giovedì 27 novembre 2014

Siamo davvero tanto stupidi?

Platone reputava l' uomo un "animale razionale" e considerava ogni attacco alla sua razionalità come un attacco all' umanità stessa.
Ebbene, ci sono pochi dubbi, viviamo tempi in cui la razionalità umana viene attaccata di continuo e su tutti i fronti.
Tanto per fare i nomi di qualche intellettuale di vaglia.
Daniel Kahneman ritiene che l' uomo giudichi sia con l' intuito che con la ragione ma è la prima facoltà a prevalere di gran lunga.
Jonathan Haidt pensa che la nostra ragione sia come un minuscolo omino alla guida di un gigantesco elefante; a volte riesce miracolosamente ad indirizzare la bestia ma quando questa vuole andare da qualche parte non c' è modo di fermarla.
Daniel Sperber ritiene che la ragione non serva a cercare la verità ma a vincere nelle controversie dialettiche; al limite è una facoltà da esibire per innalzare il proprio status agli occhi altrui.
Secondo molti commentatori del lavoro di Benjamin Libet l' atto "riflessivo" stesso è un' illusione, così come pure quella coscienza che dovrebbe ospitare la ragione: le nostre decisioni sono frutto di un mero istinto che precede la coscienza.
Naturalmente, non manca la spiegazione evolutiva di questa "stupidità diffusa": il cervello dell' uomo si sarebbe formato 30000 e rotti anni fa rispondendo ad esigenze ben diverse da quelle che abbiamo oggi. Poiché operiamo con la stessa "macchina" in un contesto del tutto differente, non c’ è da stupirsi se andiamo incontro ad una serie di inconvenienti.
Da ultimo, il mio amico virtuale Ettore Panella si mostra scettico sulle prestazioni cognitive dell' homo sapiens: noi non saremmo in grado di "ragionare", al limite possiamo giusto "razionalizzare". Lo cito perché il presente post è anche frutto di alcune sue provocazioni.
La conclusione comunemente accettata stabilisce che l' uomo medio è zeppo di bias cognitivi e non puo' farci granché.
C' è chi ha timidamente notato, nella speranza di salvare la ragione, che gran parte di questi errori si compenserebbero dando origine a forme di razionalità collettiva ("winsdom of the crowd"?. Purtroppo, i nostri errori non sarebbero errori qualsiasi, bensì errori sistematici, ovvero incorreggibili. Noi sbagliamo a senso unico indirizzando male anche il gruppo a cui apparteniamo.
Certo che se tutto cio' fosse vero non mancherebbero elementi di preoccupazione. Pensate ad un governante consapevole di tutti questi limiti cognitivi a carico dei suoi sudditi. Non vi sembra pericoloso? Le politiche paternalistiche si sprecherebbero, e con tanto di supporto scientifico a giustificazione.
C' è da chiedersi se è rimasto qualche sparuto elemento a difesa della razionalità.
Facciamo un passo indietro, il discredito è calato sulla razionalità umana allorché si è cominciato a volerne testare la reale consistenza.
Di solito si sottoponeva ad un campione casuale di studenti un problema fornendo in modo chiaro tutti i dati necessari per ricavare la soluzione corretta, dopodiché si verifica  se la presenza di un innocuo  "trucchetto" induceva risposte irrazionali.
La risposta era di solito affermativa. Negli otto punti che seguono cerco di valutare questi esiti in modo eterodosso rispetto all' interpretazione corrente.
dumb
***1. Il duro mestiere della cavia***
Ci si potrebbe chiedere come mai un individuo posto nelle condizioni sopra descritte dovrebbe rispondere in modo corretto ai quiz che gli vengono sottoposti.
In fondo scovare la risposta giusta implica un calcolo, magari un calcolo faticoso, meglio sparare a caso o quasi e passare alla cassa per intascare il “compenso cavie".
Per evitare questi inconvenienti sperimentali bisognerebbe fissare una sostanziosa ricompensa per chi risponde correttamente. Ma poiché questi esperimenti hanno senso solo se reclutano le masse, c' è da chiedersi  quanto sarebbe oneroso un lavoro affidabile? Di sicuro parliamo di costi proibitivi.
No, la cosa è improponibile.
Si potrebbe, in alternativa, interrogare solo dei soggetti esperti , ovvero ferrati nel dominio coperto dalle domandine di laboratorio. Anche costoro soffrono dei noti limiti di ragionamento? In fondo parliamo di gente che si guadagnano da vivere proprio operando nel ramo in cui viene interrogata.
Buona idea, quando si è realizzato un progetto di questo tipo l' irrazionalità delle cavie è crollata.
L' economista John List, con l' aiuto dei suoi amici psicologi, ha dedicato molte energie ad esplicitare questo punto.
***2. Intelligenza vs. Razionalità***
Ma c' è un' altra obiezione più profonda e riguarda la natura della nostra razionalità.
La domanda cruciale è questa: intendiamo tutti la stessa cosa quando parliamo di razionalità? Forse no.
Forse cio' che si mette alla prova nei test convenzionali, più che la razionalità, è l'intelligenza.
Ma che differenza c' è tra razionalità e intelligenza?
Anziché dilungarci in definizioni astratte forse è meglio fare un esempio proponendo un test classico, il cosiddetto "Linda's problem".
L' esaminatore esordisce raccontandovi una storiella semplice semplice:
...Linda è una giovane donna che lavora in banca; si impegna molto nel suo lavoro ma ha anche una vita sociale attiva, le sono sempre stati a cuore i diritti delle donne, sente come sua questa battaglia e recentemente si è avvicinata ad un' associazione che si dedica a queste tematiche e bla bla bla....
Dopo aver raccontato la storiella vi propone due affermazioni:
1) Linda è un consulente finanziario di banca;
2) Linda è un consulente finanziario di banca e una femminista.
Vi viene infine chiesto quale ritenete essere l' affermazione più probabile.
La maggioranza delle persone sceglie “2” ma la risposta esatta è “1”. Infatti, le persone ricomprese da “2” sono solo un sottoinsieme delle persone ricomprese da “1”, di conseguenza “1” sarà per definizione sempre più probabile di “2”.
Da questo errore ripetuto più volte nel tempo si inferirebbe che le persone sono sistematicamente irrazionali.
Chi obbietta dice invece che una lacuna del genere è compatibile con la razionalità.
Evidentemente ci sono concezioni differenti di razionalità.
Di sicuro il problema è ben posto e chi risponde "2" sbaglia; ma sbaglia perché è un soggetto irrazionale?
Per capire cosa potrebbe essere successo dobbiamo mettere in evidenza il "trucco" che ha deviato molte risposte: il quesito ci fornisce una lunga introduzione al personaggio di Linda che ci trae in inganno poiché è del tutto irrilevante per risolvere il quiz proposto alla fine.
Ma nella nostra realtà quotidiana se qualcuno ci parla facendo delle premesse articolate, evidentemente è perché ritiene quelle premesse rilevanti ai fini del discorso che segue. Presumere che le cose stiano in questi termini è del tutto razionale per noi. Eppure,  nel caso del quiz, tutto cio'  ci ha indotto in errore.
Evidentemente, chi ha sbagliato non è riuscito ad astrarsi dal mondo per concentrarsi sul quiz, la sua realtà quotidiana ha continuato a vivere dentro di lui anche mentre veniva testato in laboratorio attraverso quiz semplici e asettici.
In conclusione direi questo: per risolvere correttamente il "Linda's problem" (così come molti altri esperimenti mentali) noi dobbiamo IMMAGINARE correttamente la situazione che ci viene descritta e poi CALCOLARE la soluzione finale.
I soggetti che rispondono scorrettamente possiedono in modo integro le loro facoltà di CALCOLO, quello che non riescono a fare bene è IMMAGINARE la situazione che viene loro descritta.
Non ci riescono ma del tutto anche se è una situazione particolarmente semplice.
Anzi, forse non ci riescono proprio perché è fin "troppo" semplice, la realtà con cui sono abituati a fare i conti è molto molto più complessa.
I soggetti che rispondono in modo sbagliato dicono di accettare le semplici premesse poste dall' esaminatore. Che ci vuole? Sono premesse elementari e chiare! Ma in realtà non riescono ad accettarle poiché dentro di loro le ritengono inverosimili (nella realtà non esistono problemi con premesse tanto semplici). E' questo che li induce in errore, non la supposta irrazionalità.
Personalmente mi sento di avallare questa interpretazione.
Nella mia esperienza capita spesso di proporre "esperimenti mentali", proprio per la loro semplicità. Ho continue conferme di quanto si diceva: persone che riconosco come più lucide e brillanti di me nel prendere la decisione giusta in mille contesti, faticano poi a calarsi in giochini molto semplici. Mi sono sempre fatto delle domande in proposito.
Ci vuole una buona dose di "autismo" per calarsi in problemi artificiosi, così come ci vuole una grande sensibilità a tutti i fattori per prendere la decisione più corretta nella vita reale. Difficilmente "autismo" e "sensibilità" riescono a convivere nella stessa persona.
Recentemente mi è capitato di proporre il "Linda' s problem" ad un conoscente che stimo per la sua capacità di riflettere.
Mi ha dato la risposta sbagliata. Niente di strano.
Si è giustificato dicendo: ho scelto "2" perché di solito ritengo più informato colui che su una certa questione mi fornisce più dettagli. E in effetti nella realtà è proprio così, purtroppo nell' esperimento mentale di Linda un' assunzione del genere è del tutto gratuita.
Insomma, il mio amico non è riuscito a concentrarsi sul problema facendo piazza pulita della realtà che vive tutti i giorni, ovvero dei meccanismi che adotta comunemente per risolvere i problemi sul lavoro o in famiglia.
Avrebbe dovuto concentrarsi sulla fredda logica deduttiva applicandola ai dati di partenza, ha invece fatto irrompere la tipica logica induttiva con cui soppesa le sue esperienze al fine di metterle a frutto.
La logica induttiva ha disturbato quella deduttiva portandolo all' errore. Cio' non toglie che la sua logica deduttiva sia solida, è solo disturbata indebitamente da quella induttiva allorché si ritrova in situazioni artificiose come quelle di laboratorio. Ma nella realtà la logica induttiva non disturba affatto, anzi integra in modo imprescindibile le capacità di calcolo.
In conclusione, il mio amico ha fornito sì la risposta sbagliata ma nella realtà di tutti i giorni è probabilmente molto più razionale dell' "autistico solutore ideale" del Linda's problem.
Avete presente quei "soggetti molto intelligenti che fanno cose molto stupide"? Sono familiari un po' a tutti. Ecco, questi tipi rientrano senz' altro nell' elenco dei "solutori ideali".
Il "solutore ideale" deve avere doti di calcolo e capacità di astrazione (immaginazione). A lui non è richiesto né di saper saggiare l' affidabilità dei dati di partenza né di fissare obbiettivi congrui.
Ma cosa significa tutto cio'? Un esempio lo chiarisce bene.
Se la maestra dice: "Pierino va a far la spesa con 10 euro nel portafoglio..." noi non siamo tenuti a questionare sull' affidabilità di questa informazione. E' così punto e basta, lo dice la maestra.
Se la maestra poi dice "... quanto ha speso Pierino al mercato?" l' obbiettivo dello sforzo a cui siamo chiamati è semplice: rispondere a questa domanda. Noi non siamo tenuti a fissare uno scopo, lo fa per noi la maestra e non si discute. Non ci resta che "calcolare".
Eppure, saggiare l' attendibilità dei dati ricevuti e fissare obbiettivi congrui sono competenze importanti nella vita reale, sono altresì competenze che impegnano la nostra ragione.
E torniamo allora alla distinzione tra "intelligenza" e "razionalità". Ora dovrebbe essere più chiara.
Di solito pensiamo che i limiti della persona intelligente con "tratti autistici" siano legati alla sfera emotiva e a quella relazionale.
Le cose non stanno proprio così, tanto è vero che i limiti che sto evidenziando non sono né di natura emotiva, né di natura relazionale. Sono limiti legati alla razionalità, sono limiti cognitivi.
Una persona puo' essere intelligente ma possedere una razionalità estremamente limitata. Ecco spiegato il caso tanto comune dell' "intelligentone che fa cose stupide". Non si tratta di "stupidità emotiva o relazionale", un concetto del genere sarebbe un ossimoro. Si tratta di stupidità in senso stretto, ovvero di deficienze cognitive.
A volte, quando pensiamo all' "intelligentone" imbranato pensiamo anche che sia in quelle condizioni per la sua scarsa esperienza di vita: ha una tale passione per i libri che non esce mai dalla sua camera; è chiaro che appena fa un passo fuori inciampa. Sottointeso: ma lascia che si abitui...
Le cose non stanno proprio così poiché, come abbiamo visto, l' intelligenza puo' anche non essere collegata con la razionalità: l' esperienza non aiuta quei soggetti che non hanno gli strumenti cognitivi per soppesarla.
Ci sono casi estremi, per esempio quelli legati alla "lucida follia".
Di cosa si tratta? Abbiamo detto prima che la persona intelligente ha una grande capacità di astrarsi, sa IMMAGINARE molto bene il problema che gli viene proposto. Ebbene, il "folle lucido" ha una facoltà d' IMMAGINAZIONE potentissima, al punto che ne ha perso il controllo. Per quanto lucido non potrà mai essere considerato "razionale", tanto è vero che lo bolliamo come "folle".
Tuttavia, non vorrei essere frainteso: l' intelligenza resta una facoltà importantissima anche nella vita di tutti i giorni, specie dei NOSTRI giorni. E il senso comune lo sa bene, tanto è vero che tutti noi in fondo in fondo speriamo che i nostri figli abbiano un IQ elevato piuttosto che ridotto. Non siamo affatto indifferenti alla cosa.
Se devo proprio fare un nome di chi si è occupato di queste faccende, mi spendo per Keith E. Stanovich. Mi è stato molto utile leggere alcuni dei suoi lavori. Per lo sporco lavoro sul campo faccio i nomi di Ralph Hertwig e Gerd Gigerenzer.
***3. Il fascino dell' irrazionalità***
Discutendo per questioni di lavoro è difficile che l' altro faccia ammissioni contro il proprio interesse. Non ti sorprendi molto della cosa. In fondo vale anche per te: perché mai dovrei darmi la zappa sui piedi?
Nei forum virtuali capita invece di parlare con gente di cui non sai nulla e non saprai mai nulla. In un caso del genere difficile ipotizzare la presenza di interessi meritevoli di tutela: dici la tua e togli il disturbo. Eppure, anche qui, e forse più ancora che sul lavoro, non è facile trovare gente intellettualmente onesta.
In genere le persone virtuali che incontri hanno le loro fisse. Capisci subito che costoro non cambieranno mai idea. Neanche di fronte a fatti innegabili. Neanche di fronte a dimostrazioni geometriche.
Ti viene subito voglia di solidarizzare con chi definisce l' uomo un essere fondamentalmente irrazionale e in preda a ideologie. Anzi, le ideologie ti corazzano ancora più che gli interessi.
Ma c' è una semplice osservazione che manda in crisi l' ipotesi dell' uomo irrazionale. Basta infatti osservare che avere un' ideologia è bello.
E' bello professare un' ideologia, avere una fede. Ti riempie la giornata, costruisce la tua identità, ti realizza come persona, ti appaga, ti rende felice e compiaciuto.
Sono tutte cose positive e io potrei (razionalmente) decidere di sacrificare qualcosa pur di ottenerle. Cosa c’ è di più normale che pagare un prezzo per avere un bene? Potrei allora, per esempio, decidere di sacrificare la mia razionalità, perché no?
In questi casi lo psicologo parla di "irrazionalità razionali". Ma adottare un comportamento del genere è perfettamente razionale. Anche nel senso classico del termine.
Forse dobbiamo rivalutare gli "ottusi" che incontriamo in rete, hanno solo dato via la loro razionalità per avere altri beni, probabilmente più preziosi. facendo questo si dimostrano ancora più razionali di noi. Forse.
Ecco allora un' altra ipotesi in cui i bias cognitivi dell' uomo sono solo apparenti.
Ma come si puo' dimostrare un' ipotesi del genere?
Un modo ci sarebbe. Visto che parliamo di "dar via" la propria razionalità, allora dovrebbe/potrebbe valere la legge della domanda e dell' offerta: quanto più si alza il prezzo, quanto meno siamo disposti a “comprare”.
I controlli fatti confermano l' ipotesi dell' "irrazionalità razionale": noi siamo molto più ideologici quando discutiamo di politica o votiamo alle elezioni rispetto a quando facciamo la spesa al supermercato.
Essere ideologici in politica non ci costa niente. Anche votare in modo ideologico ci costa poco (gli eventuali effetti negativi saranno ripartiti su tutti). Ma al supermercato ogni "errore ideologico" lo paghiamo di tasca nostra.
Il concetto dell' "irrazionalità razionale" spesso pone sotto accusa i fedeli delle religioni: in molti casi credere a cose irrazionali non costa nulla.
In effetti non penso che si creda alle stimmate di Padre Pio adottando la stessa cura che ci mettiamo nell' analizzare i dati di borsa prima di investire i nostri pochi risparmi.
Anche per questo il nostro impegno nella fede deve essere elevato, il sola fide non converte certo il mondo che continuerà a ridere di noi.
L' economista Bryan Caplan ha elaborato il concetto di "rational irrationality" applicandolo alla politica, in particolare alle procedure democratiche.
***4. Quando il rischio ci manda in tilt***
Da più parti si ritiene che la nostra mente non sia molto a suo agio nel pensare e decidere in situazioni di rischio. Maurice Allais ha escogitato un paradosso che rende chiari i termini della questione.
La cavia è invitata  ad un doppio gioco, nel primo deve scegliere tra questi due premi a sua disposizione:
1a: 1 milione di euro certi in tasca.
ab: 1 milione di euro all' 89% - niente all' 1% - 5 milioni di euro al 10%
Nel secondo gioco deve scegliere invece tra questi due premi a sua disposizione:
2a: niente all' 89% - 1 milione di euro all' 11%
2b: niente al 90% - 5 milioni al 10%
Ebbene, la gran parte delle cavie sceglie 1a/2b.
Ma la scelta è incongrua.
La propensione al rischio puo' variare da persona a persona, cosicché noi non possiamo sapere alcune cose circa la scelta possibile di una persona coerente. Possiamo per esempio dire che sceglierà o la coppia 1a/2a oppure la coppia 1b/2b. Di sicuro non sceglierà la coppia 1a/2b.
Solo una persona incoerente potrà fare quella scelta visto che non si cambia propensione al rischio passando da un gioco all’ altro.
Oltretutto, l' errore registrato è sistematico. Ovvero, noi sbagliamo sempre scegliendo la coppia 1a/2b, difficilmente sbagliamo scegliendo 1b/2a.
La conclusione è chiara: in certe situazioni, quando siamo chiamati a decidere in condizioni di rischio, l' uomo si comporta in modo irrazionale.
Tra le ipotesi impliciti che consentono la conclusione di cui sopra c' è quella per cui l' uomo è un egoista: cerca cioè di massimizzare i premi ricevuti data la sua propensione al rischio.
In alternativa potremmo postulare che l' uomo sia un invidioso: data una certa propensione al rischio, cerca di massimizzare il differenziale tra la sua utilità e quella degli altri partecipanti la gioco.
Non mi sembra un' ipotesi forte. Anzi, mi sembra ancora più plausibile di quella dell' "uomo egoista".
Ebbene, postulando l' ipotesi dell' "uomo invidioso" prendiamo atto con sorpresa che la coppia 1a/2b, sotto certe ipotesi relative alla forma delle funzioni di utilità,  diventa coerente per molti livelli di propensione al rischio.
L' uomo non sarebbe quindi né irrazionale né egoista, sarebbe piuttosto invidioso. Un invidioso razionale, però.
La mia esperienza conferma questa ipotesi, spesso noto che gli uomini abbandonano i propri giudizi per conformarsi a quello generale. Questo è sintomo che l’ invidia fa premio sull’ egoismo: si teme, per esempio, di restare isolati nella sventura.
Tipico pensiero distorto: a parità di rendimento, anche se penso che il titolo X sia meno rischioso, compro Y perché lo comprano tutti.
Il fatto è che le statistiche di borsa confermano questa impressione: gli operatori vendono e comprano considerando la diffusione presso il pubblico di un certo titolo quale elemento in grado di abbassarne la rischiosità!
Ma forse, per spiegare casi come questi, non c' è solo l' irrazionalità umana. In altri termini, non c' è nemmeno bisogno di ripiegare sull' "uomo invidioso". La massima "mal comune mezzo gaudio" ha una sua verità indipendentemente dal sentimento dell' invidia: quando un male colpisce tutti è più facile contare su interventi esterni e su salvagenti eccezionali, magari forniti dalla politica democratica. Quando invece un male prende di mira solo voi, attorno constaterete solo disinteresse e abbandono.
Eric Falkenstein ha brillantemente risolto il puzzle di Allais in termini di invidia. In realtà è stato lo stesso Maurice Allais a mettere tutti sull' avviso affermando che "c' era qualcosa che non andava nell' assioma di indipendenza di Von Neumann e Morgenstern" (che postula appunto l' indipendenza tra le funzioni di utilità dei vari soggetti).
*** 5. Irrazionalità o razionalità occulta?***
Perché alcuni gruppi sociali si rifiutano di credere, nonostante le evidenze, al fenomeno del riscaldamento globale?
Per i teorici dei bias la risposta è chiara: irrazionalità. Un' irrazionalità dettata dall' ideologia.
Per quanto riguarda l' ideologia, ho già detto più sopra: coltivarla non è di per sé sinonimo di irrazionalità. Tuttavia, in questo caso c' è qualcosa in più che vorrei aggiungere.
Per chi fa parte di un certo gruppo, credere al fenomeno del riscaldamento globale non porta alcun beneficio diretto mentre invece accettarne esplicitamente le evidenze lo pone in urto con persone che frequenta ogni giorno. Nel secondo caso l' onere da sopportare sarebbe davvero alto.
In queste condizioni come si comporta un soggetto razionale dedito ad una puntuale analisi costi/benefici?
Ovvio, decide di non credere.
Non credere è una scelta obbligata per il soggetto razionale.
Potremmo allora dire che il gruppo ha posizioni irrazionali ma non che i soggetti che lo compongono siano irrazionali. La razionalità individuale è salva.
Per approfondire le vie imprevedibili della razionalità umana, una buona guida potrebbe essere il giurista Dan Kahan.
***6.  Irrazionalità al servizio della razionalità***
Si realizza spesso anche il fenomeno inverso rispetto a quello appena visto: talune nostre irrazionalità servono per conferire razionalità ai comportamenti di gruppo.
Faccio un esempio tratto dalla storia delle idee.
Nel pensiero economico, una delle tappe più importanti è costituita dall' elaborazione del concetto di equilibrio generale.
L' esimio economista ginevrino Léon Walras dimostrò matematicamente che un libero mercato, sotto certe condizioni, è in equilibrio allorché ottimizza l' allocazione delle risorse disponibili. Una fortunata coincidenza!
Successivamente, Kenneth Arrow e Gerard Debreu raffinarono questa dimostrazione.
Tuttavia, cio' non diceva ancora nulla circa la possibilità o meno che un libero mercato possa raggiungere spontaneamente il suddetto equilibrio.
Anzi, a dirla tutta Herbert Scarf dimostrò che una simile garanzia non poteva essere fornita.
Piccolo particolare: Scarf, come i suoi predecessori, ipotizzava che i prezzi di mercato fossero annunciati urbi et orbi da un banditore d' asta ad un pubblico di soggetti razionali.
Ebbene, bastò togliere questa condizione artificiosa per raggiungere risultati ben diversi.
Se si ipotizza l' assenza di un banditore ufficiale e al suo posto si considera invece la presenza di soggetti con razionalità limitata che aggiustano i loro comportamenti secondo strategie alternative, allora è possibile dimostrare che un libero mercato, oltre a possedere un equilibrio in cui viene ottimizzato l' uso delle risorse, è anche nelle condizioni migliori per raggiungerlo.
Di solito si parla di "strategie markoviane di comportamento".
La razionalità dei singoli, in questo caso, era un ostacolo al benessere collettivo e le "strategie alternative" che descrivono lo scenario ottimale, se considerate isolatamente, potrebbero anche essere scambiate da molti come "irrazionalità".
Qui l' irrazionalità, però, è al servizio di una razionalità più alta. Non mi sembra quindi che sia lecito trattarla quasi fosse un difetto da correggere. Al contrario.
Il matematico Samuel Bowels e l' economista Herber Gintis sono i due studiosi che, sulle orme di Hayek, si sono dedicati ai temi sfiorati in questo punto.
***7. La riflessione negata***
C' è chi non si limita a negare la ragione ma nega addirittura l' atto riflessivo in sè, ovvero, l' atto da cui dovrebbe scaturire la scelta razionale: noi saremmo dominati dai nostri istinti.
Qui bisogna intendersi: una scelta razionale puo' essere presa anche d' istinto ma non c' è chi non veda un legame forte tra ragione e capacità di vincere l' istinto immediato grazie ad un' attività riflessiva che scaturisce dalla coscienza.
Gli esperimenti condotti da Benjamin Libet hanno rilevato un' attività cerebrale che precede la decisione cosciente, cosicché in molti hanno concluso che la seconda potrebbe essere una mera illusione. La vera scelta è presa prima attraverso delle procedure estranee alla nostra coscienza.
In merito si avanzano di solito tre critiche:
1) Gli esperimenti di Benjamin Libet chiedono alle cavie di compiere scelte che sono ben lontane dalle scelte che compiamo comunemente. Se dobbiamo limitarci a decidere quando apporre un puntino su un foglio bianco siamo chiamati a compiere una scelta semplicissima, senza vincoli di tempo e completamente casuale. Fare una scelta di carriera o decidere se divorziare o meno è un po' diverso. Difficile pensare che lo studio dei meccanismi decisionali che riguardano il "puntino" possano dirci qualcosa di fondamentale sulle scelte autentiche.
2) Gli esperimenti di Benjamin Libet ci dicono che esiste un' attività cerebrale prima di assumere una scelta in modo cosciente. Ma da tutto cio' non si evince che la nostra scelta sia di natura istintiva. E perché mai? Anzi, quell' attività cerebrale, probabilmente, è necessaria proprio per attivare la coscienza e chiamarla a decidere.
3) C' è una relazione tra previsione e libertà che a molti sembra ostica. Secondo Libet, l' attività cerebrale che precede la scelta cosciente ci consente di prevedere quest' ultima con una probabilità intorno al 60%. In certe particolari condizioni la probabilità si alza.Cio' potrebbe significare che la nostra libertà di coscienza è condizionata ma mi chiedo chi ritenga che non esistano condizionamenti. Neanche il libertario più radicale arriverebbe a pretendere tanto! La presenza di una libertà - e quindi di una coscienza da cui scaturirebbero le decisioni razionali - deriva dal fatto che io "posso fare diversamente" qualora lo volessi, non dal fatto che la mia scelta sia prevedibile in anticipo. Esempio: è praticamente certo che io da qui ad un' ora non mi amputerò il braccio destro, tuttavia, se lo volessi fare potrei farlo. Se per esempio mi dicessero che con l' amputazione potrei salvare la vita in pericolo delle mie figlie procederei.
Alfred Mele è un filosofo da sempre impegnato a spiegare perché la scienza non ha affatto confutato il libero arbitrio e la scelta cosciente delle persone. Penso che saperlo, e quindi sapere che l' uomo puo' liberamente riflettere sulle decisioni da prendere, sia una buona notizia per chi crede che la ragione abbia un ruolo da giocare in questi frangenti.
***8. L' agguato paternalista***
Paternalismo e teorie dell' irrazionalità umana molto spesso vanno a braccetto. E' come se il governante dicesse al cittadino: "poiché non sei in grado di scegliere per il tuo bene, sceglierò io per te".
Dal truce proibizionismo alle subdole "spintarelle", il paternalismo esercita il suo magnetismo su tutto lo spettro politico, dall' estrema destra all' estrema sinistra.
E non parliamo dei cattolici, sempre pronti a far da egida con qualche decreto legge da richiedere alla politica.
La logica non fa una grinza: il cittadino/suddito non sa perseguire in modo coerente la sua felicità, non ha strumenti cognitivi adeguati per "realizzarsi" quindi, in sua vece, interviene il governante.
Ecco, quand' anche accettassimo le premesse circa l' irrazionalità sistematica dei cittadini - e nei punti precedenti ho sollevato dubbi in serie - l' argomento paternalista presenta quantomeno cinque inconvenienti.
Il primo è ovvio:
1) perché mai il tutore dovrebbe essere esente da bias?
Il secondo è legato alla prassi:
2) Il paternalismo implica élitarismo,  e l' élitarismo nel mondo moderno crea risentimento sociale; condizione tutt' altro che ideale per implementare con successo certe politiche.
Il terzo è paradossale:
2) tra i bias più comuni c' è anche quello per cui il soggetto è felice e si realizza solo se sceglie personalmente e sente sotto controllo la situazione.
Il quarto è sgradevole:
3) il paternalismo non cura i nostri bias ma anzi, ci gioca sopra, gli alimenta fino a diventare contro-producente qualora noi riuscissimo a superarli. Il paternalismo non mi educa ma mi spinge lentamente verso una condizione di dipendenza: senza il mio amorevole sorvegliante, sarò perduto.
Il quarto è filosofico:
4) il paternalismo è un attentato alla dignità dell' uomo messo sotto tutela. Il "protetto", infatti, è considerato come un eterno minorenne che bisogna far vivere in ambienti falsati e artificiosi, in sua presenza non bisogna accennare alle cose come stanno: non bisogna dire che "solo" il 15/20 dei forti fumatori viene colpito dal cancro ai polmoni, o che gran parte dei drogati esce relativamente presto dalla sua dipendenza, o che il rischio di fare incidenti da ubriachi è dello 0.009%, eccetera. Non bisogna dire niente per evitare che queste informazioni azionino l' irrazionalità dei soggetti fungendo da incentivo, al fumo, alle droghe, alla guida in stato di ubriachezza, eccetera. Ma questa campana di vetro fatta di reticenze e falsità è compatibile con la dignità dell' uomo?
Nonostante questi inconvenienti esiste un certo consenso intorno alle politiche paternaliste, è inutile negarlo. Tuttavia, la natura di questo consenso è per me dubbia.
Personalmente ritengo che molti siano favorevoli a politiche di questo tipo, non tanto perché preoccupati della sorte di chi non sa badare a se stesso, quanto perché queste politiche accomunano tutti in un unico destino.
Si torna al "mal comune mezzo gaudio" di cui sopra. Un classico bias che ci spinge a guardare con favore la figura messianica del saggio pastore/governante alla guida di un gregge da uniformare nei comportamenti al fine di essere condotto tutto in un unico ovile. Magari scomodo, magari primitivo ma pur sempre "unico".
A parte queste considerazioni, chi valuta i cinque problemi di cui come preoccupanti, si chiede poi quali alternative esistano.
Forse un' alternativa c' è: favorire la riflessione e l' introspezione. Chiamiamole pratiche di debiasing.
Se il "debiasing" fosse possibile, costituirebbe una valida alternativa al paternalismo. Non solo: quanto più il debiasing è possibile, quanto più il paternalismo da socialmente benefico diventa socialmente dannoso.
E molti psicologi ci dicono oggi che è possibile, purché si crei attorno al soggetto un ambiente gradualmente responsabilizzante che consenta la transizione dell’ “eterno minorenne” verso la maturità.
Prima, parlando di supermercati e cabine elettorali, ho fatto veder con un esempio come il libero mercato responsabilizza mentre la democrazia de-responsabilizza. Ecco, bisognerebbe trarne qualche conseguenza.
Jeremy Waldron è il giovane e promettente studioso che ha meglio elaborato filosoficamente i legami tra paternalismo e dignità dell' uomo. Bart Wilson si è invece occupato del "bias da controllo" (quello che ci fa preferire irrazionalmente l' auto all' aereo) e della libera scelta come via alla propria realizzazione. Sul "debiasing" vorrei indirizzare verso il lavoro di Keith Stanovich e Jonathan Evans.
***aggiunte***

  1. nella sezione 8, a proposito delle dipendenze sviluppate dal paternalismo, si potrebbe ricordare che l' abilità a gestirsi nel gioco è inversamente correlata con le proibizioni in materia.
  2. siamo fortunati noi cattolici ad avere l' esame di coscienza. L' introspezione è il modo migliore per superare i propri bias, e funziona! L' autore che più ha approfondito la faccenda è Richard Davidson.
  3. In passato la razionalità è spesso stata sotto attacco, e la cosa non ha portato bene; da sinistra si diceva che era "fallocentrica", da destra che era "tentennona". Non esageriamo l' influenza dei bias fino a rinnovare attacchi scriteriati come i precedenti.
  4. Le soluzioni nudge sono spesso ingegnose, purtroppo producono regolamentazioni ipertrofiche che partoriscono topolini. Anche il paternalismo più tradizionale in stile soda tax sembra solo un modo di lavarsi la coscienza. Alternative? Ci sono, specie quando notiamo che chi viene pagato per prestare più attenzione la presta. Le scommesse, per esempio, sono una "tassa sulle cazzate" che puo' venire utile. Il progetto "futuarchia", che ha come slogan: "vota sui valori, scommetti sulle credenze", è una buona alternativa all' irrazionalissima "democrazia". Ma la logica della scommessa puo' essere recuperata in molti ambiti. Vedi Tabarrok che recensisce Heath.
  5. Il paternalismo crea il mercato nero, cosicché il paternalista puo' essere considerato oggettivamente responsabile per i danni collaterali che si creano su un mercato del genere. 
    Una possibile replica, per esempio del proibizionista in tema di droghe: se io sono oggettivamente responsabile per quei danni tu, liberalizzatore, lo sei per i danni che si creano su un mercato libero, ovvero per i maggiori drogati che implica l' accesso facilitato alle sostanze. Il ragionamento è valido ma va completato: io mi prendo anche i meriti per la libertà che dò a quelle persone. Ora, facciamo il saldo, cosa vale una vita senza libertà?
  6. Il paternalismo è a sua volta affetto da bias. La partigianeria è il più frequente.
  7. E chi spingerà lo spintonatore? La letteratura di  "Behavioral Public Choice si va estendendo (Taylor, Viscusi...) http://conversableeconomist.blogspot.it/2015/07/who-will-nudge-nudgers.html
  8. Per molti la moda è un fenomeno che mette bene in luce la nostra stupidità: perché affannarsi ad inseguire un cambiamento inesensato? I "venditori" (persuasori occulti) ci prendono in giro guadagnando alle nostre spalle. La moda è un fenomeno inerente alla natura umana, non alla società commerciale, esiste anche su cose che non sono oggetto di compravendita: i nomi, i vestiti nell'antichità. Guardate le classifiche dei dischi, i più venduti sono i recenti, non ci sarebbe motivo se solo uno cercasse di ascoltare della buona musica. La moda assolve a due funzioni: 1) porta con sè il nuovo, il cambiamento e quindi apre al futuro, alla speranza (che forse conta ancor più della felicità) 2) consente al soggetto di distinguersi associandosi ad un trend e costruendo una sua personalità (il vecchio ha già avuto l'adesione delle generazioni passate) 3) fissa gli status (chi detta la moda e chi la segue) in modo non violento
  9. The free market existentialist: capitalism without consumerism di William Irwing
    • il lamento del paternalista: se ti lascio libero sarai ingannato
    • è vero, la libertà è piena di trappole ma evitarle è la mia missione, non quella del paternalista
    • il paternalista riduce il numero dei fregati? puo' darsi ma ci priva della nostra missione
    • sartre: siamo sempre liberi dentro di noi
    • la missione esistenzialista: liberarci dall'alienazione. è una missione che ci realizza
    • perché gli esistenzialisti erano socialisti? non per logica ma per questioni sociali
    • la paura del mercato è fondamentalmente sfiducia nell'uomo
    • consumiamo per avere uno status. rinunciamo! beati gli umili
    • possiamo ridurre la pubblicità a routine di tutti i giorni
    • il governo ci protegga dalle frodi ma ci lasci fiorire come persone.
    continua
  10. Thinking, Fast and Slow di Daniel Kahneman - fonti terze
    • come funziona la mente umana?
    • errori prevedibili
    • due menti: 1 intuitiva per i problemi immediati 2 calcolante per i problemi che concedono riflessione
    • la divisione risolve alcuni annosi problemi economici. es: gli avversi al rischio si assicurano. i favorevoli al rischio giocano alla lotteria. ma alcuni fanno entrambe le cose, come è possibile? quando compro il biglietto uso 1 quando mi assicuro uso 2
    • linda è una giocane ragazza brillante che lavora i banca e s'impegna per le donne. cosa è più prob: 1 che linda lavori in banca o 2 che linda lavori in banca e s'impegni per le donne?
    • spesso 1 sostituisce il problema per risolverlo meglio
    • spesso 1 semplifica le prob limitandosi a certo, incerto, impossibile.
    • perchè mangiare un biscotto fa male mentre mangiarne mezzo no? perché la mente 2 conosce le calorie di un biscotto ma non quella di mezzo biscotto
    •  perchè mangiare fuori pasto è una tentazione così pericolosa? perchè la decisione se farlo o meno viene demandata a mente 1 e non a mente 2
    • chi rischia e vince domina le nostre vite: imprenditori,politici... chi rischia e perde sparisce. cio' significa che le nostre vite sono dominate da chi è overconfident
    • cosa disturba dell'economia comportamentale: un esperimento una conclusione. l'esperienza della cavia viene trascurata.
    • ci sono giochi dove vinci in una mossa e giochi che ripropongono un numero illimitato di mosse. spesso il gioco del business è del secondo tipo, il gioco della politica del primo. 
    • una confutazione di k con l'argomento plurimossa viene da john list
    • avidità: chi dà più importanza al denaro ne avrà di più
    • regola generale: chi otterrà quel che si propone da giovane sarà più felice. vale anche coi soldi
    • regola per la felicità: non pretendere troppo, specie da giovane.
    • i perdenti spesso non sono tali: non avevano alcuna pretesa e non hanno ottenuto niente.
    • il bias dei bias: tutti i bias sono uguali. in realtà alcuni sono più importanti e per superarli bisognerebbe concentrarsi su quelli. fare una lista ristretta.
    • anchor bias: forse il più diffuso. ci si muove razionalmente da dove si è gettata l'ancora ma l'ancora è gettata in modo arbitrario.
    • esempio: cavie: giudici con 15 anni di esperienza. devono giudicare un furto al supermarket. quanti mesi? lanciano un dado e sono chiamati a correggere l'esito: quando esce 9 correggono in 8 quando esce 3 correggono in 5.
    • bias della disponibilità: si crede ad una cosa se vi vengono in mente esempi. ma attenzione: se vi chiedono quanto siete severi e di fare 6 esempi voi procedete dandovi un voto. se vi chiedono 12 esempi, non riuscendo a farli, vi darete un voto più basso.
    • le persone sottostimano il ruolo della fortuna: hitler avrebbe potuto essere femmina, avrebbe potuto essere anche un maschio differente. le cose sarebbero andate in modo molto diverso.
    continua
  11. Enlightenment 2.0. di Joseph Heath - terzi Tabarrock
    • Reason has come under attack in the past century from both the left—who deride it as phallocentric and imperialist—and from the right, who deride it as being for pointy-headed nerds who pale beside gutsy “deciders.” At the same time, psychologists such as Dan Ariely and Jonathan Haidt tell us that we aren’t very rational anyway, we are predictably irrational and a slave to our passions, while writers like David Brooks and Malcolm Gladwell valorize intuition and the power of the unconscious. The problem with all this, as Heath writes, is that: the world that we live in today is both unnatural and highly unintuitive
    • Enlightenment 2.0 is split into three parts. In Part One, Heath contrasts the heuristics and biases of the intuitive mind with the reasoning mind. Much of this material will be familiar from books such as Daniel Kahneman’s
    • Part Two, Heath argues that reason faces attack not only from ideological opponents but also from commercial. Heath gives us an interesting analysis of the classic underground movie, Idiocracy
    • Nevertheless, by focusing on advertising, Heath sees only one facet of the relationship between markets and rationality. Markets may want and sometimes even generate irrational consumers but markets also want and sometimes even generate rational producers.  Work is where rationality is most evident in our lives and, by and large, markets reward education, IQ and reasoning ability
    • I share Heath’s concern but think it important to emphasize that on balance, capitalism and its demand for efficiency, productivity and growth is one of our strongest defenses against the irrational.
    • Heath also thinks that, on balance, reason supports the left, which is one motivating factor in his attack on conservatism and the irrationality of appeals to religion and intuition. Thus it’s a problem for Heath that the most prominent exponent of both reason and capitalism in the twentieth century was novelist and philosopher Ayn Rand.
    • It’s also worth noting that of the three political groupings in America today—conservatives, liberals and libertarians—it’s the libertarians who are the most rational
    • Heath is also too sanguine about the role of politics. Irrationality in politics is more severe than in markets because of two problems, rational ignorance and rational irrationality.
    • If the tools of propaganda are the same in markets and politics, why are the results so different? Expanding waistlines in the former, and death and destruction in the latter? Most importantly, firms may try to trick us by appeal to the bugs and heuristics of our unreasoning mind but politics has access to the ultimate override of reason, force
    • Part Three, Heath turns towards solutions. It’s the most disappointing section of the book because Heath offers only minor proposals. If Heath’s proposals are the best we can do, then we may really be in trouble. 
    • In markets, Heath offers as his paradigmatic example of a solution….New York City’s ban on selling soda in cups larger than 16 ounces.
    • Occorrono soluzioni più tadicali. Partisan bias greatly diminishes when voters are told that they will be paid if they answer correctly. Betting is a more reliable guarantor of objectivity than voting. Or, as I once wrote, “A bet is a tax on bullshit.
    • Heath’s conservatism leads him to think that people can’t become more rational than they are now. But if we look around the world today we see people being burned alive for their beliefs.
    continua
  12. It’s All for Your Own Good Jeremy Waldron

    • Esempio. a considerable number of people do not choose to enroll in a 401(k) plan and of those who do, many select levels of contribution that are far below what would be most advantageous to them. Why? Probably because of inertia.
    • Sunstein and Thaler suggested a partucular strategy. Instead of teaching people to overcome their inertia, we might take advantage of their inertia to solve the problem. Suppose we arrange things so that enrollment at some appropriate level of contribution is the default position—... Something has to be the default position; why not make it the position that accrues most to the employee’s benefit, “using inertia to increase savings rather than prevent savings”?
    • Come prendiamo le nostre decisioni?... For most cases the sensible thing is not to agonize but to use a rule of thumb—a heuristic is the technical term—to make the decision quickly.
    • Put a certain choice architecture together with a certain heuristic and you will get a certain outcome. That’s the basic equation. So, if you want a person to reach a desirable outcome and you can’t change the heuristic she’s following, then you have to meddle with the choice architecture,
    • Paternalism” is usually a dirty word in political philosophy: the nanny state passing regulations that restrict us for our own good...
    • Now, a nudger wouldn’t try anything so crass. If you ordered a soda in nudge-world, you would get a medium cup, no questions asked; you’d have to go out of your way to insist on a large one... Nudge and Why Nudge? are replete with examples like this.... And it is mild too because you can always opt out of a nudge.
    • The nudge. it can be used to promote socially responsible as well as individually rational outcomes. The tray-free policy in the cafeteria is one example. A nudge toward organ donation is another:
    • Soft paternalism for the consumer might therefore presuppose hard regulation for the retailer.
    • So what explains the hostility? Much of it is simple animus against big government, compounded by resentment of academics in office. But there is also a core of genuine worry,
    • Then there are those whom Sunstein refers to as “we.”We know this, we know that, and we know better about the way ordinary people make their choices. We are the law professors and the behavioral economists who (a) understand human choosing and its foibles much better than members of the first group and (b) are in a position to design and manipulate the architecture of the choices that face ordinary folk.
    • “For every bias identified for individuals, there is an accompanying bias in the public sphere.”... There is a new book by two British political scientists called The Blunders of Our Governments 2 that might serve as a useful companion to Why Nudge?
    • Come si risponde? he offers little more than reassurance that there actually are good-hearted and competent folks like himself in government:
    • I am afraid there is very little awareness in these books about the problem of trust.... it is not clear whether the regulators themselves are trustworthy... The mendacity of elected officials is legendary
    • Esoterismo. Government House utilitarianism was a moral philosophy that envisaged an elite who knew the moral truth and could put out simple rules for the natives (or ordinary people).... We(the governors) know that lying, for example, is sometimes justified, but we don’t want to let on to the natives,
    • Deeper even than this is a prickly concern about dignity. What becomes of the self-respect we invest in our own willed actions, flawed and misguided though they often are, when so many of our choices are manipulated to promote what someone else sees (perhaps rightly) as our best interest?... nudges as an affront to human dignity
    • Having said that, however, Sunstein seems happy to associate himself with those who maintain that dignity just equals autonomy... Sunstein’s second move is to equate autonomy and well-being
    • autonomy is just a preference like any other.
    • autonomy is just a surrogate for welfare—what people ultimately want is the promotion of their own well-being and it doesn’t really matter how that comes about.
    • Sunstein does acknowledge that people might feel infantilized by being nudged. He says that “people should not be regarded as children; they should be treated with respect.”But saying that is not enough.
    • Nudging doesn’t teach me not to use inappropriate heuristics or to abandon irrational intuitions... maybe I am unteachable?
    • For example: between 15 and 20 percent of regular smokers (let’s say men sixty years old, who have smoked a pack a day for forty years) will die of lung cancer. But regulators don’t publicize that number, even though it ought to frighten people away from smoking, because they figure that some smokers may irrationally take shelter in the complementary statistic of the 80–85
    • Sunstein says he is committed to transparency,... Ma...There are about 112 million self-reported episodes of alcohol-impaired driving among adults in the US each year.... There are about 112 million self-reported episodes of alcohol-impaired driving among adults in the US each year. Yet in 2010, the number of people who were killed in alcohol-impaired driving crashes (10,228) was an order of magnitude lower than that... 0.009 percent of drunk drivers cause fatal accidents



    continua
  13. hench. l'emozione facilita o ostacola la scelta morale ragionata? non fossilizziamoci su questa bipartizione. le emozioni vanno educate nel tempo. se lo facciamo l'emozione non ci inganna e ci puo' anche facilitare

Un vero film di m.

un vero film di m. ambientato a NY. Notevole. - Riccardo Mariani:



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Verso la spiaggia

Verso la spiaggia: “… papà attaccato al... - Riccardo Mariani:



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Grammatica russa

Riccardo Mariani:



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Costi di transazione

Riccardo Mariani:



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Piccoli fastidi quotidiani

Riccardo Mariani:



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Cosa danno in TV

“Alla televisione le tre Charlie’s Angels stanno... - Riccardo Mariani:



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Lo scrittore legge una critica positiva

Riccardo Mariani:



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Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Quel che resta.

Soprattutto uno scoppiettante botta e risposta.
Gramellini si pronuncia all' alba: occorre subito una “scuola dei sentimenti” a partire dalle elementari.
Risposta delle femministe indignate/depresse (di default): caro Gramellini, sbagli. La via giusta è la “lotta agli stereotipi”.
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“Scuola dei sentimenti”, “lotta agli stereotipi”… devo ammettere il mio scetticismo di fronte a queste alate speculazioni sempre in fuga da una seria verifica.
IMHO: per l’ altruista razionale non sarebbe meglio trascurare completamente il fenomeno e dirigere altrove la sua attenzione?
Diciamo una preghiera per le vittime e lasciamo che il femminicidio si risolva da sé in qualche modo (che non riesco a prevedere), nel frattempo ci sono molte cause degne di nota, magari meno glamour, ma per lo meno con soluzioni efficienti garantite e a portata di mano.
Se rinuncio a cambiare il mio smartphone posso salvare decine di vite umane nel terzo mondo. E’ certo! Non sono speculazioni fondate su un esperimentino californiano messo su alla bell’ e meglio.
Se spingo per la posa di tutor e asfalto drenante in autostrada salvo la vita a diversi automobilisti. E’ certo! Non è una congettura filosofica importata da qualche pseudo-scienziato sociale dedito alla scannerizzazione compulsiva dei nostri cervelli.
Ho fatto solo due esempi a caso, ne potrei fare una sfilza.
Certo, magari per qualcuno la vita di un africano o di un automobilista vale meno di altre vite. Non penso però che la filosofia morale di questo “qualcuno” sia molto solida.
E se proprio vogliamo insegnare qualcosa alle elementari, caro Gramellini, insegniamo il giochetto delle priorità, ovvero che non si puo’ fare una cosa e l’ altra (sento già risuonare la vuota obiezione) visto che viviamo in un mondo di risorse limitate.
In caso contrario facciamo TUTTO (compreso il contrario di TUTTO) e non se ne parli più.
P.S. Naturalmente il mio suggerimento non è serio, visto che chi lotta contro il femminicidio – secondo me - conduce essenzialmente una “battaglia esistenziale”, una specie di crociata che ha come scopo primario quello di riempire la vita di chi la conduce. Lo psicologo parlerebbe di “impegno vitale”. Insomma, qualcosa lontano anni luce dall’ altruismo razionale.
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Keynes is slowly losing (winning?)

Keynes is slowly losing (winning?):



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Critica all' economia

La migliore mette al centro l' innovazione. Il capitalismo è lo sviluppo per innovazione e non per accumulo di capitale.

La presenza dell' innovazione rende ancora più precari i matematismi dell' economia moderna.

L' innovazione sbaraglia i pessimismi classici: Malthus (sovrapopolazione) Ricardo (dominio dei proprietari terrieri) Marx (sfruttamento e salario di sopravvivenza) Marcuse (alienazione).

L' innovazione probabilmente sbaraglierà i pessimismi contemporanei: ambiente, irrazionalità, alienazione, diseguaglianze.

La tesi di Picketty: i soldi escono dai soldi, i ricchi saranno sempre più ricchi e le diseguaglianze si amplieranno. R>g.

Il pessimismo di P. attinge da Malthus, Ricardo e Marx. Tre studiosi di razza ma non proprio tre grandi profeti. Non ne hanno azzeccata una, specie Marx, lo scienziato sociale con il curriculum più fallimentare.

Da meditare: P. sostiene che i ricchi saranno sempre più ricchi ma non che i poveri saranno sempre più poveri. E in effetti il salario dei lavoratori è aumentato del 3000% nei due secoli di capitalismo. Il messaggio di P. è destinato quindi a preoccupare gli invidiosi più che i lavoratori egoisti.

Inoltre la relazione r>g (che esiste da sempre) non sembra collegata con le diseguaglianze, che nella storia vanno e vengono.

Recentemente sono cresciute? Ma molte sono da imputare ai governi, specie quando restringono la possibilità di costruire, oppure quando agevolano la residenza ai petrolieri arabi. Si tratta di misure benemerite, nessuno le critica, ma se ne prenda atto.

Ci sono poi posti al mondo dove la torta della crescita va interamente ai lavoratori, ne cito due: Corea del Nord e Somalia. Vi piacciono?

Purtroppo P. si cura delle diseguaglòianze e non del miglioramento degli ultimi, e così manca di dare una serie di dati essenziali. I salari sono aumentati del 2900% dal 1800 a oggi e l' innovatore incamera in profitti giusto il 2% della ricchezza che crea. Gran parte di questo arricchimento si è realizzato prima degli anni 40, ovvero senza welfare.

P non tiene conto della distruzione creativa e dei passaggi di mano del capitale.

oggi la diseguaglianza più allarmante è quella tra lavoratori: i neo ricchi lavorano 15 ore al giorno! E i compensi dei super manager? Bè, quelli sono lavoratori, solo dotati di grande capitale umano (un elemento completamente trascurato da P).

L' errore decisivo di P.: non tener conto di come risponde l' offerta all' aumento dei prezzi e all' addensarsi della ricchezza. Se un settore è particolarmente profittevole si moltiplicano gli accessi e le innovazioni per creare alternative.

Il concetto di diseguaglianza usato da P è quello illuminista francese. Grave errore non favorire quello scozzese quando la modernità si basa su quell' insegnamento.

Le definizioni di povertà su cui ci si basa sono poco serie e privilegiano il concetto fallato di "povertà relativa" ma questo è solo un modo per confondere le acque.

La distorsione principale di P. è di natura etica: lui non colpisce il capitalismo (che esiste da sempre) ma il liberalismo (libertà + dignità), ovvero una teoria etica che esiste da due secoli e che invita a tollerare le diseguaglianze in nome delle generazioni future.

In P. si reitera l' errore tipico della sinistra: la società è una famiglia. Tuttavia le differenze tra famiglia e società aperta sono enormi.

La lezione che traiamo: la peggiore destra è afflitta da un egoismo insanabile che fa fuori gli altri la migliore sinistra da un egoismo insanabile che fa fuori le generazioni future.

Da dove ci arriva la laicità

Emerge distinguendo l' etica della virtù dalla deontologia. Bisognerebbe coltivarle entrambe.

Solo la prima mette a rischio la laicità.

Solo la seconda ci impoverisce e si rischia la deriva relativista.

mercoledì 26 novembre 2014

The Dark Side Of Divorce

The Dark Side Of Divorce | Slate Star Codex:



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S' indebolisce l' ipotesi genetica.

Il divorzio danneggia i bimbi ma anche la famiglia conflittuale che resta unita li danneggia. Esiste un divorzio di fatto non sanzionato che va punito.

How Can Meditation Help You Control Your Mind?

How Can Meditation Help You Control Your Mind?:



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Per la serie: le vie alternative al paternalismo.


Importante l' introspezione. Noi cattolici fortunati ad avere l' esame di coscienza.

martedì 25 novembre 2014

Una teoria dell' aborto

fetusz
1. Introduzione
Non è facile parlare di aborto, oltre ad essere un argomento delicato in sè, la discussione è continuamente fuorviata da fedi, interessi e ideologie che interferiscono in modo improprio sul ragionamento.  Mi limito a tre esempi per chiarire cosa intendo.
In passato, c'è chi ha messo in luce un collegamento tra calo del crimine e introduzione delle pratiche abortive. Può darsi che le coppie più imprudenti dal punto di vista sessuale siano anche più a rischio per cio' che riguarda i comportamenti criminali, oppure che un figlio non voluto sviluppi più facilmente certe inclinazioni malsane. Più probabilmente opera una combinazione di questi due fattori. Sebbene la notizia sia rilevante per l' utilitarista che è in noi, non dovrebbe spostare di molto il giudizio etico che diamo dell' aborto. Basterebbe riflettere sul fatto che, stilando opportuni protocolli genetici, esistono diversi modi per ottenere una società più linda e progredita, ciononostante seguire una simile via ripugnerebbe anche all' osservatore più cinico. Evidentemente il tema etico e quello pragmatico sono staccati tra loro ed è opportuno che rimangano tali.
Altro esempio di interferenza: il tema femminile. Certe soluzioni al problema etico dell' aborto potrebbero penalizzare le donne (sono loro a partorire) e questo fatto, sempre sullo sfondo della discussione, finirebbe per inquinare in molti modi la discussione, pensate solo a come verrebbe turbata la serenità di chi professa un’ ideologia femminista.
Altro esempio di interferenza: la Chiesa Cattolica è da sempre esposta su questo fronte e raggiungere certe conclusioni potrebbe suonare come un attacco al prezioso deposito della fede. Non è così poiché ragione e fede viaggiano pur sempre su binari separati e la pretesa che i due binari procedano appaiati, almeno fino ad un certo punto, va verificata in modo indipendente. Cio’ detto, resta ostico un sereno confronto che coinvolga i cattolici.
Ebbene, qui il mio obbiettivo è di depurare il dibattito da queste indebite interferenze al fine di isolare il mero problema etico. Mi rendo conto che chi non crede nella ragione, troverà a dir poco pretenzioso un simile obiettivo.
Per formulare una teoria completa dell' aborto bisogna rispondere a due domande: 1) quando inizia la vita umana? e 2) esiste un diritto alla vita per il feto qualora sia riconosciuto come "vita umana"? Per ognuno dei cruciali quesiti si possono formulare diverse ipotesi che, combinate tra loro, danno origine ad una quarantina di teorie sull' aborto. Probabilmente, il volenteroso che intende approfondire si forma un' idea sulla faccenda a seconda di come la sua sensibilità viene investita dal cumulo delle ragioni messe in campo da una parte e dall' altra: è il peso specifico della massa di argomenti a fare la differenza. Qui di seguito, invece, mi concentrerò su quella che ritengo la teoria più solida tra quelle messe a punto e a come riesce a far fronte alle obiezioni più ficcanti.
FETUS5
2. Quando inizia la vita umana
Se Giovanni entra nel tele-trasportatore (cabina A) che distrugge il suo corpo ricostruendolo altrove (cabina B) identico, l' identità di Giovanni si sposta dal vecchio corpo (disintegrato in A) al nuovo (copiato in B)
Quello appena descritto è un caso in cui non esiste continuità tra corpo e identità: l' identità salta da un corpo all' altro.
Un caso rarissimo e, al momento, fantascientifico. Oltretutto basterebbe variare di poco il caso prospettato affinché l' effetto non si produca: se il tele-trasportatore non distruggesse il corpo di Giovanni, l' identità di Giovanni proseguirebbe in abbinata al suo corpo originale, con un gemello perfetto che comincerebbe a vivere in cabina B. 
Al momento non mi vengono in mente altre casi di "discontinuità" tra corpo e identità, diciamo pure che sono rarissimi anche ricorrendo all' immaginazione e che il principio di "continuità" risulta molto solido. La cosa migliore consiste allora nell' adottare di default la teoria continuista (TC) dell' identità: la nostra identità inizia e prosegue in stretta relazione con il nostro corpo.
Chi considera che la vita umana cominci "dalla concezione" lo fa applicando a questi problemi bioetici il principio di continuità: la mia identità sorge quando "inizia" il mio corpo e si sviluppa in continuità con esso.
La TC adotta poi il principio di potenza: in presenza di continuità, cio’ che è in potenza mantiene l’ identità di cio’ che è in essere. Oggi sono esattamente la stessa persona che ero ieri, anche se ho cambiato pettinatura, questo perché la pettinatura di oggi esisteva in potenza anche ieri.
Il principio di potenza è vecchio quanto la filosofia, Aristotele lo adottò per neutralizzare i paradossi sul divenire di Parmenide. Il secondo riteneva che  due cose differenti non possono mai essere la stessa cosa e per risolvere i vari assurdi postulava che il cambiamento fosse una mera illusione. Aristotele, con più buon senso, preferì affermare che l’ identità viene conservata allorché, in un processo continuo, si passa dalla potenza all’ attualità. 
L' obiezione più solida al "continuismo" è la seguente: l' uomo è essenzialmente un essere pensante che sviluppa i suoi desideri nell' area corticale, finché quest' area non emerge e non si organizza (25/33 esima settimana dal concepimento), non possiamo dire che l' essere umano abbia iniziato il suo corso, e questo anche se quella "parte di corpo" emerge e si organizza successivamente in continuità con il corpo dell' embrione alla data del concepimento.
In questo caso, si noti, sarebbe lecito produrre corpi acefali, magari attraverso clonazione, che forniscano pezzi di ricambio sempre pronti alla bisogna per il clonato. ma non voglio soffermarmi troppo su questo caso poiché molti "corticalisti" sono tranquillamente disposti ad accettare un' opzione del genere.
Per valutare l' obiezione, di solito, ci si concentra invece sul caso dell' uomo in stato comatoso:
... Giovanni giace in coma in un letto di ospedale, le sue funzioni cerebrali sono al momento ko. Fortunatamente, noi sappiamo che si riprenderà, che tornerà a vivere normalmente tra nove mesi. Purtroppo non avrà alcun ricordo della sua vita passata, dovrà riformare da zero le sue esperienze ma potrà farlo con funzioni cerebrali pienamente ristabilite...
Nessuno di noi pensa che sia lecito uccidere Giovanni mentre è in coma, nemmeno il più radicale dei "corticalisti". 
Ma che differenza c' è tra Giovanni e un feto? Entrambi sono destinati ad acquisire una rete corticale ben funzionante. Entrambi non hanno (o hanno perso per sempre) l' esperienza di una vita passata.
A questo punto i difensori dell' "opzione corticale" introducono il concetto filosofico di "desiderio disposizionale" (DD): ci sono desideri che esistono anche a prescindere dalla loro produzione meccanica. In questi casi il funzionamento del cervello è un requisito secondario.
Io voglio una "buona vita" anche se il mio cervello in questo momento non sta affatto lavorando per produrre esplicitamente un simile desiderio. Magari ne sta producendo un altro (desiderio attuale), che consiste nella necessità di consumare al più presto un cappuccino con brioche, ma il desiderio della "buona vita" esiste anche in assenza di attività cerebrale, lo possiamo dare per scontato, aleggia sopra il mio cervello. D' altro canto è ben difficile immaginare un desiderio del genere in assenza totale di cervello visto che nessuno crede ai fantasmi. Ecco allora cosa differenzia Giovanni dal feto visto che il secondo fino alla 25esima settimana non ha un cervello e quindi nemmeno un DD.
A me la teoria del DD non convince, mi sembra tanto un concetto introdotto ad hoc per distinguere Giovanni dal feto. Al limite potrei accettare come ragionevole l' inferenza che il cervello di Giovanni, una volta ripristinato, desideri la vita: avendo una vita pregressa fare inferenze statistiche è del tutto lecito. Ma questa inferenza, purtroppo per i "corticalisti", non basta a differenziare in modo sostanziale Giovanni e il feto: 1) nell' esempio abbiamo postulato che il nuovo cervello di Giovanni sarà diverso dal vecchio e 2) difficile pensare che anche il cervello futuro del feto sia tale da non desiderare di vivere: è vero, il cervello in questione non ha una vita pregressa ma possiamo pur sempre osservare una quantità praticamente infinita di cervelli simili a lui, l' inferenza statistica sarebbe anche più attendibile che nel primo caso.
La teoria "dal concepimento", legata com' è al solido principio di continuità, mi sembra ancora il candidato più presentabile allo scrutinio della ragione. 
A questo punto ci sarebbe da dire che esistono almeno 5/6 teorie etichettabili come "dal concepimento" ma per gli scopi limitati che mi propongo in questo spazio non vale la pena di introdurre ulteriori distinguo.   
FETUS1
3. Esiste un diritto alla vita?
Molti pensatori abortisti ammettono tranquillamente che il feto sia una vita umana completa dal concepimento ma negano che esista per lui un diritto alla vita.
Anche se un diritto del genere ci sembra fondamentale, non dobbiamo meravigliarci, esistono molti casi in cui noi siamo disposti a negare il diritto alla vita: nel caso della legittima difesa, nel caso della pena di morte, nel caso dello stato di necessità...
In fondo tutto puo' essere ricondotto all' annoso problema ben conosciuto dai moralisti di tutte le epoche: il fine giustifica i mezzi?
La Chiesa Cattolica di solito affronta queste questioni con la teoria del doppio effetto (TDE).
La TDE ci dice che in certi casi il male prodotto dalla nostra azione è accettabile, e in merito veniamo invitati  a distinguere tra meri "mezzi" ed "effetti collaterali prevedibili" (ECP).
Nella teoria della guerra giusta, per esempio, la Chiesa potrebbe autorizzare un bombardamento anche quando si sa con certezza che ci saranno vittime innocenti. La moralità del bombardamento deriva dal fatto che le vittime sono un ECP e non un mero mezzo per ottenere il nostro obiettivo.
[Inutile aggiungere che in casi del genere deve comunque essere rispettata una certa proporzionalità tra fine ultimo benefico e conseguenze malvagie]
Nel caso dell' aborto esiste invece l' intenzione diretta di uccidere il feto, per quanto in vista di un fine benefico (la felicità della donna o di altri). In un caso del genere l' azione malvagia è un mero mezzo e non un ECP. L' intenzione del male è "diretta" e non "obliqua".
La TDE è una teoria rispettabile ma soffre di alcune lacune: non è sempre facile distinguere il "mezzo" dall' ECP.
I detrattori della TDE illustrano in modo vivido le sue debolezze ricorrendo al caso del "famoso violinista".
Un "famoso violinista" soffre di una grave malattia che lo condurrà presto alla morte se non verrà reperito un soggetto portatore di sangue e midollo compatibili. Costui dovrà poi prestarsi all' oneroso sacrificio di giacere nel letto con il famoso violinista affinché i medici possano realizzare la difficile operazione di osmosi tra i due soggetti. Gli adepti della Società della Musica, disperati dall' idea di perdere un genio unico, individuano in Giovanni il soggetto che puo' salvare il loro beniamino, lo rapiscono nottetempo narcotizzandolo e lo introducono nell' ospedale connettendolo con perizia al "famoso violinista" per poi darsi alla fuga. Il mattino dopo Giovanni si sveglia schiena a schiena con il "famoso violinista" e carico di flebo, davanti a lui un' equipe di medici che gli rivolge questo inquietante discorsetto: "stanotte è successa una cosa incresciosa e siamo molto dispiaciuti per lei, la polizia è già al lavoro per rintracciare i responsabili, sta di fatto che non si puo' tornare indietro e ora la sua condizione è irreversibile. La persona alle sue spalle è un "famoso violinista" che morirà senz' altro qualora lei decida di alzarsi dal letto per tornarsene a casa. Per salvarlo da morte certa lei deve restare dove si trova ora per almeno nove mesi (o nove anni). Sta ora alla vostra coscienza decidere, se opta per salvare la vita al "violinista famoso", tanto di cappello, se invece preferisce tornare dalla sua famiglia, noi, francamente, non riusciamo a biasimarla. Decida in piena libertà". Non c’ è che dire, ora Giovanni ha davanti un bel problema etico.
Di solito la nostra posizione più naturale è vicina a quella dei medici: ammiriamo Giovanni qualora si presti a sacrificare nove mesi (o nove anni) della sua vita per salvare il "famoso violinista". D' altro canto, non riusciamo del tutto a condannarlo qualora stacchi i cavi per tornare alla sua vita e alla sua famiglia. 
In assenza di condanna esplicita ammettiamo che non esista un dovere etico a restare in quel letto per nove mesi (o nove anni), eppure la TDE sembrerebbe postulare un simile dovere: staccare i cavi alzandosi dal letto è un omicidio diretto, un mezzo attraverso cui riprendo possesso della mia legittima libertà.
Perché la TDE sembra valere per il feto ma non per il "famoso violinista"?
Ciascuno vede che le disanalogie tra il caso del violinista e quelle del feto abbondano, il problema è se ne esistano di rilevanti. 
Innanzitutto, i feti non piovono dal cielo come gli Amici della Musica che irrompono inattesi nella casa dell' incolpevole Giovanni. Questa osservazione potrebbe essere rilevante circa le responsabilità contrattuali dei genitori. 
Cio' detto, si puo' sempre rispondere che la coppia imprudente, per il solo fatto essere tale, non si fa carico di alcun impegno verso un soggetto che al momento della loro imprudenza nemmeno esiste. Come si fa ad impegnarsi verso chi non c' è? Per quanto un contratto possa essere implicito, devono per lo meno esistere le parti. Di sicuro i genitori non sono "innocenti" come lo è Giovanni, ma nemmeno esiste un loro impegno pregresso a prendersi cura del bambino. Non devono nulla al bambino, anche se sarebbe bello che se ne prendessero cura. Insomma, la loro situazione su questo punto non è poi così diversa da quella di Giovanni. Inoltre resterebbe comunque escluso l' aborto in seguito a violenza.
Altri ritengono invece che esista comunque una responsabilità genitoriale (non contrattuale) ben definita. Mi sembra francamente che si voglia risolvere il caso introducendo un dovere ad hoc. Anche questa disanalogia mi sembra poco pertinente.
Forse dobbiamo vedere più nel dettaglio la condizione di Giovanni: ammettiamo ora che per riguadagnare la sua vecchia vita Giovanni debba, prima di alzarsi dal letto, accoltellare ripetutamente il "famoso violinista". In un caso del genere saremmo senz' altro meno propensi a concludere che dopotutto il povero Giovanni ha il pieno diritto di agire in questi termini.
Quanto più l' azione malvagia richiede un coinvolgimento diretto, tanto meno ci sembra lecita.
Chi è rapito con la forza ha il diritto alla fuga ma ha il diritto a sacrificare un ostaggio innocente rapito con lui? 
Forse dipende cosa intendiamo per "sacrificare": se Giovanni e Giuseppe vengono rapiti in coppia e a Giovanni viene promessa la liberazione qualora uccida a coltellate Giuseppe, probabilmente non esiste un diritto che consenta a Giovanni di procedere in questi termini mantenendosi nel giusto. Ma se ai due ostaggi viene detto che la loro fuga innescherà delle ritorsioni, questo non annulla del tutto il loro diritto morale a scappare qualora si presenti un' occasione favorevole.
Torniamo al nostro caso. Per abortire bisogna uccidere il feto con un' operazione complessa chiaramente mirata ad ottenere quell' obbiettivo, anche se, ovviamente, si tratta di un obbiettivo intermedio meramente strumentale ad altri fini. 
Giovanni, invece, provoca la morte del violinista semplicemente alzandosi dal letto e proseguendo la sua vita normale. E' vero, deve staccare i cavi, ma la cosa viene descritta come un' operazione talmente semplice da assomigliare più ad un' omissione che ad un' azione vera e propria. Tanto è vero che se nell' esempio noi sostituiamo il semplice distacco dei cavi con le coltellate ripetute, il giudizio morale cambia anche se la sostanza degli eventi non cambia affatto.
La disanalogia fondamentale tra il caso del feto e quello del violinista consiste allora nel fatto che il primo viene ucciso, il secondo viene fatto morire.
Sembra cruciale la distinzione tra "uccidere" e "lasciar morire", tra fare ed omettere. Un conto è quando noi facciamo il male, un conto è quando lasciamo che il male si compia.
Purtroppo una simile distinzione non è ben vista dalla Chiesa Cattolica che, per ragioni che qui tralascio, non fa una grande differenza tra peccati di omissione e peccati di azione. Per un libertario, invece, introdurre la distinzione fare/omettere (F/O) è invece la cosa più facile del mondo.  
Se solo la Chiesa integrasse la TDE con la distinzione F/O rinforzerebbe la sua difesa razionale dei deboli. Purtroppo una simile distinzione introduce elementi di libertarismo che cozzano con la posizione presa in altri campi, per esempio quello attiguo dell' eutanasia.
FETUS2
4. Conclusioni
Una teoria razionale dell' aborto deve rispondere a due domande: 1) quando inizia la vita del feto? 2) esiste per il feto un diritto alla vita?
Sul primo tema, la TC sembrerebbe prevalere sulla TDD, il che mi fa ritenere che la vita umana cominci dal concepimento.
Sul secondo tema, la TDE, opportunamente integrata dalla distinzione F/O, sembra superare l' obiezione del "violinista" attribuendo al feto un pieno diritto alla vita.
In conclusione vorrei solo dire che le regole etiche di cui ho discusso qui hanno natura deontologica, in quanto tali non penso abbiano valore assoluto. Detto in modo più esplicito, la spinosa questione della proporzionalità resta sempre rilevante: che diremmo di Giovanni se nell' esempio del violinista avessimo postulato una "connessione" necessaria di 9 anni anziché di 9 mesi? E se postulassimo una connessione per tutta la vita? A quel punto molte conclusioni potrebbero mutare e forse anche l' opzione delle "coltellate liberanti" diverrebbe plausibile.

AGGIUNTE

  1. Come mai tra gli anti-abortisti non si sente la voce degli utilitaristi? Eppure dovrebbe essere una delle più rumorose:
    1. L' utilitarista massimizza la felicità ed è quindi chiamato al confronto tra la la felicità di una vita (quella che il bambino vivrebbe se non venisse abortito) con la felicità dei nove mesi di gravidanza. L' esito del confronto non è scontato ma diversi elementi lo rendono piuttosto facile.
    2. Innanzitutto la lunghezza: una vita media dura 70/90 anni è difficilmente paragonabile con nove mesi di vita.
    3. Eseguire l' aborto non è una passeggiata: i nove mesi sono brevi ma sostituendoli con l' aborto non si fa un grande affare in termini di felicità per la donna. Ci sono conseguenze psicologiche.
    4. Non si dica che oltre ai nove mesi bisognerebbe considerare tutto il periodo di accudimento: c'è una fila lunga da qui a lì che attende di adottare, basta volerlo.
    5. I figli non voluti diventano generalmente figli voluti in tempi brevi, spesso appena nascono. Gli studi psicologici sono abbastanza concordi su questo importante punto.
    6. E la felicità del bambino?: in genere la gente non si suicida, in genere la gente è grata di vivere. Forse i bambini non voluti lo saranno un po' meno, tuttavia si puo' credibilmente presumere che lo siano anche loro.
    7. Si obbietterà: con una logica del genere saremmo obbligati ad avere tanti bambini. Bè, non mi sembra una conseguenza tanto imbarazzante, sempre inteso che non tutti i doveri sono anche obblighi (morale supererogatoria).
    8. Si obbietterà: e Malthus? Rilassiamoci, siamo ben lontani da una preoccupazione del genere, specie nelle società avanzate.
    9. Spesso gli effetti dell'aborto vengono minimizzati a causa di un bias cognitivo che gli psicologi conosco sotto il nome di "avversione alle perdite". E' più grave essere abortiti o essere stuprati? Pensate alla vostra situazione, pensate cosa vi avrebbe sottratto il primo atto e cosa vi avrebbe sottratto il secondo. Messa in questi termini la questione è posta in modo razionale ed evita la trappola della "loss aversion": noi tendiamo a valutare meno una cosa per il semplice (e irrilevante) fatto che non la possediamo.
    Continua.
  2. Regolamentare l'aborto fa nascere più bambini demand aimed regulations, primarily waiting periods and parental consent laws, reduced abortion demand significantly among clinics. Estimates from the demand model show that abortions are both price sensitive and that patients substitute across the different types of providers https://www2.bc.edu/~beauchaa/asdynamics.pdf
  3. Molti sostengono che la persona si identifica con il suo cervello e che quindi finché non viene ad esistere quest'ultimo il feto puo' essere abortito. Due risposte: 1) nel feto il cervello esiste già in potenza, anche nel dormiente il cervello è inerte, come se non ci fosse solo in potenza 2) l'identificazione tra cervello e persona è smentita da due esperimenti mentali: trapianto dei cervelli e teletrasporto.
  4. The Problem of Abortion and the Doctrine of the Double Effect di Philippa Foot
    • dde: 4 condizioni: 1 natura (l atto deve essere moralmente indifferente o buono) 2 mezzo (non deve essere un mezzo diretto) 3 intenzione 4 proporzionalità
    • aborto e asportazione dell utero
    • @@@@
    • K/LD (distinzione killing/let die)  rilassa DDE e gli consente di superare l ob. del violinista preservando l interdizione dell aborto
    • DDE=>no aborto
    • il violinista di thompson supera DDE
    • K/LD supera il violinista
    • decisivo: x abortire devi uccidere x abbandonare il violinista al suo destino basta che tu vada x la tua strada
    • Źzzzzzzzzz
    • quello che vuoi e quello che prevedi
    • un azione è volontaria se 1 costituisce un fine o 2 costituisce un mezzo
    • distingui tra effetto collaterale e mezzo
    • difficoltà a distinguere il mezzo dall effetto collatrrale:  lo speleologo grassone
    • il commerciante di olio avariato e il becchino in cerca di ordini
    • il giudice che condanna x evitare rivolte
    • distinzione tra dde e kld
    continua
  5. Abortion and killing in defense of others Jason Brennan
    • Ipotesi: l aborto equivale all assasinio
    • La dottrina della legittima difesa vale anche x i terzi
    • Immediatezza del pericolo: soddisfatta x la common law
    • Ipotesi di chi crede nell ipotesi ma vorrebbe condannare
    • 1 nn bisogna fare i vigilantes
    • 2 bisogna obbedire alla legge
    • 3 bisogna usare mezzi pacifici
    • 4 fare così è controproducente
    • 5 gli abortisti sono inconsapevoli
    • 6 la condanna dell aborto è controversa
    • 7 gli altri si vendicheranno
    • Nessuna di qs ragioni sembra reggere
    • Imho: attribuire una prob all ipotesi in modo da poter condannare l assassino di assassini prob.
    • Why can't the pro-lifer argue that abortion is always killing, but not always murder, and that legal penalties and culpability judgments should be adjusted accordingly?
    continua
  6. Si diceva... con aborto legalizzato e contraccettivi sempre disponibili non ci saranno più figli indesiderati... ma il tasso dei bimbi nati in coppie non stabili prima della "grande rivoluzione" era l'8% mentre oggi è dell'40%... Cos'è andato storto?
  7. Per l'abortista il feto è "vita umana" (completa) ma non è "persona umana", quindi ne discende che a lui non spettino diritti. Per l'anti-abortista il concetto di "vita umana" non è separabile da quello di "persona umana". Ogni vita umana è anche persona (le gradazioni della personalità poi sono varie). Ecco, uno puo' pensarla come crede ma la visione anti-abortista è più semplice: se "vita umana" e "persona umana" coincidono, allora possiamo fare a meno di uno dei due concetti. Chi per sostenere le sue tesi nn puo' fare a meno di uno dei due concetti viola almeno su questo punto il principio del "rasoio di Occam" ed è perdente in una discussione razionale.
  8. A volte sembra che per la Chiesa Cattolica la volontarietà degli atti conti poco. C'è una recisa condanna all' utero in affitto, anche quando gli atti compiuti sono tutti volontari si parla di "schiavizzazione" della donna.

    Altre volte l'atto volontario fa una differenza abissale: quante messe di suffragio diciamo per i bambini morti di aborto spontaneo nei primi giorni di vita, quelli della cui esistenza la donna nemmeno si accorge? Eppure sappiamo con certezza che sono molti, nonostante questo il loro anonimo passaggio ci lascia indifferenti; l'uccisione volontaria tramite aborto volontario, per contro, condannata alle fiamme eterne.

    Ma allora, che peso dare alla volontarietà degli atti?
  9. Piccolo manuale di apologetica di Rino Cammilleri - Mario Palmaro e l'aborto
    • chi nega all embrione natura umana dovrebbe dirci se è un minerale o cosa
    • è solo un' emanazione umana come lo spermatozoo? ma lo spermatozoo non evolve spontaneamente in un uomo. nell embrione, invece c' è già tutto l uomo in potenza, non solo, questa potenza si attualizza in modo spontaneo se non subisce interferenze attive. il patrimonio genetico è già tutto lì ed è in atto
    • hai dei dubbi? nella ns civiltà giuridica in dubbio pro reo
    • la vita comincia all atto della fecondazione, 12/18 ore dopo il concepimento. parlare con un neologismo di pre embrione è insensato e pleonastico. uno spreco di energie
    • l embrione nn è solo vita in potenza come un blocco d argilla è una statua in potenza. questa potenza, diversamente dall argilla, si autorealizza perchè sono già in atto tutte le informazioni e la materia necessaria. i biologo (vescovi e boncinelli) lo sanno: c' è continuità di processo dal concepimento in poi
    • ma l uomo non è ragione? la ragione esiste in potenza (nel senso) anche nell embrione. sarebbe assurdo pretenderla già in atto. se qs fosse il criterio allora persone meno razionali di altre sarebbero anche meno "persone".
    • perché non distinguere tra vita umana e persona umana. perchè 1 è un pleonasma di comodo 2 chi c'ha provato è scaduto nella barbarie. quando non consideri persone certi uomini di solito si finisce male. boezio: dove c' è individuo c' è persona. holmes: a man is a man. 
    • peter singer vuole far fuori i ritardati. tragicamente coerente
    • la chiesa del passato nonché tommaso giungevano a conclusioni differenti solo perchè applicavano concetti corretti a informazioni differenti. la scienza oggi ci rende edotti di cose che prima nn sapevamo. ci basta applicare i concetti dei padri alle nuove info
    continua
  10. La persona umana emerge solo allo spuntare delle cellule neuronali?

    Ammettiamo che esista una "droga dello stupro", ovvero una droga che se somministrata muta la personalità del paziente rendendola più leale e accondiscendente. Ora ammettiamo che Giovanni la dia a Giovanna e la stupri. Una volta denunciato Giovanni si difende: poiché Giovanna non si concedeva o deciso di provarci con X, ovvero con un altra persona. Condannatemi pure per aver alterato la sua bevanda ma non per stupro poiché con X il rapporto è stato consenziente.

    In genere noi tutti riteniamo assurda questa difesa.

    Ma se ci pare tanto assurdo che un cambio di personalità comporti un cambio di identità, evidentemente le due cose non coincidono: l'identità non si identifica con la nostra razionalità. 
  11. Liberarsi dei demoni di Giorgio Israel
    • Cap 10 il dibattito sull embrione
    • Sartori: la vita nn è sempre vita umana. L uomo è autocosciente ha uno spirito... da qui la d1istinzione tra embrione e uomo. Ma qui si apre la vorabine: quando inizia la vita umana? Quando un essere diventa autocosciente a 1 anno? E i ritardati?
    • La posizione metafisica di chi considera l embrione solo materia. Ma allora quando entra l anima? Due posizioni 1 mai (ma allora anche l uomo è solo materia) 2 lo decide la scienza (ma per la scienza l embrione è in continuità con l uomo.
    • Ma chi si oppone all eterologa vuole ostacolare la scienza. E einstein che invocava la cessazione della ricerca nucleare?
    • Quando l anima entra in un corpo? Boncinelli: il progetto di vita comincia con l embrione e nn presenta discontinuità.
    continua
  12. Are abortion views sexist? By Katja Grace
    • Il giudizio sotto accusa: abortire xchè è femmina è sbagliato abortire xchè nn me la sento è coretto
    • obiezione: ma nessuno odia le donne in quanto tali le si evita x motivi pratici.
    • *****
    • Premessa 1: Abortion isn’t too bad according to half of Americans
    • Premessa 2: Selective abortion of female fetuses, on the other hand, is horrific according to both ends.
    • Conclusione: This is either hypocritical or extremely sexist.
    • Aborting someone because they are female is wrong. Aborting someone because you don’t want to look after them is compassionate. Ma: Gender specific abortions are common for economic and other pragmatic reasons too, not because people hate females especially.
    • The most feasible explanation for this inconsistency then is sexism in favor of females being



    continua
  13. Obiezione di Saviano (all'obiezione di coscienza): «In Italia la 194 non funziona a causa del numero, altissimo, di medici antiabortisti […] Ormai si va all’estero anche per abortire». Risposta. E’ una tesi rilanciata da tempo anche da una parte del movimento neofemminista italiano ma priva di fondamento. Per comprenderlo basta rileggersi l’ultima Relazione del Ministero sull’applicazione della Legge 194/’78 nella quale si fa presente come  «fin dai primi anni di attuazione della Legge 194, il personale sanitario» abbia «esercitato in percentuali elevate il diritto all’esercizio dell‟obiezione di coscienza» (p. 5): lasciare intendere che un tempo le cose fossero diverse e che «ormai si» vada «all’estero anche per abortire» significa dunque non conoscere l’argomento. Inoltre, tornando alla Relazione ministeriale si legge come il solo vero aumento di obiettori sia avvenuto nel 2005, per poi stabilizzarsi o perfino decrescere: «Si è passati dal 58.7% di ginecologi obiettori del 2005, al 69.2% del 2006, al 70.5% del 2007, al 71.5% del 2008, al 70.7% nel 2009 e al 69.3% nel 2010 e nel 2011» (p. 40). Al personale non obiettore, a conti fatti, toccherebbero 1,4 aborti a settimana: non uno sforzo pazzesco e che tale diventa solo in mancanza di adeguata organizzazione interna a strutture e ospedali
  14. Abortire significa uccidere una persona? Argomenti per il sì: https://wordpress.com/post/fahreunblog.wordpress.com/4727

La religione fa bene all' economia





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venerdì 21 novembre 2014

25 settimane

Alcuni filosofi ritengono che l' essere umano cominci la sua vita allorché la materia corticale inizia  ad organizzarsi nel suo cranio, ovvero 25/32 settimane dopo il concepimento. Questo perché si pensa che l' essenza dell' uomo risieda nella sua capacità di avere dei desideri e questa capacità diventa operativa con la presenza di un' attività corticale.

Di solito a costoro si obbietta con il caso dell' uomo in stato comatoso: un soggetto con attività cerebrale pari a zero. Nessuno ucciderebbe chi si trova in questa condizione, specie se destinato a riacquistare la sua coscienza.

Se poi ipotizziamo che il risveglio avverrà dopo nove mesi e con una coscienza da riformare completamente (la vecchia è perduta), ecco che si stabilisce un' evidente analogia con il feto: il comatoso ristabilito sarà un uomo nuovo a tutti gli effetti.

Non ho mai incontrato una risposta articolata a questa obiezione, oggi finalmente ne ho letta una.

E' quella del filosofo David Boonin, imperniata sul concetto di desiderio disposizionale DD.

Il DD non non è un desiderio prodotto ma un desiderio sotteso: noi desideriamo una buona vita ma il nostro cervello non produce in continuazione questo tipo di desiderio. Tuttavia, per postulare l' esistenza di un DD occorre pur sempre una base materiale, un cervello. Ripeto, non è necessario che il cervello funzioni poiché non deve produrre proprio niente. Il cervello è solo la base materiale che il nostro intuito ritiene necessaria per avere un DD. Ecco allora che si realizza una differenza tra il comatoso - che ha questa base - e il feto prima della 25esima settimana - che non ce l' ha.

A me una soluzione del genere appare un po' astrusa, lo ammetto. Mi risulta difficile postulare l' esistenza di una realtà fluttuante come il DD. Trovo più lineare la soluzione proposta dagli anti-abortisti: la vita del comatoso va preservata perché il suo cervello, anche se momentaneamente fuori uso, tornerà a funzionare. In altri termini: il cervello del comatoso è potenzialmente funzionante. Ma anche il feto appena concepito contiene in sé la base materiale per un cervello potenzialmente funzionante. Questa CONTINUITA' preserva sia il comatoso che il feto.

Qualcuno potrebbe dire che DD non è una realtà fluttuante ma una realtà inferita della vita passata del comatoso. Qui non ci siamo per almeno due motivi: 1) e se il comatoso è destinato a risvegliarsi con una nuova coscienza? 2) è ragionevole pensare che anche il feto, una volta adulto preferisca la vita alla morte.

giovedì 20 novembre 2014

Ebola e liberismo

Ebola e liberismo, risposta alla Presidente della Camera | noiseFromAmeriKa:



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Quote

Il miglior argomento a favore: sono un risarcimento per i danni ricevuti dalla storia.

Problema 1: come giudicare l' esistenza del danno?

Problema 2: come accertare il colpevole e la vittima?

1. L' azione di governo impegna a risarcire? Spesso sì, ma solo quando il governo viola la legge che era tenuto ad osservare all' epoca. Anche la legge di un governo schiavista era pur sempre una legge.

2. L' azione di risarcimento è un' azione civile: vanno esattamente individuati vittime e carnefici. Risarcendo con le quopte questo genere di accertamenti viene completamente trascurato.

Puo' darsi che le quote siano un risarcimento morale. Ma lo stato è un soggetto morale? In questo caso potremmo parlare di stato etico.

Conoscere e comprendere

Un pc potrebbe sbaragliare tutti nel gioco dei quiz. La sua capacità di immagazzinare conoscenza è vastissima, saprebbe rispondere praticamente a tutto.

Ma capirebbe le risposte che dà? No.

Perché?

Perché non capisce cosa rende vera - e quindi corretta - la sua risposta.

Un pc non distingue tra finzione e realtà, si limita ad associazioni statistiche.

E' grazie ad una statistica che il pc è in grado di dare una risposta corretta.

Secondo molti scienziati anche il cervello umano funziona così, anche se a livello di connessioni neuronali.

Tuttavia, stando al buon senso il cervello umano è in grado di distinguere realtà e allucinazione, e questo gli consente di comprendere cio' che afferma di sapere.




I bambini sono piccoli scienziati?

Sembrerebbe proprio di no: il principio di realtà dei bimbi non distingue tra realtà sensibile e fantasie bensì tra differenti tipi di immaginazione.

Il bambino/scienziato, così come lo descrivono alcuni psicologi dello sviluppo, osserva la realtà sensibile e lentamente ne inferisce le leggi interne costruendo la realtà ma il bambino reale non procede in questo modo per stabilire cosa per lui è reale e cosa non lo è.

Alcuni esperimenti sorreggono questa conclusione.

Per i bambini Lincoln e Potter sono entrambi personaggi mai incontrati che non hanno visto. Come reagiscono se raccontiamo loro le due storie e poi chiediamo quale dei due è reale?

E tra Lincoln e Mosé?

I risultati sono eterogenei.

Questo ci fa capire che per i bimbi alcune immaginazioni sono incompatibili con la realtà mentre altre lo sono.

Nemmeno i germi sono per loro un incontro abituale.

In altre parole: per fissare il principio di realtà distinguono tra immaginazioni e non tra immaginazione e una realtà sensibile più affidabile delle prime.

Ma per distinguere tra immaginazioni occorre una grande meta-immaginazione! E' proprio grazie a questa facoltà che il bambino costruisce il suo mondo.

I bambini, più che scienziati, sono filosofi.

https://www.bigquestionsonline.com/content/how-can-we-encourage-imagination-early-life

mercoledì 19 novembre 2014

Il mistero del relativismo etico

Il "relativismo etico" è spesso chiamato sul banco degli imputati, gli ultimi Papi ne hanno fatto una sentina di tutti i mali della modernità.

Personalmente, non ho mai capito fino in fondo il significato dell' espressione.

Forse perché tra i "relativisti" fanno bella mostra alcuni tra i "moralisti" più petulanti che sia dato ascoltare oggigiorno.

Ma come è possibile essere "relativisti" e al contempo mostrarsi infervorati come dei Savonarola?

Ecco allora un' ipotesi in grado di dissipare un possibile equivoco.

Assolutisti e Relativisti si scambiano accuse reciproche in un dialogo tra sordi: i primi lo fanno pensando all' etica come virtù, i secondi pensando all' etica come deontologia.

Vediamo di chiarire meglio i termini di questa distinzione.

Se l' etica è deontologica, allora tenere un comportamento etico equivale ad ubbidire ad una regola.

Se invece l' etica è una virtù, allora tenere il retto comportamento è la conseguenza naturale di chi coltiva sane abitudini.

Per la deontologia il problema etico si consuma qui ed ora: che fare? Quale regola applicare? Come "calcolarla"?

Per il virtuista, invece, il problema etico coinvolge una vita: l' educazione ci instilla delle attitudini che poi, nella vita,  ci faranno propendere verso il comportamento più etico.

Prendiamo adesso una virtù specifica: il coraggio. Anche nel linguaggio comune è del tutto normale definire il "coraggio" come un valore assoluto.

Avere poco coraggio non è mai degno di lode, così come è impossibile avere "troppo" coraggio. Infatti, non appena si esagera, non parleremo più di coraggio ma di temerarietà, che è ben altra cosa.

Tuttavia, fateci caso, se pensassimo in termini di "regola" non vale niente del genere. Non esistono regole "assolute", nemmeno per l' assolutista.

Anche se pensassimo alla regola più ovvia: "non uccidere l' innocente", possiamo raffigurarci delle valide obiezioni.

Per esempio, se il sacrificio dell' innocente, magari un vecchio prossimo alla morte, ci consentisse di salvare 10 innocenti, magari bambini, potremmo anche ritenere sensata una trasgressione. Nessuno griderebbe al relativismo. (E se 10 vi sembrano pochi potete provare con 100 o 1000 finché raggiungerete di sicuro un numero a voi consono).

Insomma, la virtù è assoluta, la regola mai. Ecco allora dove si ingenerano equivoci. Il discrimine non passa tra assolutismo e relativismo ma tra deontologia e virtuismo.

Assolutisti e Relativisti se ne dicono di tutti i colori ma forse solo perché i primi hanno in mente un' etica fatta di virtù, i secondi di regole.