Non c' è niente di più figo che gettare fango sulla democrazia. Lo si puo' fare benissimo anche dagli scranni universitari viste le numerose incoerenze che ammorbano il funzionamento dei regimi democratici. E se proprio qualcuno avesse l' ardire di menzionarci i motti churchilliani, gli si risponderà con fare sussiegoso che la democrazia, al giorno d' oggi, non va certo contrapposta ai regimi autoritari, bensì al mercato.
Il più rigoroso di questi attacchi è sostanziato nella teoria della Public Choice, altrimenti detta Teoria dell' Ignorante Razionale, secondo cui il ragionamento dell' elettore non fa una grinza: poichè il mio voto sposta poco o nulla, evito ogni costo relativo all' informazione, voterò da ignorante (ecchemmefrega?). Anzi, sai che ti dico? Se mi gira non voterò nemmeno.
Con simili ignorantoni in circolazione, il malfunzionamento delle istituzioni democratiche è assicurato. La premessa, poi, è credibile all' apparenza. Visto che forse è rimasta implicita mi permetto di ricordarla: l' elettore medio è una persona ragionevole.
Ma alle elementari (e proprio per questo pungenti) osservazioni di cui sopra si è risposto in vario modo:
PC non funziona esteticamente. Criticare la democrazia suona male ed è una pratica poco corretta e da evitare. Me lo dice un mio senso storico interiore;
la critica non tiene conto di come si aggregano gli errori random dell' ignorante razionale: si aggregano compensandosi! In questo modo ad influire sull' esito delle elezioni saranno pur sempre i pareri informati;
è pur vero che l' elettore tiene il politico con un guinzaglio lunghissimo e lasco, ma cio' conta poco se l' elettore possiede una solida verga per battere la bestia qualora la colga in fallo. Questa osservazione è tratta dalla teoria del crimine: l' effetto deterrenza puo' restare immutato quando ad un ridimensionamento delle forze di polizia si abbina un inasprimento delle pene;
è pur vero che esiste un' asimmetria informativa tra corpo elettorale e casta politica. Ma di cio' è a conoscenza anche l' elettore che verrà reso più prudente proprio da questo fatto. Anzi, a volte tutto cio' incentiva la trasparenza della politica, poichè solo con un' operzione di trasparenza è possibile dissipare i sospetti dei nostri potenziali elettori e renderli più malleabili;
è pur vero che nelle democrazie alcuni "scambi" hanno un costo elevato e si rimane lontani dall' ottimo paretiano, eppure, in una visione più ampia, il metodo democratico serve proprio per aggirare quei costi di transazione che paralizzano il mercato;
è pur vero che esistono degli interessi di casta che possono rendere "monopolista" l' offerta politica. Ma anche questo non convince: chi rompe il monopolio agli occhi degli elettori potrebbe conquistare rendite notevoli, esistono dunque incentivi non da poco a farlo.
Evito d corredare ciascuno di questi contro-attacchi a difesa della democrazia con la bibliografia e le evidenze, tutta roba rintracciabile in BC, MRV, specie se letto al capitolo 4.
Ma gli anti-democratici non si arrendono e sparano la loro arma segreta: la democrazia non funziona perchè l' elettore è stupido.
Forse "stupido" è un po' fortino, diciamo allora "irrazionale".
Ciascuno di noi s' innamora di alcune idee, è dispiaciuto quando le vede attaccate e compiaciuto quando le vede difese. Il modo migliore per disamorarsi di un' idea sbagliata è quella di professarla pagandone le spiacevoli conseguenze.
Detto questo si sarà capito perchè nei regimi democratici trionfi tanto la propaganda ed il pregiudizio, ovvero la stupidità. Semplice, l' elettore non paga le conseguenze delle sue costruzioni ideologiche: qualora la sua idea sia falsa, le conseguenze negative che si sviluppano dall' applicazione di quell' idea, non si concentrano su di lui ma si ripartiscono su tutti. Lui non paga e, quindi, sarà soggetto a perseverare negli errori di cui si è tanto invaghito.
Semplice, ragionevole ma...vuoto. Vuoto come un pensierino da blog se il tutto non viaggiasse affiancato dalla imponente mole probatoria contenuta nel volume a cui ho accennato prima.