Non esiste una ricetta pre-confezionata per scegliere bene, esiste però la possibilità di sviluppare un' euristica funzionale attraverso una robusta pratica sulle questioni concrete che ci toccano ogni giorno.
In tema di aborto si conviene sul fatto che sia controproducente criminalizzarlo, molto meglio affidarsi alla "buona scelta" costruendo un ambiente idoneo. Senonchè, molti scettici, arrivati a questo punto della discussione, tirano fuori un bersaglio per loro naturale: il consumismo.
Il consumismo, con i suoi bisogni indotti, avrebbe scardinato la nostra capacità di scegliere. Detto questo, però, siamo punto e a capo visto che è un po' difficile rinunciare al "consumismo" se si considera il fenomeno come l' inevitabile portato di un modello organizzativo che ha assicurato lo strepitoso aumento del nostro standard di vita negli ultimi due secoli.
Per nostra fortuna non è affatto detto che le cose stiano come vengono dipinte dai teorici del "consumatore zombie". Molto probabilmente le persone sono ancora in grado di sviluppare una capacità di scelta, quel che a loro manca per esprimerla è una pratica attraverso la quale metterla a punto affinandola di continuo.
Sempre più, nelle comunità moderne, il soggetto è stato espropriato, spesso attraverso il suo consenso e con suo sollievo, dalle scelte decisive che lo coinvolgono e segnano la sua vita. Forse, più meno consciamente, si è ritenuto che non fosse in grado di affrontarle. I dilemmi (che aiutano a crescere anche e soprattutto i già cresciuti) sono stati espulsi dal nostro quotidiano. Parlo delle questioni relative alla nostra salute, alla nostra istruzione, alla nostra vecchiaia, ai nostri risparmi. Su questi terreni fondamentali non ci si ferma più a chiedersi "che fare?", la nostra via è segnata, le reti comunitarie di scarsa utilità e lo sforzo per tesserle subisce forti demotivazioni. Le "riunioni di famiglia" non hanno più senso e ormai, se ancora si tengono, è giusto per decidere dove andare in vacanza.
Il soggetto di cui parlo puo' continuare invece ad esercitarsi in una miriade di scelte molto meno "cruciali", dove il lusso di un "caproccio" puo' benissimo essere tollerato poichè non lo si paga certo caro, puo' esercitarsi in scelte politiche dove la deresponsabilizzazione è la regola. Poi, in questo contesto, ecco che - chi fino a quel punto ha dovuto "deliberare" solo sul colore dell' auto, sul film con cui riempire la seratina, su dove mettere la crocetta in cabina elettorale - si ritrova a decide se abortire o meno. E' difficile che a quel punto si trasformi in un' altra persona, che sappia lucidamente valutare i pro e i contro, molto probabilmente gli istinti capricciosi interferiranno sulla sua scelta così come sono sempre stati abituati a fare potendoselo permettere.
Quindi, la soluzione contro il consumismo più deleterio, secondo me, consiste proprio nel riconsegnare all' individuo le scelte decisive che lo riguardano e che lo educano evitando che si ritrovi inerme e inesperto quando sarà chiamato ad affrontarne una isolata. L' alternativa sarebbe quella di toglierle tutte: magari ricoprendolo di sussidi per veicolarlo, come un topolino, verso quei comportamenti che altri hanno scelto per lui.
Ecco allora due risoluzioni per spingere verso la buona scelta in tema di aborto:
- diffondere una cultura della vita;
- creare un ambiente in cui si sviluppi al meglio la confidenza del singolo con le scelte cruciali che lo riguardano.