essere più ricco di te.
8: Mi interessa impoverirmi, meglio se con te.
9: Mi interessa arricchirmi, la tua condizione mi è indifferente.
10: Mi interessa arricchirmi, meglio se con te.
11: Mi interessa impoverirmi, la tua condizione mi è indifferente.
Adesso calcolo le affinità tra i vari “tipi sentimentali” in termini di potenziale distruttivo nei confronti della eventuale ricchezza materiale prodotta. Il primo addendo indica la mia distruttività qualora “tu non abbia”, il secondo qualora “tu abbia”.
1: spinta distruttiva pari a 0 = +1 –1; 2: spinta distruttiva pari a –1 = 0 –1; 3: spinta distruttiva pari a 1 = 0 +1; 4: spinta distruttiva pari a 0 = +1 –1; 5. spinta distruttiva pari a –1 = +1 –2; 6. spinta distruttiva pari a –2 = 0 –2; 7. spinta distruttiva pari a 2 = +1 +1; 8. spinta distruttiva pari a –3 = –1 –2; 9. spinta distruttiva pari a 2 = +1 +1; 10. spinta distruttiva pari a +3 = +2 +1; 11. spinta distruttiva pari a –2 = –1 –1;
Prima conclusione: il tipo psicologico più distante dal Pauperista è il Magnanimo.
Seconda conclusione: i sodali del pauperista sono invece il Mistico e il Maligno seguiti a ruota dal Malevolo e dall’ Invidioso verde.
A conti fatti non saprei se il “nemico” sia poi tanto odioso, così come non saprei se definire “una bella compagnia” quella formata dagli affini.
L’ ispirazione del post mi è venuto dopo aver letto un’ intervista a Goffredo Fofi (uno che gira scalzo anche d’ inverno e non si è mai perso una “Marcia della Pace”) nella quale il noto pedagogo alzava un lamento che mi ha colpito:
… la tragedia vera della mia generazione, dei cosiddetti alfabetizzatori, è che ci siamo confrontati con un popolo straordinario quando era analfabeta e che poi – una volta imparato a leggere e scrivere e messi da parte un po’ di soldi – è diventato un popolo di mostri…
Vista la natura “fofiana” degli alfabetizzatori, dobbiamo ritenere di essere di fronte a un paradosso?
No, almeno se etichettiamo come mostruosa la malevolenza, la malignità e l’ invidia più distruttiva (*). Ora, infatti, sappiamo come ci siano tutte le condizioni affinché certe erbacce possano crescere rigogliose all’ ombra di un predicatore pauperista in buona fede.
(*) Io, personalmente, etichetto come mostruoso anche molto misticismo.
Con questa laconica scusa Sara si è dapprima rifiutata di affiancarmi nella visione.
Tuttavia si sbagliava, nonostante le carcasse di uomini e animali abbondino, siamo ben distanti dal film horror.
Il genere resta indefinito. Resta indefinita persino la relazione di fondo che lega i due protagonisti e muove tutta la storia: boss/affiliato? maestro/allievo? padre/figlio? amante/amante?
Che il mare non bagni Napoli, qui lo si vede chiaramente. La costiera amalfitana è lontana anni luce.
Lui, il bellissimo Valerio, sceglierà la bellissima Deborah o il perverso nano gay cinquantenne? Il fascino del tassidermista sembra avere lentamente la meglio sia su Valerio che su di me. Deborah e Sara non hanno parole.
Allo Zoo l’ incontro fatale.
Un napoletano solfeggiato dall’ inizio alla fine come meglio non si potrebbe produce un effetto/realtà che nemmeno la musica patinata riesce a guastare (Rava, un po’ meno eco, per la miseria!).
Garrone è il meglio su piazza e con lui non ha senso smettere, quindi presto ci toccherà anche Reality.
Tuttavia non sono arrivato a questo film pedinando il regista. Mi ero invece appassionato al processo subito da Lucio Fulci (e produzione) in seguito alla bollente scena in cui la Bouchet nuda seduceva un bambino. Gli imputati se la cavarono egregiamente poiché riuscirono a dimostrare che il bambino ripreso di spalle era in realtà un nano. Per la precisione Ernesto Mahieux, ovvero l’ “imbalsamatore” di trent’ anni dopo.
La pratica della schiavitù ha ricevuto dalla storia lo stigma che si meritava ma gli schiavi, quelli non passano mai di moda. L’ importante è usare con loro una certa accortezza linguistica. Un concetto che viene buono in questi casi è quello di capacità contributiva.
Viene talmente buono che forse siete degli schiavisti perfetti e neanche lo sapete.
Vergogna!
Ma ripensandoci sarei indulgente, se uno è venuto su a pane e Costituzione certe cose neanche le vede. Con che coraggio condannare.
Molto peggio chi svicola definendo di volta in volta lo schiavismo in base a cio’ che di volta in volta lui non è.
Qui grido convinto: doppia vergogna!
Sì, “doppia”, perché tra le due categorie di persone penso che la seconda sia la peggiore, almeno la peggiore con cui discutere.
Facciamo allora un piccolo test per capire come ci collochiamo rispetto al tema della schiavitù, ma prima definiamola come la pratica di ridurre un terzo ai lavori forzati al fine di estrapolarne i frutti e farli godere ad altri. Mi sembra una buona definizione: semplice e intuitiva.
SITUAZIONE 1: Aldo, Giovanni, Giacomo, Giuseppe e Paolo naufragano su un’ isola deserta, il sostentamento ora dipende unicamente dalle loro forze. La situazione si presenta così: Aldo, il tipico emotivo imbranato, scopre di non poter badare a se stesso, è messo male; Giovanni, Giacomo e Giuseppe se la cavano a malapena, ognuno di loro produce comunque risorse sufficienti al proprio mantenimento: non pasteggiano certo a mango e papaja tutti i dì ma per lo meno tirano la fine della giornata senza mai rischiare la pelle. Poi c’ è Paolo, un tipo fenomenale in grado di produrre ogni giorno una quantità tale di risorse sufficiente a far vivere nell’ agio 5 persone, per lui il naufragio si è trasformato in una vacanza esotica.
DOMANDA 1: Giovanni, Giacomo e Giuseppe hanno il diritto di “tassare” quel fenomeno di Paolo e trasferire parte della sua ricchezza verso il tapino Aldo (magari trattenendo qualcosina anche per loro)? Rispondete mentalmente prima di passare alla seconda fase.
SITUAZIONE 2: E’ praticamente la medesima di cui sopra, con gli stessi identici protagonisti. Senonché il “fenomeno Paolo” decide di limitare le sue attività alle prime ore del mattino rilassandosi per il resto della giornata: ora produce risorse bastevoli solo a se stesso, per quanto, come sappiamo, possieda le capacità per fare molto di più.
DOMANDA 2: Giovanni, Giacomo e Giuseppe hanno il diritto di forzare il talentuoso Paolo al lavoro in modo da migliorare la condizione dell’ inetto Aldo (e magari, almeno un pochino, anche la loro)?
Il test in teoria è già finito, chi ha risposto SI’ alla seconda domanda ha fornito una giustificazione etica alle pratiche schiaviste, per lo meno se prendo per buona la definizione data all' inizio.
Un mio amico, per esempio, ha risposta SI’ alla prima e NO alla seconda, cio’ detto non ha nessuna intenzione di considerarsi uno sporco schiavista.
Magari ha ragione lui ma di sicuro le cose non sono così semplici come crede: per esempio, non si puo’ rispondere in quel modo e allo stesso tempo sposare un principio costituzionale all’ apparenza pacifico come quello della capacità contributiva (CC)
Ricordo che la CC è la capacità che ciascuno di noi ha di contribuire al bene comune. La tassazione, per esempio, è messa costantemente in relazione alla CC.
Non è facile conoscere la CC di ciascuno poiché è un mix di abilità, talento, forza, intelligenza, fortuna eccetera. Gli ordinamenti di solito sono costretti a semplificare considerando tutte queste doti come “segnalate” dal reddito prodotto. Di conseguenza, il prelievo fiscale si relaziona al reddito.
Ma questo ripiego non è necessario nel nostro esempio dove la capacità contributiva di ognuno è nota a tutti a priori.
Io concluderei così: la nostra Carta Costituzionale, almeno in potenza, sembra proprio schiavista (visto che prevede tasse in relazione alla capacità contributiva), e probabilmente anche il mio amico (visto che sventola continuamente il libretto della Costituzione Italiana facendo un gran chiasso manco fosse il libretto rosso di Mao).
Come alternativa si potrebbe passare a una definizione cervellotica di “schiavitù”. Ma ci vuole un cervellone per farlo. Il cervellone di un intellettualone. E poi uno si stupisce se gli intellettuali sono di sinistra.
I macroeconomisti sono alla ricerca della giusta teoria, evidentemente credono che alcune siano migliori di altre, evidentemente credono che alcune facciano "fare soldi", evidentemente credono di poter battere il mercato e confutare EMH.
Calma, il mecato è un paniere di scommesse. Poco importa se alcune scommesse sono più probabili di altre, cio' che conta è quanto pagano. Puo' ben essere conveniente scommettere con basse probabilità. I macroeconomisti (classici) non sono alla ricerca di squilibri tra posta e vincite ma di scommesse ad alta probabilità di vittoria. Al limite lo squilibrio è ricercato dai comportamentisti.
Secondo Casey Mulligan è il welfare dei disoccupati a rallentare la ripresa USA.
Il suo libro: The redistribution recession.
Articolo di Mingardi sul 24 ore: i costi della protezione sociale. http://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2012-12-16/costi-protezione-sociale-081856.shtml?uuid=AbFQNeCH
#caplan religione, #iannaccone religione, All’ atto del suo insediamento Papa Ratzinger rese subito chiara l’ esigenza di ri-evangelizzare l’ Europa. Miele per le orecchie di molti neo-crociati che si sono subito messi a disposizione.
In precedenza già due Sinodi avevano appuntato la loro attenzione preoccupata sul Vecchio Continente.
Insomma, per la Nuova Santa Crociata non occorrono navi, non occorrono mezzi di trasporto in generale visto che si combatte proprio dietro l’ angolo. Anzi, forse si combatte proprio a casa nostra.
Tutto cio’ ha il pregio di essere “certo” ma anche il difetto di esaurire ogni certezza in merito.
Come procedere concretamente? Al risuonare di questa domanda anche i più volenterosi sembrano guardarsi attorno annaspando. I cervelli più brillanti si trasformano in orecchie tese alla ricerca di ordini dall’ alto.
Avrei voluto dare un piccolo contributo scrivendo sul tema un post all’ altezza ma l’ impresa titanica mi ha schiacciato. Buttare nello sciacquone tutto quanto prodotto dall’ inutile sforzo mi rincresceva, salvo quindi qualche nota sparsa, per la precisione i 25 punti in fieri che componevano l’ ossatura del progetto abortito. Svilupparli oltrepassa le mie forze.
Da questo momento, sia chiaro, copio/incollo il file recuperato dal cestino del tablet utilizzato sul treno. Treno e file sono i luoghi fisici e virtuali dove ho prodotto l’ inane sforzo. Chi è pratico di queste cose e dà un’ occhiata alla data del post sa che ho avuto un fracco di tempo per lavorare, anche se per lo più in sale d’ attesa freddissime. Siamo infatti nella settimana d’ inaugurazione del mitico software Trenord da un milione di euro: treni soppressi, cambio di orari, litigate in biglietteria, attese vane al freddo e al gelo (tipo presepe vivente coi pastori in giacca e cravatta), treni che passavano con la lentezza e l’ irrealtà degli ectoplasmi (tipo vascello fantasma) e gran finale, si spera, con la prima trionfale class action di noi pendolari. Ma procediamo.
“”
Sul titolo del post ci sono almeno due alternative: o “La Crociata del XXI secolo” oppure “La Crociata della Bambagia”. Se la notte non porta consiglio e i dubbi permangono fino all’ alba, tira la moneta e non se ne parli più.
1. Accenna alle priorità poste da Papa Benedetto XVI nei suoi discorsi d’ insediamento, già lì dentro emergono indicazioni decisive sulla Nuova Crociata, in particolare quando allude all’ esigenza di (ri)portare il Vangelo in Europa. Limitati a qualche parafrasi ed evita di appesantire con link scontati, chi ha voglia rintraccia facilmente i testi originali.
2. Magari puoi inserire qui una stoccata sottolineando la preminenza dell’ evangelizzazione sulla liturgia, attira sempre l’ attenzione e scalda l’ auditorio.
3. Passa al sodo diagnosticando il problema concreto: perché siamo messi così male nel vecchio continente? Trova qualche aggettivo drammatico.
4. Soffermati sulle analisi usurate del passato con qualche breve cenno alla teoria della secolarizzazione. Sintetizzane il contenuto così: il mondo moderno esalta 1. la razionalità e 2. la tolleranza; entrambi questi fattori, alla lunga, indeboliscono la fede. Conclusione: la religione è destinata a divenire sempre più irrilevante nel mondo moderno.
5. Parla in modo sprezzante della teoria (pur sapendo che c’ è del vero) calcando la mano sulle falle che presenta. Esordisci con l’ elenco delle evidenze empiriche contrarie (dalla rivoluzione iraniana al neo fondamentalismo i casi non mancano se consulti il pdf di Stark/Bainbridge).
6. Incalza sulle falle: una teoria del declino presuppone un’ “età dell’ oro”, eppure… E qui giù l’ accenno spiazzante all’ ateismo medioevale e al fenomeno della falsificazione delle preferenze. Il link al lavoro di Timor Kuran forse vale la pena, non è affatto scontato e allo studioso manca il riconoscimento che merita. Altrimenti fai solo il nome, che se lo cerchino su Wikipedia.
7. Chiudere il discorso con enfasi nominando finalmente il corpulento elefante nella stanza: gli USA. Come mai il paese più moderno registra “tassi di religiosità” da terzo mondo?
8. Urgono teorie alternative. Eccone una bella e pronta: teoria della competizione religiosa.
9. Esponi la teoria in modo semplicistico al fine da attirare obiezioni che verranno successivamente ghigliottinate senza pietà introducendo un livello ulteriore di sofisticatezza. Due righe bastano, potresti dire: in assenza di sussidi governativi, laddove più fedi competono e la regolamentazione è limitata, i fornitori saranno più aggressivi e ingegnosi nel proporre il loro prodotto. Tutto cio’ si tradurrà in una maggior diffusione del credo religioso. Qui puo’ starci una stilettata ai neo-illuministi: avete visto? la “tolleranza” lungi dall’ essere un freno alla diffusione delle fedi ne sarebbe il principale propellente.
10. Accenna con fare pignolo alle falle della teoria competitiva badando bene a non buttare il bambino con l’ acqua sporca. Essenzialmente ce n’ è solo una: l’ Uruguay. In Uruguay le varie Chiese non ricevono sussidi governativi, inoltre laggiù è relativamente facile intraprendere nei mercati dello Spirito. Eppure i tassi di religiosità sono inopinatamente bassi, c’ è qualcosa che non va.
11. A questo punto fai notare l’ esigenza di integrare la vecchia visione proponendo la teoria della Bambagia. Una genialata che va al cuore della faccenda. Non smettere mai di sottolineare che negli stati moderni la “bambagia” è il welfare. Spiega che il welfare non è altro che un’ assicurazione fornita dallo Stato il quale, prendendosi cura di noi e mettendoci al riparo da molti rischi, attenua il contatto che abbiamo col mondo reale. E’ bene che al punto 11 il post abbia un suo picco. Fallo “ingrassare” bene, rendilo sontuoso perché tra poco deve scoppiare tutto.
12. A questo punto puoi dare ufficialmente la notizia che già tutti subodorano: l’ Uruguay, unico caso da quelle parti, possiede un welfare state di stampo europeo!
13. Qui viene forse la parte più difficile, bisogna illustrare la teoria della Bambagia partendo con la descrizione del prodotto offerto dalle Chiese. Cosa offre un Sacerdote? Offre “risposte” di natura spirituale ai problemi fondamentali della vita. Prodotto, merce, domanda, offerta… ricorri a questa terminologia usando un tono materialista, quasi che religione e asparagi fossero la stessa cosa. L’ ingenuo, portato dalla sua natura a confondere tono e sostanza, sentirà l’ urgenza di esprimere un’ inarticolata indignazione completamente sguarnita di argomenti. A questo punto concediti una pausa e divertiti facendo di lui quello che vuoi.
14. Tornando a bomba, procedi sottolineando che se di molti problemi fondamentali si occupa già papa-stato, l’ appeal dell’ offerta spirituale in parte scema. Fin qui tutto facile, tutto intuibile. Ma ora vieni il bello. Non so come puoi rendere a parole un rullo di tamburi ma cerca di farlo.
15. La “credenza”, ovvero il bene offerto dalla Chiesa, è un bene immateriale ed è quindi difficile da difendere, lo sa bene chi si occupa di “copyright”. Ma c’ è un altro problema: il valore del bene offerto si azzera in mancanza di fiducia. Trova un modo per fare una pausa, chi legge deve realizzare. Trova un modo per chiedere “ci sei?”. Come zombie dall’ occhio perduto risponderanno di “sì”, un “sì” tipico di chi non ha capito niente ma conta disperatamente di capire tutto alla fine; a questo punto fai scattare la domanda: come costruire la fiducia, allora? Sarà una domanda rassicurante perché ha l’ aria di essere davvero normale, un nuovo punto da cui ripartire tutti alla pari lasciandosi alle spalle le incertezze accumulate.
16. Qui è venuto il momento di introdurre un concetto come quello di “reputazione”. La fiducia si costruisce con la reputazione. Il Profeta (o Sacerdote) è chiamato a compiere gesti estremamente “costosi” in modo da segnalare la propria sincerità. Una volta si andava nel deserto digiunando per mesi oppure si tenevano ispirate prediche chilometriche che duravano giorni e giorni senza cali di tensione. Nell’ epoca moderna c’ è rimasto solo Pannella a seguire la via delle pratiche fachiresche. Altrove il sacrificio che va per la maggiore è l’ aiuto incondizionato ai bisognosi attraverso il dono di sé. Questo spiega perché le varie Chiese abbiano prodotto nella loro storia tonnellate di “aiuto” e di “aiuto reciproco” in particolare. Insomma, tonnellate di welfare. Lo fanno innanzitutto per rendersi credibili più che per spirito di servizio. In questo resoconto i fili tendono ad attorcigliarsi dopo ogni virgola, non restano che due vie: potresti dipanare la matassa mettendoti di buzzo buono e aprendo tre parentesi – una tonda, una quadra e una graffa – ma poi chiuderle sarebbe impresa disperata; l’ alternativa – che ti consiglio caldamente – consiste nel servire una versione digeribile della pietanza in attesa del primo ruttino, i rinforzi eventuali seguiranno a tutto vantaggio di chi dimostra appetito.
17. Fai presente che secondo questo modello - in via di principio - i fedeli godono e contribuiscono al welfare religioso non tanto per l’ opportunità di fruire di servizi, quanto per costruire un bene considerato strategico per latori di “buona novella”: garantire sulla propria sincerità.
18. Naturalmente le cose non vanno mai come dovrebbero andare “in via di principio” e quindi qui mi sembra il momento migliore per introdurre una schedatura dei fedeli, ce n’ è di tutte le risme: fedeli ardenti, fedeli tiepidi, fino ad arrivare ai meta-atei. Per gli ultimi la dimensione welfaristica (fare comunità) supera quella veritativa (andare in Paradiso), anche se magari la cosa non emerge chiaramente visto che falsificano facilmente le loro preferenze. Parlando del fedele meta-ateo ispirati alla mamma e di sicuro sgorgheranno osservazioni acute appartenenti al tuo genere preferito, il realismo comico.
19. E’ giunto il momento di introdurre l’ inconveniente tipico della “modernità”: lo Stato entra pesantemente in concorrenza con la Chiesa costruendo un suo welfare parallelo. Ma è una concorrenza sleale poiché snobba la volontarietà in favore della coercizione. In questo senso vince a mani basse.
20. Facendo trasparire un dolore autentico, ammetti mestamente che questa dinamica svuota ed espropria la Chiesa. E’ naturale che i fedeli lascino una nave che affonda, si comincerà con i meta-atei (i quali erano lì praticamente solo per il welfare ecclesiale), si passa ai tiepidi e via via si risale sempre più su. Non molti resteranno, giusto il nocciolo duro, quello formato dalla strana compagnia dei più “ardenti” e dei più “ottusi”.
21. A questo punto proponi le soluzioni e, scrollando il capoccione, mostra in anticipo quanto poco gradisci la prima: la Chiesa potrebbe tirare a campare chiedendo sussidi (cita l’ otto per mille e tutti capiscono al volo).
22. Sbuffando dallo scetticismo elenca freddamente gli inconvenienti della politica del sussidio: 1. il burocrate sostituisce il fedele come interlocutore privilegiato dei Sacerdoti (vabbé girare le spalle all’ Assemblea per rivolgersi al SS. Tabernacolo ma se lo si fa per rivolgersi all’ assessore di Formigoni…) e 2. il Sacerdote ottiene mezzi materiali non indifferenti ma dilapida il più prezioso, ovvero la “reputazione”. A molti costui apparirà addirittura come un parassita sociale (che paghi l’ IMU! quel mangia–pane a tradimento).
23. Con voce impostata esponi quindi la soluzione più naturale sulla base di quanto detto nei primi 22 punti: battersi contro ogni regolamentazione nel campo della vita religiosa ma soprattutto lotta senza quartiere al welfare state. Per scandalizzare il benpensante puoi ricorrere alla brutale equazione: meno scuola pubblica, meno pensioni INPS, meno sanità pubblica = più preghiere. Sigilla il tutto con un pugno sul tavolo che aiuti a scandire la conclusione: così si evangelizza la sclerotizzata Europa, così si combatte la Santa Crociata del XXI secolo. Amen.
24. A questo punto valuta se inserire qualche mossa concreta, ma che sia semplice nella descrizione e tetragona nella logica. Meglio se desta l’ irritazione dei dogmatici ignari di esserlo (chissà che non si convertano ripensandoci). Trascurando i temi loffi della bioetica, potresti concentrarti sulle cose che davvero interessano da vicino chi legge, magari proponendo che i benestanti paghino la scuola dei figli. Quanto costa un alunno nelle scuole di Stato, 8/9 mila euro/anno? Che sgancino almeno un ticket di 6/7 mila euro/anno per figlio, possono permetterselo. Che tirino la cinghia sui regali di Natale e la settimana bianca. Attento, sentirsi chiedere il dovuto quando nessuno te l’ ha mai chiesto è terribile, sembra quasi ti siano entrati gli zingari in casa. Alcuni, al solo sentirsi sfiorare la tasca, sragionano balbettando slogan inconsistenti sulle tasse che già pagano; sarebbero facili prede, almeno sul terreno della discussione. Del resto, fallo notare, la mossa del far pagare chi puo’ è quanto mai funzionale alla Crociata: aggratis uno si mangia anche il pane secco ma dovendo pagare anche solo la metà del dovuto comincerebbe a guardarsi intorno, l’ offerta fioccherebbe e per la cultura religiosa sarebbe un’ occasione d’ oro. La Santa Alleanza con la Crisi va fatta fruttare senza indugio dai crociati. L’ austerity è la vera vitamina della fede. Magari ‘sta roba puoi metterla in un post scriptum, tanto per non intralciare l’ armonioso scorrere degli argomenti.
25. Per gli appassionati di numeri e fatti (ce ne sono pochi ma sempre meglio badare anche a loro, sennò diventano subito petulanti vantandosi della loro “concretezza”) accenna alle copiose evidenze intorno a quanto si è detto contenute negli studi di Anthony Gill, Laurence Iannaccone, Roger Finke, William Bainbridge, Rodney Stark e altri. Pensa se è il caso di mettere dei link, tanto non verranno letti, in queste materie dove l’ ideologia spadroneggia, qualsiasi scusa è buona per tenersi alla larga da faticosi approfondimenti che difficilmente potremo mai sfoggiare.
Partiamo dicendo che la ragione non implica solo il principio di non-contraddizione ma anche quello di evidenza.
Proseguiamo facendo notare che un argomento valido implica due alternative: o si accettano le conclusioni o si rifiutano le premesse.
Concludiamo dicendo che lo scetticismo è irrazionale: accetta conclusione strampalate pur di conservare premesse forse valide ma perlomeno dubbie.
Dando peso all' evidenza, la ragione non si esaurisce in una questione di "argomenti" ma implica "onestà". Che cosa reputo evidente? Per rispondere devo essere accurato e onesto (introspezione). Quando sorgono contraddizioni devo chiedermi dove sta l' evidenza più probabile facendo appello alla mia onestà introspettiva.
Lo scettico ammette di non poter vivere in base ai suoi principi. Ma questa è un' ammissione decisiva che intacca la razionalità della sua dottrina! Adesso capiamo meglio cosa intendere con il termine coerenza: non si tratta solo di logica ma anche di pratica. Tutto attiene alla ragione.
Difendere il senso comune non significa difendere il pragmatismo: la convenienza puo' essere differente per ciascun soggetto, la verità del senso comune, per contro, deve essere la medesima.
Liberals tended to stereotype conservatives as uncaring, rather than realize that conservatives’ genuine concerns about harm and fairness are tempered by other moral values that have less value to the left, such as loyalty and respect for authority. Distorting the picture further, liberals tend to underestimate the degree to which their fellow liberals take those “conservative” values into account when making moral evaluations. Although conservatives did this to some degree, liberals showed a stronger tendency to stereotype their political soul mates, assuming an exaggerated level of ideological purity.
Facciamoci una domanda. Dove la donna partecipa più massicciamente al mondo del lavoro? Risposta: Burundi, non proprio un' isola scampata al patriarcato.
Volete una società più religiosa?
Allora meno welfare please!
What accounts for cross-national variation in religiosity as measured by church attendance and non-religious rates? Examining answers from both secularization theory and the religious economy perspective, we assert that cross-national variation in religious participation is a function of government welfare spending and provide a theory that links macro-sociological outcomes with individual rationality. Churches historically have provided social welfare. As governments gradually assume many of these welfare functions, individuals with elastic preferences for spiritual goods will reduce their level of participation since the desired welfare goods can be obtained from secular sources. Cross-national data on welfare spending and religious participation show a strong negative relationship between these two variables after controlling for other aspects of modernization
That’ s because of this simple formula: fewer competent and successful young men equals more single mothers. More single mothers? Well, that means more wage gap... Why do women work fewer hours than men? The answer is obvious: motherhood. Research consistently shows that women’s hours and earnings take a big hit once they have children... What can be done about this? The most obvious answer is that men take equal responsibility for the kids... That said, stably married mothers are in a much better position than their unmarried sisters to get support for longer work hours and more ambitious careers, if that is what they want.... Unless women marry less-educated men, a lot of those who want children will not be able to have them. Many others will become single mothers, who, if for no other reason than the laws of physics, won’t be able to compete on an equal footing with either men or their married peers.
Nel gioco delle coppie l' amore conta ma contano anche altre cose:
1. bellezza
2. potenziale ricchezza
3. carattere
4. idee e valori sulla religione, sulla politica e sulla famiglia.
Il gioco delle coppie puo' essere visto come un baratto con tanto di domanda e offerta.
L' evidenza ci dice che tendiamo a scegliere persone con istruzione, religione e hobbies simili ai nostri. Lo stesso vale per le idee politiche, anche se un po' meno. Sui caratteri meglio non pronunciarsi.
L' uomo è poligamo, la donna ipergamica. Ovvero: l' uomo ne vuole tante, la donna lo vuole migliore.
Come suddividere i lavori di casa? E' razionale assegnarli tutti a chi li fa meglio. Oppure a chi guadagna meno sul lavoro.
Se uno non puo' permettersi la babysitter, allora è più efficiente stare in casa (tasse permettendo).
bambini di solito riducono il valore della donna sul mercato, questo ha comportato minori investimenti in capitale umano.
Ma le cose oggi sono cambiate, e questo essenzialmente per due fattori: mano figli (pillola?) e tecnologia (lavatrice?).
Ora per la donna diventa conveniente entrare nel mercato del lavoro. Anche la natura del lavoro stesso è cambiata.
La storia come la raccontano gli studi di genere è falsa. Per loro il patriarcato degli uomini ha oppresso la donna.
Ma:
1. c' è sempre stata concorrenza, per gli uomini sarebbe stato difficile colludere,
2. i mutamenti tecnologici spiegano molto meglio di fantomatiche (prese di coscienza),
3. tra uomo e donna esistono pur sempre differenze profonde, non dimentichiamolo.
Due parole adesso sulla dimensione della famiglia.
Se i figli costano tanto se ne comprano pochi e i ricchi ne comprano di più. La massima è confermato: laddove la rinuncia al lavoro costa tanto si fanno meno figli (società ricche). Le famiglie molto ricche sono anche più numerose.
Il welfare distorce molti incentivi e spiega perché il tasso di figli illegittimi sia più alto presso le donne povere.
L' effetto reddito non pesa poi così tanto. Perché? Forse perché in tema di figli si enfatizza il trade off qualità/quantità: ne voglio pochi per investire di più su ciascuno di loro. Peccato che gli extra investimenti genitoriali abbiano un rendimento vicino allo zero, almeno se consideriamo una wish list di buon senso e di lungo termine (salute, successo, felicità, reddito, valori, stima). Il genitore influenza superficialmente i valori e puo' determinare i rapporti di riconoscenza del figlio verso di lui. Sul resto incide poco niente, almeno nel mondo ricco, quello in cui si sono studiati gemelli e adottati.
Il mondo è sottopopolato.
Guarda ai prezzi: tutto scende tranne il costo del lavoro. Evidentemente mancano lavoratori.
Hai paura per l' ambiente? Metti una carbon-tax anziché disincentivare la procreazione di bambini.
Il mondo si arricchisce grazie all' innovazione, ovvero alle idee. Ma le idee escono dalle teste: quante più teste, tante più idee. La storia conferma: le idee migliori sono sempre partite laddove le persone concentravano la loro presenza.
Tante teste, tanta varietà. Più varietà, più scelta. In tanti si sta meglio. Per questo le città sono sempre più ricche. Perché i profeti della sovrapopolazione vivono a New York e non nel deserto del Nevada?
Di Luciano Berio, regia Gianfranco Mingozzi, cura Vittoria Ottolenghi.
La Tv anni 70 al suo meglio.
Nella prima puntata: perché la musica?
Una parata di stelle propone una parata di risposte.
Per far pensare il corpo e far sentire il cervello.
Per entrare in contatto con il mondo.
Per muovere i sentimenti.
E perché no?
Per viaggiare più rapidamente verso l’ eternità.
Per glorificare Iddio.
Per superare se stessi andando oltre.
Per divertimento.
Per trovare una collocazione sociale.
Per ascoltare dei suoni qualsiasi.
Per esorcizzare il male.
Perché ci sono germi preesistenti che determinano la vita umana in un certo modo.
Per anticipare la vittoria sulla morte.
Perché ne abbiamo bisogno.
Per far fruttare tristezza e sofferenza.
Per analizzare se stessi.
Per avvicinare le persone tra loro.
Per lanciare messaggi.
Per cercare la bellezza.
Perché l’ amore?
Per scandagliare i propri sentimenti.
Per simulare l’ uomo e i suoi comportamenti.
Per rimodellare l’ uomo e i suoi comportamenti.
Perché c’ è sempre stata.
Per favorire l’ egemonia della classe operaia.
Per me stesso.
Per ricevere in noi lo spirito dei tempi.
Perché gli uccelli cantano?
Per ritrovare noi stessi e il nostro collegamento con il divino.
Per rispondere al mondo che ci provoca.
Anche David Friedman si concentra sulla differenza tra azione e inazione giustificandola in modo originale.
L' utilitarismo è impraticabile per i calcoli complessi che impone, così lo semplifichiamo limitandoci alle conseguenze immediate delle nostre azioni. L' inazione ha conseguenze incalcolabili e ripieghiamo sulla non-responsabilità.
In questo senso il problema del trolley inganna poiché postula conseguenze ben precise di una quasi-inazione.
Sì, basta passare attraverso l' offshoring, ovvero la globalizzazione.
Risparmio sui costi del lavoro e innovazione tecnologica sono concorrenti.
In questi anni la delocalizzazione ha spinto tutti a puntare sul primo elemento.
Questo fatto ha 1. compresso i salari nel primo mondo, 2. spinto i PIL del terzo mondo, 3. alzato i compensi dei managers e 4. fatto ristagnare l' innovazione.
La logica sottostante è abbastanza semplice: 1. globalizzando è possibile spostare quantitativi enormi di ricchezza realizzando grandi profitti. Da qui gli alti compensi dei managers. 2. la globalizzazione giova i paesi del terzo mondo, da qui l' innalzamento del pil 3. la globalizzazione richiede alle economie più avanzate di ricollocarsi, da qui le crisi industriali 4. puntare sull'' offshore consente di non puntare sull' innovazione.
Che facciamo, ci mettiamo le mani nei capelli? No, tutt' altro. Il secondo stadio dei processi di delocalizzazione prevede un riequilibrio. Gli investimenti in tecnologia diverranno presto ancora convenienti e cio' alzerà produttività e salari nel primo mondo.