sabato 11 giugno 2016

PREFAZIONE Manliness by Harvey C. Mansfield

Manliness by Harvey C. Mansfield
You have 207 highlighted passages
You have 175 notes
Last annotated on June 11, 2016
Preface Read more at location 11
Note: PREG@@@@@@@@@@@@@@ Edit
sports heroes, too many to name; Margaret Thatcher,Read more at location 11
Note: ESEMPI DI VIRILITÀ Edit
Harry S. Truman, who said "the buck stops here"; Humphrey Bogart,Read more at location 12
courageous police and firemen in New York City on September 11, 2001.Read more at location 13
Manliness seeks and welcomes drama and prefers times of war, conflict, and risk. Manliness brings change or restores order at moments when routine is not enough, when the plan fails, when the whole idea of rational control by modern science develops leaks. Manliness is the next-to-last resort, before resignation and prayer. Read more at location 14
Note: DEFINIZIONE Edit
We today inhabit a society with a very new justice, long overdue: the gender-neutral society. In this new society your sex does not determine your rights, your duties, or your place.Read more at location 15
Note: GENDER NEUTRAL Edit
By the end I hope to convince skeptical readers - above all, educated women -of the reverse: that irrational manliness deserves to be endorsed by reason. Read more at location 19
Note: TESI DEL LIBRO Edit
The good - the manly rescuers on 9/11 - seems necessary to us, just as the bad - the manly attackers on that day-seems very unnecessary. But can you have the good without the bad?Read more at location 22
Note: BUONI E CATTIVI Edit
If it is good, maybe that's because it's the only remedy for the trouble it causes.Read more at location 24
Note: MODESTA DIFESA Edit
For the most part, I take the side of common sense. I like its forthright defense of stereotypes regarding the sexes.Read more at location 25
Note: STEREOTIPI E BUON SENSO Edit
the two sciences that treat manliness, social psychology and evolutionary biology,Read more at location 26
Note: DUE SCIENZE Edit
On the whole, however, I am quite critical of the scientific understanding of manliness, whether in social psychology or evolutionary biology. These sciences see manliness at its lowest as aggression and altogether fail to consider the phenomenon of manly assertiveness.Read more at location 30
Note: COSA MANCA ALLE SCIENZE Edit
not overlooked.Read more at location 31
And science does not even understand aggression correctly or fully because it is completely ignorant of the phenomenon of thumos,Read more at location 34
Note: THUMOS Edit
Thumos is a quality of spiritedness, shared by humans and animals, that induces humans, and especially manly men, to risk their lives in order to save their lives.Read more at location 35
Note: SENSO CIVICO. SACRIFICIO X L ASTRATTO Edit
As manliness is made out of that paradox, it is, to say the least, more complicated than the simplistic drives of aggression, domination, and self-preservation to which science tries to reduce manliness.Read more at location 37
Note: PIÙ COMPLICATO Edit
assertiveness and thumos as features of manliness,Read more at location 38
Note: ASSERTIVITÀ E SENSO CIVICO Edit
William James and the Stoics;Read more at location 43
Teddy Roosevelt, TarzanRead more at location 43
Hemingway;Read more at location 44
Plato and Aristotle.Read more at location 44
the virtue of courage or perhaps of gentlemanliness;Read more at location 52
Note: CORAGGIO E CAVALLERIA Edit
the courage to challenge conventional beliefs. Read more at location 53
I do not make it my business to lament the decline of the gentleman in our day. I might agree with those who do lament it, but the gentleman presupposes manlinessRead more at location 53
Note: LAMENTO Edit
The difficulty is not to make the man into a gentleman but to know what is a man.Read more at location 55
Note: MANCA LA VIRILITÀ NN LA GALANTERIA Edit
Because most studies do not address the levels of manliness, they do not get beyond a very elementary understanding of nature versus nurture.Read more at location 57
Note: VIRILITÀ ED EREDITARIETÀ Edit
I try to do justice to the scientists dressed in white who say manliness is nature and to the advocates of deconstruction and creativity in their rumpled suits or black jeans who say it is nurture.Read more at location 61
Note: AL DI LÀ DELLA DISTINZIONE Edit
The crucial point missed by both sides in the dispute is that nature and nurture cooperate as well as conflict.Read more at location 62
Note: COOPERAZIONE E CVONFLITTO Edit
You cannot isolate themRead more at location 62
Note: ISOLARE Edit
instead of Freud I give you Nietzsche, a bargain for the reader.Read more at location 65
Note: FREUD E NIETZSCHE Edit

venerdì 10 giugno 2016

Unisex e Zerosex

Viviamo in una società asessuata dove le differenze di genere destano scandalo e, quando emergono, vanno sottaciute girandosi dall'altra parte.
Il linguaggio è sottoposto a censura dagli alacri guardiani della rivoluzione sempre pronti allo strepito, parecchie parole sono da evitare (non si dice "Uomo" ma "Umanità"), altre sono da storpiare trattenendo sorrisini imbecilli (non si dice presidente ma presidenta). Tutto deve essere asettico e conforme al nuovo stile gender-neutral.
Il principio di eguaglianza si è esteso in modi inattesi e Locke, se non si rigira nella tomba, di certo sobbalza.
La società della tolleranza, per poter meglio “tollerare”, di fatto abolisce le diversità proprio mentre le esalta a parole, a cominciare da quella tra i sessi, la più macroscopica.
Tutte le professioni sono aperte a tutti per definizione. Guai porsi delle riserve mentali. Se poi la realtà dice altro basta tacere la cosa e vedrai che tutto finirà bene.
Chi non si uniforma è chiamato ad una “presa di coscienza”. Questa è la tattica scelta.
Il secondo passo è la rieducazione dell'inadeguato. Infine, se il caso fa disperare, si opta per la marginalizzazione e, in casi che si prestano, per il pubblico ludibrio.
Le timide resistenze non fanno che radicalizzare la rivoluzione: non è più sufficiente accantonare le differenze di genere, bisogna abolirle per decreto. La società senza sessi non può permettere alla natura di fare il suo corso, anzi, la stessa natura viene abolita per decreto.
Gli esiti del grandioso progetto sono ambigui. Oggi, se un marziano approdasse sui nostri lidi, scambierebbe la donna per un “grande invalido”. Le sue capacità - che spesso sono autentiche - ricevono elogi sperticati alquanto sospetti vista la somiglianza con quelli elargiti generosamente ai   "soggetti svantaggiati" da consolare causa l’evidente disabilità; dopodichè, la dura legge (quella dei carabinieri) è costellata da "aiutini" affinché si spianino le barriere architettoniche consentendo il passaggio del minorato di turno, affinché le condizioni penose a cui costringe l’handicap siano per lo meno attenuate. Sa di cosa parlo chi recentemente si è recato al seggio per votare e ha dovuto lì per lì inventarsi un nome di donna.
Oggi, colei che si dedica alla famiglia lo fa perchè preda di un incanto malefico (Betty Friedan parlerebbe di misticismo perverso), in questo senso si ritiene che la modernità abbia dato ragione all'uomo: è sul lavoro che ci si realizza, è lì che ci si guadagna l'autonomia e la libertà di scelta. L'indipendenza è tutto e per farlo bisogna imitare l'uomo, questo il messaggio femminista.
Però, bisogna pur dire che la cosa nel suo complesso ha funzionato e il progetto - nonostante un fastidioso basso continuo a suon di lagne  - è andato in porto alla grande: una societá pacifica e ben ordinata può sacrificare senza costi la virilità: le virtù che si esprimono quando saltano le regole non servono a granché in una società razionale e ben programmata come quella in cui viviamo.  Il simbolo del nostro tempo è il borghese, un tale che si contrappone frontalmente all'uomo virile, un tale che si avvale di calcolo&astuzia lasciando da parte forza&coraggio. Difficile sostituire un guerriero con una guerriera, molto più facile sostituire il borghese con la "borghesa". Il mondo del lavoro è oggi particolarmente accogliente per le donne, l'educata brain-society riserva loro posti di vertice, l'ovattato e giocoso mondo della scuola, poi, le vede primeggiare da tempo.
Ma la virilità, che è il granello nell’ingranaggio, rispunta minacciosa altrove: l'uomo - che cafone! - sembra poco interessato alla cura domestica, in casa non collabora (anche quando non ha mai collaborato tanto dai tempi di Adamo). Lui non lo dice ma molti indizi lasciano trapelare questa sua sediziosa preferenza. Va ritoccato al più presto, bisogna fargli il tagliando e varare l’ennesimo “uomo nuovo”.
In effetti, la cosa è piuttosto imbarazzante: la donna lavora quanto un uomo ma l'uomo non spolvera quanto una donna. Che si fa? Alla lunga tutto cio’ diventa un problema. Il mondo dei mestieri si è femminilizzato ma il focolare non si è mascolinizzato. E come avrebbe mai potuto?
Certo, quando i terroristi abbattono le Torri chiamiamo in soccorso i virili pompieri che si sacrificano carbonizzandosi, ma parliamo di eccezioni, la virilità di solito non ci serve più una volta usciti dai cinema dove John Wayne fa ancora la sua porca figura. Eppure, poiché non si puo' farla sparire con la bacchetta magica, la virilità rispunta perturbando il grande progetto della neutralità di genere.
Rispunta non invitata presso il focolare domestico, traspare nella noia con cui il papà cambia l'ennesimo pannolino o cucina la minestrina d'ordinanza. La stessa donna non riesce ad apprezzare fino in fondo il compagno effeminato intento tutti i giorni a nettare puntiglioso gli interstizi delle mensole (che poi rimira con gli occhi lucidi) o a decorare il soggiorno con tendine fucsia da lui ricamate (con amore).
L'uomo virile, dopo aver visto una partita con gli amici virili, non sembra particolarmente perturbato dalle condizioni del salotto, mentre a lei che rientra trafelata dall’ennesimo straordinario sul lavoro basta gettare un'occhiata a quello "spettacolo" per farle spuntare un capello bianco. Sì, se ne rende conto, bisognerebbe rassettare, o almeno spingere i mozziconi sotto il tappeto, bisognerebbe raccattare i bicchieri luridi delle coche e metterli nel lavello (lavarli sarebbe troppo!), ma perché farlo adesso quando si puo' farlo domani o dopodomani? In fondo che fastidio danno? Lei invece no, deve farlo ora e, colmo dei colmi (per lui), deve farlo anche e soprattutto perché "domani viene la donna delle pulizie" che potrebbe pensar male. E si badi bene, non si tratta, da parte di lui, di pensieri opportunisti fatti nella speranza di scaricare il barile, si tratta di progetti concreti che nell'appartamento di uno scapolone trovano regolare e "concreta" attuazione (chiedere alla suddetta donna delle pulizie).
Insomma, la donna è entrata trionfalmente nel mondo del lavoro ma l'uomo è riluttante ad entrare in casa e a starci per ore ed ore. Il focolare è una gran cosa... ma alla fine ci si rompe maledettamente i coglioni! Se proprio non c’è niente da fare, se proprio i terroristi non si fanno più vivi, allora meglio il bar, o qualche succedaneo. Questo crea un sacco di problemi alla donna: problemi sul lavoro e a casa.
Il femminismo ha trasformato quelle che dovevano essere "opportunità ulteriori" in doveri da adempiere se non si vuole tradire la causa, cosicché le donne si sono caricate d’incombenze nuove senza poter adeguatamente trasferire le vecchie, tutto cio' le rende un po’ più infelici delle loro mamme e molto più infelici delle loro nonne, e forse anche meno libere. All'incasso passano invece taluni maschi che sorseggiano le loro birre stravaccati sul divano dalle cinque del pomeriggio (il progresso garantisce loro le 6/8 ore con sabato libero) a sera inoltrata: si godono  "il riposo del guerriero" senza aver mai combattuto nessuna guerra.
Possiamo allora comprendere il nostro mondo come sottoposto ad una doppia “vendetta della virilità”. C' è una prima vendetta obliqua: la virilità addomesticata si mostra poi riluttante a sopportare la vita domestica (portata al pozzo con la forza, si rifiuta poi di bere). Ma si vendica anche in modo diretto: l'avvento sulla scena politica di certi personaggi come Trump, Salvini, Putin, Grillo o Jack Ventura... potrebbe essere spiegato anche così, come desiderio recondito del maschio frustrato e in cerca di un "atto di forza". 
CHIR
Fin qui i problemi. Ora le soluzioni.
Che fare?
C'è chi punta tutto sul "congedo di paternità obbligatorio"!: oltre a portarti al pozzo ti faccio bere ficcandoti in bocca un bell’ imbuto. Così impari.
Posso dirlo? Sono scettico, molto scettico. Oltre ad essere allergico ai campi di rieducazione (anche se quest’ultimo non sembra più essere un argomento dotato del mordente che aveva quando tutti insieme combattevamo il comunismo maoista).
C'è chi vorrebbe tornare indietro ai bei tempi andati del patriarcato.
La vedo dura, molto dura.
C'è chi punta sul formalismo tipico delle società libere: viviamo pure da asessuati in pubblico ma recuperiamo poi senza vergogna la nostra identità sessuale in privato, con tutti i distinguo del caso. Separiamo immagine e sostanza.
Un po' è già quello che già succede, ma resta un progetto schizofrenico.
C'è chi auspica la guerra (quella vera intendo, naturalmente “giusta”, magari contro i terroristi barbuti) come igiene del mondo.
L'ho già sentita!
C'è chi dice: "il rischio ci salverà". In fondo, la società commerciale non è necessariamente asessuata, la virilità puo' trovare un suo posto, l'esposizione al rischio richiede o no testosterone a secchiate? Si torni allora alla figura dell'imprenditore eroico. Basta con reti, materassi, bail out, spintarelle, salvataggi, salvagenti, salvavita, sussidi, soccorsi, aiutini, aiutoni, garanzie, tutele, redditi minimi, redditi massimi: uno su mille ce la fa e chi cade che si schianti pure e cerchi il suo buon samaritano.
Mi sto. Voto l’ultimo.
CHIRIC
 Il libro su cui ho maturato questa riflessione è Manliness di Harvey C. Mansfield (che propone la soluzione formalista)

giovedì 9 giugno 2016

Femminicidio. Il record dei paesi scandinavi.

Intimate partner violence against women and the Nordic paradox http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2016/06/intimate-partner-violence-against-women-and-the-nordic-paradox.html

La moda come bellezza pura SAGGIO

Per molti il bello nemmeno esiste, è solo un mezzo con cui i vanitosi si “fanno belli” perseguendo così il loro reale fine. Il piacere estetico nella sua forma più innocente non esiste se non come superficialità, la sostanza va rintracciata altrove. Se mi faccio un tatuaggio è solo per “cuccare”, se parlo di quanto ho goduto nel leggere Guerra e Pace è solo per impressionare.
Chi condanna la superficie, condanna due volte la “superficie” mutevole ed effimera, ovvero “il bello” veicolato dalla moda. Anche per questo alla moda sono di solito riservate parole al vetriolo.
La moda è vista come un mezzo triviale per far cassa: cambia la moda e cambiano i guardaroba. L’obsolescenza artificiale è uno dei mille trucchetti che ci viene propinato dalla modernità. Se c’è chi preferisce l’ iPhone ad un buon Samsung è perché siamo infatuati e catturarti dall’estetismo più superficiale.
La moda fa appello ai nostri istinti più bassi più che al nostro istinto estetico. Quand’anche il bello esistesse di certo non ha a che fare con la moda.
Ma la tesi non regge perché la moda (dei vestiti, per esempio) esiste da almeno mille anni, ovvero da ben prima che “i venditori capitalisti” manipolassero le nostre menti. Inoltre, esiste da sempre anche su beni che non hanno mercato, come per esempio i nomi delle persone. Evidentemente, le sue ragioni sono più profonde.
Del resto, la moda segue leggi misteriose. Non è affatto vero che chi sta sopra “detta” a chi sta sotto. Il mondo è pieno di gente che sta “molto sopra” i cui “dettati” non vengono affatto seguiti. Così come è pieno di “nomi” illustri e rispettati che i poveracci della periferia non si sognerebbero mai di affibbiare al loro pargoletto.
style
Ecco allora una teoria alternativa: la presenza della moda indica voglia e ricerca di bellezza pura.
La dimostrazione di questa tesi è abbastanza semplice: attraverso il contatto con il bello ciascuno di noi costruisce la sua identità. Ma chi vogliamo essere? Di solito vogliamo “distinguerci dagli altri ma non troppo”.
Adesso pensate alla produzione di bellezza in una comunità in cui l’individuo medio si comporta in questo modo: la conseguenza necessaria è la moda.
La moda emerge quando c’è un interesse reale e diffuso per il bello. Cio’ è coerente col fatto che la moda – per quanto sia sempre esistita – è molto sviluppata nel mondo moderno: con la ricchezza diffusa la gente puo’ finalmente dedicarsi al bello.
L’ moda incarna un “bello mobile” che a molti da fastidio. Tuttavia, sono proprio queste oscillazioni del bello a garantirne l’autenticità rispetto al “bello perpetuo”, cosi tipico del mondo passato.
Quest’ultimo si presta ad essere “inquinato” e svilito da secondi fini.
Il “bello perpetuo” si presenta in forma simbolica, è dotato di una sua aurea ed è il prodotto di una società statica. I beni che incorporano il “bello perpetuo” ostentano la posizione sociale di chi li possiede: solo una famiglia ricca e di rango elevato potrebbe possedere certe case, certi quadri, certi mobili, certo vasellame in cui la patina del tempo si è resa consustanziale.
Esibire tanto ben di dio equivale ad esibire il proprio sangue blu.
Altre volte il “bello perpetuo”, proprio per la sua carica simbolica, è utilizzato dalla comunità intera come contrassegno della sua coesione: ci sentiamo veramente italiani quando pensiamo alle nostre bellezze, ai monumenti, alle chiese, o quando ci viene detto che da noi è stipato il 50% del patrimonio artistico internazionale. Ci sentiamo orgogliosi, anche quando questo patrimonio ci è sconosciuto al 90% lo sentiamo ugualmente nostro.
Conclusione: tra il “bello mobile” della moda e il “bello perpetuo” dei simboli è il secondo che rischia di essere solo un mezzo; nel primo, invece, è più facile ritrovare le esperienze estetiche più autentiche e realmente sentite.
Un buon libro da leggere è quello della storica Anne Hollander: Sex and Suits: The Evolution of Modern Dress

mercoledì 8 giugno 2016

Il garantismo come padre della tortura

The Origin of the Law of Torture: A Cautionary Tale http://daviddfriedman.blogspot.com/2016/06/the-origin-of-law-of-torture-cautionary.html

The use of ordeals was eventually abandoned on theological grounds. A more careful examination of the biblical passages found little support for it, and it could be viewed as an attempt by humans to compel God to serve them, religiously dubious. In 1215, the fourth Lateran council rejected the religious legitimacy of judicial ordeals and banned priests from participating in them. Over the next few decades most European countries abandoned their use.[1]

That left medieval judicial systems with the problem of finding another way of being certain a defendant was guilty. The solution was to impose a very high standard of proof, evidence “clear as the noonday sun.” Conviction required either two unimpeachable eyewitnesses to the crime or a voluntary confession. Circumstantial evidence, however strong, was insufficient.

In the history of Western culture no legal system has ever made a more valiant effort to perfect its safeguards and thereby to exclude completely the possibility of mistaken conviction. But the Europeans learned in due course the inevitable lesson. They had set the level of safeguard too high. They had constructed a system of proof that could as a practical matter be effective only in cases involving overt crime or repentant criminals. Because society cannot long tolerate a legal system that lacks the capacity to convict unrepentant persons who commit clandestine crimes, something had to be done … .(Langbein 1978)

The solution was the law of torture. Once the court had half-proof, one eyewitness or the equivalent in circumstantial evidence, the defendant could be tortured into confessing. A confession under torture was not voluntary, but that problem could be dealt with. Stop the torture and the next day ask the defendant if he is still willing to confess. Since he is now not being tortured, the confession is voluntary. If he doesn’t confess, torture him again

Rischio barbari o rischio muffa

Tre ragioni per revocare le leggi a tutela del patrimonio artistico e culturale.
  1. Spesso, troppo spesso, sono usate per proteggere interessi particolari.
  2. Una nazione in declino guarda al passato, una nazione in salute guarda al futuro: il prezzo per preservare il passato grava sul nostro futuro. Cio’ che oggi vogliamo preservare – penso a molti edifici - non esisterebbe se chi lo ha prodotto avesse adottato il nostro atteggiamento. I popoli più ammirati domani non saranno quelli che si crogiolano sul passato.
  3. Revocare le leggi non significa dismettere ogni protezione del patrimonio: un bene puo’ essere comprato da chiunque e “protetto” come meglio si crede.
Christo and Jeanne-Claude: Wrapped Reichstag, Berlin 1971-95 Photo: Wolfgang Volz. ©1995 Christo + Wolfgang Volz