martedì 10 dicembre 2019

IL NAZIONALISMO DIFESO

Ecco i miei appunti sulla base dei quali vorrei scrivere qualcosa su questo libro.
1) Contrariamente alle teorie di John Locke e altri, la legittimità politica non deriva dal consenso ma richiede innanzitutto che le persone abbiano un senso di comunanza. Questo deriva da tradizioni comuni e cultura condivisa. Mi riferisco a linguaggio, religione, festività, codici morali, narrazioni sociali, l'idea di un antenato comune ecc. Senza questo senso di comunanza, uno stato degenera in tirannia o in anarchia.
2) Lo stato-nazione è un'unità naturale di governo. Cercare di estendere il governo oltre i suoi confini naturali è un esercizio futile di imperialismo. Lo stato-nazione, sebbene chiaramente non sia una condizione sufficiente per garantire la libertà individuale, è comunque una condizione necessaria.
3) Oggi il modello di stato liberale si fonda sull'idea di azienda. Ieri si fondava invece sull'idea di famiglia, l'enfasi era sui legami di lealtà reciproca ancorati da un atto iniziale di consenso, ma sostenuto da un senso di mutua appartenenza e di dovere reciproco di trasmettere a un'altra generazione un'eredità che ci è stata lasciata dai nostri genitori e dai loro antenati. Nel primo modello siamo incoraggiati a chiederci in ogni momento se l'accordo è al servizio dei nostri interessi e a liberarci se cessa di esserlo. Il secondo modello ci incoraggia invece a rimanere fedeli anche di fronte alle avversità e a rifiutare l'impulso di iniziare tutto di nuovo.
4) Il nazionalismo è da mettere in relazione all'emergere della tolleranza religiosa, poiché il trattato di Westfalia del 1648 segnava la svolta dell'Europa dall'ideale di una monarchia universale - un'aspirazione cristiana dai tempi dei romani - a favore di una diversità di disposizioni costituzionali e religiose in diversi stati. Lo stato nazionale è stato il terreno fertile su cui fiorirono costituzionalismo e governo limitato.
5) All'origine delle libertà moderne potrebbe esserci proprio lo stato-nazione. Considera la tradizione occidentale di governo limitato, libertà individuale e elezioni aperte. Storicamente, istituzioni libere apparvero e persistettero in stati nazionali come l'Inghilterra, i Paesi Bassi e la Scozia, paesi costruiti su una lingua e religione nazionali, con una storia di accantonamento delle differenze interne per combattere i nemici comuni. Anche John Stuart Mill sosteneva che non è un caso che esistano istituzioni libere in tali paesi: "è in generale una condizione necessaria per le istituzioni libere che i confini del governo debbano coincidere con quelli delle nazionalità".
6) Gli stati nazionali indipendenti hanno interesse a promuovere un ordine internazionale fondato sugli stati nazionali stessi. Un tale ordine massimizza la possibilità di auto-determinazione collettiva e stabilisce una vitale competizione/imitazione tra le nazioni, ognuna delle quali cerca di raggiungere il massimo sviluppo delle sue capacità.
7) Problema. I nazionalisti affermano che qualcosa è "naturale" mentre in realtà è profondamente artificiale. Le "nazioni" sono per la maggior parte delle creature del XIX secolo: penso alla Germania o all'Inghilterra. In principio erano comunità immaginarie che esistevano tra i letterati ma mai nel popolo. La "comunanza" provata, per esempio, nelle trincee della prima guerra mondiale fu, in linea di massima, il risultato della propaganda.
8) Quando uno stato-nazione prende decisioni che altrimenti potrebbero essere prese da individui emerge chiaramente come il "consenso" sia superato dalla "comunanza". Un grave difetto. Ma il nazionalista potrebbe sostenere che un tentativo di governo multinazionale - come l'Unione Europea - sarebbe ancora peggio. Gli stati-nazione, indipendentemente dal fatto che siano emersi in modo naturale o artificiale, per lo meno offrono la "comunanza" e questo li autorizza ad avere l'ultima parola rispetto a regole dettate dall'esterno. Può darsi che al di sotto del livello nazionale ci siano altre unità politiche ma solo lo stato nazione è in grado di opporre una seria resistenza all'internazionalismo.
9) Per secoli, la politica delle nazioni occidentali è stata caratterizzata da una lotta tra due visioni antitetiche dell'ordine mondiale: un ordine di nazioni libere e indipendenti, ciascuna che persegue il bene politico secondo le proprie tradizioni; e un ordine di popoli uniti sotto un unico regime di legge, promulgato e mantenuto da un'unica autorità sovranazionale. I sovrani imperiali del mondo antico vedevano come loro compito, nelle parole del re babilonese Hamurabi, "portare i quattro quarti del mondo all'obbedienza". Quell'obbedienza, dopo tutto, era ciò che garantiva la salvezza dalla guerra, dalla malattia e dalla fame. Eppure, nonostante gli ovvi vantaggi economici di una pace egiziana o babilonese, la Bibbia nacque da una profonda opposizione a quella visione. Per i profeti di Israele, l'Egitto era "la casa della schiavitù" e non risparmiarono parole nel deplorare lo spargimento di sangue e la crudeltà implicate nella conquista imperiale e nel modo imperiale di governare. La nazione del popolo eletto rappresentava invece la salvezza.
10) Problema. Hazony omette quegli aspetti della Bibbia ebraica (e, direi, la tradizione ebraica in senso lato) che vede gli esseri umani creati a immagine di Dio, l'idea per cui i nostri obblighi morali si estendono a tutti, La Bibbia ebraica parla non solo degli ebrei, ma anche dell'obbligo ebraico di accogliere gli estranei. I testi successivi, tra cui il Talmud e le opere di filosofi come Maimonide, discutono a fondo della gamma appropriata e grado di universalismo vs. nazionalismo. Non si può avere un resoconto accurato della Bibbia o del giudaismo senza includere entrambi gli elementi.
11) L' opposto del nazionalismo è l'imperialismo. Forse la versione neo cons puo' plausibilmente essere vista come imperialista. I neo vedono l'America come la nazione cardine, che sostiene la pace e la prosperità del mondo. Il termine Pax Americana è positivo dal loro punto di vista. Tuttavia, non credo che questa distinzione venga accettata da tutti, specie a sinistra. La sinistra chiede a noi di imparare dalle culture del Terzo Mondo e non fanno che scusarsi nei loro confronti. Questa gente non si riconoscerebbe come imperialista anche se poi, quando c'è da decidere sul serio, non lesina interventi armati in ogni parte del mondo.
12) Il nazionalismo è ingiustamente incolpato delle due guerre mondiali. La prima è stata il risultato di trame imperiali, la seconda è stata provocata da Hitler, che era (principalmente) un imperialista-espansionista.
13) Nel libro ogni progetto internazionale è bollato come imperialista, dagli open border libertari agli accordi climatici. Non che accordi del genere debbano essere evitati ma richiedono una trattazione tra stati-nazione senza giurisdizioni internazionali. E' chiaro che in questi casi lo stato-nazione rompe quando vuole.
14) Le guerre universali nascono da un'ideologia internazionalista. Nel caso della Guerra dei 30 anni, era la teoria dell'ordine cattolico universale. Nel caso delle Guerre Nepoloniche, la teoria del nuovo liberalismo universale francese. E, nelle due guerre mondiali, un tentativo di due imperatori tedeschi (il secondo piuttosto grottesco) di rendere la Germania il Signore della Terra.
15) Nell'idea liberale stanno i semi dell'universalismo, ovvero quel progetto di dominio mondiale che ci ha condotto, per esempio, alla guerra in Iraq. C'è una linea che unisce Mises e Hayek con i neoconservatori degli ultimi decenni. Stabilire la democrazia in Egitto o in Iraq sembra fattibile ai liberali poiché presumono che la ragione umana sia ovunque la stessa e che un impegno per le libertà individuali e i mercati liberi sorgerà rapidamente una volta che i benefici saranno stati dimostrati e gli impedimenti rimossi.
16) Anche l'integrazione di milioni di immigrati dal Medio Oriente sembra facile per i liberali, perché credono che praticamente tutti vedranno rapidamente i vantaggi del nostro mondo e lo accetteranno. I conservatori, per contro, riconoscono che l'assimilazione su larga scala può avvenire solo quando entrambe le parti sono fortemente motivate ad ottnerla. Quando tale motivazione è debole o assente, i conservatori vedono un pericolo nell'immigrazione, con conseguente odio e violenza reciproci.
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The Virtue of Nationalism

DISEGUALI E FELICI

DISEGUALI E FELICI
La Svezia ha un miliardario ogni 250.000 persone, uno dei tassi più alti al mondo. È anche uno dei paesi più diseguali in termini di distribuzione della ricchezza. La fortuna dei miliardari svedesi è equivalente a un quarto del PIL annuale. Solo nei paradisi fiscali come Cipro o Monaco i plutocrati hanno una simile posizione dominante.
Eppure, presso la popolazione i miliardari svedesi sono sorprendentemente popolari. Il serrato dibattito che c'è in America o in Gran Bretagna sulla tassazione dei super ricchi qui non esiste. La popolarità dei miliardari è in parte dovuta alla percezione che questa gente ha fatto soldi senza "sfruttare" gli svedesi ma creando multinazionali come H&M, Volvo e Spotify. Vivono anche in modo austero, occorre dirlo. Anche sulle stra più eleganti non vedi circolare auto lussuose, i ricchi mangiano Smørrebrød fianco a fianco con la gente comune.
Pochi svedesi sono desiderosi di tasse punitive sui ricchi, anche perché molti di loro sono arrivati alla conclusione che tenerseli cari è meglio. In passato non era così, qualche esempio: Kamprad fuggì in Svizzera nel 1973; Hans Rausing, il cui padre ha fondato Tetra Pak, è fuggito in Gran Bretagna negli anni '80.
Con il sostegno bipartisan, la Svezia ha abolito l'imposta di successione nel 2005 e l'imposta sul patrimonio nel 2007. Kamprad è tornata quasi subito e molti altri hanno fatto la medesima scelta.
Informazioni su questo sito web
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The land of ABBA and Ikea has high wealth inequality

LA COMPLESSITA'

LA COMPLESSITA'
Taleb, come al solito, è incazzatissimo. E' incazzato con chi parla di "complessità". Ma perché, visto che la complessità e l'incertezza sono al centro della sua speculazione? Perché chi ne parla non lo fa per affrontarla ma per giustificare i suoi fallimenti. Di fronte alla complessità occorrerebbe cambiare metodo decisionale, e invece che si fa? Si utilizzano le vecchie strategie, si sbaglia e poi ci si giustifica con la complessità. La complessità è qualcosa che ci rende irresponsabili.
Per Taleb non c'è conoscenza affidabile senza avere interessi in gioco, senza essere responsabili. Solo chi "scommette" su cio' che dice è degno di essere ascoltato. Ma ecco che ad azzerare tutte le scommesse arriva la complessità, un magma che anziché renderci più umili ci rende più liberi da ogni responsabilità.
Nella mitologia greca il suo personaggio preferito è Anteo, un gigante libico con una strana occupazione che consisteva nello schiantare al suolo i malcapitati passanti. Mirava a costruire un tempio per suo padre, Poseidone, usando come materia prima i teschi delle sue vittime. Traeva tutta la sua immane forza dal contatto con sua madre, la Terra.
Ecco, anche la conoscenza umana, come Anteo, trae la sua immane forza dal contatto con la terra. E questo contatto si esplicita ragionando su cose in cui si hanno interessi in gioco. Il filosofare astratto ci fa perdere in contatto inaridendo la conoscenza. I Greci dicevano: " guida il tuo apprendimento attraverso il dolore". Una neo-mamma sa bene di cosa parlo.
La maggior parte delle cose che crediamo siano state "inventate" dalle università sono state effettivamente scoperte armeggiando con le cose del mondo, e solo dopo legittimate e formalizzate nei Templi del Sapere.
Poche migliaia di anni dopo, la Libia, la terra putativa di Anteo, è messa malino, ridotta praticamente ad un mercato di schiavi. E' solo il seguito di un fallito "cambio di regime" progettato da chi pensava di conoscere avendo perso ogni contatto con la terra, persone prive di interessi in gioco che Taleb chiama "interventisti".
Gli esiti dell' "interventismo" sarebbero buffi se non fossero atroci, hanno per esempio contribuito a creare, addestrare e sostenere i ribelli islamisti. Si sono praticamente creati il lavoro da soli visto che proprio i ribelli islamisti sarebbero stati il loro prossimo problema da risolvere. Purtroppo. un problema ben più grosso. Con l'Iraq è successa più o meno la stessa cosa.
L' "interventista" ragiona come il medico che inietta in un paziente con cellule tumorali sostanze per migliorare il suo colesterolo rivendicando con orgoglio gli ottimi esiti dell'intervento anche dopo la morte del paziente: gli esami sul cadavere mostrano infatti valori ottimali del colesterolo. Fortunatamente i medici non infliggono simili "cure" fatali ai pazienti, o non lo fanno in modo così rozzo, e c'è una chiara ragione per questo: i medici di solito hanno interessi in gioco nella faccenda, e quindi una vaga comprensione di sistemi complessi, oltre a un paio di millenni di etica che ne determina la condotta.
L' "interventista" pensa in termini statici e non dinamici. Progetta il primo passo incapace di pensare che ne esisterà un secondo e un terzo. E' la vita reale da insegnarci che esiste un secondo e un terzo passo, ma lui ha perso il contatto con la vita reale.
L'interventista ha un pensiero unidimensionale. Ogni atto ha molteplici conseguenze che si ripercuotono su molteplici piani. La cosa non sembra interessare l'"interventista", il quale sembra ossessionato solo dal fatto di dover intervenire.
L'interventista pensa solo alle azioni, più raramente alle reazioni. I suoi modelli non funzionano bene se postuliamo delle interazioni complesse.
Per poter pensare in termini dinamici che tengano conto di molte dimensioni e delle molte razioni, non serve un Intervenista più intelligente o con computer più grossi, serve un metodo di conoscenza differente.
Quando l'"interventista" fallisce invoca l'incertezza. La colpa non è sua, il mondo è così complesso. Ma prima di pretendere di conoscerlo non se n'era accorto?
Il mondo però sembra credergli: è vero, il mondo è complesso e se l'"interventista" sbaglia non è colpa sua. A volte poi il mondo è talmente complesso che i fallimenti dell'"interventista" nemmeno si notano. Giustificato o inosservato, l'interventista non ha comunque interessi in gioco. Non rischia in proprio. Per questo finiamo per popolare la nostra intelligentsia con persone deliranti, letteralmente squilibrate mentalmente. Se diventano così è solo perché non devono mai pagare per le conseguenze di cio' che dicono.
Di fronte al mondo complesso i principi guida dovrebbero essere due: 1) primum non nocere; 2) chi non corre rischi non dovrebbero mai essere coinvolto nelle decisioni.
Anche in passato l'uomo ha avuto deliri di onnipotenza, ma non aveva armi per distruggere il mondo. Adesso sì. Meglio non far entrare nella stanza dei bottoni chi è irresponsabile di fatto.
Storicamente, tutti i "signori della guerra" erano essi stessi guerrieri e, con alcune curiose eccezioni, le società erano gestite da persone che si assumevano il rischio senza trasferirlo in capo a terzi. Faccio solo un'esempio: l'imperatore romano Giuliano l'Apostata morì sul campo di battaglia combattendo nella guerra senza fine sulla frontiera persiana. ma come lui fecero Giulio Cesare, Alessandro e Napoleone. L'ultimo imperatore bizantino, Costantino XI Paleologo, è stato visto l'ultima volta quando si è spogliato della sua toga di corte per unirsi a Ioannis Dalmatus e a suo cugino Teofilo Paleologo con lo scopo di caricare le truppe turche. Meno di un terzo degli imperatori romani morì nel proprio letto. Ancora oggi, i monarchi derivano la loro legittimità da un contratto sociale che richiede l'assunzione di rischi fisici. Il principe Andrea ha preso più rischi dei "comuni" soldati durante la guerra delle Falkland del 1982, con il suo elicottero era costantemente in prima linea. Noblesse oblige, si diceva un tempo.
L'invenzione della burocrazia consentì per la prima volta di separare l'individuo dalle sue azioni. Il decentramento del potere è l'unico rimedio alla de-responsabilizzazione, l'unico modo di riportare l'amministratore con i piedi per terra. E' più facile fare i bulli quando si vive sulla luna.
Nel decennio precedente il crollo bancario del 2008, Robert Rubin incassò oltre 120 milioni di dollari da Citibank. Quando la sua banca, letteralmente insolvente, fu salvata dal contribuente, non risarcì nessuno invocando l'incertezza e la complessità come scusa. Alle banche capita spesso: "Testa" incassano loro, "Croce" paga il contribuente. D'altronde, il mondo è complesso e queste sono cose che capitano.
La più grande vittima della crisi finanziaria è stato il libero mercato, poiché il pubblico, già incline a odiare i banchieri, ha iniziato a confondere il libero mercato con forme corrotte di clientelismo, quando in realtà è l'esatto contrario: è il governo, non i mercati, che rende vicende come quelle di Robert Rubin possibili.
A quel punto l'attività di assunzione dei rischi ha iniziato a spostarsi verso piccole strutture indipendenti note come hedge funds. Mentre la grande banca non "skin in the game" poiché sa di poter contare sui parafulmini della politica, i piccoli e odiati hege sanno benissimo che nessuno li salverà se dovessero saltare in aria. Inoltre, nello spazio decentralizzato degli hedge fund, gli operatori proprietari detengono almeno la metà del loro patrimonio netto nel fondo.
Ricapitolando, gli "interventisti" non imparano perché non sono vittime dei loro errori. Questa è una legge generale. Il fatto di poter trasferire il rischio su terzi mostacola l'apprendimento. Non convincerai mai completamente nessuno che ha torto; solo la realtà può convincerlo. E gli interventisti non dialogano con la realtà. E' la sopravvivenza che ci rende saggi, ma agli interventisti la sopravvivenza è garantita a priori. La maledizione della modernità è che siamo invasi da una classe di persone bravissima a spiegare ma inetta a imparare, e ancora di più a fare. L'apprendimento non è esattamente quello processo che si tiene nel carcere di sicurezza che chiamamo scuole. In biologia, l'apprendimento è qualcosa che, attraverso il filtro della selezione intergenerazionale, viene impresso a livello cellulare. Ma l'evoluzione può avvenire solo se è presente un rischio di estinzione. Taleb è indignato perché vede schiere di accademici senza "interessi in gioco" difendere l'evoluzione e nello stesso tempo rifiutare il rischio e la lotta per la sopravvivenza. E' gente che prende le distanze dalla nozione di Grande Disegno o dall'idea di un Creatore che sa tutto, mentre, allo stesso tempo, vogliono operare come tali considerando la società umana un pongo nelle loro sapienti mani.
Una cosa è certa: senza "skin in the game" l'arroganza umana non ha limiti.
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From the bestselling author of The Black Swan, a bold book that challenges many of our long-held beliefs about risk and reward, politics and religion, finance and personal responsibility'Skin in the game means that you do not pay attention to what people say, only to what they do, and how much of...

I problemi della sinistra con la scienza

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dal post modernismo al politicamente corretto

lunedì 9 dicembre 2019

PER UNA NUOVA DESTRA MORALISTA.

PER UNA NUOVA DESTRA MORALISTA.

Quando si tratta di questioni morali, lo scontro evidente è tra una sinistra e una destra che adottano a ritmi differenti i medesimi valori, ovvero quelli proposti dalla sinistra.
Mentre la sinistra gioca d' anticipo, la destra procede attardata seguendo un ritmo più lento. Questo attrito che si crea viene spesso interpretato come un segno di polarizzazione perché, all'inizio del processo, il divario tra le due fazioni è stridente.
Ripeto: la politica sociale è essenzialmente uno scontro tra sinistra e libertari. Alla destra intelligente non resta che appoggiare questi ultimi in modo da potersi ritagliare una "bolla sociale" in cui vivere coltivando i propri valori tradizionali, per poi magari mostrare al mondo con i fatti che sono i più adatti alla comunità umana.

IL NEMICO DELLA CONOSCENZA TUTTO E' CORRELATO +hl Why Correlation Usually ≠ Causation

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IL NEMICO DELLA CONOSCENZA
Il nemico della conoscenza non è l'ignoranza ma la conoscenza casuale, ovvero la credenza di conoscere solo perché si sa prevedere.
La congettura sarebbe questa: in una rete causale in espansione il numero delle possibili correlazioni cresce più velocemente del numero delle relazioni causali.
Bene, ciò significa che ben presto tutto è correlato. Non trovi una relazione tra la variabile A e la variabile B? Raccogli più dati e la troverai.
Quando il sistema sarà abbastanza complesso il rapporto tra nessi causali e correlazioni diventa infinitesimale e a noi non resta che una conoscenza casuale.
Ma a questo punto cosa significa che due variabili sono correlate tra loro? Trovare una correlazione non ha più senso laddove tutto è correlato.
GWERN.NET
Correlations are oft interpreted as evidence for causation; this is oft falsified; do causal graphs explain why this is so common, because the number of possible indirect paths greatly exceeds the direct paths necessary for useful manipulation?

TUTTO E' CORRELATO CON TUTTO
La correlazione non è causalità. Fin qui ci siamo?
Certo che ricordarlo a un economista è come ricordare a un chirurgo di lavarsi le mani prima di operare.
Eppure bisogna farlo. Le false correlazioni imperversano oggi più che mai. La "crisi delle repliche" è stata uno tsunami per le scienze umane; una frazione enorme della ricerca in psicologica e non solo è risultata fallata e impossibile da replicare. Le ipotesi fatte di questa debacle sono sempre le stesse: basso potere statistico, manomissioni, campioni troppo ridotti o selezionati male, correlazioni spurie, bias nella pubblicazione e altre fonti di errore sistematico.
Ma come mai tanta insistenza nel medesimo errore? No, le solite spiegazioni non bastano.
Ipotesi aggiuntiva: partendo dall'idea che "tutto è correlato con tutto", dietro l'illusione ottica c'è qualcosa che riguarda la natura stessa della realtà. E' probabile che nell'estensione delle reti causali (uno scenario che si attaglia alla società moderna)) il numero di possibili correlazioni cresca più velocemente del numero di possibili relazioni causali. Un simile squilibrio spiegherebbe l'eccesso di fiducia.


GWERN.NET
Correlations are oft interpreted as evidence for causation; this is oft falsified; do causal graphs explain why this is so common, because the number of possible indirect paths greatly exceeds the direct paths necessary for useful manipulation?


È risaputo che la correlazione statistica tra due variabili non implica causalità. Nonostante questo ammonimento, anche le persone più avvertite, tendono ad ingannarsi e a rimanere sorprese quando esperimenti più accurati la smentiscono. Penso che l'inganno sia dovuto a un'idea che ho avuto qualche tempo fa sulla natura della realtà. Per questo ho ipotizzato che nelle reti causali realistiche il numero di possibili correlazioni cresca più velocemente del numero di possibili relazioni causali. Un simile squilibrio spiega l'eccesso di fiducia.

Tutto è cominciato con la cosiddetta crisi della replica: una frazione enorme della ricerca psicologica (e non solo) risultava fallata e impossibile da replicare a causa di basso potere statistico, manomissioni, campioni troppo ridotti o selezionati male, correlazioni spurie, parzialità nella pubblicazione e altre fonti di errore sistematico.

Vale la pena di ricordare che in un mondo complesso "tutto è correlato", quindi trovare delle correlazioni è la cosa più facile che ci sia. Quando misuriamo sistematicamente molte variabili su larga scala troviamo correlazioni in abbondanza, anche tra cose che sembrano non avere alcuna relazione causale. Se non riesci a respingere l' "ipotesi nulla" (l'ipotesi secondo cui due fenomeni sono indipendenti), semplicemente non hai ancora raccolto abbastanza dati. Quindi, cosa significa una correlazione tra 2 variabili se sappiamo perfettamente in anticipo che sarà positiva o negativ ma ci sarà? Capita spesso che promettenti correlazioni informino politiche, programmi sociali su istruzione, sanità e economia. L'impatto di questi programmi valutato secono gli strumenti statistici si avvicina sempre allo zero.

Il numero di chiese in una città può essere correlato al numero di bar, ma sappiamo che è perché entrambi sono correlati a quante persone abitano quella città; il numero di pirati può essere inversamente correlato alle temperature globali (ma sappiamo che i pirati non controllano il riscaldamento globale ed è più probabile che qualcosa come lo sviluppo economico porti alla soppressione della pirateria ma anche alle emissioni di CO2); le vendite di gelati possono essere correlate ai morsi di serpente o ai crimini violenti o ai morti per colpi di calore (ma ovviamente i serpenti non si preoccupano di sabotare le vendite di gelati); le persone magre possono avere una postura migliore delle persone grasse, ma stare in piedi non sembra un piano plausibile per perdere peso; indossare indumenti XXXL chiaramente non provoca attacchi di cuore, anche se ci si potrebbe chiedere se la soda dietetica provoca obesità; più vigili del fuoco sono in giro, peggiore è la situafione sul fronte incendi; a giudicare dai voti degli studenti tutorati rispetto a quelli non tutorati, i tutor sembrerebbero dannosi piuttosto che utili; la pelle nera non provoca anemia falciforme né causa vaiolo e malaria; vaccini e autismo sono correlati ma probabilmente cio' è dovuto al fatto che molti vaccini vengono somministrati ai bambini nello stesso momento in cui l'autismo inizierà ad emergere; l'altezza, il lessico utilizzato o le dimensioni del piede e le abilità matematiche possono essere fortemente correlate (nei bambini); il consumo nazionale di cioccolato si correla con i premi Nobel, così come i prestiti bancari e l'affitto di killer. Il consumo moderato di alcol prevede un aumento del reddito; il ruolo delle cicogne nel parto può essere stato sottovalutato; i bambini con alta autostima hanno voti più alti e tassi di criminalità più bassi. In fondo è normale: aumentare l'autostima delle persone ci fa vivere in modo più responsabile e ci tiene lontani da soluzioni criminali. A meno che l'autostima non sia causata da alti voti e successo personale, in questo caso aumentare l'autostima non avrebbe alcun beneficio.



Viviamo in un mondo in cui la ricerca produce molti risultati spuri e, anche quando cerchiamo di distinguere, trovare una correlazione non ha senso perché tutto è correlato fin dall'inizio e, di conseguenza, invalida le nostre scoperte. In campi come medicina, sociologia, economia, psicologia quando chiediamo in che misura le correlazioni predicono esperimenti più affidabili scopriamo che il potere predittivo è scarso. La ricerca correlativa di altissima qualità fatica ancora a sovraperformare il lancio di una moneta nel predire i risultati di un esperimento randomizzato.
aaaaaaaaaaaaaaaaa

Why Correlation Usually ≠ Causation: Causal Nets Cause Common Confounding
Gwern Branwen
Citation (APA): Branwen, G. (2020). Why Correlation Usually ≠ Causation: Causal Nets Cause Common Confounding [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 2
Why Correlation Usually ≠ Causation: Causal Nets Cause Common Confounding By Gwern Branwen
Nota - Posizione 3
@@@@@@@@ Congettura: quando la complessitá aumenta le correlazioni aumentano più che proporzionalmente rispetto alle cause. Il problema non é non trovare le cause ma credere di averle trovate. Tutto é correlato. Se nn é correlato raccogli piú dati
Evidenzia (giallo) - Posizione 7
I speculate that in realistic causal networks or DAGs, the number of possible correlations grows faster than the number of possible causal relationships.
Nota - Posizione 8
Congettura di fondo
Evidenzia (giallo) - Posizione 8
since people do not think in realistic DAGs but toy models, the imbalance also explains overconfidence.
Nota - Posizione 9
Origini dell ottimismo
Evidenzia (giallo) - Posizione 11
the nature of reality.
Nota - Posizione 11
La congettura é reale.
Evidenzia (giallo) - Posizione 11
evidence from meta-analysis and replication initiatives
Nota - Posizione 11
Bisogna spiegare certi fallimenti teorici....
Evidenzia (giallo) - Posizione 13
and countless failed social engineering attempts.
Nota - Posizione 13
.....e pratici
Evidenzia (giallo) - Posizione 15
The Replication Crisis:
Nota - Posizione 15
Primo concetto
Evidenzia (giallo) - Posizione 21
‘everything is correlated’— even things which seem to have no causal relationship
Evidenzia (giallo) - Posizione 23
If you fail to reject the null hypothesis with p < 0.05, you simply haven’t collected enough data yet.
Nota - Posizione 24
Il trucco
Evidenzia (giallo) - Posizione 24
what does a correlation between 2 variables mean
Nota - Posizione 24
La domanda sorge spontanea
Evidenzia (giallo) - Posizione 26
The Metallic Laws:
Nota - Posizione 26
Terzo concetto
Evidenzia (giallo) - Posizione 26
most efforts to change human behavior and sociology and economics and education fail
Nota - Posizione 27
Tutto torna al suo posto
Evidenzia (giallo) - Posizione 28
Correlation ≠ Causation:
Nota - Posizione 28
Conseguenza
Evidenzia (giallo) - Posizione 29
finding a correlation is meaningless because everything is correlated
Nota - Posizione 30
La triste verit
Evidenzia (giallo) - Posizione 31
when we directly ask how well correlations predict subsequent randomized experiments, we find that the predictive power is poor.
Nota - Posizione 32
Correlazione ed esperimenti
Evidenzia (giallo) - Posizione 33
the highest quality correlational research still struggles to outperform a coin flip
Evidenzia (giallo) - Posizione 36
But why is correlation ≠ causation?
Nota - Posizione 36
Oggi paliamo di questo
Evidenzia (giallo) - Posizione 36
if we write down a causal graph consistent with ‘everything is correlated’
Nota - Posizione 37
Reti causali