martedì 4 luglio 2017

I cattolici “sbagliati”

I cattolici “sbagliati”

L’economia sociale di mercato di Flavio Felice
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Anche il cattolicesimo è stato attraversato nel XX secolo da un vento liberale che spirando dalla Germania ha fatto sentire il suo alito fino a noi.
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intendiamo rappresentare in modo sintetico e necessariamente schematico le ragioni storiche e teoriche che condussero alcuni scienziati sociali tedeschi a contrapporsi all’abominio nazista e comunista, proponendo un sistema economico e sociale basato sull’economia di mercato, sulla libera iniziativa, sulla lotta ai monopoli (tanto pubblici quanto privati) e sulla stabilità monetaria.
Note:CSM CONTRO IL NAZISMO
Accanto alla ricostruzione storica e teorica di questo filone del liberalismo europeo che va sotto il nome di “ordoliberalismo”, e che ha sviluppata una coerente teoria economica nota con il nome di “economia sociale di mercato”, abbiamo ritenuto interessante (sebbene parziale) rendere conto di come una distinta corrente del pensiero sociale cattolico, il cattolicesimo liberale di Luigi Sturzo, abbia recepito, sviluppato e partecipato a divulgare i principi, i valori – in breve, la filosofia politica – che sottendono la suddetta teoria economica.
Note:CAPITALISMO SOCIALE DI MERCATO, ORDOLIBERALISMO E CATTOLICESIMO LIBERALE
Nel sistema teorizzato da Röpke, da Eucken, da Erhard e dagli altri esponenti dell’economia sociale di mercato, il principio di sussidiarietà è valido a tutti i livelli della sfera pubblica, quindi, interessa anche le relazioni sindacali; ne consegue che la contrattazione viene interpretata in forma decentrata e non si concepisce la concertazione; ossia, il sindacato è visto come autonomo, in un contesto sociale pluralista. Al contrario, nel modello neocorporativo, il sindacato partecipa alle decisioni dell’impresa e a quelle del governo; tale modello, dunque, è caratterizzato da “centralismo”, da “unità sindacale” e da “concertazione”10. Si tratta di una importante distinzione che ci aiuta a non cadere in facili equivoci.
Note:SINDACATO E CSM

6. La ricezione italiana
IL CONTRIBUTO DELLA SCUOLA DI FRIBURGO ha conosciuto una discreta diffusione in Italia grazie all’apprezzamento di Einaudi, di Croce e di Ferrero nell’immediato dopoguerra, per poi essere tristemente accantonato dalla seconda metà degli anni Sessanta; ancor meno fortunata fu la ricezione del pensiero ordoliberale in sede di Assemblea costituente1.
Note:CROCE EINAUDI… E POI IL VUOTO
«Le norme sui rapporti economici contenute nella Parte i della Costituzione del 1948 appaiono largamente ispirate all’idea che le pubbliche istituzioni debbano avere un ruolo attivo nell’economia. È un’idea che accomunava le due forze politiche allora dominanti, la marxista e la cattolica, in una visione fortemente critica del “capitalismo”. Intervento pubblico nel mercato, limitazione della proprietà, orientamento dell’attività economica a fini sociali vengono così innestati con forza nel tessuto di matrice liberale»2.
Note:PADOA SCHIOPPA: COSTITUZIONE ANTICAPITALISTA
Una posizione simile è stata esposta da Alberto Quadrio Curzio, per il quale «sarebbe invece meglio dire che, tra l’impostazione liberale favorevole al mercato regolato delle democrazie occidentali e quella comunista-socialista, favorevole alla pianificazione orientale, è prevalsa una linea intermedia (per altri di compromesso) propugnata principalmente dai cattolici, che nelle intenzioni di altri poteva essere piegata, se gli eventi politici lo avessero permesso, verso la soluzione pianificatoria
Note:QUADRO CURZIO
«Già nell’articolo 1 della Costituzione, affermando che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”, si lasciavano aperte possibili estensioni forse anche verso concezioni di supremazia della “classe operaia”. Risulta infatti difficile capire perché il “lavoro” debba venire prima della “persona umana”
Note:OPERAISMO
Del mercato essa diffida nel momento stesso in cui lo difende; e lo difende […] essendo in buona parte insensibile a buona parte delle ragioni per cui è giusto e merita farlo»
Note:AMATO SULL’ASSEMBLEA COSTITUENTE
L’esito sarà una Costituzione economica che oscilla tra una sorta di neocorporativismo e un larvato dirigismo, ove domina il ruolo del piccolo produttore autonomo, il quale piuttosto che ricercare e pretendere il rispetto delle regole del mercato si autoregola all’interno della propria comunità… efficienza e giustizia sociale sono considerate antinomie
Note:ESITO
anni in cui nessuno avrebbe mai messo in discussione il modello delle Partecipazioni Statali, e in tempi di smisurato ottimismo, dovuto alle speranze di crescita del secondo dopoguerra, le cautele e i timori “ordoliberali” di burocratizzazione, di monopolizzazione dei servizi sociali e le ricette liberali antistataliste, a favore del principio di libera concorrenza, apparivano come un’inutile zavorra che avrebbe inevitabilmente rallentato il ciclo economico positivo innestato dalla ricostruzione… entra nella fase esaltante e mitizzata della ricostruzione, mediante la politica degli ausili e dei sussidi diretti alle imprese. Il tessuto industriale italiano che rinasce dopo la seconda guerra mondiale è figlio di una politica industriale al centro della quale non abbiamo il mercato con le sue regole, bensì l’aiuto di stato,
Note:ANNI SESSANTA
come testimonia un altro democristiano, il costituente Pasquale Saraceno nella sua Intervista sulla Costituzione, isolando la corrente liberale, «il pensiero marxista e il pensiero sociale cattolico si congiungevano allora sul tema del controllo della anarchia capitalista»; non si dimentichi che era trascorso appena un decennio dalla grande crisi degli anni Trenta.
Note:RUOLO DI DOSSETTI
All’interno della Democrazia Cristiana si confrontarono due anime, quella dossettiana, sostenuta anche da Giorgio La Pira, che si era formata nel clima illiberale prefascista e fascista… e quella di Alcide De Gasperi e di Luigi Sturzo, per la quale nessun principio guida per la politica è migliore di quello liberale… 
Note:DUE ANIME DC
In tema di Costituzione economica prevarrà la linea dossettiana; una profonda sfiducia nei confronti del mercato traspare dagli articoli 41, 42 e 438 della Costituzione italiana e sebbene l’articolo 41, al primo comma, reciti testualmente che «L’iniziativa economica privata è libera», non sarà per ragioni economiche, ma per ragioni politiche, in chiave evidentemente anticomunista….
Note:CHI VINCE
Tale cultura, diffidente nei confronti del mercato, statalista, inconsapevole dell’opportunità che avrebbe potuto offrire il meccanismo della libera concorrenza, venne scossa dal processo di unificazione europea. Il trattato di Roma del 1957 è portatore di una serie di indirizzi, di divieti e di vincoli che vanno in tutt’altra direzione rispetto a quella presa dai costituenti italiani…. Scrive Amato: «Era la Comunità Europea a richiamarci a questo ordine nuovo e i richiami vennero, sempre più fitti e ineludibili,
Note:LA SCOSSA DELL ‘EUROPA
È opinione diffusa presso i giuristi dell’economia che la concezione “ordoliberale” influenzerà significativamente le filosofie di fondo dei Trattati istitutivi della Comunità economica europea; Maria De Benedetto scrive che «per tale dottrina [l’“ordoliberalismo”] lo Stato, “forte ma neutrale”,
Note:UE E ORDOLIBERALISMO
In modo particolare, possiamo far riferimento agli articoli 85, 86, 90 del Trattato di Roma del 1957, oggi articoli 81, 82 e 86 del Trattato che istituisce la Comunità europea del 1992 (Trattato di Maastricht), nella parte relativa alle “Norme comuni sulla concorrenza, sulla fiscalità e sul ravvicinamento delle legislazioni”13. In questi articoli si afferma il principio di concorrenza
Note:CONCORRENZA
L’interpretazione sturziana
il pensiero di autori come Erhard, Eucken e Röpke influenzò profondamente ampi settori della cultura economica e politica italiana, basti leggere il seguente brano di Einaudi: «Se i monopoli si sono moltiplicati ciò accade massimamente perché lo stato ciò ha voluto espressamente, perché ha favorito ed incrementato e rafforzato le tendenze monopolistiche. È chiara qui la via d’uscita. Aboliamo le leggi che hanno condotto al risultato di costituire delle sacche di profitto
Note:EINAUDI SUI MONOPOLI
sul versante del pensiero cattolico liberale, riteniamo che don Luigi Sturzo, sacerdote, scienziato politico, statista, seppe esprimere chiaramente la filosofia sociale dei nostri autori.
Note:STURZO
«Io ho stimato Don Sturzo come uno dei grandi politici che per un senso profondamente sentito di responsabilità cristiana, dopo il caos dell’ultima guerra, hanno operato in tutti i sensi per costruire un’Europa nuova, io spero tanto che le preghiere di Don Sturzo mi siano d’aiuto per cooperare a mia volta nello spirito che animava il suo intento,
Note:ADENAUER SU STURZO
In un articolo del 29 dicembre del 1957 intitolato Paura della libertà, il nostro scriveva: «Purtroppo da noi esiste, volere o no, un’impresa industriale ibrida, la statizzata e la privata, la prima con privilegi monopolistici, con larghe garanzie statali, con facilità di mezzi, e senza il senso del rischio; la seconda con un’antica tradizione di favori statali,
Note:STURZO E LA PAURA DELLA LIBERTA’
È interessante notare come Sturzo affermi che nessuna forma di “solidarismo” appaia praticabile lì dove emerge la coesistenza di “statalismo” ed “economia di mercato”, mentre una politica orientata alla solidarietà sarebbe possibile solo lì dove il “mercato libero” convive con una politica statale di “cooperazione” e di “occasionale” e “più o meno concordato intervento”.
Note:SOLIDARIETÀ IMPOSSIBILE
Non è un caso che Sturzo prenda come esempio la realtà economico-imprenditoriale tedesca e statunitense e che Röpke ebbe ad indicare proprio nell’opera di Sturzo una sua inesauribile fonte di ispirazione.
Note:ROPKE E STURZO
la libertà è unica e individuale: «Si perde la libertà politica e culturale se si perde la libertà economica e viceversa», in disaccordo con la distinzione crociana tra liberismo e liberalismo e in sintonia con la prospettiva unitaria di Röpke, Einaudi e Hayek.
Note:LA LIBERTÀ È UNICA
la libertà è espressione dell’autodisciplina oltre che della regolamentazione legislativa «per la coesistenza e il rispetto dei diritti e dei doveri reciproci».
Note:AUTODISCIPLINA
«Quando si manda via un dittatore (è il nostro caso), si crea una oligarchia; i comitati di liberazione furono una oligarchia; gli esclusi furono in quel momento i paria, salvo a passare sotto la bandiera dei nuovi partiti»
Note:STURZO CONTRO L’ANTIFASCISMO
è sempre Sturzo a ribadire che la sua idea di libertà non avrebbe nulla a che fare con «quella della Costituzione», anche in questo caso, una libertà «limitata dalla collaborazione con i social comunisti».
Note:STURZO CONTRO LA COSTITUZIONE
egli si dedica a confutare le posizioni di quanti, travisando le teorizzazioni del Toniolo, vagheggiavano una sorta di ritorno dell’ordine medievale, considerato la golden age della Cristianità6. Essi sembrano dimenticare, osserva Sturzo, che la rottura intervenuta con la creazione dello «Stato moderno» rende improponibile una strutturazione degli interessi sociali e particolari che veda relegato l’apparato centrale nel ruolo “organico” di supporto alle realtà non-statuali.
Note:CONTRO IL CORPORATIVISMO
L’esperienza del blocco sovietico e dei suoi Paesi satelliti, così come le «contraffazioni di Belgrado e Pechino» sarebbero lì a dimostrare che, in assenza di libertà economica, al “capitalismo libero” presto o tardi si sostituisce un «capitalismo di Stato, mille volte peggiore
Note:CAPITALISMO DI STATO
«i Paesi occidentali, più o meno individualisti e dinamici, con tante differenze di clima, di produttività, di sviluppo economico, di costumi, di esigenze, di storia, di cultura, le cui condizioni politiche sono piene di contrasti, non subiranno mai tranne che con la forza, la sopraffazione delle libertà fondamentali, delle quali l’economia ne è il condizionamento necessario». In questo quadro, sebbene l’intervento statale allora fosse generalmente più esteso rispetto al passato, il suo impatto sarebbe stato inferiore e le energie produttive provenienti dal settore privato avrebbero rappresentato un antidoto contro l’ingerenza statale proprio in quei Paesi in cui la struttura politica era più solida e l’industria più sana. Tra questi Paesi Sturzo non vede l’Italia, inconsistente ed evidentemente immatura
Note:LE GARANZIE DELLA LIBERTÀ ECONOMICA
Il personalismo metodologico sotteso a queste considerazioni è tanto più rilevante quanto più svela l’infondatezza epistemologica di altre proposte politiche (si pensi a quelle di un Murri o di un Dossetti) le quali, pur autoattribuendosi una specificità cristiana, sono viceversa tributarie di altre filosofie della storia e attraggono nella loro retorica linguaggi afferenti a ben diversi campi semantici (i concetti di classe, rivoluzione, struttura, …).
Note:FILOSOFIA DEL PERSONALISMO ECONOMICO
Andate a Berlino per vedere fra le due economie: Berlino Ovest: mercato e prosperità; Berlino Est: socialismo, comunismo e miseria; si potrebbe dire “comunità e socialità della miseria”»12.
Note:STURZO MANDA TUTTI… A BERLINO
lo “Stato etico”, dal punto di vista cristiano, sarebbe basato anche su un’antropologia erronea e lesiva della dignità umana, nelle sue dimensioni costitutive di libertà e responsabilità. A questo proposito il sacerdote calatino ribadisce una dottrina tanto chiara quanto disattesa per i tempi: «Non è lo stato che crea ex nihilo un ordine poiché la politica non può creare un’etica; ma è lo stato che riconosce un ordine etico-sociale che gli uomini elaborano ed esprimono perché soggetti razionali»
Note:STATO ETICO
lo statalismo scardina l’articolazione intermedia della società; in definitiva, accentrando a favore degli enti statali e burocratizzando la società civile, contravviene ad uno dei cardini della moderna dottrina sociale della Chiesa, il principio di sussidiarietà, tanto nella sua dimensione orizzontale quanto in quella verticale.
Note:SUSSIDIARIETÁ CORPI INTERMEDI
La lezione di Sturzo in economia può essere ricondotta alla massima, tipicamente “ordoliberale”, dello “stato, arbitro e non parte del libero giuoco economico”.
Note:STATO ARBITRO
In tal modo l’egoismo individuale si è spesso trasformato in egoismo di gruppo (monopolio, trust, cartello), in egoismo di classe (monopolio sindacale) e in egoismo nazionale (nazionalismo economico, imperialismo e isolazionismo)
PERICOLI DELL’ EGOISMO NON MODERATO

Il bamboccione americano SAGGIO



Il bamboccione americano


Industriousness – Coming Apart: The State of White America, 1960-2010 by Charles Murray
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Premessa: studiamo i bamboccioni d’America immaginando il paese come una città divisa in due quartieri: Belmont – dove abitano i ricchi – e Fishtown – dove abitano i poveri.
Tesi: il bamboccione esiste, vive a Fishtown ed è tale perché non si sposa.
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In which evidence is presented that industriousness has declined among all white males, but mostly among Fishtown males.
Note:EVIDENZA
EUROPEANS HAVE BEEN disdainful of Americans’ enthusiasm for work. “Americans live to work,” they say, “while Europeans work to live.” Many Americans have agreed, me among them, and felt sorry for Europeans. Yes, you can overdo it. There is more to life than work, and a life without ample space for family and friends is incomplete. But this much should not be controversial: Vocation—one’s calling in life—plays a large role in defining the meaning of that life.
Note:UE-USA
Vocation—one’s calling in life—plays a large role in defining the meaning of that life. For some, the nurturing of children is the vocation.
Note:VOCAZIONE
Industriousness is a resource for living a fulfilling human life instead of a life that is merely entertaining.
Note:IL TUNNEL DEL DIVERTIMENTO
What Whites Said About Work
Among prime-age whites, the most popular first choice was always work that “gives a feeling of accomplishment,” getting an average of 58 percent of the votes in each decade. The two least-chosen first choices were always short work hours (averaging 4 percent) and no danger of being fired (6 percent).
Note:PREFERENZE 70-90
In 2006, the GSS resurrected the question, and the results were startling. The 58 percent that had always voted first place to work that “gives a feeling of accomplishment” was down to 43 percent. First-place votes for short working hours more than doubled to 9 percent. “No danger of being fired” doubled to 12 percent, with another 13 percent ranking it in second place.
Note:PREFERENZE 06
This is not the way Tocqueville or Grund described the American attitude toward work. In fact, the responses in 2006 looked downright European.
Note:TOCQUEVILLE SMENTITO
What Whites Did About Work: Men
Until recently, healthy men in the prime of life who did not work were scorned as bums. Even when the man was jobless through no fault of his own, America’s deeply rooted stigma against idleness
Note:LO STIGMA DELLA PIGRIZIA
The Unbelievable Rise in Physical Disability
The percentage of workers who actually are physically or emotionally unable to work for reasons beyond their control has necessarily gone down since 1960. Medical care now cures or alleviates many ailments that would have prevented a person from working in 1960. Technology has produced compensations for physical handicaps
Note:DISABILITÀ ATTESA
Yet the percentage of people qualifying for federal disability benefits because they are unable to work rose from 0.7 percent of the size of the labor force in 1960 to 5.3 percent in 2010.
Note:DISABILITÁ EFFETTIVA
This rising trendline is not produced by changes in the legal definition of physical disability or the pool of people who qualify for benefits. Both have been tweaked but not substantially changed since 1960.
Note:DEFINIZIONE DI DISABILITÁ
Labor Force Participation More evidence for the weakening of the work ethic among males comes from the data on labor force participation—the
Labor Force Participation
When the average labor force participation rate in 1960–64 is compared with the rate from 2004 through 2008 (before the recession began), as shown in Figure 9.2, white male labor-force participation fell across the entire age range.1
Note:CALO PARTECIPAZIONE MASCHILE
Whatever that reason may have been, it affected men with low education much more than men with high education.
Note:COLPA DEI MENO ISTRUITI
Unemployment
Through the 1960s and into the 1970s, Fishtown men did a little better than the average person who was looking for work. That changed in the 1980s. For the most recent two decades, Fishtown men have done worse than the average person looking for work, and the overall trend has been up.
Note:LA DISOCCUPAZIONE COLPISCE FISHTOWN OGGI PIÙ DI IERI
Hours of Work
As a group, prime-age white males continued to work long hours throughout the half century, averaging around forty-five hours per week throughout.7 But a growing minority of them weren’t working a forty-hour week, as shown in Figure 9.5. The increase in less-than-full-time work in Fishtown is notable, doubling from 10 percent in 1960 to 20 percent in 2008. Since the rise continued throughout the hottest boom years of the 1990s, it is difficult to attribute the rise to an ailing economy in which men couldn’t find as many hours of work as they wanted.
Note:UNA CRESCENTE MINORANZA CHE LAVORA SEMPRE MENO
Despite the other indications of decay, the proportion of Fishtown men who worked long hours was still 23 percent in 2008, exactly what it had been in 1960, and 5 percentage points higher than the proportion of men in the bottom quartile who had worked more than forty-eight hours in 1960.
Note:QUI FISHTOWN LIMITA I DANNI
Meanwhile, Belmont left Fishtown in the dust.8 By the end of the 1980s, almost half of Belmont men reported that they worked more than forty-eight hours in the preceding week. The percentage of hardworking Belmont men began to slack off in the 2000s, drifting down to 40 percent by 2008.
Note:È BELMNT CHE DECOLLA: RICCHI E LAVORATORI
“It’s the Labor Market’s Fault”
In one respect, the labor market did indeed get worse for Fishtown men: pay. Recall Figure 2.1 at the beginning of the book, showing stagnant incomes for people below the 50th income percentile. High-paying unionized jobs have become scarce and real wages for all kinds of blue-collar jobs have been stagnant or falling since the 1970s.
Note:PAGA STAGNANTE A FISHTOWN
Insofar as men need to work to survive—an important proviso—falling hourly income does not discourage work.
Note:MA LA PAGA NON SPIEGA LE MENO ORE
So far, I have put the scenario in terms of 2009 wages. What about all the previous years when dropout from the labor force was rising in Fishtown but jobs were plentiful? The last twenty-six years we are examining coincided with one of the longest employment booms in American history,
Note:TREND CONFERMATI ANCHE NEL BOOM 80-00
Economists Mark Aguiar and Erik Hurst gave us another kind of look inside that black box with their analysis of American time-use surveys from 1965 through 2005. “Time-use surveys” ask respondents what they did on the previous day, separated into fifteen-minute increments… Aguiar and Hurst document what they call an increase in “leisure” that primarily affected men with low education…Aguiar and Hurst write, “men who had not completed high school increased their leisure time by eight hours per week, while men who had completed college decreased their leisure time by six hours per week.”
Note:BLACK BOX: CHE FA CHI NON LAVORA E NON STUDIA?
To sum up: There is no evidence that men without jobs in the 2000s before the 2008 recession hit were trying hard to find work but failing. It was undoubtedly true of some, but not true of the average jobless man. The simpler explanation is that white males of the 2000s were less industrious than they had been twenty, thirty, or fifty years ago, and that the decay in industriousness occurred overwhelmingly in Fishtown.
Note:RIASSUNTO: SIAMO PIÙ PIGRI. SPECIE A FISHTOWON
“It’s Because They Didn’t Marry”
Men with high earnings are more likely to get married and less likely to get divorced.15 But there’s another possibility: Married men become more productive after they are married because they are married. Economist Gary Becker predicted this outcome in A Treatise on the Family because of the advantages of role specialization in marriage.16 George Gilder predicted it even earlier, in Sexual Suicide, through a more inflammatory argument: Unmarried males arriving at adulthood are barbarians who are then civilized by women through marriage. The inflammatory part was that Gilder saw disaster looming as women stopped performing this function, a position derided as the worst kind of patriarchal sexism.17 But, put in less vivid language, the argument is neither implausible nor inflammatory: The responsibilities of marriage induce young men to settle down, focus, and get to work.
Note:MATRIMONIO E SUCCESSO… NESSI
The puzzling thing about the marriage premium (if you do not agree with either Becker’s or Gilder’s argument) is that it cannot be a simple case of women choosing to marry men who are already more productive—the marriage premium occurs after the wedding vows have been taken.
Note:MARRIAGE PREMIUM
it something about being married that produces the effect, or is the marriage premium the result of women seeing potential in men that they are going to fulfill, even if they haven’t already done so while they are single?
Note:ORIGINE DEL MP
Put plainly, single prime-age males are much less industrious than married ones. Both the decline in marriage and the increased detachment from the labor force in Fishtown cannot be understood without knowing that the interaction exists.
Note:I PIGRI SINGLE DI FISHTOWN: SI SPOSANO MENO NON CERCANO LAVORO SONO DISOCCUPATI E LAVORANO MENO ORE
The meaning of all this is that the labor force problems that grew in Fishtown from 1960 to 2010 are intimately connected with the increase in the number of unmarried men in Fishtown. The balance of the literature suggests that the causal arrow for the marriage premium goes mostly from marriage to labor force behavior—in other words, George Gilder was probably mostly right.
Note:AL CENTRO IL MATRIMONIO
What Whites Did About Work: Women
Detecting changes in industriousness among American women is impossible unless you assume that a woman working at a paid job is more industrious than a full-time mother, which is not an assumption that I am willing to make.
Note:LE DONNE LAVORANO DI PIÙ? IMPOSSIBILE RISPONDERE
America experienced a social and economic revolution from the early 1970s to the early 1990s. The percentage of white women in the labor force rose from 40 percent in 1960 to 74 percent by 1995.
Note:IN MASSA AL LAVORO
Who Joined the Revolution and When?
The short story is that married women in Belmont and Fishtown behaved similarly, starting out within 6 percentage points of each other in 1960 and ending up within 7 percentage points of each other in 2008. Married women in both neighborhoods roughly doubled their labor force participation.
Note:DONNE DI BELMONT E FISHTOWN
Women Working Full Time
Women with jobs have never worked as many hours as men.22 The demands of child care are a major reason for the lower hours—women with children under age 5 worked an average of thirty-three hours… Even women with no children of any age worked an average of forty hours in the week preceding the CPS interview, compared to the male average of forty-five….
Note:LE DONNE CHE LAVORANO LAVORANO MENO ORE DEGLI UOMINI
For women working more than forty-eight hours, the pattern looked almost exactly the same as the one for men: increases for Belmont, flattening in the 1990s and then dropping slightly in the 2000s, with a nearly flat trendline for Fishtown.
Note:A BELMONT SI LAVORA COMUNQUE DI PIÙ ANCHE TRA LE DONNE
Adding Up the Pieces
the graph adds up the separate divergences among both men and women on labor force participation, unemployment, and hours worked. It portrays a divergence between Belmont and Fishtown nearly as great in aggregate as the change in marriage.
IL MATRIMONIO SPIEGA