Interpretazione bayesiana della meccanica quantistica - Fuchs Non dire gatto se non l'hai nel sacco.
Non oso mai parlare del gatto di Schrödinger senza prima "pararmi il culo" citando le grandi conquiste della fisica subatomica nel XX secolo e e impugnando un tomo spesso e pieno di matematica astrusa. In caso contrario rischierei di passare per matto. Perché mai dovrei dire che un gatto che non vedo è sia vivo che morto quando posso benissimo descrivere la situazione dicendo che IO non so se è vivo o morto? Voglio forse fare il pagliaccio per stupire i miei nipoti al cenone di Natale con quello che è solo uno scoperto sofisma ch enemmeno ho capito bene? Come biasimare chi ascolta se non ti dà credito. Ma il fatto più rilevante di questa storia è che l'ovvia interpretazione dei miei piccoli amici delle scuole medie può tranquillamente essere estesa a tutta la fisica quantistica. Non c'è micro o macro che tenga, molto semplicemente le funzioni d'onda non descrivono stati oggettivi del mondo ma rappresentano espressioni soggettive di credenze e conoscenze dell'osservatore sulle possibili condizioni di un sistema. Così come, molto semplicemente, non so se il gatto di Schrödinger sia vivo o morto e lo scopro una volta che apro la gabbia, lo stesso posso pensare quando mi concentro sulle particelle subatomiche. Quel fenomeno stranissimo da cui originano i mille paradossi della meccanica quantistica, ovvero il "collasso d'onda", potrei tranquillamente chiamarlo in modo più modesto "aggiornamento delle mie credenze di fronte a un fatto nuovo". Insomma, le probabilità potrebbero essere usate per descrivere le mie credenze anziché la realtà. Tutto diventerebbe più comprensibile a tutti, con la teoria che continuerebbe a funzionare nella pratica un po' come prima. Non solo il paradosso del gatto ma anche il paradosso EPR o l'esperimento della Doppia Fenditura non presentano più un problema.
Perché allora la scienza non si adegua? Mah, questa, in fondo, è solo un'interpretazione e gli scienziati non sono grandi filosofi, nemmeno sono poi così interessati alla cornice filosofica. Vanno avanti per inerzia con le loro abitudini anche quando producono un quadro contorto. Eppure anche molti grandi filosofi che capiscono bene la teoria non si sono sbilanciati in questo senso. Forse una proposta del genere enfatizza troppo la soggettività interpretando le probabilità come come grado di credenza dell'osservatore piuttosto che come proprietà oggettiva del sistema fisico. La scienza, al contrario, si vede da sempre impegnata a cercare leggi universali e oggettive che descrivano il mondo indipendentemente dall'osservatore. Da Monod in poi, ha un sacro terrore del soggetto, vuole tenerlo fuori da ogni suo paradigma, talvolta sembra in preda a capricci isterici quando il soggetto fa capolino all'orizzonte. Magari teme di introdurre il seme del relativismo ma con una buona teoria (filosofica) della percezione tutto questo puo' essere scongiurato.
da albert (e huemer) è un post facebook
Il comportamento degli elettroni è abbastanza facile da descrivere ma quasi impossibile da interpretare. Mi occupo del compito facile ispirato dal primo capitolo di "Meccanica quantistica e senso comune" di David Albert. A voi lascio quello difficile.
Ogni elettrone puo' essere bianco o nero e ci sono dei misuratori del colore in grado di dircelo. Ma puo' essere anche duro o tenero, e ci sono dei misuratori della consistenza in grado di dircelo. Tra consistenza e colore non c'è correlazione, il che significa che se immettiamo degli elettroni bianchi in un misuratore della consistenza, metà saranno duri e metà teneri. Allo stesso modo, se mettiamo degli elettroni duri in un misuratore del colore, metà saranno bianchi e metà neri. E' un po' come se il misuratore del colore resettasse la consistenza degli elettroni in entrata e il misuratore della consistenza resettasse il colore in entrata. Purtroppo, per quanto appena detto, non c'è neanche modo di accertare le due proprietà in un singolo elettrone. Esempio, se inserisco elettroni bianchi in un misuratore della consistenza avrò il 50% degli elettroni in uscita duri e il 50% teneri. Posso anche isolare le due metà e quindi, potrei essere tentato dal dire che la metà dura è "dura e bianca". Ma, per quanto detto prima, qualora misurassi il colore, riceverei una smentita: metà di quel sottogruppo di elettroni è nera. Il misuratore di consistenza, come dicevo, ha resettato il colore.
Fin qui siamo di fronte a semplici stranezze come ce ne sono tante quando si studia il mondo fisico. La parte sconcertante deve ancora arrivare e arriva quando costruiamo la macchina della figura sotto: un mega-misuratore (foto) che in ingresso (in basso a sinistra) ha un misuratore della consistenza e in uscita (in alto a destra) ha un misuratore del colore. Gli elettroni inseriti vengono sottoposti ad una prima misurazione e poi, attraverso degli specchi, rimbalzano e confluiscono in modo da sottoporsi alla seconda misurazione. Niente di speciale e, per quanto detto prima, dovremmo essere in grado di prevedere i risultati finali. Esempio: se immetto nel mega-misuratore elettroni duri, la macchina della consistenza confermerà la loro durezza (100% duri) e la macchina del colore resetterà la consistenza ripartendoli per colore nel solito modo: 50% bianchi e 50% neri. L'esperimento conferma le aspettative. Bene. Se invece immetto elettroni bianchi, la macchina della consistenza dovrebbe resettare il colore e ripartire per consistenza: 50% duri e 50% teneri. Le due metà, poi, confluiscono rimbalzando sugli specchi nel secondo misuratore che, resettando a sua volta la consistenza, ripartisce equamente per colore: 50% bianchi e 50% neri. L'esperimento smentisce le aspettative: gli elettroni escono dal mega-misuratore al 100% bianchi. Cosa è successo? Ma non finisce qui. Dopo la prima misurazione, come dicevamo, si creano due flussi: 50% duri e 50% teneri. Con un diaframma posso stoppare uno dei due flussi; mi aspetto che, in un caso del genere, usciranno dal mega-misuratore solo il 50% degli elettroni immessi. Infatti è proprio così. Solo che questa volta sono tornate in vigore le regole canoniche, la metà che esce è al 50% composta da elettroni bianchi e al 50% neri. I casini si limitano misurando due flussi alla volta. Agendo sul diaframma le regole vengono rispettate mentre senza diaframma le regole vengono violate. Perché?
Si potrebbe dire che il mega-misuratore non sia neutrale, ovvero che interferisca sugli elettroni, magari attraverso gli specchi. Tuttavia, non chiedetemi perché, oggi siamo certi che non sia così: l'interno del megamisuratore è una camera oscura del tutto neutrale, così come lo sono gli specchi. Si potrebbe dire che i due flussi degli elettroni comunichino tra loro in qualche modo sabotando le nostre aspettative, ma quando e come lo fanno? Il diaframma puo' essere posto ovunque, anche al termine della corsa, e ogni volta, indipendentemente dalla sua posizione, cambia radicalmente l'esito dell'esperimento. In poche parole, l'azione è talmente veloce che un eventuale comunicazione tra i due flussi dovrebbe eccedere la velocità della luce, il che va contro le leggi della fisica. Per questo la comunicazione ipotizzata viene definita come "azione spettrale", perché non puo' avere natura materiale. Ecco, poiché si tratta di un'azione spettrale potremmo ipotizzare l'intervento di spettri o fantasmi ma non mi sembra che gli scienziati siano entusiasti. Si potrebbe dire, ricorrendo al dio tappabuchi della scienza, che si entra in dimensioni differenti mentre noi, potendo misurare solo nella nostra, rimaniamo ingannati. Mmmmmm. Il dio tappabuchi della scienza desta gli stessi sospetti di quello della religione. Se avete la vostra ipotesi questo è il momento di avanzarla.
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UNA TEORIA SBAGLIATA Cercare di interpretare le stranezze della meccanica quantistica mi sembra uno sforzo inane che trasforma gli scienziati in filosofi distraendoli dal loro compito. Ne escono congetture dubbie e difficilmente verificabili con esperimenti. Meglio allora considerarla una teoria fondamentalmente sbagliata che funziona e impegnarsi a sfruttarla al massimo. In questo senso l'interpretazione do Copenhagen IC non è così male purché la si consideri una mera descrizione algoritmica piuttosto che una teoria (Mauldin e altri negano lo status di teoria)
MQ E BUON SENSO Prendiamo la meccanica quantistica, ovvero la prima teoria che tenta una liquidazione del buon senso. Tuttavia, le affermazioni sugli stessi risultati sperimentali da cui tale teoria deriva traggono la loro autorità dal buon senso. Lo stesso Niels Bohr ha sottolineato esattamente questo punto in una delle sue discussioni in cui parla di interpretazione “classica” degli esiti sperimentali (nel suo gergo “classico” equivale a buon senso). In altre parole: la teoria liquida il buon senso per poi recuperarlo quando constata i dati sperimentali.
per il resto vedi voce feedly con huemer e hossenfelder
https://feedly.com/i/board/content/user/11891599-506c-4fc2-b28b-b840b88888cc/tag/be88f8d7-c744-4284-b62c-46cc4331ac61
per la non località: https://spot.colorado.edu/~huemer/papers/qm3.htm
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