mercoledì 3 novembre 2010

Watt

Suonano ognuno per conto proprio senza neanche guardarsi in faccia, se l' altro si fa sentire alzano il volume come si alza un muro. Soffrono ma perseverano. Pedalano vorticosamente senza avanzare. Un vero talento per la bancarotta.

Autismo e impasse.

E' l' oggetto d' indagine che prevale in molti musicisti.

La musica nuova è nuova perchè ci sono cose nuove da dire: nel seicento nessuno sentiva il bisogno di parlare dell' autismo, ma oggi bisogna farlo.

Come possiamo raccontare la fatica di chi sta fermo. Di chi non prende mai il volo. La noia ansante che segue ad una rabbia impotente. Da dove viene la voglia d' infastidire il prossimo nella speranza segreta che ci sopprima.

Leggere il Watt di Becker fa capire una volta per tutte che la cosa puo' essere detta. Ma puo' anche essere suonata?

Innanzitutto, via ogni allegoria, via ogni similitudine, via anche le metafore.

Che resta?

Resta il conato di un' espressione abortita. E forse anche una pietà.



Per il gioco della genealogia farei i nomi di Steve Lacy, Derek Bailey e Captain Beefhart.

Pupillo/Farina/Zerang - Still Life with Commercial - basso/chitarra/batteria -

Berlusconi: meglio amare le belle donne che essere gay

Berlusconi racconta le sue preferenze sessuali e fa il pieno di critiche.

In prima fila coloro che, in altre occasioni, amano esordire annunciando al mondo la loro avversione al politically correct. Seee.

Ma in fondo Berlusconi esprime solo una cultura, magari arcaica (come dice l' autorevole attrice Julianne Moor) ma pur sempre una cultura.

Criticarlo è legittimo, basta che a farlo non siano i sostenitori del multiculturalismo: per questo genere di relativisti le culture hanno tutte pari dignità. Una vale l' altra.

Roger Scruton ha recentemente espresso in modo vivido questo concetto nel tentativo di mettere in croce il relativismo "multiculti". Mi permetto di riproporre quei concetti riprendendo il resoconto di Richard Fulmer:

In his short but thought provoking book, Culture Counts: Faith and Feeling in a World Besieged, British philosopher Roger Scruton offers a critique of multiculturalism. He begins his analysis by asserting that a culture is largely a bundle of judgments – subjective beliefs about what is beautiful, what is art, what is appropriate or inappropriate, and what is or is not funny. Scruton goes on to explore the value of such cultural judgments by examining laughter.
To illustrate his arguments, I offer a thought experiment. First, imagine someone attempting to amuse his friends with the old “Why did the chicken cross the road?” riddle. Very likely the attempt will fall flat, and the stale punch line will not elicit even a groan.

Now suppose that we give the riddle a twist, answering it as a person from history might. For example, Adam Smith: “It was moved as if by an invisible hand.” Thomas Jefferson: “It was in the course of chicken events.” Sigmund Freud: “The chicken witnessed the sex act as an egg.” Likely, the revised versions will receive more positive responses.

Finally, let’s change the riddle again, this time replacing the word “chicken” with a derogatory epithet for a member of an ethnic, religious, or racial minority, and basing the punch line on a negative stereotype of the targeted group. What response could the joke teller expect? Well, if he were a participant in a Ku Klux Klan rally, the reaction might be quite positive. On the other hand, if he were a Harvard professor regaling his peers in the faculty lounge, the response might very well be shocked silence, frozen faces, and demands for his resignation. (I base the latter prediction on the response Larry Summers received for uttering - not a politically incorrect joke - but a politically incorrect fact, namely that that men tend to do better on standardized math tests than do women.)

Why should these three sets of jokes fare so differently? If we believe, as multiculturalism demands, that all cultures are equally valid, the response to each joke should be precisely the same. Each should be greeted with appreciative laughter based on the sympathetic understanding that the teller is trying to entertain us with a joke that is, according to his culture, amusing. One cannot react negatively without insinuating that he judges his own culture superior to that of the teller.
Yet the Harvard professors’ predicted response, if accurate, would seem to suggest that they do consider the Harvard culture to be superior to the Klan’s. This, despite the fact that a majority of the Harvard faculty almost certainly believes in multiculturalism’s fundamental tenet that all cultures are created equal. Their belief, however, would not stop them from attempting to ruin a fellow faculty member’s career for offending their own subjective cultural judgments (as it did not stop them in Larry Summers’ case).

In defense of Harvard professors, might we believe it possible that there may actually be objective standards by which jokes can be judged? Might we muster the courage to assert that a joke that demeans others is objectively inferior to one that merely amuses? Having conceded so much, might we even go so far as to venture that a culture based on love of knowledge and wisdom is superior to one based on hatred and coercive repression of minorities?

I only pose these as questions, of course, lest I be thought judgmental....


All' affiancamento delle "culture" anteponiamo la concorrenza tra "culture". Per lo meno costruiamo avendo sotto delle fondamenta.

Ma chi sono questi incoerenti che sembrano incapaci di pensare e che costruiscono case d' argilla? Fuori i nomi!

Sono molti, inutile fare nomi.

Potrei ricorrere giusto ad uno stratagemma: poichè in fondo si ama criticare una certa schiera umana identificandola per comodità con Berlusconi, in nome della stessa comodità mi limiterò a fare un unico nome: Fahrenheit. Tanto ormai conosciamo bene il tipo umano che sfila in continuazione sul tappeto rosso offerto dal monopolio.

Inutile aggiungere altro.



Annalena Benini sull' omofollia di Berlusconi, autentico sdoganatore della cultura gay.

Chiesa della Pietà e Chiesa di Potere

Dalla conversione dell' imperatore Costantino nacquero essenzialmente due chiese cattoliche. Prima di Costantino, la Chiesa era condotta da un clero impegnato, pagato poco e ascetico, che a volte rischiava deliberatamente il martirio. Questo gruppo e i suoi eredi costituivano la Chiesa della Pietà. Quando però Costantino cominciò a ricoprore la chiesa di privilegi e sussidi, generò una fuga verso il sacerdozio da parte dei figli delle classi superiori, dal momento che le cariche ecclesiastiche davano rendite elevate e garantivano influenza politica. La nuova gerarchia formò la cosiddetta Chiesa di Potere. Era improbabile che un clero di "investitori" fosse ostile ai commerci e, durante l' ascesa del capitalismo, la Chiesa di Potere segnò la strada che adattò le tradizionali preferenze ascetiche della religione alla realtà economica. Se avesse avuto la meglio la Chiesa della Pietà, il cristianesimo, probabilmente, avrebbe continuato a denunciare l' usura e, in generali, a opporsi al profitto e al materialismo proprio come fa ora il mondo islamico.

Con la grande scossa data dalla Riforma, la Chiesa della Pietà fu in grado di riprendere il potere e fu posta fine alla compravendita delle cariche. La Chiesa della Controriforma mostrò una linea anti-intellettuale, nuovi allarmi di eresia si spingevano a soffocare la cultura, così da incoraggiare fraintendimenti a proposito dell' opposizione alle scienze. Inoltre, proprio come la sua controparte puritana e protestante, anche la Chiesa della Controriforma era molto decisa nella sua condanna alle "ricchezze" e vedeva con molto sospetto il fervore commerciale di alcuni centri, nutriva inoltre un malcelato sdegno contro la "modernità" e il "progresso". I capi della Controriforma ristabilirono una fede che si adattava meglio alle economie dirigiste, una fede completamente estranea alle istanze della democrazia e ancor di più a quelle del capitalismo. Fu questo tipo di Chiesa a prevalere nell' Europa meridionale e più tardi nelle colonie del Nuovo Mondo da dove, emerse sempre più virulento un incauto anti-capitalismo che sfociò da ultimo, per esempio, nella teologia della Liberazione.


Rodney Stark - La vittoria della Ragione.

martedì 2 novembre 2010

God bless America

Oggi si vota negli USA, speriamo che dopo tanto sonno suonino le prime sveglie.

Obama ha governato piuttosto male e si accinge ad incassare una sconfitta, cattolici e donne sono i primi a voltargli le spalle. Si discute solo dell' entità e di altri noiosi particolari tecnici, la bocciatura è certa.

Arriva prima del previsto ma per me in questi casi è sempre tardi.

Già, personalmente tiro un sospiro di sollievo nel vedere che l' America resiste, resiste, resiste...

Resiste coricemente alla propria "europeizzazione". E' restia, sente puzza di bruciato: magari le stesse solerti narici sniffassero anche dalle nostre parti.

L' America resta un' eccezione nell' Occidente. Non a caso è anche la locomotiva di quel mondo, tutto il resto va passivamente a rimorchio, nel bene e nel male. la cina ora salta con la ricorso, la giudicheremo quando dovrà saltare da fermo.

C' è stata una crisi finanziaria molto forte, si pensava che fosse venuto il momento delle regole, il momento di metterci un freno, e invece?

Invece impazzano i movimenti libertari in stile tea party, quelli che chiedono meno Stato, meno regole... meno Obama.

God bless America.

Sotto sotto in tanti sapevano che il famoso slogan "Yes, we can" era una fanfaronata. Ma che la cosa venisse a galla tanto presto si poteva anche dubitare. Aribless America.

"You can" che cosa? Sentiamo?

"You can do" una costosa riforma della sanità che colpisce un settore dinamico rimasto solo a regalare innovazione in ambito medico al mondo? E intanto noi copiamo e critichiamo. Importiamo e pontifichiamo sull' inciviltà di chi non cura a sbafo.

Quel che gli americani hanno visto è stato un Presidente che ha preso i soldi dei contribuenti oculati per finanziare i ricchissimi falliti di Wall Street: tanto populismo ma anche tanta, tanta verità in un simile giudizio. E il populismo poi lo scontiamo volentieri visto che dall' altra parte c' è il campione del mondo di specialità.

Che fatica scegliersi un nemico

Con Giovanni Paolo II la Chiesa ha conosciuto un periodo di fioritura riguadagnando il centro della scena mondiale: aveva un nemico che era veramente un nemico dell' Uomo, il Comunismo!

Ce lo ricorda Massimo Franco nel suo ultimo libro, e aggiunge che per riguadagnare autorevolezza lasciandosi alle spalle lo scandalo dei preti pedofili, alla Chiesa occorre trovare un nuovo nemico, magari altrettanto pericoloso, magari da combattere in relativa solitudine, con l' intellighentia ufficiale già traviata e resa inaffidabile, che cerca di recuperare a giochi fatti cavillando pateticamente, proprio come è avvenuto con il Comunismo .

Il relativismo culturale come nemico non mi sembra l' ideale; è troppo vago, in pochi lo sentono come una minaccia. In più, spesso, chi si fregia con il titolo di "relativista", sta solo combattendo una battaglia che nel merito è anche giusta. Inutile impuntarsi sulla sistemazione dei soprammobili quando si ha la sensazione che manchino i mobili.

La Chiesa deve trovare altri nemici; il suo fuoco di sbarramento, per avere successo nel mondo moderno, deve essere al servizio di una battaglia di libertà.

E poi cercarsi un nemico fuori dall' Europa lascia solo l' imbarazzo della scelta. Viviamo in un mondo cristianofobico e ci vogliono intellettuali sopraffini per stare dalla parte dei bombaroli che attaccano ogni giorno, nel silenzio generale, le Chiese cristiane.

In Europa, come nemico vedrei bene lo "scientismo autoritario", quello pronto a limitare l' azione altrui in nome di una statistica o di un esperimento. Un GPP (Grande Padre Pedante) che aspira a regalarci una sicurezza eugenetica al gusto di celophane, che vorrebbe radunearci tutti in un carcere a cielo aperto, un ovile senza il calore del letame ma con sbarre infrangibili, tutti schiavi del Padrone più Buono del Mondo, un tale che sogna il Mondo come una grande Svezia bloccata nel ghiaccio, un posto dove neanche l' angolo più remoto verrebbe risparmiato dall' intridente olezzo di medicinale.

La Chiesa non gestisce forse la maggior parte delle scuole private italiane? E allora cominci da lì, le difenda in nome della libertà, in nome del Rischio, alzi il vessillo della libertà ad insegnare cio' che si vuole senza che l' auto-proclamato esperto di turno si presenti a farci la lezioncina peer reviewed con truppe al seguito e armi in caccia! Alla lunga, così come per la lotta al Comunismo, i Grilli Parlanti diverranno sempre più striduli e per la Chiesa la Storia tributerà forse nuovi onori.

Una società più rischiosa è una Società che la Chiesa deve guardare con favore: non è forse lei l' agenzia assicurativa più efficiente di ogni tempo?

Iena dentro



Andy Moore è uno stregone-minatore che, concentrato come pochi, con la sua oscillante chitarra scava diligente alla ricerca della bestia che ha dentro, possiede un trapano implacabile; DJ Rapture lo sprona dandogli il tempo affinchè raggiunga la giusta cifra alchemica, solo così la trasmutazione dei metalli e della coscienza potrà compiersi.

A volte ci sentiamo minacciati dalla curiosità irrefrenabile di Andy, il maglio della sua chitarra ci irrita: basta! non abbiamo bisogno di andare tanto in fondo; vogliamo più leggerezza, più etere, più levità: aria! Ma lui non sente, al centro del suo cuore sta aquattata una iena dalle gialle lanterne che lo fissa a distanza, deve raggiungerla e stanarla, aprirle la bocca, toccarle la lingua, entrargli in gola per andare poi alla ricerca della iena nella iena. Più si avvicina più quella alza il pelo sul cutrone, la collisione è prossima. Per noi spettatori-bambini è un bau bau che ci fa pensare alla mamma: scappiamo e torniamo a vedere di continuo sedotti dalla bellezza delle brutture e da tutto cio' che, a parole, schifiamo. E' proprio orribile come l' immaginavo, è proprio sublime come la sognavo: la vicinanza e il disvelamento non attenuano in nulla l' allucinazione.



Da grandi, poi, anche noi impareremo annoiati su qualche libro fatto per sbiadire le viste che il mostro passa il novanta per cento del suo tempo a brucare l' erba ed accudire piccoli giocherelloni che sopportano bene il guinzaglio. E che l' alchimia è una truffa da denunciare ai carabinieri (o a striscia).



Andy Moore/Dj Rapture - Our Enemies Have Watches but We Have Time -

genalogia: Rys Chatman

Essere il proprio cervello

Triste sorte.

Fortunatamente...

Remarkably, this internalistic, individualistic conception of ourselves is not dictated by the best natural science...

Credere fa bene

Conferme una dietro l' altra.

In lode dell' irrazionale

Al disincanto segue sterilità.

Niente soldi pubblici al cinema

Due ragioni.

domenica 31 ottobre 2010

Eppure

Eppure...

Ho letto "Resurrezione" di Lev Tolstoj, racconta di come sia dura la vita consumata in un carcere siberiano dove i prigionieri sono sottoposti a trattamenti disumani.

Ma, magari, di scandagliare la vita carceraria vi interessa poco, magari i trattamenti disumani vi turbano e vorreste tanto starne alla larga per godere al meglio il tepore di salottini accoglienti in cui parlare del più e del meno, magari le "vite consumate" non sono esattamente la vostra passione numero uno. Anche se è così, questo libro fa per voi, visto che "fa per tutti".

Tolstoj è stato "il più grande" proprio perchè, con lui, questo genere di paralogismi funziona a meraviglia.

Lui potrebbe parlar di tutto, potrebbe scrivere anche di cose irrilevanti anzi, irritanti, eppure continuerebbe a scrivere "il libro che fa per voi". "Per voi", bè, adesso non esageriamo. "Per me" sì però, di sicuro.

Prendiamo le sue proverbiali tensioni morali, ebbene, sono trapuntate da inesausti e continui guizzi di umorismo legati alle micro-tragedie della vita quotidiana.

Quando le prime stufano, e a me stufano quasi subito, arrivano immantinente i secondi, manco fossero il settimo cavalleggeri, manco il lettore fosse tutto cablato con sensori neuronali che rivelano solleciti i cali di attenzione.

Quando i secondi stuccano, sopraggiunge con tempismo l' agile ponzosità delle prime.

Se questa alternanza desse solo l' aria di ripetersi, il Maestro s' inventa dal nulla un terzo ingrediente facendo subito diventare oro qualsiasi cosa tocchi il suo pennino.

Per carità, lungi da me negare che alcuni inconvenienti arrivino a turbare un simile panorama idilliaco, per esempio: ad ogni finale ottocentesco si addice il crescendo, per ottenerlo è d' uopo non rompere il climax: ecco che allora anche i sapienti equilibri del Maestro devono cedere alle esigenze del Canone.

Fa niente, Tolstoj è talmente ricco che si puo' rimanere appagati da un suo libro anche espungendo un finale crucialissimo che sarebbe il punto di forza per chiunque altro.

E ve lo giura chi si giudica soddisfatto avendo letto il suo libro sulle carceri zariste eliminando la parte ambientata nelle carceri zariste, oltre che tutte le pagine in cui si parla di carceri zariste!

Per questo che è lui il più grande. Nel suo secolo, con Flaubert, è il più grande.

Non c' è nulla di lui che condivido, il suo disgusto per la modernità e i suoi infantili pacifismi renderebbero insopportabile qualsiasi adulto che osasse professarli con la sua iattanza.

Eppure...

Il Vangelo russificato come esce dalla sua rielaborazione contorta, avvelenato e indigesto come viene servito in cucine che sfornano a tutto spiano solo cibi sciapi, mi appare ampiamente travisato.

Eppure...

Le sue indignazioni, i suoi disgusti, le sue vergogne annoiano presto e si rivelano solo come il tipico furore conformista del sedicente "puro" ferito a morte dalla realtà, di chi si vede vittima in croce e non riesce a tirare avanti se non pensandosi in quel modo.

Eppure...

La passione per la filosofia ammorba non poche pagine della sua opera, piegandola spesso al didascalico resoconto di tiritere mediocri e di idee impiegatizie tipiche del pensatore di risulta.

Eppure...

La totalizzante interiorità indicata ripetutamente come unico valore ha la presa di certa reclame raffazzonata quando è in heavy rotation da sei mesi su tutte le più scalcagnate TV private.

Eppure...

La letteratura che veicola conoscenze e disvela realtà all' intelletto? Ma stando ai messaggi espliciti recapitati dal patriarca mi sento profondamente offeso pur nella mia medietà e nella mia intelligenza qualunque.

Eppure...

Eppure, se penso al suo rigo carnoso da cui cola muco, saliva e sangue; se penso al suo modo di far sorridere gli occhi di una comparsa, detrito che la Storia subito abbandonerà sull' argine; se penso alle sue ingiurie, di una ricercatezza addirittura strana; se penso ai suoi silenzi popolari, sempre decorati con colpi di tosse, soffiate di naso, pianti di moccioso; se penso alla gogna in cui incastra il suo nemico ideologico, illustrandone le tare che sono poi le naturali storture del Legno Umano cantate con voce stentorea; se penso a tutto questo, allora mi riconcilio in tempo reale e alzo convinto il mio peana di lettore convertito.

***

N.B. post incompiuto (ndr)

sabato 30 ottobre 2010

Meditazione sul Vangelo del 30-10-2010

Lettura del Vangelo secondo Matteo 22, 1-14

In quel tempo. Il Signore Gesù riprese a parlare loro con parabole e disse: «Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire. Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: “Dite agli invitati: Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».

Il Vangelo ci parla di una "selezione".

Fin qui tutto bene, la cosa non ci scompone: l' uomo moderno vive in una società selettiva, la meritocrazia è al centro o dovrebbe essere al centro tutto, cio' è conforme alla nostra sensibilità.

Nel Vangelo dice qualcosa in più: il meriti si realizza accettando un invito. L' accoglienza passiva è sufficiente. Sarà un "let it be" a salvarci.

Per non opporsi al corso naturale delle cose occorre possedere la nozione di "naturale"; l' uomo moderno rischia di perdere una simile nozione, l' uomo moderno crede al caso e rischia una perdita della dimensione del "senso", dello "scopo". "Senso" e "scopo" sono termini senza i quali il "naturale" è impensabile.

Se con un martello pianto un chiodo, lo uso in modo "naturale"; se invece ci mangio la pastasciutta lo uso contronatura. Il perchè è presto detto: il martello è costruito allo scopo di piantare i chiodi, il suo senso è quello.

Molti uomini del nostro tempo non pensano che le cose abbiano un senso, non pensano che abbianom uno scopo, e quindi non sanno dare un significato alla parola "naturale", non sanno cosa sia un "diritto naturale". La parola "naturale" li mette a disagio.

E' una fortuna che il libertario, accanto al cattolico, sia fra i pochi ad avere ben chiara questa nozione essenziale.

P.S. Nella sua predica Don Cesare ha puntato l' attenzione sul commensale punito per non aver indossato l' Abito Nuziale. La punizione si giustifica per aver violato una regola rituale. Solo l' ingenuo pensa che una preoccupazione del genere rifletta un arcaismo, in realtà la nostra ragione la giustifica eccome. Gli autori moderni che più si sono spesi su questo punto sono i Nobel Thomas Schelling (teoria dei giochi) e August Fredrick von Hayek (ordine economico catallattico).

Appassionate resistenze

Un ricordo della prima guerra civile italiana.

venerdì 29 ottobre 2010

Soldi alla scuola? No, solo agli studenti

"Smettiamo di finanziare gli atenei perché possano 'comperare' i professori e finanziamo invece gli studenti, a condizione che si impegnino, affinché possano comperare dagli atenei servizi formativi "

http://www.swas.polito.it/services/Rassegna_Stampa/dett.asp?id=4028-130400535

Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior...





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giovedì 28 ottobre 2010

Prima e dopo il Futuro

Il pragmatico affronta i problemi uno alla volta, così facendo gli capita spesso di aggravare i problemi che dovrà affrontare l' indomani.

Tuttavia il metodo pragmatico non puo' dirsi stupido: esiste pur sempre un futuro talmente lontano da invocare il disinteresse della persona ragionevole.

Senonchè, una volta fatte fuori le persone ragionevoli, questo futuro diviene terra di conquista per tutti gli altri, e i profeti ci dan dentro.

Vi dice niente la parolina "sostenibilità"? E' la più usurata dai profeti (di sventura) dell' ecologismo fanfarone.

Il profeta della "sostenibilità" è un disco rotto che nessuno riesce a spegnere, ripete ossessivamente che noi uomini del pianteta terra consumiamo troppe risorse e le risorse non sono infinite. Cosa avrebbe fatto, per esempio, l' uomo della pietra se fossero finite le pietre? Beh, a lui è andata bene, ma a noi? Occorre una "decrescita".

Si puo' cicalare all' infinito sul tema, lanciare allarmi e preconizzare catastrofi. Ma la persona con sale in zucca sa bene di dover osservare sul punto un silenzio annoiato.

Figuriamoci, i profeti della "sostenibilità" vorrebbero tassare chi consuma le risorse della Terra sottraendole alle generazioni future. Il discorso fa il suo effetto se pronunciato in una scenografia pertinente, nonndimeno resta un discorso assurdo: sarebbe come dire che dobbiamo arginare la produzione di musica (magari tassando fortemente i compositori) per fare in modo che anche le generazioni future possano essere "originali" in questo settore.

C' è poi un futuro che è dietro l' angolo e che sembra interessare meno i futurologi presbiti di cui ho appena parlato, un futuro in cui è difficile cullarsi comodamente nella propria ideologia, un futuro che non consente quel cicaleccio dionisiaco che tanto ci fa fremere, un futuro che non è razionale affrontare irrazionalmente.

Eppure sembra altrettanto catastrofico, ma trattandosi di catastrofi serie, non ha molte bocche disposte a parlarne e nemmeno molte orecchie disposte ad ascoltare: in questo caso lo sconcerto e la preoccupazione non sarebbero una "posa".

E' un futuro che interessa solo i lungimiranti.

Faccio un solo esempio prendendo a prestito le parole di Dario Di Vico:

"Ci sono alcune verità che tra gli addetti ai lavori hanno ampia circolazione e costituiscono addirittura la base di discussioni e contraddittori nei convegni o nelle tavole rotonde. Quelle stesse verità alcune volte si ha paura o pudore di farle uscire dal perimetro delle élite,e raccontarle al grande pubblico. In qualche caso chi fa questa scelta agisce in perfetta buona fede, «per non creare allarmismo sociale» si giustifica... Così facendo però la politica finisce per imitare il comportamento degli struzzi e viene meno ai suoi compiti. E allora proviamo a dirla una di queste verità: stiamo creando intere legioni di (futuri) pensionati poveri..."

... continua.

La sveglia al collo

Tagli, tagli, tagli, tagli, tagli.

Tremonti taglia e "qualcuno" stupisce e brontola.

Ma dov' è vissuto questo "qualcuno" fino ad oggi?

Ogni tre per due chi attraversa la città incoccia in cortei di studentelli sciammannati che si battono contro i "tagli" alla scuola. La TV trabocca di prefiche che si stracciano le vesti per i "tagli" alla sanità. Al telegiornale o a prima pagina non manca mai un "ricercatore barbone" moribondo che allunga il palmo della mano per pietire l' ultima elemosina: è uno spettacolo straziante che fa impennare l' audience più di Sarah.

A proposito della gabanelli, visto che ne abbiamo appena parlato, anche lei non manca di inzuppare il pane in questo latte caldo e rassicurante: Tremonti è photoshoppato pallido e con chiazze di sangue, in stile Edward Mani di Forbice.

La pratica del taglio - altrimenti nota agli amanti dell' understatement come "macelleria sociale" - ha sempre solleticato i più bassi istinti e quindi nella società dello spettacolo ruba l' "occhio di bue" anche alla cronaca nera che più nera non si puo'.

Altre noiose informazioni giacciono invece piuttosto trascurate nell' ombra delle redazioni. Annoiano, poverine, la loro sorte è quella.

Chi brontola non realizza per esempio che nel tempo che ho impiegato per scrivere il primo rigo di questo post (cinque parole, cinque secondi) il debito dell' Italia è cresciuto, nonostante i tagli, di quasi 14.000 euro.

Cresciuto! Non tagliato.

Ok? Ci siamo? Se lo sono messo in testa gli sciammannati? E le prefiche? E i ricercatori barboni moribondi? E adesso i loro conti quadrano ancora tutti come prima? Riescono ancora a reperire il dinamismo necessario per alimentare la loro battaglia di giustizia-libertà-verità-eccetera-eccetera?

Pensa forse il nostro "brontolone" che questo dato sia triviale?

Pensa forse questo signor "qualcuno" che sia petulante chi fa notare come il nostro debito cresca di 164.112 euro al minuto?

Non trova che sia un dato di cultura sapere che ogni italiano (neonati e ultracentenri compresi) ha sul groppone una quota di debito pubblico di oltre 30.000 euro per il solo fatto di esistere?

Beh, questo signor "qualcuno" - brontolone ignorante quando va bene, chiagnefottista quando va male -sarebbe meglio che affiancasse all' orologio del tinello che segna le ore una bella sveglia da mettersi al collo, quella che segna la crescita del debito della nazione minuto per minuto. Finalmente l' aggeggio è disponibile!

martedì 26 ottobre 2010

La beffa del Nobel

Che beffa!

Molti, tra cui l' Accademia svedese che cura l' assegnazione del Nobel per l' economia, sono tentati dall' interpretare il premio a Diamond come un premio dato per aver segnalato un' imperfezione del mercato che puo' giustificare un intervento statale. Ovverosia: più stato.

In realtà, l' Italia - come del resto tutta l' Europa - è talmente "indietro" nel collocamento delle risorse, che da noi le considerazioni di Diamond sono un invito a ridurre la presenza statale sul mercato del lavoro. Ovverosia: meno Stato.

Insomma, si auspicava un premio ad "internet" (la proposta era della rivista Wire) ed è arrivato un premio alle famigerate "agenzie interinali"

Immaginiamo un parcheggio di supermercato a più piani, con entrata da nord e uscita da sud. Supponiamo inizialmente che tutti i posti siano occupati. Poi dieci macchine lasciano il parcheggio uscendo da nord, mentre al tempo stesso dieci nuove macchine entrano da sud. Nel parcheggio ci saranno dieci posti liberi, e dieci macchine che cercano un posto ma ci mettono un po’ a trovarlo. L’idea di base delle teorie di Diamond, Mortensen e Pissarides è che la carenza e l’imperfezione delle informazioni nel mercato del lavoro (sui lavoratori disponibili e sui posti vacanti) faccia sì che in ogni istante possano coesistere, appunto, disoccupati e posti vacanti, come in un parcheggio in cui vi sono macchine che girano in cerca di posti vuoti.
E’ quindi possibile una situazione di equilibrio stabile con disoccupazione detta frizionale, perchè dipende dalle “frizioni” che impediscono un matching perfetto e immediato tra domanda e offerta. Secondo la teoria economica classica, invece, la disoccupazione non può permanere in equilibrio, perchè, se i salari sono flessibili, scendono fino a che le imprese sono disposte ad assumere tutti i disoccupati - così come, la sera, al mercato della frutta, i venditori abbassano i prezzi per vendere tutta la frutta che altrimenti verrebbe buttata via. Nella teoria di DMP la disoccupazione può rimanere in equilibrio anche con salari e prezzi flessibili.
La teoria di DMP ha implicazioni di policy immediate, che hanno contribuito alla sua fortuna: qualsiasi istituzione o intervento di politica economica che faciliti l’incontro tra chi cerca e chi offre posti vacanti riduce la disoccupazione di equilibrio. In Italia, negli ultimi quindici anni, sono stati adottate numerose misure di questo tipo: ad esempio l’abolizione del sistema del collocamento basato sulla chiamata numerica, l’introduzione del lavoro interinale, l’abolizione del monopolio statale del collocamento, a favore di centri per l’ impiego capaci di dare a tutti i lavoratori informazioni sui posti diponibili in tutto il Paese.


http://www.pietroichino.it/?p=10639

From all the children in the world

Il Jazz è una musica che offre un piano inclinato al pensiero favorendo una sorta di "regressione". I coinvolti in vicende jazzistiche finiscono di frequente per ordire un oscuro panegirico del "buon selvaggio".

Quando l' "innamorato del jazz" pensa al "buon selvaggio" pensa alla scimmia (Conte - esperto sia di innamorati che di Jazz - nelle sue canzoni porge sempre un omaggio all' uomo-scimmia).

L' altarnativa alla "Scimmia" è l' "Africano"; l' alternativa all' Africano è il "Bambino".

Molto spesso chi pensa e suona Jazz si pensa come Africano, poi come bambino, poi, in un crescendo di regressioni, come Scimmia.

Questa improntitudine fa vittime. Me ne viene in mente una a titolo esemplificativo. Quando Anthony Braxton - sassofonista più nero della pece ma anche scacchista e matematico - volle smarcarsi architettando un suono "neuronale", mal gliene incolse. Dicevano che... mancava di swing.

Una pervasiva antropologia tribalistica percorre come un brivido tutta la musica di Claudio Cojaniz e della sua NION (not in our name) Orchestra, basterebbe il manifesto contenuto nelle note di copertina a denunciarla:

"... il mondo è una grande clinica psichiatrica... sono stati immiseriti i nostri sogni (quelli del '68) a materia di spettacolo e siamo instupiditi dal controllo ideologico dei vari mass media e dal sistema bancario... potenti strategie persuasive hanno annichilito il nostro slancio più vitale ed autentico... dobbiamo immaginare un nuovo anti-fascismo artistico, con uno slancio che favorisca azioni anti-depressive: basta con la camomilla!... ci vuole una bevanda ad alta gradazione alcolica..."

Da sempre frequento persone che prendono un po' troppo sul serio questo genere di discorsi, ne ho visti parecchi spingersi fino al punto di credere sul serio a quel che dicevano, ne ho visto altri incontrare per strada le proprie metafore; la sensazione che ne riporti è spiazzante, gli ascolti, gli dài ragione annuendo mentre si sfogano... ma...

Ma fa niente, se è il prezzo per avvicinarsi ad una musica meritoria è questo, lo pago e ci lascio pure la mancia.



Claudio Cojaniz & NION Orchestra - Howl (African market) - Caligola

lunedì 25 ottobre 2010

Leghismo in salsa rosa

Il Grande Fratello prog-femminista è ancora al lavoro per manipolare la società manco fosse creta nelle sue mani.

Non rilascia ipnotiche malie linguistiche dai televisori, quelle semmai le denuncia con la complicità di esperti. Esperti in pagliuzze ma profani in fatto di travi.

Lui usa direttamente le armi da fuoco (tanto basta la minaccia), si fa prima ed è più comodo.

E poi, quando manipoli i corpi, nessuno potrà mai accusarti di manipolare le menti, che è la vera accusa infamante del nostro tempo.

Veniamo al dunque.

L' indignazione non è un sentimento che si addice ai liberali, in più i liberali sono quattro sparuti gatti. Maglio allora, sull' affair congedo parentale, l' asciutto resoconto di De Nicola. Lo sguardo, come al solito, è quello più semplice, quello che non riesce davvero a ravvisare indumenti sul corpaccione dell' orrido imperatore. Uno stralcio.

"... ancor'oggi, pur imperando un grande relativismo etico, non si rinuncia all'ingegneria sociale per indirizzare gli individui verso ciò che la cultura dominante considera virtuoso (anzi, politicamente corretto, la "virtù" è un valore anacronistico). Un esempio? La bizzarra proposta sull'obbligo di congedo paternale retribuito di due settimane approvata dal parlamento europeo e di cui si auspica l'adozione anche in Italia. Secondo il testo passato a Strasburgo, i padri non potrebbero per nessun motivo "cedere" le ferie alla madre e, alla nascita del bebè, dovrebbero starsene lontani dal lavoro (per ora la polizia non sorveglierà che i maschi stiano effettivamente a casa e non al bar).


Il primo impatto dell'innovazione sarà di aumentare i costi per le imprese e le casse dello stato senza alcun vantaggio né all'occupazione femminile (che, contrariamente alle leggende, in Italia sta inesorabilmente aumentando in proporzione a quella maschile) né al benessere complessivo. L'aspetto più irritante di questa nuova avanzata del progresso consiste comunque nella pretesa di non considerare le persone come individui responsabili delle proprie scelte e in grado di fare evolvere la società, ma come incapaci cui degli illuminati indichino cosa fare per raggiungere il Bene.


Un conto è infatti togliere barriere giuridiche e sociali a che ognuno possa scegliere liberamente (ad esempio, concedendo un quoziente di mesi di congedo per i genitori che tra loro sceglieranno come dividersi), un altro illudersi che le due settimane di ferie cambieranno le abitudini (negative e reazionarie!) del bracciante calabro o della casalinga di Voghera. Naturalmente in altri paesi la rivoluzione al femminile è avvenuta senza misure del genere (basti pensare agli Usa).

È la stessa logica alla base delle "quote rosa", ormai di prossima introduzione nei cda e collegi sindacali delle società quotate. Il merito, il talento, le preferenze (e anche il diritto a sbagliare da parte degli azionisti) sono variabili da eliminare, in attesa di introdurre quote per extracomunitari, minoranze etniche (con esatta differenziazione tra neri, asiatici e indios), gay, lesbiche, transessuali, obesi, brutti, cattolici, altri cristiani, musulmani, ebrei, buddisti, appartenenti a diversi partiti politici (ah no, quella c'è già, si chiama lottizzazione) e, ovviamente, padani. Quelli leghisti, però, piacciono meno ai progressisti, cui interessa far le stesse discriminazioni purché politicamente corrette. Auguri."

Il Sole 24 Ore

Il metodo-lega fa proseliti; ma per lo meno i leghisti sono brutti, cattivi e (quindi) simpatici. Questi scherani intellettualoidi del mostro, invece, beccati con la smoking gun ancora in mano, passano subito al contrattacco infarcendoti un insopportabile predicozzo in cui il greve bigottismo si alterna con l' occhio di vacca.

N.B. in un precedente articolo De Nicola, il più idoneo, aveva spiegato ai bambini (ma sopratutto alle bambine) cosa sono le quote rosa. Sveglia bambine, non sceglietevi un magnaccia del genere! Con tanti bei ragazzi, non spostatevi con lo Stato.