Sebbene i TG mi annoino, in passato ho nutrito una certa passione per le trasmissioni TV di aprofondimento. Era inevitabile che questo genere di programmi si presentassero con un taglio politico/culturale più o meno accentuato, sono quadri che necessitano pur sempre di cornice.
Li seguo da sempre, in particolare in questa tenebrosa ed ottenbrante stagione "berlusconiana". Dicono di stare all' erta e non mi sotteraggo ai miei compiti di cittadino diligente.
Aggiungono che il Berlusca con i suoi monopoli costituisca una vera minaccia per la democrazia, affermano con gravità che viviamo "tempi pericolosi". Il "fascismo mediatico", a quanto pare, incombe.
E così, per quel che possiamo, ci tocca vigilare.
Per la carta stampata le cose stanno un po' diversamente. Quando si parla di giornali nessuno arriva a stracciarsi le vesti: i giornali anti-berlusconiani sono in numero di gran lunga preponderante; almeno in quel settore non ci sono alchimie che riescano ad aggirare la palmare evidenza dei fatti.
Idem per la radio (a proposito, questo post è dedicato ad Antonella Rampino, divertente protagonista questa settimana di una delle conduzioni più allucinate di Prima Pagina che abbia mai ascoltato - Radio Tre... e dove se no?).
Ma alla TV?
La mia esperienza, se devo anticipare l' esito dell' introspezione personale, non è tanto quella di vivere "tempi pericolosi per l' informazione televisiva", quanto quella - un po' fastidiosa - di vivere al centro di un coro assordante di voci querule che denuciano i "tempi pericolosi" di cui sopra.
Ma qual è il taglio politico della trasmissione ics? Come possiamo isolare i suoi bias?
In questi casi la cosa più onesta è scommettere.
Scommettere, per esempio, sull' orientamento politico di chi quelle trasmissioni le mette insieme.
Andiamo sul concreto: una buona proxy potrebbe essere il voto preponderante del conduttore televisivo negli ultimi 10 anni in occasione delle elezioni politiche.
Prediction Market, direbbe il buon Robin Hanson. Non c' è niente di più affidabile: i soldi lavano via ogni tentazione ideologica e sbiadiscono il tifo che ci coglie ogni volta che la politica fa capolino.
Nel nostro caso si tratta di una fiction, visto che poi non abbiamo la possibilità di verificare alcunchè. L' unica cosa che posso dire è che si tratta di una fiction onesta e spero utile.
Vorrei anche dire che personalmente sono uno scommettitore pavido, mi piace pontificare ma quando si tratta di finanziare le mie idee mi viene il braccino, un motivo ci sarà. Eppure quando guardo la TV degli approfondimenti politico/culturali divento subito baldanzoso, sono immediatamente invaso da "certezze", mi sembra sempre di "aver capito" e i dubbi su dove investire i miei sudati cento euro si sciolgono facendo la fine che il poeta fa fare alle nevi dell' anno passato.
Scusate se semplifico con Destra/Sinistra ma la cosa spero sia sensata visto che un barlume di bipartitismo s' è intravisto anche da noi. Possiamo sostituire D/S con berlusconiano/anti-berlusconiano. Ma davanti all' imminente "stupro della democrazia dell' informazione politica", di fronte ad un fascismo mediatico già in atto, inutile sottilizzare, ci siamo capiti.
Veniamo adesso al sugo, ovvero a dove piazzare i 100 euro. Ebbene, procedo senza indugio:
Trasmissione:"Ballarò" (Floris) - Puntata: 100 euro su "Sinistra"
Anno Zero (Santoro) - Sinistra
Parla con me (Dandini) - Sinistra
L' ultima parola (Paragone) - Destra
Matrix (Vinci) - ? (non punto)
1/2 ora (Annunziata) - Sinistra
Otto e Mezzo (Gruber) - Sinistra
Presa diretta (Iacona) - Sinistra
Report (Gabbanelli) - Sinistra
Che tempo che fa (Fazio) - Sinistra
Niente di personale (Piroso) - ? (non punto)
In Onda (Costamagna, Telese) - Sinistra
Rai News 24 (...) - Sinistra
Porta a Porta (Vespa) - ? (non punto nulla)
Primo Piano (Mannoni) - Sinistra
TG2 Dossier (Masi) - ? (non punto nulla)
L' Infedele (Lerner) - Sinistra
Invasioni Barbariche (Bignardi) - Sinistra
Agorà (Vianello) - Sinistra
Le Storie (Augias) - Sinistra
Come è d' abitudine nell' italietta post bellica, se mai ci fosse un pericolo "fascista" è quello rappresentato dall' affollamento bellicoso degli "anti-fascisti".
Certo, "io" non sono un campione statistico attendibile ma di Tv ne guardo parecchia, specie se di mezzo c' è la politica, e quando i risultati sono di questo tenore rinuncio senza sensi di colpa alle minuzie campionatorie.
Molti auto-proclamatisi guardiani della democrazia, almeno quelli più accorti, probabilmente vivono in stretto riserbo esperienze simili alle mie e di fronte all' evidenza di una guerra delle denunce già persa in partenza, hanno oculatamente spostato il tiro: "Berlusconi lava il cervello alle masse non con l' informazione politica bensì con Maria De Filippi e i suoi bisogni indotti".
Siccome Cartesio è il mio nume tutelare, cartesianamente prenderei in considerazione una "stronzata" - pardon, un problema - alla volta, per ora chiudo qui.
giovedì 14 ottobre 2010
mercoledì 13 ottobre 2010
Un Bargnìf è per sempre
Il grande scrittore sopporta bene che il suo libro possa venir letto anche "contro" di lui.
Quelle congetture audaci, che applicate all' opera del Mediocre si risolverebbero in un affronto provocatorio, intraprese sulla pagina del Grande possono invece trasformarsi in avventurose esplorazione di territori vergini che ci fanno toccare con mano un mondo inesauribile e complesso.
E se proprio non ci credi...adesso te lo dimostro.
***
Mi sono appena imbattuto nel pennello di un grande ritrattista come Fogazzaro, tra i Grandi del nostro Ottocento il più pronto a dissociarsi e a litigare con i suoi Personaggi.
Ho appena riletto un capolavoro (PMA), e si dà il caso che sia stato proprio lui a scriverlo. Aaah, la setola che arma il suo strumento è tra le più carezzevoli ed espressive.
Guardacaso le sfumature che ancora una volta mi hanno sedotto sono quelle utilizzate per dipingere un' imperturbabile Sciurissima: Madama la Marchesa.
Secondo le intenzioni primigenie del Vicentino doveva trattasi di un rudere umano incartapecorito, che lui avrebbe voluto confinare fuori dal tempo relegandola nel suo muffo Piccolo Mondo Antico, un posto in culo ai marcescenti meandri lacustri dell' alta Lombardia.
Operazione fallita.
***
Che palle invece quando si passa a quel pistola del Franco Maironi, nipote stupidamente eccitato da uno sciagurato pensiero patriottico!
...Con tutta la sfilza dei suoi trasporti pueril-senili, gli occhi spalancati ma assenti, le rabbie vuote e chiassose, l' idealismo fuori tempo massimo e la follia ideologica.
"...Non voglio sentire queste cose in casa mia! Non siamo mica in Piemonte qui.".
Avremmo voluto diglielo noi al pistola, e invece ci ha tempestivamente preceduti la solerte Marchesa.
Avreste dovuto vederla, ha pronunciato con la compassatezza del ventriloquo queste parole che infatti le sono uscite, già belle e cesellate, da "dentro il suo naso".
***
E che gioia poi farsi aria sventolando le pagine illeggibili (quindi saltabili a piè pari) dedicate alla Luisa, la regina delle sciacquette nonchè, purtroppo, la favorita dell' Autore.
...Con tutto il suo terremoto di energie mal indirizzate, le verità inutili sempre nella testa (quando va bene), o più spesso in bocca (quando va male).
Aggiungici pure i drammi posticci che attira su di sè come magneti, e hai fatto il pieno. E se le vuoi dare il colpo di grazia non dimenticarti di tutta quella religiosità che si affretta a mummificare vergognosa dentro il cuoricino.
La liofilizzazione di questo nobile sentimento, con la letargia spirituale che porta con sè, è una funesta tromba che annuncia la malapianta Protestante.
I due insopportabili quaquaraqua allungano la broda della pagina con le loro iniziative inconsulte continuamente punteggiate dalle vuote corse su e giù tra Castello ed Albogasio.
La piagnucolosa e persistente aratura di questi famosi sentieri è quanto di più stucchevole ci faccia trangugiare il romanzo. Viene buono ricordarla giusto per mettere a punto la gita fuori porta sui "luoghi fogazzariani"...
[...occhio che per quelle strade dove "non si gira neanche un mulo" se incontri il torpedone Porlezza-Lugano ti prendi il torcicollo sparandoti 2 km di marcia indietro, oppure chiudi gli occhi sull' abisso e ti affidi alle schivate dei virtuosi autisti della tratta...].
Vuoi mettere la stura di asfissianti melensaggini che esce dal vacuo e scontato agitarsi di giovanotti nati-vecchi, a fronte della regale mutria di Madama, con tutto il labirintico intrico di ragnatele che la decora.
La rugosa geografia che porta stampata sul volto ne fa un' eletta da sua Signoria il Tempo, e contro questa elezione s' infrangono impotenti le antipatie e le allusive condanne dell' Autore.
Quanto più si mostra ingrugnata e quaresimale, tanto più rinfranca e distende lo spirito di chi la tocca.
Lei appare...e subito spira la Breva a dissolvere le confuse uggie. Adagio il mio sguardo su quelle righe ed ecco che la giornata del Lettore prende senso di colpo.
La sua vasta anima comanda i mondi su cui vuole regnare. La sua nobile figura è scolpita nel porfido delle montagne che sormontano il Ceresio.
Osservandola intimiditi e da lontano la identifichiamo subito come Ricettacolo di Autorevolezze, concentrato di Responsabilità, Pietra Angolare dell' edificio familiare, Crogiolo di Probo Ordine Tradizionale (wow), Braciere di Fede ardente nella Provvidenza (aiutata...molto aiutata).
Vera Reggitrice della Casa, in ogni rigo a lei dedicato ci istruisce sull' Arte del Comando.
Il centro della sua concentrazione ieratica è al centro del suo sofà che è al centro di un Grande Mondo Futuro. Altro che Piccolo Mondo Antico, caro Fogazzaro.
Con la sola marmorea fermezza della postura ci comunica e ci offre la bella necessità del saldo Fondamento Familiare, l' ineludibile bisogno del Baricentro Comunitario. Oriente per tutte le bussole, tara per tutte le pesate, diapason per tutte le orchestre.
Vero "fastidio" provvidenziale che nessuna facile felicità regala al capriccioso. Il reticolo di storie non potrebbe esistere senza i suoi imperiosi "no che costringono a crescere".
Persino quel pistola del nipote ribelle, che dovrebbe essere già cresciuto da tempo, finirà per trarne un qualche giovamento.
Sua longa manus è il Pasotti, altra memorabile figurina da custodire gelosamente in un file protetto da dieci password.
Nelle pagine più consumate (da me), il nostro Satrapo preferito ordina alla moglie storna con gesti convulsi.
Nelle pagine più lise (da me), l' austriacante nasa prgmaticamente il popolino rigirandolo come un guanto con studiate domande in cerca di preziose dritte da servire poi sul vassoio alla Reggitrice.
Due veri Bargnìf all' opera.
La loro agnizione ha richiesto un secolo e mezzo, ma il Tempo, scorrendo, li esalta sempre più. Proprio mentre sbiadisce tutto il resto.
Da quanto detto finora mi si perdonerà una piccola reticenza.
Riferendomi al Fogazzaro, sostenevo più su di aver "...appena riletto il suo capolavoro...".
In realtà, ormai si sarà capito, ho riletto i soliti 4 memorabili capitoli, gli unici che continuano a durare e dureranno per sempre. Per sempre.
Il perchè ho cercato di spiegarlo fin dal titolo.
***
P.S. Bargnìf: forma dialettale insubrica con cui si designa il Demonio nell' atto di tramare.
Quelle congetture audaci, che applicate all' opera del Mediocre si risolverebbero in un affronto provocatorio, intraprese sulla pagina del Grande possono invece trasformarsi in avventurose esplorazione di territori vergini che ci fanno toccare con mano un mondo inesauribile e complesso.
E se proprio non ci credi...adesso te lo dimostro.
***
Mi sono appena imbattuto nel pennello di un grande ritrattista come Fogazzaro, tra i Grandi del nostro Ottocento il più pronto a dissociarsi e a litigare con i suoi Personaggi.
Ho appena riletto un capolavoro (PMA), e si dà il caso che sia stato proprio lui a scriverlo. Aaah, la setola che arma il suo strumento è tra le più carezzevoli ed espressive.
Guardacaso le sfumature che ancora una volta mi hanno sedotto sono quelle utilizzate per dipingere un' imperturbabile Sciurissima: Madama la Marchesa.
Secondo le intenzioni primigenie del Vicentino doveva trattasi di un rudere umano incartapecorito, che lui avrebbe voluto confinare fuori dal tempo relegandola nel suo muffo Piccolo Mondo Antico, un posto in culo ai marcescenti meandri lacustri dell' alta Lombardia.
Operazione fallita.
***
Che palle invece quando si passa a quel pistola del Franco Maironi, nipote stupidamente eccitato da uno sciagurato pensiero patriottico!
...Con tutta la sfilza dei suoi trasporti pueril-senili, gli occhi spalancati ma assenti, le rabbie vuote e chiassose, l' idealismo fuori tempo massimo e la follia ideologica.
"...Non voglio sentire queste cose in casa mia! Non siamo mica in Piemonte qui.".
Avremmo voluto diglielo noi al pistola, e invece ci ha tempestivamente preceduti la solerte Marchesa.
Avreste dovuto vederla, ha pronunciato con la compassatezza del ventriloquo queste parole che infatti le sono uscite, già belle e cesellate, da "dentro il suo naso".
***
E che gioia poi farsi aria sventolando le pagine illeggibili (quindi saltabili a piè pari) dedicate alla Luisa, la regina delle sciacquette nonchè, purtroppo, la favorita dell' Autore.
...Con tutto il suo terremoto di energie mal indirizzate, le verità inutili sempre nella testa (quando va bene), o più spesso in bocca (quando va male).
Aggiungici pure i drammi posticci che attira su di sè come magneti, e hai fatto il pieno. E se le vuoi dare il colpo di grazia non dimenticarti di tutta quella religiosità che si affretta a mummificare vergognosa dentro il cuoricino.
La liofilizzazione di questo nobile sentimento, con la letargia spirituale che porta con sè, è una funesta tromba che annuncia la malapianta Protestante.
I due insopportabili quaquaraqua allungano la broda della pagina con le loro iniziative inconsulte continuamente punteggiate dalle vuote corse su e giù tra Castello ed Albogasio.
La piagnucolosa e persistente aratura di questi famosi sentieri è quanto di più stucchevole ci faccia trangugiare il romanzo. Viene buono ricordarla giusto per mettere a punto la gita fuori porta sui "luoghi fogazzariani"...
[...occhio che per quelle strade dove "non si gira neanche un mulo" se incontri il torpedone Porlezza-Lugano ti prendi il torcicollo sparandoti 2 km di marcia indietro, oppure chiudi gli occhi sull' abisso e ti affidi alle schivate dei virtuosi autisti della tratta...].
Vuoi mettere la stura di asfissianti melensaggini che esce dal vacuo e scontato agitarsi di giovanotti nati-vecchi, a fronte della regale mutria di Madama, con tutto il labirintico intrico di ragnatele che la decora.
La rugosa geografia che porta stampata sul volto ne fa un' eletta da sua Signoria il Tempo, e contro questa elezione s' infrangono impotenti le antipatie e le allusive condanne dell' Autore.
Quanto più si mostra ingrugnata e quaresimale, tanto più rinfranca e distende lo spirito di chi la tocca.
Lei appare...e subito spira la Breva a dissolvere le confuse uggie. Adagio il mio sguardo su quelle righe ed ecco che la giornata del Lettore prende senso di colpo.
La sua vasta anima comanda i mondi su cui vuole regnare. La sua nobile figura è scolpita nel porfido delle montagne che sormontano il Ceresio.
Osservandola intimiditi e da lontano la identifichiamo subito come Ricettacolo di Autorevolezze, concentrato di Responsabilità, Pietra Angolare dell' edificio familiare, Crogiolo di Probo Ordine Tradizionale (wow), Braciere di Fede ardente nella Provvidenza (aiutata...molto aiutata).
Vera Reggitrice della Casa, in ogni rigo a lei dedicato ci istruisce sull' Arte del Comando.
Il centro della sua concentrazione ieratica è al centro del suo sofà che è al centro di un Grande Mondo Futuro. Altro che Piccolo Mondo Antico, caro Fogazzaro.
Con la sola marmorea fermezza della postura ci comunica e ci offre la bella necessità del saldo Fondamento Familiare, l' ineludibile bisogno del Baricentro Comunitario. Oriente per tutte le bussole, tara per tutte le pesate, diapason per tutte le orchestre.
Vero "fastidio" provvidenziale che nessuna facile felicità regala al capriccioso. Il reticolo di storie non potrebbe esistere senza i suoi imperiosi "no che costringono a crescere".
Persino quel pistola del nipote ribelle, che dovrebbe essere già cresciuto da tempo, finirà per trarne un qualche giovamento.
Sua longa manus è il Pasotti, altra memorabile figurina da custodire gelosamente in un file protetto da dieci password.
Nelle pagine più consumate (da me), il nostro Satrapo preferito ordina alla moglie storna con gesti convulsi.
Nelle pagine più lise (da me), l' austriacante nasa prgmaticamente il popolino rigirandolo come un guanto con studiate domande in cerca di preziose dritte da servire poi sul vassoio alla Reggitrice.
Due veri Bargnìf all' opera.
La loro agnizione ha richiesto un secolo e mezzo, ma il Tempo, scorrendo, li esalta sempre più. Proprio mentre sbiadisce tutto il resto.
Da quanto detto finora mi si perdonerà una piccola reticenza.
Riferendomi al Fogazzaro, sostenevo più su di aver "...appena riletto il suo capolavoro...".
In realtà, ormai si sarà capito, ho riletto i soliti 4 memorabili capitoli, gli unici che continuano a durare e dureranno per sempre. Per sempre.
Il perchè ho cercato di spiegarlo fin dal titolo.
***
P.S. Bargnìf: forma dialettale insubrica con cui si designa il Demonio nell' atto di tramare.
Consiglio per leggere in santa pace "Lo strano Caso del Dott. Jekyll
Poichè è mia ferma intenzione avere tutte le carte in regola per rientrare nella nutrita schiera dei "lettori moderni", l' osservazione di alcuni comandamenti è per me imprescindibile.
Per esempio, quello che invita a riempirsi prontamente di bolle in presenza di una Allegoria.
Oggi posso dire di essere vicino a conseguire questo obiettivo.
Non appena nel testo mi capita di subodorare la presenza di una Allegoria comincio a soffiare come un mantice, a lubrificarmi come un culturista, a sentire una pervasiva spossatezza, per poi afflosciarmi inerme sulla pagina.
Segue ulteriore perdita di colpi & sensi.
Alcuni sintomi sono allarmanti: le "orecchie" s' infittiscono, anzichè pensare al felpato assassino che sopraggiunge mi chiedo se ho spento il gas, il lembo di polvere sul libro s' ispessisce fino a pareggiare quello del comodino...
Dopo una settimanella vissuta in simili ambasce procedo mestamente all' archiviazione della causa di tutti questi sintomi.
Lo posso dire: sono un vero "lettore moderno", io.
E' inutile, l' allegoria ormai non la reggo proprio, ne sento tutta l' artificiosità e l' inadeguatezza. Sono proprio un "lettore moderno" io.
Da buon "lettore moderno", anelo al contatto incandescente. Il che puo' avvenire solo con la Realtà o con il Sogno.
Non so che farmene di una alientante guaina protettiva sempre sospettabile di pedanterie didascaliche.
Noi "lettori moderni", di queste cose, non ne possiamo proprio più.
***
Detto questo adesso pongo una domanda a bruciapelo: e secondo voi, per ragioni del genere, dovrei privarmi del piacere che puo' dare una parabola come "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde"?
Perchè lì dentro di puzze allegoriche ce ne sono parecchie. Il Male, il Bene...
Urge rimedio.
Un modo elegante per eludere l' ostacolo consistebbe nel fingere di appassionarsi alle diatribe ermeneutiche combattute all' ultimo sangue che introduce puntualmente la presenza di uno sfuggente codice Allegorico.
Insomma, recuperare la passione gettandosi nella mischia per fare cio' che in fondo piace a noi faziosi: schierarsi (schierarsi partecipando è molto moderno, quindi pretendo che sia consentito anche al "lettore moderno").
Segue esempio.
**
Nella rutilante girandola in cui le nostre personalità si intersecano inseguendosi senza posa, sono isolabili curiose e sintomatiche asimmetrie.
Facci caso. E' sempre il nostro lato benigno a prendersi cura di quello maligno, mai viceversa.
I due elementi evitano di guardarsi frontalmente, è il primo che si protende alla conversione del secondo.
Quest' ultimo invece si dà alla fuga criminale aprendo il fuoco su tutto quanto gli capiti a tiro.
Per Chercheston la novella ha la finalità anti-manichea di illustrare questa regolarità persistente. Una vera legge di natura agostiniana.
Altri, come Oreste del Buono, contestualizzano storicamente le vicende narrate sottolineando come questa missione del bene non sia altro che una ansiogena, subdola, interessata e maniacale difesa della Reputazione Formale Soggettiva.
Il Male non va combattuto e vinto ma solo occultato alla vista altrui, magari spingendolo sotto il tappeto.
Nello "Strano Caso..." la frusta di questa ossessione puritana sollecita e giustifica ogni azione ed ogni sgomento dei protagonisti.
***
Ora l' aut-aut è nitido. A questo punto, Signori, bisogna prendere partito e imboccare una delle due vie.
Purtroppo (per fortuna!!) per scegliere oculatamente occorre anatomizzare in modo certosino ogni singolo rigo del testo in questione.
Che vogliamo fare? Vogliamo fare di Stevenson un ritardatario moralista secentesco. Oppure vogliamo farne un profetico precursore di paranoie kafkiane?
***
Detto sottovoce non m' interessa granchè il responso, ma accolgo con sollievo l' esistenza di un dilemma tanto profondo e insolubile (e "moderno").
Finalmente un delizioso pretesto per rileggersi avidamente tutto da cima a fondo senza sensi di colpa.
Per esempio, quello che invita a riempirsi prontamente di bolle in presenza di una Allegoria.
Oggi posso dire di essere vicino a conseguire questo obiettivo.
Non appena nel testo mi capita di subodorare la presenza di una Allegoria comincio a soffiare come un mantice, a lubrificarmi come un culturista, a sentire una pervasiva spossatezza, per poi afflosciarmi inerme sulla pagina.
Segue ulteriore perdita di colpi & sensi.
Alcuni sintomi sono allarmanti: le "orecchie" s' infittiscono, anzichè pensare al felpato assassino che sopraggiunge mi chiedo se ho spento il gas, il lembo di polvere sul libro s' ispessisce fino a pareggiare quello del comodino...
Dopo una settimanella vissuta in simili ambasce procedo mestamente all' archiviazione della causa di tutti questi sintomi.
Lo posso dire: sono un vero "lettore moderno", io.
E' inutile, l' allegoria ormai non la reggo proprio, ne sento tutta l' artificiosità e l' inadeguatezza. Sono proprio un "lettore moderno" io.
Da buon "lettore moderno", anelo al contatto incandescente. Il che puo' avvenire solo con la Realtà o con il Sogno.
Non so che farmene di una alientante guaina protettiva sempre sospettabile di pedanterie didascaliche.
Noi "lettori moderni", di queste cose, non ne possiamo proprio più.
***
Detto questo adesso pongo una domanda a bruciapelo: e secondo voi, per ragioni del genere, dovrei privarmi del piacere che puo' dare una parabola come "Lo strano Caso del Dott. Jekyll e di Mr. Hyde"?
Perchè lì dentro di puzze allegoriche ce ne sono parecchie. Il Male, il Bene...
Urge rimedio.
Un modo elegante per eludere l' ostacolo consistebbe nel fingere di appassionarsi alle diatribe ermeneutiche combattute all' ultimo sangue che introduce puntualmente la presenza di uno sfuggente codice Allegorico.
Insomma, recuperare la passione gettandosi nella mischia per fare cio' che in fondo piace a noi faziosi: schierarsi (schierarsi partecipando è molto moderno, quindi pretendo che sia consentito anche al "lettore moderno").
Segue esempio.
**
Nella rutilante girandola in cui le nostre personalità si intersecano inseguendosi senza posa, sono isolabili curiose e sintomatiche asimmetrie.
Facci caso. E' sempre il nostro lato benigno a prendersi cura di quello maligno, mai viceversa.
I due elementi evitano di guardarsi frontalmente, è il primo che si protende alla conversione del secondo.
Quest' ultimo invece si dà alla fuga criminale aprendo il fuoco su tutto quanto gli capiti a tiro.
Per Chercheston la novella ha la finalità anti-manichea di illustrare questa regolarità persistente. Una vera legge di natura agostiniana.
Altri, come Oreste del Buono, contestualizzano storicamente le vicende narrate sottolineando come questa missione del bene non sia altro che una ansiogena, subdola, interessata e maniacale difesa della Reputazione Formale Soggettiva.
Il Male non va combattuto e vinto ma solo occultato alla vista altrui, magari spingendolo sotto il tappeto.
Nello "Strano Caso..." la frusta di questa ossessione puritana sollecita e giustifica ogni azione ed ogni sgomento dei protagonisti.
***
Ora l' aut-aut è nitido. A questo punto, Signori, bisogna prendere partito e imboccare una delle due vie.
Purtroppo (per fortuna!!) per scegliere oculatamente occorre anatomizzare in modo certosino ogni singolo rigo del testo in questione.
Che vogliamo fare? Vogliamo fare di Stevenson un ritardatario moralista secentesco. Oppure vogliamo farne un profetico precursore di paranoie kafkiane?
***
Detto sottovoce non m' interessa granchè il responso, ma accolgo con sollievo l' esistenza di un dilemma tanto profondo e insolubile (e "moderno").
Finalmente un delizioso pretesto per rileggersi avidamente tutto da cima a fondo senza sensi di colpa.
Dalla burocrazia alla burogamia
The guardians of feminist purity are not amused by the idea of right-wing girl power. Rebecca Traister and Anna Holmes, for example, recently specified that members of the sisterhood may not oppose "reproductive rights" or "labor policies that would empower American women." They should be more open-minded.
Millions of women, for reasons of conscience, cannot bring themselves to support abortion on demand. According to a 2009 Gallup Poll, 49 percent of women are pro-life. Even if you are pro-choice (as I am), it is both unsisterly and impractical to organize a "women's" movement that excludes--and often demonizes--half of the American adult female population. After all, there are many other pressing issues: embattled women's groups in oppressive societies like Iran, Saudi Arabia, and the Congo are fighting barbaric practices such as child marriage, honor killing, stoning, and genital mutilation. If the women's movement would drop the purity test on abortion it would find millions of Catholic and evangelical women eager to join the next great wave of feminism: the emancipation of women in the developing world.
What about the empowering labor policies? Reasonable people disagree on which practices fit the bill. Traister and Holmes and their like-minded sisters are firm believers in "bureaugamy"--a term coined by the anthropologist Lionel Tiger to describe a society in which women are married to the state. The state provides child care, medical care, and an array of welfare services, and it mandates paid maternity leave, comparable worth, and gender quotas from the sports fields to the science labs, to the boardrooms and in the awarding of contracts. Conservative feminists are unconvinced that Uncle Sam is Mr. Right. They are suspicious of elaborate big-government "pro-woman" policies in advanced bureaugamies such as Norway and Sweden and think American women are faring as well or better in the workplace. For example, the World Economic Forum Corporate Gender Gap Report 2010 reports that a far higher percentage of American women hold managerial and executive positions than of Nordic women.
Conservative feminism is pro-woman but male-friendly. If boys are languishing academically, if blue-collar men lose most of the jobs in the recession, or if innocent young men are falsely accused of heinous crimes--as several members of the Duke University Lacrosse team were in 2006, with campus feminists at the head of the mob--conservative feminists will speak out on men's behalf. The feminists now in power in our universities and in Washington see the world differently--as a zero-sum struggle between men and women, in which their job is to fight for women. But that is not the attitude of most women, whether conservative or liberal in political outlook. Men are their fathers, brothers, husbands, and sons; when they are in trouble, so are the women who care about them and, in many cases, depend on them.
If conservative women wish to describe themselves as feminists, and if they offer a new model of women's empowerment that large numbers of American women find inspiring, even determined feminist bouncers like Traister and Holmes won't be able to keep them from the party
Christina Hoff Sommers - Slate
Ne approfitto per ricordare un altro recente contributo della Sommers apparso sul NYT: Fair Pay Is Not Always Equal Pay
Millions of women, for reasons of conscience, cannot bring themselves to support abortion on demand. According to a 2009 Gallup Poll, 49 percent of women are pro-life. Even if you are pro-choice (as I am), it is both unsisterly and impractical to organize a "women's" movement that excludes--and often demonizes--half of the American adult female population. After all, there are many other pressing issues: embattled women's groups in oppressive societies like Iran, Saudi Arabia, and the Congo are fighting barbaric practices such as child marriage, honor killing, stoning, and genital mutilation. If the women's movement would drop the purity test on abortion it would find millions of Catholic and evangelical women eager to join the next great wave of feminism: the emancipation of women in the developing world.
What about the empowering labor policies? Reasonable people disagree on which practices fit the bill. Traister and Holmes and their like-minded sisters are firm believers in "bureaugamy"--a term coined by the anthropologist Lionel Tiger to describe a society in which women are married to the state. The state provides child care, medical care, and an array of welfare services, and it mandates paid maternity leave, comparable worth, and gender quotas from the sports fields to the science labs, to the boardrooms and in the awarding of contracts. Conservative feminists are unconvinced that Uncle Sam is Mr. Right. They are suspicious of elaborate big-government "pro-woman" policies in advanced bureaugamies such as Norway and Sweden and think American women are faring as well or better in the workplace. For example, the World Economic Forum Corporate Gender Gap Report 2010 reports that a far higher percentage of American women hold managerial and executive positions than of Nordic women.
Conservative feminism is pro-woman but male-friendly. If boys are languishing academically, if blue-collar men lose most of the jobs in the recession, or if innocent young men are falsely accused of heinous crimes--as several members of the Duke University Lacrosse team were in 2006, with campus feminists at the head of the mob--conservative feminists will speak out on men's behalf. The feminists now in power in our universities and in Washington see the world differently--as a zero-sum struggle between men and women, in which their job is to fight for women. But that is not the attitude of most women, whether conservative or liberal in political outlook. Men are their fathers, brothers, husbands, and sons; when they are in trouble, so are the women who care about them and, in many cases, depend on them.
If conservative women wish to describe themselves as feminists, and if they offer a new model of women's empowerment that large numbers of American women find inspiring, even determined feminist bouncers like Traister and Holmes won't be able to keep them from the party
Christina Hoff Sommers - Slate
Ne approfitto per ricordare un altro recente contributo della Sommers apparso sul NYT: Fair Pay Is Not Always Equal Pay
martedì 12 ottobre 2010
lunedì 11 ottobre 2010
Scoperta dell' America
Le fondamenta capitalistiche di un continente.
George Priest
http://www.aei.org/speech/26183
The continent, from a European standpoint, was discovered by Columbus in
1492. Motivations are difficult to evaluate, but Columbus and his crew did not
come to America for the public interest, to create a republic, nor even as
employees of his patrons, Ferdinand and Isabella, who might have had such goals.
They came for profit
George Priest
http://www.aei.org/speech/26183
Perchè nei matrimoni la donna è più giovane?
Spiegazione tradizionale: wages increase with age and hence older men are more attractive in the marriage market.
Spiegazione alternativa: The only driving force... is the asymmetry in fertility horizons between men and women.
link: http://ideas.repec.org/p/wpa/wuwpla/0402007.html
Spiegazione alternativa: The only driving force... is the asymmetry in fertility horizons between men and women.
link: http://ideas.repec.org/p/wpa/wuwpla/0402007.html
Quanto sono libere le donne degli Amish?
RISPONDE CAPLAN: quanto le sgallettate di sex and the city.
RISPONDE WILKINSON: molto molto meno delle altre americane.
Lo so che viviamo in Italia e che una domanda del genere, per il bombardamento culturale a senso unico che subiamo, risulta strana.
Anche per questo considero solo le risposte di due libertari, faccio così perchè la loro idea di libertà è meno fumosa della nostra, la "libertà" per loro non è solo un vessillo che sventola qualsiasi sia il vento che soffi ma anche un concetto ben definito utilizzabile in una discussione sensata.
Ricordo solo che la società Amish è fortemente patriarcale e pacifista. Per il resto rinvio a Google.
La domanda potrebbe essere riformulata così: "la cultura puo' mai violentare qualcuno?"
La questione è importante, ci aiuta innanzitutto a capire quanto non sia affatto scontato stabilire se il progresso ci rende più liberi, o se le donne, per esempio, fossero più libere nel medioevo oppure oggi.
Ci aiuta anche a capire che molte battaglie condotte sotto la bandiera della "libertà" farebbero meglio a passare sotto altri stendardi.
Un link con altri link tanto per cominciare a inquadrare meglio i termini della questione. L' irritazione epidermica potrebbe far sfuggire il nocciolo della contesa.
Corollario: molti libertari considerano la donna americana del XIX secolo (gilded age) più libera della donna americana di oggi.
RISPONDE WILKINSON: molto molto meno delle altre americane.
Lo so che viviamo in Italia e che una domanda del genere, per il bombardamento culturale a senso unico che subiamo, risulta strana.
Anche per questo considero solo le risposte di due libertari, faccio così perchè la loro idea di libertà è meno fumosa della nostra, la "libertà" per loro non è solo un vessillo che sventola qualsiasi sia il vento che soffi ma anche un concetto ben definito utilizzabile in una discussione sensata.
Ricordo solo che la società Amish è fortemente patriarcale e pacifista. Per il resto rinvio a Google.
La domanda potrebbe essere riformulata così: "la cultura puo' mai violentare qualcuno?"
La questione è importante, ci aiuta innanzitutto a capire quanto non sia affatto scontato stabilire se il progresso ci rende più liberi, o se le donne, per esempio, fossero più libere nel medioevo oppure oggi.
Ci aiuta anche a capire che molte battaglie condotte sotto la bandiera della "libertà" farebbero meglio a passare sotto altri stendardi.
Un link con altri link tanto per cominciare a inquadrare meglio i termini della questione. L' irritazione epidermica potrebbe far sfuggire il nocciolo della contesa.
Corollario: molti libertari considerano la donna americana del XIX secolo (gilded age) più libera della donna americana di oggi.
Come ripensare l' Africa e la schiavitù
... il set up di fondo lo diedero gli storici francesi...
... la curiosa alleanza tra "eurocentristi" e "terzomondisti"...
... ora alcune domande che s' impongono...
... così come s' impongono alcune risposte...
... ma veniamo alla parte più interessante...
... facciamo adesso una capatina oltre atlantico...
John Thornton - L' Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico - Il Mulino -
"... Pierre Chanu difese con vigore l' eurocentrismo degli
storici: a suo avviso, l' Europa ricopriva un ruolo guida sul resto del mondo,
una superiorità che traeva origine dalle complesse trasformazioni sociali del
Basso Medioevo. Queste trasformazioni consentirono agli europei di acquisire una
posizione straordinariamente dominante nel mondo, così dominante che, nel bene e
nel male, essi divennero i soli attori significativi... la dominazione europea
aveva radici nella superiorità dell' Europa, e se cio' fosse stato un bene o un
male non era rilevante per questionare il punto..."
... la curiosa alleanza tra "eurocentristi" e "terzomondisti"...
"... i movimenti nazionalisti dell' Africa e dell' America latina, come pure
i loro apologeti e storici per lo più d' impronta neo-marxista, nel complesso
continuavano a convenire sul fatto che il mondo non occidentale, inclusa l'
Africa, avesse svolto un ruolo passivo nello sviluppo delle relazioni atlantiche, sebbene la
prospettiva radicale e le simpatie terzomondiste rendessero questi studiosi
prossimi alla causa africana... la "passività" era compatibile con lo sfruttamento europeo del continente africano... per quanto riguarda le americhe si pose l' accento sulla durezza della schiavitù
subita dagli afroamericani, si rinforzò l' immagine dello schiavo inteso come
soggetto bisognoso d' aiuto e necessariamente passivo... anche la religione e la
cultura dei neri americano non poteva che essere spiegata a partire dalla
schiavitù...La convergenza con gli eurocentristi serviva per denunciare lo sfruttamento e
l' emarginazione delle popolazioni del Terzo Mondo..."
... ora alcune domande che s' impongono...
"E' corretto assegnare all' Africa uno sviluppo
inferiore rispetto all' Europa e indicare nello squilibrio che ne consegue la
causa della tratta degli schiavi? Gli africano parteciparono al commercio
internazionale come partner uguali o furono vittima dell' ingordigia europea?
Gli schiavi africano furono brutalizzati al punto da non potersi esprimere
culturalmente e socialmente?"
... così come s' impongono alcune risposte...
"... una seria ricerca porta a concludere che gli africani
parteciparono attivamente alla vita economica e culturale, sia per quanto
riguarda il commercio degli schiavi tra Africa ed Europa, sia come schiavi nel
Nuovo Mondo... "
... ma veniamo alla parte più interessante...
"l' analisi politico militare che mette a confronto Africa ed Europa fa emergere che erano... ancora...
i primi a fissare le modalità d' interazione con i secondi. Gli europei non
possedevano la forza militare necessaria per costringere gli africani a
partecipare a qualsivoglia commercio che i loro leader non avessero voluto
intraprendere... per questo motivo si puo' ipotizzare che l' intero commercio
africano con l' Atlantico, inclusa la tratta degli schiavi, sia stato
volontario..."
"... infine uno sguardo attento al commercio e al processo
di acquisizione degli schiavi dimostra, al contempo, che la schiavitù era una
pratica da sempre diffusa nelle società africane, che nel loro sistema giuridico
l' istituto della schiavitù era centrale e che un numero relativamente grande di
persone fu schiavo, per un certo periodo di tempo, almeno una volta nella
vita..."
"... siccome gran parte della tratta era nelle mani delle
elites africane, queste ultime furono in grado di proteggere se stesse dall'
impatto demografico e di canalizzare sui membri più poveri delle loro società le
implicazioni negative del fenomeno..."
... facciamo adesso una capatina oltre atlantico...
"... nel complesso le fonti supportano l' idea che un numero significativo
di schiavi abbiano posseduto una certa libertà di movimento e di interazione
sociale per partecipare attivamente alla vita culturale della regione..."
"... l' incidenza culturale dell' Europa sulla vita africana,
manifestatasi attraverso il cristiasnesimo, si registra prima in Africa e solo
successivamente nelle americhe. Percio', quello che gli africani hanno contratto
dagli europei l' hanno importato spesso di propria volontà, nei propri termini e
nei propri territori, e non sotto l' annichilente influenza della schiavitù. La
società africana era tutt' altro che passiva, bensì scossa da un dinamismo che
riuscì a trasferire successivamente anche oltre Atlantico"
John Thornton - L' Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico - Il Mulino -
domenica 10 ottobre 2010
Pendenze pericolose
Calmati "Ruvido Giacomo"! Non riversare la tua ira funesta su dei poveri innocenti che hanno osato scavalcare le tue imperiose richieste.
Conosciamo bene il rigore della tua sferza e non vogliamo esporcivisi! Frena l' impropero, soffoca la reprimenda, rincula il tuo fulmine, abortisci la condanna, rinvia la maledizione!
Sentito da lontano il tuo lamento capriccioso, sono stato incaricato dal Consiglio Rai all' unanimità, in concerto con la Commissione di Sorveglianza, di leggere immantinente l' Educazione Sentimentale e di correre premuroso da te a riferire.
So che la mia condizione è precaria, che hai già tagliato diverse teste, che sto messo peggio di Sherazade. Eppure confido in un tentativo estremo.
Mentre due schiave nude ti faranno aria col palmizio di prammatica, il tuo buffone vedrà di mettere insieme un' invenzione per rabbonirti.
alla graziosa attenzione di G.
Non so cosa sia ma so chi ce l' ha.
Gustave Flaubert ce l' ha, per esempio.
Sto parlando di un segreto. Il segreto riguarda "l' arte di farsi leggere".
Non sarà importante quanto "l' arte di dire qualcosa che valga la pena", ma è pur sempre un valore non disprezzabile.
Crea frustrazione vedere come Flaubert si serva in modo irridente di questo segreto.
Ce lo mette continuamente sotto il naso evitando con maestria di renderlo accessibile. Ciapa la cua, ciapa la cua. Si accumulano i giri di giostra e non stringiamo mai nulla.
Eppure, là sotto, un segreto cova.
L' ho constatato ancora una volta senza fatica leggendo in fretta e furia per Giacomo l' Educazione Sentimentale. Unico aiuto, la provvidenziale stampella del podcast di Radio Tre.
***
Ma di cosa si tratta esattamente? Per poterlo specificare inutile alzarsi in volo verso il regno delle astrazioni impalpabili.
In un "amen" ci ritroveremmo col culo a terra e con le mani che impugnano solo mosche.
Meglio le vie di fatto: siccome Flaubert "ce l' ha" (e fin qui siamo tutti d' accordo), la cosa migliore è pedinarlo per coglierlo sul fatto.
***
Se non fosse per Giacomo, avrei evitato di dedicarmi a F. Il tentativo di decriptare questo autore risveglia in me il ricordo di fallimenti pregressi.
Figuriamoci che, leggendo Madame Bovary anni fa, l' avevo preso a tutta prima per uno scontato romanzo d' appendice.
Solo successivamente, e sotto la severa egida di terzi, ho maturato la mia resipiscenza.
***
Escludo che F. riesca a produrre la sua suadente nenia grazie agli argomenti prescelti.
Lo escludo nonostante la sua scelta di esplorare l' articolato e misterioso continente delle Stupidità Umana sia innovativo e in consonanza con la sensibilità di noi lettori moderni...
...lo escludo nonostante lo faccia concentrandosi su "piccoli borghesi", donne, giovani, rivoluzionari; rivelando così un intuito felice anche a distanze secolari.
No, il contenuto è pressochè irrilevante.
Tendo ad escludere anche che il segreto sia legato alla capacità immaginifica dell' Autore.
F. mi sembra parco nelle metafore, timido nelle immagini, avaro nella sineddoche.
Per carità, tutti questi artifizi si ritrovano nel testo. Ma più che dalla freschezza inventiva sono contrassegnati da una loro calibrata disseminazione.
***
Per rintracciare il suo reale punto di forza bisognerebbe concentrarsi sui "ritmi".
E' una questione musicale. O, se vogliamo usare un' altra immagine, una questione di "pendenze".
Ma come fa questo stregone ad inclinare con tanta sapienza il suo rigo in modo da metterlo in discesa e facilitare il passo del lettore?
E' un' inclinazione dolce, un falso piano che ci risparmia anche le fatiche della frenata. Non è poco! Anzi, forse è tutto.
***
Ciascuno di noi lo sa. Avere tra le mani un libro "in salita" ti sottopone ad una tortura di Sisifo.
Non fai altro che chiederti continuamente perchè mai dovresti girare pagina.
Forse solo per sobbarcarti la successiva?
Sì. Bravo pirla. Eppure, noi "lettori/soldatini", spesso la giriamo. Ci sobbarchiamo, ci sottoponiamo.
Ma i libri più infidi sono i libri "in discesa".
I libri "in discesa" abbodano e si riproducono nottetempo come conigli nelle librerie.
Qualsiasi Mente Ragioneristica è in grado di pianificare "parole in discesa".
Certo, questi libri ti sospingono in avanti, la voglia di leggerli è tanta.
Presentano però un inconveniente non da poco: ti accorgi presto che vorresti leggere una pagina diversa da quella che hai davanti.
La pagina che vorresti leggere in genere viene dopo, sempre dopo, anche dopo l' ultima.
Praticamente arrivi alla fine senza mai aver letto la pagina che desideravi. Magari la pagina che volevi leggere oggi l' hai letta ieri. E viceversa.
Sono libri che, più che la voglia di leggerli, stimolano la voglia di finirli.
Oggi non so più se dire "...l' ho letto tutto d' un fiato..." sia un vero apprezzamento.
Queste ansie non sono altro che le "fatiche della frenata". Procurano un gran mal di gambe, sono il prezzo che paga chi legge "libri in discesa".
***
Aaaah, le dolci motte flaubertiane invece...
Ti metti un falsopiano flaubertiano sotto le fette e sei a posto. Non capisci nemmeno se sei tu a procedere o è lui a rotolare via. Passeggi respirando a pieni polmoni aria buona e ti godi pure il panorama intorno.
Non devi nè rampegare, nè frenare. Hai sempre sottomano proprio quello che volevi leggere.
La pagina che apri è quella giusta! Complimenti!
A volte ti viene persino voglia di fare dietrofront, per dare una ripassata. Così, per accarezzare di nuovo il velluto della sua prosa.
Anche nel turbine delle ardenti passioni, ti senti salvaguardato dal suo spirito appollineo che ti conferisce sempre la galvanizzante illusione di avere tutto sotto controllo.
La sua capacità discreta di "accordare" la nostra attenzione a fatti e persone ci aiuta a procedere nella lettura: per ore con diletto, per giorni senza sforzo.
La genialità genialmente moderata di questo genio, consente di sopportare a lungo la sua compagnia.
Persino la 20esima puntata del podcast, che poi ti ripete solo cio' che hai già letto, mantiene una freschezza insospettata. Record!
Aveva fallito la prova del podcast gente come Svevo, Proust, Stendhal, Moravia...mica paglia.
***
Musica, ritmi, salite, discese...che nebbia! Mi sa che del segreto di Flaubert ho parlato a lungo senza dire granchè.
Forse non si può dire granchè (Proust l' ha buttata sulle virgole). Forse volevo solo dire che mi è piaciuto leggerlo e non capisco bene il motivo.
Questo, sinceramente, non mi va giù e quindi devo sfogarmi. Ringrazio Giacomino per avermi consentito di farlo.
***
Hey, Giacomino si è addormentato. Com' è tenero questo pulcino, con tutti i resti del guscio ancora intorno. Presto, rimbocchiamogli le coperte, mettiamogli il ciuccio e togliamo il disturbo.
Conosciamo bene il rigore della tua sferza e non vogliamo esporcivisi! Frena l' impropero, soffoca la reprimenda, rincula il tuo fulmine, abortisci la condanna, rinvia la maledizione!
Sentito da lontano il tuo lamento capriccioso, sono stato incaricato dal Consiglio Rai all' unanimità, in concerto con la Commissione di Sorveglianza, di leggere immantinente l' Educazione Sentimentale e di correre premuroso da te a riferire.
So che la mia condizione è precaria, che hai già tagliato diverse teste, che sto messo peggio di Sherazade. Eppure confido in un tentativo estremo.
Mentre due schiave nude ti faranno aria col palmizio di prammatica, il tuo buffone vedrà di mettere insieme un' invenzione per rabbonirti.
Non so cosa sia ma so chi ce l' ha.
Gustave Flaubert ce l' ha, per esempio.
Sto parlando di un segreto. Il segreto riguarda "l' arte di farsi leggere".
Non sarà importante quanto "l' arte di dire qualcosa che valga la pena", ma è pur sempre un valore non disprezzabile.
Crea frustrazione vedere come Flaubert si serva in modo irridente di questo segreto.
Ce lo mette continuamente sotto il naso evitando con maestria di renderlo accessibile. Ciapa la cua, ciapa la cua. Si accumulano i giri di giostra e non stringiamo mai nulla.
Eppure, là sotto, un segreto cova.
L' ho constatato ancora una volta senza fatica leggendo in fretta e furia per Giacomo l' Educazione Sentimentale. Unico aiuto, la provvidenziale stampella del podcast di Radio Tre.
***
Ma di cosa si tratta esattamente? Per poterlo specificare inutile alzarsi in volo verso il regno delle astrazioni impalpabili.
In un "amen" ci ritroveremmo col culo a terra e con le mani che impugnano solo mosche.
Meglio le vie di fatto: siccome Flaubert "ce l' ha" (e fin qui siamo tutti d' accordo), la cosa migliore è pedinarlo per coglierlo sul fatto.
***
Se non fosse per Giacomo, avrei evitato di dedicarmi a F. Il tentativo di decriptare questo autore risveglia in me il ricordo di fallimenti pregressi.
Figuriamoci che, leggendo Madame Bovary anni fa, l' avevo preso a tutta prima per uno scontato romanzo d' appendice.
Solo successivamente, e sotto la severa egida di terzi, ho maturato la mia resipiscenza.
***
Escludo che F. riesca a produrre la sua suadente nenia grazie agli argomenti prescelti.
Lo escludo nonostante la sua scelta di esplorare l' articolato e misterioso continente delle Stupidità Umana sia innovativo e in consonanza con la sensibilità di noi lettori moderni...
...lo escludo nonostante lo faccia concentrandosi su "piccoli borghesi", donne, giovani, rivoluzionari; rivelando così un intuito felice anche a distanze secolari.
No, il contenuto è pressochè irrilevante.
Tendo ad escludere anche che il segreto sia legato alla capacità immaginifica dell' Autore.
F. mi sembra parco nelle metafore, timido nelle immagini, avaro nella sineddoche.
Per carità, tutti questi artifizi si ritrovano nel testo. Ma più che dalla freschezza inventiva sono contrassegnati da una loro calibrata disseminazione.
***
Per rintracciare il suo reale punto di forza bisognerebbe concentrarsi sui "ritmi".
E' una questione musicale. O, se vogliamo usare un' altra immagine, una questione di "pendenze".
Ma come fa questo stregone ad inclinare con tanta sapienza il suo rigo in modo da metterlo in discesa e facilitare il passo del lettore?
E' un' inclinazione dolce, un falso piano che ci risparmia anche le fatiche della frenata. Non è poco! Anzi, forse è tutto.
***
Ciascuno di noi lo sa. Avere tra le mani un libro "in salita" ti sottopone ad una tortura di Sisifo.
Non fai altro che chiederti continuamente perchè mai dovresti girare pagina.
Forse solo per sobbarcarti la successiva?
Sì. Bravo pirla. Eppure, noi "lettori/soldatini", spesso la giriamo. Ci sobbarchiamo, ci sottoponiamo.
Ma i libri più infidi sono i libri "in discesa".
I libri "in discesa" abbodano e si riproducono nottetempo come conigli nelle librerie.
Qualsiasi Mente Ragioneristica è in grado di pianificare "parole in discesa".
Certo, questi libri ti sospingono in avanti, la voglia di leggerli è tanta.
Presentano però un inconveniente non da poco: ti accorgi presto che vorresti leggere una pagina diversa da quella che hai davanti.
La pagina che vorresti leggere in genere viene dopo, sempre dopo, anche dopo l' ultima.
Praticamente arrivi alla fine senza mai aver letto la pagina che desideravi. Magari la pagina che volevi leggere oggi l' hai letta ieri. E viceversa.
Sono libri che, più che la voglia di leggerli, stimolano la voglia di finirli.
Oggi non so più se dire "...l' ho letto tutto d' un fiato..." sia un vero apprezzamento.
Queste ansie non sono altro che le "fatiche della frenata". Procurano un gran mal di gambe, sono il prezzo che paga chi legge "libri in discesa".
***
Aaaah, le dolci motte flaubertiane invece...
Ti metti un falsopiano flaubertiano sotto le fette e sei a posto. Non capisci nemmeno se sei tu a procedere o è lui a rotolare via. Passeggi respirando a pieni polmoni aria buona e ti godi pure il panorama intorno.
Non devi nè rampegare, nè frenare. Hai sempre sottomano proprio quello che volevi leggere.
La pagina che apri è quella giusta! Complimenti!
A volte ti viene persino voglia di fare dietrofront, per dare una ripassata. Così, per accarezzare di nuovo il velluto della sua prosa.
Anche nel turbine delle ardenti passioni, ti senti salvaguardato dal suo spirito appollineo che ti conferisce sempre la galvanizzante illusione di avere tutto sotto controllo.
La sua capacità discreta di "accordare" la nostra attenzione a fatti e persone ci aiuta a procedere nella lettura: per ore con diletto, per giorni senza sforzo.
La genialità genialmente moderata di questo genio, consente di sopportare a lungo la sua compagnia.
Persino la 20esima puntata del podcast, che poi ti ripete solo cio' che hai già letto, mantiene una freschezza insospettata. Record!
Aveva fallito la prova del podcast gente come Svevo, Proust, Stendhal, Moravia...mica paglia.
***
Musica, ritmi, salite, discese...che nebbia! Mi sa che del segreto di Flaubert ho parlato a lungo senza dire granchè.
Forse non si può dire granchè (Proust l' ha buttata sulle virgole). Forse volevo solo dire che mi è piaciuto leggerlo e non capisco bene il motivo.
Questo, sinceramente, non mi va giù e quindi devo sfogarmi. Ringrazio Giacomino per avermi consentito di farlo.
***
Hey, Giacomino si è addormentato. Com' è tenero questo pulcino, con tutti i resti del guscio ancora intorno. Presto, rimbocchiamogli le coperte, mettiamogli il ciuccio e togliamo il disturbo.
sabato 9 ottobre 2010
Bela Lugosi - Ivano Bordon - Ed Wood - Generale Shwartzkorpf
Tra le note tenute insieme a fatica dai Gallo & the Roosters, spira teso uno scirocco che rende indolente tutto cio' che tocca.
Rivive un meridione dal genio stracco e negroide che passeggia su e giù per il corso improvvisando la giornata.
Ogni tanto impazzisce una chitarra, lo spettacolo dà la stura al pettegolezzo delle comari.
Dietro il catafalco segue la banda irretita nella marcia troppo lenta che lei stessa suona, dal corteo esala il macabro paesano, controvoglia si accompagna al camposanto compare Turiddu.
Un maledetto individualismo strega ogni strumento e lo fa procedere per suo conto.
Dall' angolo più insignificante il trombone tiene un discorso populista, qualcuno gli dà corda e si passa all' azione, ma poi emergono dissidi sulla strategia e finisce in rissa.
La tuba è in preda ad un romanticismo avariato; dapprima è solo triste e pensierosa (nessuno la caga), poi, un attimo prima di essere allontanata, incanala il suo sfogo in un bercio che ha le stigmate della malattia, gli altri si girano incuriositi per un attimo con occhi vuoti di pietà ma pieni di curiosità, c' è qualcosa da riferire durante gli aperitivi serali.
Poi lo sguardo del contrabbasso incrocia quello del clarinetto basso, si trovano simpatici, nasce un breve idillio, un effimero coordinamento, una fruttuosa divisione dei compiti che degenera presto in bisticcio e divorzio.
In questa allucinazione visionaria dovuta al caldo gli eroi che salveranno il mondo sono Bela Lugosi, Ivano Bordon, il generale Schwartzkopf e Ed Wood, a ognuno di loro è dedicato un meritato tributo.
Gallo & The Roosters + Gary Lucas - El Gallo Rojo
Rivive un meridione dal genio stracco e negroide che passeggia su e giù per il corso improvvisando la giornata.
Ogni tanto impazzisce una chitarra, lo spettacolo dà la stura al pettegolezzo delle comari.
Dietro il catafalco segue la banda irretita nella marcia troppo lenta che lei stessa suona, dal corteo esala il macabro paesano, controvoglia si accompagna al camposanto compare Turiddu.
Un maledetto individualismo strega ogni strumento e lo fa procedere per suo conto.
Dall' angolo più insignificante il trombone tiene un discorso populista, qualcuno gli dà corda e si passa all' azione, ma poi emergono dissidi sulla strategia e finisce in rissa.
La tuba è in preda ad un romanticismo avariato; dapprima è solo triste e pensierosa (nessuno la caga), poi, un attimo prima di essere allontanata, incanala il suo sfogo in un bercio che ha le stigmate della malattia, gli altri si girano incuriositi per un attimo con occhi vuoti di pietà ma pieni di curiosità, c' è qualcosa da riferire durante gli aperitivi serali.
Poi lo sguardo del contrabbasso incrocia quello del clarinetto basso, si trovano simpatici, nasce un breve idillio, un effimero coordinamento, una fruttuosa divisione dei compiti che degenera presto in bisticcio e divorzio.
In questa allucinazione visionaria dovuta al caldo gli eroi che salveranno il mondo sono Bela Lugosi, Ivano Bordon, il generale Schwartzkopf e Ed Wood, a ognuno di loro è dedicato un meritato tributo.
Gallo & The Roosters + Gary Lucas - El Gallo Rojo
Celebrazioni distratte
L' Italia è unita da 150 anni, intanto il macrosopico divario tra Nord e Sud arrovella da sempre gli intellettuali e li coinvolge in quella che è stata chiamata la "questione meridionale".
In genere si pensa che il divario ci sia sempre stato e che l' Unità d' Italia non sia stata in grado di colmarlo.
Errato.
Paolo Malanima e Vittorio Daniele, con un lavoro certosino di ricostruzione, testimoniano quanto sia scorretto pensare che al momento dell' Unità d' Italia il Sud fosse economicamente più arretrato del Nord. Il divario sarebbe interamente un portato della storia unitaria, qualcosa che non esisteva prima del 1861 e si sarebbe prodotto solo dopo.
Che belle le cerimoniose parole dei "celebranti", il Presidentone da dietro il "muro" delle sue medaglie metaforiche manda in sollucchero militari e patriottardi d' ogni risma.
Eppure anche i fatti mantengono un loro fascino discreto.
O no?
http://www.paolomalanima.it/default_file/Articles/Daniele_%20Malanima.pdf
In genere si pensa che il divario ci sia sempre stato e che l' Unità d' Italia non sia stata in grado di colmarlo.
Errato.
Paolo Malanima e Vittorio Daniele, con un lavoro certosino di ricostruzione, testimoniano quanto sia scorretto pensare che al momento dell' Unità d' Italia il Sud fosse economicamente più arretrato del Nord. Il divario sarebbe interamente un portato della storia unitaria, qualcosa che non esisteva prima del 1861 e si sarebbe prodotto solo dopo.
Che belle le cerimoniose parole dei "celebranti", il Presidentone da dietro il "muro" delle sue medaglie metaforiche manda in sollucchero militari e patriottardi d' ogni risma.
Eppure anche i fatti mantengono un loro fascino discreto.
O no?
http://www.paolomalanima.it/default_file/Articles/Daniele_%20Malanima.pdf
Ed emergenza fu
"... Quando i mass media s' intestardiscono su un' emergenza non c' è santo che tenga, tutti quanti tendiamo a crederci, nonostante l' evidenza contraria. E' capitato in questi anni a proposito dei morti sul lavoro: il massimo dell' attenzione dei media è coinciso con il minimo storico dei morti sul lavoro. Ed è capitato con il precariato: lo stereotipo del precariato cantato dai media, dai registi, dagli scrittori è il giovane co.co.co occupato in un call center. Ma i giovani occupati con questo genere di contratti sono l' 1% della forza lavoro totale. Anche il numero di contratti di lavoro a tempo determinato è inferiore a quello di Francia e Germania, molto inferiore a quello della Spagna. Il problema vero e drammatico è il cosiddetto "dualismo" del mercato del lavoro: gli iper-protetti e sindacalizzati che godono di tutele spesso eccessive, e gli ipo-protetti che godono di pochissime o nessuna tutela. Questa sì che è la vera anomalia rispetto agli altri paesi europei, altro che "precariato"! Tra le garanzie di cui godono i lavoratori pubblici e quelle di cui godono i lavoratori in nero c' è un abisso, ed è l' esistenza dei secondi a consentire l' esistenza dei primi, è l' esistenza dei primi a richiedere necessariamente l' esistenza dei secondi. Nessun paese ha lavoratori tanto inamovibili come da noi, nessun paese ha tanti lavoratori in nero quanto noi..."Ricolfi - Illusioni italiche.
Ma Ricolfi e la Redazione di Fahre votano per lo stesso partito?
Certo, capisco, il concetto di "dualismo" si presta malvolentieri al romanzesco, si cala con difficoltà nella docu-fiction.
Ma ve l' immaginate Michela Murgia scrivere un libro sulle ansie indotte dal... "dualismo"? Mezzo libro se ne andrebbe solo per capire cosa cavolo sia questo "dualismo".
No, no... non funzionerebbe. E allora, siccome il dualismo non puo' essere "cantato" da poeti lamentosi, allora non esiste..
Come per magia esiste solo il "precariato"... e Mandrake.
Un gran Sgnore del Rinascimento
Non mi riferisco a uno Sforza, non alludo a un Medici.
Parlo del LIUTO, quella specie di chitarrone.
La magnificenza decotrativa della musica rinascimentale ha una genesi che merita di essere indagata, magari per comprendere meglio i misteriosi meccanismi dell' evoluzione.
Si parta con il concentrarsi su una strana bestia che a quel tempo scorazzava un po' ovunque circondata da tutti i fronzoli che generava. Parlo del liuto, per l' appunto.
Una bestia piuttosto modesta: suono debole, risonanza fessa... eppure, state a sentire.
D' istinto siamo portati a credere che gli abbellimenti lussureggianti della musica di quel tempo fossero una specie di omaggio all' abbondanza del Principe, pensiamo che riflettano la rigogliosa vitalità cortigiana.
Forse invece l' origine per il gusto dell' ornamento va cercata proprio nella natura striminzita di uno strumento poco "dotato" come il liuto.
Dall' angusta bocca del cordofono la melodia esce impoverita, poco più di un' idea, praticamente un' astrazione.
Dopo l' unghiata iniziale il liutista perde ogni controllo espressivo sul suono che riverbererà poi per conto suo fino a perdersi.
Un liuto non "canterà" mai come un violino, come una tromba, come un oboe. Non modulerà mai come la voce umana, e nemmeno urlerà le sue passioni come una chitarra elettrica.
Rivolgersi alla concorrenza consentirà al musicista un controllo totale e costante del suono, dall' attacco iniziale fino al silenzio che prima o poi inghiotte ogni cosa. Il liuto, per contro, toglie allo strumentista ogni potere espressivo fin da subito dopo l' "attacco": un terribile destino ma anche una sfida eccitante per compositori e musicisti dell' epoca.
E' come quando sulla Settimana Enigmistica uniamo i puntini per ottenere un disegno: difficile che riusciremo mai a tratteggiare dei capolavori!
Descritta la sfida, vediamo ora come fu vinta; descritto l' ambiente, veniamo ora all' adattamento.
Comiciò a svilupparsi uno strano organismo: la tecnica compositiva del "diminuito". Consisteva nell' abbellire la melodia di partenza arricchendola di particolari periferici, accellerando l' esposizione, segmentando i nuclei e accorciando i valori ritmici confidando nel fatto che i lineamenti originali della melodia stessa permanessero nell' orecchio dell' ascoltatore.
Con questo stratagemma si moltiplicavano le note da suonare, si moltiplicavano gli "attacchi" da prendere e si rinforzava quindi la densità espressiva della musica. Più buchi si tappavano, più le tare del liuto venivano occultate.
Nasce l' "ornamento" fronzoluto tipico del rinascimento.
Com' è strana l' evoluzione, com' è controintuitiva: noi crediamo che un gusto produca una certa musica, invece forse sono le caratteristiche di uno strumento che producono certa musica che produce un gusto.
Veniamo ora agli esempi in corpore vivi.
Mi avvalgo del più grande liutista contemporaneo: Rolf Lislevand. La sua tecnica sopraffina, la sua verve punkettona, la sua fantasia improvvisativa ma soprattutto una partitura "adeguata" lo aiutano a superare magnificamente il rachitismo congenito del Signore per eccellenza della musica rinascimentale.
Il cd da cui attingo è: "Diminuito" (ECM)
p.s. il post è dedicato a Mauro, mitico liutista rockettaro del Bell' Umore!
Parlo del LIUTO, quella specie di chitarrone.
La magnificenza decotrativa della musica rinascimentale ha una genesi che merita di essere indagata, magari per comprendere meglio i misteriosi meccanismi dell' evoluzione.
Si parta con il concentrarsi su una strana bestia che a quel tempo scorazzava un po' ovunque circondata da tutti i fronzoli che generava. Parlo del liuto, per l' appunto.
Una bestia piuttosto modesta: suono debole, risonanza fessa... eppure, state a sentire.
D' istinto siamo portati a credere che gli abbellimenti lussureggianti della musica di quel tempo fossero una specie di omaggio all' abbondanza del Principe, pensiamo che riflettano la rigogliosa vitalità cortigiana.
Forse invece l' origine per il gusto dell' ornamento va cercata proprio nella natura striminzita di uno strumento poco "dotato" come il liuto.
Dall' angusta bocca del cordofono la melodia esce impoverita, poco più di un' idea, praticamente un' astrazione.
Dopo l' unghiata iniziale il liutista perde ogni controllo espressivo sul suono che riverbererà poi per conto suo fino a perdersi.
Un liuto non "canterà" mai come un violino, come una tromba, come un oboe. Non modulerà mai come la voce umana, e nemmeno urlerà le sue passioni come una chitarra elettrica.
Rivolgersi alla concorrenza consentirà al musicista un controllo totale e costante del suono, dall' attacco iniziale fino al silenzio che prima o poi inghiotte ogni cosa. Il liuto, per contro, toglie allo strumentista ogni potere espressivo fin da subito dopo l' "attacco": un terribile destino ma anche una sfida eccitante per compositori e musicisti dell' epoca.
E' come quando sulla Settimana Enigmistica uniamo i puntini per ottenere un disegno: difficile che riusciremo mai a tratteggiare dei capolavori!
Descritta la sfida, vediamo ora come fu vinta; descritto l' ambiente, veniamo ora all' adattamento.
Comiciò a svilupparsi uno strano organismo: la tecnica compositiva del "diminuito". Consisteva nell' abbellire la melodia di partenza arricchendola di particolari periferici, accellerando l' esposizione, segmentando i nuclei e accorciando i valori ritmici confidando nel fatto che i lineamenti originali della melodia stessa permanessero nell' orecchio dell' ascoltatore.
Con questo stratagemma si moltiplicavano le note da suonare, si moltiplicavano gli "attacchi" da prendere e si rinforzava quindi la densità espressiva della musica. Più buchi si tappavano, più le tare del liuto venivano occultate.
Nasce l' "ornamento" fronzoluto tipico del rinascimento.
Com' è strana l' evoluzione, com' è controintuitiva: noi crediamo che un gusto produca una certa musica, invece forse sono le caratteristiche di uno strumento che producono certa musica che produce un gusto.
Veniamo ora agli esempi in corpore vivi.
Mi avvalgo del più grande liutista contemporaneo: Rolf Lislevand. La sua tecnica sopraffina, la sua verve punkettona, la sua fantasia improvvisativa ma soprattutto una partitura "adeguata" lo aiutano a superare magnificamente il rachitismo congenito del Signore per eccellenza della musica rinascimentale.
Il cd da cui attingo è: "Diminuito" (ECM)
p.s. il post è dedicato a Mauro, mitico liutista rockettaro del Bell' Umore!
Stillava sangue
Stillava sangue quel giornale. Lo presi, lo apersi e capii.
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali
Dopo avere a lungo intinto le loro penne nel vetriolo, F. e Cl. Mag. se le dissero e dettero di santa ragione.
Avveniva tutto al cadere di Ottobre, nell' anno del Signore 2006.
Non che prima i due si fossero ignorati. Solo che si limitavano a far cadere le loro contumelie dall' alto, a distanza di sicurezza, senza mai incrociare lo sguardo reciproco.
Io, che conosco il primo come funambolo del rigo giornalistico - ben calibrato e mai privo di sugo - e il secondo come un tipo che per quanto ami apparire compassato alla fine non riesce mai a trattenersi, mi sono appostato sugli spalti sicuro di assistere ad una tenzone cruenta ma costruttiva.
Quel che rileva qui è solo uno scampolo della discussione...ma accidenti.
Mi riferisco al formidabile argomento che quel figlio di P. di F. faceva solo balenare all' orizzonte con il sorrisino del gatto alle prese col topo. E nell' alludervi le sue famose sopraciglia leonine arcuavano ulteriormente la loro esse diabolica.
Lo manteneva saldamente nelle retrovie con esclusive funzioni logistiche proprio mentre tutti gli altri argomenti venivano ordinatamente fatti marciare verso il fronte polemico.
Mi vedo costretto ad esporlo con sintesi brutale secondo quella che ne è la mia capacità di leggere dietro le righe: poichè Cl. Mag. aveva intrattenuto rapporti intensi con Monna Letteratura cio' poteva certo fargli meritare le medaglie più scintillanti e i riconoscimenti più solenni, ma tutto cio' lo rendeva profondamente inidoneo a spiegare quanto avviene nel nostro quartierino (ovvero il Pianeta Terra, una roba che sta in fondo a destra). Questo in generale. Sui giornali in particolare.
Il nostro Literato si vede innamorato mentre scrive al caffè. Con questa predisposizione sognante infarcisce i suoi giudizi di buoni sentimenti un tanto al chilo, impenetrabile e dimentico di ogni dimensione tragica del Reale.
Costoro, dopo aver inclinato a lungo la spina dorsale sulle patrie lettere, nel tentativo estremo di vivacizzare le sudate carte e ampliare l' audience, rivolgono il loro ormai miope lume verso il quotidiano ma cio' che offrono è solo lo spettacolino di chi, dopo macerato ponzamento, improvvisa senza costrutto. Li vedi proferire le loro ingenuità accompagnandole con il fare tipico dei callidi.
Diciamoci la verità. Osservando le fanciullesche analisi internazionali dei vari Tab, M. Ov., D.F. sui blasonati tabloid, valutando la comica linea politica del Comico raffinato, soppesando lo sconclusionato programma di lotta politica del capriccioso regista, devo dire che tentenno nel liquidare all' istante un simile argomento, quand' anche non mi convinca del tutto.
E non puo' convinvìcermi del tutto certo come sono che l' arte sia pur sempre in grado di parlarci della Realtà.
Ma come conciliare due sensazione tanto stridenti?
Forse la facoltà di catturare il reale puo' presentarsi disgiunta dalla capacità di ricostruirlo cronachisticamente. La sintesi dell' opera è un dono che acceca lo sguardo quando si tratta di articolare un semplice resoconto con gli strumenti del buon senso.
Con eleganti metafore la cosa è stata espressa da un grande Lettore che fu anche grande Scrittore. Mi sia consentito di citarlo a memoria:
"...la visione del particolare illumina ed offusca lo Scrittore...In quanto scrittore mi complimento con chi si getta nelle fiamme per salvare il bambino piangente, ma stringo commosso la mano al salvatore che si ricorda di recuperare anche il giocattolo preferito dal piccolo...
...uno spazzacamino piombando dal sesto piano notò un errore di ortografia nell' insegna. Si chiese chi mai avesse potuto commetterlo...Anche noi precipitiamo verso la morte e notiamo parecchie cose sulla facciata che ci scorre davanti...
...questo incanto verso la minuzia mentre incombe il Pericolo costituisce la provvidenziale ed infantile speculazione dell' artista che per quanto corrughi la fronte resta un povero di spirito. Attività preziosa quanto lontana dal buon senso...Cercare qualcosa nel suo cuore che non sia affetto da questa santa aberrazione è cosa futile..."
Come dire: scrittori, scrivete e vi leggeremo. Ma mi raccomando: nei libri, non sui giornali
venerdì 8 ottobre 2010
Guardia e ladri in poltrona
Anyone who owns a laptop computer can now fight crime from the safety of their home and win cash prizes for catching thieves red-handed, under a new British monitoring scheme that went live this week.
The service works by employing an army of registered armchair snoopers who watch hours of CCTV footage from cameras in stores and high street venues across the country.
Viewers can win up to 1,000 pounds ($1,600) in cash a month from Devon-based firm Internet Eyes, which distributes the streaming footage, when offenders are caught in the act.
Malcontento e opposizione tra i sindacati delle Forze dell' Ordine.
http://www.reuters.com/article/idUSTRE6943YJ20101005
Benedetto il Benedetto
Benedetto Della Vedova è il primo firmatario di una proposta di legge che, in nome della pluralità, della concorrenza e del diritto del contribuente a liberarsi di una tassa anacronistica, propone la cessione al privato dell’azienda televisiva di stato.
L’iniziativa legislativa sarà illustrata dallo stesso vice-capogruppo di Futuro e Libertà per l’Italia il prossimo mercoledì 13 ottobre, in occasione della presentazione di una Bozza di Libertiamo intitolata “Privatizzare la Rai. Conviene, è giusto, si può.”
L’incontro, al quale prenderanno parte, con Della Vedova e gli autori dello studio, anche gli onorevoli Italo Bocchino e Luca Barbareschi, si terrà alle ore 11 presso l’hotel Nazionale, in piazza Montecitorio, a Roma
Un utopia? Forse.
Ma fa niente, in questo caso per me fa la differenza anche solo il dirlo a chiare lettere. E chi altro è tanto chiaro?
L’iniziativa legislativa sarà illustrata dallo stesso vice-capogruppo di Futuro e Libertà per l’Italia il prossimo mercoledì 13 ottobre, in occasione della presentazione di una Bozza di Libertiamo intitolata “Privatizzare la Rai. Conviene, è giusto, si può.”
L’incontro, al quale prenderanno parte, con Della Vedova e gli autori dello studio, anche gli onorevoli Italo Bocchino e Luca Barbareschi, si terrà alle ore 11 presso l’hotel Nazionale, in piazza Montecitorio, a Roma
Un utopia? Forse.
Ma fa niente, in questo caso per me fa la differenza anche solo il dirlo a chiare lettere. E chi altro è tanto chiaro?
Humanomist
Possiamo spiegare la storia dicendo che ad un certo punto qualcuno ha avuto un' idea e il corso delle cose è mutato?
E' questa una spiegazione legittima?
Secondo lo splendido transenssuale Dreidre McCloskey, sì.
Le cause materiali non sono tutto e nelle dinamiche storiche s' insinua spesso un "ghost in the machine".
... We humanomists believe that humans are motivated by more than incentives...
Qui anticipa le sue conclusioni dettagliate nei due volumi in uscita che mettono a tema la Rivoluzione Industriale
A big change in the common opinion about markets and innovation, I claim, caused the Industrial Revolution, and then the modern world. The change occurred during the seventeenth and eighteenth centuries in northwestern Europe. More or less suddenly the Dutch and British and then the Americans and the French began talking about the middle class, high or low — the “bourgeoisie” — as though it were dignified and free. The result was modern economic growth... The outcome has falsified the old prediction from the left that markets and innovation would make the working class miserable, or from the right that the material gains from industrialization would be offset by moral corruption... The usual and materialist economic histories do not seem to work. Bourgeois dignity and liberty might... The correct explanation is ideas... The book tests the traditional stories against the actually-happened, setting aside the stories that in light of the recent findings of scientific history don’t seem to work very well. A surprisingly large number of the stories don’t. Not Karl Marx and his classes. Not Max Weber and his Protestants. Not Fernand Braudel and his Mafia-style capitalists. Not Douglass North and his institutions. Not the mathematical theories of endogenous growth and its capital accumulation. Not the left-wing’s theory of working-class struggle, or the right-wing’s theory of spiritual decline.
Yet the conclusion is in the end positive. As the political scientist John Mueller put it, capitalism — or as I prefer to call it, “innovation” — is like Ralph’s Grocery in Garrison Keillor’s self-effacing little Minnesota town of Lake Wobegon: “pretty good.”[2] Something that’s pretty good, after all, is pretty good. Not perfect, not a utopia, but probably worth keeping in view of the worse alternatives so easily fallen into. Innovation backed by liberal economic ideas has made billions of poor people pretty well off, without hurting other people.[3] By now the pretty good innovation has helped quite a few people even in China and India. Let’s keep it.
The Big Economic Story of our times has not been the Great Recession of 2007–2009, unpleasant though it was. And the important moral is not the one that was drawn in the journals of opinion during 2009 — about how very rotten the Great Recession shows economics to be, and especially an economics of free markets. Failure to predict recessions is not what is wrong with economics, whether free-market economics or not. Such prediction is anyway impossible: if economists were so smart as to be able to predict recessions they would be rich. They’re not.[4] No science can predict its own future, which is what predicting business cycles entails. Economists are among the molecules their theory of cycles is supposed to predict. No can do — not in a society in which the molecules are watching and arbitraging. The important flaw in economics, I argue here, is not its mathematical and necessarily mistaken theory of future business cycles, but its materialist and unnecessarily mistaken theory of past growth. The Big Economic Story of our own times is that the Chinese in 1978 and then the Indians in 1991 adopted liberal ideas in the economy, and came to attribute a dignity and a liberty to the bourgeoisie formerly denied. And then China and India exploded in economic growth. The important moral, therefore, is that in achieving a pretty good life for the mass of humankind, and a chance at a fully human existence, ideas have mattered more than the usual material causes. As the economic historian Joel Mokyr put it recently in the opening sentence of one of his luminous books, “economic change in all periods depends, more than most economists think, on what people believe.” Left and right tend to dismiss the other’s ideology as “faith.” The usage devalues faith, a noble virtue required for physics as much as for philosophy, and not necessarily irrational... Yet innovation, even in a proper system of the virtues, has continued to be scorned by many of our opinion makers now for a century and a half, from Thomas Carlyle to Naomi Klei... We will need to abandon the materialist premise that reshuffling and efficiency, or an exploitation of the poor, made the modern world. And we will need to make a new science of history and the economy, a humanistic one that acknowledges number and word, interest and rhetoric, behavior and meaning.
Il materialista Gregory Clark concede che gli incentivi spiegano ben poco:
Economics pulls in neophytes with a grand and exciting vision of the world: people are highly responsive to incentives, differences in incentives explain all major variations in wealth and poverty across societies, and easy institutional changes will create the incentives to launch a brave new world. This is the buzz that animates Freakonomics, the book, and now the movie. This is the vision that led Roland Fryer, Professor of Economics at Harvard University, to offer students in the New York, Chicago, and Washington, DC school systems “cash for grades.”
Deirdre McCloskey earlier in her career did stellar work advancing this program in economics — her virtuoso writings recruited me to the study of the history of economies. But having over many years considered the general problem of economic growth, and the specific puzzle of the timing and location of the Industrial Revolution, McCloskey has come to a stunning epiphany. This is that incentives explain very little of the huge gaps in wealth across the world. Growth is a cultural production, a society wide embrace of “bourgeois virtues.” Specifically, she claims, growth came because the activities of marketing, profiting, and innovating have become in our society uniquely respected, admired and praised. The rise of the Bourgeois Virtues has created societies such as those of Northern Europe, so primed for growth that even though the grabbing hand of the state is on every shoulder, people continue to produce and innovate.
I fully agree with McCloskey about the surprisingly poor ability of incentives alone to account for growth. In order to hold on to the central idea that the 10,000-year delay in the Industrial Revolution from the first appearance of settled agriculture was created by a lack of incentives, economists have to maintain the collective fiction that all societies before 1800 were run along the lines of Kim Jong-Il’s North Korea. Yet, in case after case, we find, deep in the 10,000 years of economic stagnation, fully incentivized market societies.
Go to any village in Suffolk in England in the years of the Poll Tax, 1377-81 and you will find in the tax lists an abundance of traders, craftsmen, and merchants.[1] Go to the records of Oxford University in 1500 and you will find the descendants of those traders and craftsmen, revealed by surnames such as Smith and Baker, had become within a few hundred years nearly fully incorporated into the elites of medieval society. Go to Paris in 1300 and you will find living cheek by jowl with the locals Scots, English, Italians, Flemish, and Jews. Medieval cities were hives of enterprise and industry, taxed lightly by kings fearing to kill the golden goose. London, among others, was almost as polyglot in 1300 as it is today...
tutto disponibile su Cato unbound
E' questa una spiegazione legittima?
Secondo lo splendido transenssuale Dreidre McCloskey, sì.
Le cause materiali non sono tutto e nelle dinamiche storiche s' insinua spesso un "ghost in the machine".
... We humanomists believe that humans are motivated by more than incentives...
Qui anticipa le sue conclusioni dettagliate nei due volumi in uscita che mettono a tema la Rivoluzione Industriale
A big change in the common opinion about markets and innovation, I claim, caused the Industrial Revolution, and then the modern world. The change occurred during the seventeenth and eighteenth centuries in northwestern Europe. More or less suddenly the Dutch and British and then the Americans and the French began talking about the middle class, high or low — the “bourgeoisie” — as though it were dignified and free. The result was modern economic growth... The outcome has falsified the old prediction from the left that markets and innovation would make the working class miserable, or from the right that the material gains from industrialization would be offset by moral corruption... The usual and materialist economic histories do not seem to work. Bourgeois dignity and liberty might... The correct explanation is ideas... The book tests the traditional stories against the actually-happened, setting aside the stories that in light of the recent findings of scientific history don’t seem to work very well. A surprisingly large number of the stories don’t. Not Karl Marx and his classes. Not Max Weber and his Protestants. Not Fernand Braudel and his Mafia-style capitalists. Not Douglass North and his institutions. Not the mathematical theories of endogenous growth and its capital accumulation. Not the left-wing’s theory of working-class struggle, or the right-wing’s theory of spiritual decline.
Yet the conclusion is in the end positive. As the political scientist John Mueller put it, capitalism — or as I prefer to call it, “innovation” — is like Ralph’s Grocery in Garrison Keillor’s self-effacing little Minnesota town of Lake Wobegon: “pretty good.”[2] Something that’s pretty good, after all, is pretty good. Not perfect, not a utopia, but probably worth keeping in view of the worse alternatives so easily fallen into. Innovation backed by liberal economic ideas has made billions of poor people pretty well off, without hurting other people.[3] By now the pretty good innovation has helped quite a few people even in China and India. Let’s keep it.
The Big Economic Story of our times has not been the Great Recession of 2007–2009, unpleasant though it was. And the important moral is not the one that was drawn in the journals of opinion during 2009 — about how very rotten the Great Recession shows economics to be, and especially an economics of free markets. Failure to predict recessions is not what is wrong with economics, whether free-market economics or not. Such prediction is anyway impossible: if economists were so smart as to be able to predict recessions they would be rich. They’re not.[4] No science can predict its own future, which is what predicting business cycles entails. Economists are among the molecules their theory of cycles is supposed to predict. No can do — not in a society in which the molecules are watching and arbitraging. The important flaw in economics, I argue here, is not its mathematical and necessarily mistaken theory of future business cycles, but its materialist and unnecessarily mistaken theory of past growth. The Big Economic Story of our own times is that the Chinese in 1978 and then the Indians in 1991 adopted liberal ideas in the economy, and came to attribute a dignity and a liberty to the bourgeoisie formerly denied. And then China and India exploded in economic growth. The important moral, therefore, is that in achieving a pretty good life for the mass of humankind, and a chance at a fully human existence, ideas have mattered more than the usual material causes. As the economic historian Joel Mokyr put it recently in the opening sentence of one of his luminous books, “economic change in all periods depends, more than most economists think, on what people believe.” Left and right tend to dismiss the other’s ideology as “faith.” The usage devalues faith, a noble virtue required for physics as much as for philosophy, and not necessarily irrational... Yet innovation, even in a proper system of the virtues, has continued to be scorned by many of our opinion makers now for a century and a half, from Thomas Carlyle to Naomi Klei... We will need to abandon the materialist premise that reshuffling and efficiency, or an exploitation of the poor, made the modern world. And we will need to make a new science of history and the economy, a humanistic one that acknowledges number and word, interest and rhetoric, behavior and meaning.
Il materialista Gregory Clark concede che gli incentivi spiegano ben poco:
Economics pulls in neophytes with a grand and exciting vision of the world: people are highly responsive to incentives, differences in incentives explain all major variations in wealth and poverty across societies, and easy institutional changes will create the incentives to launch a brave new world. This is the buzz that animates Freakonomics, the book, and now the movie. This is the vision that led Roland Fryer, Professor of Economics at Harvard University, to offer students in the New York, Chicago, and Washington, DC school systems “cash for grades.”
Deirdre McCloskey earlier in her career did stellar work advancing this program in economics — her virtuoso writings recruited me to the study of the history of economies. But having over many years considered the general problem of economic growth, and the specific puzzle of the timing and location of the Industrial Revolution, McCloskey has come to a stunning epiphany. This is that incentives explain very little of the huge gaps in wealth across the world. Growth is a cultural production, a society wide embrace of “bourgeois virtues.” Specifically, she claims, growth came because the activities of marketing, profiting, and innovating have become in our society uniquely respected, admired and praised. The rise of the Bourgeois Virtues has created societies such as those of Northern Europe, so primed for growth that even though the grabbing hand of the state is on every shoulder, people continue to produce and innovate.
I fully agree with McCloskey about the surprisingly poor ability of incentives alone to account for growth. In order to hold on to the central idea that the 10,000-year delay in the Industrial Revolution from the first appearance of settled agriculture was created by a lack of incentives, economists have to maintain the collective fiction that all societies before 1800 were run along the lines of Kim Jong-Il’s North Korea. Yet, in case after case, we find, deep in the 10,000 years of economic stagnation, fully incentivized market societies.
Go to any village in Suffolk in England in the years of the Poll Tax, 1377-81 and you will find in the tax lists an abundance of traders, craftsmen, and merchants.[1] Go to the records of Oxford University in 1500 and you will find the descendants of those traders and craftsmen, revealed by surnames such as Smith and Baker, had become within a few hundred years nearly fully incorporated into the elites of medieval society. Go to Paris in 1300 and you will find living cheek by jowl with the locals Scots, English, Italians, Flemish, and Jews. Medieval cities were hives of enterprise and industry, taxed lightly by kings fearing to kill the golden goose. London, among others, was almost as polyglot in 1300 as it is today...
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Recensione al Vangelo del 10.10.2010
Vangelo secondo Matteo 10, 40-42
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Altre letture.
Questa settimana è al centro il tema dell' "accoglienza". Mi viene in mente lo spinoso problema dell' immigrazione.
Una premessa: se la Chiesa avesse accolto tutto e tutti, non sarebbe durata due millenni ma un paio d' anni. La vulgata fondamentalista sul tema dell' accoglienza è piuttosto misticheggiante, se non pericolosa.
Come elaborare dunque il messaggio per estrarne un succo libertario che sia anche razionale e di buon senso?
Forse Dio ci parla raccomandandoci una strategia di vita improntata al tit for tat: fai in modo che il tuo primo approccio verso chiunque sia di accoglienza, resta in prima battuta sempre aperto all' altro, dài a tutti un' opportunità, e magari anche una seconda.
Mi sento di accettare questa lezione, ben sapendo che quanto più sarà perentoria la reazione al tradimento, tanto più la fiducia accordata in partenza potrà essere limpida e scevra da ogni pregiudizio.
In quel tempo. Il Signore Gesù disse: «Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta perché è un profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto perché è un giusto, avrà la ricompensa del giusto. Chi avrà dato da bere anche un solo bicchiere d’acqua fresca a uno di questi piccoli perché è un discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
Altre letture.
Questa settimana è al centro il tema dell' "accoglienza". Mi viene in mente lo spinoso problema dell' immigrazione.
Una premessa: se la Chiesa avesse accolto tutto e tutti, non sarebbe durata due millenni ma un paio d' anni. La vulgata fondamentalista sul tema dell' accoglienza è piuttosto misticheggiante, se non pericolosa.
Come elaborare dunque il messaggio per estrarne un succo libertario che sia anche razionale e di buon senso?
Forse Dio ci parla raccomandandoci una strategia di vita improntata al tit for tat: fai in modo che il tuo primo approccio verso chiunque sia di accoglienza, resta in prima battuta sempre aperto all' altro, dài a tutti un' opportunità, e magari anche una seconda.
Mi sento di accettare questa lezione, ben sapendo che quanto più sarà perentoria la reazione al tradimento, tanto più la fiducia accordata in partenza potrà essere limpida e scevra da ogni pregiudizio.
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