- Gotz: Hitler era un socialista rigoroso e generoso grazie a queste sue virtù concquistò l' opinione pubblica...
- Nazismo: una dittatura che si assicurò un consenso vastissimo fino alla fine dei suoi giorni...
- Problema: come finanziare il socialismo?...
- Origini del consenso: nn il carisma di Hitler ma il denaro disponibile...
- Gotz: il nazismo fu sostenuto da una nutrita schiera di intellettuali..Guarda alle biografie dei gerarchi: quasi tutti avevano fatto esperienze socialiste se nn comuniste...
- La politica di eguaglianza è centrale: l'ariano più prezioso è l'ariano più povero: dobbiamo pensare innanzitutto a lui...
- Tasse fortemente progressive, ferie prolungate e vacanze a spese dello stato, società senza classi, esenzioni fiscali, abolizione delle tasse sul lavoro dipendente...pingui assegni familiari... congedi sindacali retribuiti... crediti alle piccole imprese e mutui agevolati... pensioni aumentate x tutti... cassa malattia estesa...motorizzazione di massa con la wolkswagen... case popolari di buona fattura... zero corruzione... generosi sussidi ai più sfortunati... efficienza e meritocrazia nell amministrazione pubblica... scuole di stato molto curate……
- Crisi di bilancio del 37. Risolta nel 38 con l' esproprio agli ebrei e la guerra alla Polonia e tanta finanza creativa: il welfare compra i tedeschi ed è fonte di guai...
- X nn parlare dei grandi affari che i privati fanno dalle vendite a prezzi stracciati della proprietà ebraica...
- Il nazismo dura, resiste xchè è un paradiso in terra x gli ariani
- Shoah: omicidio di massa a scopo di rapina...ridotto il ruolo del razzismo che interviene a posteriori. ampliato quello materialista sulla scia di Hayek…
- Per Gotz i tedeschi non erano e non erano mai stati più razzisti degli altri popoli europei...
- Critica di Housson: vale il nesso opposto: proprio l' antisemitismo consentì di tenere alto il tenore di vita...
giovedì 23 luglio 2015
Gotz sul regime Nazista
mercoledì 22 luglio 2015
Francois Furet su Rivoluzione francese e Rivoluzione bolscevica
- Perchè la rivoluzione sovietica è stata difesa tanto a lungo dagli intellettuali? Perchè considerata erede di quella francese e quindi "di sinistra"...
- Come difenderla? 1) negando 2) ricorrendo al concetto di "devianza" 3) parlando di interferenze esterne al sistema 4) accusando il "culto della xsonalità" 5) rievocando le barbarie dell'impero russo...
- Tutte qs contorsioni x salvare l'Idea riproducono fedelmente le strategie messe in campo nell' 800 per preservare l'idea rivoluzionaria dal Terrore...
- Ma la storiografia giacobina aveva un Tocqueville con cui confrontarsi che poneva una chiara domanda: dove sta il legame tra Rivoluzione e Terrore?...@@@@@
- Il nemico di Furet: "la meglio gioventù". L'atteggiamento: "sbagliavamo ma eravamo buoni"…
- Furet: studioso delle ideologie totalitaria, giacobinismo e totalitarismo. Tesi: chi pretende di sradicare il male dalla storia rischia di sradicare solo l'anima umana...
- Furet: le guerre del Novecento hanno un modello e una genealogia chiara: la Rivoluzione e francese e il suo Totalitarismo...
- Furet: nn esistono + concrete speranze di superare l'alienazione capitalista. Le idee del passato (volontà generale, comunismo) si sono rivelate tragiche illusioni...
- Derapage. Fenomeno x cui talune idee x quanto promettenti all'apparenza sono destinate a degenerare...
- La patologia del particolarismo: fascismo. La patologia dell'universalismo: comunismo...
- Ma fascismo e comunismo erano comunque entrambe ideologia rivoluzionarie (debito verso De Felice)...
- Dualismo bolscevico: coniugare il volontarismo con il determinismo della storia...
- Antifascismo. Concetto ingannevole: serviva x sdoganare nelle liberal democrazia l'idea totalitaria comunista...
- Distingui il fascismo dal franchismo. Franco era un reazionario legato alla Chiesa e alla terra...
martedì 21 luglio 2015
Come scegliere la propria religione - Richard Swinburne
- Come scegliere la propria religione razionalmente? Una versione della scommessa di Pascal...
- Premessa: le religioni possono essere giudicate in base alla loro probabile verità o in base alla bontà dei loro scopi. Qui ci concentriamo sul secondo giudizio...
- Definizione di Religione: un sistema di credenze e comportamenti che offre benessere ora ma soprattutto dopo la morte...
- Ogni religione ha sia una dottrina che uno stile di vita...
- Tesi : 1) la dottrina serve a spiegare xchè un certo stile di vita ci guadagna la salvezza 2) nn tutte le salvezze sono uguali: alcune sono più meritevoli di essere xseguite 3) alcune "vie" rendono la salvezza + probabile di altre...
- I precetti della via cristiana sono ben chiari (comandamenti, discorso della montagna ecc.). Alcuni sono obbligatori, altri supererogatori. Alcuni sono precetti veri anche se il Dio cristiano nn esistesse. Altri invece sono tipici del credente (es. andare a messa)..Anche i buddisti hanno una loro via. In alcuni punti è simile a quella cristiana e atea, senonché raccomandano la meditazione x distaccarsi dalle passioni terrene. Il credo buddista consiste invece nella legge del Karma, della reincarnazione, del distacco e del nirvana...
- Xchè dovrei scegliere una o l'altra religione?: 1) xchè probabilmente è vera e 2) perchè il premio x chi la segue è più desiderabile. Ora ci occuperemo del secondo punto...
- Tesi: le ragioni x seguire il cristianesimo sopravanzano quelle del buddismo...
- I doveri peculiari del C. sono sentiti come ragionevoli. Il C. ci chiede di adorare e ubbidire a Dio. Analogia: quando incontriamo un altro è giusto riconoscerlo anziché ignorarlo soprattutto se è un ns benefattore. Se poi l'altro è sapiente è giusto obbedirli, specie se ci ama e si sacrifica x noi. Inoltre il dio C. ci promette un grande premio in qs vita e dopo la morte. Certo se il dio C. nn esistesse sarebbe tutto una xdita di tempo ma qs mondo dipendiamo dalle probabilità..
- .Tuttavia anche altre religioni promettono molto nell'al di là cosicchè, se vogliamo sospendere il giudizio probabilistico, diventa essenziale vagliare il benessere garantito su qs terra...
- I benefici promessi dal dio C. sono talmente elevati che vale la pena onorarlo qualora sia il dio più probabile, anche se le prob. che esista sono minime...
- E il benessere su qs terra? Facciamo proma un cfr con l'ateo. L'uomo si realizza facendo ciò che ritiene giusto. Alcune azioni sono giuste a prescindere dalla fede ma x l'uomo di fede esistono delle ragioni in + per compierle e quindi ragioni in + di felicità..
- .Fare il bene, poi, forma il carattere, anche quando il bene nn è quello che riconoscono anche gli atei: il credente ha quindi delle occasioni in più. Avere un buon carattere significa poi agire in modo conforme alla ns natura: così come è assurdo negare certe esigenze e anche certi piaceri (il buon cibo, una bella casa, una sposa ecc) è giusto nn esagerare in nulla. La vita è un dono ed è giusto goderselo. Il C. gode per molti motivi alcuni dei quali nn sono a disposizione dell'ateo...
- Conclusione: il credente è aiutato dalla sua fede ad adempiere a doveri riconosciuti da tutti, in qs modo è + prob. che si realizzi e sia felice. È dunque razionale la scelta cristiana x chi crede che quello sia il dio + prob. Anche se le prob. generali sono basse...
- Veniamo ora ad un cfr col buddismo. Il buddismo è più pessimista del C. e richiede al suo adepti l'affrancamento completo dai desideri mondani. Ma il disincanto e la xdita di passione nn è il modo giusto di stare al mondo. Di certo nn è una ricetta universale...
- Il Paradiso dei C. è abitato da chi fa il bene, da chi conosce in modo pieno, da chi gode della bellezza e dell'amicizia reciproca. Il paradiso dei B. è disabitato poichè viene raggiunto da chi si annulla...
- Conclusione: la salvezza di B. sembra decisamente inferiore a quella C. o del'Islam. Da come possiamo valutare con i mezzi che abbiamo qui ed ora nn vale la pena di perseguire la salvezza di B, specie se si ha a disposizione la salvezza C.
No true scotsman fallacy
The Identity of Shame, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty: " "No True Scotsman""
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come scegliersi gli amici
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come scegliersi gli amici
Un argomento contro le quote rosa
Scatenerebbero l'opportunismo.
Dacché, dopo la recente sentenza di Cassazione, è possibile dichiarare il proprio sesso senza alcun riscontro oggettivo sarebbe facile per i maschietti farsi passare per femminucce: basta una dichiarazione (ritrattabile alla bisogna quando lo si desidera).
Dacché, dopo la recente sentenza di Cassazione, è possibile dichiarare il proprio sesso senza alcun riscontro oggettivo sarebbe facile per i maschietti farsi passare per femminucce: basta una dichiarazione (ritrattabile alla bisogna quando lo si desidera).
lunedì 20 luglio 2015
Salario mnimo e Happy Meal Fallacy
The Happy Meal Fallacy:
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The Happy Meal Fallacy
Some restaurants offer burgers without fries and a drink. These restaurants cater to low-income people who enjoy fries and drinks but can’t always afford them. To rectify this sad situation a presidential candidate proposes The Happy Meal Act. Under the Act, burgers must be sold with fries and a drink. “Burgers by themselves are not a complete, nutritious meal,” the politician argues, concluding with the uplifting campaign slogan, “Everyone deserves a Happy Meal!”
But will the Happy Meal Act make people happy? If burgers must come with fries and a drink, restaurants will increase the price of a “burger.” Even though everyone likes fries and a drink they may not like the added benefits by as much as the increase in the price of the meal. Indeed, this must the case since consumers could have bought the meal before the Act but chose not to. Requiring firms to sell benefits that customers value less than their cost makes both firms and customers worse off.
The Happy Meal Fallacy is fairly obvious when it comes to happy meals but now let’s consider the debate over the gig economy and the hiring of employees versus contractors. Employees are entitled to benefits that contractors are not. Thus the standard conclusion is that classifying workers as contractors “is great for employers but potentially terrible for workers.” Wrong. Employees get their wages with fries and a drink while contractors get wages only. Would a law requiring firms to provide all workers with fries and a drink help workers?
If firms are required to provide benefits to contractors they will lower the contractor wage. But how do we know the extra benefits aren’t worth the reduction in wages? If the extra benefits were worth more to workers than they cost firms, firms would have eagerly provided these benefits as a way of increasing profits. Firms can profit whenever buyers are willing to pay more for a product than its cost. Benefits are a product that workers buy from firms.
Workers buy benefits from firms by offering to work at a lower wage. Firms are happy to sell benefits when workers will accept a wage reduction that covers the cost of the benefit. Thus, if workers value a benefit by more than its cost, there is a mutually profitable deal to be made. The firm will provide the benefit and wages will fall by more than the cost but by less than the value of the benefit. Both firms and workers will be better off. It’s implausible that firms and workers will overlook mutually profitable exchanges. Thus requiring firms to provide benefits with every job means requiring firms to sell benefits that workers value less than their cost and that makes both firms and workers worse off–just like requiring restaurants to sell burgers with fries and a drink makes firms and customers worse off.
If the cost of the benefits far exceed their value to workers, the firm will close. But even if the firm doesn’t close, firms and workers will both be worse off. The exact division of the burden will vary depending on particulars but the workers who value wages the highest and benefits the least will be the most burdened. Often these will be the lowest income workers.
The Happy Meal Fallacy can lead to very unhappy firms and workers.
Addendum: The theory of compensating differences in wages with benefits was pioneered by Adam Smith. See Matt Kahn for a short overview and Sherwin Rosen for a full treatment of the theory. Jonathan Gruber and Craig Olson offer empirical evidence. The MRU video, The Tradeoff Between Fun and Wages presents another application.
La ricetta keynesiana che non piace ai keynesiani
Wage stickiness and unflattering accounts of the unemployed and poor:
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Wage stickiness and unflattering accounts of the unemployed and poor
by Tyler Cowen on July 19, 2015 at 1:35 am in Economics, Education, Food and Drink, Philosophy | Permalink
It is common for left-wing progressives to complain that conservatives serve up unflattering accounts of the unemployed and poor, such as by calling them “moochers” and the like.
But many versions of the standard Keynesian account, once we deconstruct them a bit, don’t paint such a flattering picture of the unemployed either. In one Keynesian scenario, many of the unemployed have lacked jobs for years because they have sticky nominal wage demands. Under one scenario, they could find jobs for $x an hour but won’t take the work. If government policy could reflate the economy enough, those jobs in nominal terms would offer more and the unemployed would be in essence fooled into taking the offer. The job would be paying the same in real terms, so the ex ante stubbornness is a big mistake, at least under this account of the matter.
Such a mistake is made throughout years of material suffering and psychological deprivation, including serious problems for one’s children. Yet a mere nominal trick, by boosting pride just a bit, will move them back into a job.
It is of course a well-known stylized fact that, at least in America, unemployment rates for the poor and undereducated are much higher than for wealthier or better educated people. So a general citation of “money illusion” won’t rescue the victims from the rather unflattering Keynesian portrait painted here.
Alternatively, the relevant mechanism may operate through the demand for labor, rather than the supply. Perhaps low-skilled workers cannot be employed at lower wages because their resentment at the low wage would be so high that they would impose unacceptable morale costs on the organizations employing them. In other words, insult them with a sub-par wage offer and they turn destructive toward the entire organization. Companies of course prefer to keep these workers at arms’ length under this hypothesis.
If Charles Murray had come up with that hypothesis, he would have been savagely attacked for it. Yet there is growing evidence, for instance from the work of Alan Blinder, that it is a major cause of wage stickiness.
Left-wing Keynesians are reluctant to acknowledge their own implicit unflattering treatment of the poor, which I should add came (in part) from snobby and elite British economists, including Keynes. Often microfoundations are considered an embarrassing topic, and the emphasis is on “well, we know that wages are sticky,” with a desire not to look too closely under the hood, or to consider how those stories jive with other deeply held views, many of which try to raise the relative status of the poor and unemployed.
Bryan Caplan is consistent and is also happy to satisfy the publicity condition. He believes in nominal stickiness as a driver of unemployment (under many circumstances) and he holds a relatively skeptical view of the decision-making capabilities of many (by no means all) of the poor.
The most flattering macro theories toward the poor, undereducated, and unemployed are the complementarity, increasing returns, and RBC “the poor are maximizing given some bad constraints” approaches. Insider-Outsider models make the unemployed victims of exclusion who don’t even get a chance, rather than potential troublemakers ready to sabotage an enterprise at a moment’s notice. The same can be said for Scott Sumner’s “musical chairs” account. As for schools of thought, the rational expectations theorists provide the most flattering picture of the poor, yet in the context of macroeconomics they are very frequently mocked for their unrealistic assumptions. Search theory models of unemployment, which for instance I have tried to promote, also paint a not unfavorable picture of the jobless, but they too are not very popular in the New Old Keynesian economics. If I were to generalize, and yes there are many exceptions, but still I would say that these more flattering pictures of the unemployed are more likely to be associated with or embraced by the political Right.
Consistency is hard to come by, and probably always will be
Wages Must Fall!": What All Good Keynesians Should Say | ||||
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When Keynesians want to gloat, they often point to the overwhelming empirical evidence in favor of nominal wage rigidity. For the latest example, see Krugman on the Irish labor market. Their unemployment is 14.5%, but the nominal wage index has only fallen by about 2.5%. Krugman's conclusion:
What's hard to understand, though, is Keynesian neglect of - if not outright hostility to - the logical implication of their argument: Wages must fall! If they're right about nominal wage rigidity, it seems like "Wages must fall!" would be the mantra of all good Keynesians. But few words are less likely to escape their lips.
Why would this be so?
1. Keynesians could say that nominal wage rigidity is such an intractable problem there's no point discussing it. That's why Krugman emphasizes that "Ireland is supposed to have flexible markets -- remember, before the crisis it was hailed as an example of successful structural reform." If wages won't even fall in laissez-faire Ireland, what hope does the rest of the world have?
There are two big problems with this story. (a) Even if it's true, Keynesians should still militantly oppose any government policy - like the employer health care mandate - that increases labor costs. (b) Government doesn't face a binary choice between conventional labor market regulation and laissez-faire. There's a third choice: Low-wage interventionism. If wages won't adjust on their own, why don't Keynesians ask government to actively push them down? If that sounds too brutal, see Singapore forclever ways to numb the blow.
2. Keynesians could say that monetary and fiscal policy are easier to promote than wage cuts. But Keynesians are the first to insist that fiscal policy is a valuable supplement to monetary policy. Why not hail wage cuts as a valuable supplement to both? At minimum, Keynesians should heatedly resist any government policy that pushes labor costs in the wrong direction - and remind us that "wrong" = up.
3. Keynesians could - and often do - retreat to the view that wage flexibility is a self-defeating solution to the problem of wage rigidity. The idea is that wage cuts reduce demand, which in turn exacerbates unemployment.
But this argument is full of holes. As I've pointed out before, there are strong reasons to think that wage cuts will increase aggregate demand, making this solution doubly attractive. Consider: Labor income equals wages multiplied by hours worked, so the effect on labor income is ambiguous; and as a matter of pure arithmetic, lower wages imply higher profit income. In any case, if nominal wage cuts really are as rare as a blue moon, what makes Keynesians so sure that wage cuts would backfire if tried? Without lots of empirical counter-examples, they have every reason to stick to the common sense position: "If wage rigidity is the cause of unemployment, wage flexibility is the cure."
At this point, Keynesians could just bite the bullet: "Wages must fall!" But in my experience they don't - and I don't think they're going to start now. The reason, I'm afraid, is politics. Keynesians lean left. They don't want to say, "Wages must fall!" They don't want to think it. "Wages must fall!" sounds reactionary - a thinly-veiled reproach to centuries of anti-capitalist intellectuals and militant unions. After all, doesn't it mean that every "pro-labor" regulation and "victory for the workers" has anugly downside - more workers unable to find any job at all?
Keynesians are right to ridicule people who deny the reality of nominal wagerigidity. But they'd be a lot more persuasive if they put leftist qualms aside and focused on the logic of their own model. Keynesians have every reason to rant against excessive wages. They have every reason to rant against regulation that increases labor costs. They have every reason to rant against unions. And there hasn't been a better time to rant since the Great Depression. Oh my Keynesian brothers and sisters, let us rant together.
P.S. I'm doing a Stossel taping in NYC tonight (12/15). The show won't air until January, but I'm hosting a meet-up after the show at 10 PM, at Becco - 355 West 46th Street. Hope to see you there.
It is really, really hard to cut nominal wages, which is why reliance on "internal devaluation" is a recipe for stagnation and disaster.The gloating is easy to understand. After all, nominal wage rigidity is the driving assumption of the Keynesian model. Unemployment is just a labor surplus; since wages are the price of labor, the fundamental cause of unemployment has to be excessive wages. And as long as the wage rigidity is nominal, you can neutralize it by printing money or otherwise boosting demand.
What's hard to understand, though, is Keynesian neglect of - if not outright hostility to - the logical implication of their argument: Wages must fall! If they're right about nominal wage rigidity, it seems like "Wages must fall!" would be the mantra of all good Keynesians. But few words are less likely to escape their lips.
Why would this be so?
1. Keynesians could say that nominal wage rigidity is such an intractable problem there's no point discussing it. That's why Krugman emphasizes that "Ireland is supposed to have flexible markets -- remember, before the crisis it was hailed as an example of successful structural reform." If wages won't even fall in laissez-faire Ireland, what hope does the rest of the world have?
There are two big problems with this story. (a) Even if it's true, Keynesians should still militantly oppose any government policy - like the employer health care mandate - that increases labor costs. (b) Government doesn't face a binary choice between conventional labor market regulation and laissez-faire. There's a third choice: Low-wage interventionism. If wages won't adjust on their own, why don't Keynesians ask government to actively push them down? If that sounds too brutal, see Singapore forclever ways to numb the blow.
2. Keynesians could say that monetary and fiscal policy are easier to promote than wage cuts. But Keynesians are the first to insist that fiscal policy is a valuable supplement to monetary policy. Why not hail wage cuts as a valuable supplement to both? At minimum, Keynesians should heatedly resist any government policy that pushes labor costs in the wrong direction - and remind us that "wrong" = up.
3. Keynesians could - and often do - retreat to the view that wage flexibility is a self-defeating solution to the problem of wage rigidity. The idea is that wage cuts reduce demand, which in turn exacerbates unemployment.
But this argument is full of holes. As I've pointed out before, there are strong reasons to think that wage cuts will increase aggregate demand, making this solution doubly attractive. Consider: Labor income equals wages multiplied by hours worked, so the effect on labor income is ambiguous; and as a matter of pure arithmetic, lower wages imply higher profit income. In any case, if nominal wage cuts really are as rare as a blue moon, what makes Keynesians so sure that wage cuts would backfire if tried? Without lots of empirical counter-examples, they have every reason to stick to the common sense position: "If wage rigidity is the cause of unemployment, wage flexibility is the cure."
At this point, Keynesians could just bite the bullet: "Wages must fall!" But in my experience they don't - and I don't think they're going to start now. The reason, I'm afraid, is politics. Keynesians lean left. They don't want to say, "Wages must fall!" They don't want to think it. "Wages must fall!" sounds reactionary - a thinly-veiled reproach to centuries of anti-capitalist intellectuals and militant unions. After all, doesn't it mean that every "pro-labor" regulation and "victory for the workers" has anugly downside - more workers unable to find any job at all?
Keynesians are right to ridicule people who deny the reality of nominal wagerigidity. But they'd be a lot more persuasive if they put leftist qualms aside and focused on the logic of their own model. Keynesians have every reason to rant against excessive wages. They have every reason to rant against regulation that increases labor costs. They have every reason to rant against unions. And there hasn't been a better time to rant since the Great Depression. Oh my Keynesian brothers and sisters, let us rant together.
P.S. I'm doing a Stossel taping in NYC tonight (12/15). The show won't air until January, but I'm hosting a meet-up after the show at 10 PM, at Becco - 355 West 46th Street. Hope to see you there.
Labor Market Rigidity: Psychology, Technology, and Peter Pan | ||||
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Back in 2008, some of my favorite economists argued that unemployment wouldn't rise much, even if there were a big nominal shock. Why not? "Labor markets aremore flexible than they used to be." Why? That was a little hazy, but the main reason seemed to be better management due to more advanced information technology.
I never bought this story, and unfortunately, as David Henderson points out, I wasright. Today's firms do have better management and more advanced information technology than they used to. But the most important cause of labor market rigidity,at least in the U.S., is psychology. People resent wage cuts, especially nominal wage cuts. This resentment varies over place and time, but even economists feel it. The awful unintended consequence of this resentment: Employers cut employment instead. If you talk to employers off the record, they often explain that wage cuts hurt productivity by angering workers, but lay-offs raise productivity by scaring them.
Why was I so skeptical of the view that labor markets had changed? Because cutting wages when labor demand falls isn't rocket science. You don't need computers or just-in-time inventory systems to do it. You don't even need a calculator. Just cut wages by 2 or 3 percent, and see what happens. The upshot: If workers didn't have a knee-jerk hatred for wage cuts, especially nominal wage cuts, employers would have solved the unemployment problem millenia ago. And given this knee-jerk hatred, all the computing power in the world isn't enough to stabilize unemployment in the face of big nominal shocks.
Is labor market rigidity a market failure? I'm afraid so. But strangely enough, this market failure is largely caused by anti-market bias! The main reason workers hate wage cuts is that they imagine that wage-cutting employers are satanically "unfair." If workers saw wage cuts for what they are - a full-employment mechanism - they'd sing a different tune. While they wouldn't be happy to see their wages cut, they'd grudgingly accept that a little wage variability is a fair price to pay for near-total employment security. Once this economically enlightened perspective took hold, employers would eagerly cater to it - and the market failure would largely go away.
According to Peter Pan, "Everytime a child says 'I don't believe in fairies,' there's a little fairy somewhere that falls down dead." As far as I know, he's wrong about fairies. But if Peter had warned, "Everytime a person says, 'I don't believe in markets,' there's a worker somewhere that loses his job," he wouldn't have been far from the truth. Scoff if you must! People can and do cause market failure by believing in it.
I never bought this story, and unfortunately, as David Henderson points out, I wasright. Today's firms do have better management and more advanced information technology than they used to. But the most important cause of labor market rigidity,at least in the U.S., is psychology. People resent wage cuts, especially nominal wage cuts. This resentment varies over place and time, but even economists feel it. The awful unintended consequence of this resentment: Employers cut employment instead. If you talk to employers off the record, they often explain that wage cuts hurt productivity by angering workers, but lay-offs raise productivity by scaring them.
Why was I so skeptical of the view that labor markets had changed? Because cutting wages when labor demand falls isn't rocket science. You don't need computers or just-in-time inventory systems to do it. You don't even need a calculator. Just cut wages by 2 or 3 percent, and see what happens. The upshot: If workers didn't have a knee-jerk hatred for wage cuts, especially nominal wage cuts, employers would have solved the unemployment problem millenia ago. And given this knee-jerk hatred, all the computing power in the world isn't enough to stabilize unemployment in the face of big nominal shocks.
Is labor market rigidity a market failure? I'm afraid so. But strangely enough, this market failure is largely caused by anti-market bias! The main reason workers hate wage cuts is that they imagine that wage-cutting employers are satanically "unfair." If workers saw wage cuts for what they are - a full-employment mechanism - they'd sing a different tune. While they wouldn't be happy to see their wages cut, they'd grudgingly accept that a little wage variability is a fair price to pay for near-total employment security. Once this economically enlightened perspective took hold, employers would eagerly cater to it - and the market failure would largely go away.
According to Peter Pan, "Everytime a child says 'I don't believe in fairies,' there's a little fairy somewhere that falls down dead." As far as I know, he's wrong about fairies. But if Peter had warned, "Everytime a person says, 'I don't believe in markets,' there's a worker somewhere that loses his job," he wouldn't have been far from the truth. Scoff if you must! People can and do cause market failure by believing in it.
PERMANENT LINK | JANUARY 28, 2013
Sorrow and Anger | ||||
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On Thursday, Casey Mulligan lectured on his The Redistribution Recession at GMU. Lots of interesting, neglected evidence on the spike in labor market distortions since 2007. Yet the talk was marred by Mulligan's commitment to a market-clearing model of labor markets. When pressed, he was quite insistent that given the expansion of the safety net, the unemployed do not want to work at the current market wage.
To be fair, Mulligan explicitly disavowed the view that the unemployed are happy about their situation. But in his view, the unemployed would be even less happy to keep doing their old jobs for prevailing rates of compensation. Unemployment's bad, but so are wage cuts.
Why should you reject Mulligan's view? There's the obvious fact that wages don'tfluctuate like stock prices, even in the face of large shocks to the labor market. The best argument, though, is introspection. Ask yourself:
When someone gets laid-off, what is his main emotional reaction likely to be?
Sorrow.
When someone gets a nominal wage cut, what is his main emotional reaction likely to be?
Anger.
In Mulligan's model, lay-offs and wage cuts are two sides of the same coin, and workers should respond identically. But of course they don't. Part of the reason is that - especially during recessions - labor markets don't clear. People who keep their jobs are lucky, earning above the market-clearing wage. The rest are unlucky, and often struggle for months or even years to find a remotely comparable position.
Yet there's more psychology going on. When you're laid-off, you feel exiled from your group. You're rejected, unfit, unworthy. Many people in this situation break down and cry. When you face a pay cut, in contrast, you feel betrayed by your group. You're insulted, snubbed, scorned. You might weep, but you're more likely to crumple up the memo explaining the pay cut and hurl it in the trashcan. Especially during a recession, you probably won't be brave enough to quit in retaliation; instead, you'll shave the quality of your work to extract a petty revenge.
Most Keynesians will probably see Mulligan's market-clearing model as an excuse to reject everything he says. But this is hasty and unfair. There's no reason why we can't (a) admit that labor markets don't clear during recessions, yet (b) insist that expanding the welfare state seriously retards the labor market's naturally sluggish adjustment mechanism. Keynesians' benign view of governments' "response" to the Great Recession is not implied by their model. Indeed, the Keynesian model specifically implies that Keynesians should look upon new labor market distortions with anger, or at least sorrow.
To be fair, Mulligan explicitly disavowed the view that the unemployed are happy about their situation. But in his view, the unemployed would be even less happy to keep doing their old jobs for prevailing rates of compensation. Unemployment's bad, but so are wage cuts.
Why should you reject Mulligan's view? There's the obvious fact that wages don'tfluctuate like stock prices, even in the face of large shocks to the labor market. The best argument, though, is introspection. Ask yourself:
When someone gets laid-off, what is his main emotional reaction likely to be?
Sorrow.
When someone gets a nominal wage cut, what is his main emotional reaction likely to be?
Anger.
In Mulligan's model, lay-offs and wage cuts are two sides of the same coin, and workers should respond identically. But of course they don't. Part of the reason is that - especially during recessions - labor markets don't clear. People who keep their jobs are lucky, earning above the market-clearing wage. The rest are unlucky, and often struggle for months or even years to find a remotely comparable position.
Yet there's more psychology going on. When you're laid-off, you feel exiled from your group. You're rejected, unfit, unworthy. Many people in this situation break down and cry. When you face a pay cut, in contrast, you feel betrayed by your group. You're insulted, snubbed, scorned. You might weep, but you're more likely to crumple up the memo explaining the pay cut and hurl it in the trashcan. Especially during a recession, you probably won't be brave enough to quit in retaliation; instead, you'll shave the quality of your work to extract a petty revenge.
Most Keynesians will probably see Mulligan's market-clearing model as an excuse to reject everything he says. But this is hasty and unfair. There's no reason why we can't (a) admit that labor markets don't clear during recessions, yet (b) insist that expanding the welfare state seriously retards the labor market's naturally sluggish adjustment mechanism. Keynesians' benign view of governments' "response" to the Great Recession is not implied by their model. Indeed, the Keynesian model specifically implies that Keynesians should look upon new labor market distortions with anger, or at least sorrow.
La psicologia inutile
Un difetto chiaro del paternalismo.
Farewell to Bart Wilson, For Now, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty: "Guest blogger Bart Wilson is signing off, for now. He's been one of my favorite experimental economists for the last decade, and I've been pleased to see him bring his unique perspective to EconLog over the past month.
Out of all Bart's posts, "The Error of Utilitarian Behavioral Economics" is probably my favorite. If poor decision-making is as ubiquitous as behavioral economists claim, why isn't stickK.com as big as Facebook? Bart points to an experimental resolution: People like being in control of their own lives - and gladly accept lower-quality outcomes to avoid being under other people's thumbs. Thus, while behavioral economics is usually seen as pro-paternalism (or at least, in Cass Sunstein's words, "anti-anti-paternalism"), experiments reveal two offsetting behavioral effects.
First, people often make systematically bad decisions.
Second, people value their right to make their own decisions - even if they know their decisions are systematically bad.
Farewell, Bart. While it's sad to see you go, we can all hope you don't stay away from the blogosphere for long.
P.S. I hear Bart has one last post in the works"
'via Blog this'
Farewell to Bart Wilson, For Now, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty: "Guest blogger Bart Wilson is signing off, for now. He's been one of my favorite experimental economists for the last decade, and I've been pleased to see him bring his unique perspective to EconLog over the past month.
Out of all Bart's posts, "The Error of Utilitarian Behavioral Economics" is probably my favorite. If poor decision-making is as ubiquitous as behavioral economists claim, why isn't stickK.com as big as Facebook? Bart points to an experimental resolution: People like being in control of their own lives - and gladly accept lower-quality outcomes to avoid being under other people's thumbs. Thus, while behavioral economics is usually seen as pro-paternalism (or at least, in Cass Sunstein's words, "anti-anti-paternalism"), experiments reveal two offsetting behavioral effects.
First, people often make systematically bad decisions.
Second, people value their right to make their own decisions - even if they know their decisions are systematically bad.
Farewell, Bart. While it's sad to see you go, we can all hope you don't stay away from the blogosphere for long.
P.S. I hear Bart has one last post in the works"
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L’eresia impossibile
E' davvero difficile essere eretici, bisogna volerlo fortemente a prescindere dalle proprie idee. Bisogna volerlo al punto di sconfinare nell'irrazionalità. Ma soprattutto occorre prima farsi dogmatici per farsi poi eretici.
Ho in mente i temi della dottrina sociale cattolica (oggi non si parla che di quelli): chi non la pensa come il Papa è condannato all'eresia?
Secondo me no, per una questione di LOGICA.
Anziché "opporti" alla posizione ufficiale potresti entrare in "dialogo" con essa, e noi sappiamo che il dialogo tra soggetti "razionali, aperti e fiduciosi nel prossimo" porterà NECESSARIAMENTE ad un’ IDENTITA’ di vedute.
Come si realizza l' ACCORDO NECESSARIO è abbastanza semplice:
Qualche definizione.
Il soggetto "razionale" crede nella ragione umana, nel fatto che essa sappia cogliere aspetti oggettivi della realtà.
Il soggetto "aperto" sa che ogni soggetto razionale puo' dare un contributo alla discussione poiché il sapere è sparso e tutta la verità non puo' stare in una sola testa.
In un certo senso l'"apertura" è conseguenza della "razionalità": non si puo' essere “razionali e chiusi”, sarebbe un ossimoro.
C'è fiducia se credo nella razionalità e nella buona fede del mio interlocutore e se so che lui lo sai, e so anche che lui sa che io lo so, eccetera. Naturalmente la fiducia deve essere reciproca.
Come si realizza l' ACCORDO NECESSARIO è abbastanza semplice:
-
A e B sono in disaccordo ma sono individui "razionali ed aperti";
-
A, da persona "razionale ed aperta", è sconcertato del disaccordo di B poiché cio' costituisce un segnale che la sua posizione è in qualche modo viziata;
-
A apporta quindi una modifica alla sua posizione;
-
B ragiona allo stesso modo e rettifica la sua posizione;
-
Se il disaccordo perdura A e B rettificano ulteriormente le loro posizioni, si procede in questo modo finché non si raggiunge un acordo;
-
Solo l'accordo perfetto costituisce un punto di equilibrio nel dibattito razionale. Il disaccordo è IMPOSSIBILE così come pure è impossibile raggiungere un accordo sul proprio disaccordo.
Il presunto eretico è un soggetto razionale, aperto e fiducioso? Ipotizziamo che lo sia.
E la Chiesa è un soggetto "razionale, aperto e fiduciosp"?
L'apertura e la fiducia implicano rinuncia all'infallibilità, implica cioè il riconoscere che nell'opinione altrui ci sia sempre un grano di verità. Si tratta di una premessa indispensabile per innescare quel percorso di CONVERGENZA in qualche modo guidato dallo Spirito Santo.
Bene, nelle materie di dottrina sociale la Chiesa non si dichiara infallibile (attendo smentite), per cui puo' ben essere considerata un soggetto "razionale, aperto e fiducioso nel prossimo". Ma se è così l’eresia in queste materie è impossibile.
P.S. Per il teorema dell’accordo necessario vedi qui.
Lo spettro del precariato
The Happy Meal Fallacy http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2015/07/the-happy-meal-fallacy.html
Noble Savages: My Life Among Two Dangerous Tribes by Napoleon A. Chagnon
Culture shock
- Arrivo presso Y con la speranza di una festosa accoglienza. Invece: si si stanno drogando per combattere sniffando una sostanza che cola dal naso: orrore...
- Cani denutriti ovunque, puzzo di feci e vegetazione putrefatta..m Donne rapite giusto ieri. Si organizza una spedizione punitiva.. Giaguari, serpenti, ragni ecc. ma il vero ostacolo sono le piccole cose: prepararsi una polpetta richiede ore di spossante lavoro...
- Y nn conoscono le fogne. Gironzolare attorno al villaggio può essere molto xicoloso...
- Prima scoperta: la guerra domina ovunque. È cronica...
- Seconda scoperta: la guerra è x le donne (conquista, infedeltà). Ma ciò che x i biologi era normalità destava lo scandalo degli antropologi. La teoria standard spiegava le guerre come competzione x le risorse (marxismo). In ogni caso si privilegiava la posizione culturalista. La tesi di laurea di NC fu a lungo in forse...
- Scandalo: la guerra è una condizione naturale e nn deriva né dallo sfruttamento capitalistico né dall'oppressione coloniale...
- Anni 60: la natura umana nn esiste, tutto è cultura. Qs. era la posizione standard che faceva dell'antropologia l'ultimo bastione antidarwiniano...
- Perchè la sociologia quando esiste già la psicologia e la biologia? Dukenheimer: xchè esistono fenomeni meramente culturali nn riducibili alla biologia...
- La grande guerra tra antropologia marxista e darwiniana...
- L'antropologia di allora era ideologica, poco interessata ai fatti con una confraternita accademica pronta ad escludere il dissenziente...
- Il consiglio dato dai colleghi a NC: nn dovresti dire certe cose la gente si fa un'impressione sbagliata...
- Una "lurida speculazione": il matrimonio su cattura della sposa. Purtroppo vera...
continua
domenica 19 luglio 2015
Salari rigidi
Wage stickiness and unflattering accounts of the unemployed and poor http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2015/07/wage-stickiness-and-unflattering-accounts-of-the-unemployed-and-poor.html
venerdì 17 luglio 2015
Una teoria dello stato
Emersione dello stato moderno tra biologia, antropologia, storia ed economia.
- La biologia ci dice che un gene egoista guida i nostri comportamenti;
- l'egoismo del gene favorisce la cooperazione tra familiari: cooperando con qualcuno abbiamo più possibilità di sopravvivere e i familiari sono i soggetti più affidabili poiché nell'aritmetica dei geni un figlio vale otto cugini, il che rende il tradimento o il sacrificio in favore dei familiari meno oneroso rispetto alla cooperazione con estranei;
- quando il gruppo si allarga il legame di parentela si diluisce e sorgono più frequenti i conflitti;
- il modo più pratico di risolvere i conflitti consiste nella secessione;
- quando le vicinanze sono affollate da altri gruppi ostili la secessione non è più possibile e si ricorre alla tirannia e alla cultura dell'onore;
- un tiranno potente e onorabile (leadership) crea fiducia, ovvero un bene raro allorché i soggetti che si relazionano hanno una parentela diluita. Lo stato si configura come cosca vincente.
- la tirannia e l'onore rendono anche più potente il gruppo poiché lo rendono numeroso e producono quindi benefici anche nelle relazioni con altri gruppi meno numerosi (famiglie allargate);
- tirannia e onore retrocedono in favore di proprietà privata e moneta allorché si scopre che questi strumenti di regolazione dei conflitti interni accrescono la potenza del gruppo avendo come effetto collaterale elementi quali innovazione e produttività;
- La società incentrata su proprietà privata e moneta (società dei contratti) determina una rete complessa e fragile di relazioni che rendono particolarmente sensibili al rischio di cambiamento i suoi membri (status quo bias e effetto dotazione): siamo iper-specializzati e non sappiamo che sarà di noi allorché il castello crollerà;
- Ma l'avversione al rischio ostacola innovazione e produttività (che procedono per distruzione creativa), e questo è il maggiore conflitto nelle società contemporanee. Libertari e comunitari disputano su quale sia il bene più prezioso: ricchezza e potenza o sicurezza e eguaglianza?;
- paradossalmente i libertari rispolverano forme di assicurazione privatistica alternative alla politica (ora chiamata a garantire solo proprietà e la moneta) come per esempio quella religiosa;
- Conclusione: la libertà dei libertari non è originaria ma è l'esito finale (e contrastato) a cui tende un processo di cui la statalizzazione è uno stadio importante, tuttavia recupera in termini privatistici talune forme di assicurazione tipiche dei primi stadi della civiltà.
continua
Non investite troppo sui vostri talenti artistici!
- Puntare su una carriera nello spettacolo è abbastanza insensato. Ciò testimonia la sincerità dell'artista...
- Il cfr e la competizione precoce sono qui quantomai auspicabili x nn creare "bolle" di falsa speranza...
- Pro: fama e soldi a volontà ma anche un valore intrinseco in quel che si fa. Contro: alta competizione, diseguaglianze (bohem e super-ricchi), abilità nn trasferibili...
Noble Savages: My Life Among Two Dangerous Tribes Napoleon A. Chagnon
Chagnon sull'inizio dello stato
- Y è tutto ciò che un antropologo sogna: una comunità intatta e da sempre isolata dal resto dell'umanità...
- Quanto era dura la vita dell'antropologo a quei tempi: mesi senza un contatto...
- La guerra infinita dei Y. La vita presso i Y è ansiosa carica di terrore di imprevisti violenti. Domina il pericolo e spesso il portatore è il ns vicino. Hobbes è stato buon profeta ed è incredibile come persino alcuni antropologi possano preferirgli Rousseau....
- La cooperazione tra uomini nn è naturale: va spiegata. La biologia ci ha provato con divrse teorie ma gli antrpologi o erano distratti o facevano finta di nn ascoltare...
- Hamilton: l'uomo collabora privilegiando i familiari (kin selection): ciò è compatibile con la massimizzazione della sua prole. "Un figlio vale otto cugini"…
- Lo studio di Y è una conferma della kin selection di Hamilton. Quando il gruppo è famiglia allargata ok. Quando si estende sorgono conflitti e scissioni. Ma il momento cruciale si realizza quando le vicinanze sono occupate da altri gruppi e i congflitti non possono più valersi della scissione. A quel punto sorgono sia conflitti interni che esterni...
- Come nasce la politica e lo stato? Quando la scissione è impissibile bisogna vivere in conflitto cosicchè lo stato viene visto come il male tollerabile: un tiranno è meglio dell'anarchia del tutti contro tutti. Oltre al fatto che un villaggio grande è anche più potente di un piccolo villaggio e puo' prevalere nelle guerre tra villaggi...
- Quando il villaggio supera le 200 unità il capo - che vanta una parentela diluita con molti membri del gruppo - adotta metodi tirannici...
- La massimizzazione della sicurezza. Ecco la teoria che meglio descrive il mondo primitivo. Meglio di Darwin (max prole) e meglio di Smith (max profitto). O meglio ancora: una coniugazione dei due...
- Il gruppo sembrava nel bel mezzo di una transizione (dalla caccia all'agricoltura, dall'anarchia alla politica)..
- Le denunce ricevute. NC accusato di aver corrotto i primitivi e comunque di averli descritti in modo irrispettoso. E qui subentra il nuovo corso p.c. dell'antropologia. L'ubiquità del terrore mal si conciliava con l'immagine del buon selvaggio.
continua
giovedì 16 luglio 2015
Tutti coloro che consumano droghe pesanti sono passate per le leggere
Tutti i pirati della strada hanno cominciato con la bicicletta.
mercoledì 15 luglio 2015
Eye for an Eye by William Ian Miller - Talione e cultura dell'onore
William Ian Miller sul Talione e la cultura dell'onore.
- Rappresentazioni della giustizia: la bilancia, la benda, le mani amputate...
- La giustizia come simmetria. Un'equilibrio da restaurare....
- Che cosa si pesa? Che cosa riequilibra la bilancia?...
- Il torto priva e umilia, la compensazione deve risarcire e umiliare. Il colpevole deve sentire il mio dolore...
- "Due torti nn fanno una ragione". Chi usa qs formula dimentica che la seconda violenza nn è un "torto"...
- L'idea di perdono. In genere avanzata dai xseguitati e dai terzi che vogliono vivere in pace...
- Perdono. Una giustificazione pratica: stoppa le vendette a catena (vale anche x l'obbligatorietà dell'azione penale)...
- La misura del danno. Problema che affligge da sempre la giustizia. Si dice: usciamo da logiche compensatorie ma poi s'invoca la "proporzionalità"...
- Talione. Chi la difende insiste sul limite superiore: un occhio e solo un occhio. Tuttavia pone anche un limite inferiore: almeno un occhio. Il perdono è dei codardi che minano le basi sociali rinunciando all'azione penale...
- Talione. Per alcuni introduce la responsabilità xsonale impedendo la punizione vicaria. Peccato che nell' Esodo Dio aveva appena finito di dire che avrebbe punito x generazioni l'errore di Tizio...
- Talione. Un omaggio al principio di eguaglianza. Sebbene si conoscano dei talioni zeppi di asimmetrie...
- Talione: equipara ricchi e poveri. Nn è proprio così, i ricchi che pagano sfuggono alle mutilazioni sebbene ai poveri, vero, viene consegnato un titolo di credito x i torti subiti...
- Che me ne faccio del tuo occhio? Non dimentichiamo che la cultura talionica è una cultura dell'onore e che la giustizia è chiamata a "ripristinare". Se ti prendo l'occhio gli altri sanno che posso farlo il che ha un certo valore nelle relazioni e nella costruzione della fiducia...
- L'onore crea fiducia anche quando è difeso con la violenza (io rispetto i patti e con me si rispettano). L' onore crea così la moneta x gli scambi...
- X gli antichi la vendetta aveva un lato estetico ed esprimeva il gusto x la proporzione e l'equilibrio. Il contrario di quell'eccesso che noi ci figuriamo. Qs appare vero anche solo x l"afflato poetico con cui viene declamato il Talione (rinunciando anche alla conversione in denaro)...
- I scuola: la vendetta è un risarcimento e la sua pratica anticipa l'asse portante della giustizia moderna. Il sangue e la moneta sono due medium equivalenti. Ricorda che il talione si afferma quando i corsi monetari o nn esistono o sono problematici...
- Il sangue è la moneta + nobile xchè oltre a compensare la vittima crea fiducia ovvero un bene comune... Daube su Gesù: si esprime consapevolmente contro il principio di risarcimento: nn cercarlo ma porgere l'altra guancia...
continua
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martedì 14 luglio 2015
Una teoria del perdono
Il perdono ha una funzione oggi ereditata dall' obbligatorietà dell'azione penale: fermare la catena di vendette.
Si tratta quindi di un istituto obsoleto visto che un intermediario di giustizia come lo stato mette un freno al rischio delle faide.
Si tratta quindi di un istituto obsoleto visto che un intermediario di giustizia come lo stato mette un freno al rischio delle faide.
Getting Better: Why Global Development Is Succeeding--And How We Can Improve the World Even More di Charles Kenny
Il punto sul mondo di Charles Kenny
- La cattiva notizia: le diseguaglianze abbondano (specie all'interno degli stati).
- La peggiore notizia: non esiste una ricetta magica per lo sviluppo. Si puo' indirizzare verso un' economia libera ma culture e razze differenti reagiscono in modo differente. Il contatto ravvicinato con chi è vicino alla "frontiera tecnologica" serve molto, il che fa capire l'utilità dell'immigrazione.
- Una buona notizia: in molti escono dalla povertà.
- La migliore notizia: i tenori di vita convergono e raggiungere standard ottimi costa sempre meno.
continua
La cultura dell'onore
L'onore è la qualità con cui si costruisce e si diffonde la fiducia.
Lo si puo' fare in due modi:
Lo si puo' fare in due modi:
- Acquisendo onore rispettando i patti sottoscritti;
- Ripristinando il proprio onore punendo chi ha tradito i patti sottoscritti con noi.
In una società dove abbondano le persone onorevoli i patti stipulati sono affidabili e noi sappiamo bene che la società prospera sul contratto.
Da quando esiste un'autorità centrale - stato - dedita a queste funzioni l'onore è andato in pensione, oggi è visto con sospetto ma dobbiamo molto a questa qualità.
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