... c' è un momento in cui il corpo si raccoglie nel respiro... e il pensiero si sospende ed esita...
... poi esplode la tentacolare stronzata... riempie l' aria per atterrare nel canonico silenzio ostile di cui non si avvede...
mercoledì 13 maggio 2009
martedì 12 maggio 2009
AKO
D' istinto, associare gli austriaci ai keynesiani desta una certa sorpresa. In effetti uno dei più appassionanti conflitti accademici del secolo scorso vedeva Cambridge (feudo keynesiano) opporsi con foga proprio alla scuola austrica (allora Hayek era alla LSE).
Affidandomi a lontane reminiscenze scolastiche immagino ora di avere tre amici: K(eynesiano), A(ustriaco) e O(rtodosso). Ciascuna coppia avrebbe dei buoni motivi per far fuori il terzo, almeno finchè discutono di ciclo economico.
K/A: entrambi indeboliscono il ruolo delle aspettative attribuendo agli operatori economici degli errori sistematici di valutazione: "K" vede una rigidità dei prezzi nominali, in particolare dei salari (illusione monetaria). "A" vede l' imprenditore toppare i suoi investimenti in certe condizioni (malinvestment).
K/O: entrambi vedono la moneta come neutrale sul lungo periodo.
O/A: entrambi vedono come distorcente un' allocazione di risorse a cura dei burocrati anzichè affidata alle forze di mercato.
Io sinceramente penso che la coppia più salda sia la terza. Lo penso perchè so quanto A stimi le facoltà speculative dell' imprenditore (ho letto Kirtzner). Puo' davvero pensare che che una figura tanto lungimirante cada sistematicamente nello stesso errore? E' pur vero che un "corpo estraneo" al mercato (Banca centrale) dà una bottarella ad una variabile mandandola forse fuori asse. Ma ogni giorno eventi esogeni perturbano il normale funzionamento del mercato senza che gli imprenditori perdano la trebisonda.
P.S. un solo chiarimento: A crede nell' esistenza di "trappole della liquidità"? Il capitoletto sull' efficacia delle politiche monetarie mi ha lasciato qualche dubbio. Sì, lo so, per A una politica monetaria espansiva distorce l' apparato produttivo. Mi chiedo però quali siano per lui gli effetti occupazionali nel caso in cui si sia in recessione. Mi preoccupa un mondo (modello) dove le "aspettative" siano così trascurate. In un mondo senza "aspettative" non ci sarebbero neanche aspettative inflazionistiche e quindi la possibilità di "tassi negativi" d' interesse. Senza tassi negativi la possibilità di trappole diventa plausibile. Sì perchè, se A crede nelle "trappole" penso proprio che il divorzio con O sia inevitabile.
Sai, mi era venuta in mente la "trappola". In termini di politiche per tamponare la crisi è una questione dirimente tra K e O. E le "politiche" sono tutto una volta che hai praticamente rinunciato ad identificare le cause.
Mi chiedevo come si ponesse "A" sul punto.
Con un Krugman che sbraita: "la trappola esiste ed è reale", un Mankiw che sorteggia i numeri di serie delle banconote da invalidare alla riscerca di interessi negativi e un Sumner che tassa le riserve (i soldi si tengono lì più che "in tasca"), mi piaceva capire la posizione degli austriaci al di là dei cattivi investimenti che un simile stimolo sollecita.
Mi sembra di aver capito che un meccanismo di "trappola" potrebbe esistere, anche se non afferro del tutto la dinamica "austriaca".
Certo, se un business che prima non era conveniente lo diventa ora grazie ad un ribasso del tasso, probabilmente nella filiera di quel settore aumenterà la domanda e il costo del "trattore", ovvero dei fattori produttivi, aumenterà.
Ma perchè dovrebbe aumentare al punto da neutralizzare lo stimolo visto che, come precisavo, il caso considerato è quello di un sistema economico in recessione che presenta risorse inutilizzate?
Se il sistema fosse in equilibrio e marciasse a pieno regime, "O" sarebbe il primo a sconsigliare politiche monetarie espansive. In questo senso possiamo parlare di trappola solo quando l' economia è a terra e non riesce a risollevarsi.
Personalmente, quando penso alla "trappola" penso ad operatori in preda al panico e all' incertezza che non spendono anche se li multi per il loro immobilismo. Chissà se "multandoli" un po' di più si scongelano. Se sì, "K" è fritto. Ma "A"? A prima vista non mi sembra che lui abbia bisogno di sostenere l' esistenza di "trappole" per giungere alle sue conclusioni. A lui basta postulare la presenza di imprenditori scombussolati dalla banca centrale.
Affidandomi a lontane reminiscenze scolastiche immagino ora di avere tre amici: K(eynesiano), A(ustriaco) e O(rtodosso). Ciascuna coppia avrebbe dei buoni motivi per far fuori il terzo, almeno finchè discutono di ciclo economico.
K/A: entrambi indeboliscono il ruolo delle aspettative attribuendo agli operatori economici degli errori sistematici di valutazione: "K" vede una rigidità dei prezzi nominali, in particolare dei salari (illusione monetaria). "A" vede l' imprenditore toppare i suoi investimenti in certe condizioni (malinvestment).
K/O: entrambi vedono la moneta come neutrale sul lungo periodo.
O/A: entrambi vedono come distorcente un' allocazione di risorse a cura dei burocrati anzichè affidata alle forze di mercato.
Io sinceramente penso che la coppia più salda sia la terza. Lo penso perchè so quanto A stimi le facoltà speculative dell' imprenditore (ho letto Kirtzner). Puo' davvero pensare che che una figura tanto lungimirante cada sistematicamente nello stesso errore? E' pur vero che un "corpo estraneo" al mercato (Banca centrale) dà una bottarella ad una variabile mandandola forse fuori asse. Ma ogni giorno eventi esogeni perturbano il normale funzionamento del mercato senza che gli imprenditori perdano la trebisonda.
P.S. un solo chiarimento: A crede nell' esistenza di "trappole della liquidità"? Il capitoletto sull' efficacia delle politiche monetarie mi ha lasciato qualche dubbio. Sì, lo so, per A una politica monetaria espansiva distorce l' apparato produttivo. Mi chiedo però quali siano per lui gli effetti occupazionali nel caso in cui si sia in recessione. Mi preoccupa un mondo (modello) dove le "aspettative" siano così trascurate. In un mondo senza "aspettative" non ci sarebbero neanche aspettative inflazionistiche e quindi la possibilità di "tassi negativi" d' interesse. Senza tassi negativi la possibilità di trappole diventa plausibile. Sì perchè, se A crede nelle "trappole" penso proprio che il divorzio con O sia inevitabile.
Sai, mi era venuta in mente la "trappola". In termini di politiche per tamponare la crisi è una questione dirimente tra K e O. E le "politiche" sono tutto una volta che hai praticamente rinunciato ad identificare le cause.
Mi chiedevo come si ponesse "A" sul punto.
Con un Krugman che sbraita: "la trappola esiste ed è reale", un Mankiw che sorteggia i numeri di serie delle banconote da invalidare alla riscerca di interessi negativi e un Sumner che tassa le riserve (i soldi si tengono lì più che "in tasca"), mi piaceva capire la posizione degli austriaci al di là dei cattivi investimenti che un simile stimolo sollecita.
Mi sembra di aver capito che un meccanismo di "trappola" potrebbe esistere, anche se non afferro del tutto la dinamica "austriaca".
Certo, se un business che prima non era conveniente lo diventa ora grazie ad un ribasso del tasso, probabilmente nella filiera di quel settore aumenterà la domanda e il costo del "trattore", ovvero dei fattori produttivi, aumenterà.
Ma perchè dovrebbe aumentare al punto da neutralizzare lo stimolo visto che, come precisavo, il caso considerato è quello di un sistema economico in recessione che presenta risorse inutilizzate?
Se il sistema fosse in equilibrio e marciasse a pieno regime, "O" sarebbe il primo a sconsigliare politiche monetarie espansive. In questo senso possiamo parlare di trappola solo quando l' economia è a terra e non riesce a risollevarsi.
Personalmente, quando penso alla "trappola" penso ad operatori in preda al panico e all' incertezza che non spendono anche se li multi per il loro immobilismo. Chissà se "multandoli" un po' di più si scongelano. Se sì, "K" è fritto. Ma "A"? A prima vista non mi sembra che lui abbia bisogno di sostenere l' esistenza di "trappole" per giungere alle sue conclusioni. A lui basta postulare la presenza di imprenditori scombussolati dalla banca centrale.
lunedì 11 maggio 2009
Ogni materasso ha il suo pisello
Impegno civico, sensibilità sociale, attenzione per l' altro, implementazione del capitale sociale, cura dei doveri civici e amore per la democrazia e per le forme in cui si esprime... scommetto che molti di questi valori vi saranno cari.
Ma come fare a coltivarli?
Semplice, basta combattere la società multietnica.
L' articolo è interessante, spiega tra l' altro cosa succede quando l' intellettuale impegnato fa scoperte eticamente scomode. Argomento affrontato anche qui parlando di "tortura".
Ma come fare a coltivarli?
Semplice, basta combattere la società multietnica.
L' articolo è interessante, spiega tra l' altro cosa succede quando l' intellettuale impegnato fa scoperte eticamente scomode. Argomento affrontato anche qui parlando di "tortura".
Compagnie per il buon sonno
Prima dell' ultima curva del giorno, fammi radunare le parole con cui dormire... mi bastano un paio di labbra per spingere questi piccoli mattoni nella bianca calce della pagina...
venerdì 8 maggio 2009
Trappole
Una buona definizione della trappola liquida:
"If the Fed increases the monetary base, it has no effect, because it just substitutes one zero-interest asset for another."
"Zero-interest", è vero.
Per la ricerca di un interesse negativo non restano che aspettative inflazionistiche o penalizzazione delle riserve. Poi ci sono anche le banconote a scadenza.
"If the Fed increases the monetary base, it has no effect, because it just substitutes one zero-interest asset for another."
"Zero-interest", è vero.
Per la ricerca di un interesse negativo non restano che aspettative inflazionistiche o penalizzazione delle riserve. Poi ci sono anche le banconote a scadenza.
giovedì 7 maggio 2009
Panico e solo panico, altro che sub-prime
L' unica credibile causa della crisi finanziaria per Scott Sumner:
In contrast, I believe that the depression was caused by events that took place in September and October, when the markets actually crashed. Which depression? All of them—1929, 1937, 2008, etc. And as far as I know I am the only economist who believes that all of these depressions were caused by events that occurred in those two fateful months... have strongly argued that only the first, very mild part of the crisis was attributable to the sub-prime fiasco.
A seguire un fulmine su chi professoreggia contro l' efficienza dei mercati finanziari:
"... At some point the economist will make an assertion that seems to me to be in conflict with the EMH. And after that point I have trouble taking anything they say seriously. I keep thinking “If you’re so smart . . . . The Fed set interest rates too low... Regulators let banks make excessively risky loans (or if you’re a right winger–encouraged them to make risky loans.)... Americans didn’t save enough...Why couldn’t anyone using your model have gotten rich? ..."
In contrast, I believe that the depression was caused by events that took place in September and October, when the markets actually crashed. Which depression? All of them—1929, 1937, 2008, etc. And as far as I know I am the only economist who believes that all of these depressions were caused by events that occurred in those two fateful months... have strongly argued that only the first, very mild part of the crisis was attributable to the sub-prime fiasco.
A seguire un fulmine su chi professoreggia contro l' efficienza dei mercati finanziari:
"... At some point the economist will make an assertion that seems to me to be in conflict with the EMH. And after that point I have trouble taking anything they say seriously. I keep thinking “If you’re so smart . . . . The Fed set interest rates too low... Regulators let banks make excessively risky loans (or if you’re a right winger–encouraged them to make risky loans.)... Americans didn’t save enough...Why couldn’t anyone using your model have gotten rich? ..."
martedì 5 maggio 2009
Perorazione del Paradiso
La lotta contro i paradisi fiscali si fa sempre più dura e molte storiche enclave dal fisco più umano stanno per cedere.
Lo confesso, ho sempre simpatizzato per i paradisi fiscali, forse per l' insofferenza istintiva che si prova di fronte agli altisonanti toni moralistici con cui viene condotta la crociata.
Ma poi c' è anche un motivo più semplice: essendo un cliente dei vari "stati", auspico che tra loro si instauri una crescente concorrenza fiscale. E' lo stesso ragionamento che riservo ai negozi di dischi, anche lì spendo molto e vorrei spendere sempre meno.
Sento già alzarsi le prime veementi obiezioni. Mi sia concesso di prevenirle: è perfettamente vero, ciascuno capisce quanto sia odiosa l' opera di ripulitura dei capitali sporchi accumulati dalla criminalità organizzata, ma lasciatemi dire una cosa, la segretezza non è affatto il portato di un fisco leggero. Le due cose non devono andare per forza di pari passo. L' origine della segretezza sta altrove, facciamo dunque un po' d' ordine.
Chiediamoci perchè i "paradisi" coniugano la bassa fiscalità con la segretezza. La risposta è semplice, in genere perchè i redditi tratti in salvo nel paradiso fiscale, una volta rivelati, subirebbero la falcidia del paese d' origine del titolare.
Piccolo inciso. Poniamo adesso che esistano due imposte, una sul consumo e una sul reddito. La prima è pagata dove si abita, la seconda dove si produce il reddito. Si suppone infatti che lo stato contribuisca a creare un ambiente più adeguato sia per il consumatore che per il produttore. Entrambi pagano un prezzo per questo servizio: l' imposta sul consumo e l' imposta sul reddito.
Se abito in Italia, è giusto che paghi le imposte sul consumo in Italia, è lì che vivo e che mi godo la vita, ovvero, è lì che "consumo". Che pretese potrebbe accampare la Svizzera? E fin qui tutto bene, non si possono certo eludere le imposte sul consumo (accise, iva...) avvalendosi di quel paradiso fiscale che è la Svizzera.
Ma se io, italiano, produco i miei redditi in Svizzera cio' significa che lì e solo lì mi si offre un sicuro ambiente giuridico-ecc. dove far fruttare al meglio i miei sforzi; che pretese potrebbe accampare l' Italia in materia di imposte sul reddito?
Eppure le "accampa", caspita se le accampa. Sì perchè, quando parliamo di Paradisi fiscali non dobbiamo dimenticarci che parliamo di imposte sui redditi. E qui la pretesa degli inferni fiscali è molto semplice quanto barbara: qualora l' aliquota svizzera fosse troppo bassa (ovvero più bassa della loro... come se in paradiso potesse far più caldo che all' inferno), il Bel Paese s' incarica di riscuotere e trattenere la "giusta" differenza per sè. E, ricordiamolo sempre, parliamo di un reddito che non ha contribuito a formare.
Le cose poi si complicano perchè nella società contemporanea gran parte dei redditi sono di natura finanziaria, ovvero sono redditi che per essere prodotti abbisognano di adeguato ambiente giuridico ma non certo di un cospicuo capitale fisico, a volte basta un server con le giuste connessioni sull' isoletta. Nè tantomeno abbisognano di beni pubblici.
Questo frutto della modernità, diciamolo, è una grande rottura di coglioni per l' Inferno fiscale, il quale non manca appena puo' di diffondere tra il pubblico una diffidenza istintiva, oltre che per i paradisi, anche per i redditi finanziari. Roba infatti che non ha molto bisogno della sua esistenza.
Ma tutto cio' non muta in nulla la logica che prima esponevamo: lo Stato, se lo ha, ha un dirito naturale solo alla fetta di reddito che contribuisce a produrre.
E adesso la domanda cruciale: ma se l' Italia rinunciasse alla livella che grava sui redditi prodotti all' estero, siamo sicuri che i paradisi fiscali avrebbero ancora convenienza a mantenere i loro segreti? Con la garanzia appenna menzionata, le pressioni che già sentono farebbero invertire loro la rotta aprendo le porte alla soluzione più naturale per il riciclagio e l' evasione. Sono convinto infatti che in assenza di questa tosatura ingiustificata le tanto vituperate opacità dei paradisi verrebbero meno.
Spero adesso si sia capita l' irritazione che mi procura il tono moraleggiante delle crociate "anti-paradiso", per me è come sentir parlare di stuzzicadenti un ciclope con l' occhio otturato da una trave.
P.S. nel post ho parlato d' Italia. Ma non commiseriamoci troppo, le pratiche a cui accenno sono comuni a tutti i paesi. E un vampiresco Obama assetato di quattrini minaccia la lodevole eccezione degli USA. Ho parlato di moralizzatori da moraleggiare e di "vampiresco" Obama. Altri, qui però non parliamo più di redditi finanziari, nella tassazione dei redditi prodotti all' estero vedono solo stupidità e miopia.
Lo confesso, ho sempre simpatizzato per i paradisi fiscali, forse per l' insofferenza istintiva che si prova di fronte agli altisonanti toni moralistici con cui viene condotta la crociata.
Ma poi c' è anche un motivo più semplice: essendo un cliente dei vari "stati", auspico che tra loro si instauri una crescente concorrenza fiscale. E' lo stesso ragionamento che riservo ai negozi di dischi, anche lì spendo molto e vorrei spendere sempre meno.
Sento già alzarsi le prime veementi obiezioni. Mi sia concesso di prevenirle: è perfettamente vero, ciascuno capisce quanto sia odiosa l' opera di ripulitura dei capitali sporchi accumulati dalla criminalità organizzata, ma lasciatemi dire una cosa, la segretezza non è affatto il portato di un fisco leggero. Le due cose non devono andare per forza di pari passo. L' origine della segretezza sta altrove, facciamo dunque un po' d' ordine.
Chiediamoci perchè i "paradisi" coniugano la bassa fiscalità con la segretezza. La risposta è semplice, in genere perchè i redditi tratti in salvo nel paradiso fiscale, una volta rivelati, subirebbero la falcidia del paese d' origine del titolare.
Piccolo inciso. Poniamo adesso che esistano due imposte, una sul consumo e una sul reddito. La prima è pagata dove si abita, la seconda dove si produce il reddito. Si suppone infatti che lo stato contribuisca a creare un ambiente più adeguato sia per il consumatore che per il produttore. Entrambi pagano un prezzo per questo servizio: l' imposta sul consumo e l' imposta sul reddito.
Se abito in Italia, è giusto che paghi le imposte sul consumo in Italia, è lì che vivo e che mi godo la vita, ovvero, è lì che "consumo". Che pretese potrebbe accampare la Svizzera? E fin qui tutto bene, non si possono certo eludere le imposte sul consumo (accise, iva...) avvalendosi di quel paradiso fiscale che è la Svizzera.
Ma se io, italiano, produco i miei redditi in Svizzera cio' significa che lì e solo lì mi si offre un sicuro ambiente giuridico-ecc. dove far fruttare al meglio i miei sforzi; che pretese potrebbe accampare l' Italia in materia di imposte sul reddito?
Eppure le "accampa", caspita se le accampa. Sì perchè, quando parliamo di Paradisi fiscali non dobbiamo dimenticarci che parliamo di imposte sui redditi. E qui la pretesa degli inferni fiscali è molto semplice quanto barbara: qualora l' aliquota svizzera fosse troppo bassa (ovvero più bassa della loro... come se in paradiso potesse far più caldo che all' inferno), il Bel Paese s' incarica di riscuotere e trattenere la "giusta" differenza per sè. E, ricordiamolo sempre, parliamo di un reddito che non ha contribuito a formare.
Le cose poi si complicano perchè nella società contemporanea gran parte dei redditi sono di natura finanziaria, ovvero sono redditi che per essere prodotti abbisognano di adeguato ambiente giuridico ma non certo di un cospicuo capitale fisico, a volte basta un server con le giuste connessioni sull' isoletta. Nè tantomeno abbisognano di beni pubblici.
Questo frutto della modernità, diciamolo, è una grande rottura di coglioni per l' Inferno fiscale, il quale non manca appena puo' di diffondere tra il pubblico una diffidenza istintiva, oltre che per i paradisi, anche per i redditi finanziari. Roba infatti che non ha molto bisogno della sua esistenza.
Ma tutto cio' non muta in nulla la logica che prima esponevamo: lo Stato, se lo ha, ha un dirito naturale solo alla fetta di reddito che contribuisce a produrre.
E adesso la domanda cruciale: ma se l' Italia rinunciasse alla livella che grava sui redditi prodotti all' estero, siamo sicuri che i paradisi fiscali avrebbero ancora convenienza a mantenere i loro segreti? Con la garanzia appenna menzionata, le pressioni che già sentono farebbero invertire loro la rotta aprendo le porte alla soluzione più naturale per il riciclagio e l' evasione. Sono convinto infatti che in assenza di questa tosatura ingiustificata le tanto vituperate opacità dei paradisi verrebbero meno.
Spero adesso si sia capita l' irritazione che mi procura il tono moraleggiante delle crociate "anti-paradiso", per me è come sentir parlare di stuzzicadenti un ciclope con l' occhio otturato da una trave.
P.S. nel post ho parlato d' Italia. Ma non commiseriamoci troppo, le pratiche a cui accenno sono comuni a tutti i paesi. E un vampiresco Obama assetato di quattrini minaccia la lodevole eccezione degli USA. Ho parlato di moralizzatori da moraleggiare e di "vampiresco" Obama. Altri, qui però non parliamo più di redditi finanziari, nella tassazione dei redditi prodotti all' estero vedono solo stupidità e miopia.
lunedì 4 maggio 2009
Israel economista
Andrea Cortis ha detto...
... agite come macchine razionali e l’economia funzionerà come un sistema equilibrato e perfettamente prevedibile. Ed in effetti e' questo e' il comportamento razionale che ci si sente ripetere qui negli USA da quando e' iniziata questa crisi ... comprate gente, spendete e spandete o voi che potete, ...
Neanche a dirlo la gente continua indefessa a comportarsi in modo "irrazionale", e comincia finalmente ad utilizzare l'irrazionalissimo porcellino!
4/15/2009 01:58:00 AM
Gianfranco Massi ha detto...
Dal 1945 siamo entrati nell' era atomica. La scienza ha fatto ulteriori progressi in ogni campo.
Eppure nessuno sa che cosa sta succedendo, ora, sopra e sotto di noi. Ancor meno in campo economico. Lo dimostrano i maremoti e i terremoti che restano imprevedibili,( anche se potremmo ridurne gli effetti). Lo dimostra questa crisi economica.
Per non parlare dei conflitti tra popoli che rendono sempre più precaria la pace.
A noi "olivastri", - come ci chiama l' apostolo Paolo [Rom 11] - innestati nell' "olivo buono", non resta che attendere "i tempi escatologici".
L' escatologia, come la vulcanologia, non sa prevedere dove e quando accadrà, ma di sicuro il Terremoto accadrà.
4/15/2009 05:24:00 PM
Luigi Sammartino ha detto...
Paul Volcker, ex governatore della Fed, ha dichiarato che le teorie economiche prevalenti, fondate sul principio di razionalità dei mercati, hanno fallito la prova del mercato reale.
Queste teorie economiche sono state applicate dal MIT, dalla Business School dell'università di Harward a dall'Università di Chicago alla gestione dello stesso loro patrimonio, e le perdite sono state enormi.
Eppure un forte scetticismo nei confronti dell'Economia Matematica era già stato espresso da Ludwig von Bertalanffy, uno dei padri fondatori della moderna teoria dei sistemi.
4/16/2009 12:34:00 PM
broncobilly ha detto...
"...un conto è dire che... da quando esiste il sistema capitalistico, nessuno è stato capace di proporre un sistema migliore. Ben altro discorso è scendere sul terreno della teoria economica e asserire l’intrinseca perfezione del sistema capitalistico..."
Le critiche mi sembrano un po' severe, anche perchè non penso che qualcuno pronunci mai l' ultima asserzione.
Detto questo le convenzioni di "razionalità" ed "efficienza" me li terrei ancora stretti. La loro semplicità ripaga con gli interessi i mille fallimenti e le molte cofutazioni a cui vengono quotidianamente sottoposti. Una teoria non persuade solo per il fatto di essere vera.
Mi chiedo piuttosto come mai chi appronta i rimedi alla crisi lo fa volente o nolente ancora sulla base di quelle teorie.
E mi chiedo anche perchè nelle Università questi concetti non cedono spazio. E' forse al lavoro una lobby accademica? Non penso proprio, la cosa dura da troppo tempo.
Il fatto è un altro: è da ingenui aspettarsi che basti confutare un' ipotesi per spazzarla via. Un pragmatista direbbe che una critica senza conseguenze pratiche non ha nemmeno conseguenze teoriche. Molte critiche che si sentono sono proprio di questo tipo.
Forse una buona teoria non la si giudica solo in base alle confutazioni che riceve ma piuttosto in base al costo indotto dalla sua approssimazione e in relazione alle alternative disponibili.
4/18/2009 09:56:00 AM
Luigi Sammartino ha detto...
C'è un punto nell'argomentazione di broncobilly che trovo molto interessante. Mi riferisco al passaggio finale del post che lui ha allegato assieme al suo commento.
My methodological pluralism does have one limit, however, any argument should be honest. Unfortunately the ethics of my profession are shameful—many economists keep searching for more “predictive power,” defined in terms of misleading indicators such as t-statistics, with little regard for whether the results actually mean anything. For too many economists, getting published is the only thing that matters.
In effetti, siamo proprio sicuri che qui si tratti soltanto di una questione epistemologica?
Mi spiego meglio: in che modo una teoria economica si dimostra migliore di un'altra? Sulla base di una valutazione di tipo empirico, o forse c'è di mezzo anche molta disonestà intellettuale?
4/18/2009 02:53:00 PM
Caroli ha detto...
Richiamo il fatto che l'argomento del post è la scienza, non le penose arrampicate sugli specchi per tentare di attribuire dignità scientifica alle teorie economiche, o, peggio, al comportamento umano.
4/19/2009 05:24:00 PM
broncobilly ha detto...
Mi siano consentite ancora due considerazioni a difesa dell' ortodossia neoclassica.
Il modello neoclassico puo' essere visto come la rappresentazione di un mondo ideale: una lista di condizioni necessarie per avere certi effetti auspicabili. Spesso la sua utilità consiste nel verificare quali lacune si siano prodotte nel caso concreto.
Esempio, se davvero la descrizione delle "aspettative razionali" si esaurisse in quanto detto, molto semplicemente i "cicli economici" non esisterebbero. Ma come è possibile tutto cio' visto che Lucas le introdice proprio per spiegare i cicli economici?
Il fatto è che Lucas le introduce anche e soprattutto per dirci dove esse hanno fallito nella storia (lui individua un' incapacità degli imprenditori nel discriminare tra l' oscillazione dei prezzi nell' industria e la variazione nel livello generale dei prezzi). C' è una regolarità anche negli "errori" e per descriverla occorre un puno di riferimento. Persino tutte le teorie Keynesiane possono essere ridotte ad un "errore" cognitivo ben specifico rispetto all' ortodossia neoclassica: la cosiddetta "illusione monetaria".
Oggi si agisce nella stessa maniera per tamponare la crisi: si guarda il modello, si rivelano le condizioni mancanti e si operano le compensazioni.
Non mi sembra poi che la filosofia del Long Term Capital Management sia riconducibile all' ortodossia neo-classica dei mercati finanziari visto che quest' ultima afferma chiaramente l' inesistenza di strategie razionali per "battere il mercato", ovvero riportare risultati sopra la media. Al limite la teoria ortodossa sconsglia il salvataggio a cura della politica.
. Cosa puntualmente fatta e che mina la validità della teoria stessa per il futuro.
4/27/2009 07:06:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Mi sia consentito di dissentire da ogni parola ma anche di non rispondere perché preferisco discutere con libri e articoli specializzati anziché con Wikipedia.
4/27/2009 09:34:00 PM
broncobilly ha detto...
Ecco un buon libro di riferimento che riassume la visione standard dei mercati finanziari (... asset prices typically exhibit signs of random walk and... one can not consistently outperform market averages...) con relativa bibliografia specialistica. Ne approfitto per indicare il link più corretto in merito.
Sul corretto ruolo che hanno le aspettative nell' impianto del Nobel Lucas ho attinto da un suo feroce critico, il Nobel Herbert Simon: Scienza economica e comportamento umano. Edizioni Comunità p.30.
4/28/2009 04:52:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Il link "più corretto" è sempre Wikipedia... La sua idea di cosa sia il modello neoclassico è ingenua e quindi, mi scuserà, ma non trovo materia di discussione.
4/28/2009 05:11:00 PM
Broncobilly
asciamo cadere i giudizi tagliati con l' accetta, solo una precisazione.
Nessuno nega che nel modello neoclassico siano sempre all' opera forze riequilibranti.
Si nega che il modello sia da buttare qualora l' equilibrio non si realizzi. Resta comunque lo strumento di cura migliore CHE ABBIAMO per decidere che fare.
Guardiamo solo alla crisi di oggi. Come si studiano le contromisure?
C' è chi si affida alle cosiddette politiche keynesiane. Ma il "modello keynesiano" corrisponde esattamente al modello neo-classico a cui è stato semplicemente aggiunto il bias SPECIFICO dell' illusione monetaria (Herbert Simon). Non è certo un cambio di paradigma scientifico!
C' è chi invece punta sui tassi negativi, ma cio' è concepito stando saldamente all' interno del modello neoclassico e le politiche monetariste.
La disciplina economica inoltre non è poi così monolitica, paradigmi alternativi esistono eccome. Faccio un paio di casi.
L' economia austriaca presenta un' alternativa soggettivista alla razionalità. La loro soluzione? Lasciar "lavorare" fallimenti e deflazione. Mi sembra decisdamente impraticabile, almeno in democrazia.
C' è poi l' economia comportamentista che combatte proprio il cosiddetto homo rationalis (le vie alternative sono state battute eccome). Per quanto, a posteriori, siano maestri nello spiegare dove sono stati gli "errori", soluzioni da proporre? Zero, un modello generale non si è mai riusciti a formularlo.
P.S. Ironia della sorte, proprio quelle teorie comportamentistiche che si allontanano daI postulati della razionalità umana, sono state, loro sì, le più prolifiche nello sfornare programmini per arricchirsi in borsa sfruttando gli errori cognitivi altrui!
Giorgio Israel ha detto...
Memento: questa è la season 2. Cfr. post del 22 gennaio al punto 2.
4/29/2009 12:26:00 PM
Ottimo il messaggio del 22.1. Il punto 2 poi è il mio preferito, contiene molte verità e lo sottoscrivo, specie questa: certo che in rete viene spontaneo di fare quello che si vergognerebbero come ladri di fare altrove: sparare sentenze apodittiche.
Facciamo un esempio per non rimanere sul vago.
"... esistono atti di fede come la cieca credenza secondo cui il mercato possiede la virtù salvifica di autoregolarsi, da cui la prescrizione assoluta di liberarlo da ogni intralcio e intervento esterno. È un’antica convinzione che risale almeno alla celebre metafora della “mano invisibile” di Adam Smith e che, da Walras e Pareto alla scuola dei Chicago boys di Milton Friedman..."
Quindi Milton Friedman e i Chicago boys chederebbero che il mercato "venisse lasciato libero da ogni intralcio in modo di autoregolarsi"!?
Ma se i suddetti "richiedono" addiritura che la nel mercato della moneta venga istituito un MONOPOLIO di legge con la creazione di una banca centrale proprio perchè ritenevano che il mercato non fosse in grado di autoregolarsi!!! MONOPOLIO COERCITIVO, altro che "lasciato libero di autoregolarsi".
Il conflitto che ha ingaggiato Friedman con il free-banking ispiratosi all' Hayek di 'Denationalisation of Money' dov' è finito?
E il bello è che la perla di cui sopra è stata probabilmente confezionata da chi aveva in mente proprioi mercati finanziari, visto che prendeva spunto dalla crisi finanziaria in atto per svolgere alcune considerazioni. Come capita spesso con i suoi critici, Friedman non è stato nè letto, nè sfogliato.
D' altronde saltabeccare con troppa disinvoltura tra fisica, economia, pedagogia e politica estera riserva anche di questi inciampi.
Mi scusi per questa focaccia, ma non avevo gradito molto il suo pane.
Giorgio Israel ha detto...
Aggiungo un piccolo compendio elementare ma corretto di nozioni di base:
«Nella teoria microeconomica la crisi degli anni settanta è drammatica: nel 1974 è dimostrato che non esiste una base scientifica per ritenere che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente. Ciò avrebbe dovuto essere sufficiente per dichiarare chiuso il programma di investigazione teorica basato sulla fede nella bontà del libero mercato. Ma nel mondo accademico gli economisti preferirono ignorare i problemi. Da allora, vediamo uscire dalle università legioni di economisti che credono (senza fondamento) che da qualche parte esiste una teoria rigorosa che dimostra che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente.
Milton Friedman, l'esponente più rappresentativo della cosiddetta corrente monetarista, riabilita alcuni principi della tradizione classica e individua come causa prevalente dell'inflazione la pretesa dello Stato di forzare i meccanismi del mercato. Friedman ha approfondito il ruolo svolto dalla moneta nei processi economici rimettendo in discussione l'interpretazione keynesiana del comportamento monetario degli individui, così come le loro scelte di consumo e risparmio. Sotto la sua guida sorse una visione dell'economia secondo la quale "l'inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario". In base a questo principio, la variabile chiave per stabilizzare i prezzi sarebbe l'offerta monetaria. La base di tutto questo ragionamento è la fede assoluta nella stabilità dei mercati in un'economia capitalista (esattamente il contrario di ciò che la teoria microeconomica aveva scoperto, e nascosto, nel 1974). Quindi, la "ricetta" di Friedman per controllare l'inflazione consiste in primo luogo nell'adottare misure dirette a frenare il credito e la creazione di moneta. Queste misure sono dirette a mantenere un ritmo uguale dell'aumento di massa monetaria (e della domanda che ne deriva) e l'aumento dell'offerta di beni e servizi. Friedman sostiene che questo equilibrio tra domanda e offerta non può avvenire se non attorno a un tasso naturale di disoccupazione, che deve essere accettato in quanto fenomeno strutturale del processo economico. Altri autori della corrente monetarista, più radicali di Friedman, sostengono il principio delle aspettative razionali nel cui ambito gli operatori economici sono dotati di un grado di informazione non inferiore a quello dello Stato (cfr. R. Lucas, T. Sargent, R. Hall, R. Dornbhsch). Ne segue che se tutti hanno le stesse informazioni, si crea una situazione nella quale nessuno possiede le informazioni in grado di influenzare i comportamenti altrui. Questa situazione riporterebbe in auge lo schema della concorrenza perfetta e toglierebbe allo Stato ogni diritto di intervenire nel settore dell'economia, in quanto potenzialmente perturbatore di un sistema di per sé autoregolato».
4/29/2009 05:00:00 PM
Sembra quasi di leggere la ricostruzione di un qualche economista sudamericano no global con frustrazioni accademiche pronto per fare il ghost writer di Chavez. Magari il Nadal qui tradotto.
Delle critiche serie si possono anche fare , e guardacaso restiamo all' interno del cosiddetto mainstream.
Ma per favore, non facciamo impennare le quotazioni di wikipedia.
Caroli ha detto...
E allora, come spiega, il ragionamento di Friedman, il riferirsi ad un "rischio deflattivo" a cui si è fatta menzione nel tentare una risposta coerente alla corrente crisi economica? C'è qualcosa che non mi torna. Il "sistema autoregolato" a me pare una chimera. Sbaglio? Grazie.
5/02/2009 08:54:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Che il sistema autoregolato sia una chimera non c'entra niente col fatto che il paradigma centrale dell'economia neoclassica in tutte le sue versioni è l'idea di rimuovere qualsiasi intralcio che impedisca al mercato di mettere in opera la sua capacità omeostatica di raggiungere l'equilibrio. Che questo implichi degli interventi è ovvio. Perciò chi vede nel fatto che si predichi la necessità di un qualche intervento una contraddizione con la credenza in quella capacità (lasciar libera la mano invisibile di operare) non ha compreso l'essenza della questione. Walras era socialista e credeva nella necessità di operare interventi al fine di realizzare le condizioni di comportamento razionale (illimitata preveggenza e illimitato egoismo) capaci di liberare questa capacità del mercato di autoregolarsi. La ricetta di Friedman mira a creare le condizioni per realizzare l'equilibrio tra domanda e offerta e implica ovviamente la necessità di interventi. Non viviamo in un mondo ideale, lo stato esiste, le regole esistono, e chi crede in quella capacità del mercato cerca le soluzioni affinché essa si sviluppi pienamente, liberandolo dai vincoli.
Comunque, ripeto, tutta la storia del paradigma neoclassico ruota attorno all'idea della virtù autoregolatrice del mercato, purché libero di muoversi secondo condizioni di perfetta "razionalità"; ovviamente variamente declinata nelle diverse interpretazioni. Perciò, insisto, credere che esista una contraddizione tra la proposizione di misure e interventi e il nutrire quella credenza, è una pura e semplice cantonata.
Francamente non volevo più intervenire su questa faccenda, perché non mi pare opportuno copiare sul blog un libro intero scritto sul tema per i principi adottati da gennaio. Lo faccio per una volta e qui chiudo.
Dunque, secondo la teoria neo-classica il mercato si autoregola ma ha bisogno di un continuo intervento esterno (mano visibile) affinchè si autoregoli.
Mi sembra un passo avanti rispetto alla "... prescrizione assoluta di liberarlo [il mercato] da ogni intralcio e intervento esterno...". Una formula che non lascia certo presagire sbocchi socialisteggianti.
La precisazione inoltre fa capire un po' meglio la funzione che di fatto svolgono oggi i modelli neoclassici: indicano dove intervenire.
Anche perchè concetti come "bene pubblico", "dilemma del prigioniero", "asimmetria informativa", "esternalità negativa" (concetti in nome dei quali opera la mano visibile), da dove arrivano se non dal paradigma neoclassico dello studio dell' economia?
Sarebbe bene ora proseguire sciogliendo il connubio tra Homo economicus e liberismo ("... prescrizione assoluta di liberare il mercato da ogni intervento esterno...").
Tanto per (ri)fare un esempio, nel paradigma austriaco in salsa hayekiana (concorrente di quello neoclassico), l' operatore economico non è certo un Homo economicus, eppure si critica proprio quella robusta mano visibile che la teoria neoclassica tende invece a giustificare (il monopolio statale sulla moneta è un caso lampante).
... agite come macchine razionali e l’economia funzionerà come un sistema equilibrato e perfettamente prevedibile. Ed in effetti e' questo e' il comportamento razionale che ci si sente ripetere qui negli USA da quando e' iniziata questa crisi ... comprate gente, spendete e spandete o voi che potete, ...
Neanche a dirlo la gente continua indefessa a comportarsi in modo "irrazionale", e comincia finalmente ad utilizzare l'irrazionalissimo porcellino!
4/15/2009 01:58:00 AM
Gianfranco Massi ha detto...
Dal 1945 siamo entrati nell' era atomica. La scienza ha fatto ulteriori progressi in ogni campo.
Eppure nessuno sa che cosa sta succedendo, ora, sopra e sotto di noi. Ancor meno in campo economico. Lo dimostrano i maremoti e i terremoti che restano imprevedibili,( anche se potremmo ridurne gli effetti). Lo dimostra questa crisi economica.
Per non parlare dei conflitti tra popoli che rendono sempre più precaria la pace.
A noi "olivastri", - come ci chiama l' apostolo Paolo [Rom 11] - innestati nell' "olivo buono", non resta che attendere "i tempi escatologici".
L' escatologia, come la vulcanologia, non sa prevedere dove e quando accadrà, ma di sicuro il Terremoto accadrà.
4/15/2009 05:24:00 PM
Luigi Sammartino ha detto...
Paul Volcker, ex governatore della Fed, ha dichiarato che le teorie economiche prevalenti, fondate sul principio di razionalità dei mercati, hanno fallito la prova del mercato reale.
Queste teorie economiche sono state applicate dal MIT, dalla Business School dell'università di Harward a dall'Università di Chicago alla gestione dello stesso loro patrimonio, e le perdite sono state enormi.
Eppure un forte scetticismo nei confronti dell'Economia Matematica era già stato espresso da Ludwig von Bertalanffy, uno dei padri fondatori della moderna teoria dei sistemi.
4/16/2009 12:34:00 PM
broncobilly ha detto...
"...un conto è dire che... da quando esiste il sistema capitalistico, nessuno è stato capace di proporre un sistema migliore. Ben altro discorso è scendere sul terreno della teoria economica e asserire l’intrinseca perfezione del sistema capitalistico..."
Le critiche mi sembrano un po' severe, anche perchè non penso che qualcuno pronunci mai l' ultima asserzione.
Detto questo le convenzioni di "razionalità" ed "efficienza" me li terrei ancora stretti. La loro semplicità ripaga con gli interessi i mille fallimenti e le molte cofutazioni a cui vengono quotidianamente sottoposti. Una teoria non persuade solo per il fatto di essere vera.
Mi chiedo piuttosto come mai chi appronta i rimedi alla crisi lo fa volente o nolente ancora sulla base di quelle teorie.
E mi chiedo anche perchè nelle Università questi concetti non cedono spazio. E' forse al lavoro una lobby accademica? Non penso proprio, la cosa dura da troppo tempo.
Il fatto è un altro: è da ingenui aspettarsi che basti confutare un' ipotesi per spazzarla via. Un pragmatista direbbe che una critica senza conseguenze pratiche non ha nemmeno conseguenze teoriche. Molte critiche che si sentono sono proprio di questo tipo.
Forse una buona teoria non la si giudica solo in base alle confutazioni che riceve ma piuttosto in base al costo indotto dalla sua approssimazione e in relazione alle alternative disponibili.
4/18/2009 09:56:00 AM
Luigi Sammartino ha detto...
C'è un punto nell'argomentazione di broncobilly che trovo molto interessante. Mi riferisco al passaggio finale del post che lui ha allegato assieme al suo commento.
My methodological pluralism does have one limit, however, any argument should be honest. Unfortunately the ethics of my profession are shameful—many economists keep searching for more “predictive power,” defined in terms of misleading indicators such as t-statistics, with little regard for whether the results actually mean anything. For too many economists, getting published is the only thing that matters.
In effetti, siamo proprio sicuri che qui si tratti soltanto di una questione epistemologica?
Mi spiego meglio: in che modo una teoria economica si dimostra migliore di un'altra? Sulla base di una valutazione di tipo empirico, o forse c'è di mezzo anche molta disonestà intellettuale?
4/18/2009 02:53:00 PM
Caroli ha detto...
Richiamo il fatto che l'argomento del post è la scienza, non le penose arrampicate sugli specchi per tentare di attribuire dignità scientifica alle teorie economiche, o, peggio, al comportamento umano.
4/19/2009 05:24:00 PM
broncobilly ha detto...
Mi siano consentite ancora due considerazioni a difesa dell' ortodossia neoclassica.
Il modello neoclassico puo' essere visto come la rappresentazione di un mondo ideale: una lista di condizioni necessarie per avere certi effetti auspicabili. Spesso la sua utilità consiste nel verificare quali lacune si siano prodotte nel caso concreto.
Esempio, se davvero la descrizione delle "aspettative razionali" si esaurisse in quanto detto, molto semplicemente i "cicli economici" non esisterebbero. Ma come è possibile tutto cio' visto che Lucas le introdice proprio per spiegare i cicli economici?
Il fatto è che Lucas le introduce anche e soprattutto per dirci dove esse hanno fallito nella storia (lui individua un' incapacità degli imprenditori nel discriminare tra l' oscillazione dei prezzi nell' industria e la variazione nel livello generale dei prezzi). C' è una regolarità anche negli "errori" e per descriverla occorre un puno di riferimento. Persino tutte le teorie Keynesiane possono essere ridotte ad un "errore" cognitivo ben specifico rispetto all' ortodossia neoclassica: la cosiddetta "illusione monetaria".
Oggi si agisce nella stessa maniera per tamponare la crisi: si guarda il modello, si rivelano le condizioni mancanti e si operano le compensazioni.
Non mi sembra poi che la filosofia del Long Term Capital Management sia riconducibile all' ortodossia neo-classica dei mercati finanziari visto che quest' ultima afferma chiaramente l' inesistenza di strategie razionali per "battere il mercato", ovvero riportare risultati sopra la media. Al limite la teoria ortodossa sconsglia il salvataggio a cura della politica.
. Cosa puntualmente fatta e che mina la validità della teoria stessa per il futuro.
4/27/2009 07:06:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Mi sia consentito di dissentire da ogni parola ma anche di non rispondere perché preferisco discutere con libri e articoli specializzati anziché con Wikipedia.
4/27/2009 09:34:00 PM
broncobilly ha detto...
Ecco un buon libro di riferimento che riassume la visione standard dei mercati finanziari (... asset prices typically exhibit signs of random walk and... one can not consistently outperform market averages...) con relativa bibliografia specialistica. Ne approfitto per indicare il link più corretto in merito.
Sul corretto ruolo che hanno le aspettative nell' impianto del Nobel Lucas ho attinto da un suo feroce critico, il Nobel Herbert Simon: Scienza economica e comportamento umano. Edizioni Comunità p.30.
4/28/2009 04:52:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Il link "più corretto" è sempre Wikipedia... La sua idea di cosa sia il modello neoclassico è ingenua e quindi, mi scuserà, ma non trovo materia di discussione.
4/28/2009 05:11:00 PM
Broncobilly
asciamo cadere i giudizi tagliati con l' accetta, solo una precisazione.
Nessuno nega che nel modello neoclassico siano sempre all' opera forze riequilibranti.
Si nega che il modello sia da buttare qualora l' equilibrio non si realizzi. Resta comunque lo strumento di cura migliore CHE ABBIAMO per decidere che fare.
Guardiamo solo alla crisi di oggi. Come si studiano le contromisure?
C' è chi si affida alle cosiddette politiche keynesiane. Ma il "modello keynesiano" corrisponde esattamente al modello neo-classico a cui è stato semplicemente aggiunto il bias SPECIFICO dell' illusione monetaria (Herbert Simon). Non è certo un cambio di paradigma scientifico!
C' è chi invece punta sui tassi negativi, ma cio' è concepito stando saldamente all' interno del modello neoclassico e le politiche monetariste.
La disciplina economica inoltre non è poi così monolitica, paradigmi alternativi esistono eccome. Faccio un paio di casi.
L' economia austriaca presenta un' alternativa soggettivista alla razionalità. La loro soluzione? Lasciar "lavorare" fallimenti e deflazione. Mi sembra decisdamente impraticabile, almeno in democrazia.
C' è poi l' economia comportamentista che combatte proprio il cosiddetto homo rationalis (le vie alternative sono state battute eccome). Per quanto, a posteriori, siano maestri nello spiegare dove sono stati gli "errori", soluzioni da proporre? Zero, un modello generale non si è mai riusciti a formularlo.
P.S. Ironia della sorte, proprio quelle teorie comportamentistiche che si allontanano daI postulati della razionalità umana, sono state, loro sì, le più prolifiche nello sfornare programmini per arricchirsi in borsa sfruttando gli errori cognitivi altrui!
Giorgio Israel ha detto...
Memento: questa è la season 2. Cfr. post del 22 gennaio al punto 2.
4/29/2009 12:26:00 PM
Ottimo il messaggio del 22.1. Il punto 2 poi è il mio preferito, contiene molte verità e lo sottoscrivo, specie questa: certo che in rete viene spontaneo di fare quello che si vergognerebbero come ladri di fare altrove: sparare sentenze apodittiche.
Facciamo un esempio per non rimanere sul vago.
"... esistono atti di fede come la cieca credenza secondo cui il mercato possiede la virtù salvifica di autoregolarsi, da cui la prescrizione assoluta di liberarlo da ogni intralcio e intervento esterno. È un’antica convinzione che risale almeno alla celebre metafora della “mano invisibile” di Adam Smith e che, da Walras e Pareto alla scuola dei Chicago boys di Milton Friedman..."
Quindi Milton Friedman e i Chicago boys chederebbero che il mercato "venisse lasciato libero da ogni intralcio in modo di autoregolarsi"!?
Ma se i suddetti "richiedono" addiritura che la nel mercato della moneta venga istituito un MONOPOLIO di legge con la creazione di una banca centrale proprio perchè ritenevano che il mercato non fosse in grado di autoregolarsi!!! MONOPOLIO COERCITIVO, altro che "lasciato libero di autoregolarsi".
Il conflitto che ha ingaggiato Friedman con il free-banking ispiratosi all' Hayek di 'Denationalisation of Money' dov' è finito?
E il bello è che la perla di cui sopra è stata probabilmente confezionata da chi aveva in mente proprioi mercati finanziari, visto che prendeva spunto dalla crisi finanziaria in atto per svolgere alcune considerazioni. Come capita spesso con i suoi critici, Friedman non è stato nè letto, nè sfogliato.
D' altronde saltabeccare con troppa disinvoltura tra fisica, economia, pedagogia e politica estera riserva anche di questi inciampi.
Mi scusi per questa focaccia, ma non avevo gradito molto il suo pane.
Giorgio Israel ha detto...
Aggiungo un piccolo compendio elementare ma corretto di nozioni di base:
«Nella teoria microeconomica la crisi degli anni settanta è drammatica: nel 1974 è dimostrato che non esiste una base scientifica per ritenere che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente. Ciò avrebbe dovuto essere sufficiente per dichiarare chiuso il programma di investigazione teorica basato sulla fede nella bontà del libero mercato. Ma nel mondo accademico gli economisti preferirono ignorare i problemi. Da allora, vediamo uscire dalle università legioni di economisti che credono (senza fondamento) che da qualche parte esiste una teoria rigorosa che dimostra che i mercati assegnino le risorse della società in maniera efficiente.
Milton Friedman, l'esponente più rappresentativo della cosiddetta corrente monetarista, riabilita alcuni principi della tradizione classica e individua come causa prevalente dell'inflazione la pretesa dello Stato di forzare i meccanismi del mercato. Friedman ha approfondito il ruolo svolto dalla moneta nei processi economici rimettendo in discussione l'interpretazione keynesiana del comportamento monetario degli individui, così come le loro scelte di consumo e risparmio. Sotto la sua guida sorse una visione dell'economia secondo la quale "l'inflazione è sempre e comunque un fenomeno monetario". In base a questo principio, la variabile chiave per stabilizzare i prezzi sarebbe l'offerta monetaria. La base di tutto questo ragionamento è la fede assoluta nella stabilità dei mercati in un'economia capitalista (esattamente il contrario di ciò che la teoria microeconomica aveva scoperto, e nascosto, nel 1974). Quindi, la "ricetta" di Friedman per controllare l'inflazione consiste in primo luogo nell'adottare misure dirette a frenare il credito e la creazione di moneta. Queste misure sono dirette a mantenere un ritmo uguale dell'aumento di massa monetaria (e della domanda che ne deriva) e l'aumento dell'offerta di beni e servizi. Friedman sostiene che questo equilibrio tra domanda e offerta non può avvenire se non attorno a un tasso naturale di disoccupazione, che deve essere accettato in quanto fenomeno strutturale del processo economico. Altri autori della corrente monetarista, più radicali di Friedman, sostengono il principio delle aspettative razionali nel cui ambito gli operatori economici sono dotati di un grado di informazione non inferiore a quello dello Stato (cfr. R. Lucas, T. Sargent, R. Hall, R. Dornbhsch). Ne segue che se tutti hanno le stesse informazioni, si crea una situazione nella quale nessuno possiede le informazioni in grado di influenzare i comportamenti altrui. Questa situazione riporterebbe in auge lo schema della concorrenza perfetta e toglierebbe allo Stato ogni diritto di intervenire nel settore dell'economia, in quanto potenzialmente perturbatore di un sistema di per sé autoregolato».
4/29/2009 05:00:00 PM
Sembra quasi di leggere la ricostruzione di un qualche economista sudamericano no global con frustrazioni accademiche pronto per fare il ghost writer di Chavez. Magari il Nadal qui tradotto.
Delle critiche serie si possono anche fare , e guardacaso restiamo all' interno del cosiddetto mainstream.
Ma per favore, non facciamo impennare le quotazioni di wikipedia.
Caroli ha detto...
E allora, come spiega, il ragionamento di Friedman, il riferirsi ad un "rischio deflattivo" a cui si è fatta menzione nel tentare una risposta coerente alla corrente crisi economica? C'è qualcosa che non mi torna. Il "sistema autoregolato" a me pare una chimera. Sbaglio? Grazie.
5/02/2009 08:54:00 PM
Giorgio Israel ha detto...
Che il sistema autoregolato sia una chimera non c'entra niente col fatto che il paradigma centrale dell'economia neoclassica in tutte le sue versioni è l'idea di rimuovere qualsiasi intralcio che impedisca al mercato di mettere in opera la sua capacità omeostatica di raggiungere l'equilibrio. Che questo implichi degli interventi è ovvio. Perciò chi vede nel fatto che si predichi la necessità di un qualche intervento una contraddizione con la credenza in quella capacità (lasciar libera la mano invisibile di operare) non ha compreso l'essenza della questione. Walras era socialista e credeva nella necessità di operare interventi al fine di realizzare le condizioni di comportamento razionale (illimitata preveggenza e illimitato egoismo) capaci di liberare questa capacità del mercato di autoregolarsi. La ricetta di Friedman mira a creare le condizioni per realizzare l'equilibrio tra domanda e offerta e implica ovviamente la necessità di interventi. Non viviamo in un mondo ideale, lo stato esiste, le regole esistono, e chi crede in quella capacità del mercato cerca le soluzioni affinché essa si sviluppi pienamente, liberandolo dai vincoli.
Comunque, ripeto, tutta la storia del paradigma neoclassico ruota attorno all'idea della virtù autoregolatrice del mercato, purché libero di muoversi secondo condizioni di perfetta "razionalità"; ovviamente variamente declinata nelle diverse interpretazioni. Perciò, insisto, credere che esista una contraddizione tra la proposizione di misure e interventi e il nutrire quella credenza, è una pura e semplice cantonata.
Francamente non volevo più intervenire su questa faccenda, perché non mi pare opportuno copiare sul blog un libro intero scritto sul tema per i principi adottati da gennaio. Lo faccio per una volta e qui chiudo.
Dunque, secondo la teoria neo-classica il mercato si autoregola ma ha bisogno di un continuo intervento esterno (mano visibile) affinchè si autoregoli.
Mi sembra un passo avanti rispetto alla "... prescrizione assoluta di liberarlo [il mercato] da ogni intralcio e intervento esterno...". Una formula che non lascia certo presagire sbocchi socialisteggianti.
La precisazione inoltre fa capire un po' meglio la funzione che di fatto svolgono oggi i modelli neoclassici: indicano dove intervenire.
Anche perchè concetti come "bene pubblico", "dilemma del prigioniero", "asimmetria informativa", "esternalità negativa" (concetti in nome dei quali opera la mano visibile), da dove arrivano se non dal paradigma neoclassico dello studio dell' economia?
Sarebbe bene ora proseguire sciogliendo il connubio tra Homo economicus e liberismo ("... prescrizione assoluta di liberare il mercato da ogni intervento esterno...").
Tanto per (ri)fare un esempio, nel paradigma austriaco in salsa hayekiana (concorrente di quello neoclassico), l' operatore economico non è certo un Homo economicus, eppure si critica proprio quella robusta mano visibile che la teoria neoclassica tende invece a giustificare (il monopolio statale sulla moneta è un caso lampante).
venerdì 1 maggio 2009
The Secret to Raising Smart Kids
Trent' anni di ricerche: puntare sull' impegno. L' intelligenza è sopravvalutata.
giovedì 30 aprile 2009
Troppo moscio
L' america riflette sul suo futuro. E' il caso d' importare il modello europeo?
Charles Murray pensa di no. Motivo? It drains too much of the life from life.
Esempi casuali:
Drive through rural Sweden, as I did a few years ago. In every town was a beautiful Lutheran church, freshly painted, on meticulously tended grounds, all subsidized by the Swedish government. And the churches are empty. Including on Sundays. The nations of Scandinavia and Western Europe pride themselves on their "child-friendly" policies, providing generous child allowances, free day-care centers and long maternity leaves. Those same countries have fertility rates far below replacement and plunging marriage rates. They are countries where jobs are most carefully protected by government regulation and mandated benefits are most lavish. And with only a few exceptions, they are countries where work is most often seen as a necessary evil, and where the proportions of people who say they love their jobs are the lowest...
Cosa c' è che non va con l' Europa:
Two premises about human beings are at the heart of the social democratic agenda: what I label "the equality premise" and "the New Man premise." The equality premise says that, in a fair society, different groups of people -- men and women, blacks and whites, straights and gays -- will naturally have the same distributions of outcomes in life--the same mean income, the same mean educational attainment, the same proportions who become janitors and who become CEOs. When that doesn't happen, it is because of bad human behavior and an unfair society. Much of the Democratic Party's proposed domestic legislation assumes that this is true. I'm confident that within a decade, the weight of the new scientific findings will force the left to abandon the equality premise. But if social policy cannot be built on the premise that group differences must be eliminated, what can it be built upon? It can be built upon the premise that used to be part of the warp and woof of American idealism: People must be treated as individuals. The success of social policy is to be measured not by equality of outcomes for groups, but by the freedom of individuals, acting upon their personal abilities, aspirations and values, to seek the kind of life that best suits them. The second tendency of the new findings of biology will be to show that the New Man premise--which says that human beings are malleable through the right government interventions -- is nonsense. Human nature tightly constrains what is politically or culturally possible. More than that, the new findings will confirm that human beings are pretty much the way that wise observers have thought for thousands of years.
Charles Murray pensa di no. Motivo? It drains too much of the life from life.
Esempi casuali:
Drive through rural Sweden, as I did a few years ago. In every town was a beautiful Lutheran church, freshly painted, on meticulously tended grounds, all subsidized by the Swedish government. And the churches are empty. Including on Sundays. The nations of Scandinavia and Western Europe pride themselves on their "child-friendly" policies, providing generous child allowances, free day-care centers and long maternity leaves. Those same countries have fertility rates far below replacement and plunging marriage rates. They are countries where jobs are most carefully protected by government regulation and mandated benefits are most lavish. And with only a few exceptions, they are countries where work is most often seen as a necessary evil, and where the proportions of people who say they love their jobs are the lowest...
Cosa c' è che non va con l' Europa:
Two premises about human beings are at the heart of the social democratic agenda: what I label "the equality premise" and "the New Man premise." The equality premise says that, in a fair society, different groups of people -- men and women, blacks and whites, straights and gays -- will naturally have the same distributions of outcomes in life--the same mean income, the same mean educational attainment, the same proportions who become janitors and who become CEOs. When that doesn't happen, it is because of bad human behavior and an unfair society. Much of the Democratic Party's proposed domestic legislation assumes that this is true. I'm confident that within a decade, the weight of the new scientific findings will force the left to abandon the equality premise. But if social policy cannot be built on the premise that group differences must be eliminated, what can it be built upon? It can be built upon the premise that used to be part of the warp and woof of American idealism: People must be treated as individuals. The success of social policy is to be measured not by equality of outcomes for groups, but by the freedom of individuals, acting upon their personal abilities, aspirations and values, to seek the kind of life that best suits them. The second tendency of the new findings of biology will be to show that the New Man premise--which says that human beings are malleable through the right government interventions -- is nonsense. Human nature tightly constrains what is politically or culturally possible. More than that, the new findings will confirm that human beings are pretty much the way that wise observers have thought for thousands of years.
A 100 all' ora verso la povertà
Perchè un nepalese intelligente, ingegnoso, attivo, di grande talento, disposto a lavorare duro e a darsi da fare, che si applica con successo in mille campi e riesce a tirare fuori il meglio di sè qualsiasi sia l' opera a cui si accinga... ma perchè un tipo del genere guadagna infinitamente meno di un americano?
Robert Russel nel suo libro per bambini risponde in mezzo rigo: perchè l' auto-sufficienza è la via verso la povertà.
Robert Russel nel suo libro per bambini risponde in mezzo rigo: perchè l' auto-sufficienza è la via verso la povertà.
NO-NO-SI' (SI'-SI') - NO
I dilemmi etici sono divertenti, ma possono essere anche utili. Per esempio, misurano la coerenza delle posizioni assunte in quei casi concreti che per analogia possono essere ricondotti ai casi di scuola.
DILEMMA 1. Un vagone sfreccia fuori controllo sui binari, finirà inevitabilmente per investire e uccidere un gruppo di venti persone tra adulti e bambini. Tu hai la possibilità di manovrare gli scambi e dirottarlo verso un binario dove passeggia quel fannullone di Giovanni, ideale vittima sacrificale. Che fai in conformità alla tua morale? Azioni lo scambio?
DILEMMA 2. E che fai se l' unico modo per scampare il gruppo consiste nel prendere di peso Giovanni e scaraventarlo sotto il vagone in corsa in modo da rallentarlo? Procedi?
DILEMMA 3. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un replicante di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero?
DILEMMA 4. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un clone di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero.
6 minuti a disposizione. Via.
Per quel che mi riguarda: NO-NO-SI'(SI'-SI')-NO.
Però ci vuole del pelo sullo stomaco.
Ora non riesco bene a giustificare le mie risposte. So solo che farei ricorso a queste mie personali credenze:
a) la vita è sacra;
b) si puo' peccare con azioni e omissioni ma nel secondo caso non si possono commettere crimini;
c) il clone ha un' anima, il replicante no.
Non c' è che dire, sono credenze problematiche quelle che mi levano d' impaccio. Forse sono tutte minoritarie oggigiorno.
Già che ci sono, una parola solo sulla credenza c). Perchè il replicante non avrebbe un' anima?
Forse perchè puo' essere "spiegato" risalendo alle decisioni del suo costruttore. Anche gli elementi casuali in base a cui agisce oroginano sempre da quelle decisioni. Per il clone le cose stanno diversamente: interviene un manipolatore, non un costruttore. Mi rendo conto che questa spiegazione non ha nessuna portata pratica poichè il replicante potrebbe essere percepito esattamente come un clone.
DILEMMA 1. Un vagone sfreccia fuori controllo sui binari, finirà inevitabilmente per investire e uccidere un gruppo di venti persone tra adulti e bambini. Tu hai la possibilità di manovrare gli scambi e dirottarlo verso un binario dove passeggia quel fannullone di Giovanni, ideale vittima sacrificale. Che fai in conformità alla tua morale? Azioni lo scambio?
DILEMMA 2. E che fai se l' unico modo per scampare il gruppo consiste nel prendere di peso Giovanni e scaraventarlo sotto il vagone in corsa in modo da rallentarlo? Procedi?
DILEMMA 3. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un replicante di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero?
DILEMMA 4. Le tue risposte restano invariate se anzichè Giovanni ci fosse un clone di Giovanni? Eventualmente, come cambierebbero.
6 minuti a disposizione. Via.
Per quel che mi riguarda: NO-NO-SI'(SI'-SI')-NO.
Però ci vuole del pelo sullo stomaco.
Ora non riesco bene a giustificare le mie risposte. So solo che farei ricorso a queste mie personali credenze:
a) la vita è sacra;
b) si puo' peccare con azioni e omissioni ma nel secondo caso non si possono commettere crimini;
c) il clone ha un' anima, il replicante no.
Non c' è che dire, sono credenze problematiche quelle che mi levano d' impaccio. Forse sono tutte minoritarie oggigiorno.
Già che ci sono, una parola solo sulla credenza c). Perchè il replicante non avrebbe un' anima?
Forse perchè puo' essere "spiegato" risalendo alle decisioni del suo costruttore. Anche gli elementi casuali in base a cui agisce oroginano sempre da quelle decisioni. Per il clone le cose stanno diversamente: interviene un manipolatore, non un costruttore. Mi rendo conto che questa spiegazione non ha nessuna portata pratica poichè il replicante potrebbe essere percepito esattamente come un clone.
mercoledì 29 aprile 2009
La soluzione di tutte le crisi
In un mondo perfetto tutti la conoscono: deflazione istantanea.
Purtroppo questo è un mondo che incentiva i free riders ad abbassare per ultimi il prezzo che controllano.
Purtroppo questo è un mondo che incentiva i free riders ad abbassare per ultimi il prezzo che controllano.
Il mito della spesa pubblica in "ricerca"...
... secondo il consigliere di Obama.
martedì 28 aprile 2009
Evita le bugie se puoi cavartela con una stronzata.
Un paio di quadretti tanto per tarare le bussole con dei casi concreti.
Adesso si dice "migranti", mi raccomando. Non lasciatevi più sorprendere con in bocca la parola "extracomunitari" se non volete timbrato in fronte il marchio d' infamia. Fahre ha già arroventato gli stampi e vi aspetta al varco.
Non nego di avere una certa simpatia per i "migranti", ho persino qualche ragione filosofica che mi fa simpatizzare con i loro diritti, eppure l' idea di chiamarli "migranti" anzichè "extracomunitari" mi sembra proprio una "stronzata". Non è per il termine in sè, per carità. A dare fastidio è invece l' idea che si ingenera di voler affrontare una questione seria con i giochi di parole. Poichè metto nello stesso mucchio i produttori di odio etnico e i produttori di "stronzate", mi riprometto di boicottare ogni "parola taumaturgica".
Secondo caso. Passiamo al nostro vero amore: la Caramore.
Conduce un programma di cultura religiosa che esordisce da decenni con il seguente disclaimer: qui si parla di Religioni, mica di Verità. La Verità non c' entra e nessuno pronunci senza smorfie di disgusto questa parola maledetta e prevaricatrice.
Religioni senza Verità? Annuso la "stronzata".
Si prosegue: qui non ci occupiamo di precetti etici convinti come siamo che sia materia fondamentalmente estranea alla Religione, nonchè fomite di tutti i conflitti umani.
Religione senza Etica? La stronzata si appresta ad essere conclamata.
Chiusa: l' uomo religioso si dedica alle domande e all' interrogazione del Mistero profetizzando secondo coscienza. Ogni risposta esplicità della divinità a questo richiamo incorpora violenza, arroganza e falsificazione dell' uomo che si fa Dio. Lasciamo invece che i nostri interrogativi penzolino inevasi per sempre in quel buio silenzioso a testimonianza di un bisogno che ci affratella.
Dunque ogni "risposta" ai nostri bisogni esistenziali, specie se aggravata dalla chiarezza, sarebbe una forma di violenza e di inganno? Che stronzata mirabile!
Mentre la bugia è messa a punto strategicamente come un singolo manufatto, ogni stronzata puo' essere prodotta solo in forma di raffica. Una volta evocato, il demone della stronzata non ti abbandona. Per questo, quando ne scorgi una in realtà hai scoperto un intero filone e Fahre + U&P non deludono. Dagli "omicidi bianchi" alla "certezza del dubbio", per i "concetti- stronzata" sono vere miniere.
Alla ricerca di lumi sul singolare fenomeno, mi hanno fatto il Nome di Harry Frankfurt. Sulla piazza sembra lui il più fine analista del concetto di "stronzata".
Prima cosa da dire, la "stronzata" non coincide certo con la "falsità", poichè latita l' intenzione di ingannare. Non ha a che fare con l' incuria, la trasandatezza, la superficialità o l' incompetenza: basti pensare al fior fiore di raffinati professionisti impegnati in politica, in pubblicità e nelle pubbliche relazioni, tre campi dove la produzione di "stronzate" è d' obbligo. E poi, parlando sinceramente, Fahre e U&P vi sembrano programmi trasandati? Al contrario, tra quelli che solcano l' etere li annovero tra i più curati e godibili, proprio come le "stronzate" che veicolano.
Il produttore di stronzate non vuole mentire, molto più semplicemente ha scarso interesse per la Verità, in genere perchè la reputa inattingibile. L' essenza della stronzata non sta nell' essere falsa ma nell' essere finta. La stronzata fa bene, rilassa, tiri il fiato come quando varchi i cancelli di Gardaland. Una volta garantiti dalla filosofia più profonda e torbida che la Verità si puo' snobbare, tutto assomiglia molto di più ad un "gioco" e il "gioco linguistico" assomiglia ben presto ad un vero parco giochi. Tutto cio' che nel mondo mi avrebbe spaventato, nel parco giochi lo sperimento. La mia creatività ne esce esaltata.
Pur contraffacendo le cose, il produttore di stronzate non deve falsificarle o fraintenderle. Il fatto è che la falsità responsabilizza tremendamente, la gente è molto più tollerante con le stronzate. Il produttore stesso di stronzate non tollererebbe mai di cogliere se stesso in flagrante mentra dice una bugia. Orrore! L' etica personale dei migliori stronzaioli è spesso inflessibile.
la "stronzata" solletica la nostra vena artistica. Il "contaballe" e il "cantastorie" sono cugini primi. Se il morto sul lavoro è anche la vittima di un omicidio (bianco) possiamo coniugare molto meglio due talenti: giustizieri e prefiche andranno a braccetto. L' esibizione ci guadagna. Non sarà un caso se molte rivendicazioni vengono senza più mediazione messe in mano a comici ed attori di teatro: il petardo delle loro "stronzate" non è solo tollerato, è richiesta a viva voce da un pubblico desideroso di sostituire l' ormai spento fuoco della Verità con il chiasso plateale dell' innocua stronzata.
Il produttore di stronzate prescinde dalla prosaica verità, proprio come il bugiardo. Ma il primo, a differenza del secondo, non ha la Verità al centro dei suoi interessi. Anzi, crede che la Verità stessa sia una forma d' inganno. Se queste sono le premesse, per lui è addirittura impossibile mentire. Non crede nell' accertamento, al limite crede nella lotta, crede nel tiro alla fune e mentre parla vede se stesso impegnato a tirare dalla parte giusta. E' con la lotta e con l' impegno che il produttore di stronzate s' illude di aver schivato il nichilismo.
Il produttore di stronzate, conclude HF, sostituisce la Verità Oggettiva con la Sincerità. Se non si puo' essere fedeli alla Verità si sia perlomeno fedeli a se stessi, e se nel mondo d' oggi le stronzate proliferano copiose è sopratutto a causa delle abbondanti infiltrazioni di scetticismo e di relativismo che abbiamo subito tutti da qualche secolo a questa parte.
Adesso si dice "migranti", mi raccomando. Non lasciatevi più sorprendere con in bocca la parola "extracomunitari" se non volete timbrato in fronte il marchio d' infamia. Fahre ha già arroventato gli stampi e vi aspetta al varco.
Non nego di avere una certa simpatia per i "migranti", ho persino qualche ragione filosofica che mi fa simpatizzare con i loro diritti, eppure l' idea di chiamarli "migranti" anzichè "extracomunitari" mi sembra proprio una "stronzata". Non è per il termine in sè, per carità. A dare fastidio è invece l' idea che si ingenera di voler affrontare una questione seria con i giochi di parole. Poichè metto nello stesso mucchio i produttori di odio etnico e i produttori di "stronzate", mi riprometto di boicottare ogni "parola taumaturgica".
Secondo caso. Passiamo al nostro vero amore: la Caramore.
Conduce un programma di cultura religiosa che esordisce da decenni con il seguente disclaimer: qui si parla di Religioni, mica di Verità. La Verità non c' entra e nessuno pronunci senza smorfie di disgusto questa parola maledetta e prevaricatrice.
Religioni senza Verità? Annuso la "stronzata".
Si prosegue: qui non ci occupiamo di precetti etici convinti come siamo che sia materia fondamentalmente estranea alla Religione, nonchè fomite di tutti i conflitti umani.
Religione senza Etica? La stronzata si appresta ad essere conclamata.
Chiusa: l' uomo religioso si dedica alle domande e all' interrogazione del Mistero profetizzando secondo coscienza. Ogni risposta esplicità della divinità a questo richiamo incorpora violenza, arroganza e falsificazione dell' uomo che si fa Dio. Lasciamo invece che i nostri interrogativi penzolino inevasi per sempre in quel buio silenzioso a testimonianza di un bisogno che ci affratella.
Dunque ogni "risposta" ai nostri bisogni esistenziali, specie se aggravata dalla chiarezza, sarebbe una forma di violenza e di inganno? Che stronzata mirabile!
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Mentre la bugia è messa a punto strategicamente come un singolo manufatto, ogni stronzata puo' essere prodotta solo in forma di raffica. Una volta evocato, il demone della stronzata non ti abbandona. Per questo, quando ne scorgi una in realtà hai scoperto un intero filone e Fahre + U&P non deludono. Dagli "omicidi bianchi" alla "certezza del dubbio", per i "concetti- stronzata" sono vere miniere.
Alla ricerca di lumi sul singolare fenomeno, mi hanno fatto il Nome di Harry Frankfurt. Sulla piazza sembra lui il più fine analista del concetto di "stronzata".
Prima cosa da dire, la "stronzata" non coincide certo con la "falsità", poichè latita l' intenzione di ingannare. Non ha a che fare con l' incuria, la trasandatezza, la superficialità o l' incompetenza: basti pensare al fior fiore di raffinati professionisti impegnati in politica, in pubblicità e nelle pubbliche relazioni, tre campi dove la produzione di "stronzate" è d' obbligo. E poi, parlando sinceramente, Fahre e U&P vi sembrano programmi trasandati? Al contrario, tra quelli che solcano l' etere li annovero tra i più curati e godibili, proprio come le "stronzate" che veicolano.
Il produttore di stronzate non vuole mentire, molto più semplicemente ha scarso interesse per la Verità, in genere perchè la reputa inattingibile. L' essenza della stronzata non sta nell' essere falsa ma nell' essere finta. La stronzata fa bene, rilassa, tiri il fiato come quando varchi i cancelli di Gardaland. Una volta garantiti dalla filosofia più profonda e torbida che la Verità si puo' snobbare, tutto assomiglia molto di più ad un "gioco" e il "gioco linguistico" assomiglia ben presto ad un vero parco giochi. Tutto cio' che nel mondo mi avrebbe spaventato, nel parco giochi lo sperimento. La mia creatività ne esce esaltata.
Pur contraffacendo le cose, il produttore di stronzate non deve falsificarle o fraintenderle. Il fatto è che la falsità responsabilizza tremendamente, la gente è molto più tollerante con le stronzate. Il produttore stesso di stronzate non tollererebbe mai di cogliere se stesso in flagrante mentra dice una bugia. Orrore! L' etica personale dei migliori stronzaioli è spesso inflessibile.
la "stronzata" solletica la nostra vena artistica. Il "contaballe" e il "cantastorie" sono cugini primi. Se il morto sul lavoro è anche la vittima di un omicidio (bianco) possiamo coniugare molto meglio due talenti: giustizieri e prefiche andranno a braccetto. L' esibizione ci guadagna. Non sarà un caso se molte rivendicazioni vengono senza più mediazione messe in mano a comici ed attori di teatro: il petardo delle loro "stronzate" non è solo tollerato, è richiesta a viva voce da un pubblico desideroso di sostituire l' ormai spento fuoco della Verità con il chiasso plateale dell' innocua stronzata.
Il produttore di stronzate prescinde dalla prosaica verità, proprio come il bugiardo. Ma il primo, a differenza del secondo, non ha la Verità al centro dei suoi interessi. Anzi, crede che la Verità stessa sia una forma d' inganno. Se queste sono le premesse, per lui è addirittura impossibile mentire. Non crede nell' accertamento, al limite crede nella lotta, crede nel tiro alla fune e mentre parla vede se stesso impegnato a tirare dalla parte giusta. E' con la lotta e con l' impegno che il produttore di stronzate s' illude di aver schivato il nichilismo.
Il produttore di stronzate, conclude HF, sostituisce la Verità Oggettiva con la Sincerità. Se non si puo' essere fedeli alla Verità si sia perlomeno fedeli a se stessi, e se nel mondo d' oggi le stronzate proliferano copiose è sopratutto a causa delle abbondanti infiltrazioni di scetticismo e di relativismo che abbiamo subito tutti da qualche secolo a questa parte.
lunedì 27 aprile 2009
Spigolature
Buon mix tra tecnologia alla portata di tutti e anonima creatività internettiana...
Metafore dell' aborto
Glen Whitman propone (e contesta) alcune metafore utilizzate comunemente per legare con un' analogia il caso dell' aborto ad altre situazioni più famigliari e con soluzioni evidenti.
La metafora per me più calzante, e che non vedo, è però quella relativa allo STATO DI ABBANDONO: qualcuno, ora per sempre irreperibile, ha abbandoato un bambino in "casa vostra".
La metafora per me più calzante, e che non vedo, è però quella relativa allo STATO DI ABBANDONO: qualcuno, ora per sempre irreperibile, ha abbandoato un bambino in "casa vostra".
venerdì 24 aprile 2009
Ultimi arrivano i numeri...
"... Impoverimento del ceto medio, aumento delle disuguaglianze, penalizzazione del lavoro dipendente: sono tutti concetti entrati di prepotenza in quella che è la percezione diffusa dello stato della società italiana. Analisi politiche, inchieste giornalistiche, rivendicazioni sindacali battono su questi tasti. Poi arrivano i numeri e non se ne trova conferma, se non in minima misura. E allora o le statistiche non rappresentano la realtà oppure la realtà è diversa da come viene descritta..."
Speriamo che qualche numero ramingo arrivi per arginare con qualche piccolo dubbio la lagna d' ordinanza, il piagnisteo in divisa della blindata Fahre (qui e qui due esempi pescati ad occhi chiusi).
Speriamo che qualche numero ramingo arrivi per arginare con qualche piccolo dubbio la lagna d' ordinanza, il piagnisteo in divisa della blindata Fahre (qui e qui due esempi pescati ad occhi chiusi).
Quando è il solipsismo a salvare l' esperienza
L' esperienza si può comunicare?
Probabilmente esiste un nucleo centrale dell' esperienza che non è comunicabile, anche se disponiamo di un linguaggio raffinato. Penso al piacere, al dolore... alla parte più emotiva e profonda. Per quanto un artista sia grande, fallirà nel tentativo di rendere tutto ciò con la vividezza che ci regala il vissuto.
Un discorso diverso bisognerebbe fare per il contenuto meramente informativo dell' "esperienza". Qui qualche dubbio è lecito, qui la condanna al solipsismo è tutt' altro che scontata.
Ammettiamo pure che non ci siano residui solipsistici. In aggiunta consideriamo di vivere in un' era con un' intensità mediatica senza precedenti. Inoltre disponiamo di strumenti raffinati per trasmettere informazioni (statistiche, tabelle, realtà virtuale...). Qualora il contenuto informativo di un' "esperienza" sia "comunicabile", che scopo avrebbe fare ancora esperienze a fini conoscitivi? Sarebbe molto più sensato attingere altrove quel contenuto. Con sistemi informativi tanto economici ed ipertrofici l' esperienza a fini conoscitivi (viaggi, frequentazioni, pratica...) si svaluta irrimediabilmente.
Chissà se potrà mai essere vera, per esempio, un' affermazione di questo tipo: chi si documenta sull' Africa potrebbe avere una "conoscenza" del continente più accurata rispetto a chi ci va regolarmente vivendo a fondo la sua esperienza.
Mi hanno fatto riflettere le parole di Davide su Robin Hanson "... mi sembra un fuori di testa che passa il suo tempo a pensare, seduto su una poltrona, e con assai poche esperienze vissute davvero..."
In effetti Robin non sembra molto concentrato sulla "sperimentazione". Non essendo nemmeno coinvolto nelle conclusioni a cui giungerà (è l' incarnazione di un' imparzialità atarassica), i "dati" materiali dell' esperienza se li fa passare dallo "scienziato anonimo". Uno vale l' altro, purchè ci sia il timbrino dell' accademia in modo da evitare discussioni alle quali sarebbe completamente disinteressato.
Ma non è di Robin e delle sue idee (specie di quelle più selvagge) che voglio parlare. Mi chiedo solo se davvero così facendo, ovvero ragionando sul contenuto informativo di un' esperienza comunicata e non vissuta, il suo lavoro rimanga seriamente pregiudicato in partenza.
P.S. Solo una parola sulla personalità di Robin, che effettivamente, nel leggerlo, sembra un automa insensibile. Mi ha fatto impressione come Caplan si è rivolto a lui nel preambolo di una contesa accademica che li vedeva contrapposti: "... Despite his moral views, Robin is an incredibly nice, decent person. He wouldn’t hurt a fly. To know Robin is to love him. Robin Hanson, you complete me!... ". Parole che raramente echeggiano in Università, specie tra colleghi. Per gli amanti della fisiognomica eccolo su blogginhead...
Probabilmente esiste un nucleo centrale dell' esperienza che non è comunicabile, anche se disponiamo di un linguaggio raffinato. Penso al piacere, al dolore... alla parte più emotiva e profonda. Per quanto un artista sia grande, fallirà nel tentativo di rendere tutto ciò con la vividezza che ci regala il vissuto.
Un discorso diverso bisognerebbe fare per il contenuto meramente informativo dell' "esperienza". Qui qualche dubbio è lecito, qui la condanna al solipsismo è tutt' altro che scontata.
Ammettiamo pure che non ci siano residui solipsistici. In aggiunta consideriamo di vivere in un' era con un' intensità mediatica senza precedenti. Inoltre disponiamo di strumenti raffinati per trasmettere informazioni (statistiche, tabelle, realtà virtuale...). Qualora il contenuto informativo di un' "esperienza" sia "comunicabile", che scopo avrebbe fare ancora esperienze a fini conoscitivi? Sarebbe molto più sensato attingere altrove quel contenuto. Con sistemi informativi tanto economici ed ipertrofici l' esperienza a fini conoscitivi (viaggi, frequentazioni, pratica...) si svaluta irrimediabilmente.
Chissà se potrà mai essere vera, per esempio, un' affermazione di questo tipo: chi si documenta sull' Africa potrebbe avere una "conoscenza" del continente più accurata rispetto a chi ci va regolarmente vivendo a fondo la sua esperienza.
Mi hanno fatto riflettere le parole di Davide su Robin Hanson "... mi sembra un fuori di testa che passa il suo tempo a pensare, seduto su una poltrona, e con assai poche esperienze vissute davvero..."
In effetti Robin non sembra molto concentrato sulla "sperimentazione". Non essendo nemmeno coinvolto nelle conclusioni a cui giungerà (è l' incarnazione di un' imparzialità atarassica), i "dati" materiali dell' esperienza se li fa passare dallo "scienziato anonimo". Uno vale l' altro, purchè ci sia il timbrino dell' accademia in modo da evitare discussioni alle quali sarebbe completamente disinteressato.
Ma non è di Robin e delle sue idee (specie di quelle più selvagge) che voglio parlare. Mi chiedo solo se davvero così facendo, ovvero ragionando sul contenuto informativo di un' esperienza comunicata e non vissuta, il suo lavoro rimanga seriamente pregiudicato in partenza.
P.S. Solo una parola sulla personalità di Robin, che effettivamente, nel leggerlo, sembra un automa insensibile. Mi ha fatto impressione come Caplan si è rivolto a lui nel preambolo di una contesa accademica che li vedeva contrapposti: "... Despite his moral views, Robin is an incredibly nice, decent person. He wouldn’t hurt a fly. To know Robin is to love him. Robin Hanson, you complete me!... ". Parole che raramente echeggiano in Università, specie tra colleghi. Per gli amanti della fisiognomica eccolo su blogginhead...
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