giovedì 15 maggio 2008

Il sesso come diga anti-AIDS

Uno non ci pensa mai abbastanza.

Ero rimasto che una cultura dell' astinenza fosse raccomandabile per arginare la diffusione dell' AIDS.

Invece mi dicono di no.

Attenzione, non mi dicono semplicemente che una simile cultura ha scarse possibilità di attecchire. Mi dicono che è dannosa e cio' che serve è esattamente l' opposto: un chiaro, sano incitamento all' attività sessuale. Siccome una simile campagna sarebbe socialmente molto utile come diga anti AIDS, sarebbe anche logico che goda di finanziamenti pubblici.

La tesi è stata divulgata da Steven Landsburg nel suo articolo su Slate (il più commentato in rete nel 2007) ora divenuto il cap.1 del libro a suo nome che tengo sul comodino.

Pensiamoci, una campagna che inviti a rilassarsi sessualmente non avrebbe nessun effetto sui libertini (in materia sono già molto rilassati). Andrebbe ad incidere invece sui soggetti più avveduti nelle scelte, sui tipi più morigerati e socialmente responsabili. Riferiamoci a loro come ai "sessualmente prudenti" (SP).

La logica di SL è semplice: l' epidemia si diffonde ramificandosi. La scesa nell' agone sessuale dei SP devitalizza i rami più rigogliosi e, al limite, fa nascere rami destinati a disseccarsi presto.

DEVITALIZZA: un SP puo' salvare vite facendo concorrenza ai contagiati. Il partner che abborda è al sicuro. Diversamente sarebbe potuto finire con un contagiato ricevendo a sua volta la malattia e facendosene veicolo.

DISSECCA: per sua natura SP esamina spesso il suo stato di salute. Appena scopre di essere contagiato, si ritira da ogni attività sessuale (è responsabile!).

SL fa un esempio: in una comunità le mogli sono fedeli ma i mariti devono avere almeno 2 partner sessuali all' anno. Esiste un postribolo che ospita prostitute in cui il contagio è molto diffuso. Se queste sono le condizioni di partenza, ben presto la malattia si estenderà a tutta la società. L' ancora di salvezza? Chiedere alle mogli di divertirsi un po' di più praticando l' adulterio.

Obiezioni? Si potrebbe timidamente affermare che, in queste materie, una volta impressa la svolta al proprio stile di vita, è difficile mantenere la misura. Anche la persona più dilgente, una volta messasi sul piano inclinato della lascivia, slitterà nel libertinismo. E a quel punto non potrà più rendere alcun servigio, anzi, sarà una mia vagante in più.

Obiezione deboluccia.

Il ragionamento non fa una grinza, in teoria. Il bello è che funziona anche in pratica, almeno stando agli studi del Prof. Michael Kramer.

Una campagna di castità potrebbe essere utile, ma dovrebbe essere rivolta ai libertini con scarse probabilità di successo. In più dovrebbe essere inaccessibile ai SP perchè in quel caso, lo abbiamo visto, sarebbe solo dannosa.

Molti hanno reagito scandalizzandosi alla proposta di spingere SP a darci dentro: "... siete dei pazzi ad incoraggiare comportamenti a rischio...".

A rischio per l' interessato (SP) ma di grande beneficio per la comunità.

SL traccia un parallelo con il problema dell' inquinamento. Uscite scandalizzate come quella di cui sopra potrebbero essere rese in questo modo: "... siete dei pazzi ad incoraggiare comportamenti costosi come l' obbligo a non riversare gli scarichi nei fiumi...". Non scaricare nei fiumi è costoso per l' industriale ma la comunità ne trae un beneficio.

Chiarito questo punto, come incitare i SP a rilassare i propri costumi. L' operazione è difficile perchè chiediamo loro qualcosa che fa bene al mondo ma che a loro costa in termini di rischi effettivi.

Si potrebbero decantare le gioie del sesso, ma ci vorrebbe qualcosa di più concreto.

Si potrebbero distribuire preservativi gratis. Ma la cosa inciterebbe ulteriormente anche i libertini, ovvero i soggetti da tranquillizzare.

PROPOSTA MIA: all' acquisto dei preservativi si potrebbe abbinare un concorso a punti. Ce ne sono tanti ormai. Ma i premi dovranno essere scelti in modo da discriminare tra libertini e SP. Esempi DI PREMI: abbonamento gratuito alla stagione teatrale, cena con Umberto Eco, serata di gala al Teatro alla Scala, possibilità di pubblicare per una settimana sulla prima di Repubblica...

ADD1: la discussione si è spostata nei commenti a questo post.

mercoledì 14 maggio 2008

Decompressioni in quel di Gubbio








Ecco il più virtuoso nel pezzo meno virtuoso della sua carriera. La qualità non ne risente. Sarà che sonava a Teatro in quel di Gubbio, posto che disperde anche la cattiveria dei lupi, scioglie le frenesie e riconcilia ciascuno con il suo Dio. Anch' io e la miri, prima di precipitarci in vacanze mondane, facciamo sempre tappa a Gubbio per distenderci l' animo e dire, ognuno nella sua lingua, una preghiera.

n.b. file in esclusiva, non disponibile nè su you tube nè su e-mule

False credenze: i bambini rendono felici

Nelle note a commento di pag.243, DG elenca una serie di studi concordi nell' affermare una tesi già sentita: i bambini comprimono la nostra felicità.

Se una coppia reputa di avere un certo grado di soddisfazione, con l' arrivo dei bambini vedrà diminuirlo. Una volta che la prole sarà cresciuta e lascerà la casa paterna, anche la felicità tornerà a regnare ripristinando i livelli precedenti di soddisfazione.

L' effetto tipico delle distorsioni dovute alla soggettività, in questi casi, è attenuato. Non ci sono confronti interpersonali ma solo confronti fatti sulla medesima scala.

Cio' non toglie che la felicità precedente possa essere dovuta all' attesa di figli e la felicità successiva al fatto di averne avuti. Quest' idea si rinforza guardando all' infelicità dei singles.

Comunque DG sostiene che l' idea "i bambini rendono felici" sia una classica "falsa credenza" con cui veniamo indottrinati affinchè la società si espanda e prosperi. In questo, nello schema esemplificativo di DG, l' idea farebbe il paio con un' altra falsa credenza: "i soldi rendono felici".

Bottom line: se i bambini minacciano la nostra felicità si spiega anche perchè alle famiglie spetti un aiuto statale. In caso contrario non si vede come possa essere giustificato, specie qualora si accetti l' idea che "il denaro non rende felici".

Costo-prezzo. Barare con la salute.

TS spesso s' intrattiene con i giochi di parole. Ce ne fa respirare la magia intrattenendoci illustrando l' anatomia di alcuni illusionismi.

Lo sapevate, per esempio, che "diritto alla salute" non significa altro che "servizio sanitario coercitivo e burocratizzato"? Dopo aver letto la p.71 e EWW, non ci saranno più dubbi. Il politico appassionato che proclama "il diritto universale alla sanità", sta proclamando il suo diritto a prendere il comando universale in quel settore.

Lì, sempre a proposito di Sanità, si scopre anche quanto sia importante distinguere il "costo" di un servizio dal suo "prezzo". Il Costo di un servizio è cio' che dovremmo pagare affinchè ci venga offerto, il prezzo è cio' che sborsiamo per quel servizio.

Quando prezzo e costo divergono, a risentirne è la qualità dell' offerta (piccola e tristissima legge economica).

Se un buon insegnante per formarsi deve sopportare un certo costo, non possiamo poi pretendere di pagarlo meno. Se lo facciamo avremo sempre meno "buoni insegnanti". Eppure dietro certe ambizioni che vorrebbero una scuola gratuita e aperta a tutti, si nasconde la volontà o la necessità di pagare prezzi molto inferiori ai costi. A risentirne sarà inevitabilmente la qualità.

Torniamo al nostro "diritto alla salute", il paradosso prezzo/costo si esplica soprattutto lì.

Perchè ormai la ricerca farmacologica è condotta solo da quelle imprese che hanno il loro sbocco principale sul mercato USA? Perchè quello è il mercato sanitario più libero. Su un mercato libero i prezzi non si disancorano mai completamente dai costi.

Non è un caso se la spesa sanitaria USA supera di gran lunga quella europea.

ma al politico quest' ancora interessa poco. Cio' che interessa a lui è che i suoi elettori paghino poco rendendo grazie a lui e alla sua lotta per il "diritto alla salute".

In Europa, dove la sanità è socializzata, il politico realizza i suoi sogni ma, così facendo, a causa della leggina citata più sopra, fa in modo che il servizio lentamente si trasformi.

La prima trasformazione la conosciamo: niente più ricerca, niente più innovazione nel campo dei farmaci ma solo mera produzione di generici. In questo campo siamo ormai la Cina di altri occidenti. Attrezzatura e farmaci sono perlopiù importati dai paesi con un libero mercato sanitario. Anche il nostro migliore capitale umano si forma là.

Se la situazione è questa non ci resta che sperare.

Speriamo che il velato ricatto sui brevetti ci consenta sempre di importare a basso prezzo in modo che l' Europa possa prolungare i suoi comportamenti opportunistici in campo sanitario e speriamo anche che il "capitale umano", dopo essersi formato altrove, abbia voglia di tornare a casa.


martedì 13 maggio 2008

Libera scelta... purchè illusoria.

DG dedica un intero capitolo battendo in continuazione sul fatto che la felicità è un sentimento soggettivo. Il titolo del capitolo, tanto per non lasciare dubbi, è SOGGETTIVISMO.

Se richiesto indico il mio attuale stato di felicità su una scala da uno a dieci, non è detto che tu abbia ricevuto informazioni rilevanti poichè anche la "scala" è soggettiva: il mio 10 puo' corrispondere al tuo 3.

Tutto cio' fa la gioia dell' economista, lui dispone di teorie compatibili con il soggettivismo anche più radicale. Lo psicologo invece resta nelle canne.

Ma la gioia dura poco: a quanto pare molte nostre scelte sono infarcite di errori che non si correggono granchè nè con l' esperienza, nè prestando particolare attenzione all' insegnamento dei saggi. Costoro molto spesso sono il veicolo di "false credenze".

La ricerca della felicità rischia di fallire se intrapresa per conto nostro, e inoltre noi non abbiamo nessuna voglia di attendere i tempi dell' evoluzione biologica che migliorerà i nostri cervelli. Non ci resta che affidarci agli altri, a qualcuno che si prenda cura di noi. D' altro canto, poichè sentiamo fortemente la nostra unicità e la nostra autonomia, non ha nessuna possibilità di successo nemmeno chi ci instrada attraverso un' imposizione dall' esterno.

Sembra strano ma, se così stanno le cose, alla fine il mondo migliore è quello in cui la libera scelta venga tutelata, purchè, almeno in parte, sia illusoria. Tipo società dei consumi?

Un puma a Palo Alto

Dopo che DG ci ha spiegato con dovizia di particolari tutte le falle ingannatrici che minano il ricordo delle nostre esperienze, torniamo con i piedi per terra rivolgendoci a TS.

Il triste evento del puma ucciso vicino alla scuola, narrato a p.7, a suo tempo suscitò due reazioni: sollievo nei genitori dei bambini, indignazione nella vicina comunità accademica di Palo Alto.

TS, che ha inventato la figura dell' "esibizionista morale", ritiene di trovarne qui un esempio vivido. La situazione ricreatasi in quell' occasione gli sembra proprio archetipica e vorrebbe fermarla.

"... un titolo accademico prestigioso indica che possedete conoscenze specifiche in una certa area. Troppo spesso invece induce il possessore a pontificare su una serie di argomenti del tutto alieni. Spuntano da ogni dove discorsi forbiti pronunciati da gente che non sa di cosa parla. Il fatto che gli accademici fossero perlopiù di sinistra è perfettamente coerente con la loro assunzione per cui una "parte terza" - cioè loro - possa e debba indirizzare gli specialisti nel loro intervento.

I poliziotti probabilmente non hanno mai letto Chaucer e non sanno cosa sia l' "esistenzialismo". Però sanno bene cosa sia un pericolo..."


Strane alleanze: specialisti (poliziotti) e gente comune (genitori) contro intellettuali (comunità accademica).

lunedì 12 maggio 2008

Migrazioni ideologiche

La recente conversione ideologica di una figura di culto del mondo liberal e sessantottino, David Mamet, veniva comunicata al mondo con queste parole:

"... I realized that the time had come for me to avow my participation in that America in which I chose to live, and that that country was not a schoolroom teaching values, but a marketplace..."Aha," you will say, and you are right. I began reading not only the economics of Thomas Sowell (our greatest contemporary philosopher) but Milton Friedman, Paul Johnson, and Shelby Steele, and a host of conservative writers, and found that I agreed with them: a free-market understanding of the world meshes more perfectly with my experience than that idealistic vision I called liberalism..."

Thomas Sowell (TS)... "our greatest contemporary philosopher"!?

La cosa mi ha messo voglia di rileggere un suo libro che posseggo e che folgorò anche me. E' un po' vecchiotto ma sempre attuale: "Ever wonder why". Vedrò se è il caso di unirmi al giudizio lusinghiero.

Una cosa intanto puo' ben dirsi intorno all' arte di "convertire": pochi numeri, poche note a piè di pagina, semplicità e l' arte di arrivare a conclusioni anche estreme ma sempre attraverso passaggi che, presi isolatamente, sprigionano grande buon senso.

Capriccio n. 14

Mi piace. Non basta?
Allora dirò di più, mi è piaciuta anche questa.

Errori rossi, errori blu e il Correttore Unico

DG spiega con cura tre categorie di errori in cui incorre di continuo la nostra immaginazione:


  1. errori d' esperienza: chi ha fatto molte "code" riscontra come la propria coda sia molto spesso la più lenta a scorrere;

  2. errori cerebrali: il nostro cervello archivia i dati in un certo modo ben preciso (per esempio, noi ci ricordiamo facilmente parole che iniziano con "c" ma con grande sforzo parole che hanno come terza lettera una "c"), cio' induce in gravi errori;

  3. errori da indottrinamento: ci sono false credenze (i soldi portano soddisfazione, i bambini rendono felici) che vanno diffuse affinchè prosperi la comunità.


Poi ci sono una serie di errori in cui la nostra immaginazione incorre quando ci prospetta il futuro:




  1. errore di ottimismo: l' immaginazione si fida irrazionalmente di se stessa in un modo impressionante, le smentite sembra che non contino per lei; in realtà la mente è piena di buchi e smagliature, essendo poco capace di archiviare molte informazioni deve arrangiarsi con trucchetti ingegnosi ma limitati;

  2. errore di presentismo: l' immaginazione ci prospetta un futuro che assomiglia tremendamente al presente in cui stiamo ora, la nostra immaginazione non è "abbastanza immaginativa";

  3. errore di riflessione: la nostra immaginazione immagina noi stessi sempre uguali, anche nel futuro più lontano. Carenza particolarmente grave.


Con la testa conciata così, dove vogliamo andare?

Abbiamo solo due speranze: o facciamo in modo che la gente si corregga approntando gli opportuni incentivi o facciamo in modo che chi sbaglia meno abbia maggior successo nel sopravvivere. In entrambi i casi serve una selezioni che premi "il più adatto". Nel primo caso il più adatto sarà anche il più meritevole, nel secondo caso il merito va lasciato da parte per concentrarsi sulle dotazioni più o meno innate.

Poichè ascoltando gli psicologi le nostre tare sembrano di natura fisica, non resta che la seconda via.

La prima però appare eticamente superiore.

Fortunantamente esiste un modo di organizzarsi che salva entrambe le soluzioni e prende due piccioni con una fava esentandoci dall' arduo compito di dover sacrificare l' efficienza all' etica.

Errori d' esperienza

Siccome sono stato curioso, mi è capitato di intrattenere discussioni sui più vari argomenti. E' naturale che molto spesso mi esprimessi senza il supporto di una pratica diretta. In questi casi, quando il nostro interlocutore è piuttosto confuso ma puo' vantare una maggiore esperienza rispetto a noi, molto facilmente tenderà a rintuzzare le obiezioni rinfacciandocela.

Sarebbe tutto finito se in nostro soccorso non arrivasse il cap. 10 di SH. Lì DG elenca (con bibliografia semi-sterminata) una serie di errori indotti... dall' esperienza! Certo, per cambiare un pannolino al figlio, l' esperienza è molto utile, eppure per soppesare i nostri giudizi più importanti (per esempio quelli che riguardano la felicità) l' avere esperienza nel merito puo' essere tremendamente distorsivo.

L' argomento è piuttosto incasinato (e anche un po' noiosetto) mi accontenterò di citare il caso delle "code" (file, colonne). L' ignaro puo' solo pensare che l' una vale l' altra (molto saggio, bravo ignaro); lo scafato, fondandosi sulla sua VASTA ESPERIENZA, sa che quella da lui scelta sarà la fila più lenta a smaltirsi (tipica assurdità indotta dall' esperienza).

Ha senso misurare la felicità?

DG ritiene che "misurare la felicità" abbia senso.

Innanzitutto perchè lo facciamo tutti tutti i giorni. Come potrei proclamarne l' assurdità?

Molto meglio allora dedicarsi alla cura con cui s' intraprende l' impresa.

Poichè è un' attività altamente imperfetta necessità di 1) continue correzioni e messe a punto 2) rilevazioni frequenti 3) grandi numeri.

La difficoltà principale consiste nel fatto che, nelle persone, l' esperienza e la coscienza sono dissociate. Una dissociazione che riflette le diverse aree cerebrali interessate quando i due stati vengono prodotti.

sabato 10 maggio 2008

Quando la realtà se ne va per conto suo




Preso dentro nei gangli della letteratura ottocentesca italiana e oppresso dalla mole di tomi ulteriormente ispessiti dalla loro cronica mancanza di umorismo, ho cercato refrigerio all' umida ombra del capolavoro di Ippolito Nievo. Secondo alcuni consulenti ignari di essere stati consultati, almeno uno dei due inconvenienti poteva essere eluso, parlo dell' umorismo.

Devo dire che il Settecento fa circolare il suo fiato in quelle pagine. Basterebbe accennare a quella maledetta diligenza settecentesca di spennellare con perizia calligrafica fino a riprodurre in modo verosimigliante la geografia di un' intera costellazione!

E poi quella febbrile fregola moralistica di indagare, grazie all' alta scienza del secolo anteriore, il subisso delle anime altrui (spesso di gran lunga più estese di un semplice firmamento), per riproporlo isomorfo nero su bianco.

Con simili incontenibili manie nel cuore e nello stilo, come si puo' pretendere che non si doppino le mille pagiante? Il lettore timido resta così legato per mesi alla ruota di una simile macina autotorturandosi mentre sugli scaffali della libreria scorrono sotto il suo mesto sguardo i libri che non potrà accostare nel frattempo.

Tuttavia, imbroccate le pagine buone del Nievo, si ottiene pronta ricompensa.

E' proprio vero: il letame è il miglior scaffale su cui esporre i diamanti. L' opacità inerte del primo, esalta lo spiazzante balenio del secondo.

Sorbiamoci dunque la ricrazione letteraria di come nasce e cresce l' "ideale" tra lo stantio e il vago (patria, libertà...) che dovrebbe animare il protagonista. I toni sono spesso enfatici, slabbrati; idonei ad accumulare piombo nelle palpebre. Anche la prolungata descrizione della serenità pastorale che precede le agitate vicende romanzesche, fa l' effetto di uno strascico interminabile e pleonastico.

Unica nota di alleggerimento: la coralità di fondo che costringe il Nievo a rendere in bozzetto una miriade di vite e di caratteri.

Per esperienza ormai so che costringere un sagace osservatore a concentrare in mezza paginetta "una vita", dà sempre risultati di una brillantezza longeva che attraversa i secoli mantenedo una sua freschezza. La gestualità imperiosa di quei pochi tratti ci fa capire nonostante tutto la vasta intercapedine che distanzia l' arte letteraria dall' ultimo giallo che ci sembrava tanto "carino". E' giusto ripassare ogni tanto anche questa lezione.

Ma dopo i preparativi, per chi ha avuto la pazienza di reggerli, ecco il picco: all' eroe si offre l' occasione di battersi per il suo ridondante ideale. Il Nievo sarà magistrale interprete del grottesco incontro tra niveo, levigato sogno e brufolosa realtà.

Il sospirante Carlino giunge a Portogruaro e scopre che è in atto quella "Rivoluzione" al pensiero della quale aveva corogiolato la giovinezza da cui era appena uscito. Il popolino è in rivolta e sembra reclamare i suoi diritti. Carlino ha tutta l' intenzione di unirsi al coro apportando le sue competenze.

Ma ecco che prende corpo il miracolo letterario: Carlino scopre lentamente che il popolino assomiglia maledettamente ad un popolino. Fare la rivoluzione con questa gente non ispira l' immaginazione romantica del protagonista.

Scopre anche lo sconcertante ruolo del caso. E noi con lui: quando si urla cio' che per anni è stato trattenuto in gole disseccate, ne esce un rantolo disarticolato. Quanto è brutta e poco convincente quella "verità" che avevamo coccolato a lungo nel seno in vista di spiattellarla in faccia ai prepotenti al momento opportuno. La foga con cui correggiamo la prima rivendicazione, accentua la storpiatura. Dopodichè, lo stesso scatenamento che abbiamo liberato ci spossessa di ogni intenzione; la furia comica degli eventi ormai regge la regia del grand guignol. Dopo le prime enormità si vorrebbe tornare a casa per riposarsi, ci viene il dubbio che forse cio' che cercavamo era solo uno sfogo momentaneo, un po' di adrenalina da luna park. Ma ormai non si puo' più, si va avanti con la cattiveria gratuita degli irresoluti. Sentirsi tanto insicuri fa sì che, una volta scelto un bersaglio appena plausibile, ci si scateni contro di esso con un accanimento tale che con quelle furie si possa dileguare la terrificante perplessità sorta un attimo prima, nel disgustoso momento in cui, ormai compromessi, un bersaglio ulteriore non lo si riusciva a trovare.

Si dice che queste pagine siano ricalcate su quelle manzoniane. Ma Renzo è trascinato dagli eventi casuali essendo sin da subito coinvolto in modo casuale nel vortice. Carlino invece vi entra con passo solenne varcando un suo Rubicone. Questa ponderata consapevolezza è inoltre proprio l' oggetto del libro: delle pagine che precedono come di quelle che seguiranno. In questo secondo caso, quindi, la balia del protagonista è di una comicità spiazzante e rivela l' onestà di un autore che tanto aveva investito sulla consapevolezza; godiamoci lo spettacolo di chi vuole sacrificarsi ma non ci riesce sentendo lontani gli occhi dell' attenzione generale: Sentendo il raschio con cui l' asperità rugosa del mondo ci spaventa mandando all' aria i nostri piani. Riscladiamoci alla sfiammata di un destino cieco e senza gabbie che solletica e rigenera un lettore allevato per rinunciare ad ogni sorpresa. Facciamolo prima di essere nuovamente ripiombati nel soporifero idealismo volitivo e patriottardo la cui voce è sopportabile solo quando si fa stridula e in preda agli indomabili elementi che la ridicolizzano sconcertandola.



Il baco delle riforme

Certo che frequentare gli psicologi come DG, continuamente alle prese con i bachi della mente, ci fa capire benissimo le difficoltà della politica a produrre riforme.

Sembra proprio che perdere X ci costi molto di più che guadagnarlo. Sebbene il valore di X non cambi affatto.

E' incredibile come la nostra mente svaluti chi è assente, sebbene i valori reali non decrescano affatto per colpa dell' assenza.

Il cap. 5 è ricco di suggerimenti in proposito.

Premesse del genere, chiariscono gli ostacoli frapposti al cammino delle riforme politiche.

Se un sistema riformato vale 10, cio' non sarà ancora sufficiente affincheè rimpiazzi un sistema vigente che vale 5.

La Marcia dei Criceti



L' abbiamo incontrato a Castelletto Ticino il Maestro Tesi. Come tutti i veri artisti parla poco. E ci credo, con un simile talento naturale chiunque sarebbe appagato senza la necessità di produrre ulteriori sforzi. Si limita a sfoggiare un sorriso sereno e sincero (e la miri dice che è proprio un "bell' uomo"). Poi ha suonato il suo concerto gratuito che, per quanto mi riguarda, avrebbe potuto anche far pagare 30 euro. Troppi pochi lenti, secondo me. Non perchè i ballabili non fossero all' altezza, quanto perchè i pezzi lenti sono meravigliosi. Faccio un esempio: La Marcia dei Criceti; eseguita senza una sbavatura, con una perizia calligrafica in grado di superare l' incisione. Al pezzo è legata una storiella: dopo aver comprato i criceti alla figlioletta è rimasto deluso dalla scarsissima attività diurna delle bestiole. Passati pochi mesi spuntano undici cricetini. Avete capito di che Marcia si parla? Buon ascolto!

venerdì 9 maggio 2008

L' invasione delle false credenze

DG dà per scontato che non esista un legame tra ricchezza e felicità, almeno qualora sia garantita una ricchezza minima. A pagina 239 cita una serie di studi che sostengono questa tesi.

Perchè allora la gente ambisce alla ricchezza? C' è solo una risposta: falsa credenza.

DG dimostra, utilizzando i meccanismi evolutivi, come una falsa credenza possa diffondersi ed avere successo autoreplicandosi. Una falsa credenza ci danneggia ma puo' beneficare qualcun altro e non è detto che il "qualcuno" sia una persona.

Credere che i soldi ci rendono felici è un inganno di cui però qualcuno beneficia: la società (capitalistica) tutta, la quale prospera anche grazie ai nostri sforzi volti all' arricchimento.

E' la società stessa che mette a punto quei meccanismi evolutivi che consentono ad una falsa credenza di auto replicarsi. Vivendo in quella società riceviamo quindi forme di "indottrinamento" che rinforzano l' errore.

Attenzione, non si parla di "complotto" bensì di selezione evolutiva. questa differenza è essenziale.

E' un po' come quando notiamo che scuole pubbliche, radio pubbliche, ospedali pubblici... sono riempite con personale che professa certe ideologie ben precise: non esiste un "complotto" attraverso il quale realizzare questo discrimine. Molto semplicemente è all' opera una selezione evolutiva che garantisce ad un organismo (scuola pubblica, radio pubblica, organismo culturale pubblico...) di continuare a vivere e prosperare grazie a false credenze indotte da indottrinamenti morbidi.

Dimenticavo, le conclusioni specifiche di DG hanno però due punti deboli: 1) sono incoerenti con il postulato della felicità come sentimento "soggettivo", 2) gli studi che cita hanno ricevuto parecchie disconferme, in particolare di recente.

giovedì 8 maggio 2008

Mitologie veltroniane

Anch' io voglio contribuire con un microscopico "mito" recentemente rivitalizzato da Walter Veltroni. Il neo trombato (che ho votato, ma solo alla Camera) gonfiava il petto proferendo con solennità: il miracolo economico italiano è da attribuire in larga parte al centro-sinistra.

La cosa non è poi così secondaria visto che, appassito il boom, tutto la restante storia dell' economia post bellica italiana puo' essere archiviata nel file "declino".

Ma la realtà sembra parlare altrimenti: il miracolo durò fino ai primi sessanta proseguendo poco oltre per inerzia, e le date sembrano confermare questa antitesi.

La lira vinse l' oscar della migliore valuta nel 1960. La produttività ebbe il suo balzo tra il 58 e il 61. L' export, dal 53 al 57, schizzava di un 15% annuo; e la produzione industriale quasi di un 6% (peccato che la Germania ci freghi, altrimenti eravamo i migliori d' Europa). Inflazione? Tra il 51 e il 61 il tasso medio fu del 2.8%. Più che accettabile. Nel 1963 disoccupazione ai minimi rispetto ai precedenti 50 anni (2.5% di media). Nel 57 aderiamo al MEC, ottima scelta.

Non parliamo dei simboli: 500, 600, grattacielo Pirelli, metropolitane, autostrada del sole... Tutta roba passata quando il centro sinistra emise il primo vagito.

Con il centro sinistra arrivò invece la crisi, pudicamente battezzata "congiuntura". E con quella il monopolio dell' energia elettrica stabilmente arpionato nelle grinfie statali che ancora adesso stentiamo a disincastrarlo da lì.. E l' esempio riscosse entusiasmo visto che da allora l' economia cominciò a nazionalizzarsi ad una velocità pari solo alla sua corruzione, così come cominciò la fuga dei capitali e l' impennata di spesa pubblica. Altro semino importante fu amorevolmente piantato dai proto-veltroniani: un bellissimo sistema previdenziale a ripartizione. E' così che il nostro welfare cominciò a contorcersi dovendosi realizzare a suon di baby pensioni e pensioni d' invalidità. Era l' unico canale.

Un capitalismo del genere sta in piedi finchè c' è da "copiare", quando c' è da "innovare" perde colpi. E infatti nei settanta e ottanta resse solo grazie alle supposte svalutative, inflattive e debitorie.

A sinistra i liberali erano circa 5. Ernesto Rossi + i 4 gatti del Mondo. Non influirono molto circondati dalla massa per la quale il Capitalismo è molto meglio disintegrarlo che cambiarlo.

A Veltroni lascio i miti del centro sinistra fanfaniano. Io preferisco puntare su un' altra squadra, mi sbilancio con una formazione di calcetto: De Gasperi, Einaudi, Menichella, Merzagora, Pella, Vanoni, La Malfa... e anche un certo Marshall all' ala.

Bottom: in un recente articolo sul Sole di cui conservo un ritaglio, Carrubba riesponeva questa storiella in modo molto più professionale, ho pensato bene di fregargli un po' di numeri.

P.S. mi fanno notare che archiviare tutto il resto come "declino" è esagerato. Vero, il Veneto usciva dalla guerra nelle condizioni della Campania. Oggi è la regione più ricca del Paese, o quasi. Durante il boom ancora esportava emigrati. E allora quando ha costruito la sua ricchezza? Direi a cavallo tra la fine dei settanta e gli ottanta. L' ha fatto però grazie alla flessibilità della micro-piccola-media impresa e "contro" la politica. Il Veneto è solo un paradigma dell sviluppo nordestino. Parallelamente va citata anche il brillante caso dell' Emilia Romagna, che non è poi così differente.

Il segreto della felicità

Caro diario,

il prof. G. ha adempiuto al suo dovere di bravo psicologo positivista compilando la famosa sentenza. Per lui l' Uomo è l' unico Animale che... pensa al suo futuro.

Attenzione, parecchi altri animali dimostrano di organizzarsi per il futuro.

Cio' non significa che lo "pensino" come fa l' uomo. Il loro è piuttosto un riflesso condizionato che elabora in modo elementare l' esperienza passata. In ogni caso si preoccupano solo di un futuro "immediato, personale e locale". Vuoi mettere con i nostri vasti orizzonti? Noi "pensiamo scenari", addirittura "immaginiamo".

Nonostante i corsivi, le virgolette e i "vuoi mettere", la rilevazioone non mi ha scosso. Forse perchè il bello doveva ancora venire.

Perchè pensiamo al nostro futuro? Scontato: per organizzarci al meglio e fare in modo che il nostro futuro effettivo sia il migliore possibile tra tutti i futuri eventuali.

Risposta sbagliata.

Si puo' dire che il Prof. Gilbert dedichi il suo libro a segnalare con gusto questa topica, le sue radici e le sue conseguenze.

Se la risposta "scontata" fosse anche corretta potremmo concludere con Leopardi che Madre Natura fosse proprio una crudele matrigna. Infatti, con tutto il nostro voluminoso cervellone, risultiamo gravemente sprovvisti di simili facoltà preveggenti. Se quello fosse il nostro vero obiettivo saremmo degli esseri fortissimamente imperfetti visto che commettiamo errori sistematici nel programmare la nostra felicità futura. Ci imbattiamo continuamente nei tre errori canonici su cui ora non voglio soffermarmi.

Dunque, l' uomo è l' unico animale che pensa al suo futuro (grazie al lobo frontale che gli è spuntato di recente, 3 milioni di anni fa) e lo fa, non perchè ricavi particolari benefici da questa attività, quanto piuttosto per il bnenessere in sè che ne trae. La sensazione di avere sotto controllo cio' che ci accadrà e di ingabbiarlo in un progetto è una vitamina dello spirito. Anche quando l' esperienza è lì a dimostrarci che non abbiamo sotto controllo proprio un bel niente.

Se talvolta la felicità ci tocca è perchè c' inciampiamo nel tentativo d' inseguire una chimera che mai afferreremo.

Ma, attenzione. Forse, con un po' di modestia qualcosa si puo' fare.
***
Siccome sono molto immaturo e siccome alla prima pagina il sig. G. prometteva di rivelare in fondo al suo discorso un trucchetto per essere felici, sono corso di gran carriera all' ultima pagina.


Il trucco è il seguente: imitate chi giudicate felice.


Il trucco è inapplicabile. E' lo stesso G. a rivelarcelo in modo beffardo. Lui afferma che qualcosa nel nostro cervello ci fa pensare a noi stessi come "unici". Cio' ci impedisce di concepire la felicità come il frutto di un' attività meramente imitativa.

Tendiamo a sovrastimare le differenze quando invece noi uomini siamo quasi tutti uguali. Un po' di modestia e di imitazione pedissequa puo' solo farci del bene. Ma chi arriva a leggere i libri del Prof. è difficile che non si senta umiliato nel seguirne i consigli.

Io affianco una mia congettura. Per seguire il consiglio aureo devo dapprima individuare chi è felice. Impresa non facile a causa di un corto circuito.

Se il mio potenziale modello mi assomiglia ho poco da imitare. Se il mio potenziale modello differisce molto da me, contro di lui giocherà tutta la teoria di sentimenti che ho edificato per coltivare al meglio la mia personale autostima.

Come minimo, il "potenziale modello molto diverso da me", sarà oggetto di un' invidia incoffessata.

Generalizzando: è felice colui che è invidiato, soprattutto dagli infelici.

Da cio' consegue che, se gli infelici hanno ancora una stilla di energia, la useranno per combattere alla morte il "potenziale modello" piuttosto che imitarlo.

Inoltre, difficilmente riconosceranno uno stato di "reale" benessere a colui che segretamente hanno imparato a disprezzare.

Infine, saranno sempre spinti a marcare le distanze dall' oggetto delle loro invidie. In genere la persona felice verrà marchiata come "idiota", "rozza", "inconsapevole".

Felice perchè inconsapevole della sua dappocaggine che invece a noi tristi illuminati appare chiara. Cioran chiamava questa elite i "condannati alla lucidità".

Faccio un esempio: mia mamma. Lo ammetto a denti stretti, mi appare una persona maledettamente felice, insomma niente di eccezionale, eppure sta al mondo tanto volentieri. Ci credo, basta una sagra paesana per mandarla in sollucchero. E di sagre ce ne sono due alla settimana.

Faccio forse qualcosa per imitarla? Al contrario, passo il tempo a prenderne le distanze: è proprio una cafona, ride sguaiatamente per battutacce di dubbio gusto, è piena di pregiudizi, è ignorante, è ipocrita, ama il pettegolezzo, è una bonacciona senza orgoglio, non venera la parola data, accetta di buon grado di subire soprusi intollerabili (li dimentica un attimo dopo), è continuamente alle prese con qualche angolo da smussare, la sua ingenuità è disarmante, i paraocchi sono irremovibili... Insomma, come previsto faccio di tutto per disattendere i consigli del sig. G., faccio di tutto per prendere le distanze e stigmatizzare una persona contenta, benvoluta, che canticchia continuamente e che lascia cadere ogni provocazione mandandomi il sangue alla testa.

P.S. il sig. G dedica un lungo capitolo a spiegarci che la felicità è un sentimento solipsistico. Come tutti i sentimenti del resto. Anche la sensazione del giallo è una sensazione solipsista: la provo, te la comunico, mi confermi ma non sapremo mai se stiamo provando la medesima sensazione. Questo fatto costituisce il grande vantaggio degli economisti rispetto agli psicologi. I primi possono condurre le loro argomentazioni mantenendo lo status pienamente soggettivo dei sentimenti.

mercoledì 7 maggio 2008

Porte aperte



Quando c' è una porta aperta prima o poi di sicuro si sa.

Umiliati dalle scimmie

"...Il prete fa voto di castità, il dottore giura di non arrecare danni alla salute di chicchessia, il postino s' impegna con ardore nel consegnare puntualmente la corrispondenza sfidando le intemperie...

Pochi realizzano che anche lo psicologo ha la sua missione. Ad un certo punto della carriera dovrà pubblicare un libro, un saggio o anche solo un articolo, purchè al suo centro faccia bella mostra di sè questo asserto "l' uomo è l' unico animale che...".

Ciascuno completrà i puntini come vuole ma l' inizio è assolutamente vincolante.

Molti psicologi aspettano anni prima di completare la frase di cui sopra, conoscono bene la loro sorte: la posterità dimenticherà presto le loro sofisticate e ponderose teorie per concentrarsi su quelle paroline facendole puntualmente tornare fuori non appena riceveranno solenne smentita.

Quanto chiaramente sceglieremo quelle parole, tanto nitidamente verremo ricordati.

Coloro che scelsero di completare la frase con parole del tipo "... puo' usare un linguaggio..." assursero a grande notorietà non appena fu chiaro che degli scimpanzè potevano ricevere un' istruzione tramite un linguaggio gestuale. E quando i ricercatori notarono scimmie che utilizzavano con naturalezza dei bastoncini per attrarre una leccornia come le termiti, a tutti venne in mente il nome e l' indirizzo e-mail di coloro che scelsero di completare la sentenza decisiva con le parole: "... puo' usare strumenti...".

E' per questo che molti psicologi la tirano tanto in lungo in modo da crepare prima che una scimmia si decida ad umiliarli..."


Siccome Stumbling on Happiness inizia così, siccome in molti l' hanno considerato l' unica lettura obbligatoria per il 2007, siccome tutti i pedigree sono in ordine, siccome lui ha una faccia simpatica... ho deciso che leggerò l' ultimo libro di Daniel Gilbert.

DG SH



martedì 6 maggio 2008

fisco - riforme



  1. flat tax;


  2. centrare il sistema su un' imposta sui consumi; in questo modo è imputabile il reddito mondiale;


  3. adottare criteri di cassa;

  4. limitare l' elemento prograssivo all' aliquota dell' imposta cardine (reddito), mantenendo costanti per tutti le deduzioni. In questo modo è possibile manovrare con facilità le aliquote marginali,


  5. centrare l' assistenza su un' imposta negativa;


  6. liberalizzare l' accertamento compensandolo con le sanzioni;

lunedì 5 maggio 2008

assistenza - riforme

Principi:



  1. ciascuno deve avere un minimo, meglio se in denaro;

  2. reddito minimo con transito attraverso il salario minimo (abolire ogni altra forma di sussidio;

  3. incentivare fiscalmente la filantropia (meccanismi 8 per mille);

  4. puntare sull' imposta negativa per non disincentivare l' entrata nel mondo del lavoro;

  5. decentrare la possibilità di ulteriori aiuti;

  6. conti individuali obbligatori per chi sta sotto certe soglie (vedi Prewo);

pensioni previdenza - riforme

Perchè cambiare



  1. per trasformare il lavoratore in un capitalista;

  2. per far rendere di più l' investimento (verificare i rendimenti borsistici dell' ultimo secolo);

  3. + pensioni garantite - fertilità;

  4. per tutelarsi dall' andamento demografico;

  5. evitare conflitti generazionali;

  6. per affrancarsi dal rischio politico;

  7. per spingere i mercati finanziari e aumentare la concorrenza tra operatori;

  8. per far cessare la contabilità nazionale fraudolenta (non tiene conto di questo enorme debito);

  9. le sei ragioni per cambiare: a) la tesi morale (collettivismo) b) la tesi dei rendimenti c) la tesi macroeconomica d) la tesi sul diritto di proprietà e) la tesi sull’ armonia sociale (lavoratore capitalista) f) la tesi dell’ equità generazionale;


Come cambiare



  1. transitare verso metodi a capitalizzazione;

  2. garantire la portabilità della pensione;

  3. garantire la trasparenza dell' offerta,

  4. chi paga la transizione: 1) fiscalità generale 2) taglio spesa pubblica 3) tassa sulle pensioni (i clienti dell' inps pagano il suo fallimento);

  5. transitare per il metodo contributivo, diminuire i rendimenti e attivare l' opting out;

  6. rendere i fondi privati completamente deducibili dai redditi;

  7. liberalizzare l' uscita dal mercato del lavoro;

Riforma sanitaria

I problemi di un ampia sanità pubblica sono facili da intuire:







  1. razionamento burocratico del bene;



  2. regola della ciliegia: colui al quale affido la mia salute ha il diritto di controllare il mio stile di vita;



  3. facile corruttela del "medico" prescrittore unico di farmaci;



  4. pesanti sottoinvestimenti e carenze innovative; il paradosso costo/prezzo p.71;



Di seguito alcune linee guida.







  1. assicurazioni pienamente detraibili e trasferibili,



  2. ottimizzare la regolamentazione al fine di consentire economia di scala
  3. per una copertura universale: vouchers sanitari.



  4. cauzioni per neutralizzare l' azzardo morale;



  5. limitare il monopolio dei medici;

  6. proletarizzazione dei medici;



  7. incentivare la beneficienza privata;



  8. favorire i gruppi di consumo (sfruttare il fattore etico e le economie di scala);



  9. creare concorrenza tra ospedali;



  10. introdurre i tickets e aumentarli progressivamente; compensare con una diminuzione delle tasse;



  11. one shot: possibilità di uscire dal sistema pubblico con reclutamento obbligatorio in caso di fallimento;



  12. liberalizzare la distribuzione farmaceutica e la pubblicità;



  13. puntare sulla trasparenza dei servizi per combattere AI;



  14. buoni sanità del valore pari al costo medio del servizio sanitario nazionale;



  15. protocolli meno onerosi per l' introduzioone di farmaci;



  16. libertà dell' utente di sottoporsi a sperimentazione farmaceutica;



  17. introdurre forme di negoziazione degli organi;



  18. tagliare la spesa sui farmaci (esistono troppi placebo, inoltre spendere nei farmaci ha effetti di sgnalling);



  19. personalizzazione dei percorsi di cura (attaccare la medicalizzazione standardizzata); basta con le medicine a taglia unica (vedi occasional di Madden);


  20. Contro il caro-scuola, libri digitali e aggiornamenti on line (Cristina Casadei sole 4.5.2008 p.1);
  21. Diagnosi gratuite, cure a pagamento. Vedi bias probabilistico.

venerdì 2 maggio 2008

Sabbie Immobili - la dolce stagnazione dei clarinetti

Da qualche tempo sono rimasto intrappolato in queste Sabbie Immobili. Mi lascio sprofondare e mi godo la languida eutanasia. Il dotato carnefice è Riccardo Tesi (Mirabassi al clarinetto dà il colpo di grazia).

Contro Pecoraro... il nulla.

Con i verdi tra le palle e Pecoraro Scagno sempre in mezzo, non combineremo mai niente. Tutto resterà bloccato in eterno, me lo sento.

E forse è proprio così.

Ma forse il miglior modo per cominciare a discutere con i vari "pecorari" è tirar fuori uno studio (serio) nel quale si dimostri che la costruzione di certe infrastrutture arricchisce il paese.

Alta velocità, Ponte sullo stretto...non esiste niente del genere.

Perotti lo ribadisce sul Sole 27.4.2008 p.1.

Non abbiamo nulla da contrapporre alle "barriere verdi". Semmai è il contrario. Gli unici lavori seri bocciano la Torino-Lione. Il Paese ne uscirebbe impoverito indipendentemente dai danni ambientali. Boitani/Ponti denunciano gravi lacune anche per l' affare del Ponte.

Ciampi diceva: "...non possiamo restar tagliati fuori dall' Europa...". Ma tutte le modalità di trasporto per la Francia sono lontanissime dalla saturazione. Dobbiamo spendere una valanga di miliardi sulla base delle enuciazioni retoriche alla Ciampi? Se le evidenze sono tanto visibili, cos' è tutta questa paura di tirar fuori un' analisi costi-benefici da sottoporre al giudizio di tutti?

C' è qualcosa da rinfacciare a Pecoraro? Se sì, ditemelo perchè mi sta antipatico e non vedo l' ora di castigarlo in qualche modo.

N.B. alle conclusioni di Perotti giunge anche Francesco Ramella (chicca: anche azzerando il traffico TIR per e verso la Francia le emissioni inquinanti calerebbero dell' 1% al prezzo, per il contribuente, di 16 miliardi di euro!).

giovedì 1 maggio 2008

Un paio di misteri petroliferi

Ma perchè il petrolio aumenta tanto di prezzo e la benzina tanto poco?

Semplice, siamo protetti dall' euro forte In più i nostri motori sono sempre più risparmiosi, merito dei vincoli ambientali.

Qui ci vuole un link, se lo dico io nessuno si fida.

Entrando lì dentro capirete anche perchè quando il prezzo del petrolio s' impenna, la benza subito si adegua felice; quando flette, cominciano i tentennamenti, le incertezze, le titubanze, eccetera. Insomma, il fenomeno razzi e piume, il fenomeno che viene sempre fuori al bar.

Teoria numero 1: speculazione cattiva da parte di gente avida. In effetti il mercato petrolifero non è libero e le distorsioni abbondano.

Teoria numero 2: poichè il trend dei prezzi viene giudicato in crescita, quando c' è un calo lo si battezza come contingente e temporaneo.

Verifiche: il trend è effettivamente in crescita. La cosa depone tremendamente a favore della seconda teoria.


Mercati alienanti e autosfruttamento

Il mercato produce alienazione, soprattutto in chi lo giudica.

Il metodo della concorrenza ha delle pretese e spesso fallisce non cavando un ragno dal buco. Ecco allora che partono le copiose critiche di chi non aspettava altro. Ma spesso per i motivi sbagliati. Non dico che non facciano centro, ma su un bersaglio diverso da quello mirato.

Esempio: si sente dire che la concorrenza è sempre al ribasso, che produce ineluttabilmente una sorta di "sfruttamento" del lavoratore.

Ora, nella nostra Italia dei piccoli e micro-imprenditori, questa storia dello "sfruttamento" suonava un po' comica. Così qualcuno ha pensato di pigiare sul pedale ed è arrivato, con la comica finale, un battutone a sigillo del cabaret: "auto-sfruttamento".

Giretto in bici per le strade del primo maggio nordista. Rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non danno tragua nè speranza.

Con tutti 'sti ponti non mi posso allontanare, siamo aperti e mi devo auto-sfruttare: il mercato ha fallito consegnandomi ad un destino cinico e baro.

No, una conclusione del genere non riesco a digerirla, preferisco la stoppa. Il mercato fallisce quando sfrutta il consumatore, non il produttore. Altrimenti, molto semplicemente, si giudica senza aver minimamente capito di cosa si parla.

D' altronde la logica che la produzione sia un mezzo e il consuno (godimento) un fine, mi sembra che fili, mi sembra destinata ad entrare in tutti i cervelli senza turbare le armonie celesti che regnano nella comune mente filosofica.

Sono contento di simpatizzare con un' idea che rispetta questa logica elementare. Peccato che molti giudici severi invece preferiscano invertirla.

Alienazione = invertire i fini con i mezzi. Ecco perchè il mercato produce alienazione... tra i suoi giudici. Perchè costoro hanno proceduto proprio con l' operazione di cui sopra.

Rettifica del bici-rapporto: tutti i negozi aperti, si lavora alacremente, lo sfruttamento e l' auto-sfruttamento non dà tragua nè speranza. Miriadi di consumatori piacevolmente sorpresi delle ricche opportunità!

Il produttore produce (lavora), il consumatore consuma (gode). Il fallimento dove sta?

La concorrenza è al ribasso quando il consumatore chiede un ribasso. Magari non arriva a fine mese, oppure preferisce investire altrove e allora chiede un ribasso, lo desidera, lo agogna... e spesso, per fortuna, lo ottiene.

Ma se il consumatore esprime diverso orientamento, la concorrenza sarà al rialzo.

Facciamo il caso dei Mcdonald's nel mondo. Hanno arricchito parecchio la concorrenza nel mondo non occidentale. Quasi sempre al rialzo. Adrian E. Tschoegl ci ha dato dentro per dimostrarlo.

Una delle cose esportate con McDonald's, per esempio, è stata l' igiene nei locali pubblici. Successone:

"...McDonald’s emphasis on cleanliness, including or especially in restrooms, has led its competitors to upgrade their facilities. Before the first McDonald’s opened up in 1975, restrooms in Hong Kong’s restaurants were notoriously dirty (Watson 1997). Over time, competitors felt compelled to meet McDonald’s cleanliness standards. The same thing appears to be occurring in China (Watson 2000). In Korea, McDonald’s introduced the practice of lining up in an orderly fashion to order food; traditional practice was simply to crowd the counter, with success in ordering accruing to the most aggressive (Watson 2000). In the Philippines, Jollibee mimics McDonald's clean and well-lighted look..."

Evidentemente i consumatori volevano più igiene, sentivano di potersela permettere. E qualcuno gliel' ha fornita. Tutto cio' non è affatto scontato, il consumatore potrebbe anelare ad un maggior sudiciume se il compenso che ne ricava è adeguato.

Il consumatore come fine, nel mercato come nella vita. Tutto fila. Lasciamo i giudici alienati alle loro elucubrazioni e occupiamoci dei mille casi in cui la concorrenza s' impantana per seri intoppi. Quelli sì che sono fallimenti.

mercoledì 30 aprile 2008

Siamo in tanti a mangiare

Non che le persone e le bocche siano aumentate. Il fatto è che adesso mangiano anche i motori. Posner ne è sicuro, e di solito un guru non si espone tanto chiaramente se...

"The demand for agricultural products has grown, though not as a result of population growth; instead as a result of increased demand for ethanol and other biofuels, and for food that requires more agricultural acreage to produce. Today, besides people and pigs eating corn, our motor vehicles "eat" corn that has been converted into ethanol"

I numeri dell' aborto

Tiriamo un sospiro di sollievo: il trend degli aborti realizzati è in calo un po' dovunque, perlomeno osservando il lungo periodo.

Certo, sarebbe interessante valutare l' andamento pre e post legislazione, ovviamente stornando i vari fattori che possono incidere sulla scelta abortiva.

Chi contribuisce di più ad accumulare aborti: in termini assoluti Asia e Africa. Ma in termini percentuali l' Europa.

"...certamente è in Europa che il tasso - numero di aborti per mille donne in età feconda - è più alto. Nel 1995 era pari a 48 in Europa, 37 nell’America Centro-Meridionale, 33 in Asia e Africa, 22 in America del Nord e Oceania..."

Sembra strano che paesi con il welfare più avanzato siano anche quelli dove si abortisce di più in percentuale.

Da questo punto di vista però l' Italia sembra un paese particolarmente virtuoso.

Da non dimenticare il fatto che l' aborto resta pur sempre di gran lunga la prima causa di infortunio mortale.

Gli incidenti stradali vengono molto dopo. Quelli sul lavoro, in rapporto, sono addirittura insignificanti.

martedì 29 aprile 2008

La vita dopo aver sparato - 49 racconti







Mettono a disgio i dialoghi ellittici con cui Hemingway inaugura almeno una ventina dei suoi 49 racconti.

Sembra si diverta a tirare in lungo le ambiguità. Nei casi limite, quelle lacune tanto fastidiose allo sprovveduto, non verranno mai colmate.

Pur in presenza di una scrittura semplice, l' economia tirannica di certi passaggi emargina i non-iniziati. C' è una voglia di castigare il dilettante, di escluderlo grazie al gergo. L' inesperto "non ha vissuto", questa è la sua colpa, che brancoli nel vuoto pneumatico delle verginelle.

Se in molti scrittori l' utilizzo di un gergo serve per "sporcare" la pagina, per abbassare il tono, per renderlo poplaresco, per volare basso, in H il gergo è un marchio elitario, è funzionale all' emarginazione del curioso che passa.

Se in molti scrittori la semplicità serve per rendere modulare il racconto al fine di giocare con le strutture, ad H serve per ridurlo ad una laconicità petrosa e sempre più inaccessibile.

Lo stile è la mia passione, ho sempre la speranza di ricavare informazioni utili dedicandomi al linguaggio. Mi deprimo quindi quando gran parte della mia attenzione va persa per consultare la bussola del plot, per comprendere lo scenario, l' ambiente, la trama.

H gioca scherzi del genere, figuriamoci, alcune precisazioni giungono all' ultimo rigo, quando è tardi per rilassarsi; i suoi protagonisti hanno sempre una vena criptica. La loro gergalità è al limite del mafioso: se vuoi sfangarla e partecipare ad una vera emozione, devi penetrare quel mondo e decifrarlo alla svelta. Ma il biglietto d' ingresso costa caro.

Mi vengono in mente le facce interrogative di certa gente dopo l' ascolto di una canzone da lacrime di Paolo Conte. Realizzo solo molto dopo che per loro non possono esserci sussulti: sono prive delle altre mille canzoni che lastricano la strada per giungere fino a quelle lacrime. Non hanno mai pagato un biglietto d' ingresso, hanno ascoltato "da fuori". Non sono mai entrati "nel mondo", manca l' esperienza.

Questa passione per il professionismo rinvia ad una voglia di stare nel mondo.

Il fine principale è quello di "stancarsi". La morte "da stanchi" non ci fa più paura.

"... da quando la cancrena gli aveva attaccato la gamba non sentiva più dolore, era sparito anche l' orrore, provava solo una gran stanchezza. Per cio' che stava per piombargli addosso provava pochissima curiosità. Per anni lo aveva ossessionato; ma ora non significava nulla, in sè. Strano come la stanchezza rendesse tutto così facile...".

Fare, fare, fare...cose, cose, cose. Anche l' iteriorità è fatta di cose.

Dalla veranda africana il nostro eroe divorato dalle infezioni, al calar della sera, quando non c' è più luce per sparare, sente (orecchi, occhi, naso) la solita iena maleodorante passare al limite della proprietà. Perchè ci viene fatto sapere questo particolare? Perchè poi H si propone di dirci in due righe cos' è la morte. Per farlo gli servono "cose".

"...sua moglie era una brava donna e lui quel pomeriggio era stato crudele... nel preciso momento in cui pensava questo sentì che stava morendo; non era nè un' ondata nè una raffica di vento ma un vuoto improvviso e puzzolente, e la cosa più strana è che sull' orlo di quel vuoto scivolava con passo furtivo la iena..."

Ivan Ilic + una iena.

L' Uomo Stanco è un Uomo che ha Sparato, entra in un' elite speciale, un' elite senza donne (la proverbiale misogenia di H, altra comunanza con Conte). La donna vedentodoti così assorto e sfiancato ti chiede... ma poi si distrae. L' Uomo Stanco vuole una ragazza, ma non vuole dover faticare per averla. Gli piacerebbe una pupa, purchè non perda troppo tempo a conquistarla. Non vuole complicazioni, è stanchissimo; magari non è mai uscito di casa, eppure è stanchissimo; non apre la bocca, eppure ha il fiatone. Gli si addice ormai solo una vita tranquilla, senza rogne. In fondo, a pensarci bene, di una ragazza non ha nemmeno bisogno. Avere una ragazza è ok, purchè prenda lei l' iniziativa e poi stia zitta. Purchè non turbi la tranquilla agonia in corso. Ma questa speranza è pretenziosa, appena le cose si avviano, da ogni dove sorgono maledette complicazioni che turbano il bene più prezioso: la sua inoperosità. Intanto, intorno a lui gli altri procedono, coltivano i loro affari e "si sistemano". Uno alla volta "si sistemano". Se provi a scuoterlo lui comincia a fissare qualcosa, tipo il grasso della pancetta che si rassoda. Chi gli sta accanto ogni tanto si dispera, non è da escludere che l' Uomo Stanco, preso dal panico, si lasci scappare parole di conforto, parole rassicuranti. Gli vengono anche perchè è sorpreso che ci sia della gente ancora in grado di fare caso a lui. Tornata la calma, l' Uomo che ha Sparato noterà quanto sia sciocco aver pronunciato quelle parole. Comunque ormai è fatta, speriamo non ci siano altri intoppi.

Uhm... forse un giorno ci spiegheremo meglio...

... intanto provaci tu, avvocato...

Tutti giù per terra: il girotondo di educazione e tecnologia

Ormai dobbiamo prendere contezza del fatto che, in questa fase storica, una società libera come puo' essere quella statunitense, accresce al suo interno le diseguaglianze.

La cosa puo' essere spiacevole.

Senz' altro è un prezzo alto ma per cosa lo si paga? Non si capisce il motivo ma qualcuno ama trascurare questa domanda preferendo emanare subito le sentenze.

Il fenomeno sembra essere originato dalla rivoluzione telematica e dalla recente globalizzazione.

La globalizzazione, con la mobilità dei fattori che induce, sposta altrove molte attività a basso contenuto tecnologico lasciando spiazzate intere categorie di lavoratori. Questi ultimi devono ricorrere ad una riqualificazione non sempre facile. Se la cavano meglio i lavoratori con alte skills più facilmente riconvertibili.

Ma negli ultimi anni lo spiacevole fenomeno ha interessato un numero crescente di categorie professionali e soprattutto non si è contenuto a quelle categorie a "bassa specializzazione".

Due interi paragrafi per dire una banalità: il legame assodato tra diseguaglianza, tecnologia e istruzione.

Negli anni passati la crescita tecnologica è stata accompagnata da una crescita dell' istruzione di massa, cio' ha consentito anche una maggiore compattezza in termini di redditi.

Più recentemente l' innovazione tecnica ha assunto una velocità rapsodica. I livelli di formazione erano già schiacciati verso l' alto rispetto all' offerta universitaria, le due variabili hanno cessato di viaggiare insieme.

Ma l' elemento nuovo è ancora un altro: mentre prima l' individuo che iniziava un percorso doveva semplicemente decidere il proprio LIVELLO di formazione, ora è posto di fronte ad una gamma di opzioni più complessa. Deve decidere COME formarsi. La scelta formativa è diventata una vera scelta imprenditoriale legata all' intuito speculativo. Si rischia di arrivare al doppio Master senza che ci si possa giovare in alcun modo dello sforzo compiuto. Più ancora che la scelta di affinare la propria preparazione, ha peso la direzione che si intende intraprendere, l' istituto a cui si dà fiducia, la classe dove ci si forma, i professori frequentati, i luoghi dello stage e così via.

Fintanto chè i modi di formazione del capitale umano erano scoperti, anche un benevolo Pianificatore centrale poteva agevolarli mediante incentivi e propaganda.

Ma ora il percorso formativo richiede vere scelte imprenditoriali e su questo terreno,lo sappiamo benissimo, il Pianificatore statale è goffo e fallisce puntualmente. Pochi intuiscono, pochi ce la fanno, pochi prendono il largo, pochi si staccano. E la diseguaglianza cresce.

Ecco un articolo che tesse questo stesso filo ed ecco invece un lavoro tecnico da cui presto uscirà un libro (Claudia Goldin/Lawrence F. Katz: "The Race Between Education and Technology").

lunedì 28 aprile 2008

Destra e criminalità percepita

Si dice che nella recente tornata elettorale la Destra, per i suoi successi, abbia fatto leva su un diffuso senso di insicurezza. Non sarebbe la prima volta, direi che è un "classico".

Dati alla mano, poi, si fa notare anche come tale senso d' insicurezza sia solo "percepito" e non anche "effettivo".

Tutto ciò serve per concludere come questa rendita elettorale sia ingiustificata e pompata ad arte nel tentativo di ingannare l' elettorato.

Ma alcune cose andrebbero chiarite.


C' è crimine e crimine. I conti poi bisogna farli bene.

Quando si fa notare che l' aumento di stranieri (anche clandestini) non comporta aumento di criminalità, si dà una notizia importante e spesso vera. Ma non si può chiudere qui la discussione.

Bisognerebbe anche vedere la percentuale di crimini commessi dagli stranieri (specie clandestini). Overossia, la probabilità che a commettere un crimine sia un clandestino.

Ho paura che si farebbero brutte scoperte, almeno per quanto riguarda i clandestini.

Ho paura che ne uscirebbero giustificati alcuni pregiudizi e che la distinzione tra "percepito" ed "effettivo" verrebbe meno. Ne ho già parlato e non ho tempo per i link.

In secondo luogo, è importante anche distinguere la tipologia dei crimini.

Alcuni crimini vengono definiti "victimless". Sono crimini, anche molto dannosi, ma non hanno una vera vittima, non sono particolarmente idonei a diffondere paure.

Facciamo qualche esempio e notiamo come crimini del genere siano perlo più riconducibili alle cosiddette "mafie".

Se la delinquenza organizzata mette in piedi una bisca nel mio quartiere, si assiste ad un incremento dell' attività criminale, ma io non mi sento fondamentalmente "minacciato". Se sono un po' ingenuo o distratto, manco mi accorgo di quel che succede.

La criminalità di stampo mafiosa è un cancro inoperabile, eppure spesso è "victimless": droga, prostituzione, gioco d' azzardo, spartizione sussidi.

Arrivo a dire che anche l' attività estorsiva (il cosiddetto "pizzo") non aumenta la percezione di criminalità.

Uno si presenta nel tuo negozio a chiedere la percentuale minacciandoti. E' una turbativa devastante ma incide sulla nostra percezione criminale? Altri fanno lo stesso (es. il fisco) e noi siamo stati abituati a non percepire questo fatto come un crimine. Così come molti considerano il fisco un "inconveniente", lo stesso sentimento riservano a Don Rafaè. Niente sindrome d' insicurezza, dunque.

Si dirà, c' è però anche un crimine indotto dal crimine organizzato! Se il consumo di droga si diffonde capita che il consumatore sia indotto a delinquere. E qui c' è il paradosso: i quartieri più sicuri sono proprio quelli controllati dalle mafie, quelli soggetti ad estorsione, quelli dove le mafie concentrano la loro attività. Osare un microcrimine in queste "zone" puo' costare carissimo.

Il "giocatore" puo' ricorrere allo strozzino. Forse che l' usura non è il classico crimine "victimless"?

Bisogna far notare che la grande criminalità produce eccome i suoi morti ammazzati. Percezione: si ammazzano su tra di loro. E' una percezione per lo più corretta.

Spesso è vero infatti, e la percezione che chi ha scelto quella vita ha scelto anche i rischi che comporta, prevale.

Dove c' è prostituzione o spaccio o gioco d' azzardo, io sono sottoposto a tentazioni. Ma il rischio di cadere in tentazione è molto diverso e meno inquietante rispetto al rischio di cadere vittima di uno stupro se esco a passeggiare la sera. Nel primo caso vengo rassicurato dal mio self control, nel secondo sono in balia del caso


ADD1. Altri elementi che incidono sulla: 1) l' impunità (pochi crimini ma impuniti...) 2) il confronto con i vicini (in america la criminalità è crollata, da noi si mantiene inalterata).

domenica 27 aprile 2008

Più pirati meno riscaldamento globale.

Sembra proprio che la materia ci dia grandi soddisfazioni.

La Somalia ha il più alto numero di pirati E le più basse emissioni di carbonio di qualsiasi altro paese. Coincidenza?

Co2
http://en.wikipedia.org/wiki/List_of_countries_by_carbon_dioxide_emissions_per_capita

Pirates
http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/africa/4584878.stm

Le evidenze del rapporto tra pirati e temperatura globale continuano ad aumentare.

Secondo la CNN, “L'International Maritime Bureau, che cura il monitoraggio della pirateria, ha dichiarato che nell'ultimo anno gli attacchi dei pirati sono aumentati del 10 per cento, segnando il primo aumento da tre anni a questa parte

BBC News titola: "Temperature globali in calo".

Eppure, i media continuano a ignorare il collegamento pirati-temperatura, che i pastafariani segnalano da anni. Ben presto, comunque, le evidenze diverrano così schiaccianti che sarà impossibile ignorare la Verità.

Una sezione italiana di pastafariani liberisti - sì, perché?, non c'è alcuna contraddizione fra liberismo e culto pastafriani, anzi - sta studiando in particolare gli effetti dei pirati-consumisti sulla temperatura globale. Non stupisce che i pirati-consumisti siano i più attivi (No Martini, no party), e i più ricchi (ovvia conseguenza), e neanche che siano i più felici (ça va sans dire). Può stupire, se mai, che siano i più collaborativi e generosi con il pianeta, che proprio grazie a loro sta vincendo la sua battaglia per la sopravvivenza.

Un piccolissimo gruppo di Teologi Pastafariani liberisti di Varese, poi, da qualche tempo studia il contributo del pirata-consumista-SUVvista alla riduzione di emissioni di CO2 e all'aumento della felicità globale; segnalando al tempo stesso un fenomeno in preoccupante aumento in tutti i paesi avanzati: quello dello zelante proprietario di cane che semina per il pianeta i suoi sacchetti non-biodegradabili per escrementi. Una autentica bomba a orologeria con cui prima o poi gli ambientalisti dovranno fare i conti.

Ma i padroni di cani sono solo la punta dell'iceberg di quelle forze oscurantiste e anti-liberali che remano contro le legittime aspirazioni umane alla felicità.
Un nuovo spettro si aggira per il pianeta, quello dei possessori di figli, che - incuranti di statistiche e tecnologie ormai in grado di comprovare scientificamente il loro autolesionismo - continuano colpevolmente a fare proseliti.

Ma un poblema alla volta.

saluti
diana

giovedì 24 aprile 2008

Tesi ce la fa

Quando la cover supera l' orifinale, gridiamo all' impresa...

Ma quando l' originale è De Andrè, che si fa?

Calma, se l' originale è di un certo tipo, forse l' impresa è ancora più fattibile?

Comunque, Riccardino Tesi, armato di buona volontà, di compagnia degna, nonchè del suo organetto, ci prova.

Io dico che ce l' ha fatta.

Più consumisti, più generosi

Non mi sorprende certo il fatto che la nazione più consumista (USA) sia anche quella in cui le persone sono più ricche mediamente.


Non mi sorprende neanche che sia felice. Ho potuto constatare ripetutamente come i beni materiali aiutino ad essere felici.

Mi sorprende che sia la più generosa.

O meglio, che ospiti persone mediamente più generose che altrove.

"...No developed country approaches American giving. For example, in 1995 (the most recent year for which data are available), Americans gave, per capita, three and a half times as much to causes and charities as the French, seven times as much as the Germans, and 14 times as much as the Italians. Similarly, in 1998, Americans were 15 percent more likely to volunteer their time than the Dutch, 21 percent more likely than the Swiss, and 32 percent more likely than the Germans. These differences are not attributable to demographic characteristics such as education, income, age, sex, or marital status. On the contrary, if we look at two people who are identical in all these ways except that one is European and the other American, the probability is still far lower that the European will volunteer than the American..."

Mi sorprende che sia un Paese a religiosità diffusa e, si sa, le persone religiose sono anche le più generose.

"...in the year 2000, “religious” people (the 33 percent of the population who attend their houses of worship at least once per week) were 25 percentage points more likely to give charitably than “secularists”..."

E' anche un Paese con forti diseguaglianze. Ma questo non frena la generosità. Anzi, i più poveri sono anche, in percentuale, i più generosi.

"...Low-income working families are the most generous group in America, giving away about 4.5 percent of their income on average..."

Stiano parlando della Right Nation. E i "conservatori" sono mediamente più generosi dei "liberal". Facendo 2+2...

"...the fact is that self-described “conservatives” in America are more likely to give—and give more money—than self-described “liberals.” In the year 2000, households headed by a conservative gave, on average, 30 percent more dollars to charity than households headed by a liberal..."

Un Paese pragmatico, in cui l' investimento deve avere un ritorno. E infatti la generosità ha una buona resa sociale.

"...In America, $1 given privately tends to increase GDP by about $15—an excellent rate of return by any standard..."
***
Ma come mai?

Forse tutto cio' dipende dalla presenza di ampie libertà economiche.

Il consumismo è una implicazione evidente.

Ma l' ambiente rischioso nel quale ci si muove, puo' darsi che funga da stimolo ad una maggiore religiosirà e ad una maggiore generosità. In situazioni di rischio diventa importante costruire attorno a sè una rete sociale che funaga da assicurazione.



ADD1. Oggi 27.4.2008 il sole 24 ore dedica la pagina del supplemento vultura all' articolo oggetto di questo post. Titolo: e vissero ricchi e contenti. Le reazioni delle vittime più illustri confutate: Kahneman: "molto stimolante". Easterline: "apprezzo, anche se l' analisi dei dati è ancora in una fase preliminare...".

mercoledì 23 aprile 2008

Juno tirata per la giacchetta

Durante la battaglia elettorale il buon Ferrara alzava come suo vessillo il film Juno.

Sosteneva trattarsi di una storia che con la dovuta leggerezza narrava una metamorfosi: la notizia drammatica che un figlio non pianificato fosse in arrivo poteva ben trasformarsi in accetazione allegra con soluzioni ben lontane dalla tragedia. Il buon umore è destinato sempre a trionfare nelle anime ben fatte.

Rispondeva la Aspesi che l' argomento non era certo la sdrammatizzazione del non-aborto. La difesa della vita non interessa in alcun modo i protagonisti. La trama non conta.

Ora fa capolino una terza posizione: Ferrara ha ragione...ma anche torto.

La trama non puo' non contare. La scelta di far nascere il figlio è centrale nel film. I toni da commedia sono sia una scelta di vita che una scelta estetica. Ma tutto ciò deporrebbe a sfavore dell' opera visto che, nella realtà, storie del genere, storie di figli nati fuori dal matrimonio, sono la base di un dramma. Altrochè buon umore!

"...But perhaps in our desire not to make moral judgments about personal choices, young women wholly unprepared to be mothers are not getting the message that there are dire consequences of having (unprotected) sex with guys too lame to be fathers. There is a scene in the teen pregnancy movie Juno in which the title character, a 16-year-old who has decided not to abort her unplanned baby but to give it up for adoption, is having an ultrasound. The technician, thinking she has on the examining table another knocked-up teenager planning to raise her child, makes disparaging remarks about children born into those circumstances. We are supposed to loathe this character and cheer when Juno's stepmother puts her in her place. But I found myself sympathetic to the technician. Why is it verboten to express the truth that growing up with a lonely, overwhelmed mother and a missing father is a recipe for childhood pain?..."

Vita d' un uomo


Tiro il fiato adagiandomi nella pagina decongestionata delle prime poesie, quella con gli immacolati ed estesi margini bianchi, quella con i versi esauriti da una raminga parola. Parola facile.

Lascio invece volentieri all' esegeta gli avventurosi incastri sintattici della maturità. Non ho voglia di tuffarmi in quel "gomitolo di strade vocalizzate" che non asseconda la nevrastenia serale del lavoratore/lettore.

Preferisco la compagnia dell' Ungaretti in divisa, quello che declamava "attaccato alla vita" avendo per spettatori i freschi cadaveri dalla "bocca digrignata", amici toccati dall' ultima mina.

Quello che, quando la guerra crivellava di schioppettate un' aria sufficientemente distante, ne approfitta tentando, con parole tremule, una minuscola rivolta affinchè l' anima fosse messa allo scoperto e preparata a ricevere le ghiacciate benedizioni del Carso.

Quello che "tira su le sue quattro ossa" e ha voglia di "ricominciare", dopo aver riposato "come una reliquia" sulla pietra dell' Isonzo.

Quello che riesce a cullarsi nella crosta di una divisa inamidata da soldato semplice, magari rinvigorito dal ricordo delle "quattro capriole di fumo" prodotte dai caminetti goduti in licenza.

Quello che nel silenzio dei poeti cercava con il lanternino una parola scavata, che fungesse da emolliente per la folla sterminata di fanghi da cui era circondato.

Forse lo stesso silenzio in cui, 50 e rotti anni dopo, la Mastrocola la rileggeva, barricata nella sua cameretta mentre a sua insaputa mancava l' appuntamento con quelle furie del sessantotto che fuori imperversavano. Questo accenno è dovuto poichè proprio una sua rievocazione a "Damasco" mi ha spinto a comprare il libro.

Il libro di un Poeta Italico letto solo a scuola e mai sentito veramente affine causa l' eccesso di languore e la sofferenze ostentate senza dovute mediazioni.

Altre fregole furono sollecitate da questi essudati ghirigori di nostalgie. La fatica di questi mondi interiori e il culto per le opache profondità, fece esplodere nei nostri insofferenti sessanta comprensibili voglie. Per esempio di scrivere instupiditi versi premendo il bottoncino di un computer che li avrebbe rigurgitati in lunghezze e numero arbitrario: belli aridi e, se possibile, ancor più petrosi dell' Isonzo. Ma di una pietra mai lucidata da nessun pianto. Chi seppe comprendere la noia e il fallimento di un simile azzardo seppe anche collocarsi nella giusta via di mezzo.

martedì 22 aprile 2008

Redditi e felicità

Sembra proprio che la materia ci dia delle grandi soddisfazioni.

Un welfare fertile

Figli, donne e lavoro.

Questo libro è molto aggiornato per chi è interessato a come si legano le variabili di cui sopra.

Tra fertilità e lavoro c' è sempre stato un legame negativo. La tendenza è stata invertita da Svezia e Francia. Come? Attraverso due vie: 1) sussidi 2) flessibilità sul mercato del lavoro.

Pensando al nostro Paese ci si pongono alcune domande.

  1. E' auspicabile incentivare la fertilità? Ci sono problemi più urgenti?
  2. Siamo disposti ad accettare crescenti flessibilità nel mondo del lavoro? Non mi sembra che da noi riforme di questo tipo riscuotano molte simpatie.
  3. La copertura dei sussidi si ottiene con maggiori tasse. La Svezia ha una elevata pressione fiscale. Siamo disposti a sopportare qualcosa di questo genere?
  4. Il nostro welfare è imperniato sulle pensioni. In Svezia le pensioni sono private. Ciò non significa molto semplicemente che abbiamo fatto scelte diverse e dobbiamo sopportarne le conseguenze?
  5. Oltre agli incentivi potrebbe influire un fattore culturale. Le medesime tendenze si osservano negli USA dove il gruppo etnito mediterraneo e quello nordico sono sottoposti agli stessi incentivi.

Per una sintesi vedi sole p.39 20.4.2008

Happiness is a warm gun

Arthur Brooks ha fatto la ricerchina.

"...34% of American homes have guns in them...

..Who are all these gun owners? Are they the uneducated poor, left behind? It turns out they have the same level of formal education as nongun owners, on average. Furthermore, they earn 32% more per year than nonowners. Americans with guns are neither a small nor downtrodden group...

..in 2006, 36% of gun owners said they were "very happy," while 9% were "not too happy." Meanwhile, only 30% of people without guns were very happy, and 16% were not too happy...


...In 1996, gun owners spent about 15% less of their time than nonowners feeling "outraged at something somebody had done." It's easy enough in certain precincts to caricature armed Americans as an angry and miserable fringe group. But it just isn't true. The data say that the people in the approximately 40 million American households with guns are generally happier than those people in households that don't have guns...

...The gun-owning happiness gap exists on both sides of the political aisle. Gun-owning Republicans are more likely than nonowning Republicans to be very happy (46% to 37%). Democrats with guns are slightly likelier than Democrats without guns to be very happy as well (32% to 29%). Similarly, holding income constant, one still finds that gun owners are happiest...


...Why are gun owners so happy? One plausible reason is a sense of self-reliance, in terms of self-defense or even in terms of the ability to hunt their own dinner...

...Many studies over the years have shown that a belief in one's control over the environment dramatically adds to happiness..."


Ma allora, Happiness is a warm gun?

La scommessa della scienza

Ho trovato proficuo descrivere la scienza come un' attività legata alle scommesse.

Un simile parallelo ci dice anche quanto sia necessaria la presenza dell' "altro".

Mi sembra chiaro, che senso ha scommettere con se stessi? Un' attività del genere non puo' essere esercitata in assenza di una controparte. Aggiungo, di una controparte con interessi e opinioni divergenti rispetto alle mie.

Detto questo, l' obiezione è facile: "in ambito scientifico le cose non vanno così. Il singolo scienziato puo' compiere da sè tutte le verifiche che ritiene opportune".

Calma, la cosiddetta "verifica" è una garanzia a supporto del sapere. Affinchè un "sapere" possa dirsi scientifico è necessario sia supportato da talune garanzie.

E' di questo che stiamo parlando, delle "garanzie" e non del contenuto. Un pensiero puo' avere un contenuto di verità ma se non è accompagnato da certe garanzie non puo' dirsi scientifico.

Ecco allora cosa volevo dire: non basta una verifica solitaria, non basta nemmeno una mancata falsificazione solitaria, per avere scienza. Occorre che l' idea (la teoria) sia immessa in un agone pubblico in cui i sostenitori e gli avversatori possano "scommettere".

L' elemento agonistico diventa indispensabile, l' "altro" è imprescindibile.

Lo scettico dirà: " a me sembra che, per capire cosa sia un sapere scientifico, il ruolo dei FATTI prevalga di gran lunga sul ruolo dell' ALTRO".

Vero, senonchè anche l' empirismo più radicale ha rinunciato da tempo ad una definizione rigorosa del concetto di "fatto".

Se un concetto come quello di "fatto" sparisce su cosa dobbiamo ripegare per definire il sapere scientifico?

Se i fatti sono spariti, cosa resta? Restano solo teorie da accordare (coerenza): resta una "teoria osservativa" (cio' che chiamiamo "fatti") e una teoria da verificare.

La prima è una teoria indipendente dalla seconda, ovvero una teoria originata da un percorso di verifiche e confutazioni alternativo.

In altri termini, anche l' empirismo alla Quine sembra giunto alla conclusione che il sapere scientifico è un sapere per il quale sia imprescindibile il "confronto".

La scienza orfana dei fatti

In un leggendario articolo, il filosofo empirista Willard Van Ormand Quine, dava un duro colpo all' utilizzo spregiudicato di concetti quali quello di "fatto".

Era un bel colpo per chi ancora tentava di definire i confini di un' attività come quella scientifica.

In realtà l' americano si limitava a considerare insensata la discriminazione tra enunciati enalitici ed enunciati sintetici.

Poichè comunenmente si ritiene che gli enunciati analitici siano veri per definizione mentre gli enunciati sintetici necessitano di verifica fattuale, capiamo bene come la cosa abbia ripercussioni su chi puntava proprio su questo discrimine al fine di demarcare le competenze scientifiche.


La dimostrazione era di questo tipo: 1) l' enunciato analitico è vero per definizione 2) affinchè 1 abbia senso è necessario che esista una relazione di sinonimia tra alcuni enunciati 3) ma tale relazione non esiste, la cosa è dimostrabile (neanche X=X puo' indicare sinonimia poichè il primo X sta a destra dell' uguale mentre il secondo a sinistra, quindi i due X sono spazialmente differenti tra loro).

La scienza va dunque pensata in altro modo e non semplicemente come qualcosa "legato ai fatti". Cio' discende dal fatto che, dopo una "naturalizzazione" del genere, tutto è "legato ai fatti".

lunedì 21 aprile 2008

Non chiederti cosa lo Stato potrebbe fare per te. Chiediti cosa ti sta già facendo.


Per capire cosa sia la tanto sbandierata "questione settentrionale" basterbbe dare un' occhiata a questa tabella tratta da questo studio.





Sono elencati i cosiddetti residui fiscali: cosa paga un "piemontese medio" allo Stato e cosa riceve dallo Stato. E via con tutte le Regioni.

Si tratta di uno studio un po' datato. Ha qualche annetto sulle spalle.

D' altro canto la cosa è poco rilevante visto che la situazione non è mutata, se non in peggio. E, se è per questo, non era diversa nemmeno prima.

E poi non si tratta di elaborazioni molto sofisticate, ciascuno di noi, sapendosi districare con la base dati della Banca d' Italia, potrebbe ricavare qualcosa di analogo.

Anche la tesi è piuttosto semplice: tre regioni (Lombardia, Veneto, Emilia) mantengono l' intero Paese.

Da decenni (almeno per quanto riguarda la Lombardia).

Tre regioni mantengono il Paese da decenni. Spesso sotto una granaiola d' insulti.

Insulti che piovono puntualmente non appena si alza la testa: gretti, egoisti, avidi...

Studi del genere erano diffusi negli anni novanta, oggi non sta più molto bene pubblicarli, non vanno più di moda, non tirano più. La stampa è restia ad esporsi. Parlo di quella stampa che infatti ha preannunciato con tanta puntualità l' esito delle elezioni.

Mi chiedo, è forse questa una condizione che potremmo dire d' equilibrio? E' una condizione sostenibile?

Nei fatti sì, visto che è stata sostenuta con variazioni poco rilevanti per mezzo secolo.

Ma quale cultura rende possibile che un simile spettacolo si perpetui?

Naturalmente la cultura comunista non esiste più, e su questo siamo tutti d' accordo, ci mancherebbe altro.

Però forse esiste una cultura (della solidarietà irresponsabile) per cui una situazione del genere non scandalizza e puo' proseguire senza gravi intoppi.

Spero invece in una sinistra scandalizzata da questo fatto. In una sinistra che trovi tutto questo assurdo e intollerabile.

Se poi penso al lombardo tipico mi spiego tutto.

Il "lombardo" delle tabelle mi evoca la figura stereotipata del "Lombardo Coglione". Quello magistralmente incarnato dal Giannini di "Film d' Amore e d' Anarchia". Indimenticabile.

Un vero coglione. Di quella coglioneria che sta alla base della fiducia reciproca. Quella fiducia reciproca che sta alla base della ricchezza materiale lombarda.

Timido, afasico: avendo zappato una vita a bocca chiusa, quando parla, le due parole che conosce s' incagliano regolarmente e il Giannini è spettacolare nel riprodurre con maestria la salivazione azzerata dell' umile che fallisce nel rivendicare quei diritti a cui anche lui, visto che non riesce a dirli, crede sempre meno. Un tipo del genere, tanto produttivo nel lavoro quanto improduttivo nelle obiezioni, è il compagno ideale per il Fascista impegnato ad autodecantare le proprie gesta. E infatti il Fascista lo vuole al suo fianco quale pubblico plaudente e non pensante.

Il Fascista fa di lui cio' che vuole per l' intero pomeriggio. Se lo porta a spasso come un cagnolino senza lesinare sui calcioni, reali e metaforici.

Solo al tramonto, dopo una giornata di ridanciane vessazioni perpetrate in pubblico, oltrepassati limiti inimmaginabili per molti altri, comincia a far roteare la pulilla, a sbavare, a uggiolare, a ringhiare, ad esplodere e a menare dominato da rabbie scoordinate e quanto mai ineleganti...dando di sè uno spettacolo osceno che fa storcere tutte le boccucce a culo di gallina.

Persino il fascista acculturato, di fronte a tanta crassa e inconcludente ribellione, esce con una nuova dignità e con la solidarietà dei civilizzati.

E puo' filare a raggiungere la sua squadraccia, impaurito da tanta idrofobia, battendo il ditino sulla tempia, e mugugnando tra sè e sè: "che grettezza, che squallore animale, dio ci scampi e liberi da simili razze".

Troppa generosità verso i bisognosi. Pagano tutti: i poveri, i generosi e chi non c' entra nulla

La finanza stritola i più deboli e presta soldi solo a chi già ce li ha.

Non è infrequente ascoltare questo ritornello.

Se riuscite nella facile impresa di bloccare qualcuno che lo sta riptendo, non mancate di fargli notare questo documento in cui il governo invitava il sistema bancario a supportare con prestiti ipotecari le aree più povere.

Oggi gran parte di quei prestiti sono saltati in aria generando la crisi finanziaria che ci affligge in questi mesi.

L' avida finanza è stata TROPPO GENEROSA con chi non poteva permettersi certi trattamenti. E magari lo è stata per farsi benvolere dalla politica.

Perlando delle turbolenze in corso non dimentichiamoci di mettere anche questa tra le cause.

sabato 19 aprile 2008

Capricci frikkettoni di un sabato qualunque

Levitiamo insieme e poi facciamoci una passeggiatina sull' acqua prima che termini il sogno. Il rosolio secondo Akron.

venerdì 18 aprile 2008

Acque senza pesci




Me ne sto lì, appostato con il mio lapis tra le dita in paziente attesa di parole illuminanti intorno alle quali tracciare il mio circoletto.

Me ne sto aquattato con l' occhio vigile sulle righe che scorrono in attesa che abbocchi un simbolo, un' epifania, un alef. Ma non abbocca nulla. Quest' acqua non è abitata da pesci, ho temperato invano la mia matitina, oggi non arpionerò alcunchè.

Scorrono quindi intonsi i racconti di Raymond Carver.

Omaggiano molta letteratura americana facendoci capire che non ci si cura troppo di noi, che non si farà "accadere" nulla per noi, a nostro uso e consumo.

Ci accorgiamo subito che siamo in ritardo o in anticipo sugli eventi: tutto è già successo, tutto deve ancora accadere. E a chi ha mancato l' appuntamento tocca essere ricevuto da Mr. Carver.

Anche gli strumenti dell' archeologo possono essere deposti, non c' è un' assenza da ricostruire, da riempire con ipotesi e congetture. Dobbiamo solo sentire l' eco di cio' che abbiamo mancato, l' evento vibra ancora tra le minutaglie insignificanti che sporcano i silenzi.

Stiamo sempre nella testa del protagonista solo per scoprire che anche lì, nel suo luogo più intimo, lui è reticente, lui è in difesa, lui non osa e non sbroglierà mai la matassa, non getterà luce.

Intanto, alimentato da questa impotenza, l' eco disarticolato del "fatto grave" che l' ha messo ko si fa assordante.

Per fortuna che ogni tanto, un isolato "evento nuovo", fresco, naturale, completamente indifferente ai drammi umani, si presenta e "accade" ripulendo molta sporcizia accumulata.

E' la scossa di terremoto di America oggi, è il colibrì che appare dietro il vetro, è la marmitta che casca e viene trascinata dall' auto fra le scintille, è il generatore che smette di funzionare dopo mesi, sono i cavalli in fuga che appaiono nella nebbia mentre pascolano nel giardino della coppia che si sta lasciando (ehi cara, vieni a vedere...).

Questo evento "accade" disancorato e privo di nessi. E' un colpo di silenzio che depura e risveglia. Al suo apparire tutte le eco esistenziali cessano di marcire, le paludi si prosciugano, le tensioni si allentano.

Ci viene voglia di ricominciare ad amare, ad abbracciare... forse siamo inciampati in un po' di speranza. Ma non caveremo mai una parola in merito da quei personaggi. Il loro mutismo carico di brusii è impaurito da tutto, è destinato ad affrontare tutto diagonalmente. Siamo lieti per loro se possono rifugiarsi e rigenerarsi in un lavoro lungo, duro e monotono come lo spaccar legna per l' inverno.

Ci voleva un mezzo cow-boy semi alcolizzato per spiegarci senza parole la bellezza di "ricominciare".

Quella prosa, spogliata dal lavorio a cui è stata sottoposta, suona come una musica da camera per piccolo organico, una musica con un tema che non si chiuderebbe mai. I finali non sono funzionali al contenuto bensì al modus operandi: quando ci si sorprende a cancellare cio' che si è appana aggiunto, allora è bene mettere il punto.