lunedì 20 maggio 2013

Riavvolgere la pellicola

Simon Conway Morris – The deep structure of biology -
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Oggi Cina e India (un terzo dell’ umanità) hanno adottato architetture istituzionali vicine a quelle classiche dell’ Occidente.
In una parola i cronisti sintetizzano dicendo che si sono “convertite” al capitalismo.
Ma come è possibile che civiltà e culture tanto peculiari adottino poi soluzioni importate da mondi così distanti?
Probabilmente esistono vincoli ambientali legati all’ efficienza che si fanno sentire indipendentemente dalla cultura dei popoli. Se così fosse attendiamo presto una svolta anche nei paesi islamici.
Gli economisti sono soliti parlare di “grande convergenza”, un fenomeno complesso di lungo periodo tale per cui istituzioni economiche anche molto lontane tra loro tenderebbero ad evolvere nella stessa direzione.
Lentamente, sperimentando sia accelerazioni che dietrofront, ma pur sempre nello stessa direzione.
Robert Barro è lo studioso che funge meglio da guida per chi vuole approfondire questa affascinante tematica.
Domanda: quello che accade nelle istituzioni umane puo’ accadere anche per le diverse forme di vita che abitano il nostro pianeta?
Non sarebbe una sorpresa: economia e biologia hanno interagito fin dai tempi eroici di Malthus e Darwin. 
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Ci sono modi alternativi per porre l’ interrogativo della convergenza.
Potremmo chiederci: se la storia del nostro pianeta fosse  un film e noi avessimo la possibilità di riavvolgere la pellicola per iniziare una nuova proiezione, rivedremmo più o meno lo stesso racconto con gli stessi protagonisti?
Ma si puo’ semplificare ulteriormente chiedendo: il mondo è un posto prevedibile?
… in buona parte sì, altrimenti che senso avrebbe la nostra ricerca, quella scientifica in particolare?…
Chi risponde così non si lascia deprimere certo dai molti fenomeni caotici:
… anche un mondo in cui il battito d’ ali di una farfalla provoca uragani è un mondo strutturato in cui è possibile fare previsioni sensate anche se non esatte… la meteorologia, per esempio, è tutt’ altro che una disciplina priva di senso finché mantiene un’ appropriata modestia…
Ma ecco che si profila all’ orizzonte un’ eccezione:
… le scienze servono anche per porre le basi a previsioni magari approssimative ma sensate… eppure si pretende che questo potere svanisca quando parliamo di biologia evolutiva… ventilare delle ipotesi sull’ evoluzione futura delle specie ha l’ aria di violare il sacro dogma del caso come unico gestore degli organismi vitali… l’ evoluzione non deve seguire e non seguirebbe nessun sentiero… sarebbe un processo cieco con un punto d’ arrivo indeterminato…
In effetti i meccanismi dell’ ereditarietà genetica sono imperniati sulle “mutazioni”, ovvero su un fenomeno completamente casuale.
Tuttavia l’ evoluzione biologica non è fatta solo di ereditarietà:
… sembra sempre più chiaro che anche i processi evolutivi siano in qualche modo vincolati se non prevedibili…
Quando il dinamismo della vita naturale appare "indirizzato" si parla di “evoluzione convergente”:
… pensate solo all’ occhio dei cefalopodi e dei vertebrati… è un meccanismo estremamente sofisticato e molto simile nelle due specie… eppure si tratta di specie molto distanti tra loro da un punto di vista evolutivo… parliamo di lignaggi debolmente imparentati… E’ praticamente certo che il loro antenato comune non avesse occhi… evidentemente i processi evolutivi hanno seguito percorsi convergenti… che hanno elaborato soluzioni evolutive simili per il semplice fatto che erano soluzioni evolutive ottimali…
Ma dell’ intelligenza si puo’ dire la stessa cosa?
… in buona parte sì… l’ intelligenza è emersa spesso in modo indipendente nelle varie specie… il confronto tra l’ intelligenza dei cetacei e quella delle scimmie è noto… per non parlare di quella degli uccelli… la strategia dell’ intelligenza è una nicchia molto frequentata… persino dalle piante!… una nicchia in cui l’ uomo eccelle…
Lo studio dei processi evolutivi è ben lungi dall’ esaurirsi, chi lo intraprende sa bene che esistono molte tematiche ancora apertissime:
… c’ è quella relativa al gene egoista, quella relativa alla selezione di gruppo, c’ è chi si dedica all’ applicazione della teoria dei giochi, chi si concentra sulle grandi estinzioni… poi c’ è anche chi studia gli effetti di lungo periodo e i fenomeni di evoluzione convergente…
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Charles Darwin ereditò da nonno Erasmus, un deista, sentimenti e ideali progressisti:
… è nella nostra natura migliorare la nostra condizione e le nostre conoscenze… la vita sulla terra si configura come un continuo progresso… dal blob iniziale alla meraviglia dell’ uomo…
Per Erasmus il mondo aveva un fine che perseguiva pervicacemente attraverso un progresso graduale.
… una credenza differente da quella del coevo William Paley, per il quale il fine della vita era stato progettato e risiedeva nelle intenzioni divine…
Erasmus concentrava il suo sguardo in avanti, Paley indietro.
… già da subito molti cristiani considerarono datata la concezione di Paley e finirono nelle braccia di Darwin…
La posizione di Erasmus traspare in modo chiaro nelle parole del cardinale Newman:
… credo nel progresso della vita perché credo in Dio ma non credo in Dio perché vedo un progetto che va realizzandosi…
Una prospettiva affascinante che non seduce solo i credenti, anche Herbert Spencer sarà ben felice di collegare due concetti come “progresso” e “evoluzione”.
D’ altronde, il concetto darwiniano di “selezione” si concilia con quello di “progetto in costruzione”, purché ci si converta dall’ idea di “progetto” così come era concepita da Paley a quella di “progresso” elaborata da Erasmus e da Newman.
… Darwin credeva in Dio e fu deista come suo nonno…
L’ evoluzione progredisce? Ci sono parecchi indizi che sia così ma in ultima analisi bisogna crederlo proprio come bisogna credere che una società libera sia destinata a progredire:
… i processi di adattamento conducono a forme di progresso… gli organismi e le diverse linee evolutive sono in competizione tra loro e quel che succede nel lungo periodo è che alcuni riescono a prevalere sugli altri… non si tratta di miglioramenti assoluti ma relativi all’ ambiente che funge da filtro… non si tratta di adottare soluzioni ottimali ma solo migliori rispetto a quelle dei rivali… molto spesso diverse specie puntano sulla medesima soluzione… è del tutto normale che accada visto che fronteggiano lo stesso ambiente… ovvero lo stesso problema…
Per Darwin, comunque, questi “meriti relativi” erano più che sufficienti per vedere nella natura una qualche forma di progresso e per considerare il cervello umano come un punto d’ arrivo dei processi d’ adattamento:
… il mondo di Darwin era profondamente finalizzato anche se in  modo non tradizionale… per chi vedeva nell’ evoluzione un avanzamento progressivo verso una meta, ebbene, la descrizione darwiniana si rivelava particolarmente aperta a questa sensibilità…
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Dai tempi di Darwin la teoria è maturata ma puo’ veramente dirsi cambiata sotto questo punto specifico?
… oggi alcuni studiosi come Stephen Jay Gould si discostano dal maestro negando risolutamente che i cambiamenti in natura possano mai avere un fine… per i “gouldiani” la vita è mera contingenza…
Ma è questa la voce ufficiale dell’ evoluzionismo contemporaneo?
… chiaramente no… se noi pensiamo ai processi in termini di adattamento… I darwinisti contemporanei supportano l’ idea di evoluzione vincolata da un disegno non meno e forse più di Darwin stesso… e questo anche se non si puo’ negare che molti scienziati evoluzionisti abbiano rotto con il darwinismo ortodosso
George Williams (uno che dei preti amava solo ascoltare l’ “andate in pace”):
… ogni volta che penso al cambiamento come adattamento funzionale dovuto alla selezione ambientale mi viene naturale usare termini che richiamano alla mente concetti vicini a un progetto intenzionale…
Simon Conway Morris è il paleontologo che più di tutti oggi  lavora per rinfrescare una visione darwiniana da opporsi a quella gouldiana:
… solo certe aeree (nicchie) dello spazio morfologico possono favorire la vita… la selezione naturale preme per favorire l’ occupazione efficiente  di queste nicchie indirizzando di fatto gli organismi verso di esse… quindi, se le nicchie esistono, presto o tardi verranno occupate… ma piuttosto “presto” che “tardi” considerata la mano invisibile che è in azione e sospinge la vita in quel senso…
SCM ci mostra innumerevoli casi in cui la storia della vita ha mostrato forme di convergenza. Inutile fare elenchi noiosi, giusto un esempio trattato nel libro:
… le zanne a coltello sono un caso classico… si svilupparono sia nelle specie a placenta del nord America sia nei marsupiali del sud America… due specie molto lontane dal punto di vista della parentela evolutiva… evidentemente c’ era una nicchia che favoriva un certo tipo di predatore e una soluzione simile attecchì su lignaggi ben diversi…
La storia della vita non è una roulette ma è fortemente vincolata alle pressioni ambientali:
… una catena ben precisa di specie è destinata ad emergere così come è destinato ad emergere anche l’ uomo… che con i suoi occhi, i suoi orecchi, occupa nicchie già occupate efficientemente da altri ma con la sua intelligenza occupa una nicchia occupata in modo molto meno efficiente da altri e che attendeva un campione destinato prima o poi ad arrivare…
Per quanto l’ idea di SCM, quella per cui esistono nicchie ecologiche che attendono solo di essere invase, sia assolutamente nel solco del darwinismo classico, c’ è chi obietta:
… le specie non si limitano ad occupare le nicchie ma contribuiscono alla loro creazione…
E’ vero, ma anche Cina e India oltre ad operare sul mercato internazionale contribuiscono a mutarlo radicalmente, questo non mette a repentaglio la loro competitività.
… forse esiste qualcosa che possiamo considerare specifico del nostro pianeta… qualcosa di costante che rende sufficientemente stabili le nicchie… le quali sono scoperte piuttosto che create… l’ evoluzione darwiniana non spiega l’ esistenza dell’ ossigeno e dell’ idrogeno e nemmeno i legami chimico fisici che rendono possibile l’ acqua… se pensiamo alla terra, all’ acqua, all’ aria come a nicchie basiche, allora dobbiamo concludere che si tratta di nicchie date…
Stephen Jay Gould invita continuamente l’ uomo a non montarsi la testa:
… ci sono batteri che hanno fatto molto meglio di noi nella lotta per la sopravvivenza…
Ma l’ uomo ha fatto particolarmente bene nella sua nicchia, quella che valorizza l’ intelligenza, una nicchia che esiste e che aspettava il suo campione. Per questo che SCM, contro Gould, parla di “uomo inevitabile”:
… anche SJG, d’ altronde, ammette che gli organismi semplici come i batteri non possono migliorarsi divenendo più semplici… devono necessariamente puntare sulla complessità… cosicché la selezione naturale esercita una pressione affinché si occupino nicchie via via più complesse…
Se l’ uomo è inevitabile, quali sono le conseguenze?:
… qualora esista vita su un numero sufficiente di altri pianeti, probabilmente esisteranno anche esseri simili all’ uomo…
Ci sono però anche conseguenze teologiche:
… l’ evoluzione convergente ci dice che la vita umana non è frutto di un caso… laddove c’ è vita soggetta ai processi di ereditarietà e adattamento dobbiamo aspettarci anche l’ uomo…
Informazione preziosa, soprattutto se abbinata al fatto che la vita nell’ universo è altamente improbabile. Provate un po’ a tener conto di entrambe le cose e fate le vostre deduzioni!
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E’ strano ma l’ evoluzione vista dal credente assomiglia molto di più a quella dei darwiniani duri e puri che non a quella degli evoluzionisti moderati.
Se Richard Dawkins non si fosse imbarcato in una crociata anti-cristiana, tanto per dire, sarebbe stato un ottimo didatta per i cristiani desiderosi di avvicinarsi ai misteri dei meccanismi evolutivi. Molto più che il moderato Stephen Jay Gould! Il regno del caos che prospetta quest’ ultimo mal si accorda con la teleologia naturale cristiana.
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Tuttavia, il darwiniano duro e puro cerca di liberarsi da contiguità che ritiene compromettenti ripetendo in modo martellante che ravvisare uno scopo nel dinamismo della natura è mera illusione.
… non esiste una direzione indipendente dall’ ambiente… l’ unica direzione assunta è del tutto relativa… e la sua effettiva azione puo’ creare spiacevoli illusioni… progresso? ma progresso rispetto a cosa? gli evoluzionisti moderni non possono parlare di “progresso” in modo sensato…
E’ in questo senso che Richard Dawkins introduce la metafora dell’ “orologiaio" cieco”.
Ma intanto, diversamente da Gould, la presenza di una “direzione” è ammessa, cosicché l’ uomo è considerato inevitabile e anche la negazione di un “progresso” diventa per il darwinista ateo un atto di fede ancor più impervio della sua affermazione. Le parole di Richard Lewontin sono illuminanti in merito:
… noi darwiniani atei prendiamo posizione in favore degli argomenti scientifici dell’ evoluzionismo e solo di quelli in virtù di un impegno precedente in favore del materialismo…
Secondo i darwinisti atei bisogna distinguere tra direzione e scopo, chi ravvisa uno scopo è in preda a illusioni, illusioni, del resto, che hanno la loro brava spiegazione:
… la selezione naturale ha chiaramente avvantaggiato i comportamenti ben motivati… ovvero le menti allenate a rintracciare ovunque uno scopo preciso… per questo che ci sembra di vederlo dappertutto, anche nei processi naturali… i darwiniani teisti, per non rinunciare a questo istinto confondono la direzione con lo scopo ma il passaggio dal primo al secondo concetto è velleitario… D’ altronde resta vero che l’ evoluzione convergente si pone saldamente all’ interno del paradigma darwiniano e si presta anche a un’ interpretazione riduzionista…
L’ interpretazione riduzionista della “direzione evolutiva” è sempre ammessa, ci mancherebbe, ma chi non coglie nel passaggio citato una strategia difensiva?
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Potrei concludere dicendo che il lavoro di SCM non costituisce una prova scientifica in favore dell’ esistenza di uno “scopo” nella natura…
… tuttavia, il fatto che esistano pressioni in grado di indirizzare la vita non puo’ essere negato… e il fatto che si tenti di capire come agiscono queste pressioni è nell’ istinto di ogni scienziato… un istinto vicino a quello dell’ uomo religioso il quale, intuendo anch’ egli la presenza di una direzione, la interpreta nel senso di scopo superiore… fornendo una visione che l’ uomo di scienza non puo’ provare ma puo’ facilmente capire e condividere…
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Primo maggio di lotta e di governo

il nemico pubblico numero uno è comune: la disoccupazione.
Comune a sindacati, confindustria e governo.
Comune anche l’ arma scelta per aggredirlo: meno tasse sul lavoro.
Questa comunità d’ intenti ci rassicura sulla ritrovata coesione delle forze sociali nel far ripartire la “macchina”.
Ma è anche sospetta: tutti usano le stesse parole ma siamo sicuri che dicano la stessa cosa?
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Bonanni, noto sindacalista:
… bisogna ripartire dal lavoro, non dobbiamo colpirlo ma agevolarlo… meno tasse… è necessario che al lavoratore restino in mano più risorse da spendere per i suoi bisogni… buste paga più gonfie per ripartire con il lavoro…
Siamo sicuri che Bonanni o la Camusso abbiano in mente i disoccupati?
Se penso a un sindacalista preoccupato della disoccupazione mi vengono in mente le volpi a cui si affidano le chiavi del pollaio.
Mi dite quanti disoccupati troveranno lavoro se gli sgravi fiscali beneficiano il lavoratore?
Probabilmente zero: perché dovrei assumere un nuovo lavoratore se per me il costo del lavoro non cambia?
Con buste paga più gonfie, forse qualcuno che prima non lavorava deciderà di farlo, ma nessun disoccupato verrà riassorbito. In gergo si dice che l’ occupazione aumenta ma la disoccupazione resta stabile.
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Solo una riduzione fiscale a beneficio dei datori di lavoro colpisce la disoccupazione.
E quali sono le tasse "a carico” esclusivo dei datori di lavoro?
Difficile dirlo, di certo l’ Irap ha più chance dell’ Irpef sugli stipendi, ma Bonanni e la Camusso si guardano bene dal parlare dell’ Irap.
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Qualcuno dice: ma buste paga più gonfie rilanciano la domanda!
Sempre che “rilanciare la domanda” non sia poi quel fuoco di paglia che non scalda nessuno, bisognerebbe capire se le risorse destinate a “gonfiare” quelle buste paga sono dirottate  da risparmi improduttivi.
Ebbene, a parità d' indebitamento, in genere sono risorse destinate a spese alternative, quindi avrebbero “rilanciato la domanda” in modo altrettanto dinamico.
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Qualcuno tra i miei amici “di destra” dice che chi non lavora e si lamenta quasi sempre è un “falso disoccupato”, un “disoccupato volontario” (è tale solo perché sceglie di esserlo).
Non dobbiamo preoccuparci troppo di loro, e, in ogni caso, gonfiare le buste paga è utile per combattere il fenomeno della falsa disoccupazione.
Se sono disoccupato perché non trovo un lavoro da astronauta, quando gli operai verranno pagati di più, accetterò mio malgrado di fare l’ operaio togliendomi dall’ esercito dei disoccupati e cessando così di fare lo “schizzinoso”.
Se ero disoccupato solo per il fatto che il lavoro non mi è offerto nella mia città, forse una busta paga più pingue puo’ aiutarmi.
Se ero disoccupato perché il sussidio di disoccupazione è tanto comodo, forse una busta paga più pingue puo’ convincermi a cambiare idea.
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Io penso invece che gran parte della disoccupazione sia autentica.
La disoccupazione è molto dolorosa, difficile sia volontaria. Le ricerche sulla felicità delle persone sono abbastanza convincenti.
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Se la disoccupazione è autentica, ovvero involontaria, va affrontata con i soliti ferri del mestiere, in particolare penso alla legge di domanda e offerta.
La legge ci dice che, in presenza di un eccesso di offerta, il prezzo della merce deve scendere affinché l' eccesso sia riassorbito.
Ma il mercato del lavoro sembra restio ad accettare questa legge: esiste una rigidità dei salari nominali verso il basso. E’ stato Keynes il primo economista ad accorgersene.
I Keynesiani sembrano rassegnarsi al fenomeno: i salari non possono scendere, punto e basta.
Il sospetto è che, essendo i keynesiani ideologicamente a sinistra dello spettro politico, il retro-pensiero sia: i salari non devono scendere.
Una volta mischiati per benino positivo e normativo, i keynesiani si dedicano a battere vie improbabili.
A destra invece non esistono remore del genere e si studia con fervore il modo di abbattere i salari affinché il mercato del lavoro funzioni esattamente come gli altri.
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Come far scendere i salari nominali e riassorbire la disoccupazione?
Ci sono alcune ricette “di destra” dalla logica inattaccabile: meno regole, meno diritti sindacali, meno salario minimo, meno…
Meno di tutto cio’ e la disoccupazione riceverà un colpo mortale. Capite bene come mai Bonanni o la Camusso non saranno mai nemici mortali della disoccupazione.
Il funzionamento del mercato è in gran parte inquinato da queste incrostazioni che generano disoccupati a go-go.
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Ma c’ è anche un’ alternativa che a destra non si prende mai in considerazione: più inflazione.
In periodi recessivi l’ inflazione è spesso il modo più efficace per diminuire i salari reali quando quelli nominali sono rigidi.
Poiché l’ imprenditore è in grado di adeguare i suoi prezzi al costo della vita, l’ inflazione diminuirà il costo reale del lavoro riassorbendo le eccedenze, proprio cio’ che la destra vuole.
In passato qualcuno ha definito l’ inflazione come una tassa, da qui il paradosso: più lavoro con più tasse sul lavoro.
La tassa che ho in mente è naturalmente l’ inflazione.
I miei amici di destra sono preoccupati: ma che c’ entra l’ inflazione con il libero mercato?
Dimenticano che esiste una Banca Centrale.
Chiedo loro: che c’ entra la Banca Centrale con il libero mercato?
Forse che una politica della banca centrale tesa a targetizzare il tasso d’ interesse a breve è più “pro-market”? Oppure lo è una politica che stabilizza la crescita di M2? Oppure lo è una politica che congela la base monetaria?
Secondo me la politica della Banca Centrale più “pro market” è quella che stabilizza il PIL nominale, e in periodi recessivi questo significa solo una cosa: più inflazione. Da cio' derivano salari reali più bassi, quindi più lavoro e più crescita.

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giovedì 9 maggio 2013

Il mistero delle tasse sul lavoro

Domanda: “quali sono le tasse che colpiscono il lavoro?”
Risposta semplificata: “tutte”.
Risposta accurata: “praticamente tutte”.
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Si sente dire in giro che bisogna abbassare le tasse sul lavoro, tutti sembrano d’ accordo su questa priorità.
Ebbene, qui vorrei mostrare che non esiste cosa più facile al mondo.
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Partiamo dalla premessa che mi sembra d’ obbligo, esistono solo due tipi di tasse:
1. Tasse sul lavoro e
2. Tasse sulla natura.
Le tasse sulla natura sono rare, talmente rare che mi sembra non ce ne sia in vigore neanche una.
In teoria è facile concepirle: Esisti? Ti tasso. Ecco una tassa sulla “natura”.
Un’ altra tassa sulla natura è la tassa sull’ altezza del contribuente.
Quando non si tassa la natura, si tassa la ricchezza, e la ricchezza è sempre prodotta grazie al lavoro. Tassare la ricchezza e tassare il lavoro è la stessa cosa.
Le tasse sulla natura sono le più efficienti perché non producono disincentivi: se ti tasso per il solo fatto di esistere o perché sei più alto di un metro e ottanta, come potresti mai eludere la tassazione che ti impongo?
Le tasse sul lavoro invece si possono eludere facilmente: basta lavorare meno.
Una società in cui si lavora poco per paura delle tasse è una società inefficiente.
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Poiché in teoria esistono solo due tipi di tasse – quelle sul lavoro e quelle sulla natura – e il secondo tipo di tassa non esiste in pratica, non c’ è cosa più semplice che abbassare le tasse sul lavoro: basta abbassare una tassa qualsiasi.
Compresa la tanto vituperata IMU.
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In realtà anche le tasse sul lavoro si possono dividere in due gruppi:
1. Tasse sul lavoro, e
2. Sovrattasse sul lavoro.
Le seconde rappresentano una “doppia tassazione”.
Le tasse sul capitale o sulle rendite finanziarie, per esempio, non sono altro che “sovrattasse sul lavoro”.
Anche l’ IMU è da classificare come “sovrattassa” sul lavoro.
Poiché le “sovrattasse” sono ancora peggio delle “tasse”, qualsiasi economista consiglia di tenerle particolarmente basse.
C’ è anche un problema etico: perché certi cittadini devono pagare due volte ed altri una?
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Cerchiamo di capire meglio il concetto di “sovrattassa”: se Giovanni compra una casa pagherà l’ IMU.
Ma Giovanni comprerà la sua casa con un reddito di lavoro già tassato.
Il fatto che Giovanni metta lì il suo reddito di lavoro già tassato fa sì che Giovanni, sempre su quel reddito, debba scontare un’ altra tassa, il che si traduce in una sovrattassa sul lavoro.
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Ma le tasse sul lavoro, diversamente da quelle sulla natura, hanno un grave difetto: producono disincentivi.
Di fronte a tasse e sovrattasse Giovanni lavorerà meno e acquisterà un’ abitazione più modesta, oppure acquisterà case solo a prezzi ridotti.
Una domanda di case più contenuta implicherà delle riduzioni nello stipendio del maguttino Giuseppe. Giovanni è riuscito almeno in parte a trasferire le tasse che gravano (e graveranno) sul suo lavoro  (IRPEF e IMU) su quello del maguttino Giuseppe.
Ai nostri fini non cambia molto: sia Giovanni che Giuseppe sono lavoratori e a noi interessava capire che con IRPEF e IMU si colpisce (e si ricolpisce) il lavoro.
D’ altronde è ovvio che sia così: visto che né IRPEF né IMU sono Tasse sulla Natura, non possono essere che Tasse sul Lavoro.
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Spesso si dice: “bisogna detassare i lavoratori, non i proprietari di casa”, “bisogna abbattere il cuneo fiscale, non l’ IMU”.
Alla luce di quanto appena detto sembrano assurdità: l’ IMU non solo è una tassa sul lavoro ma è addirittura una sovrattassa sul lavoro!
Eppure un fondo di verità esiste, pensateci bene.
L’ IMU colpisce due tipi di lavoro: quello pregresso di Giovanni, nonché quello attuale di Giuseppe.
Mentre per noi qualsiasi lavoro ha pari dignità, per il tassatore non tutto il lavoro è uguale. Il tassatore anela a colpire il lavoro pregresso, ed è facile capire perché.
Le tasse sul lavoro pregresso sono particolarmente efficienti poiché il lavoro pregresso non puo’ essere disincentivato: Giovanni ha già lavorato e non puo’ certo decidere oggi di lavorare di meno.
Colpendo il lavoro pregresso il tassatore puo’ contare sull’ effetto sorpresa: il lavoro pregresso (quello di Giovanni) puo’ essere colpito a tradimento mentre il lavoro attuale (quello di Giuseppe) puo’ essere colpito solo frontalmente “guardandolo negli occhi”.
Colpire il lavoro pregresso è moralmente odioso (Giovanni a suo tempo fece le sue scelte e oggi qualcuno gli ha cambiato le carte in tavola) ma è anche più efficiente (Giovanni non puo’ tornare indietro ed eludere la tassazione o trasferirla su terzi).
L’ IMU per molti è una tassa odiosa, il motivo è facile da capire: 1. è una tassa che, almeno al momento dell’ introduzione, si basa su un tradimento e 2. non è solo una tassa ma addirittura è una sovrattassa sul lavoro.
Detto questo l’ IMU è una tassa che non disincentiva il lavoro atuale quanto il cuneo fiscale, almeno finché non passa un certo periodo dalla sua introduzione.
L’ IMU piace a chi vuole risultati subito qui ed ora. Tra costoro ci sono anche i politici miopi.
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Naturalmente, una tassa che colpisce il lavoro pregresso (es. IMU), man mano che passano gli anni vedrà sempre più scemare i vantaggi in termini di efficienza poiché non potrà più contare sull’ “effetto tradimento”.
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Sintetizziamo allora così: 1. l’ IMU colpisce sia il lavoro attuale che quello pregresso, 2. Il cuneo fiscale si concentra invece sul lavoro attuale 3. Le tasse che colpiscono il lavoro pregresso sono moralmente odiose ma, introdotte di fresco, sono anche particolarmente efficienti visto che il lavoro pregresso non puo’ essere disincentivato 4. Man mano che passano gli anni gli effetti della tassazione IMU e quelli del cuneo fiscale tendono a convergere fino ad essere quasi indistinguibili.

sabato 4 maggio 2013

Nove e Mia


Aldo Nove pubblica per Skira "Mi chiamo..." e racconta, in prima persona, la storia di Mia Martini.

Aldo Nove mi ha sempre affascinato, è una persona sensibile, con idee stimolanti in grado di attrarre le attenzioni più morbose (la mia un po’ lo è). Ai tempi di Woobinda era uno dei pochi con cui condividere quelle perversioni necrofile che ci fanno rovistare nella decrepita oggettistica delle nostre infanzie (poi è arrivata you tube a rendere tutto maledettamente disponibile e, come se non bastasse, è arrivato anche l' ineffabile duo Fazio&Veltroni a trasformare l’ inquietante passione per la muffa in un passatempo per quarantenni annoiati). D’ altronde le nostre infanzie sono state vissute nella stessa campagna, a pochi chilometri di distanza (lui a Viggiù, io a Brenno Useria)

Detto questo non mi ha mai convinto quando si presenta come scrittore. Uno scrittore dovrebbe avere idee solo mentre scrive, lui dà sempre la sensazione di averle prima.

Esempio, ottima l’ idea di scrivere una biografia romanzata di Mia Martini. Talmente ottima da sembrare partorita in anticipo e trasformare la scrittura in un dovere postumo. Ecco, c’ è sempre qualcosa di “postumo” nella scrittura di Nove. http://www.youtube.com/watch?v=BtG2rAj-5Xw