venerdì 1 luglio 2016

stupro

 STUPRO@@@@@@@@ Edit
Note: PROBLEMA DELLO STUPRO Edit
Pubblicando nel 2000 A Natural History of Rape, il biologo Randy Thornhill e l’antropologo Craig Palmer hanno incrinato un’unanimità che reggeva quasi incontrastata nel mondo della cultura da un quarto di secolo, e attirato sulla psicologia evoluzionistica più condanne di quanto fosse mai avvenutoRead more at location 8390
Note: THORNHILL PALMER Edit
Lo studio della violenza carnale è dominato da un imperativo morale: ridurne la frequenza.Read more at location 8397
Note: IMPERATIVO MORALE CHE DISTURBA Edit
Nella vita intellettuale moderna l’imperativo morale prevalente nell’analisi di questo fenomeno consiste nel proclamare che la violenza carnale non ha nulla a che vedere con la sessualità.Read more at location 8402
Note: MORALISMO: STUPRO IL SESSO NN C ENTRA Edit
«Lo stupro è un abuso di potere e di dominio in cui lo stupratore tende a umiliare, coprire di vergogna,Read more at location 8404
Note: STUPRO COME ABUSO DI POTERE Edit
Tale presa di posizione trova eco in un corsivo pubblicato nel 2000 dal «Boston Globe»: «Lo stupro non c’entra con il sesso; c’entra con la violenza e con l’uso del sesso per esercitare il potere e il dominio. … La violenza in famiglia e l’aggressione sessuale sono manifestazioni delle stesse potenti forze sociali: il sessismo e l’esaltazione della violenza».Read more at location 8407
Note: ES. DI PC Edit
gli uomini sono socialmente condizionati da una cultura patriarcaleRead more at location 8412
Note: PATRIARCATE Edit
La teoria ufficiale dello stupro ha origine in Contro la nostra volontà, un importante libro scritto nel 1975 da Susan Brownmiller, femminista del genere.Read more at location 8417
Note: BROWNMILER Edit
Fino agli anni Settanta il sistema giuridico e la cultura di massa affrontavano lo stupro prestando ben poca attenzione agli interessi delle donne. Le vittime, se non volevano essere giudicate consenzienti, dovevano dimostrare di avere opposto resistenza all’aggressore fino a rischiare la vita. Il loro modo di vestire era considerato un’attenuante per l’imputato, come se gli uomini, a veder passare una bella donna, non fossero in grado di controllarsi. E un’attenuante erano considerati anche i trascorsi sessuali della donna,Read more at location 8419
Note: ANNI 70 RESISTENZA E VITTIMISMO Edit
Nei processi per stupro si esigevano elementi di prova, come la conferma di testimoni oculari, non richiesti per altri crimini violenti.Read more at location 8424
Note: TESTIMONI Edit
Ricordo delle adolescenti, sull’onda della rivoluzione sessuale dei primi anni Settanta, scherzare fra loro dicendo: «Se uno stupro è inevitabile, meglio rilassarsi e goderselo». Lo stupro perpetrato dal marito non era un reato,Read more at location 8427
Note: STUPRO INEVITABILE? Edit
Ma nella sua teoria Brownmiller si spingeva ben oltre l’affermazione del principio morale per cui le donne hanno diritto a non essere aggredite sessualmente. Sosteneva che lo stupro non ha nulla a che vedere con il desiderio sessuale degli uomini, ma è una tattica tramite la quale l’intero genere maschile opprime l’intero genere femminile.Read more at location 8431
Note: ESAGERAZIONE DEL RIFLUSSO Edit
Da qui nacque il moderno catechismo: lo stupro non c’entra con il sesso, la nostra cultura sociale condiziona gli uomini a stuprareRead more at location 8437
Note: IL NUOVO CATECHISMO Edit
si è diffusa fra le persone colte l’idea che si deve pensare alla sessualità come a qualcosa di naturale, non di vergognoso o sporco.Read more at location 8443
Note: NUOVA IDEA DI SESSUALITÀ Edit
E poiché lo stupro non è buono, non c’entra nulla con il sesso.Read more at location 8444
Ma che lo stupro abbia qualcosa a che vedere con la violenza non significa che non abbia nulla a che vedere con il sesso,Read more at location 8448
Note: SESSO E VIOLENZA Edit
I malvagi possono usare violenza per ottenere sesso esattamente come usano violenza per ottenere altre cose che desiderano.Read more at location 8449
Note: OBIETTIVI DEI MALVAGI Edit
La dottrina «lo stupro non c’entra con il sesso» passerà alla storia, ne sono convinto, come un esempio di incredibile e folle illusione popolare.Read more at location 8450
Note: ILLUSIONISMO Edit
Pensiamoci un momento. Primo dato di fatto sotto gli occhi di tutti: accade spesso che un uomo voglia fare l’amore con una donna che non vuole fare l’amore con lui. E, in questo caso, usa ogni tattica a disposizione degli esseri umani per influire sul comportamento altrui: corteggiare, sedurre, adulare, raggirare, tenere il broncio, pagare.Read more at location 8453
Note: SESSO COME OBBOETTIVO Edit
Secondo dato di fatto evidente: alcuni uomini ricorrono alla violenza per avere quello che vogliono, senza curarsi delle sofferenze che provocano.Read more at location 8456
Note: VIOLENZA X OTTENERE Edit
Sarebbe straordinario, in contraddizione con tutto ciò che sappiamo degli uomini, che nessuno ricorresse alla violenza per ottenere un rapporto sessuale.Read more at location 8460
Note: STRAORDINARIO? Edit
Ora applichiamo il buon senso alla dottrina che vuole che gli uomini si diano allo stupro per gli interessi del genere cui appartengono.Read more at location 8461
In una società tradizionale rischia la tortura, la mutilazione e la morte per mano dei parenti della vittima. Nella società moderna rischia di passare un sacco di tempo in prigione.Read more at location 8462
Note: RISCHI Edit
Davvero gli stupratori, nell’assumersi questi rischi, si sacrificano altruisticamente per il bene dei miliardi di estranei che compongono il genere maschile?Read more at location 8463
gli stupratori sono spesso dei poveracci, persone agli ultimi gradini della scala sociale, mentre i principali beneficiari del patriarcato sono presumibilmente i ricchi e i potenti.Read more at location 8465
Note: POVERACCI Edit
nella stragrande maggioranza delle epoche e dei luoghi, un uomo che stupra una donna della sua comunità è trattato da rifiuto umano.Read more at location 8468
Note: DONNE DELLA COMUNITÀ Edit
l’elementare dato di fatto che gli uomini hanno madri, figlie, sorelle e mogli che stanno loro più a cuore di quanto stiano loro a cuore la maggior parte degli altri uomini.Read more at location 8470
Note: MADRI FIGLI SORELLE Edit
Fino a epoca recente, nei processi per stupro ai giurati veniva ricordato il monito di Lord Matthew Hale, giurista del diciassettesimo secolo, per cui la testimonianza di una donna va valutata con cautela, perché un’accusa di violenza carnale «è facile da muovere e da essa è difficile difendersi, anche se l’accusato è innocente».Read more at location 8475
Note: HALE Edit
presunzione di innocenza incorporata nel nostro sistema giudiziario, per il quale è preferibile lasciare in libertà dieci colpevoli che mettere in galera un solo innocente.Read more at location 8478
Note: STANDARD DI BLACKSTONE Edit
Ma supponiamo, anche in questo caso, che gli uomini che hanno applicato tale politica allo stupro l’abbiano piegata ai loro interessi collettivi.Read more at location 8479
Note: COMPLOTTO DELLE ATTENUANTI Edit
Se fosse questa la tattica degli uomini, perché, tanto per cominciare, avrebbero dovuto fare della violenza carnale un reato?Read more at location 8483
Note: I REATI DELLA SOC. PATRIARCALE Edit
La ricerca scientifica sulla violenza carnale e il suo rapporto con la natura umana è venuta alla ribalta nel 2000 con la pubblicazione di A Natural History of Rape. Thornhill e Palmer partivano da un’osservazione base: uno stupro può portare a un concepimento che propagherà i geni dello stupratore, inclusi gli eventuali geni che hanno reso più probabile che divenisse uno stupratore. Quindi la selezione potrebbe non avere operato contro, ma a favore di una psicologia maschile comprendente la capacità di stuprare. Tuttavia, considerati i rischi della lotta con la vittima, della punizione per mano dei suoi parenti e dell’ostracismo da parte della comunità, è improbabile, aggiungevano Thornhill e Palmer, che la violenza carnale sia una strategia di accoppiamento tipica. Ma essa potrebbe essere una tattica opportunistica, che diventa più probabile quando l’uomo è incapace di ottenere il consenso della donna, è emarginato da una comunitàRead more at location 8503
Note: STRATEGIA DELL EMARGINATO Edit
A questo punto Thornhill e Palmer avanzavano due teorie. Lo stupro opportunistico potrebbe essere un adattamento darwiniano specificamente favorito dalla selezione,Read more at location 8511
Note: PRIMA TEORIA Edit
Oppure potrebbe essere un effetto collaterale di altre due caratteristiche della mente maschile, cioè il desiderio di rapporti sessuali e la capacità di ricorrere a una violenza opportunistica per raggiungere un obiettivo.Read more at location 8513
Note: SECONDA TEORIA Edit
hanno lasciato la questione irrisolta.Read more at location 8515
Pensare che la maggior parte degli uomini hanno la capacità di compiere uno stupro va, casomai, nell’interesse delle donne, perché esorta alla vigilanza nei confronti del marito e di conoscenti, o durante sconvolgimenti sociali.Read more at location 8519
Note: TUTTI STUPRATORI NATURALI Edit
questa analisi concorda con i dati portati dalla stessa Brownmiller, secondo i quali violenze carnali possono essere commesse in guerra da uomini normali, compresi i «bravi» ragazzi americani in Vietnam.Read more at location 8520
Note: IN GUERRA Edit
l’ipotesi di Thornhill e Palmer che lo stupro e gli altri aspetti della sessualità maschile si situino nella stessa sfera fa di essi strani alleati delle più radicali femministe del genere, come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, per le quali «spesso è difficile distinguere la seduzione dallo stupro. Nella seduzione, spesso il violentatore si prende il disturbo di comprare una bottiglia di vino».Read more at location 8522
Note: ALLEANZA COL FEMMINISMO RADICALE Edit
Scegliendo il maschio e il contesto per l’accoppiamento, le probabilità per la femmina di generare con un maschio dotato di buoni geni, della disponibilità e della capacità di condividere la responsabilità di allevare la prole, o di entrambe le cose, vengono massimizzate.Read more at location 8529
Note: LA SCELTA Edit
La teoria di Thornhill e Palmer convalida sotto diversi aspetti un’analisi delle femministe dell’equità. Essa predice che, dal punto di vista della donna, uno stupro e un rapporto sessuale consensuale saranno cose completamente diverse; afferma che la ripugnanza della donna per lo stupro non è un sintomo di repressione nevrotica, né una costruzione sociale facilmente rovesciabile in una diversa cultura; pronostica che la sofferenza causata dallo stupro sarà più profonda di quella causata da altri traumi fisici o altre violazioni corporee; tutto ciò giustifica il fatto che si lavori più duramente per prevenire la violenza carnale, e si puniscano più severamente i violentatori, di quanto accade per altri tipi di aggressione.Read more at location 8534
Note: NN UN REATO QUALSIASI Edit
Margaret Wertheim, autrice di testi di argomento scientifico, iniziò la sua recensione del libro di Thornhill e Palmer richiamando l’attenzione su una recente esplosione di violenze carnali in Sudafrica.94 Contrapponendo la teoria secondo cui lo stupro è «un effetto collaterale del condizionamento e del caos sociali» a quella che ne individua le origini nei geni e nell’evoluzione, scrisse sarcasticamente che, se fosse vera la seconda, «il Sudafrica dev’essere un terreno fertile per simili geni».Read more at location 8551
Note: SUDAFRICA Edit
A Natural History of Rape ha già subìto il peggiore destino possibile per un libro di divulgazione scientifica. Come L’origine dell’uomo e The Bell Curve, è diventato una cartina di tornasole ideologica. Chi vuole dimostrare la propria vicinanza alle vittime di violenza carnale e alle donne in generale ha ormai imparato che deve liquidarloRead more at location 8558
Note: LIBRI CARTINE DI TORNA SOLE Edit
Purtroppo, gli stessi Thornhill e Palmer istituiscono una dicotomia fra la teoria che vede nello stupro un adattamento (una strategia sessuale specificamente favorita dalla selezione) e quella che vi vede un effetto collaterale (del ricorso alla violenza in generale), cosa che ha distolto l’attenzione dalla tesi più fondamentale secondo cui lo stupro ha qualcosa a che vedere con la sessualità. Amio parere, la loro dicotomia è troppo netta.Read more at location 8565
Note: DICOTOMIA TROPPO NETTA Edit
E riguardo all’interrogativo più importante, cioè se fra le motivazioni del violentatore vi sia il desiderio sessuale? Le femministe del genere che lo negano richiamano l’attenzione sugli stupratori che prendono di mira donne anziane e infeconde, su quelli che soffrono di disfunzione sessuale durante lo stupro, su quelli che costringono la donna ad atti sessuali non riproduttivi, e su quelli che usano il preservativo.Read more at location 8580
Note: ANZIANE INFECONDE PRESERVATOVO DISFUNZIONI Edit
Sono argomentazioni non convincenti per due ragioni. Primo, questi esempi riguardano una minoranza di stupri,Read more at location 8583
Note: MINORANZA Edit
Inoltre, casi del genere si presentano anche nei rapporti sessuali consensuali, quindi quell’argomentazione porta all’assurdità per cui la sessualità in sé non avrebbe nulla a che fare con la sessualità.Read more at location 8584
Note: ASSURDO Edit
Infine, un caso particolarmente problematico per la teoria «non è sesso» è quello della violenza carnale durante un appuntamento amoroso.Read more at location 8586
Note: DATING Edit
Ma dobbiamo anche credere che la sua motivazione sia cambiata di punto in bianco,Read more at location 8588
Note: CAMBIO DI MOTIVAZIONE? Edit
un’impressionante quantità di prove (passate in rassegna più esaurientemente dallo studioso di diritto Owen Jones che da Thornhill e Palmer):Read more at location 8590
Note: PROVE Edit
L’accoppiamento coatto è universalmente diffuso fra le specie nel mondo animale, il che fa pensare che la selezione non lo abbia rigettato,Read more at location 8592
Note: UNO. ALTRE SPECIE Edit
La violenza carnale è presente in tutte le società umane.Read more at location 8594
Note: UNIVERSALE Edit
In genere, i violentatori usano quel tanto di forza necessario per costringere la vittima al rapporto.Read more at location 8594
Note: QUANTITÀ DI FORZA Edit
Le vittime di violenza carnale sono perlopiù negli anni di massima riproduttività per le donne, fra i tredici e i trentacinque,Read more at location 8597
Note: MAX FECONDITÀ Edit
Le vittime di violenza carnale restano più traumatizzate quando c’è il rischio che lo stupro porti a un concepimento.Read more at location 8601
Note: TRAUMA Edit
I violentatori non sono rappresentativi, dal punto di vista demografico, del genere maschile. Sono nella stragrande maggioranza giovani, fra i quali la competitività sessuale raggiunge la massima intensità. E, benché si presuma che siano «socialmente condizionati» a violentare, si liberano misteriosamente da questo condizionamento invecchiando.Read more at location 8603
Note: GIOVANI Edit
Brownmiller ha scritto che le teorie biologiche dello stupro sono «fantasiose» perché «in termini di strategia riproduttiva l’eiaculazione singola e d’incerto successo del violentatore è una sorta di roulette russa a confronto del periodico accoppiamento consensuale».99 Ma il periodico accoppiamento consensuale non è alla portata di tutti i maschi, e predisposizioni a rapporti sessuali d’incerto successo potrebbero essere, dal punto di vista evoluzionistico, più efficaci di predisposizioni che rischiassero di portare a un’assenza di rapporti sessuali.Read more at location 8609
Note: ROULETTE RUSSA Edit
Nei paesi in cui, come in Giappone, i ruoli legati al genere sono molto più rigidi che negli Stati Uniti, gli stupri sono percentualmente molto meno numerosi,Read more at location 8624
Note: GIAPPONE Edit
negli Stati Uniti i sessisti anni Cinquanta erano molto più sicuri per le donne degli emancipati Settanta e Ottanta.Read more at location 8625
Note: 50 VS 70 80 Edit
la correlazione va forse nella direzione opposta. Nella misura in cui le donne, rendendosi indipendenti dagli uomini, conquistano maggiore libertà di movimento, si trovano più spesso in situazioni pericolose.Read more at location 8626
Note: INDIPENDENZA => RISCHIO Edit
Thornhill e Palmer suggeriscono di obbligare gli adolescenti maschi a seguire un corso di prevenzione dello stupro come condizione per ottenere la patente di guida e di ricordare alle donne che un abbigliamento sexy può aumentare il rischio di venire violentate.Read more at location 8628
Note: VESTITI Edit
Mary Koss, definita un’autorità in materia di violenza carnale, vi ha visto un «pensiero assolutamente inaccettabile in una società democratica» (si noti la psicologia del tabù: non si tratta soltanto di suggerimenti sbagliati, è «assolutamente inaccettabile» solo pensarvi).Read more at location 8631
Note: KOS Edit
Note: TABÙ Edit
«Poiché lo stupro è un reato di genere» aggiunge Koss «tali raccomandazioni minano l’eguaglianza.Read more at location 8633
Note: SLOGAN Edit
Che le donne abbiano il diritto di vestire come vogliono è fuori discussione, ma il problema non è quello che le donne hanno il diritto di fare in un mondo perfetto, bensì come possono accrescere la loro sicurezza in questo.Read more at location 8637
Note: MONDO XFETTO Edit
Suggerire che le donne, in situazioni pericolose, pensino alle reazioni che possono suscitare o ai segnali che possono inavvertitamente trasmettere è solo buon senso,Read more at location 8639
Note: BUON SENSO Edit
è difficile credere che una qualunque donna adulta possa pensarla diversamente, a meno che non sia indottrinata dai corsi standard di prevenzione dello stupro, in cui s’insegna che «l’aggressione sessuale non è un atto di gratificazione sessuale» e che «aspetto e attrattiva sono irrilevanti».Read more at location 8640
Note: CORSI STANDARD DI PREVENZIONE Edit
Da un decennio le femministe insegnano alle loro discepole a dire: «Lo stupro è un reato di violenza, non sessuale». Questa sciocchezza, zuccherosa alla Shirley Temple, ha esposto le giovani al disastro. Fuorviate dal femminismo, non si aspettano uno stupro dai bravi ragazzi di buona famiglia che siedono accanto a loro in classe. … Queste ragazze dicono: «Dovrei potere ubriacarmi a una festa studentesca e andare di sopra nella camera di un ragazzo senza che succeda niente». Io rispondo: «Ah sì? E quando vai in macchina a New York ci lasci dentro le chiavi?». Quello che voglio dire è che se ti rubano la macchina dopo che hai fatto una cosa del genere, la polizia, certo, deve dare la caccia al ladro e lui dev’essere punito. Ma nello stesso tempo la polizia, ed io, abbiamo il diritto di dirti: «Che cosa ti aspettavi, idiota?».Read more at location 8644
Note: PAGLIA Edit
Il fatto che noi donne siamo vulnerabili all’aggressione significa che non possiamo avere tutto. Non possiamo attraversare di notte un campus non illuminato o un vicolo senza correre reali pericoli. Queste sono cose che ogni donna dovrebbe poter fare, ma il «dovrebbe» appartiene a un mondo utopico. Appartiene a un mondo in cui ti cade il portafoglio in mezzo a una folla e ti viene restituito, completo di soldi e carte di credito. Un mondo in cui si lasciano aperte le Porsche in piena città. In cui si possono lasciare i bambini da soli al parco. Non è questa la realtà che abbiamo di fronte, la realtà che ci limita.Read more at location 8652
Note: MC ELROY Edit
Nel suo ponderato saggio, Jones esamina come una visione più accorta della violenza carnale, che non escluda le componenti sessuali, possa gettar luce sui problemi legali attinenti allo stupro. Un esempio è la «castrazione chimica», l’iniezione nel violentatore, con il suo consenso, di Depo Provera, farmaco che inibisce il rilascio di androgeni e riduce la pulsione sessuale.Read more at location 8669
La castrazione chimica può far scendere a picco la percentuale di recidività: in uno studio, dal 46 al 3 per cento. Ma il ricorso a farmaci solleva seri problemi costituzionali riguardo a vita privata e sanzioni penali sui quali la biologia da sola non può prendere decisioni.Read more at location 8672
Jones non è favorevole alla castrazione chimica (e non lo sono neanch’io), ma chiede di prendere in considerazione tutte le opzioni per ridurre la violenza carnale e valutarle con attenzione e mente aperta. Chi s’indigna al solo sentir menzionare insieme stupro e sessualità dovrebbe rileggersi i numeri. Escludere senza pensarci una misura capace di ridurre la violenza carnale di quindici volte significa che saranno violentate molte donne che, altrimenti, forse non lo sarebbero state. Bisognerà prima o poi decidere a che cosa dare più valore: a un’ideologia che sostiene di fare gli interessi del genere femminile o a quello che effettivamente succede nel mondo alle donne reali

L'orlo della gonna

La notizia della ragazza stuprata da un gruppo di minorenni a Salerno sta portando alla luce il peggio dello scibile umano dell'internet.
Il pensiero più gettonato è il classico: "se vai in giro nuda, te la vai a cercare. Bisogna prendersi le proprie responsabilità", declinato in maniere più o meno gentili.
Ecco, io per questi stronzi sogno che un giorno, mentre saranno impegnati a discettare di orli di minigonne e centimetri di scollature e a partorire inutili giudizi, arrivi una donna che gli sfondi il naso a suon di pugni e gli spieghi che "se vai in giro a dire cazzate, te le vai a cercare. Bisogna prendersi le proprie responsabilità".
E non venitemi a parlare di libertà di opinione,per favore. Sostenere che una ragazza lo stupro se lo vada a cercare perché ha deciso di mettersi un vestito corto non è un'opinione, è feccia della peggior specie.
Charlotte Matteini

Uno dei problemi relativo ai sessi che più accende gli animi è quello della natura e delle cause della violenza carnale. Da sempre, o almeno dagli anni settanta.
Fino agli anni Settanta, infatti, il sistema giuridico e la cultura di massa affrontavano lo stupro prestando ben poca attenzione agli interessi delle donne. Le vittime, se non volevano essere giudicate consenzienti, dovevano dimostrare di avere opposto resistenza all’aggressore fino a rischiare la vita. Il loro modo di vestire era considerato un’attenuante per l’imputato, come se gli uomini, a veder passare una bella donna, non fossero in grado di controllarsi. E un’attenuante erano considerati anche i trascorsi sessuali della donna. Nei processi si esigevano elementi di prova, come la conferma di testimoni oculari.
Lo stupro era ritenuto un atto legato alla libidine sessuale, ovvero ad un istinto naturale che poteva sfuggire dal controllo. Ora, quanto più qualcosa di pericoloso è facilmente “controllabile”, tanto più ha senso alzare le pene a fini di deterrenza. Da qui la giustificazione di certe attenuanti come quelle legate al vestiario.
Senonché, da allora molta acqua è passata sotto i ponti. Nella vita intellettuale moderna l’imperativo morale prevalente nell’analisi di questo fenomeno consiste nel proclamare che la violenza carnale non ha nulla a che vedere con la sessualità. Lo stupro è un abuso di potere e di dominio in cui lo stupratore tende a umiliare la sua vittima, o meglio il genere a cui appartiene. Lo stupro non c’entra con il sesso; c’entra con la violenza e con l’uso del sesso per esercitare il potere e il dominio. La violenza in famiglia e l’aggressione sessuale sono manifestazioni delle stesse potenti forze sociali: il sessismo e l’esaltazione della violenza. Lo stupratore è socialmente condizionato da una cultura patriarcale ipertrofica. La teoria ufficiale dello stupro ha origine in Contro la nostra volontà, un importante libro scritto nel 1975 da Susan Brownmiller.  Nel libro si sosteneva che lo stupro non ha nulla a che vedere con il desiderio sessuale degli uomini, ma è una tattica tramite la quale l’intero genere maschile opprime l’intero genere femminile.
Da qui nacque il moderno catechismo: lo stupro non c’entra con il sesso, la nostra cultura sociale condiziona gli uomini a stuprare. Il fatto è che si è diffusa fra le persone colte l’idea che si deve pensare alla sessualità come a qualcosa di naturale, non di vergognoso o sporco, e poiché lo stupro non è buono, non c’entra nulla con il sesso.
E’ chiaro che se la motivazione originaria dello stupro viene “degradata” da istinto naturale fuori controllo a strategia culturale di dominio, ogni ratio per le attenuanti cade miseramente.
Ma il dogma del “sesso naturale e buono” non sta in piedi. Il fatto che lo stupro abbia qualcosa a che vedere con la violenza non significa che non abbia nulla a che vedere con il sesso. I malvagi possono usare violenza per ottenere sesso esattamente come usano violenza per ottenere soldi. Così come un rapinatore agisce per soldi, uno stupratore potrebbe agire per libidine. Cosa c’ è di più normale che pensare in questi termini?
Guardiamo ai fatti.
Primo dato di fatto sotto gli occhi di tutti: accade spesso che un uomo voglia fare l’amore con una donna che non vuole fare l’amore con lui. E, in questo caso, usa ogni tattica a disposizione degli esseri umani per influire sul comportamento altrui: corteggiare, sedurre, adulare, raggirare, tenere il broncio, pagare.
Secondo dato di fatto evidente: alcuni uomini ricorrono alla violenza per avere quello che vogliono, senza curarsi delle sofferenze che provocano.
Sarebbe straordinario, in contraddizione con tutto ciò che sappiamo degli uomini, che nessuno ricorresse alla violenza per ottenere un rapporto sessuale.
La teoria tradizionale è dunque radicata nel buon senso. Proviamo ad applicarlo anche alla dottrina che vuole che gli uomini si diano allo stupro per gli interessi del genere cui appartengono.
In una società tradizionale lo stupratore rischia la tortura, la mutilazione e la morte per mano dei parenti della vittima. Nella società moderna rischia di passare un sacco di tempo in prigione. Davvero gli stupratori, nell’assumersi questi rischi, si sacrificano altruisticamente per il bene dei miliardi di estranei che compongono il genere maschile? Nella stragrande maggioranza delle epoche e dei luoghi, un uomo che stupra una donna della sua comunità è trattato da rifiuto umano. L’elementare dato di fatto che gli uomini hanno madri, figlie, sorelle e mogli che stanno loro più a cuore di quanto stiano loro a cuore la maggior parte degli altri uomini.
E’ ben vero che il trattamento giuridico dello stupro che si faceva in passato oggi ci disturba, cosicché in molti vedono la prova del complotto: fino a epoca recente, nei processi per stupro ai giurati veniva ricordato il monito di Lord Matthew Hale, giurista del diciassettesimo secolo, per cui la testimonianza di una donna va valutata con cautela, perché un’accusa di violenza carnale: “è facile da muovere e da essa è difficile difendersi, anche se l’accusato è innocente”. Cio’ non toglie che ci sia un fondo di verità in tutto questo poiché il crimine spesso viene perpetrato nell’intimità. E poi ricordiamoci dello standard di Blackstone per noi sacro ancora oggi: “meglio dieci stupratori liberi che un innocente punito”. Non mancavano dunque delle motivazioni concrete per invitare alla cautela.  Ma supponiamo pure che gli uomini che hanno applicato tale politica allo stupro l’abbiano piegata ai loro interessi collettivi perché, tanto per cominciare, avrebbero dovuto fare della violenza carnale un reato?
La ricerca scientifica sulla violenza carnale e il suo rapporto con la natura umana è venuta alla ribalta con la pubblicazione di A Natural History of Rape. Gli autori - Thornhill e Palmer - partivano da un’osservazione base: uno stupro può portare a un concepimento che propagherà i geni dello stupratore, inclusi gli eventuali geni che hanno reso più probabile che divenisse uno stupratore. Quindi la selezione potrebbe non avere operato contro, ma a favore di una psicologia maschile comprendente la capacità di stuprare. Tuttavia, considerati i rischi della lotta con la vittima, della punizione per mano dei suoi parenti e dell’ostracismo da parte della comunità, è improbabile, aggiungevano Thornhill e Palmer, che la violenza carnale sia una strategia di accoppiamento tipica. Ma essa potrebbe essere una tattica opportunistica, che diventa più probabile quando l’uomo è incapace di ottenere il consenso della donna, è emarginato da una comunità.
Pensare che la maggior parte degli uomini hanno la capacità di compiere uno stupro va, casomai, nell’interesse delle donne, perché esorta alla vigilanza nei confronti del marito e di conoscenti, o durante sconvolgimenti sociali. Inoltre, questa analisi concorda paradossalmente con i dati portati dalla stessa Brownmiller, secondo i quali violenze carnali possono essere commesse in guerra da uomini normali, compresi i “bravi” ragazzi americani in Vietnam. L’ipotesi formulata che lo stupro e gli altri aspetti della sessualità maschile si situino nella stessa sfera fa di essi strani alleati delle più radicali femministe del genere, come Catharine MacKinnon e Andrea Dworkin, per le quali “spesso è difficile distinguere la seduzione dallo stupro. Nella seduzione, spesso il violentatore si prende il disturbo di comprare una bottiglia di vino”.
Ma la teoria esposta, se da un lato torna alla vecchia concezione, quella da cui originavano le tanto odiose “attenuanti” relative all’orlo della gonna, dall’altro evidenzia come lo stupro non sia un reato qualsiasi. Scegliendo il maschio e il contesto per l’accoppiamento, le probabilità per la femmina di generare con un maschio dotato di buoni geni, della disponibilità e della capacità di condividere la responsabilità di allevare la prole, o di entrambe le cose, vengono massimizzate. Dal punto di vista della donna, uno stupro e un rapporto sessuale consensuale saranno cose completamente diverse; la ripugnanza della donna per lo stupro non è un sintomo di repressione nevrotica, né una costruzione sociale facilmente rovesciabile in una diversa cultura; la sofferenza causata dallo stupro sarà più profonda di quella causata da altri traumi fisici o altre violazioni corporee; tutto ciò giustifica il fatto che si lavori più duramente per prevenire la violenza carnale, e si puniscano più severamente i violentatori, di quanto accade per altri tipi di aggressione.
Purtroppo un libro come “A Natural History of Rape” ha già subìto il peggiore destino possibile per un lavoro di divulgazione scientifica. Come “L’origine dell’uomo” e “The Bell Curve”, è diventato una cartina di tornasole ideologica. Chi vuole dimostrare la propria vicinanza alle vittime di violenza carnale e alle donne in generale ha ormai imparato che deve liquidarlo.
Questo anche se le obiezioni ricevuto sono decisamente inconsistenti. Faccio solo il caso intorno all’interrogativo più importante, cioè se fra le motivazioni del violentatore vi sia il desiderio sessuale? Le femministe di genere che lo negano richiamano l’attenzione sugli stupratori che prendono di mira donne anziane e infeconde, su quelli che soffrono di disfunzione sessuale durante lo stupro, su quelli che costringono la donna ad atti sessuali non riproduttivi, e su quelli che usano il preservativo. Sono argomentazioni non convincenti per due ragioni. Primo, questi esempi riguardano una minoranza di stupri. Inoltre, casi del genere si presentano anche nei rapporti sessuali consensuali, quindi quell’argomentazione porta all’assurdità per cui la sessualità in sé non avrebbe nulla a che fare con la sessualità. Infine, un caso particolarmente problematico per la teoria “non è sesso” è quello della violenza carnale durante un appuntamento amoroso. Dobbiamo davvero credere che le motivazioni di “lui” siano cambiata di punto in bianco?
Oltre alle obiezioni fragili ci sono le prove solide a sostegno della teoria.
1) L’accoppiamento coatto è universalmente diffuso fra le specie nel mondo animale, il che fa pensare che la selezione non lo abbia rigettato.
2) La violenza carnale è presente in tutte le società umane.
3) In genere, i violentatori usano quel tanto di forza necessario per costringere la vittima al rapporto.
4) Le vittime di violenza carnale sono perlopiù negli anni di massima riproduttività per le donne, fra i tredici e i trentacinque.
5) I violentatori non sono rappresentativi, dal punto di vista demografico, del genere maschile. Sono nella stragrande maggioranza giovani, fra i quali la competitività sessuale raggiunge la massima intensità. E, benché si presuma che siano “socialmente condizionati” a violentare, si liberano misteriosamente da questo condizionamento invecchiando.
Purtroppo, la popolarità di teorie senza fondamento mette a rischio le donne. Non si fanno i conti con i fatti. Bisognerebbe tener conto che nei paesi in cui, come in Giappone, i ruoli legati al genere sono molto più rigidi che da noi, gli stupri sono percentualmente molto meno numerosi. Ma anche da noi i sessisti anni Cinquanta erano molto più sicuri per le donne degli emancipati Settanta e Ottanta. Sembra abbastanza chiaro che nella misura in cui le donne, rendendosi indipendenti dagli uomini, conquistano maggiore libertà di movimento, si trovano più spesso in situazioni pericolose.
Thornhill e Palmer suggeriscono di obbligare gli adolescenti maschi a seguire un corso di prevenzione dello stupro come condizione per ottenere la patente di guida e di ricordare alle donne che un abbigliamento sexy può aumentare il rischio di venire violentate. Forse è troppo. E’ decisamente troppo.
La reazione è stata curiosa: Mary Koss, definita un’autorità in materia di violenza carnale, vi ha visto un “pensiero assolutamente inaccettabile in una società democratica”. Si noti la psicologia del tabù: non si tratta soltanto di suggerimenti sbagliati, è “assolutamente inaccettabile”. Non c’è dissenso, c’è un sacerdozio teso a maledire chi infrange un tabù, anche se le ragioni per infrangerlo sono più che fondate.
In conclusione, che le donne abbiano il diritto di vestire come vogliono è fuori discussione, ma il problema non è quello che le donne hanno il diritto di fare in un mondo perfetto, bensì come possono accrescere la loro sicurezza in questo. Suggerire che le donne, in situazioni pericolose, pensino alle reazioni che possono suscitare o ai segnali che possono inavvertitamente trasmettere è solo buon senso. E’ difficile credere che una qualunque donna adulta possa pensarla diversamente, a meno che non sia indottrinata dal giornalismo ideologico in cui si pensa che l’aggressione sessuale non è un atto di gratificazione sessuale e che aspetto e attrattiva sono irrilevanti.
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Camille Paglia in merito:
Da decenni le femministe insegnano alle loro discepole a dire: “Lo stupro è un reato di violenza, non sessuale”. Questa sciocchezza, zuccherosa alla Shirley Temple, ha esposto le giovani al disastro. Fuorviate dal femminismo, non si aspettano uno stupro dai bravi ragazzi di buona famiglia che siedono accanto a loro in classe. … Queste ragazze dicono: “Dovrei potere ubriacarmi a una festa studentesca e andare di sopra nella camera di un ragazzo senza che succeda niente”. Io rispondo: “Ah sì? E quando vai in macchina a New York ci lasci dentro le chiavi?”. Quello che voglio dire è che se ti rubano la macchina dopo che hai fatto una cosa del genere, la polizia, certo, deve dare la caccia al ladro e lui dev’essere punito. Ma nello stesso tempo la polizia, ed io, abbiamo il diritto di dirti: “Che cosa ti aspettavi, idiota?”.
Wendy McElroy in merito:
Il fatto che noi donne siamo vulnerabili all’aggressione significa che non possiamo avere tutto. Non possiamo attraversare di notte un campus non illuminato o un vicolo senza correre reali pericoli. Queste sono cose che ogni donna dovrebbe poter fare, ma il «dovrebbe» appartiene a un mondo utopico. Appartiene a un mondo in cui ti cade il portafoglio in mezzo a una folla e ti viene restituito, completo di soldi e carte di credito. Un mondo in cui si lasciano aperte le Porsche in piena città. In cui si possono lasciare i bambini da soli al parco. Non è questa la realtà che abbiamo di fronte, la realtà che ci limita.
Una volta levata di mezzo l’ipotesi del complotto culturale e rimessa al centro la libido sessuale, tornano interrogativi fastidiosi che pensavamo di poter accantonare. Per esempio, come considerare la castrazione chimica? E’ ipotizzabile l’iniezione nel violentatore, con il suo consenso, di Depo Provera, farmaco che inibisce il rilascio di androgeni e riduce la pulsione sessuale? Le recidive in casi del genere vanno a picco! Chi s’indigna al solo sentir menzionare insieme stupro e sessualità dovrebbe rileggersi i numeri. Escludere senza pensarci una misura capace di ridurre la violenza carnale di quindici volte significa che saranno violentate molte donne che, altrimenti, forse non lo sarebbero state. Bisognerà prima o poi decidere a che cosa dare più valore: a un’ideologia che sostiene di fare gli interessi del genere femminile o a quello che effettivamente succede nel mondo alle donne reali.
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P.S. chi è interessato al tema farebbe bene a leggersi il cap.16 di Tabula Rasa dello psicologo Steven Pinker, libro da cui ho attinto a piene mani.

giovedì 30 giugno 2016

Ma Renzi ha aumentato o diminuito le tasse?

Mentre i conti ufficiali registrano un aumento delle imposte i portavoce del governo Renzi rivendicano una riduzione. Come mai?
L’equivoco risiede nella natura dei famosi 80 euro: devono considerarsi un aumento di spesa pubblica o una riduzione d’imposta?
Equiparare uno sconto sul prezzo ad un prezzo più basso non sembra una grande forzatura, eppure la contabilità nazionale fa scelte diverse e considera questo sconto una forma di spesa pubblica.
Se tagliamo i sussidi alle imprese tagliamo la spesa pubblica o aumentiamo le tasse alle imprese? Se scontiamo in Unico le ristrutturazioni della casa aumentiamo la spesa pubblica o riduciamo le tasse agli italiani? Se paghiamo più pensioni aumentiamo la spesa pubblica o alleggeriamo il carico fiscale?
Un renziano farebbe pesare queste operazioni sul fisco considerandole aumenti e riduzioni di tasse. Ma è corretto?
Lo stesso problema si è presentato agli studiosi intenti ad indagare la via ottimale per abbattere il deficit: meglio aumentare le imposte o tagliare la spesa? La risposta variava a seconda di come venivano definite imposte e spesa.
Alesina-Favero-Giavazzi in The output effect of fiscal consolidation plans concludono che è meglio tagliare la spesa. Batini-Callegari-Melina nel loro Successful Austerity in the United States concludono che è meglio aumentare la tasse. Peccato che i primi considerino il taglio di pensioni, sussidi ecc. come tagli di spesa mentre i secondi li considerino come aumenti d’imposta. E’ chiaro che la diversa definizione di imposte e spesa sia decisiva.
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Ma veniamo alla soluzione che propongo. Personalmente, cercherei una certa coerenza affidandomi allo scontro ideologico in atto, che in queste materie vede contrapposti liberisti e statalisti.
Il liberista si oppone a tasse e spesa elevate: secondo lui distorcono le scelte degli individui.
Lo statalista ama invece il “tassa e spendi”: secondo lui si possono così realizzare progetti meravigliosi che non vedrebbero mai la luce.
La tassa preferita del liberista è la poll tax o tassa capitale: X euro a testa. E’ la tassa più semplice che meno influenza le scelte della gente: qualsiasi scelta fai la devi pagare e l’importo non varia.
La tassa preferita dallo statalista è invece molto articolata perché i suoi progetti di ingegneria sociale sono sempre molto “articolati”.
Ora, gli sconti sulle tasse sono un modo per “progettare” la società ideale, per spingerla in una certa direzione piuttosto che in un’altra: se sconto le ristrutturazioni edili le famiglie faranno una vacanza più breve pur di ristrutturare la casa sfruttando gli sconti da me proposti. Nel campo produttivo si rilancerà il settore edile a scapito degli altri settori. Ecco allora che ho modificato le scelte dei cittadini per realizzare un mio progetto di società ideale. Dal punto di vista ideologico, in questo caso, pesco nell’ideologia “statalista” e di conseguenza, siccome lo statalista ama tasse e spese elevate, è più coerente considerare questa misura come un aumento della spesa anziché una riduzione di tasse.
Lo stesso dicasi per gli 80 euro di Renzi: si è voluto elargire un compenso ad un settore ben identificato della classe media affinché – a detta del governo - avesse in tasca qualche soldo in più da spendere, più probabilmente affinché si orientasse diversamente nella sua scelta elettorale. Sia come sia si stavano progettando a tavolino dei comportamenti sociali ritenuti migliori rispetto alle alternative,   assumendo così il tipico atteggiamento “statalista”. In questo senso considerare la misura un aumento di spesa pubblica è più coerente.
Se si accetta questa impostazione dobbiamo concludere che la contabilità nazionale è corretta e il governo Renzi ha  aumentato le tasse.

Meglio tagliare la spesa o diminuire le tasse?

  • l campione. La prima differenza riguarda il campione utilizzato. AFG studiano 17 paesi OCSE (Australia, Austria, Belgio, Canada, Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Regno Unito, Irlanda, Italia, Giappone, Olanda, Portgallo, Stati Uniti), nel periodo 1980-2005. BCM studiano 4 paesi (Francia, Italia, Giappone, Stati Uniti) più i paesi dell'area Euro aggregati in una singola entità, in vari periodi (dai 40 anni tra il 1970 e il 2010 per la Francia, ai 24 anni tra il 1985 e il 2009 per l'aggregato area Euro). Non c'è niente di sbagliato nell'utilizzare un campione piuttosto che un altro, ma naturalmente da campioni diversi si ottengono tipicamente risultati diversi.
  • TECNICA. AFG studiano gli effetti di interi piani di consolidamento fiscale in ciascun paese, cioè piani esplicitamente disegnati per ridurre il deficit pubblico e mettere il debito pubblico su un sentiero sostenibile. Gli shocks fiscali considerati sono quindi solo quelli di tipo "negativo", consistono cioè di eventi che riducono il disavanzo pubblico. Inoltre, questi shocks vengono identificati utilizzando un metodo narrativo. Questo significa studiare la storia fiscale di ciascun paese e classificare particolari eventi come (parte di) piani di consolidamento fiscale. Si selezionano cioè a priori i casi da studiare. BCM, invece, considerano shocks fiscali di entrambi i segni, sia negativi (che sono quelli rilevanti durante una fase di riduzione del deficit) sia positivi (che sono rilevanti durante una fase di aumento del deficit) e utilizzano un metodo basato su una tecnica molto
  • SPESA E IMPOSTE AFG definiscono "tasse" come le entrate fiscali, e definiscono "spesa" come l'intera spesa pubblica, inclusiva dei trasferimenti a famiglie e imprese. BCM, invece definiscono "tasse" come imposte nette, cioè entrate fiscali al netto dei trasferimenti a famiglie e imprese, e "spesa" come spesa pubblica in senso stretto. Questo può portare a interpretare in modo molto diverso gli effetti di un consolidamento basato sulla riduzione dei trasferimenti. Facciamo un esempio, il piano del governo italiano di tagliare per circa 10 miliardi i sussidi alle imprese. Si tratterebbe di riduzione della spesa oppure di aumento delle imposte? È vero che tecnicamente le imposte nette (essendo la differenza tra imposte e trasferimenti e sussidi di questo tipo) aumenterebbero, ma di fatto si tratterebbe di minori uscite per il settore pubblico, con le imposte (lorde) che resterebbero invariate. ...  Se andiamo a guardare la fonte dell'analisi narrativa di AFG, vediamo che non pochi episodi di consolidamento nel loro campione hanno una preponderante componente di riduzione dei trasferimenti. La mia opinione è che sia sostanzialmente corretto considerare la riduzione dei trasferimenti come riduzione della spesa. Lo stesso varrebbe per una qualsiasi riduzione della spesa pensionistica come, di nuovo, nel recente caso italiano. Un episodio di consolidamento fiscale basato sulla riduzione dei trasferimenti viene quindi classificato come "riduzione di spesa" da AFG ma come "aumento di imposte (nette)" da BCM.
  • Precisione della stima. Infine, la sesta differenza nella tabella, riguarda un punto tecnico (sono grato a Carlo Favero per avermelo fatto notare). Le simulazioni di AFG permettono di costruire "intervalli di confidenza", cioè una misura della precisione delle stime. La metodologia scelta da BCM non lo consente. Sappiamo quindi che la conclusione di AFG è "precisa", in un senso statistico. Nulla sappiamo sulla precisione della conclusione
  • In conclusione, il mio giudizio è che il tipo di eventi fiscali considerati da AFG siano del tutto analoghi a quelli in atto in Italia e in Europa da 1--2 anni a questa parte. BCM, in questo senso, misurano gli effetti di eventi fiscali la cui composizione è molto diversa da quelli in corso.

mercoledì 29 giugno 2016

Il nostro povero bisogno di purezza

La categoria dei “valori non negoziabili” è emersa da tempo nel Magistero della Chiesa in riferimento ad alcune questioni riguardanti l’impegno dei cattolici in politica. Da allora si è litigato tanto ma il concetto (a me) non è ancora oggi chiaro.
Si tratta forse di un richiamo fatto ai politici cattolici alla stregua dei richiami di partito? Ma allora ogni partito politico possiede una miriade di “valori non negoziabili”. Il concetto sarebbe banale, mi rifiuto di crederlo.
Si tratta di valori la cui violazione dovrebbe risultare inaccettabile al cattolico doc?
In realtà, qualsiasi cattolico assennato sembra sopportarla benissimo pur dicendo di battersi contro. L’aborto in Italia è autorizzato per legge, e quella legge viene riconosciuta e rispettata da tutti i cattolici. Naturalmente viene considerata una legge sbagliata e da cambiare ma, anche qui, è lo stesso atteggiamento che qualsiasi militante di qualsiasi partito ha nei confronti di leggi che considera ingiuste. Siamo di nuovo alla banalizzazione.
Forse che le leggi di cui parliamo sono particolari perché hanno un contenuto morale?
No, molte leggi sono sostenute per il loro contenuto morale. Un comunista vuole più eguaglianza poiché lo ritiene giusto, un liberale vuole più meritocrazia perché lo ritiene giusto. Eppure in questi casi non si parla di “valori non negoziabili”.
Faccio allora un’ipotesi alternativa capace di conferire significato e originalità al concetto in questione: la categoria dei “valori non negoziabili” ha a che fare con la dimensione del sacro. Ammetterete che con il sacro non ha nulla a che spartire con i valori liberali e socialisti.
Ma per chiarire meglio cosa intendo soccorre la lettura di Viviana Zelizer, in particolare del suo libro The Purchase of Intimacy.
Il bisogno di sacro è bisogno di purezza, qualcosa che tutti condividiamo, in passato si esercitava molto nella sfera del sesso, oggi in quella del cibo.
ma anche senza coltivare tabù estremi, tutti noi apprezziamo la “purezza” di certi sentimenti e ci disturba “contaminarli” con elementi inquinanti. Per questo decidiamo di “sacralizzare” certe relazioni mettendole al riparo dall’agente contaminatore per eccellenza che è il denaro. Ora, tra denaro e “negoziabilità” il nesso è evidente.
Diciamo allora che denaro e sacro convivono male. Nessuno di noi stila un contratto pre-matrimoniale dettagliato, ci sembrerebbe di sminuire il matrimonio, riteniamo l’amore una sfera ben distinta dall’economia. Sentimenti e soldi sono nemici, almeno dal punto di vista della comunicazione. Il denaro richiede una comunicazione letterale, il sacro una comunicazione simbolica. Quando firmo un contratto dico che mi impegno a rispettarne la lettera e a risarcire i danneggiati, quando dico “ti amerò tutta la vita” aderisco ad un simbolo.
Parlo di simbologia perché, a guardar bene, quello che preme agli adoratori del sacro non è la purezza in sè quanto qualcos’altro, ovvero l’appartenenza ad un gruppo che osserva gli stessi precetti (legati alla purezza) e si coordina intorno a quelli. L’importante è il coordinamento, i precetti in sé potrebbero anche essere altri. Banalizzo affinché sia chiaro: ci si puo’ coordinare stabilendo di “tenere la destra” ma lo si puo’ fare altrettanto bene stabilendo di “tenere la sinistra”.
Un esempio: la sacralità della Messa cattolica non si coniuga molto bene con il denaro, tanto è vero che Gesù scacciò con rabbia i mercanti dal tempio. Eppure, ad ogni messa gira sfacciatamente un cestino per raccogliere moneta sonante: mai la pornografia del denaro è esplicita e senza filtri come durante la Santa Messa, si tira materialmente fuori il portafoglio e si consegna la pecunia nuda e cruda in un recipiente stracolmo che sembra il deposito di Paperone in miniatura. Naturalmente ognuno potrebbe donare in qualsiasi momento nelle apposite cassette ma affinché la sua decisione sia esposta alla massima pressione sociale si stabilisce di fare una raccolta nel momento più cruciale della liturgia.
Cio’ puo’ significare solo una cosa: che l’impurità del denaro va proclamata come simbolo ma non osservata alla lettera. E qui comprendiamo meglio la funzione del sacro: è il proclama che garantisce l’appartenenza ad una tribù, e se l’appartenenza è cio’ che conta, allora basta e avanza quello.
Altro piccolo esempio. Se chiedi a Giovanni quanto stima la sua vita in euro, lui avrà un moto di repulsa. Tuttavia, Giovanni, durante la giornata, compirà mille azioni da cui si puo’ evincere il valore che si rifiuta di formulare esplicitamente.
La conclusione è che il valore esiste ed è calcolabile ma per questioni simboliche l’interessato si rifiuta di fornirlo o addirittura di pensarlo, questo perché vuole comunicare al mondo che per lui la “vita è sacra”.
In cio’ che diciamo c’è un messaggio diretto e un messaggio indiretto: il primo è di natura economica, il secondo di natura simbolica. I due messaggi convivono, infatti Giovanni dà un valore in euro alla sua vita ma DICENDO di non poterlo dare ci comunica la sua appartenenza alla tribù di coloro per cui “la vita è sacra”. In Chiesa malediciamo mammona e il denaro in modo simbolico ma poi all’offertorio facciamo della moneta e del portafogli un protagonista assoluto.
L’identità e l’appartenenza sono un bene privato (ci rende più felici) ma l’aspetto simbolico riveste anche un valore comunitario. infatti, noi sappiamo tante cose della tribù della “vita è sacra” e di conseguenza sappiamo molte cose di Giovanni. Giovanni si rende prevedibile, diminuisce l’incertezza sociale e questo è un bene per tutti. Noi sappiamo molte cose di della tribù che “disprezza il denaro”, cosicché riusciamo a coordinarci bene con loro, sappiamo con chi abbiamo a che fare, sappiamo se e come evitarli, se e come incontrarli. Il simbolismo dei sacramenti è un vantaggio anche per i non appartenenti alla tribù che li celebra.
Ma c’è un aspetto che puo’ risultare fastidioso: “simbolo” e “letteralismo” possono interagire in modo equivoco. Se Giovanni dice “la vita umana non ha prezzo” usa un’espressione simbolica che molti potrebbero prendere alla lettera equivocando. Lo stesso Giovanni potrebbe auto-ingannare se stesso pensando alla verità letterale della sua espressione simbolica e rispondere in modo scorretto a chi gli chiede quanto valuta in euro la sua vita.
A volte simboli e lettera confliggono in modo così potente che meglio sarebbe ritarare il sistema simbolico formatosi in contesti differenti in modo da mantenerne il valore sociale minimizzando equivoci ed auto-inganni.
Alcuni equivoci sono socialmente molto costosi. Facciamo una caso ipotetico: chi dice “i bambini non si comprano” prendendosi alla lettera potrebbe opporsi alle commissioni richieste dagli intermediari all’adozione, il che farebbe crollare le adozioni in tutto il mondo con danno per tutti. Chi invece dice “i bambini non si comprano” cosciente di esprimere un mero simbolo (la sacralità del bambino) non farebbe mai un errore del genere perché sa che simbolo e lettera divergono.
E non so fino a che punto chi dice che l’ “utero non si affitta” parli in modo simbolico anziché letterale. Districare la matassa è difficile sia per chi ascolta che per chi parla.
Chi dice “valori non negoziabili” è poi non negozia (magari perché preferisce sparare ai medici abortisti), probabilmente fa un danno all’intera comunità. Al contrario, chi parla di “valori non negoziabili” e poi di fatto negozia non si sta necessariamente contraddicendo poiché c’è una differenza tra lettera e simbolo.
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Come far convivere lettera e simbolo, sacro e profano? Ci sono quattro atteggiamenti.
1) I moralisti. Per loro gli ambiti vanno tenuti ben separati, nel momento in cui entrano in contatto si crea una contaminazione. Ipotizzare in modo esplicito che il valore “non negoziabile” sia di fatto negoziabile significa inquinarlo irreparabilmente. Meglio negare anche l’evidenza pur di conservare la dimensione del sacro.
2) Gli economicisti. Per loro i simboli sono sempre riducibili alla lettera. Il sacro è sempre riducibile all’economia. Operazione che va fatta per comprendere e spiegare.  Esempio: il matrimonio è un mero contratto economico a lungo termine e l’aspetto rituale una mera patina superficiale che lo studioso deve smascherare.
3) I relazionisti. Per loro simbolo e lettera sono due dimensioni umane imprescindibili che possono e devono convivere. Il sacro riguarda la dimensione comunitaria, il profano la dimensione individuale. Entrambe vanno preservate senza fagocitarsi. Quando i costi di una simbolica datata sono troppo alti si proceda a riformarla.
4) I dialettici. Per loro tutto è lotta e i simboli sono armi come altre: servono ai “forti” per sottomettere i “deboli”. La rivoluzione esige un rovesciamento e una sostituzione. Esempio: il patriarcato ha imposto suoi simboli per sottomettere il genere femminile, oggi la rivoluzione femminista è chiamata a sovvertirli.
Personalmente mi sento più vicino a 3)… con una spruzzatina di 2).