martedì 13 aprile 2010

Tutti d' amore e d' accordo?

Quando cuciniamo gli spaghetti facciamo un lavoro il cui valore non viene incluso nel PIL.

A quanto pare gli italiani cucinano quintali di "spaghetti". Molti di più dei loro cugini europei. Alesina & Ichino accumulano una montagna di numeretti che non lasciano scampo.

Il nostro PIL andrebbe dunque alzato, e non di poco. Evviva! O no?

Sembra di no visto che da considerazioni simili Alesina e Ichino sono partiti per scrivere un libro che ha molto diviso (e che io ho appena letto); alcuni hanno visto nella loro fatica un attacco ai valori famifgliari (ripassatevi gli articoli del sussidiario e ne avrete una pallida idea).

Quanto c' è di vero e quanto c' è di equivocato? Gongolarsi stando in famiglia è davvero un inconveniente? Farsi gli spaghetti anzichè andare al ristorante depotenzia l' economia? La libertà è un veleno per i valori famigliari?

Ma facciamo dei casi concreti: le gabbie salariali.

Con le gabbie salariali il differenziale tra gli stipendi pubblici del Nord e quelli del Sud aumenterebbe (in Lombardia la vita è più cara che in Calabria) incentivando flussi migratori: i figli cercherebbero lavoro lontano da casa.

Le gabbie salariali sono dunque una minaccia per l' unità famigliare? A me pera proprio di no. La famiglia è solo chiamata a scelte di responsabilità.

Altro esempio: la privatizzazione dell' educazione superiore.

Privatizzare diminuirebbe le tasse ma costringerebbe ad una gestione efficiente le Università. Cio' significa che probabilmente sparirebbero le Università a Varese, a Novara e a Trapani, sedi secondarie ed altamente inefficienti. Ci sarebbero senz' altro più fuori sede.

Una misura del genere puo' essere considerata contro i valori della famiglia perchè costringe il pargolo a lasciare la casa natale? E, di converso, la politica precedente puo' essere considerata una "politica famigliare" virtuosa? La mia risposta è ancora "no". La politica liberale pone semplicemente la famiglia di fronte ad una scelta, l' altra la compie in sua vece.

Nei casi precedenti la famiglia era tenuta assieme non da "valori" ma da una comodità "artefatta" che avrei quasi voglia di definire "furba". Il "mercato" è il test ideale per saggiare se ci troviamo di fronte a "valori" non di facciata.

Potrei fare altri esempi come i precedenti e alla fine la risposta sarebbe sempre "no". Chiuderei poi con l' unica conclusione possibile: poichè la libertà non fa male alla Famiglia, il libro di A&I non minaccia i valori famigliari.

Purtroppo, in alcune parti del libro, sono "A&I" stessi ad alimentare l' equivoco richiamandosi al "familismo amorale" (fenomeno per cui ci si fida solo dei famigliari) e al modo in cui interferirebbe nella formazione di capitale sociale. Ma esistono dei veri motivi per temerlo?

Di sicuro non esistono motivi logici: la fiducia non è un bene finito; se confido nei miei famigliari cio' non m' impedisce, se mi conviene, di dare fiducia anche al "foresto". Se dunque abbiamo a che fare con popolazioni ragionevoli siamo rassicurati.

E forse abbiamo proprio a che fare proprio con popolazioni ragionevoli visto che il "familismo amorale" è storicamente giustificato dalla presenza costante di "foresti" ostili. Sono A&I stessi a dircelo e a produrre esempi circostanziati.

A&I ci fanno poi odiare il "familismo amorale" facendoci notare come sia caratteristico delle Mafie. Ma per le Mafie quel codice di condotta è altamente razionale: chi più di loro è immerso in un ambiente esterno ostile (quello della legalità statuale). Anche in quel caso siamo dunque di fronte ad un' intelligenza che funziona.

La presenza di soggetti razionali, quindi, ci impedisce di temere oltremisura il "familismo amorale".

E poi, non è forse vero che in america i conservatori tradizionalisti sono di gran lunga i più generosi verso il prossimo? più coesone famigliare, più generosità verso l' esterno.

Sull' argomento mi sembra inutile proseguire, almeno in questa sede.

Un' altra questione equivoca è quella per cui A&I al quoziente famigliare preferirebbero la detassazione del lavoro femminile.

Si tratta di una posizione "contro" i valori della famiglia? E' una misura che trasformerebbe tutte le nostre donne in Chelsea Girl?

Calma, leggiamo piuttosto come si chiude il libro per capire come è inquadrata la faccenda:

"... ma forse gli italiani non vogliono che le donne lavorino in massa sul mercato, e allora non si lamentino se il PIL ufficiale è più basso... è il prezzo da pagare per avere tante "regine della casa"..."

Ei, ma se le cose stanno così c' è una risposta che mette tutti d' amore e d' accordo (A&I + i difensori ad oltranza della famiglia): "e chi si lamenta?"!

Volendo poi propinarci a tutti i costi la loro soluzione fiscale, decisamente la parte più indigesta del libro, A&I sarebbero costretti ad insistere sul concetto ventilato a p. 69, quello della "libera scelta non corrispondente alle preferenze": le donne farebbero e continuerebbero per senmpre a fare spontaneamente cose che in realtà non vorrebbero fare. Con una zavorra del genere non si fa molta strada.