venerdì 19 ottobre 2012

Perché non andiamo d’ accordo?

Esiste Dio? Chi vincerà il campionato? L’ assassino era capace d’ intendere e volere? L’ omosessualità è un comportamento deviante?
Ci sono molte discussioni su cui non si riesce a raggiungere un accordo stabile, e questo per quanto si rispetti l’ interlocutore. A volte si finisce per accordarsi sul proprio disaccordo. Peccato che il disaccordo di due individui affini sia impossibile a prescindere dalla materia oggetto di discussione, e la cosa è rigorosamente dimostrabile.
Chiariamo cosa s’ intende per “affinità”? Giovanni e Giuseppe sono affini se Giovanni messo nei panni di Giuseppe agirebbe e penserebbe come quest’ ultimo. E viceversa.
Passa un’ auto, a Giovanni sembra rossa a Giuseppe viola.
Con il nostro bel teorema alla mano possiamo fare una previsione certa: nella discussione che segue tra i due si troverà un accordo sul colore dell’ auto. Magari sarà il colore sbagliato, ma di sicuro ci sarà accordo.
Come si procede? Semplice: basterà stilare una serie finita di ipotesi circa quanto è accaduto, dopodiché ciascuno dei due protagonisti stimerà ciascuna delle ipotesi in campo aggiornando poi la sua credenza in base a ai “fatti nuovi”, ovvero alle stime dell’ altro. Aggiornamento dopo aggiornamento si addiverrà necessariamente ad un accordo: si badi bene che non esiste necessariamente un sentiero di convergenza (Giuseppe non sa come cambierà la stima di Giovanni). Per dimostrare che l’ accordo è l’ unica posizione di equilibrio basta notare che solo quando le due stime coincidono non richiedono aggiornamento e quindi introduzione di fatti nuovi.
STRETTA
Non basta però l’ affinità e l’ onestà degli interlocutori, occorre anche la “conoscenza profonda” di queste caratteristiche; ovvero, Giuseppe e Giovanni devono essere onesti, in più Giuseppe deve credere all’ onestà di Giovanni e deve credere che Giovanni creda alla sua onestà e deve credere che Giovanni creda che lui crede all’ onestà di Giovanni, eccetera. Lo stesso deve valere a parti invertite. Se questa sequela non va all’ infinito, ciascuno dei due non prenderà come sincera e omogenea la stima data dall’ altro e quindi anche in caso di coincidenza casuale delle opinioni ci saranno sempre dei motivi per aggiornarle e farle divergere.
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Nella vita di tutti i giorni, però, i disaccordi sono molti. Forse l’ accordo richiede tempi troppo lunghi per essere raggiunto. Oppure la persistenza dei disaccordi è spiegabile diversamente:
1. non siamo affini;
2. non siamo onesti di proposito;
3. non siamo onesti perché ci autoinganniamo;
4. pensiamo che almeno una motivazione tra 1, 2 e 3 sia plausibile e all'opera anche nell'altro.
5. pensiamo che che almeno una motivazione tra 1,2,3 e 4 sia plausibile e all'opera anche nell'altro;
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n. pensiamo che almeno una motivazione tra 1,2,3,4… e (n-1) sia plausibile e all'opera anche nell'altro.
Tutte le “n” motivazioni date probabilmente giocano un ruolo ma il mio intuito punta su 1 oltreché su quelle comprese tra 4 e n: noi siamo molto più diversi di quel che crediamo comunemente, o perlomeno qualcuno lo crede, o perlomeno qualcuno crede che altri lo credono, o perlomeno qualcuno crede che altri credano che qualcuno lo crede…. Purtroppo 1 e 5-n implicano una conseguenza spiacevole: anche se esiste una realtà oggettiva e anche se qualcuno la afferra, difficilmente potrà mai comunicarla a chi intende “convertire” se non stabilisce un clima di “fiducia abissale” e la fiducia prescinde dall’ arsenale degli argomenti.
Letture:
http://mercatus.org/sites/default/files/publication/Are_Disagreements_Honest_-_WP.pdf
http://jasonfbrennan.com/RatioScepticism.doc
http://www.philosophyetc.net/2012/10/unreliable-philosophy.html