giovedì 2 gennaio 2020

LENOPE

le armi contro il GW?

1 carbon tax
2 nucleare
3 geoengineering
4 risparmio
5 piling



LENOPE
Cosa mi infastidisce della campagna sui cambiamenti climatici? Perché quel senso di repulsione ogni volta che il faccione autistico del pupazzone di Greta invade giornali e TV? Cosa mi fa cambiare canale ogni volta che una subrette dell'infotainment comincia a balbettare di sc-sc-sc-ienza del climate ch-ch-change?
La risposta è semplice: l'immensa IPOCRISIA che ci vedo dietro.
Detto altrimenti: ah come non sopporto quella la massa di zombi che, facendosi un vanto di avere perso la religione dei padri, adesso cerca in fretta e furia di metterne insieme una ridicola importunandoti ogni giorno al limite della molestia. Al confronto i testimoni di Geova e i Mormoni sono un mix di coerenza e discrezione fatte persona!
Ma dopo gli insulti generici, veniamo a qualche argomento.
Devo ammettere che l'argomento mi ha sempre reso diffidente. Mi chiedevo: come mai la destra è più riluttante nell'abbracciare la causa del global warming? In fondo le politiche più promettenti per combatterlo acuiscono le diseguaglianze (se fai pagare chi inquina colpisci chi usa le tecnologie più povere, che sono anche le più nocive). Cio' significa che l'ideologia di destra, dando meno peso a questi inconvenienti collaterali, parte avvantaggiata. Mi dicevo: qui c'è sotto qualcos'altro. Penso di essermi fatto un'idea precisa, che tento di esporre.
Partiamo dall'etica: la base per discutere dell'azione sui cambiamenti climatici è la convinzione che abbiamo una responsabilità morale nei confronti delle generazioni future. Un pensiero del genere finisce per implicare sacrifici enormi a favore di persone che non hanno nulla a che fare con noi. Persone che non esistono nemmeno. Non c'è modo di sapere cosa vorranno realmente quelle ipotetiche "persone future", non c'è modo di chiedere loro come desiderano che vengano investiti i nostri risparmi. Non solo, saranno persone molto più ricche di noi, l'economia mondiale cresce in media al 5%annuo, e con l'intelligenza artificiale questi ritmi sono destinati ad aumentare. La domanda quindi è: in che modo chiedere ai poveri un sacrificio in favore di ricchi che non hanno nulla a che fare con loro, se non il fatto di essere uomini come loro (... e speriamo non siano robot)?
Analogia. Supponiamo che i Lenape, nativi della Mahattan del XVII secolo, siano di fronte alla scelta di cosa fare della loro terra nella perfetta consapevolezza di quello che accadrà in futuro. Sanno quindi che se le cose andranno come sono effettivamente andate il posto in cui vivono diventerà un territorio ricchissimo, l'ombelico di un mondo prospero sia da un punto di vista materiale che da un punto di vista culturale. Ma i Lenape sanno anche che la creazione di questa mecca culturale comporterà la distruzione dell'ecosistema diversificato e fecondo del loro territorio. Sospetto che i Lenape avrebbero conservato la loro ricca e bella patria. Possiamo davvero fargliene una colpa? Badare agli affari propri è un diritto, specie quando vengono contrapposti a quelli delle generazioni future. Ma allora come la mettiamo se trasportiamo all'oggi questa logica?
Nella loro vita quotidiana, le persone si preoccupano al massimo del futuro prossimo senza tanto badare a quello lontano. Di solito, nei loro modelli gli economisti usano il 5 percento come tasso di sconto. Con un tasso di sconto del genere il PIL terrestre tra 200 anni sarebbe di qualche centinaio di dollari. Il che traduce in numeri la tesi per cui di solito di un futuro tanto lontano non ci frega una cippa. C'è persino chi parla di "dittatura del presente" e considera la coerenza nei modelli climatici come "immorale".
Insomma, le persone a parole si dicono preoccupate per il futuro, ma non si comportano di conseguenza. Come puoi aspettarti sincerità sul cambiamento climatico da chi non si fa nemmeno una pensione integrativa o acquista assicurazioni protettive?! Se le persone non si preoccupano del LORO futuro a BREVE termine, come potrebbero preoccuparsi del futuro a LUNGO termine che riguarda ALTRI perfetti sconosciuti? Del resto, il nostro futuro è minacciato in modo più ravvicinato dall'inverno demografico alle porte che dai cambiamenti climatici. Ma a quanto pare il benessere di ipotetiche generazioni future è più importante del nostro destino a breve. Chi non sente qui puzza di ideologia, alzi la mano.
Ma c'è di più: le traversie dell'aiuto internazionale dovrebbero averci istruito di come sia difficile per le persone con una certa cultura aiutare persone di cultura differente. Quanti miliardi sono fluiti verso l'Africa senza esito alcuno? Se aggiungi il fatto che qui parliamo di persone appartenenti a generazioni molto distanti, il problema cresce a dismisura. La prudenza consiglia di limitare l'azione a una dimensione ravvicinata e locale.
Nel caso del riscaldamento globale, per l'economista, la strategia più promettente consiste nel risparmiare risorse ora da spendere in seguito per risolvere eventuali problemi meglio delineati. Si tratta di una strategia meno esigente da un punto di vista cognitivo. Non occorre speculare sui pericoli concreti e nemmeno fare scelte precise: il fieno messo in cascina crescerà e sarà utile per ogni esigenza. Se la scelta del risparmio è svantaggiosa nella misura in cui la prevenzione è più economica della cura, è anche vero che la ricchezza risparmiata 1) sarà investita con meno sprechi e 2) crescerà al 5% annuo cumulativo se non di più. Molto probabilmente è proprio questo che ci chiederebbe di fare il perfetto sconosciuto che nascerà tra 100 anni.
Il fatto che l'urgenza di "combattere il riscaldamento" prevalga sull'urgenza di "risparmiare per il riscaldamento" è un'ulteriore prova che il futuro lontano non ci interessa. Chi disdegna la via più razionale segnala preoccupazioni differenti da quelle dichiarate; a questo punto il sospetto che tutto sia solo una cortina fumogena per promuovere altre agende politiche o soddisfare il desiderio impellente di esibire la propria bontà (buonismo) e professare la propria neo-religione, è alquanto verosimile. Tra l'altro questa ipotesi risolve anche l'enigma iniziale: la destra nicchia di fronte all'enfasi sui cambiamenti climatici per un motivo molto semplice: meno della sinistra è alla ricerca di un nuovo culto religioso.

SIGARETTE

C'è ancora chi dice che "vappare" potrebbe far male quanto fumare, e che sdoganare la sigaretta elettronica danneggerebbe la salute. Il livello ingannevole di queste affermazioni è incredibile, come dimostra questo pezzo. Gli accademici che diffondono simili notizie dovrebbero essere trattati come i dirigenti delle multinazionali del tabacco che occultano i dati. Esattamente come loro, stanno deliberatamente facendo cattiva informazione giocando con milioni di vite umane. L'esatto contrario è vero: la sigaretta elettronica è MOLTO più sicura del fumo tradizionale e può migliorare la salute pubblica aiutando le persone a smettere.

mercoledì 1 gennaio 2020

https://radicalxchange.org/blog/posts/2019-12-30-gqx4th/

Immagina la sociatà perfetta e cerca di correggere quella attuale in quella direzione. Questo atteggiamento differisce profondamente da quello consueto che diffida della "perfezione" e dell'"ambizione"

Un nome storico per questa filosofia è il radicalismo liberale.

Il radicalismo liberale tentò, ove possibile, di combinare la flessibilità e il dinamismo del capitalismo con lo spirito pubblico della democrazia e la propensione al bene comune. Il liberalismo classico è stato istanziato dal capitalismo ma nessuna idea istituzionale formale altrettanto eguale ha mai avuto un'istanza del radicalismo liberale.

Questo manifesto inizia spiegando perché i rendimenti crescenti sono così importanti e spiega come le altre dottrine politiche non lo sfruttino

Attraverso forme organizzative come città ed economie complesse, aumentiamo ciò che è disponibile per tutti noi da consumare, che si tratti di cibo, acqua o altri beni. Non potremmo vivere in villaggi isolati ed essere altrettanto benestanti. Tuttavia, la struttura dei rendimenti crescenti genera monopoli naturali.

L'ideologia politico-economica predefinita delle élite di oggi è il capitalismo o quello che a volte viene chiamato neoliberismo. Mentre molti degli argomenti fondamentali sono ben espressi da pensatori come Milton Friedman (ad esempio, nel suo classico "Capitalismo e libertà"),

M i concetti chiave del capitalismo no affrontano in modo produttivo il problema dei rendimenti crescenti. Il tipo di capitalismo di mercato basato sulla proprietà privata e sulla concorrenza non funziona bene in contesti con rendimenti crescenti.

Nel corso del ventesimo secolo, molti stati nazionali hanno sperimentato la socializzazione dell'economia. Il problema con lo "statalismo" il valore dello stato o più in generale di una politica storicamente arbitraria. Preoccupano quelle politiche che mirano a trasferire un significativo potere discrezionale agli stati nazionali attualmente esistenti.

Se vogliamo rifiutare il capitalismo e lo statalismo, cosa rimane? Il movimento RadicalxChange ha prodotto diverse idee politiche che si allontanano da queste insidie ​​e illustrano un diverso approccio sfruttando rendimenti crescenti per il bene dell'umanità. Molte delle idee politiche sono piuttosto specifiche.

Tutto può essere derivato, tuttavia, dalla stessa filosofia sottostante: il potere e i beni pubblici creati da fenomeni di rendimenti crescenti richiedono meccanismi di governance che allineino le politiche. Esempi chiave includono:

COME AVERE SEMPRE RAGIONE SU INTERNET (almeno quando si parla di politica).

COME AVERE SEMPRE RAGIONE SU INTERNET (almeno quando si parla di politica).

La cosa migliore è diventare libertari, si tratta dell'ideologia più coerente e più in linea con i valori della modernità, ovvero quei valori entrati nel buon senso della maggioranza. Ma che al contempo, lasciano spazio, diritto di espressione e rendono un doveroso tributo anche alla minoranza tradizionalista. In passato mi sono trovato abbastanza bene con questa ideologia, sentivo di avere la ragione dalla mia, mantenevo la tranquillità dei forti, talvolta giocavo persino come un gatto col topo, riuscivo a restare calmo e ad evitare patetiche arrampicate sugli specchi. Avere ragione, o per lo meno "sentire" di avere ragione, ti dà serenità. In fondo quando i tuoi argomenti sono deboli lo capisci, e la cosa ti inquieta, cominci a sbroccare e a buttarla in rissa.
Eppure, oggi i libertari sono in crisi, non ne vedi più tanti in giro. Io stesso mi smarco da certi estremismi. Non è un caso, il libertarismo vecchio stile non è in grado di affrontare in modo molto efficace una serie di problemi importanti, in particolare quello dei cambiamenti climatici o quello degli equilibri internazionali, tanto per citarne un paio. Inoltre, nel mondo del pensiero sono entrate in massa le donne, ovvero un "gruppo" allergico al libertarismo, cioè a un pensiero coerente ai limiti dell'autismo.
Anche la tradizione "liberale classica" - i progenitori di certo libertarismo - non ha più molto da dirci, si è concentrata sui problemi del XIX-XX secolo ma dalla II guerra mondiale in poi molto è cambiato.
Penso che la parte più intelligente dei libertari si sia evoluta verso una posizione che chiamerò di "statalismo libertario", un'ideologia molto meno coerente, ma molto più eclettica e pragmatica. Ecco, lo "statalista libertario" ha sempre ragione nei dibattiti sui social. Vediamo di sintetizzare le sue posizioni.
1. I mercati e il capitalismo sono molto potenti, occorre tribuare i dovuti onori a queste forze, rispettarle sempre e sfruttarle al massimo. Chi cerca ancora la rivoluzione è patetico.
2. Senza uno stato forte non c'è libertà ma legge del clan. Prima lo stato era necessario per sostenere la formazione del capitalismo e anche per proteggere i diritti individuali, oggi rimane necessario per mantenere ed estendere il capitalismo e i mercati. Per esempio, per tenere a bada la Cina, nonché per sviluppare leggi e regolamenti efficaci nella gestione del capitale immateriale, della proprietà intellettuale e delle big tech.
3. Uno stato forte non è necessariamente uno stato esteso. Ripeto, uno stato forte dovrebbe considerare il mantenimento e l'estensione del capitalismo come uno dei suoi doveri primari, in molti casi il suo dovere numero uno.
4. I rapidi aumenti nella forza degli stati possono essere pericolosi (i precedenti di Giappone e Germania inquietano), ma livelli elevati di capacità statale non sono intrinsecamente tirannici. La Danimarca dovrebbe avere un governo più contenuto, ma è ancora uno dei luoghi più liberi e sicuri del mondo.
5. Molti dei fallimenti di oggi derivano da un'eccessiva regolamentazione, ma molti altri dall'assenza dello stato. Un governo debole non riesce a mettere una carbon tax, a migliorare la scuola con i voucher, a tagliare la spesa pubblica, a privatizzare come si deve, a combattere la criminalità, a migliorare le infrastrutture, a gestire l'immigrazione.
6. Lo statalismo libertario ha una sua etica ben precisa: massimizzare la ricchezza nel lungo periodo. Il mercato da solo non potrebbe perseguire un fine del genere.
7. L'esperienza di crescita fondamentale degli ultimi decenni è stata l'ascesa del capitalismo, dei mercati e degli elevati standard di vita nell'Asia orientale. Lo statalismo libertario non ha alcun problema o imbarazzo nel sostenere tali sviluppi. Non è preoccupato se lo stato è dovuto diventare più forte per ottenere quei risultati, sa che si tratta di un passaggio obbligato. I miglioramenti della salute pubblica, per esempio, sono un successo del nostro tempo, e lì la forza dello stato è stata importante, ammettiamolo.
8. Le principali aree problematiche del nostro tempo sono l'Africa e l'Asia meridionale. Si tratta di aree con mercati carenti, ma anche con stati deboli.
9. Lo statalista liberale non è di sinistra, sponsorizza programmi in cui lo stato ha un ruolo chiave come quelli relativi a infrastrutture, sussidi scientifici, energia nucleare, programmi spaziali. Si tratta di cose dove la sinistra tentenna, e di fatto le sacrifica in nome delle sue preoccupazioni egualitarie o legate agli stili di vita. Ad esempio, la guerra ai cambiamenti climatici richiede misure - come la carbon tax - che acuiscano le diseguaglianze. Un libertario statale è pronto ad attuarle, la sinistra non procederà mai senza aver fatto "quadrare i conti sociali", e in questo caso campa cavallo... Mi taccio poi sul nucleare o sull'ingegneria ambientale: sono soluzioni che non incidono sui nostri stili di vita e che quindi la sinistra disdegna. Altro esempio, la sinistra ha in mano molte grandi città, ovvero luoghi dove la presenza di un governo forte è essenziale. Ebbene, il fallimento è visibile ovunque, spesso, avendo in mente la "città ideale", ha trasformato questi posti in isole per privilegiati con cinture periferiche immense e poco curate.
10. Ma il libertario statalista non ha nemmeno alcun problema a sostenere il governo e la governance di qualità, mentre il libertarismo tradizionale è più sedotto dalle piccole realtà, spesso corrotte.
11. In politica estera il libertario statalista non è interventista ma crede in robuste alleanze con nazioni relativamente libere, quando possibile. La lunga pace del XX secolo non puo' essere trascurata. Detto questo, lo scetticismo tipico dei libertari resta nelle sue corde quando valuta le singole azioni militari.
12. Da ultimo la grande obiezione libertaria ai libertari statalisti: se concedi qualcosa allo stato, magari anche di ragionevole, poi lui si prende tutto. Vero, in teoria. Non solo, il libertario statalista deve rimanere sensibile a questa obiezione. Ma se guardiamo alla storia anziché alla teoria le cose non son o sempre andate così: si parte dai clan, si passa a stati dove l'abuso verso i singoli è la regola per approdare poi a stati dove il governo migliora. Insomma, la nostra fortuna è che gran parte delle libertà individuali restano correlate con l'efficienza, e l'efficienza prima o poi diventa l'obbiettivo dei governanti più illuminati. I governi più efficienti, alla lunga, prevalgono.
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martedì 31 dicembre 2019

COME E' INIZIATO L'UNIVERSO?

Sappiamo che l'universo si espande e man mano che lo fa la materia e l'energia si diluiscono. Quindi, quando l'universo era più "giovane", la materia e l'energia erano molto più dense, la temperatura era più alta e le particelle si scontravano più frequentemente e ad energie più elevate.
Cosa succede quando queste condizioni si fanno sempre più estreme - ovvero man mano che andiamo verso l'origine? Le più alte energie di collisione tra particelle sono state osservate nel Large Hadron Collider. Lì dentro fa caldino (dieci milioni di miliardi di Kelvin). Di cosa succeda a queste temperature possiamo ancora dire qualcosa, ma se andiamo oltre dobbiamo abbandonarci a mere speculazioni.
Il modo più semplice per speculare sull'universo primordiale è di estrapolare da teorie conosciute ponendo che valgano anche in quelle condizioni estreme che non ci è dato riprodurre. Si puo' pensare allora che alla fine si raggiungono densità di energia così elevate che le fluttuazioni quantistiche di spazio e tempo diventino in qualche modo rilevanti. Per calcolare ciò che accade, avremmo bisogno di una teoria della gravità quantistica, ma non l'abbiamo. Quindi, in breve, la risposta scientifica è che non abbiamo idea di come sia iniziato l'universo.
Di certo c'è solo il fatto che se scrivi una roba del genere nel tuo libro, non verrà mai pubblicato, quindi qualcosa devi inventarti. L'ipotesi più popolare è che il nostro universo sia nato da una "fluttuazione quantistica" nel campo di inflazione, e questo evento di nascita è chiamato "Big Bang". In realtà, se credi a questa storia (ci sono dati compatibili ma nessuna prova), non c'è motivo per non credere che le fluttuazioni quantistiche continuino ancora al di fuori del nostro universo generando così molti altri universi. Ma ho veramente capito quello che ho detto? Forse, fin qui, la mia intuizione di profano puo' ancora sorreggermi, in fondo se nella meccanica quantistica alcuni eventi non hanno una causa posso anche capire che esista una "prima mossa" incausata che di il la a tutto. Noto solo che la fluttuazione di cui si parla presuppone un "campo", ovvero "qualcosa", non il nulla. Per dirla meglio: Il nulla dei filosofi mi sembra diverso da quello dei fisici. Lo preciso affinché non si traggano conclusioni teologiche affrettate. Non solo, date le precondizioni necessarie, la fluttuazione fatale si dovrebbe realizzare in tempi relativamente brevi (il campo è instabile), cosicché l'universo nato da una fluttuazione ha necessariamente un inizio, non è mai eterno "all'indietro". Non per niente parliamo di Big Bang.
Un'altra storia, meno popolare, narra che l'universo non è nato una volta ma è "ciclico". Nei modelli ciclici, il Big Bang è sostituito da una sequenza infinita di "Rimbalzi": si nasce, ci si espande, si collassa e si rinasce.
Esistono diversi tipi di modelli ciclici. Uno si chiama Universo Eucariote, un'idea presa a prestito dalla teoria delle stringhe. Io però questa teoria non l'ho mai capita nemmeno a livello intuitivo, e, di conseguenza, non capisco l'idea di universo eucariote. Oltretutto, ho raggiunto un'età in cui quello che si capisce poco ci sembra poco serio. Per questo dico: boh. Lo dico anche perché non ho molta voglia di approfondire: la scienza è una materia noiosissima, altrimenti non sarebbe così affidabile; se scatenasse passioni e quindi anche partigianeria, diventerebbe inaffidabile come gli altri saperi.
Un'altra idea di un universo ciclico la dobbiamo al matematico Roger Penrose. Si sostiene che l'universo in espansione diventa così grande ma così grande da togliere senso a qualsiasi scala, non si puo' cioè più distinguere il grande dal piccolo, in una simile situazione puoi "incollare" insieme la fine di un universo con l'inizio di un nuovo. Anche in questo caso non riesco ad intuire di cosa si parla. Quindi, boh.
Un'altra teoria afferma che nuovi universi nascano dai buchi neri. Qui si puo' dire di tutto poiché cosa succeda nei buchi neri nessuno lo sa. Boh.
C'è anche la possibilità che l'universo non "inizi" davvero, ma che prima di un certo momento ci fosse solo spazio senza tempo. Si chiama "modello senza confini" e risale a Jim Hartle e Stephen Hawking. Boh.
Una scomparsa del tempo molto simile è stata introdotta nei calcoli basati sulla cosmologia quantistica a ciclo continuo (non so bene cosa abbia detto). Si parla di "silenzio asintotico". Boh.
Quindi abbiamo la "String Gas Sosmology", in cui l'universo primordiale è rimasto in uno stato di immobilità per un infinito lasso di tempo prima di iniziare ad espandersi. Boh-boh-boh.
E poi c'è la cosiddetta Cosmologia dell' Unicorno, secondo la quale il nostro universo è germogliato da una merda di unicorno. Devo pensarvi su quando sarò più lucido.
I tanti boh che costellano queste righe derivano dal fatto che si scrive un modello matematico e poi si cerca di tradurre in parole delle equazioni che in realtà non descrivono nulla di osservabile, cio' che residua è un gergo che lascia poco spazio alle intuizioni del profano. I fisici hanno molte idee ma nessuna è supportata da prove, e la gran parte di queste ipotesi non verrà mai testata con esperimenti in qualche modo cruciali. Questo è un mondo in cui i nostri sforzi scientifici sono fondamentalmente limitati. I fisici hanno scritto parecchie "storie matematiche" su come tutto è iniziato, ma queste non sono necessariamente migliori delle tradizionali storie sulla Creazione. Di certo sono molto più noiose.

IL ROBOT CHE TI LICENZIERA'

Marco Bentivogli, uno dei sindacalisti più stimati in circolazione, ha scritto un libro sul tema del futuro: occupazione e robot. Non l'ho letto, anche se ho intenzione di farlo, ma prima di attaccare ho intenzione di riordinare le idee che mi sono fatto in proposito in questo post: mai presentarsi di fronte alla lettura in forma di tabula rasa!
Man mano che software e hardware si potenziano, in molti si preoccupano che l'automazione crescente porti ad una sorta di crisi economica. Di fronte a questa minaccia c'è chi invoca un reddito universale e chi invece vorrebbe tassare le macchine. Ma oggi la disoccupazione tecnologica è davvero un problema? A livello mondiale, i tassi di occupazione sono sui livelli storici. Ciò sembra dimostrare che i lavori creati tengono il passo con quelli automatizzati. La prospettiva per alcuni lavori in particolare resta rosea: assistenza sanitaria, energie rinnovabili e diverse professioni informatiche. Per altri volge al grigio: segretarie, impiegati, assemblatori, manutentori di tecnologie obsolete come treni o orologi da polso. L'automazione sembra soprattutto minacciare le medie competenze: cio' ha spinto a specializzarsi oppure a rassegnarsi ad assumere lavori meno prestigiosi.
Ma guardiamo al passato: prima della rivoluzione agricola, quasi tutti erano cacciatori e/o raccoglitori. Durante il periodo compreso tra l'8000 e il 4000 a.C., ci fu la grande riconversione all'agricoltura. Prima del 1400, circa il 70% dell'intera occupazione era in agricoltura. Oggi, nelle economie avanzate, è solo un 1-5% della forza lavoro è in quel settore. Al suo apice, durante la seconda guerra mondiale, quasi il 40% dell'occupazione era nell'industria produttiva. Oggi quel numero è inferiore al 10. Anche il lavoro casalingo è crollato da 60 ore settimanali nel 1900 a solo 15 ore settimanali oggi. Ecco, nel corso di queste drammatiche transizioni il lavoro complessivo, lungi dal diminuire, è anzi cresciuto!
Un'altra variabile da tenere d'occhio è il PIL. Prima del 1000 d.C., il PIL pro capite era ovunque inferiore a 1000 dollari. Oggi nei paesi occidentali è di circa 50000 dollari. Poiché le doti naturali dell'uomo non sono cambiate, l'aumento di produttività è dovuto alla tecnologia (istruzione, processi, strumenti, macchinari, know-how), che consentono alle persone di produrre più valore per ogni ora di lavoro. Ciò significa, è una metafora, che ad ogni persona si sono affiancati circa 49 "robot". Tuttavia, l'occupazione è allo stesso livello di sempre, per cui questi 49 robot che lavorano al nostro posto jon ci hanno affatto sostituito. Certo, resta vero il fatto che se il ritmo dell'automazione del lavoro fosse molto rapido potrebbe non esserci il tempo per le persone di riqualificarsi abbastanza velocemente, il che causerebbe tassi di disoccupazione più elevati. Non sembra però che siamo a questo punto.
Volendo fantasticare possiamo chiederci se ci sono cose in cui i computer non supereranno mai l'uomo. In passato l'elenchino è stato fatto: scrivere barzellette, scrivere romanzi, esprimere compassione, cucinare in modo creativo, agire in modo creativo, rappresentare e inventare concetti, astrarre da pochi dati disponibili, esprimere emozioni, darsi una motivazione, avere un'intelligenza sociale e collaborare. Oggi si è molto meno fiduciosi sul fatto che queste aree restino vergini. I ricercatori sono consapevoli dei limiti dell'automazione tradizionale e stanno attivamente cercando di trovare modi per eluderli: esistono già robot che raccontano barzellette, scrivono romanzi, eccetera. Il fatto è che chi afferma che una macchina non può provare emozioni, tira il sasso e nasconde la mano: può infatti sempre dire che la macchina si comporta COME SE provasse un'emozione ma in realtà non ha nessuna coscienza dell'emozione stessa. La coscienza, infatti, è qualcosa su cui nessuno puo' indagare, non abbiamo nessuna idea di come testare se la coscienza fenomenica sia presente in una persona, in un animale o in una macchina. Tuttavia, ai fini dell'assunzione per un posto di lavoro, è sufficiente la capacità di simulare accuratamente le emozioni, non di provarle. Quindi concluderei dicendo - in modo un po' pessimistico per i lavoratori - che le macchine possono sostituire l'uomo in ogni lavoro.
Quali lavori saranno automatizzati a breve? Alcuni studiosi hanno provato a rispondere dando importanza alla destrezza manuale, allo spazio di lavoro, alle posizioni scomode, alla creatività e alla percezione sociale del ruolo. Si giunge alla conclusione che circa metà dei lavori saranno automatizzati in breve tempo. Ciò include la maggior parte dei lavori amministrativi, dei lavori legati alla vendita, alcuni lavori di servizio e la maggior parte dei lavori di produzione e trasporto. Tuttavia, altri studiosi mettono in rilievo la formazione ideale sarà comunque un mix uomo macchina. Tenendo conto di questi aspetti, solo un 10% dei posti di lavoro risulta essere a rischio.
Alla fine, tuttavia, tutte le abilità umane saranno automatizzabili, anche se molto probabilmente non saremo testimoni di questo passaggio nelle nostre vite. Non sembra che ci siano limiti fisici fondamentali che lo impediscano. I computer continueranno ad aumentare di capacità fino a quando saranno in grado di svolgere qualsiasi compito intellettuale richiesto ad un essere umano. Quando i costi di sviluppo e implementazione della tecnologia scenderanno sotto il costo del lavoro, i lavoratori saranno inevitabilmente sostituiti. Il prezzo dell'informatica è in costante calo ormai da diversi decenni e non ci sono limiti a questo miglioramento.
Vi sono, tuttavia, alcuni lavori che per una certa sensibilità sociale pretenderemo che siano svolti da un essere umano. Per esempio: produzione di articoli fatti a mano, creazione di opere d'arte, cucina, arti e spettacolo ( recitazione, danza, cabaret, ecc ...), servizio domestico (servitori personali come maggiordomi, giardinieri, ecc.), sport, parrucchieri e simili, massaggi e altri servizi alla persona, alcuni aspetti dell'assistenza medica, alcuni aspetti dell'insegnamento (motivazione, tutoraggio), alcuni aspetti della guerra (decisioni su quando usare la violenza), servizi religiosi, servizi mortuari, politica.
Con l'automazione, quali effetti economici dovremmo aspettarci? Intorno al 1800, l'economista Jean-Baptiste Say sostenne che i lavoratori spiazzati dalle nuove tecnologie avrebbero trovato lavoro altrove una volta che il mercato avesse avuto il tempo di adeguarsi. In seguito Marx avrebbe chiamato l'idea di Say "teoria della compensazione". Ciò include un'occupazione aggiuntiva nel settore dei beni strumentali, una riduzione dei prezzi, nuovi investimenti e nuovi prodotti. Say ebbe ragione e, in generale, questa è ancora l'opinione prevalente tra gli economisti. Secondo la teoria di Say, il fatto che certi lavoratori vengono licenziati dalle macchine, libera il capitale che il proprietario utilizzerà per assumere altri lavoratori in modo da svolgere altri lavori. Per questo motivo, il numero di lavoratori assunti non diminuisce a causa dell'automazione, anzi, aumenta. Inoltre, l'automazione riduce i prezzi dei beni, rendendoli più convenienti. Riduce anche i prezzi dei componenti, rendendo possibili nuovi prodotti. Le aziende che producono questi beni realizzano maggiori profitti, cio' consente di investire e assumere. A causa di questi effetti, finché il mercato avrà il tempo di adattarsi, non dovremmo aspettarci di vedere livelli crescenti di disoccupazione. È possibile che questo processo continui fino al punto in cui tutti i lavori saranno eseguiti dalle macchine. In teoria, fino a un attimo prima, la "legge di Say" è in vigore. Penso che Bentivogli abbia in mente dinamiche del genere visto e considerato l'ottimismo che ostenta.
Altri concludono che in futuro l'automazione eserciterà comunque una pressione al ribasso sui salari, aumentando nel contempo l'importo guadagnato dagli azionisti. L'automazione spinta migliorerà gli standard di vita poiché la quantità di valore prodotto pro capite aumenterà sempre di più. Un altro effetto potrebbe essere la riduzione dell'orario di lavoro - man mano che l'automazione procede, si potrebbe impiegare lo stesso numero di persone, ma con meno ore a settimana o più giorni di ferie all'anno. E' lecito attendersi che man mano che le macchine avanzano, sempre più persone si troveranno sotto la linea di galleggiamento, incapaci di trovare un lavoro che l'IA non possa fare meglio, saranno forse quelli con il QI più basso o qualcosa del genere.
Supponiamo di arrivare al punto in cui i robot potranno fare letteralmente qualsiasi lavoro. Cosa succederà all'economia? Le persone continueranno probabilmente a dirigere le fabbriche, specie quelle che fabbricano robot. Ma la maggior parte delle persone non lavorerà più: o vivrà di rendità, o con i benefici elargiti da un welfare state ricchissimo. Fino a che punto l'economia ridistribuirà la ricchezza generata da questa economia, è una questione politica. Una cosa è certa: se sarà possibile creare macchine con intelligenza e abilità a livello umano, sarà possibile anche andare oltre, ovvero creare, magari a cura dei robot intelligenti stessi, macchine con intelligenza e abilità sovrumane, il che complica tutto e rende ogni previsione velleitaria.
Conclusione: anche se quasi tutti i posti di lavoro attualmente esistenti alla fine saranno automatizzati, man mano che avanziamo verso quel punto, continueranno ad essere creati nuovi posti di lavoro, prevenendo il tipo di disoccupazione di massa o bassi salari, purché il mercato abbia il tempo di adeguarsi. La politica dovrebbe limitarsi a gestire delle transizioni. Un problema potrebbe sorgere se i ritmi dell'innovazione dovessero accelerare. Tuttavia, una volta che le macchine supereranno le capacità umane, giungeremo ad un punto di "singolarità", l'intera economia che conosciamo si muterà in un oggetto misterioso e non possiamo dire più nulla nel merito, i nostri modelli economici diventerebbero carenti e il futuro imprevedibile. Un po' come la fisica tradizionale che si ritrova impotente nel descrivere il cuore del buco nero. Ci sarà chi vivrà di rendita e chi di welfare, ma in realtà non sappiamo nemmeno fino a che punto gli uomini controlleranno l'economia e la loro civiltà, per non parlare del modo in cui funzionerà l'occupazione. Ad ogni modo, i guadagni economici che derivano da tutta questa automazione affluiranno principalmente a coloro che possiedono le macchine. Investendo di più, creeranno nuovi prodotti, spenderanno di più, pagheranno più tasse e faranno più beneficenza, la civiltà in generale ne trarrà un beneficio. Una cosa è certa: la ricchezza in circolazione sarà incredibile rispetto agli standard attuali. E la felicità? Boh.

lunedì 30 dicembre 2019

https://feedly.com/i/entry/0q+Pp2Og0uuHXZZ8b1r/ET2OXlK6uZwzRHuugP02XOs=_16ed51ba4bd:12e2d:d0c89438

forse loss aversion non esiste

lo si confonde con l'effetto sopravvivenza: perdere troppo significa morire.

infatti loss aversion c'è solo su grandi scommesse
https://feedly.com/i/entry/Od/Z0OrlTBzSrJtcae1t5qtueOtvOco3UFNx6gD9Pd4=_16f553f0567:9c0438:878e51c9

LA BUONA POLITICA INFORMATA AL PECCATO ORIGINALE.

LA BUONA POLITICA INFORMATA AL PECCATO ORIGINALE.

La dottrina politica di ogni buona destra si fonda sulla dottrina teologica del peccato originale.
L'uomo di destra sa bene l'albero da cui hanno mangiato i nostri progenitori: quello della Conoscenza. Quindi sa bene l'insidia a cui siamo più soggetti: l'abuso della conoscenza.
L'uomo di destra sa che gli sforzi umani per controllare la contingenza sono essi stessi soggetti alla medesima contingenza che vorrebbero controllare. I problemi di fondo non si risolvono con un decreto legge o con una tecnologia, perché tali rimedi sono soggetti alle stesse insidie che intendono correggere. Il governante ha i limiti del governato, non è né migliore né peggiore: se il governato non fosse un peccatore, non avrebbe bisogno del governante; se il governato è un peccatore, allora anche il governante lo è, e non risolverà mai i problemi del primo, al limite li amplificherà. I 3/4 della buona politica dovrebbero essere costituiti da inazione e preghiera.
La risposta risoluta a tutto questo è che si tratta di una compiaciuta e cinica razionalizzazione. Ma il problema o è reale o non lo è. Il modo giusto di rispondere alla destra illuminata dal peccato originale è indicare dove sbaglia.
Qualcuno potrebbe reagire dicendo che la destra ha ragione ma anche se fosse vero che non possiamo risolvere tutti i problemi con una legge, possiamo comunque migliorare la nostra condizione. Purtroppo, pensando in questo modo ci si dimentica che i vizi arrivano in coppia. Se c'è il pericolo di arrendersi troppo presto, c'è anche il pericolo di spingersi troppo in là. L'insistenza nel cercare soluzioni laddove non ce ne sono è una ricetta per perdere tempo, risorse ed energia emotiva. Un tipo del genere è inoltre destinato ad esacerbare la demagogia e la partigianeria. Qualcosa di cui davvero non abbiamo bisogno.
Un politico che promette soluzioni a un problema che ha la preghiera come unica soluzione, incamera un ovvio vantaggio rispetto a chi riconosce francamente che il problema può essere al massimo gestito e non risolto. Ha anche un incentivo a demonizzare l'avversario come nemico del progresso umano.
La politica democratica scatena al massimo l' illusione che per ogni problema, c'è un colpevole da biasimare. Una volta tolto di mezzo il colpevole, sarà possibile varare la "mitica riforma" e le cose andranno meglio.
Il vantaggio politico di pensare in questo modo è enorme: la massa vuole qualcuno con idee e fiducia in se stesso, non qualcuno che sui temi più complessi si affidi alla Provvidenza. Il primo è uno che sa, uno che accusa, uno con un piano, uno con la pallottola d'argento in canna, con la leggina giusta nel cassetto.
Il secolarismo potrebbe essere un'altra fonde di illusioni. È più facile accettare il fatto che alcuni problemi siano semplicemente parte della condizione umana, e quindi senza un colpevole, quando il tuo cuore attende un'aldilà. Al contrario, se pensi che questa vita sia tutto ciò che c'è, allora il fatto che alcune delle sue miserie non possano essere risolte ti getta nella disperazione. Sarai più portato a credere che ci sia sempre una soluzione, e di conseguenza a demonizzare coloro che la negano.
Tuttavia, non trovo del tutto convincente questo argomento, talvolta è proprio la religiosità a favorire l'illusione che ci sia un colpevole responsabile del male. In effetti, capita spesso che siano i meno religiosi a professare un maggior scetticismo. Se pensi che non ci sia un creatore benevolo e nessuna provvidenza divina, potresti essere più incline a pensare che gran parte del male è semplicemente il risultato inevitabile di forze fuori controllo. D'altro canto, le persone religiose possono anche essere inclini a sopravvalutare la responsabilità umana per il male commesso, e dietro questo istinto si annida spesso una cattiva comprensione del peccato originale. E' proprio questo il tema che vorrei affrontare nel resto del post.
La pena del peccato originale è essenzialmente una privazione piuttosto che una maledizione (con annesso "danno positivo"), e in particolare la privazione di una guida soprannaturale. Dopo la cacciata dell'Eden la natura umana resta buona, ma è fortemente limitata. Ad esempio, data la nostra dipendenza dai corpi, siamo fortemente limitati nella conoscenza. Se siamo nel posto sbagliato al momento sbagliato o conosciamo le persone sbagliate, siamo destinati a cadere in errore e questi errori si mescoleranno nel tempo creando un caos dove ogni tentativo di orientarsi risulta inaffidabile. E questo sarebbe vero anche a prescindere da eventuali peccati che potremmo commettere. I nostri guai sono semplicemente un sottoprodotto dei nostri limiti. Avremmo bisogno di una guida sicura a cui affidarsi; nel Paradiso Terrestre c'era, ma, da quando i nostri progenitori hanno scelto di fare da soli, quella guida ha preferito rispettare la nostra volontà lasciandoci vagare nelle tenebre esattamente come avevamo chiesto.
Alcune persone, invece, sembrano pensare che ogni cosa brutta che ci accade sia in qualche modo una punizione per l'errore dei nostri primi genitori (come una specie di karma), In breve, c'è la tendenza a pensare che il peccato originale comporti una cattiva azione dietro ogni cosa cattiva che accade. Ma questo è un malinteso con ripercussioni sulla politica! Quando una persona scivola e cade da una scogliera o contrae una malattia o perde tutto il suo denaro nel mercato azionario, la dottrina del peccato originale non implica che quei danni specifici siano stati meritati come punizione (da lui o dai nostri primi genitori). Disgrazie di questo tipo sarebbero evitate solo con un aiuto divino che i nostri genitori hanno scelto di rifiutare. In questo senso non ci sono colpe particolari, nessuno puo' governare il caos/complessità, nessuno puo' prevedere cosa potrebbe succedere nel caos/complessità. Se c'è un embrione di colpa è proprio in chi si illude e pensa il contrario (Adamo, Eva, il politico progressista). Costui perpetua il peccato originale: non fa del male, magari il suo cuore è anche buono, semplicemente non riconosce dei limiti. Potremmo definirla, al massimo, una forma di stupidità.
In conclusione, l'azione umana può sembrare così maligna che è più facile cadere nella trappola di pensare che quando accade qualcosa di brutto, dietro ci sia qualcuno da incolpare, o che coloro che si oppongono a un rimedio proposto devono avere motivazioni malvagie. Tuttavia, è proprio la dottrina del peccato originale ben compresa che ci aiuta a guarire da questo istinto riformatore/accusatore che ci minaccia da sempre da vicino.