sabato 6 maggio 2017

Quello strano tipo di Taleb

Quello strano tipo di Taleb

Nassim Taleb ormai è una star e il suo libro ”Il cigno nero” un best seller. Nonostante tutto questo,Eric Falkenstein non ha una grande opinione del collega. Puo’ darsi sia invidia, eppure i suoi argomenti meritano di essere scorsi.
La prima grande idea di Taleb: a volte l’inatteso accade, gli stati collassano, le guerre cominciano, certi scrittori diventano famosi…
La sua seconda idea: gli esperti – e coloro che gli seguono – hanno troppa fiducia in se stessi. I “praticoni”, che sanno come gira il mondo e devono mettere i soldi dove mettono la lingua, sono più prudenti.
Non si tratta di idee nuovissime. Non è che forse Taleb ha qualcosa di originale da aggiungere?
Anticipiamo la risposta: no.
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Taleb attacca violentemente la matematica finanziaria come “pseudoscienza”, nutre un particolare livore contro gli esperti della finanza etichettandoli come “stupidi, “idioti” e “pazzi”.
Ogni suo libro è una litania. L’esperto non è soltanto uno che sbaglia, è un impostore in malafede.
Forse, come suggerisce Enzo Michelangeli, ha solo seguito il consiglio dato da Paul Krugman ai rampanti con mire da editorialisti…
… “Assumi la posizione del ribelle: nell mondo rutilante della cultura da intrattenimento non c’è nulla che nuoccia quanto apparire il cane da guardia in difesa di vecchie e fastidiose idee consolidate, e non conta quanta verità contengano queste “vecchie idee”…” 
Gli esperti della finanza visti da Taleb sonotraforati di “bias” (a cui i lettori dei suoi libri scampano miracolosamente).
Per NT l’ammontare di casualità presente nei mercati finanziari è tale da non consentire untrattamento matematico, per questo la matematica finanziaria è una truffa.
Si tratta di una posizione che fa presa sul grande pubblico: suggerire la cecità degli esperti gratifica i lettori meno esperti, in questo senso il fascino di Taleb è irresistibile. Tuttavia, per chi critica tanto aspramente la sicumera degli esperti, i libri di Taleb appaiono un po’ troppo pieni di verità apodittiche. Taleb urla ai quattro venti “l’unico umile sono io” e lo fa con un’arroganza decisamente pronunciata. Non è un bel vedere, la sua operazione risulta godelianamente problematica. Spesso, per esempio, si vanta delle sue previsioni in quella o quell’altra occasione, cadendo nel classico errore che denuncia lui stesso ripetutamente: la conferma a campione ridotto.
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Se la gente sottostimasse i rischi, sottostimerebbe anche i prezzi delle assicurazioni contro i rischi. I dati suggeriscono il contrario: la gente strapaga le assicurazioni. La cosa crea un problemino non da poco per il modello proposto da Taleb ma lui ne esce facilmente: in casi del genere prevale il senso comune della gente che non si fa abbindolare dagli esperti.
Sta di fatto che i modelli di stima del rischio oggi adottati sono fallati alla radice e chi li segue si espone alla rovina.
Nel fare questa affermazione si basa perlopiù sul lavoro pionieristico del suo amico personale Benoit Mandelbrot, che da tempo immemore (1962!) invoca l’introduzione dei frattali nella finanza.Purtroppo, la cose implicherebbe l’introduzione di grafici di una complessità insana. E’ vero, il battito d’ali di una farfalla potrebbe creare un cataclisma, e nel mondo di Mandelbrot le farfalle svolazzano in ogni dove creando il caos. Siamo proprio sicuri che in questi casi  semplificare non giovi? Che non giovi trascurare i rischi infinitesimali legati alle catastrofi?
L’invocazione del profeta Mandelbrot è caduta nel vuoto e l’esito perverso che Taleb vede in questo sabotaggio dell’accademia è una sistematica sottostima dei rischi da parte dei modelli. Tradotto per gli operatori di mercato: il valore delle azioni è sovrastimato (non valgono affatto quel che vengono pagate) e quello delle opzioni sottostimato. Le opzioni conferiscono il diritto a vendere le azioni ad un certo prezzo (che, per Taleb, sarà certamente superiore al valore di carta straccia a cui molte azioni sono destinate).
L’approccio di Mandelbrot rimpiazza “media” e “varianza” con l’indice Alpha. Piccolo inconveniente: non ci sono due persone che calcolino questo parametro alla stessa maniera. La cosa non sorprende visto l’ “effetto farfalla”, in buona sostanza il rischio da aggiungere ai modelli sarebbe soggettivo.
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Frank Knight nel 1921 già distingueva tra rischio e incertezza. Mentre il rischio è quantificabile, l’incertezza richiede una valutazione soggettiva di buon senso. Il punto forte di questa proposta era che Knight, dopo aver definito l’incertezza come non-quantificabile, non proponeva alcun indice per quantificarla! Nei suoi testi non si parla di Alpha.
Questa distinzione spiega perché ad arricchirsi sono gli imprenditori (magari con la terza media) e non gli economisti che meglio padroneggiano i modelli di quantificazione del rischio. Ma chiunque conosca il mondo delle probabilità sa bene che la base soggettiva di ogni valutazione è ineliminabile.
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Oggi il rischio si misura facendo riferimento altrend storico dei rendimenti, alla varianza dei rendimenti stessi e alle covarianze tra i titoli in portafoglio. Un calcolino che va sotto il nome di Value at Risk (VAR). Roba di buon senso che non dice certo tutto ma aiuta ad orientarsi guardando al futuro con le lenti del passato.
Taleb è categorico: chi usa VAR è folle. E anche in malafede.
In un senso banale ha ragione: VAR puo’ fare soloprevisioni grossolane e basate su un passato che non ritornerà. Molti operatori sanno che l’uso di VAR va mediato con il buon senso. E’ un cliché consolidato anche nelle aule universitarie che la conoscenza tecnica va integrata con l’intuito per ben operare, tanto è vero che spesso i manager dei fondi nemmeno conoscono i modelli da cui partono per le loro scelte, l’ultima parola sulle decisioni di mercato spetta a gente (Senior Manager), che un calcolo VAR forse non lo saprebbe neanche fare.VAR probabilmente non vi arricchirà mai ma serve a monitorare l’onestà del vostro gestore: è difficile cacciarsi in guai seri osservando le indicazioni di VAR.
Certo, la crisi recente ha messo VAR sul banco degli imputati, alcune banche hanno utilizzato il VAR per misurare la rischiosità dei mutui attingendo a periodi di oltre 10 anni, senonché quando il periodo storico pregresso considerato non è più significativo, VAR va in crisi. VAR non è perfetto, non è la panacea ma l’onere di provarne l’insufficienza è sui suoi critici. Fallire utilizzando il VAR è possibile, ma bisogna incorrere in un cataclisma che coinvolge più o meno tutti, i fallimenti isolati, forse i più dolorosi, sono tipici di chi devia pesantemente da VAR.
Eisenhower disse che la guerra va pianificata, anche se, dopo che scoppia, i piani fatti non servono più a molto. VAR è un modo onesto di pianificare la navigazione sui mercati finanziari, anche se si tratta di un oceano burrascoso.
L’alternativa al VAR è fare più pratica, non il nichilismo. Gli strumenti, con tutti i loro limiti, sono sempre utili. Per Taleb l’imprevedibilità degli eventi chiave implica che noi dovremmo cessare di prevedere anche il prevedibile. Molto meglio la “Serenity Prayer”…
… Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare le cose che posso,
e la saggezza per conoscere la differenza…
Cerchiamo di prevedere il prevedibile, per il resto…compriamo assicurazioni.
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La strategia di Taleb sul campo: gufare. Si punta sul verificarsi di eventi catastrofici battezzati come “cigni neri”. Tradotto: incamerare piccole perdite quotidiane in vista di un grande guadagno che realizzeremo quando tutti gli allocchi salteranno in aria.
Taleb ti analizza e sentenzia: “tu sottovaluti il rischio di essere investito quando attraversi la strada”, e poi scommette sul tuo investimento. Ad ogni attraversamento incolume perde un pochino ma poi, il giorno del tuo investimento, guadagna al punto da compensare tutte le perdite.
Ad onor del vero bisogna anche dire che Taleb non ha in mente gli attraversamenti stradali ma le borse, ovvero luoghi soggetti a contagio e dove il rischio di esplosioni e catastrofi è più elevato: il numero di “investiti2 non puo’ raddoppiare da un anno all’altro, il numero dei falliti sì.
Ma Taleb, che si dice “popperiano”, ha testato le sue ipotesi?
Nel mondo di Taleb, poiché il valore dei titoli prima o poi crollerà (e la gente elimina dalla sua mente questa possibilità) le opzioni di vendita sono sottovalutate. E’ così? Storicamente non sembra proprio.
Con gente tanto “overconfident” le assicurazioni piangerebbero. E’ così? No: il comparto assicurazioni non sembra fare affatto male, investitori come Warren Buffett mantengono quote sostanziali del proprio portafoglio proprio in quel settore.
Ci sono poi studi più sistematici: Shumway e Coval (2001) oltre a Bondarenko(2003) hanno documentato come il mercato delle opzioni “put” sia il più prospero. Inoltre, Sophie Ni ha scoperto che “out-of-the-money options are more overexpensive the degree they are out-of-the-money”. La strategia Taleb/Mandelbrot non ne esce bene una volta che si passa alle verifiche.
Ci sono poi trader che seguono la strategia opposta pensando gli altri come eccessivamente prudenti, per esempio Niederhoffer.
Chi fa meglio Taleb o Niederhoffer? Leggiamo un resoconto:
… Well, Niederhoffer ran his flagship fund until September 2007 from a chalet-style mansion in Weston Connecticut . Taleb shut down his Empirica Kurtosis fund at the end of 2004, and the only public data on it suggest a rather anemic Sharpe ratio (up 60% in 2000, but then fluttered)…. I venture that Niederhoffer’s was better if you would just look at their lifetime Sharpes….
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La gente ci appare tanto spavalda ma quando ci sono di mezzo i loro soldi – a quanto pare – si dà una calmata, al contrario di quanto crede Taleb. La probabilità di incontrare un cigno nero non sembra poi così sottovalutata, un retro-pensiero agli eventi catastrofici esiste sempre. Basta una capatina sul mercato delle scommesse per rendersene conto…
… For example, London bookmakers offer ‘only’ 250-1 odds a perpetual motion machine will not be discovered, and 100-1 odds aliens won’t be contacted: longshots ignored in a casual context are usually overpriced in actual markets…
La gente paga profumatamente per vivere sonni tranquilli. Possiamo quasi dire che la gente si aspetta un “cigno nero” da un momento all’altro, sembrerebbe quasi soggetta a “sindrome da apocalisse”.
Altri studi che confutano Taleb…
… Taleb responds by noting that the 1987 stock market crash changes everything, because if you bought puts then, you would have made enough money to make up for decades of otherwise weak performance. While Shumway and Coval do not include 1987 in their academic study, Bonderanko does, and gets the same results…
La risposta di Taleb alle confutazioni: aneddoti. Aneddoti tratti dalla sua vita passata sui  mercati finanziari.
La storia della Long Term Capital Management, o la crisi delle valute nel 1997… Ma gli aneddoti non sono “dati”.
Il fatto è che c’è una certa differenza tra la nostraaudacia spirituale e la nostra prudenza materiale. Quando ne va dei nostri soldi diventiamo immediatamente prudenti.
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Recentemente Taleb ha ricalibrato la sua strategia per trarre vantaggio dal “cigno nero”, riassumiamola così: un nucleo super-sicuro con una punta di super-rischio (tipo biglietti delle lotterie nazionali o fattorie di lama).
Ma: il super-sicuro di solito è troppo sicuro. Quanto al super-rischio: pochi si arricchiscono per quella via, il rischio non paga, i ricercatori riscontrano un ritorno negativo per titoli molto volatili.
Le lotterie a cui si affida Taleb vendono solo speranze più che cigni neri.
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Taleb insiste: le statistiche sono fallate perché basate sui dati storici.
Risposta: anch’io preferirei lavorare con i dati futuri ma non è possibile.
Le statistiche standard sono irrimediabilmente fallate se confondi la mappa con il territorio. Per gli altri, quelli che usano il buon senso, sono una buona base di partenza per orientarsi, anche se necessariamente approssimativa.
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Il giudizio più sintetico possibile sul lavoro di Taleb:vero ma inutile.
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Taleb ha ragione quando pensa che la gente sia troppo spavalda, per esempio quando si innamora, oppure quando si sente “sulla stessa barca” degli altri. Ma la gente è anche troppo spaventata. Esempi: quando legge i suoi libri o il giornale…
Il rischio è una bestia strana, è impossibile parlarne in generale come fa Taleb (o come fa la teoria ortodossa del rischio). Certi rischi li andiamo a cercare, altri, non superiori, li temiamo come il bau bau. Questo accade alla stessa persona.
Nel suo messaggio generale probabilmente Taleb ha qualche ragione: noi tendiamo a prendere qualche rischio in più rispetto a quel che crediamo (ci “innamoriamo” di certi titoli fino a seguirli anche se si buttano nel pozzo), tanto è vero che il premio di rischio sui mercati finanziari di fatto non esiste. Ma questo ragionamento va ricondotto all’interno degli schemi disponibili di valutazione del rischio, non ricorrendo allo schema grossolano e para-nichilista del cigno nero.
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Immaginatevi Taleb che fa una lezione di statistica, anziché introdurre il concetto di media e varianza chiederebbe quante probabilità c’erano che un aereo si schiantasse contro il WTC nel settembre 2001 per poi concludere con un poetico “e noi che ne sappiamo”. Una lezione senza formule. Figo!
Ma il miglior atteggiamento da tenere di fronte alla realtà mescola conoscenza tecnica e buon senso. Serve sia l’una che l’altro.
Ecco un buon mix: 1) buon senso, 2) conoscenza di chi opera concretamente a tempo pieno 3) conoscenza della storia dei mercati e 4) conoscenza delle tecniche statistiche per valutare il rischio.
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Sapete chi è il “crank”? E’ un tipo fumantino che se ha deciso di incazzarsi, e s’incazzerà qualsiasi cosa gli diciate. In genere decide di incazzarsi se invadete la sua area di competenza che considera territorio riservato, un posto dove chiunque altro si muove goffamente e ha ben poco da aggiungere.
Martin Gardner ha descritto bene il tipo nel suo libro “Fads and Fallacies”. Spiccano 5 caratteristiche… 1) ha un complesso di superiorità, 2) vede gli altri ricercatori come idioti e non si sottopone ai loro giudizi, 3) pensa di essere perseguitato per le sue idee (tipo Galileo o Pasteur), 4) attacca solo le grandi teorie e le figure preminenti, 5) conia neologismi.
Taleb è il classico “crank”.
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Taleb trae gran parte della sua credibilità dalla suaprofessione di trader.
Ma chi è un trader? Non andrebbe confuso con lospeculatore.
Lo speculatore ha un’idea e la testa mettendoci del suo. Il trader è molto più simile a un broker, deveconvincere altri ad investire, la sua abilità è in gran parte retorica, deve ostentare fiducia e conoscenza per convincere persone esitanti. Come tutti i venditori deve essere un po’ “pavone”, ostentare sicurezza; Creare illusioni fa parte del mestiere. La sua professione, in effetti, ci fa capire meglio il personaggio Taleb. Ma non nel senso finora supposto.
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Taleb – mi sembra chiaro da quanto detto – non sopporta l’assunto dell’ Homo Oeconomicus, ovvero il postulato della razionalità degli operatori.
Si capisce quindi la sua ammirazione per Danny Kahneman, l’economista/psicologo che ha contribuito a smantellare il paradigma. Ma, per ironia della sorte, Danny Kahneman è il propugnatore della “prospect theory”, una teoria per cui noi non saremmo solo avversi al rischio ma addirittura alla perdita, comunque sia, una teoria che sembra avere presupposti in contrasto frontale con quelli di Taleb.
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In sintesi: l’approccio di Taleb è interessante ma 1) è proposto in modo troppo radicale, fino a sponsorizzare una sorta di nichilismo e 2) non èfarina del suo sacco.
Riassumendo, i concetti e gli autori a cui deve tutto sono questi tre: per le “code grasseMandlebrot (1962), per il concetto di incertezzaKnight (1921), per l’ubiquità dei bias cognitiviKahneman, Slovic e Tversky.
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Contro l'economia austriaca

Molti liberali trovano che il cosiddetto "approccio austriaco" sia più congeniale alla difesa della società aperta. Non è dell stesso avviso l'economista Bryan Caplan che spiega i suoi  perché nel saggio "Why I Am Not an Austrian Economist".
Non si puo' negare che da questa scuola siano venuti contributi di peso, ma per lo più si trattava di filosofia economica anziché di semplice economia.
Dalla nostra trattazione lasciamo fuori la punta di diamante del movimento, il Nobel Friedrich von Hayekper concentrarci meglio su Ludwig von Mises e Murray N. Rothbard. Il primo ha iniziato come economista per poi virare già negli anni ‘30 su politica, sociologia e diritto. I secondi, per contro, si sono opposti in modo chiaro e risoluto all'economia neoclassica precisando meglio il loro attacco frontale...
... If Mises and Rothbard are right, then modern neoclassical economics is wrong; but if Hayek is right, then mainstream economics merely needs to adjust its focus...
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I neoclassici (N) utilizzano le funzioni di utilità. Gli austriaci (A) le avversano.
Cosa sono, innanzitutto, le funzioni di utilità? Sono relazioni che descrivono le preferenze dell'individuo. Per i N un individuo agisce per massimizzare la sua utilità.
Secondo Rothbard (R), invece, sono la premessa della cardinalità delle preferenze individuali, ovvero il demonio in terra.
Qui occorre fare una parentesi perché siamo di fronte ad un concetto chiave.
L' A tipo ha un nemico ben preciso: l'intervento statale nell' economia.
Ora, come giustifica di solito lo stato il suo intervento? Per esempio così: "tolgo a te il bene X per darlo a lui". Perchè? “Perchè per te vale 10, per lui 15, così facendo aumento la felicità collettiva”.
È chiaro che se lo stato non può dare i numeri (10 e 15), non può nemmeno giustificare il suo intervento. Assumere preferenze cardinali (ovvero confrontabili) consente allo stato di agire. Bisogna impedirlo.
Ma le preferenze dei N sono ordinali, non cardinali. L'accusa di R è falsa...
... A utility function just uses numbers to summarize ordinal rankings; it doesn't commit us to belief in cardinal utility...
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I N considerano possibile l' "indifferenza" verso due beni, cio’ si realizza quando due utilità relative a beni diversi si eguaglino nel valore. Io posso essere indifferente tra un gelato alla panna e uno al cioccolato...
... But what if U( a)=U( b); i.e., what if an agent is indifferent between two alternatives? Rothbard elaborated upon Mises by rejecting the very possibility as incoherent...
Gli A si oppongono in modo veemente.
Anche qui, la cosa si chiarisce con l'obbiettivo ultimo degli austriaci: limitare i poteri dello stato.
Ecco come ragiona spesso uno statalista: "voi vorreste costruire una strada ma non vi accordate per colpa degli opportunisti. Io, stato, taglio la testa al toro costruendola grazie ad una tassazione coercitiva".
Lo stato, dunque, opera supponendo che esistano preferenze non rivelate attraverso un’azione concreta. Per questo l' A fa di tutto per dimostrare che nulla del genere esiste: una preferenza esiste solo quando viene rivelata dall’azione.
Torniamo a noi: supporre l'indifferenza significa supporre preferenze inespresse. Esempio: tra panna e cioccolato alla fine devo scegliere. Sceglierò la panna (preferenza rivelata dall'azione) mentre la mia reale preferenza (l’indifferenza) resta inespressa.
Per un A la "preferenza rivelata" è tutto: nessuna preferenza esiste che non possa essere rivelata dall'azione. Il libro di Mises “Human Action” è la loro Bibbia. Ebbene, l'indifferenza non è mai una base per l'azione.
Ma questo porta a conseguenze strambe. Per esempio: non posso aver avuto voglia del gelato ieri perché ieri non ho mangiato nessun gelato. Per un A non esiste introspezione, il che mi sembra una grossa lacuna.
Il comportamentismo nega l'esistenza degli stati mentali. L' A simpatizzante per R è un comportamentista duro e puro.
Se non esisto o le preferenze mentali ma solo quelle concreta, non ha nemmeno senso postulare una funzione continua delle preferenze. Le preferenze sono spot, discontinue, non "derivabili".
Problema: niente preferenze continue, niente funzioni continue per domanda e offerta, nessun incontro tra le due...
... One obvious problem arises here. Without continuous preferences, it is also highly unlikely that e.g. supply and demand can ever be equal...
Guai a dire che la continuità della funzione è solo un'utile semplificazione. È proprio con costoro che R se la prende...
... Most writers on economics consider this assumption a harmless, but potentially very useful, fiction, and point to its great success in the field of physics... The crucial difference is that physics deals with inanimate objects that move but do not act...
Salvo poi, lui stesso, a scopi semplificatori, utilizza le funzioni di domanda e offerta.
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Il comportamentismo estremo messo in campo con il recondito proposito di difendere il mercato è in realtà controproducente...
... Rothbard could only claim the welfare effects of government intervention upon "social utility" are indeterminate; i.e., since the victim loses and the intervener gains, it is impossible to say anything about social utility without making a verboten interpersonal welfare comparison...
Se non esistono preferenze introspettive non posso nemmeno dire nulla sulla disutilità che subisce un tartassato. Non posso dire nulla di nulla.
Ergo: il welfare austriaco non difende il mercato, è agnostico.
L'azione dello stato può essere avversato in termini etico-filosofici ma non in termini di efficienza. In termini di efficienza l' A è costretto suo malgrado all'agnosticismo.
Il comportamentismo degli austriaci è talmente estremo che non posso dire nulla delle intenzioni umane (che sono una realtà interiore)...
... When two people sign a contract, do they actually demonstrate their preference for the terms of the contract? Perhaps they merely demonstrate their preference for signing their name...
Chi firma un contratto lo fa perché ne accetta il contenuto o perché gli piace firmare?...
... Rothbard's refusal to acknowledge unobserved preferences would have to impress even B.F. Skinner....
È anche un comportamentismo contro il buon senso: pensare cosa desidera un altro non sarà facile ma non è neanche un esercizio assurdo.
Questa enfasi su una soggettività insondabile fa sì che l' A si ritenga l'unico soggettivista in circolazione. I titoli dei suoi libri contengono sempre quella fatidica parola. Ma anche il N è soggettivista, anche per lui le preferenze non sono cardinali e quindi non confrontabili.
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Mises ha sostenuto che in un regime socialista, in assenza di prezzi, non è possibile il calcolo economico. Vero, sprechi e penurie sono dovute anche a questa grave falla.
Ma ci sono anche altri argomenti contro l'economia socialista. Per esempio: la produttività è bassa poiché gli incentivi non sono corretti.
Eppure, l' A , contro l'evidenza, si impunta solo sull'impossibilità di calcolo. Per lui esiste solo quella lacuna.
La cosa, per altro, è strana poiché Mises raccomanda di limitarsi a giudizi qualitativi e lasciar perdere quelli quantitativi...
... If so, then how could he possibly know by economic theory alone that the negative effect of the lack of economic calculation would be severe enough to make socialism infeasible?...
Il socialismo di Robinson Crusoe sembrerebbe possibile poiché “socialismo di una persona”. Ma quando arriva Venerdì è ancora possibile? E quando arrivano altri 100 indigeni? E 1000?
Evidentemente serve un giudizio quantitativo.
Gli A hanno abusato dell'argomento di Mises, inoltre, fedeli ai loro principi, non hanno fornito prove empiriche della sua tenuta.
Il loro argomento contro il socialismo, in realtà, è solo uno dei molti. Eccone altri...
... problem of work effort, or innovation, or the underground economy,...

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In tema di beni pubblici l'obiezione austriaca discende da quanto già detto: tutti i beni pubblici postulano preferenze inespresse, ovvero inesistenti. Il concetto è quindi insensato.
Ma se qualche N statalista abusa della teoria neoclassica, cio’ non significa che quella teoria sia invalida.
Anche i N, del resto, hanno sviluppato critiche ad un concetto troppo semplificato di bene pubblico.
Ronald Coase (teoria del faro) e James Buchanan (teoria public choice) sono economisti neoclassici che hanno fatto molto contro l'abuso dell'etichetta di "bene pubblico".
Conclusione...
... While Rothbard deserves praise for analyzing the extent to which private property can solve externalities problems, his reformulation of the theory of externalities is decidedly unsuccessful...
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Per i N il monopolio è una fonte di inefficienza, almeno in assenza di capacità di discriminare i prezzi.
Inoltre, in quantità più o meno grande, c'è sempre: la concorrenza perfetta è una chimera.
Qui bisogna rendere omaggio a R e al suo contributo nel sostenere la tesi che senza barriere legali all'entrata i monopoli reali sarebbero molto meno perniciosi. Un monopolio non dura senza protezioni esterne. Nel 1962 era già molto avanti rispetto ai suoi colleghi.
Ma i N hanno recuperato il terreno perduto, spesso collegando monopolio e innovazione secondo l’insegnamento di un austriaco anomalo come Schumpeter.
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In macroeconomia gli A hanno elaborato una loro teoria del ciclo economico. In questa teoria ci sono anche molti argomenti accettabili.
Per esempio: la disoccupazione è causata da salari troppo elevati.
Oppure: usare l'inflazione per ridurre i salari non è una manovra scellerata.
Su quest’ultima verità lavorò in modo geniale anche il neoclassico Robert Lucas meritandosi un Nobel (nonché l’appellativo di papa dell’economia).
Ma perché esiste questa rigidità dei salari?
E qui R entra in fissa e semplifica: tutta colpa di governo e sindacati.
Vero ma c'è senz'altro dell'altro. A volte non si tagliano i salari per non demoralizzare il personale.
Altri motivi per non tagliare gli stipendi...
... actively coerce new hires, threatened "insiders" might informally haze, mistreat, or otherwise fail to cooperate newly-hired "outsiders."...
Provate a mettervi nei panni di un padroncino e capirete le difficoltà, sindacati o non sindacati.
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Ma i guai arrivano dopo, con le affermazioni problematiche.
Innanzitutto questa: tassi bassi distorcono la struttura produttiva (si investe troppo in beni durevoli).
Che l'emissione di moneta abbassi i tassi è pacifico, ma...
... What I deny is that the artificially stimulated investments have any tendency to become mal investments...
La domanda che mette in crisi l' A...
... The objection is simple: Given that interest rates are artificially and unsustainably low, why would any businessman make his profitability calculations based on the assumption that the low interest rates will prevail indefinitely?...
Come mai l'imprenditore  è tratto in errore da una variabile tra le tante? Una variabile, per altro, il cui comportamento è comunque più prevedibile di altre.
L'imprenditore sa che i tassi si alzeranno e dovrebbe tenerne conto. Perchè non lo fa? Perchè l' A lo postula così incompetente?
Garrison ha tentato u a risposta...
... "[M]acroeconomic irrationality does not imply individual irrationality. An individual can rationally choose to initiate or perpetuate a chain letter... Similarly, it is possible for the individual to profit by his participation in a market process that is - and is known by that individual to be - an ill-fated process."...
È uno scenario possibile, ma farne una regola generale è temerario.
Gli A affermano che nelle crisi il settore dei beni durevoli soffre particolarmente.
In parte è vero ma ci sono spiegazioni alternative meno cervellotiche...
... durable good purchase, whether durable capital goods or durable consumer goods, is going to be much more sensitive to changes in income...
L'acquisto di un bene durevole è più sensibile ai redditi attesi.
E la stagflazione? A volte gli A si vantano di essere gli unici a saperla spiegare.
Non è così: la teoria delle aspettative razionale la spiega brillantemente. La contrattazione anticipa perfettamente l'inflazione attesa realkzzandola senza guadagni in termini occupazionali.
Ma ci sono anche altre spiegazioni: 1) shock nelle risorse naturalj (es. prezzo del petrolio) 2) shock tecnologico (teoria del real business), l'innovazio e e la produttività rallenta senza che rallenti la creazione di moneta.
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Mises e Rothbard enfatizzano il primato della teoria sui fatti. Le verità chiave sono apriori, per esempio l'assioma dell'azione e della preferenza rivelata.
Questa assenza di lavori empirici ha segnato il loro isolamento nell'accademia.
Ma la sola teoria è sufficiente?
Gli A probabilmente sbagliano a pensare che la storia si limiti ad illustrare la teoria. Solo l'evidenza empirica ci dice qualcosa su quale tra le forze in campo prevale da un punto di vista quantitativo. Esempio...
... Price theory shows us that a minimum wage in excess of the market-clearing price will increase unemployment. However, as Mises and Rothbard emphasize, economic theory tells us nothing about how big the increase in unemployment will be...
L' A si rifiuta di utilizzare la matematica: per lui la verità economica è tale a priori. Ciò gli impedisce di pubblicare sj riviste scientifiche.
Viene da chiedersi se matematica ed econometria abbiano contribuito al progresso della disciplina. Forse qui lo scetticismo dell' A è in parte giustificato.
Facciamo unesperimento, elenchiamo le principali conquiste degli economisti nell'iltimo mezzo secolo e oltre...
... Here are a few of the best new ideas to come out of academic economics since 1949: 1. Human capital theory 2. Rational expectations macroeconomics 3. The random walk view of financial markets 4. Signaling models 5. Public choice theory 6. Natural rate models of unemployment 7. Time consistency 8. The Prisoners' Dilemma, coordination games, and hawk-dove games 9. The Ricardian equivalence argument for debt-neutrality 10.Contestable markets...
Si tratta di teorie presentate in forma matematica. Ma quanto ha contribuito la matematica ad escogitarle?
Forse ha avuto un ruolo in 2) e 3). Ma forse.
Ad ogni modo, per un approfondimento critico sul ruolo della matematica e della statistica nelle discipline economiche rinvio a questo articolo.
Come procedere allora? Al modo degli austriaci? No: ecco un esempio di  giusto mix...
... My own view is the econometrics is not useless, but must become a subordinate tool of the economic historian rather than vice versa. Friedman and Schwartz's A Monetary History of the United States is close to the optimal mix - careful historical analysis supplemented with econometrics, rather than vice versa...

Confini immaginari: buona educazione e politically correct

C'è chi “minimizza” equiparando il politically correct alla buona educazione.
No, un concetto non è la filiazione dell’altro. Si tratta di cose decisamente differenti.
La buona educazione è una forma di ipocrisia finalizzata ad evitare i conflitti inutili.
Dobbiamo pensare a ciò che gli economisti chiamano "incoerenza temporale".
Aiuta tornare ad Ulisse e al mito delle Sirene: Ulisse desidera ascoltare il canto delle Sirene ma al contempo sa che se si espone a tanta bellezza sarebbe perduto. In certe situazioni sappiamo in anticipo che la tentazione ci farebbe cadere. Io, per esempio, non compro la Nutella per non trovarmela davanti quando apro la credenza. Ulisse si fa legare all’albero maestro, io non compro la Nutella… sono tutte strategie contro l’incoerenza temporale. La buona educazione è un’altra strategia.
In un certo senso tutte le strategie consistono nello scindere la propria personalità: “io sono due”, un tipo forte e un tipo debole. Il tipo forte è chiamato a prendere ora contromisure per tutelare domani il tipo debole.
Se ti odio, evito di dirtelo perché so che non saprei resistere al conflitto indotto dalla tua eventuale reazione provocatoria. Naturalmente, questa è una buona strategia quando penso che la tentazione sia per me irresistibile e reputo l’eventuale conflitto eccessivamente costoso da affrontare.
La buona educazione offre una strategia ottimale, specie se la situazione è simmetrica: simuliamo rispetto e tutti ottengono cio’ che desiderano evitando conflitti inutili. Ma c’è di più: questo resta vero anche quando tutti sanno come stiano realmente le cose. L’importante non è sapere ma non provocare la parte debole che è in noi.
Il pc è qualcosa di diverso: una forma di ipocrisia, non tanto per evitare conflitti, ma per forgiare nuove realtà. C’è qualcosa di creativo nel p.c.
Se chiamo lo spazzino "operatore ecologico" il suo status cresce realmente ai miei occhi, il linguaggio condiziona il mio pensiero.
Nel caso della buona educazione cio’ che si pensa è indifferente, ora è centrale. Il pensiero (immaginario) è l’elemento su cui intende agire chi propugna il politically correct. 
Se chiamo “assessora” l' assessore donna si spezzano gli stereotipi modificando la realtà percepita e poi, di conseguenza, anche la realtà vera.
In conclusione: mentre l'educazione è una strategia per evitare conflitti inutili in situazioni di "incoerenza temporale", il politically correct è una forma di ingegneria sociale, una "profezia che si auto-avvera" spezzando gli stereotipi di cui si nutre l’immaginario.