L’ immagine fornita della ricerca italiana è fin troppo rosea. All’ apparenza sembrerebbe molto produttiva. Ma, diciamocelo, che senso avrebbe una conferenza stampa della Fiat nella quale l’ AD annunciasse in modo entusiasta che la sua impresa ha prodotto 1mn di pezzi nell’ unità di tempo? Quel che conta è se gli ha venduti! Una produttività così intesa è compatibile con il fallimento. Ok, la “ricerca” non si vende ma in genere questo elemento cruciale è approssimato dalla qualità, che a sua volta è approssimata dalle citazioni ricevute. Ebbene, la ricerca italiana produce molti “pezzi” (articoli) e raccoglie anche parecchie citazioni; sembrerebbe tuttavia che il numero di citazioni dipenda più dal numero di articoli prodotti che da altro. Infatti, se si facessero graduatorie sulla base degli articoli significativi prodotti (ovvero con un numero medio di citazioni oltre una certa soglia) comincerebbero ad emergere le magagne. Certo, per completare l’ opera bisognerebbe pesare il tutto con popolazione nazionale (bacino di potenziali ricercatori) e spesa per la ricerca. Bè, in questo caso i giudizi sulla ricerca italiana non sarebbero così entusiastici, nemmeno se la poca spesa ci fa guadagnare qualche posizione, ci troveremmo infatti nella coda dei paesi “avanzati”. Se invece ci facciamo bastare il numero di articoli e il numero di citazioni complessive… chi si contenta gode