giovedì 17 aprile 2014

Macropromemoir

https://feedly.com/i/entry/hbTZV+BuJ7BbtHroKVkB1Vs/vLWiE6ouxLIjd5FEv5M=_184383cb080:d78a81:d8b4f5e5

PSST

l'unico modo per ridurre la disoccupazione è che gli imprenditori scoprano nuovi modelli di vantaggio comparato sostenibile. Questo è ciò che significa creare posti di lavoro. È un processo che comporta tentativi ed errori e richiede tempo.

In ogni momento si verifica una distruzione creativa schumpeteriana.

imprese zombi resisteranno mentre le imprese sperimentali cercheranno di espandersi.

ogni recessione è diversa, perché ogni interruzione improvvisa nei modelli di specializzazione e commercio sostenibile è diversa.

ssssssssssssssssssssssss



Le recessioni hanno una componente "offertista" e una componente di "domanda".

Componente offertista CO: l' apparato produttivo deve essere ristrutturato per essere più competitivo e incorporare le innovazioni.

Componente di domanda CD: l' apparato produttivo è ok, sono i consumatori ad essere terrorizzati dalla crisi finanziaria e ad accumulare risparmio infruttifero.

***

Ricetta: CD si affronta con stimoli monetari (Market Monetarism: regola del NPIL) mentre CO con stimoli di deregulation (shumpeterian adjustement e ciclo delle regole)

La politica fiscale (PF) non funziona per due motivi:

1. destruttura l' apparato produttivo, il che è grave se oltre a CD concorre CO (come quasi sempre accade)

2. è neutralizzata da PM (politiche monetarie) che comprendono sempre nella "regola" anche il tasso di disoccupazione.

In caso di CD, PM funziona perché non c' è offsetting con PF

***

Per una buona PM creare un mercato di future di NPIL. In questo modo i Keynesiani ad oltranza faranno soldi puntando su un' efficacia di PM pari a zero e la Banca Centrale espanderà fino a che il peso degli oltranzisti si dissolverà.

***

PM deve disturbare l' offerta il meno possibile, lo si puo' fare tassando la liquidità.

***

In caso di crisi CO? PM disturberebbe e potrebbe causare stagflazione (le aspettative neutralizzano PM, la quale a sua volta non ha una CD da compensare).

Qui non c' è ricetta, solo l' intuito del banchiere centrale nell' analizzare le cause della crisi e nell' individuare il tasso naturale di disoccupazione, nonché i  pericoli di stagflazione. Una cosa è certa: una forte deregulation dovrebbe SEMPRE accompagnare PM.

domenica 13 aprile 2014

Divorzio

Divorce and Motivated Reasoning in the WaPo, by Bryan Caplan http://econlog.econlib.org/archives/2014/04/divorce_and_mot.html

Divorzio facile? Luci ed ombre.

  • il divorzio fa soffrire i bimbi, i dubbi ormai sono pochi
  •  ma non sembra incidere sulla vita che questi bimbi avranno da adulti
  • forse soffrirebbero anche in una "convivenza forzosa
  • un divorzio rapido e senza addebiti sembra che regali agli ex una relazione più serena
  • anche la violenza coniugale forse è calata anche a causa del fatto che sia a disposizione una scappatoia più semplice.
  • Così come il "matrimonio idillio per una vita" non è certo la regola, nemmeno il "matrimonio gabbia forzata" lo è. Nella maggioranza dei casi siamo di fronte al matrimonio-così-così.
  • Come è facile attendersi, il costo del divorzio incide sul tasso dei divorzi realizzati.
  • Nei matrimoni-così-così o matrimoni al margine, i bimbi e i ragazzi esprimono la forte preferenza che la coppia resti unita.
  • Ma forse la cosa principale è il doppio fenomeno che caratterizza il periodo post-divorzio-facile: 1) da quando il divorzio è stato facilitato sono stati soprattutto le classi basse a fruirne, al punto che oggi la solidità matrimoniale è considerata uno status symbol e il divorziare affare da sfigati 2) la felicità matrimoniale è calata vertiginosamente, ma solo tra le classi più povere, dove il divorzio facile si è diffuso di più. 
continua

sabato 12 aprile 2014

Felicità e bimbi

Kids and Happiness: The State of the Art, by Bryan Caplan http://econlog.econlib.org/archives/2014/04/kids_and_happin_1.html

venerdì 11 aprile 2014

Macromemoir

Arnold Kling dice la sua sulla crisi.

Origini: il capitalismo crea innovazione e l' innovazione richiede aggiustamenti e distruzione del vecchio. In questa fase le crisi mordono, specie nei paesi poco dinamici.

Rimedi.

Politica fiscale: porta sollievo temporaneo ma non aiuta al raggiungimento dei nuovi modelli strutturali. Anzi, acuisce le distorsioni della sruttura e trascina le crisi indefinitivamente.

Politica monetaria: la Fed puo' poco. I mercati, oggi molto più grandi, neutralizzano la sua politica espansiva. PY=MV. Se l' aumento di M si traduce in una diminuzione di V, allora è tutto vano. Le aspettative inflazionistiche sono quindi indeterminate. L' inflazione non è una funzione continua nelle aspettative ma discontinua: iperinflazione, business as usual, stagflazione...

Sintesi: la politica fiscale prolunga le crisi, quella monetaria puo' alleviare ma non risolve.

Cosa serve?

Dinamismo dell' economia: legislazione pro business e flessibilità del mercato del lavoro.

Il nume tutelare di questa visione?: Schumpeter.

mercoledì 9 aprile 2014

Gender Wage Gap

Myths About My Views on the Myth of the Gender Wage Gap | Bleeding Heart Libertarians: "Gender Wage Gap"



'via Blog this'

Variability in ratings of trustworthiness across the menstrual cycle





'via Blog this'

Neutralizzare il potere mediatico

Avete notato che i vincitori delle elezioni sono quasi sempre prevedibili prima che inizi la campagna elettorale?

La campagna serve per lo più ad allargare o restringere dei gap già stabiliti.

Questo è tanto più vero quanto più il gioco è del tipo "vinci e prendi tutto". Un po' come nelle presidenziali USA.

Se non lo avete notato ci sono molte ricerche che ve lo faranno notare.

E allora?

E allora chi vuole che i soldi contino sempre meno in politica, facciamo in modo di avere sempre più elezioni di questo tipo.

N.B. l' osservazione da cui sono partito è stata fatta nel tentativo di spiegare il Tullock-paradox: perché le lobby spendono tanto poco (una buona legge puo' sposta miliardi di dollari, è assurdo investire così poco). Evidentemente i soldi in politica hanno finalità diverse dal semplice shopping legislativo.

Il saltello arbitrario

All' inzio c' era il logos e il logos era presso Dio...

Una variazione possibile: all' inizio era il salto quantico.

Sì, alcuni fisici, per la gioia dei filosofi materialistici (che in genere sono loro stessi), spiegano l' inizio dell' universo con il fenomeno del salto quantico. Il più insigne tra questi personaggi è Stephen Hawkins.

La scienza ormai accetta che nel mondo minuscolo delle micro particelle esistano fenomeni fisici incausati (indeterminati).

Dapprima questa ammissione è stata problematica per i materialisti contrari ad inserire un "fantasma nel marchingegno della natura". Per loro tutto poteva e doveva essere spiegato ricorrendo a cause (materiali) ed effetti.

Ora però alcuni di loro ammettono. Ammettono perché in fondo possono riutilizzare il concetto altrove. In particolare per spiegarsi l' inizio dell' universo. Non avere una causa fisica, infatti, equivale pressapoco ad "essere causati dal nulla". Una creazione dal nulla senza ricorso ad enti metafisici.

Qui però c' è un problema: noi sappiamo che il salto quantico non è determinato fisicamente ma è comunque facilmente prevedibile poiché si realizza in modo strettamente correlato con altri fenomeni fisici.

Questa correlazione è del tutto casuale? Non è detto: in fondo l' assenza di cause fisiche non si traduce necessariamente nella creazione dal nulla ma anche nella possibile presenza di cause metafisiche.

Direi di più: se ci ripugna pensare ad una correlazione tanto stretta come a qualcosa di completamente casuale è molto più semplice assumere cause metafisiche!

Il primo salto quantico ipotizzato come "inizio del tutto" non sarebbe quindi uguale agli altri poiché non correlato ad altri fenomeni fisici; per soddisfare l' ateismo dei materialisti, dovrebbe, diversamente da quelli che osserviamo in natura, essere non correlato e quindi completamente arbitrario. Mi sembra che questa considerazione possa segnalare una difficoltà della teoria, almeno dal punto di vista filosofico.

stephen hawkins e il salto quantistico:  secondo i critici, Hawking non spiegherebbe come possa esistere una legge di gravità senza gravi, così come non spiega come sia concepibile una legge di meccanica quantistica che preceda l'universo dato che in realtà lo presuppone. Hawking risponde a queste obiezioni che non c'è bisogno di un Creatore per creare le leggi fisiche, in quanto semplicemente esistono intrinsecamente alla materia/energia (che altrimenti potrebbe non esistere), sempre esistente sotto qualche forma oppure apparsa dal nulla prima di tutto, ma non esistendo allora lo spaziotempo si può dire che essa deriva da un istante senza tempo, un eterno presente, come quello dell'orizzonte degli eventi. Inoltre afferma che probabilmente, seguendo la mentalità scientifica, non esiste l'aldilà, manifestando un'opinione razionalista.

Il modo migliore di uscire da queste obiezioni consiste nel postulare molti mondi, di cui il nostro sarebbe una costola. Non a caso H. simpatizza con l'ipotesi many worlds. Senonche si tratta di un'ipotesi speculativa oltreché più complicata (postula l'esistenza di più oggetti inosservabile) rispetto a quella teista. 

martedì 8 aprile 2014

Quando è giusto infrangere la legge

The Righteous Scofflaw, by Bryan Caplan http://econlog.econlib.org/archives/2014/04/the_righteous_s.html

POSIZIONE 1: la legalità va sempre rispettata.

POSIZIONE 2: la legalità va rispettata a meno che non contraddica un nostro profondo convincimento morale (es. il caporale nazista).

POSIZIONE 3: la legge va rispettata ma se parliamo di mere convenzioni è possibile trascurarle in quei casi specifici dove hanno poco senso (attraversare la strada con il rosso quando la strada è un deserto).

POSIZIONE 4: non esistono argomenti che rendono l' obbligo di conformarsi alla legge preferibile a priori (non esiste un doppio standard morale. Huemer).

Ocean Warming Data

Ideas: Ocean Warming Data:



'via Blog this'

sabato 5 aprile 2014

La Repubblica ideale

Come dovrà essere l' assetto del governo?

Premier eletto direttamente, non sfiduciabile e con la possibilità di nominare e revocare i ministri.

E quello del potere legislativo?

Una camera eletta direttamente dal popolo nei collegi uninominali (magari all' australiana). Elezioni sfasate rispetto al premier.

E quello del giudiziario?

Elezione tra idonei (ogni foro elegge i suoi giudici e pm).

E la seconda camera?

Ci sarà: un senato delle regioni nominato dalle regioni stesse. Legifererà sulle "materie concorrenti"

Come si legifererà?

La camera proporrà la legge (anche su impulso del governo) e il premier avrà diritto di veto, a men che sia approvata un' abrogazione. Il diritto di veto sarà superabile con maggioranze qualificate.

E il presidente della repubblica?

Non ci sarà più.

Corte costituzionale?

Eletta dagli organi precedenti in concorrenza tra loro e con pesi da determinare (prevalenza del senato).

E i numeri?

Sobri: una trentina di senatori e una cinquantina di deputati.

venerdì 4 aprile 2014

HFT non è un problema

A study of limiting HFT http://feedproxy.google.com/~r/marginalrevolution/feed/~3/3l0dnvDbHPs/a-study-of-limiting-hft.html

La recessione avvantaggia i poveri?

Gary Burtless on the Redistribution Recession | askblog:



'via Blog this'

Political Science and the Obvious

Political Science and the Obvious | Bleeding Heart Libertarians:



'via Blog this'

Estetica analitica

Nelle considerazioni che seguono cerco di porre in relazioni tra loro concetti fondamentali come arte, vero, bello, linguaggio, filosofia, estetica e spiritualità.

Il Velotti  compie un excursus attento nella produzione dei filosofi analitici che si sono occupati di estetica.

Sarebbe meglio dire di "filosofia dell' arte" visto che uno dei loro maggiori contributi è rappresentato dall' emarginazione del bello. Detto altrimenti: trascuriamo la valutazione (è un' opera bella o no?) e concentriamoci sulla descrizione (è arte o no?).

I filosofi analitici, per applicare i loro metodi caratteristici, riducono l' arte a mera "rappresentazione" in modo da poterla manipolare quale fosse un linguaggio. A quel punto cercano di capire cosa differenzi il linguaggio dell' arte dai linguaggi ordinari.

Ma la scienza ci dice che l' arte è probabilmente un "linguaggio abortito". L' arte è un cadavere lasciato per strada dal processo di formazione del linguaggio. Il "prodotto di scarto" nella lavorazione del linguaggio autentico.

Se prendiamo sul serio la diagnosi evoluzionista e vogliamo dare un valore esistenziale all' arte, dobbiamo concludere che cio' che conferisce valore all' opera non è il suo specifico linguistico. In questo senso i filosofi analitici forniscono un contributo per molti versi insoddisfacente.

Alternative?

Consideriamo l' arte per quello che è: un linguaggio monco. O meglio, un linguaggio mal funzionante ai meri fini rappresentativi. Un linguaggio vago.

Consideriamo anche che i linguaggi più avanzati conservano una certa vaghezza, e non solo perché non hanno conseguito la loro perfezione ma perché esiste una funzione propria della vaghezza linguistica.

Forse i virtuosismi dell' arte sono riconducibili ai virtuosismi richiesti da chi vuol sfruttare al meglio la vaghezza nei linguaggi raffinati.

A questo punto bisogna chiedersi che funzione abbia la vaghezza nei linguaggi raffinati.

Ne vedo essenzialmente due.

La prima è una funzione sociale: tenere assieme autorevolezza e reticenza.

Il bene comune richiede spesso che una persona autorevole proclami ad alta voce qualcosa di falso, o per lo meno di "non vero". Ma proclamare il "non vero" è diffamante, per cui, per il bene della comunità, si rende necessario tenere insieme cio' che non puo' stare insieme, e a questo ci pensa la retorica del linguaggio vago.

La seconda è una funzione conoscitiva: se sono troppo preciso mi sbaglierò e un errore evidente porta allo scarto del mio contributo: avanti il prossimo (senza che questo prossimo abbia alcuna indicazione di come procedere). Invece, puo' darsi che la mia indicazione, per quanto errata, possa fornire un contributo a chi mi segue. Perché vanificarlo? Un linguaggio vago consente di non accantonare semplicemente come "errato" un certo tentativo, salvando quindi cio' che in esso c' è di costruttivo.

Esempio: se dico ad un robot: "portami le scarpe marroni", lui, avendo una concezione precisa di "marrone",  non troverà scarpe di quel colore e me ne porterà un paio a caso. Se rivolgo lo stesso ordine ad una persona che condivide con me anche la parte "vaga" del linguaggio non troverà le scarpe che gli chiedo ma mi porterà comunque delle scarpe che sono "vagamente marroni", correggendo in questo modo al mio errore e contribuendo alla scoperta delle scarpe che mi occorrono associandosi nella ricerca.

A proposito di funzione conoscitiva, recupero in questa sede un ulteriore informazione che ricaviamo dalle discipline scientifiche: l' arte si coniuga con il rito, il quale a sua volta realizza il legame sociale attraverso giuramenti di fedeltà prolungati. La fiducia, e quindi l' autenticità dei giuramenti, è fondamentale nelle società primitive. Dire "lo giuro" è facile, e quindi è facile anche mentire. Ma dire un "lo giuro" in un rito che duri ore ed ore, stando costantemente sotto l' occhio della controparte che giudica il nostro coinvolgimento in cio che facciamo, è molto meno facile. Ecco allora un' altra funzione dell' arte che la lega alla ricerca di verità.

La nozione di "linguaggio vago" ci consente di fare considerazioni su tre temi tanto cari agli analitici:

1) l' "intentional fallacy" (l' irrilevanza delle opinioni dell' autore sulla sua opera) va riabilitata: il segnale vago trova il suo compimento lontano da chi lo ha emesso.

2) L' "isomorfismo" va riabilitato essendo una tecnica che esalta il richiamo vago alla realtà esterna rispetto al simbolismo più adatto a caratterizzare un linguaggio analitico.

3) Il "realismo" va riabilitato: non si puo' essere vaghi senza un riferimento esterno.

Il concetto di "linguaggio vago" ci consente di abbozzare una risposta alla domanda canonica "cos' è l' arte?" (giudizio descrittivo. Ma ci dice qualcosa sul "bello" (giudizio valutativo)?

In effetti senza il giudizio valutativo l' ipotesi espressa mantiene un' altra tara tipica delle ipotesi analitiche concorrenti: cosa distingue l' arte da quel sottoinsieme di oggetti e azioni ordinarie che mantengono ed esaltano anch' esse la vaghezza di linguaggio?

Quando Draghi dice che la BCE interverrà con il torchio qualora l' euro sia in pericolo punta sull' effetto annuncio e sulle aspettative che crea utilizzando un linguaggio vago (non sappiamo quando, come e se interverrà sul serio). Ma l' azione di Draghi non è certo un' opera d' arte. Evidentemente non lo è perché non è apprezzabile da un punto di vista estetico. Ed ecco allora che l' estetica, dapprima espulsa dalla porta della filosofia analitica, rientra dalla finestra.

Un oggetto è artistico quando è X, Y... Z e in più è "bello". Bisogna quindi stabilire i criteri di giudizio estetico, non si scappa.

Già porsi questa domanda è un attentato al relativismo estetico: una volta che avrò una teoria in merito non potrò più dire che una teoria vale l' altra. Da questa considerazione discende che:

4) il relativismo estetico va accantonato in quanto non congruente con la presenza (necessaria ai fini definitori) di criteri estetici, qualunque essi siano.

5) La presenza di criteri oggettivi ripristina la ragione come facoltà implicata nell' apprezzamento estetico dell' opera d' arte.

L' artista esprime la sua verità, e per dirla impiega un linguaggio vago. Ma se l' artista vuole produrre il bello deve anche mettere in campo delle abilità gratuite. Draghi è abile ma non è gratuito. Il bambino e il folle compiono gesti gratuiti ma non posseggono un' abilità preminente.

Veniamo al caso Duschamp, ovvero al caso dell' arte contemporanea.

A questo punto qualcuno potrebbe affiancare Duchamp al folle e al bambino. Operazione indebita, secondo me. E' vero, Duchamp non mostra abilità particolari nel produrre le sue opere ma mostra un' abilita prodigiosa nel produrle a tempo debito nel luogo adatto. Cosa che manca sia al folle che al bambino. Le opere del folle e del bambino sono in realtà opere di Dubuffet (per esempio).

Cosa ricaviamo da quste considerazioni?

6) innanzitutto che l' artista non è un filosofo: le abilità extraconcettuali, in lui, sono fondamentali.

Ultima questione: a cosa serve all' arte?

Poiché l' arte è gratuita non serve a nulla. l' arte è autonoma. Ma essere "inutili" non è certo un merito, anzi. Il mero virtuosismo lasciato a se stesso (l' esibizione di abilità) realizza un' arte marginale.

Diremo allora che

7) il fine dell' arte è spirituale. Il nomnalismo dell' arte va respinto poiché l' arte rinvia ad astrazioni.

L' arte è una rappresentazione metafisica del mondo o di una fetta di mondo. Una teoria del tutto che rinuncia alla precisione.

Ultima questione: ma quando un' opera è bella?

Raccogliamo le idee: l' arte usa la vaghezza e la vaghezza è funzionale alla ricerca di verità. Anche gli spossanti rituali dei popoli primitivi - che molti considerano proto-arte - erano funzionali alla verità. L' arte inoltre resta una rappresentazione, per quanto isomorfa, una rappresentazione per lo più attraverso lo stile (abilità), una rappresentazione di realtà metafisiche (anti-funzionalismo). Quindi:

8) L' arte è bella quando è vera. Quando la sua rappresentazione è felice e fedele. O per lo meno se ci aiuta nella ricerca del vero.

E tutto cio' indipendentemente dall' autenticità delle intenzioni originarie.

Anche per questo non dobbiamo lasciarci spiazzare dal fatto che non ci riconosciamo in nulla di cio' che dice il grande artista sulla sua arte ma anche in generale sulla vita o sulla politica.

Una ricognizione di Murray sugli scarsi contributi femminili in arte e scienza

Charles Murray - Liese Schwarz asks what's up with this...:



'via Blog this'

giovedì 3 aprile 2014

Pagare tutti per pagare meno

E’ uno slogan ricorrente quando si parla di tasse con l’ ansia di mettere nel mirino quel bandito dell’ evasore: se solo lui pagasse, io pagherei meno.

Ma chi lo sostiene dovrebbe rendere conto di almeno due cose.

1. Poiché l’ evasione/elusione riguarda più da vicino i redditi di capitale rispetto a quelli di lavoro, ci si aspetterebbe che le aliquote gravanti sui primi siano maggiori. E’ vero l’ opposto: dove per questioni tecniche è maggiore l’ elusione/evasione, il fisco sembra adeguarsi presentando un conto meno salato.

2. La storia fiscale italiana (link omesso perché tanto nessuno leggerebbe) parla chiaro: la compliance è cresciuta parallelamente all’ aumento delle aliquote. Ovvero, quanto più cresceva la propensione a battere scontrini, quanto più cresceva la "coscienza fiscale" degli italiani, tanto più lievitava l' aliquota a cui erano sottoposti i loro redditi.

Correlazione e causalità sono cose diverse e il punto 2 puo’ avere molte spiegazioni, tuttavia una spicca per linearità e merita di essere citata: se una cosa funziona la si usa di più.

Ovvero, se il contribuente paga, perché mai non dovrei “spremerlo” ulteriormente?

Si puo’ sfuggire al primo punto ma è difficile farlo senza ricadere nel secondo.

I due punti non si limitano a revocare in dubbio lo slogan ma addirittura lo ribaltano: “se più gente evadesse, pagheremmo tutti meno”, ovvero: se il mestolo fosse un colabrodo non verrebbe usato tanto alacremente.

Il politico che annuncia nuove tasse non è ben visto: perché rovinarsi l’ immagine se poi si raccoglie tanto poco da distribuire alla propria constituency?

Una specie di parassitismo alla rovescia: l’ evasore come scudo per il tartassato. Guarda caso in tutto il mondo i livelli di tassazione e le pretese del fisco aumentano all’ aumentare della tecnologia in possesso degli accertatori (link omesso perché tanto nessuno leggerebbe). Si puo' con fondamento ritenere che se grazia ad una bacchetta magica l’ evasione sparisse, probabilmente le tasse s’ impennerebbero (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe).

Strano ma logico. E soprattutto in linea con i fatti osservati in passato.

obey

***

Altra recriminazione: “l’ evasore fa concorrenza sleale” compromettendo l’ efficienza del sistema.

E’ vero, l’ evasore sopporta meno costi (tributari) rispetto al suo concorrente. Ma, fateci caso, anche l’ impresa olandese e quella svedese sopportano meno costi tributari rispetto a quella italiana, eppure nessuno parlerebbe di “concorrenza sleale” in quel caso. E non si puo’ nemmeno addurre che l’ impresa olandese sia costretta a operare con meno servizi. Al contrario!

Perché allora in quei casi – eccezion fatta per qualche folkloristico protezionista – non si parla di “concorrenza sleale”? Qualora l’ impresa, grazie all’ evasione, si auto-riducesse le imposte a livello “americano”, chi oserebbe accusarla di parassitismo? 

Mmmmm. Mi rendo conto che questo argomento va integrato, da solo non è poi così convincenti per rintuzzare la recriminazione di partenza. In effetti il piatto forte deve ancora arrivare e ve lo servo subito.

Fate bene attenzione: lo slogan recriminatorio che ho messo in grassetto qua sopra, per essere attendibile, necessita che la spesa pubblica sia efficiente. Ma la spesa pubblica che ci ritroviamo presenta queste caratteristiche?

Ovviamente no, dopo gli anni 50/60 del secolo scorso la spesa pubblica è in efficiente un po’ ovunque in Europa (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe).

Troverete chi sostiene che lo stato spende in modo più equo ma non chi sostiene che spende in modo più efficiente. Di sicuro l’ evasore ha una struttura d’ incentivi a spendere in modo efficiente più coerente rispetto a quella che possiede il burocrate.

I fondi sequestrati all’ evasore intercettato sarebbero dunque spesi dalla politica in modo inefficiente. Al contrario, l’ evasore, trattenendo presso di sé quelle somme, le spenderebbe in modo efficiente: se deve farsi una piscina, per esempio, sceglierà la ditta più efficiente per costruirla, e questo per il semplice fatto che premiare il migliore sulla piazza conviene innanzitutto a lui.

L’ inefficienza della concorrenza sleale (oltretutto al netto di quanto si diceva all' inizio di questa sezione) è più che compensata dall’ efficienza di come vengono successivamente spese le risorse trattenute grazie all’ evasione stessa.

Naturalmente, efficienza ed equità possono divergere: spendere per lavare i fazzoletti-dei-poveretti-della-città sembra più equo che spendere per costruire una piscina olimpionica nella villa dell’ evasore. Ma se spostiamo l’ attenzione sull’ equità allora dovremmo innanzitutto dimostrare l’ equità di una pratica quale l’ esosa tassazione europea. E l’ impresa, credetemi ancora per poco sulla parola, è a dir poco ardua. Specie se ci si affida al buon senso.

***

L’ evasione è eticamente condannabile?

Io sostengo di no per il semplice fatto che ad essere condannabile moralmente è la tassazione. Almeno una certa tassazione. Ironia della sorte in Europa esiste proprio “quel” tipo di tassazione.

Per capirci meglio bisognerebbe tornare alla struttura fondante della tassazione. Ogni tassa è una proposta di Corleone: “tu mi dai la somma X e io ti fornisco il servizio Y. O ci stai con le buone o ci stai con le cattive. O mangi sta minestra o salti dalla finestra. Allora?”.

Non mi sembra un modo di agire molto “etico”. D’ altronde nella storia gli stati emergono come cosche vincenti in una lotta tra “protettori”.

E ha poco senso evocare il metodo (magari democratico) con cui viene scelto chi è poi chiamato a formulare una “proposta di Corleone”. Se Tizio, Caio e Sempronio voglio suonare un quartetto d’ archi non possono coartarmi alla stregua di uno schiavo costringendomi con la minaccia della galera a studiare musica perché “… manca il secondo un violino e devi quindi suonarlo tu”. Nemmeno se si giustificassero dicendo di aver deciso la cosa a maggioranza tre contro uno.

Oltretutto, Corleone offriva servizi di protezione in genere efficienti: il ladruncolo del quartiere che violava la zona del boss disturbando i “protetti” veniva rinvenuto appeso al lampione la notte stessa.

In altri termini, la tassazione per essere giustificata richiede un doppiopesismo morale: ci sono uomini (i rappresentanti del governo) che hanno uno status morale superiore rispetto ai cosiddetti “rappresentati” e quindi possono fare cose che a questi ultimi non sono concesse.

Chi accetterebbe una differenziazione nello status morale dei soggetti? Ormai la si accetta a fatica anche tra uomini e animali!

Ma abbandoniamo pure le buone ragioni del radicalismo e concediamo che tassare il prossimo sia moralmente accettabile quando costituisce uno strumento per fornire beni pubblici alla comunità e per compensare le esternalità che si producono nell’ azione degli individui. Raggiungeremmo un livello di tassazione complessiva eticamente consentita tra il 5 e il 20%, un mondo sideralmente distante da quello in cui opera l’ evasore di cui ci occupiamo qui.

Per alcuni l’ evasore è moralmente riprovevole in quanto “parassita sociale”. L’ evasore usufruirebbe di beni alla cui produzione non contribuisce. Ma l’ accusa ha i piedi d’ argilla, qualora non si provi contestualmente la piena legittimità della tassazione sovrastante. Con un’ analogia azzardata ma illuminante, sarebbe come dire che in occasione di un sequestro il “rapito”, per quanto abbia le sue buone ragioni per lamentarsi, resta comunque un parassita poiché non respinge il rancio passatogli dai sequestratori. Assurdo, vero?

Mi spingo ancora oltre: anche qualora ammettessimo che la tassazione sia legittima, cio’ non ci consentirebbe ancora di dire che l’ evasore è un “ladro”. Prendendo seriamente le parole, mi tocca far osservare che “ladro” è chi si impossessa della proprietà altrui e l’ evasore, almeno in un’ ottica giusnaturalista, è comunque proprietario a tutti gli effetti della ricchezza che ha prodotto. Semplicemente, sarebbe in torto in quanto inadempiente rispetto ad una certa obbligazione tributaria (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe)

E che dire, in conclusione, della lotta tra categorie? “Dipendenti” vs. “Autonomi”. Spesso la contrapposizione è presentata in termini etici.

Francamente trovo che sia una ricostruzione distorta. Come sappiamo l’ occasione fa l’ uomo ladro e non avere occasioni non è certo un merito (a volte è un demerito!).

Ma, come se non bastasse, c’ è di più. Le evidenze empiriche (link omesso perché tanto nessuno lo leggerebbe) ci dicono che chi non evade perché non puo’ (esempio il lavoratore dipendente) è anche mediamente più incline ad evadere appena puo’ (il sommerso è più diffuso tra chi ha un “secondo lavoro”  che tra le “partite iva”). Non penso proprio che ci si possa proclamare santi per il solo fatto di non essere mai stati “tentati”. Un’ etica del genere non esiste, bisognerebbe inventarla ad hoc.

***

Siamo sicuri poi che l’ evasore faccia mancare risorse essenziali allo stato?

Sembrerebbe di no. Oggi il condominio Italia langue e il condominio Germania prospera. Si tratta di due condomini in tutto uguali e un confronto è lecito.

Qualcuno è tentato di osservare che i condomini del primo condominio non pagano con solerzia le spese condominiali.

Vero, ma se andiamo a vedere poi ci accorgeremmo che, a parità di condomini, l’ amministratore del condominio Italia ha in cassa e spende esattamente le stesse somme dell’ amministratore del condominio Germania (link omesso perché tanto nessuno leggerebbe), nonostante il confronto sui risultati sia imbarazzante.

E allora? Allora i condomini dovranno pure pagare le spese ma se le cose vanno come vanno nel loro condominio la causa non sta certo nell’ insolvenza quanto negli amministratori.

***

L’ evasore però, con le sue gesta, viola la legislazione di stato svalutando di fatto tutte le leggi, anche quelle giuste.

Qui l’ evasore è indifendibile: come si puo’ governare uno stato se il valore delle leggi emanate è vicino a zero? Non rispettare una legge rischia di ridurre a carta straccia l' intero corpo legislativo.

***

Qui sta la vera colpa dell’ evasore ma anche la ricetta della lotta all’ evasione: basta eliminare, sfoltire, attenuare le leggi violate e applicare con più rigore le poche che restano.

Meno tasse e aliquote più basse.

Una volta che le leggi comunemente violate scompaiono (o si attenuano) non saranno più violate (o lo saranno meno) e l’ effetto svalutazione non si riverserà sulle leggi buone.

Che inconvenienti comporta l’ abrogazione (o attenuazione)? Inconvenienti in termini di efficienza? Al contrario, l’ efficienza del pase aumenta, lo abbiamo appena visto (si eliminano costi burocratici, costi del sommerso, costi di pseudo-concorrenza sleale…).

Inconvenienti in termini di equità? Al contrario, l’ equità aumenta, lo abbiamo appena visto (si attenua l’ applicazione di un doppio standard tra i soggetti in campo).

Ma per lo scettico l’ evasore continuerà ad evadere imperterrito. L’ evasore è fatto così, penserà. Non ha una testa, è una macchina. Una macchina per evadere. L’ imposta puo’ essere alta, media, bassa... Il suo mestiere è evadere e lui la evaderà.

Per lo scettico ho due risposte.

Prima: se diminuiscono le aliquote, a parità del resto, evadere diventa molto più costoso e l’ evasore, se agisce razionalmente, rallenta. Se il prezzo sale, si compra meno. Di solito.

Seconda: con meno leggi da far rispettare l’ applicazione delle poche rimaste migliora. Gli accertatori fiscali potranno concentrarsi su pochi e più mirati compiti. Se le cose da fare diminuiscono, si fanno meglio. Di solito.

 

Charles Murray: No, I don’t think women are genetically inferior

Charles Murray: No, I don’t think women are genetically inferior | AEIdeas:



'via Blog this'