venerdì 16 gennaio 2015

Il mercato corrode la moralità?

Le novità introdotte dal pontificato di Papa Francesco nella dottrina sociale sono molte e nel loro ultimo libro Andrea Tornielli e Giacomo Galeazzi hanno tentato una sistematizzazione, ecco la loro tesi: non che Francesco si disinteressi della vita e della famiglia e ai valori non-negoziabili. Tuttavia cambia, per così dire, l’ordine dei fattori. Francesco pensa che all’origine delle ideologie ostili all’uomo ci sia il turbo-capitalismo. Papa Bergoglio pensa cioè che il capitalismo regga bene chi critica gli effetti della sua azione negativa nella storia – gli attacchi alla vita e alla famiglia – senza andare alla causa prima, ovvero all’«imperialismo del denaro». Addirittura i poteri forti svierebbero l' attenzione della Chiesa indirizzandola verso questioni come l’aborto o il «matrimonio» omosessuale costringendola a mettere in secondo piano la critica del dominio dell' economia.

Ma il mercato corrode davvero il carattere morale di chi vi partecipa?

Di certo la libera economia è anche un potente strumento per chi vuol fare bene: la filantropia prospera nelle società di mercato, mai tanta ricchezza personale è stata devoluta verso cause umanitaria.   

In genere il mercato è un amplificatore che estende i benefici delle virtù come i guai dei vizi, cio' non toglie che la sua azione possa essere meno neutra di quanto crediamo.

Il giudizio morale potrebbe essere assegnato guardando alle conseguenza. Cosa succede quando la società di mercato rimpiazza quella arcaica?  Guardiamo ad alcuni ambiti specifici:

  1. Povertà
  2. Bambini (lavoro minorile, frequenza scolastica)
  3. Parità di genere
  4. Ambiente
  5. Violenze
Sembra che nel complesso il mercato funzioni, facciano meglio ovunque: i poveri di quelle società sono molto meno poveri degli altri, il lavoro minorile non è aumenta, contrariamente alla frequenza scolastica; la parità di genere fa passi avanti, persino l' ambiente in alcuni casi migliora. Quanto alla violenza, una società di mercato non è nemmeno pensabile senza la pace.

Capisco che però le conseguenze, per quanto positive, non ci dicano molto circa un miglioramento interiore degli individui.

Chiediamoci allora cosa serva per arricchirsi nelle società di mercato:

  1. capacità di collaborare con l' altro
  2. capacità di comunicare con l' altro.


E' vero, si tratta forse di una cooperatività con secondi fini ma è pur sempre una cooperazione volontaria. Anche la  comunicazione è piuttosto ambigua (vedi pubblicità) ma se l' ambiguità prevalesse l' insuccesso sarebbe alla lunga garantito.

Altre virtù indispensabili alla società di mercato:

  1. responsabilità
  2. fiducia
  3. rispetto
Responsabilità nell' assumere impegni, fiducia verso la controparte e rispetto della proprietà altrui. Senza questi tre fattori chiave il mercato deperisce. Qua e là ci saranno defezioni ma se queste virtù non vengono sistematicamente esercitate difficilmente una società di mercato sta in piedi.

Naturalmente il mercato funziona anche e soprattutto grazie all' egoismo delle persone, ma in una certa misura questo egoismo è fisiologico e trova nel mercato un suo sbocco provvidenziale e non-violento, il realismo non puo' essere un difetto. Cio' non toglie il rischio di patologie:

  1. avidità 
  2. invidia. 
La prima è un vizio distruttivo, porta alla rovina, e non sono certo i meccanismi di mercato a salvarti, anzi; la seconda è lusingata e compresa soprattutto da chi attacca il mercato appellandosi alle diseguaglianze (e quindi all' invidia sociale).

Il mercato distrugge la relazione più profonda tra gli uomini? Forse una certa anonimia è deleteria ma l' alternativa non sembra promettente: le società fondate sulla cosiddetta "relazione personale" sembrano soggette ad inconvenienti non da poco:

  1. corruzione
  2. mafia
  3. clan
  4. raccomandazioni

Il mercato deteriora la famiglia?

In parte la tesi non è insensata: le accresciute possibilità di lavoro ci fanno trascorrere più tempo fuori dal nucleo famigliare. D' altro canto non esiste tanto tempo libero come nelle società di mercato.

Anche il consumismo è una minaccia: i capricci si moltiplicano e i genitori sono in difficoltà. Non penso però che temprarsi sia così difficile, al contrario puo' essere un' occasione di educazione. Inoltre, avere di fronte a se delle libere scelte ci aiuta nella nostra personale realizzazione e nella costruzione della personalità.

Tuttavia è ben vero che le società moderne hanno in gran parte spiazzato la famiglia sottraendole dei compiti da sempre a suo appannaggio. Pensiamo solo al rapporto padre figli e a come questi ultimi avessero modo di compensare gli aiuti ricevuti sobbarcandosi la vecchiaia dei genitori: oggi pensano a tutto i servizi sociali.

Qui però bisogna rendersi conto che l' azione distruttiva non è tanto del mercato quanto di un welfare state oggi sempre più tentacolare.

Conclusioni personali: le società di mercato si presentano all' apparenza meno violente e più sensibili, da qui a dire che però i soggetti che le abitano siano eticamente migliori dei loro padri ce ne corre.

Io vedo piuttosto all' opera un processo di questo tipo: la società aperta (o di mercato) sollecita le nostre intelligenze e le fa fiorire, attraverso il loro esercizio noi riusciamo a minimizzare i conflitti inutili, il che ci dà una parvenza di moralità superiore. Tuttavia, una cosa è non confliggere perché non conviene e un' altra è non confliggere perché sentiamo nel nostro cuore una condanna esplicita della violenza. 

E' chiaro quindi che se le cose stanno in questi termini, non è possibile affermare con certezza se taluni risultati incoraggianti si accompagnino poi ad un reale miglioramento etico interiore degli uomini. In merito ho i miei dubbi, detto cio' preferisco quindi astenermi dal trarre conclusioni avventate in merito e, contemporaneamente, non prendere troppo sul serio i teorici della degenerazione etica dovuta al mercato.