martedì 23 giugno 2015

Catholicism's Developing Social Teaching by Robert Sirico (anche in "Personalismo economico")

Robert Sirico sulla dottrina sociale della Chiesa:
  1. Furono gli effetti della rivoluzione industriale a sollecitare le encicliche dove più è sviluppata la dottrina sociale della Chiesa, a partire dalla Rerum Novarum di Leone.
  2. L'insegnamento delle Encicliche sociali è dinamico ed anche generico: la Chiesa pur riconoscendosi una scarsa expertise sociologica ritiene che l'insegnamento etico abbia ripercussioni sull'organizzazione sociale per cui non si esime dal dire la sua. 
  3. Tesi del libro: la Centesimus Annus di GPII incarna un coraggioso sviluppo rispetto alla Dottrina Sociale della Tradizione. Senza rotture fa avanzare l'insegnamento della chiesa aggiornandolo col sapere più verificato delle dinamiche sociali... 
  4. Qual è l'autorità del magistero ecclesiale? E che ruolo rivestono le Encicliche? Inutile negare che la CC si attribuisce un ruolo privilegiato nell'intuizione morale e religiosa che esercita attraverso il Papa e i Vescovi riuniti in assemblea. Lo spirito santo è all'origine di questo privilegio. Tuttavia ammette l'esistenza di taluni limiti a tale intuizione: fede e morale. Poi è ben vero che "morale" è termine vago destinato ad esaltare il ruolo dell'interprete... 
  5. Infallibile vs Autorevole. Il secondo insegnamento costituisce il 90% del magistero. Il primo è sempre esercitato in modo solenne: ex cathedra o tramite Concilio Ecumenico... Encicliche sociali: 1) nn sono infallibili 2) nn attengono le competene ecclesiali. 3) discernere l'insegnamento morale da quello pratico... 
  6. I rapporti tra Chiesa e Liberalismo sarebbero stati molto diversi se l'incontro fosse stato con il liberalismo anglosassone... 
  7. Se la Rerum orchestra una difesa della proprietà privata lo dobbiamo all'incombente minaccia della Rivoluzione sui possedimenti ecvlesiastici
  8. Tesi (sulla Rerum): condanna del socialismo per ambiguità antropologica e moderata apertura al liberalismo... 
  9. Il creato è per l'umanità che lo valorizza con la sua opera. In qs processo gioca un ruolo di rilievo lo strumento della proprietà privata. Notevole la considerazione antropologica: tramite la p.p. l'uomo esprime la sua personalità. P.p. nn è un diritto astratto ma si lega all'anima dell'individuo... 
  10. Gli uomini sono diversi e la loro diseguaglianza segue questo dato di partenza... 
  11. Sui salari Leo invoca il principio della "giusta paga". Purtroppo nulla viene detto sul ruolo del mercato nella realizzazione del principio, cosicchè interpretazioni forzate si sono sentite sdoganate... 
  12. Nella Rerum il concetto di giustizia è il classico: a ciascuno il suo (secondo i meriti). Oggi la giustizia implica equità e quindi parità di trattamento. Ebbene, anche il liberalismo classico si rifà al concetto tradizionale di giustizia. La libertà resta allora centrale nel legittimare le pretese: amore e giustizia convivono. Amare il prossimo nn riguarda la giustizia ma la carità... 
  13. Nella Rerum Leo si preoccupa di fissare obiettivi accennando di passaggio ai possibili strumenti. E anche quando invita all'intervento governativo è pronto a mettere dei limiti: sussidiarietà. La Chiesa teme di essere soppiantata dallo Stato Rerum: la librra contrattazione nn assicura il giusto salario. Qui Leo denuncia limiti nella comprensine del mercato e di come salari artificiali arrechino i loro danni: anche prezzi + alti colpiscono i lavoratori. Senza dire dei disoccupati.... 
  14. L'obiettivo di Leo è di trasformare il lavoratore in mini-capitalista. L'intervento invocato servirebbe ad accumulare un capitale di partenza. Conclusione a tesi: la Chiesa nn propone una Terza Via tra socialismo e Liberalismo, si sforza invece di comprendere e dialogare con un liberalismo compatibile con i precetti morali che propone. GPII confermerebbe questa visione. Senza dire che l'ipotesi della Terza Via ridurrebbe ciò che è teologia in politica.
  15.  La sinistra interpreta la Rerum rivendicando un ruolo + ampio per lo stato. Per i movimenti progressisti migliorare la condizione dei lavoratori implica un intervento statale. Non ci sono alternative... 
  16. La funzione sociale della proprietà privata: la p.p. è un diritto naturale che lo stato deve regolare. Il ruolo sociale della p.p. prevale (contrariamente al dettato della Rerum che radicava la p.p. nell'individuo). Ecco il concetto chiave con cui il socialismo cacciato dalla porta rientrava dalla finestra. Ecco spiegato anche lo stretto legame tra Chiesa e Sindacati... 
  17. La Chiesa si interessa solo dei lavoratori nn alza mai lo sguardo s 365 gradi, l'avidità capitalista è equiparata al socialismo ... 
  18. L'attrazione verso il socialismo era irresistibile. Leo lo aveva condannato perchè materialista ma la sua posizione era percepita come "esagerata"... 
  19. Nella Centesimus la musica cambia. Si celebra anche la creatività dell'imprenditore e le virtù dell'uomo produttivo: diligenza, prudenza, affidabilità, autocontrollo. Si legittima il profitto personale sia moralmente che praticamente. Si accusa lo stato assistenziale di deresponsabilizzare l'individuo, s'invoca il principio di sussidiarietà. Ma soprattutto si fa esplicita una scelta di campo liberale invocando un capitalismo che metta al centro l'uomo (par. 42). La parificazione etica tra socialismo e capitalismo - che alcuni individuavano nella Sollecitudo - viene fugata. Bisogna risalire ai tardo-scolastici per incontrare un atteggiamento tanto aperto al mercato. La scuola austriaca e quella virginiana sembrano tra le fonti ispiratrici e ad ammetterlo sono i fautori marxisti della teologia della liberazione... 
  20. Dove la Centesimus ammette l'intervento statale? Salari, previdenza sociale, sussidi di disoccupazione..
  21. La Centesimus distingue tra aspetto etico e aspetto economico: si critica il consumismo pur nell'opzione per l'economia libera
continua

lunedì 22 giugno 2015

Tamar Kushnir su quello che ci insegnano i bambini: la curiosità

Non c'è accordo su cosa sia la curiosità, sappiamo solo che si manifesta soprattutto nei bambini, instancabili ricercatori "tormentati" dai perchè".

Punta sulle informazioni trascurando le bizzarrie. Il bimbo nn è attratto dalle stranezze scollegate dalla sua esperienza bensì dalle variazioni sul pregresso.

Ogni approfondimento comporta un rischio a cui siamo sempre più sensibili invecchiando. La paura ci paralizza, l'esempio dei bimbi è costruttivo: tra loro, quando la curiosità s'impone, n è + possibile distinguere i timidi dagli intraprendenti.

Non avere fretta. Spesso la soluzione sta intorno a noi piuttosto che davanti a noi.

I bambini sono un vortice di "perchè", chiedono finchè nn ricevono risposte soddisfacenti ma soprattutto chiedono a chi sa, all'adulto. Anche noi dovremmo chiedere a chi si occupa da una vita del problema che ci interessa.

Il valore della conoscenza supera quello dei beni materiali. Il bimbo che sceglie il cassetto con una caramella nn è dispiaciuto quando scopre che nell'altro ce n'erano 3. L'importante x lui è sapere.

La curiosità è correlata con l'apertura mentale e favorisce la conoscena x serendipity, forse la + attendibile. Consiglio: lasciate a casa il GPS (ogni tanto) girate facendovi guidare dalla curiosità e dall'intuito.

La curiosità crea tensione con le credenze pregresse

 il curioso 1 riconosce il nuovo 2 sa ridurlo

strategia x riconoscere il nuovo: 1 mind the gap. 2 le cose nn si ripetono mai

strategia x domare il nuovo: siate accoglienti verso chi è confuso

da cosa nasce cosa: mai vero come oggi... ambiente ideale x il curioso

il curioso sa conversare e adattarsi è socialmente una risorsa... elenco dei benefici

elenco rischiè felice il curioso?curiosità e inteligenza sono correlate

Una teoria del cazzeggio

L'uomo, come  molte altre specie animali, dedica molto tempo al gioco, ovvero ad un'attività in cui, in un ambiente sicuro, impara a muoversi nel rispetto di regole date. E’ un allenamento quanto mai prezioso per affrontare preparati la vita adulta, ovvero quella che si svolgerà all’esterno del “recinto sicuro”.
Ora, si può giocare a scacchi, a nascondino ma si può anche “giocare a parlare", ovvero a cazzeggiare.
Il cazzeggiatore dimostra di dominare le regole del linguaggio e per lo più a questo fine si cimenta su tematiche poco serie.
Tuttavia, capita spesso - spessissimo - che eserciti le sue abilità acrobatiche su argomenti seri, e qui la funzione del gioco cambia leggermente, in questi casi ci si allena a "violare" con classe una regola sociale prevalente.
Mi spiego meglio: cazzeggiando su argomenti "seri" si è autorizzati a dire cose che in un contesto serioso ci attirerebbero mille guai. In un certo senso si è sempre giustificati poichè possiamo sempre far passare per ottuso chi ci critica nel merito. Il critico, in questi casi, molto semplicemente “non capisce" l'aria di cazzeggio che pervade la conversazione in corso. Non c'arriva, è limitato, non è brillante (come noi cazzeggiatori).
L'abilità del cazzeggiatore consiste nel barcamenarsi tra i diversi livelli del linguaggio affinché l'opinione espressa sia sempre messo al riparo da ogni critica grazie alla produzione di un abile tono semiserio che pur facendo passare un messaggio squalifichi in anticipo ogni possibile obiezione. In questo modo puo' "partecipare al dibattito" restandone fuori.
L'umorismo è l'esito inevitabile del cazzeggio.
L'umorismo allena alla comunicazione indiretta, al messaggio obliquo, alla creazione di codici personali, alla creazione di un meta-linguaggio comprensibile solo agli “amici”. I “nemici”, quando intervengono nel merito per difendersi perché magari si sentono chiamati in causa, intervengono per definizione fuori luogo: dimostrano di non avere senso dell'umorismo.
nerd, per esempio, sono le classiche vittime degli umoristi: la  tendenza autistica conferisce loro un solo livello di comunicazione, un po’ come i robot, e ciò li rende facili prede di chi invece è abile nell'esprimersi su molteplici livelli.
Forse esagerando si puo' dire che l’umorismo è un residuo del dogmatismo passato. Se ieri chi criticava un dogma commetteva  peccato, oggi chi si attarda a criticare l'idea sottesa ad una "battuta" viene additato come “privo di senso dell'umorismo”, il che è la massima scomunica del nostro tempo. Cosicché nei talk show della TV capita spesso di vedere il povero politico beota di schieramento avverso a quello per cui simpatizza il conduttore costretto a primi piani col riso forzato mentre viene messo alla berlina dal “satiro” di turno ingaggiato dagli autori e fatto esibire a pochi metri da lui. In questa morra l'umorismo è sempre vincente e la capacità di infliggere danni asimmetrica.
Non voglio con questo dire che non esistano sedi dove “l’idea sottesa ad una battuta” non possa essere discussa apertamente e in modo serio, tuttavia il momento umoristico resta un limbo corazzato per definizione, impenetrabile ad ogni dissenso, monologante nella sua essenza. Proprio come i dogmi: criticarli si puo’, chi dice il contrario sbaglia, purché lo si faccia nelle sedi opportune. Per esempio nelle segrete stanze del Concistoro o dei tinelli di casa propria.
L'ipocrita è particolarmente simpatetico all'umorismo. E si capisce, il mondo della comunicazione polisemica, il mondo dalle mille uscite di sicurezza è l'acqua in cui nuota da sempre. Ed sono le stesse acque in cui si esercita l'umorista.
Nell’umorismo l’uomo si allena ed esibisce le sue potenzialità nel produrre ipocrisie (esercizio quanto mai fruttuoso allorché si tratterà di cavarsela nella "seria"). In entrambe le attività è preziosa la capacità di creare un linguaggio ellittico, multistrato, dove tutti i livelli si mescolino in modo apparentemente incongruo. Una matassa che solo gli adepti sanno sbrogliare. Dobbiamo saper tenere un discorso che in realtà sono più discorsi contemporanei con destinatari diversi.
Il riso è la palestra principale dove si allena l' Homo Hypocritus.
Siamo molto legati a chi ci fa ridere perchè sentiamo che con lui si apre un canale di comunicazione privilegiata fatta con un codice esclusivo, intimo. Con chi condivide il nostro senso dell’umorismo possiamo “cospirare” al sicuro. Vuoi far innamorare una donna? Falla ridere!
La buona fama del riso è recente, nella storia è sempre stato visto con sospetto dai moralisti; a partire da Aristotele per lo più lo si considerava prerogativa dell'arrogante, dello sprezzante, del superbo. Ridere in pubblico era esecrabile. Oggi invece viene invece  considerato un appannaggio del "simpatico". Perchè questa completa inversione di rotta? Forse oggi un bene come quello della "fiducia" è meno prezioso visto che lo garantisce dall’alto lo stato. L’umorismo, infatti, con le sue mille ambiguità, la sua mancanza di trasparenza, mette sempre a rischio la produzione comunitaria di fiducia reciproca.
Chiudo con il dato fondamentale delle ricerche sul riso: l'80% dei nostri sorrisi non si materializzano in contesti comici bensì in contesti socializzanti. Chi parla, per esempio, ride molto di più di chi ascolta (negli spettacoli comici avviene il contrario).  In sintesi: secondo Rod Martin il riso è in prima istanza una vocalizzazione socializzante (ricerca di complici) e non una reazione a situazioni comiche. Le donne ridono molto di più degli uomini (il 126% in più), si ritiene sia un segno di sottomissione; per contro gli uomini sono fonte di riso molto più delle donne, pensate solo a chi era il buffone della classe quando eravate al liceo.
P.S. Per approfondire rinvio alla tag "humor" del blog Overcoming Bias.
 P.S. Teorie alternative:
[youtube https://www.youtube.com/watch?v=bjWnJGGQYro]

Ammetto di non aver mai sentito il fascino delle teorie filosofiche legate al riso – da Aristotele a Bergson –, semmai ho trovato più convincenti quelle antropologico-evoluzioniste testate per quanto possibile sul campo.

Dalla mia ricognizione sembra
 allora che l’ipotesi più accreditata leghi a doppio filo l’umorismo con l’ipocrisia, l’esoterismo e la capacità di evadere talune norme sociali restando impuniti.

Mi spiego meglio, a quanto pare l’uomo è un essere che gioca, anche con le parole: anzi, in età adulta gioca prevalentemente con le parole e i pensieri. Possedere qualità umoristiche richiede un dominio inusitato sul linguaggio, nonché una particolare competenza sulle espressioni ambivalenti e allusive. Si tratta di doti preziose che vengono sempre buone. Un esempio: parlare contemporaneamente a Tizio e a Caio facendo passare messaggi differenti ai due destinatari - magari il primo per rabbonire un “guardiano” e il secondo per allearsi con un complice - puo’ essere una grande risorsa: la capacità di controllare le sfumature linguistiche, il saper stabilire piani differenti di comunicazione gioca in questo compito un ruolo decisivo. E guarda caso parliamo di competenze particolarmente allenate dall’uomo brillante e di spirito. Insomma, lo humor è senz’altro una risorsa sociale - noi ridiamo molto di più in contesti sociali che in contesti comici, inoltre chi parla ride mediamente di più di chi ascolta – ma non per questo è per definizione sempre cosa buona: ci si fa complici condividendo un codice anche per compiere misfatti.

Non c'è da sorprendersi se in passato i severi moralisti non avevano un grande concetto della comicità, e lo credo bene: la difficile quanto essenziale produzione di fiducia richiedeva a tutti un parlar chiaro ai limiti della piattezza, le allusioni imprecisate dell’ "umorista" erano malviste. Oggi la fiducia è prodotta invece da uno stato centralizzato che arriva ovunque con i suoi tentacoli coercitivi, e non a caso in un contesto del genere le facoltà tipiche dell’umorista sono state sdoganate fino ad un’ammirazione sconfinata.

Si dirà: va bene indagare sull’origine delle facoltà umoristiche ma questo che ci dice dell’oggi? Qualche residuo di questa origine poco nobile ancora lo sperimentiamo in un uso improprio dell'umorismo che però viene molto naturale, preciso: l'umorismo allena alla comunicazione indiretta, al messaggio obliquo, alla creazione di codici personali, alla creazione di un meta-linguaggio comprensibile solo agli “amici”. I “nemici”, quando intervengono nel merito per difendersi perché magari si sentono chiamati in causa, intervengono per definizione fuori luogo: hanno la coda di paglia, dimostrano di “non avere senso dell'umorismo”, una vera e propria bolla di scomunica nella società contemporanea. La sfumatura umoristica/ironica, in altri termini, ti mette al riparo da ogni critica: affermi tra le righe il tuo messaggio e chi ha da ridire è a priori un ottuso privo della capacità di “cogliere” lo spirito.

A questo punto c’è sempre chi richiama una distinzione tra ironia e umorismo. E’ utile farla? Forse, ma secondo me no: i due fenomeni sono senz’altro differenti ma anche molto correlati tra loro, il più delle volte laddove c’è umorismo, prima o poi salta fuori l’ironia, puoi scommetterci. Chesterton, tanto per dire, è un grande umorista ma quante stoccate riserva agli atei? Infinite. Dire che il mondo si divide tra “credenti” e “creduloni” è una raffinata e dolorosa bacchettata ai suoi nemici atei e la dobbiamo proprio a quel genio che sta alle scaturigini del suo sempre godibile umorismo.

Ho scritto un casino! Scusa, ora passo alla lettura. Grazie del link sul "nichilismo estetico".

domenica 21 giugno 2015

Tomas Transtromer: I ricordi mi riguardano

  1. Il primo ricordo:... ho appena compiuto tre anni e mi hanno detto che è qualcosa di molto importante, che adesso sono diventato grande...
  2. Papà:... i suoi scoppi d’ira non venivano mai presi veramente sul serio... L’aggressività a lungo termine gli era del tutto estranea... Voleva essere in buoni rapporti anche con gli assenti di cui capitava di parlar male in una normale conversazione. “Ma papà, devi almeno essere d’accordo sul fatto che X è un mascalzone!” “Senti, io non ne so proprio niente.”
  3. Il mistero dei vicini: ... le risate omeriche e il saltare di tappi, non sembravano accordarsi a quell’ometto di un pallore spettrale che ogni tanto incontravo in ascensore...
  4. Fasi: ... dopo qualche tempo le visite al museo cessarono. Ero entrato in una fase in cui avevo una paura inaudita degli scheletri...
  5. Maestri: ... intavolammo subito una conversazione sui molluschi. Era così distratto o privo di pregiudizi che mi trattava come un adulto...
  6. A caccia di farfalle: ero sempre fuori in perenni spedizioni. Una vita all’aria aperta senza il minimo interesse salutistico...
  7. La maestra: una signorina nubile e molto curata che cambiava vestito ogni giorno...
  8. Didattica: ... fioccavano spesso tirate di capelli e sberle, anche se mai a me che ero figlio di una maestra.
  9. Scuola fabbrica del conformismo:... Il mio compito principale nel primo trimestre fu di starmene zitto e fermo nel mio banco... Non si dovevano avere difficoltà inattese nell’imparare qualcosa. In generale non si doveva fare niente di inatteso. Una bambina che se la faceva addosso per la paura e la vergogna non poteva aspettarsi nessuna pietà...
  10. Strategie anti-bullismo: Hasse, un ragazzo scuro e alto che era cinque volte più forte di me, aveva l’abitudine di buttarmi a terra a ogni intervallo, il primo anno di scuola. All’inizio opponevo una fiera resistenza, ma non serviva a niente, lui mi atterrava comunque e trionfava. Alla fine trovai il modo di frustrarlo: una totale rilassatezza. Quando si avvicinava, fingevo che il mio io se ne fosse volato via e avesse lasciato soltanto un cadavere, uno straccio senza vita che lui poteva calpestare quanto voleva. Si stufò. Penso a quanto possa avere significato per me, più avanti nella vita, il metodo di trasformarsi in uno straccio senza vita. L’arte di lasciarsi calpestare senza perdere l’autostima. Non l’ho usata troppo spesso? A volte funziona, a volte no.
  11. L'offensiva nazista sui giornali... era raffigurata con frecce nere. Le frecce penetravano nel cuore della Francia e vivevano come parassiti anche nel nostro corpo di nemici di Hitler. Io mi includevo realmente nel numero. Non mi sono mai più impegnato con tanta passione in politica!
  12. Definizione di "comunista": chi teneva per la Russia.
  13. Destra: la si votava se si era ricchi...
  14. I ricchi... possedevano giocattoli di  incredibili dimensioni...
  15. I poveri: dovevano fare pipì in una casseruola di fortuna che la mamma vuotava nell’acquaio in cucina. Era un dettaglio pittoresco.
  16. Inconvenienti della militanza: quando scoprivo che qualcuno che mi piaceva in effetti era «filotedesco», sentivo immediatamente un terribile peso sul petto. Tutto era rovinato.
  17. Radio Londra: ...la voce calma dello speaker, con un lieve accento straniero, si rivolgeva direttamente a me da un mondo di simpatici eroi che continuavano a dedicarsi tranquillamente alle loro occupazioni benché piovessero bombe.
  18. I professori... dei divi collerici che potevano dedicare la maggior parte della lezione a costruire una torre di indignazione isterica soltanto per poter sfogare la loro rabbia... Facevano sempre un’entrata drammatica in classe, gettavano la cartella sulla cattedra e già dopo qualche secondo era chiaro se l’umore era buono o cattivo.
  19. Il Preside: è possibile che le sue grandi esplosioni non si verificassero più di tre o quattro volte al mese. Ma era soprattutto su quei momenti che si fondava la sua grande autorità... il fulmine si muoveva avanti e indietro sopra il paesaggio. Si sapeva che doveva cadere, ma non dove.
  20. Cooperazione genitori-insegnanti?... per tutto il mio periodo scolastico mi sforzai di tenere separati il mondo della scuola e il mondo di casa. Se i due mondi cominciavano a filtrare uno nell’altro, la casa sarebbe stata contaminata. Non avrei più avuto un vero rifugio.
  21. Extramoenia: non sapevamo quasi nulla della vita privata dei nostri insegnanti, sebbene la maggior parte di loro abitasse nei dintorni della scuola... Un giorno d’autunno Målle era arrivato in classe con una rossola in mano. Mise il fungo sulla cattedra. Liberatorio e scioccante – si era intravisto uno scorcio della sua vita privata! Målle dunque raccoglieva funghi...
  22. L'allegria dei vent'anni: ... allora la dimensione più importante dell’esistenza era la Malattia. Il mondo era un immenso ospedale... Vedevo davanti a me persone sfigurate nel corpo e nell’anima. La lampada era accesa e cercava di tenere lontani quei volti spaventosi, ma ogni tanto mi assopivo, le palpebre si abbassavano e i volti spaventosi mi erano improvvisamente addosso... ogni tanto il silenzio era rotto da uno schiocco nelle pareti. Provocato da cosa? Da me? Le pareti risuonavano perché lo volevano i miei pensieri malati!
  23. La scoperta della poesia nelle parafrasi dei somari interrogati dal prof. di  latino:... questa alternanzatra una sgangherata banalità e un icastico sublime mi insegnò molto. Erano i presupposti della poesia. Attraverso la forma (la Forma!) si poteva elevare qualcosa. Le zampette del bruco erano sparite, si aprivano le ali.


sabato 20 giugno 2015

Peccato originale e teoria del peccato originale

  1. Peccato originale - Lewis lo considerava il concetto della teologia cristiana che presenta l' evidenza empirica più sontuosa. Puoi interpretarlo così: la tendenza dell'uomo a violare norme che ritiene giuste (predicare bene e razzolare male. C'è poi la teoria del peccato originale che indaga sulle sue origini e le rintraccia nella libertà umana: i nostri padri hanno sbagliato e sono stati giustamente puniti. Penso che la ricostruzione possa quadrare con i valori del nostro buon senso attuale: anche noi ammettiamo come giusto che taluni errori dei padri abbiano conseguenze sui figli: se mio padre sbaglia un investimento, l'eredità che mi spetta sarà probabilmente meno cospicua. Non ha senso gridare all'ingiustizia, è corretto che sia così.

Jean Clair: L'hiver del culture

  1. L' arte classica rinviava a qualcosa d' altro, era una metafora dell'infinito oggi si specchia in se stessa, al limite diventa un monumento all'artista, il quale, attraverso di essa si autodeifica attirando su di sè il culto.
  2. la cultura del culto: la cultura che rinvia all' infinito e metaforizza l' infinito; il culto della cultura: autoreferenzialità, rinvio a se stessi.
  3. nel mondo della cultura prospera un linguaggio burocratico (risorse umane) diretta eredità dei regimi anni 30. L'ingegneria sociale spopola.
  4. La mania estetica è ovunque e ha preso il posto dell'arte. La mania estetica è una lallazione narcisa dove l'ego ipertrofico  rinvia in modo imbarazzante a quello del bambino.
  5. Nel chiasso le bellezze si elidono rimanendoci indifferenti, tolto qualche fremito di breve durata dovuto più che altro alla curiosità.
  6. E' il trionfo di Duchamp. Il successo di questo artista in america ci ammaestra: la nuova arte chiede il deserto per poter apparire; l'america lo fornisce, km e km di territori senza un' opera architettonica degna di nota. L'arte deve spogliarsi del suo portato religioso, politico estetico, deve restare sola, nuda, vergine e sterile al contempo. L'arte minimale costantemente ci ripete che nn c è niente da leggere nella sua forma, niente da interpretare, si tratta di un'arte tautologica e insensata. Tutto si sprofonda in un'immensa amnesia, in una tabula rasa che riparte da zero. L'america incarna questo vuoto senza interrogazione.
  7. Antonello da Messina, il Veronese... la pittura italiana porta il luogo nel nome, l'origine, la storia di una provenienza. Tutto cio' è sintomatico di un'aurea che oggi l'arte ha perso.
  8. Esperimento: un archeologo deve ricostruire la nostra civiltà indagando sui reperti che rinviene. Come potrà mai riconoscere un museo? Non è possibile poiché l'architettura che lo contraddistingue è anonima, e non potrebbe essere altrimenti visto che non sappiamo più a cosa debba servire un museo. 

venerdì 19 giugno 2015

Facebook ci rende stupidi?

http://www.arnoldkling.com/blog/ideology-and-keynesian-economics/

In parte sì poichè induce reazioni immediate e spesso poco meditate. La cosa migliore consisterebbe nel far decantare almeno per un giorno i propri post al fine di potwr rwrtifficarli prima dell'invio. Tornare sui propri passi poi è difficile, l'istinto prevalente ci porta a difendere la posizione presa.

Certo che difendere posi
zioni stupide resta un buon allenamento per la nostra intelligenza.

Thomas Kuhn: The structure of scientific revolutio,

Introduzione.

  1. ci concentriamo un po' troppo sulle teorie finite, e questo ci trae in inganno, se guardassimo alla loro graduale formazione ci faremmo un'immagine ben diversa della scienza. in qs senso i manuali sono come guide turistiche
  2. La tipica caricatura della scienza: la scienza è fatta di osservazioni formalizzabili da cui fuoriescono formule generali. la conoscenza cresce gradualmente x fasi successive e la storia si limita a documentare qs crescita... lo storico deve stabilire chi ha fatto cosa ed elencare le scoperte che descrivono la crescita del nostro sapere.
  3. Eppure noi non potremmo rispondere alla domanda "chi ha scoperto l'ossigeno?". Perché? Perché quella appena fatta è una caricatura. nemmeno è così semplice distinguere la componente scientifica di un' attività. 
  4. la fisica aristotelica era un mito? no. ma se era scienza allora la scienza nn è propriamente quello che crediamo.
  5. le nuove ricerche storiche nn hanno uno sguardo "verticale": nn si guarda alla relazione tra galileo e noi ma a quella coi suoi colleghi. La comunità scientifica ha un ruolo centrale e questo dovrebbe dirci qualcosa sui complessi processi che informano un'attività apparentemente banale e in grado di staccarsi nettamente dalla mitologia.
  6. come emerge la teoria vincente?: studiando con lo stesso metodo lo stesso fenomeno (es. la luce) si può giungere ad esiti molto diversi. più che il metodo, per giustificare il proprio percorso, contano allora gli a priori l' esperienza passata (cosa si è studiato), cosa colpisce la nostra curiosità, perché privilegiamo certi esperimenti su altri. Tutte le possibili strade sono egualmente scientifiche ma in buona parte incommensurabili tra loro: non si puo' rispondere in modo determinato a questi perché.
  7. Le osservazione hanno un ruolo necessario ma tutt'altro che esclusivo. Altrettanto importante è l'idea condivisa sugli elementi costitutivi dell'universo e su come interagiscano con i nostri sensi. Ogni paradigma ha le sue basi e cresce su quelle, in esse c è una parte di arbitrio e la resistenza di una troria dipende anche dall affezione della comunità a quel paradigma. Quando il paradigma cede parliamo di rivoluzione scientifica. Si noti che il paradigma si propone sia come premessa che come conclusione, infatti, gli elementi base e il modo in cui reagiscono con i nostri sensi puo' essere "scoperto" ma è anche alla base delle nostre "scoperte".
  8. La teoria e i fatti nn sono facilmente separabili, innanzitutto per il motivo di cui al punto precedente: certi paradigmi teorici ci guidano inevitabilmente a vedere certi fatti piuttosto che altri. Spesso poi taluni fatti debbono essere congetturati e naturalmente lo si fa in modo conforme al paradigma adottato.

giovedì 18 giugno 2015

Nicholas Wade: A troublesome inheritance

Una sintesi per punti
  1. La verità divulgata: 1) le razze non esistono e 2) non esiste evoluzione recente in grado di diversificare l'uomo. Le affermazioni di Lewotin sorreggono il primo punto: le variazioni genetiche sono minime, meramente cosmetiche e del tutto irrilevanti. Gould è alla base del secondo: dacchè l'uomo è uscito dall'Africa non c'è stato il tempo materiale per avere differenziazioni significative. L'analisi del genoma ha ribaltato queste credenze. C'è poi l'argomento avanzato da Jared Diamond: poichè esistono criteri diversi per individuare le potenziali razze e questi criteri giungono a conclusioni diverse ciò significa che tutti questi criteri sono inattendibili. Esempio: perchè non consideriamo una razza quella composta da nigeriani+italiani+greci? Tutti e tre qs popoli posseggono il gene antimalaria!
  2. Partiamo da Diamond, il suo argomenta non sembra maolto serio ma motivato dal desiderio di gettare confusione. 1) nessuno ha mai tentato dimisolare le razze  sulla base di un singolo tratto. Esiste il concetto di cluster omogeneo. È con quello che si lavora. 2) il carattere proposto da Diamond, poi, è una mutazione recente (4-6000 anni) e superficiale che non può certo costituire un elemento di distinzione razziale. La diaspora del continente africano è ben più vecchia.
  3. Un esperimento è bastato a confutare Lewotin, sebbene la sua obiezione sia più seria rispetto a quella di Diamond. Frammenti di genoma sono stati sottoposti a un pc col compito di raggruppare i 5 cluster più rilevanti. Ebbene coincidevano con le 5 razze e i 5 continenti. Si tratta quindi di differenziazioni cardine, altro che irrilevanti. Ma soprattutto si tratta di differenziazioni costanti e correlate con l'ipotetica razza e quindi altamente esplicativi. Inoltre in altri animali differenziali simili a quelli umani vengono ritenuti più che sufficienti a introdurre più specie.
  4. Per quanto riguarda Gould oggi sappiamo che i tempi evolutivi sono molto più rapidi di quanto pensavamo: i tibetani, tanto per farr un esempio presentano adattamento genetico all altitudine a neanche 3000 anni dal loro insediamento.  Non solo, sappiamo anche che dalla diaspora almeno il 15% del genoma è sotto pressione evolutiva e sono ed esso ricomprende anche geni correlati allo sviluppo cerebrale.
  5. Il fatto che le razze abbiano una base biologica non implica che abbiano una base genetica. I geni sono sequenze proteiche che si trasmettono attraverso la riproduzione. Le sequenze esatte non sono sempre conosciute (nn si sa con esattezza dove un gene inizia e dove finisce) e a volte tale conoscenza è trascurabile. Naturalmente le sequenze più brevi sono anche le più facilmente controllabili e le più facilmente trasmissibili. Ebbene, tutte le razze condividono gli stessi geni (persino gli stessi alleli, ovvero le variazioni sui geni base). Ciò che cambia è la frequenza con cui si presentano taluni alleli. La differenza è dunque di tipo statistico.
  6. C'è un esperimento semplice semplice ma molto indicativo. Si considerano tot. genomi umani e si classificano in base alla ricorrenza di certi alleli componendo così dei cluster omogenei. I cinque maggiori coincidono con i 5 continenti che coincidono con le 5 razze. Tutto ciò nn può essere un caso? I geni prescelti nell'esperimento sono per così dire "neutrali", incidono poco sulla personalità ma noi sappiamo che 1) molti geni decisivi sono sotto pressione evolutiva (ovvero tendono a differenziarsi) 2) i tempi evolutivi sono molto più bre i di quel che pensavamo (2-3000 anni anzichè 30-40000) risultando compatibili con la differenziazione razziale della specie umana e 3) la pressione evolutiva si esercita a livello regionale.
  7. Per classificare l'uomo il metodo migliore consiste nel procedere con il concetto di razza, esattamente come aveva intuito Linneo.
  8. L'avversione verso questi studi è comprensibile, spesso hanno suscitato o si sono accompagnati a teorie sociali discutibili se non ripugnanti. Ciò non toglie che la scienza resti bloccata ancora a lungo.  L'eugenetica non è lo sbocco necessario dello studio delle razze, in fondo noi sappiamo quali caratteri beneficiano di più la società. IMHO: esistono anche motivi etici, eh.
  9. Il razzista tende ad ordinare gerarchicamente le razze in modo immutabile. In un certo senso nn è un ignorante, va distinto da chi nutre semplicemente dei pregiudizi. Ma soprattutto il razzista non ragiona in termini statistici bensì individuali.
  10. L'innovazione di questo libro rispetto a quelli suoi "compagni"(pinker, deary, murray): partire dal genotipo anzichè dal fenotipo.

Derek Thompson sull' effective altruism

Derek Thompson:

  1. di cosa si tratta? della scienza e razionalità combinate con la filantropia, di una specie di generosità autistica
  2. vuoi essere generoso? cerca lavoro a wall street anziché in una onlus. poi doni metà del tuo stipendio. un caposaldo dell'e.a. consiste nel produrre la ricchezza che si vuol donare
  3. e.a. sembra contraddire i principi egoistici dell'evoluzione e in effetti il dilemma permane. imho: e.a. è un' esibizione di intelligenza più che di generosità
  4. i più ricchi possono fare la differenza. guadagni più di 45000 euro? allora prendi coscienza di essere nell'1% più ricco della popolazione mondiale. prendi coscienza anche del moltiplicatore 100? il moltiplicatore ci dice che se l'1% più ricco donasse l'1% della sua ricchezza raddoppierebbe i redditi e la felicità nel mondo.
  5. esperimento mentale di peter singer: un bimbo affoga in un lago. vi buttate sapendo di indossare il vestito buono? naturalmente direte di sì ma sappiate che tutti i giorni vi si presenta l'occasione ma non lo fate per il semplice fatto che vi girate dall'altra parte per non vedere.
  6. altro principio: la scienza fa la differenza. esempio: come rinforzare la partecipazione scolastica in kenya? mandando testi migliori? mandando insegnanti migliori? costruendo scuole migliori? no: deverminizzando i bimbi. solo grazie ai random trials abbiamo potuto saperlo. eppure le onlus di deverminizzazione ricevono molto meno di quelle per il supporto scolastico.
  7. critica a e.a.: così si privilegiano le cause facilmente quantificabili. anche se in teoria tutto è misurabile in termini probabilistici la critica appare in buona parte fondata. come misurare l'impatto della libera stampa, dei diritti alle donne, dei...
  8. terzo principio: non conta sapere qual è la causa più preziosa ma sapere dove è più utile il dollaro che ho in mano e intendo donare. meglio harvard o il congo? per questo non vale mai la pena di donare in caso di disastri naturali: già donano gli altri.
  9. il problema morale è sempre dietro l'angolo: meglio salvare una vita in congo o alleviare la povertà in india? ognuno ha le sue preferenze, anche il rischio è una preferenza. per ogni donatore ci vorrebbe un' unità di misura e dei calcoli su misura.
  10. givewell è meta-filatropia: misura 8con tutti i limiti) l'efficacia della filantropia altrui. i migliori sono givedirectly e againstmalaria. in molti casi il modo più efficiente di fare filantropia è donare ad enti meta-filantropici.
  11. le storie motivano più dei numeri, questo ci è ovvio. mostrare il volto di un bimbo sofferente vale 100 statistiche. ecco allora un' altra critica all'approccio e.a.: toglie empatia e quindi demotiva. risposta: puo' essere vero ma d'altra parte sapere di fare del bene vero puo' essere altrettanto motivante.
continua.

mercoledì 17 giugno 2015

Temi d'esame 2015

Ai temi d'esame una traccia proponeva un brano tratto da Italo Calvino

Una ragazza interpellata diceva di aver rinunciato a quel tema perchè l'autore non era stato approfondito in classe.

Al che un professore commentava che una giustificazione del genere era insensata, la conoscenza dell'autore non era richiesta per affrontare il tema, bastava concentrarsi sul brano proposto e svolgere una riflessione, basta cioè capire e farsi un'idea su quel che si legge, organizzare questa idea ed esprimerla: oggi viviamo nella scuola delle competenze e non della conoscenza.

Ecco, questo scambio mi chiarisce meglio il significato di termini a volte per me misteriosi, mi riferisco naturalmente a "competenze" e "conoscenza".

David Stove: Darwinian fairytales. I

  • Darwin ha un problema. Spiegare l'altruismo. Per lui la vita è una competizione per sopravvivere. Ma allora, perchè gli ospedali? Perchè i sussidi di disoccupazione? Forse Darwin può spiegare in termini di scambio l'altruismo tra vicini ma quello puro dell'"effective altruism"? Deriva genetica? La religione cristiana è davvero contronatura?
  • C'è chi reagisce dicendo che la lotta darwiniana riguardava i nostri antenati. Ok ma il darwinismo nn era una teoria generale? Huxley ci invita a guardare alla lotta degli stati per le colonie, oppure alla lotta ferina tra i poveri, laddove la pressione è più acuta. Conclude dicendo che comunque la Storia presenta anche degli intervalli. Le sue osserva. Le sue osservazioni nn sembrano molto convincenti.
  • Forse la "via ipocrita" offre qualche spunto in più: se i fatti contraddicono Darwin allora peggio per i fatti. Essi non esistono, sono mere illusioni. Certi comportamenti nascondono una profonda ipocrisia, l'uomo è essenzialmente ipo rita. I darwinisti so iali aderiscono a qs. indirizzo e chiedono di togliere di mezzo le ipocrisie per giocare a carte scoperte. Ma sono loro i primi a schermirsi dicendo che aiutare i poveri è controproducente anzichè dire che è contronatura. Inoltre nn si vede una rabione valida che giustifichi la loro battaglia: perchè mai dovrebbero promuovere l'inevitabile?  Considera i promotori dell'eugenetica, si preoccupano che "i più adatti" nn si riproducano abbastanza.
  • Infine ci sono i distratti. Sono acculturati e scolarizzati, sanno bene che si DEVE credere al darwinismo ma nemmeno vogliono negare che esistano ospedali e sussidi ai più bisognosi. Ma come risolvono il dilemma? Semplicemente se ne disinteressano, tirano dritti per la loro strada, la cosa in fondo nn è affar loro.
  • IMHO: il dilemma proposto non mi sembra mettere all'angolo la posizione "ipocriticista". Essa riesce a giustificare anche l'altruismo più radicale, il cosiddetto "altruismo nerd" o "effective altruism". In questi casi il soggetto intende essere altruista in modo astratto, ovvero scegliendo i beneficiari sulla carta senza farsi coinvolgere dall'empatia che anzi, per una scelta razionale diventa un ostacolo. Ebbene, l'ipocriticista può sempre dire che questi soggetti non intendono esibire la propria bontà ma la propria intelligenza (e nn c'è dubbio che anche questo è un attributo apprezzato), in particolare il proprio dominio sulle emozioni: non è facile trattare il mio bambino alla stregua di uno sconosciuto africano che rovista nelle discariche di Nairobi, ci vuole una certa freddezza e doti del genere venvono spesso utili nella lotta per la sopravvivenza cosicchè diventa vantaggioso farne mostra.

martedì 16 giugno 2015

Alcuni motivi per non redistribuire la ricchezza

In ordine sparso:
  1. Gli incentivi contano
  2. Il governo è inefficiente
  3. I costi del risentimento pesano
  4. Esiste un effetto dotazione per cui chi perde soffre più di quanto non goda chi guadagna
  5. Probabilmente l'utilitarismo è falso e redistribuire rappresenta un rischio etico
Continua

Tre morivi contro la redistribuzione

http://econlog.econlib.org/archives/2015/06/not_so_hard_to.html

Richard Swinburne su Hume, Kant e la teologia naturale

  1. La critica di Kant e Hume alla teologia naturale è sostanzialmente una critica all' induttivismo. Purtroppo i due non considerano la conoscenza bayesiana che è poi quella improntata sul metodo scientifico, in particolare trascurano il ruolo dell'analogia nella formulazione di ipotesi sensate.
  2. Teologia naturale (t.n.): dal mondo fisico a quello divino. Nella tradizione è a disposizione per chi dubita ma oggi, in un mondo di "acculturati", la sua importanza cresce
  3. Sotto il programma "i limiti della conoscenza", t.n. è stata screditata da Hume nel mondo anglosassone e da Kant in quello continentale
  4. La proposizione di Hume: non c'è nulla nell'intelletto che prima non sia nei sensi, Problema ma quanto possono essere generali le idee ricavate dai sensi? Come si passa da uomo del 700 a uomo di tutti i tempi? Sì perchè Hume pretende di parlare di quest'ultimo senza che la sua filosofia lo autorizzi in modo chiaro.  Evidentemente il punto di partenza di Hume non sembra impedire generalizzazioni anche vaste.
  5. Altro argomento di Hume: la causa non è altro che una successione regolare ma poichè la creazione divina è unica non può essere inferita da alcuna regolarità. E il big bang? Hume trascura il ruolo delle analogie, esse ci aiutano a formulare ipotesi probabilistiche, in fondo ogni evento è unico e irripetibile! Noi sperimentiamo anche noi stessi come causa, ovvero sperimentiamo la spiegazione personale e l'atto libero, il  che è una potente analogia della creazione divina.
  6. Kant: sebbene possediamo un'idea di assoluto ci è impedito di ragionarci su senza ricadere nelle antinomie della ragione(paradossi...). Nel ragionare applichiamo categorie formate sulla nostra esperienza, la loro applicazione è lecita solo se ha per oggetto enti affini. Assoluto e relativo sono enti sostanzialmente differenti e quando noi tentiamo di passare dal secondo al primo la ragione incorre in paradossi irrisolvibili (per ogni argomento "contro" ce n'è uno "pro" altrettanto fondato).
  7. In realtà non è affatto detto che le "alternative equivalenti" di Kant siano altrettanto "equivalenti", spesso una è più probabile dell'altra. La cosa è evidente nel pensiero scientifico, secondo la prima antinomia noi non possiamo sapere se abitiamo uno spazio finito (qualcuno potrebbe ipotizzarlo poiché tutta la nostra esperienza riguarda oggetti finiti), esiste infatti un anti-tesi altrettanto probabile fondata sul fatto che nella nostra esperienza se lo spazio fosse finito dovrebbe esistere qualcosa al di là di esso. Ebbene, il big bang postula uno spazio finito mentre modelli diversi (inflazionistico e stazionario) ipotizzano un universo infinito. Si tratta di ipotesi assurde in quanto equivalenti per definizione? Non sembrerebbe proprio, tant'è che le varie scoperte alimentano ora l'uno ora l'altro modello costringendoci ad aggiornare le nostre credenze.
  8. Esempi avanzati da Kant a sostegno dei limiti della ragione: poiché viviamo in un unico spazio euclideo e le nostre categorie sono informate a questo tipo di realtàente, noi non possiamo ragionare su più spazi, non riusciamo ad immaginarli come logicamente possibili. L'esempio non sembra felice visto che la scienza negli anni successivi ha ripetutamente ragionato anche su spazi curvi, su multiversi e altro. Posso anche svegliarmi e pensare di essere in un nuovo spazio parallelo. Dal punto di vista logico non c'è nulla che me lo impedisce, posso facilmente immaginarmi spazi paralleli e sliding doors.
  9. Critica a Kant: si concentra sulla conoscenza pura anzichè su quella probabilistica, è solo sulla prima a che si applicano i paradossi logici. Ma noi utilizziamo la seconda conoscenza per fare ipotesi intorno al difficilmente osservabile partendo dall'osservabile. La scienza procede allo stesso modo e non di rado postula nelle sue teorie realtà inferite ma non osservabili, da Dalton alle particelle subatomiche gli esempi sono disponibili in abbondanza. Se solo Kant fosse nato dopo Dalton, forse il primo scienziato a compiere in modo palese operazioni del genere, forse avrebbe rivisto la sua teoria dei "limiti", era infatti un grande ammiratore della scienza. Da Dalton in poi gli scienziati hanno sempre piùspesso teorizzato sull'infinitamente piccolo, sull'infinitamente grande, sull'infinitamente distante... Tutti "infinitamente" che rendevano l'oggetto delle speculazioni inosservabile e purtuttavia queste speculazioni restavano sensate e in costante evoluzione poiché fondate sulla logica bayesiana.

lunedì 15 giugno 2015

Frences Volley sulla pedagogia dei beni pubblici

Punti:

  1. scopo del saggio: enfatizzare il legame lasco tra teoria dei beni pubblici e spesa pubblica. Eppure, stante la pedagogia attuale, il legame sembrerebbe invece decisivo.Evidentemente questa teoria ha dei limiti.
  2. Perché si vuol far apparire questo legame come importante: per non apparire dei moralisti ma degli efficientisti.
  3. nel collegamento bene pubblico/spesa pubblica si mescolano il concetto di non-escludibilità (non è possibile escludere dei consumatori e cio' incentiva comportamenti opportunistici. Soluzione ideale: trasferimenti volontari) e il concetto di non-rivalità nel consumo (non è desiderabile escludere è un caso particolare di monopolio naturale, il problema sta nella discriminazione dei consumatori). C' è poi un problema di finanza pubblica: come quantificare la spesa confrontando le utilità soggettive dei consumatori.
  4. Questo intasamento concettuale viola i principi pedagogici primari. In particolare, quello per il quale si insegna un principio alla volta. E poi quello per cui nell'insegnamento occorre procedere per gradi.
  5. Esempio di pedagogia ordinata del welfare: 1) concorrenza perfetta 2) buon senso del monopolista naturale 3) regolatore onnisciente 4) buon senso dei cittadini sulla produzione di beni non escludibili 5) tassatore onnisciente. Il tutto facendo notare come 3 e 5 ostacolano l'evoluzione verso 2 e 4.
  6. Per quanto riguarda il principio di non-rivalità: 1) ci sono beni che sono in concorrenza inaspettata con altri (es. libri) e 2) l'intervento governativo, quand'anche fosse necessario, sarebbe cmq solo di ordine regolativo. In altri termini: la spesa pubblica ha a che fare solo con i beni non escludibili
  7. guardando meglio i beni non escludibili scopriamo che non sono altro che esternalità ma cio' crea imbarazzo per il semplice fatto che noi viviamo immersi in esternalità che trattiamo senza il bisogno di tassare e finanziare alcunché. Evidentemente anche il legame beni non escludibili e spesa pubblica appare tutt'altro che nitido, giocano un ruolo buon senso, tradizione eccetera.
  8. se il buon senso dei cittadini e del monopolista appaiono una chimera perché mai dovrebbe essere realistico postulare l'onniscienza del governante e la sua infinita bontà? 
  9. A titolo esemplificativo guardiamo alla generosità, i cittadini donano e donano tanto (l'economia non se lo spiega), inoltre non donano ai governi ma ad altri enti, evidentemente quando sono chiamati alla prova dei fatti 1) reagiscono anche se la teoria non lo prevede e 2) orientano altrove le loro preferenze rispetto al soggetto designato dalla teoria.
  10. Conclusione: il legame tra beni pubblici e spesa pubblica è talmente lasco che per rendere conto di quest'ultima occorrono teorie alternative.
  11. Dicevamo della tesi di fondo: lo stato non puo' essere giustificato come produttore di beni pubblici. Argomento: ci sono beni pubblici puri che lo stato non si sogna di produrre. Esempio? La prevenzione contro gli asteroidi.

L'ipotesi teistica

Ipotesi scientifiche alternative:

  1. Ipotesi Feynman: esistono infiniti universi, cosicché il fatto che esista anche il nostro non è un caso straordinario e inspiegabile.
  2. Ipotesi Tegmark: l' universo è un'entità matematica (e quindi eterna). La matematica non descrive l'universo, la matematica è l'universo.
  3. Ipotesi Smolin: la legge dell'evoluzione si applica anche alle leggi della fisica, cosicché le attuali leggi sono solo un pacchetto tra i tanti possibili.
  4. Ipotesi Hawking: l'universo origina da un salto quantico, è quindi una fenomeno casuale.
  5. Ipotesi Einstein: ovvero ipotesi panteistica: l'universo ha un'unica anima di cui noi facciamo parte.
  6. Ipotesi Nietzsche: (padre dei relativisti): l'universo è un prodotto della mente dei "superuomini" che lo ha costruito così e avrebbe potuto costruirlo diversamente.
continua.

domenica 14 giugno 2015

Nicholas Shalcke: the vacuity of postmodernism

Punti

  1. Il postmod tenta di sminuire il valore della verità al fine di liberare contraddizioni creative e utili
  2. NPP. No Position Position. Affermare è sempre negativo, una protervia che implica violenza. La verità è violenta e i buoni argomenti oppressivi
  3. La razionalità ha una sua storia che ne definisce la costruzione. Il che implica una costruzione differente e secondo diverse convenienze
  4. il fox trot di Rorty: la verità è un aspetto secondario della mia posizione in ogni caso nn puoi confutarmi poichè io non ho una posizione NPP. Credere alla ragione è una fede religiosa
  5. risposta a rorty: certo, anche la ragione parte da premesse autoevidenti e indimostrabili ma tali premesse, contrariamente a NPP, sono condivise
  6. NPP è coerente fintantochè nessuno l'avanza, cosicchè il postmod non parla in modo esplicito ma allude con discorsi obliqui che dovrebbero risultare convincenti
  7. Accuse a NPP: 1 è comoda 2 è autorimuovente 3 è indimostrata (quindi trascendentale)
  8. Bloor: premesse simili possono condurre sia a conclusioni false che vere. Accusa alla razionalità: introduce elementi sopranaturali, noi dobbiamo essere naturalisti integrali. Consideriamo corretto il ns programma ma evitiamo di dirlo per nn cadere in contraddizione introducendo elementi razionali e quindi sovranaturali
  9. Obiezione a Bloor: non si capisce perchè bloor ragioni con noi o risponda alle ns obiezioni viste le premesse da cui parte che implicano un rifiuto della ragione.
  10. Spesso la critica postmod alla ragione si risolve nell'introduzione dei soliti paradossi, quasi fossero distruttivi. Ma così nn è, e basterebbe guardare alla storia: l'introduzione dei paradossi logici è spessostata occasione di miglioramento della ragione e non di empasse.
  11. Postmod è un relativista assoluto e si difende saltando da un'affermazione ambigua all'altra. La retorica è la sua arma insieme all'allusione, al non detto e al discorso ellittico.

venerdì 12 giugno 2015

Sul salario minimo

http://econlog.econlib.org/archives/2013/03/the_vice_of_sel.html

The Language Hoax: Why the World Looks the Same in Any Language John H. McWhorter

Capitolo 1

  1. neowhorfismo: teoria per la quale il linguaggio modella il pensiero. il libro si pone come obbiettivo quello di ridimensionare una simile tesi
  2. spesso gli esperimenti neowhor sono anche accurati ma si prestano ad una presentazione distorta da parte dei media, la critica, più che gli esperimenti, critica la loro pessima divulgazione
  3. le conclusioni neowhor vengono tratte da esperimenti tipo questo: in inglese il tempo è misurato come una lunghezza mentre i giapponesi lo rappresentano come una quantità. ebbene, gli inglesi sono più abili nel predirre quando un corpo in movimento raggiungerà un certo obbiettivo mentre i giapponesi quando un contenitore dove si riversa la sabbia si riempirà completamente. esperimenti sui colori: i russi hanno nomi diversi per diverse sfumature di blu e, forse in virtù del loro linguaggio, sono più veloci a compiere certi abbinamenti.
  4. domanda: ma davvero qualche millesimo di secondo di differenza nel compiere certi abbinamenti tra i colori puo' essere la base per dire che il linguaggio dei russi conferisce loro una diversa visione della vita? Sembrerebbe proprio di no.
  5. quando le differenze cominciano ad essere interessanti scopriamo che non è il linguaggio a guidare i parlanti ma piuttosto la cultura. si dice:"i piraha non hanno parole per i numeri e quindi sono scarsi in matematica". Assurdo, sarebbe come dire che "i tizi non hanno gambe né parole che designino le gambe e quindi non riescono a correre". gli eschimesi hanno 30 parole per designare la neve, nulla di speciale: vivono al polo! il loro ambiente pone delle esigenze su cui si modella il loro linguaggio. i guguu esprimono la posizione coi punti cardinali anzichè con parole tipo dietro, davanti ecc., nulla di speciale: vivono nel deserto dove ci sono certe esigenze di orientamento. L'ambiente incide sulla cultura la quale modella il linguaggio.
  6. linguaggio e cultura, cosa viene prima? E' un dilemma in stile uovo/gallina. No, per almeno tre motivi: 1) i guguu sradicati dal loro ambiente cessano di esprimersi utilizzando i punti cardinali 2) nessuno nella foresta parla il linguaggio dei guguu 3) i vicini dei guguu magari non hanno il liro stesso linguaggio ma possiedono processi mentali molto simili. e qui cade anche la tipica difesa neowhorf: esistono popoli che condividono l'ambiente ma non il linguaggio. ma nessuno sostiene che condividere l'ambiente porti necessariamente allo stesso linguaggio.
  7. conclusione: il linguaggio modella il pensiero? ma cosa si intende per pensiero? se si intende quella facoltà in virtù della quale noi possediamo una certa visione del mondo, la tesi è da respingere. il linguaggio puo' al limite condizionare certi comportamenti minimi che possiamo tranquillamente considerare trascurabili.
continua

mercoledì 10 giugno 2015

Robin Hanson su cazzeggio e umorismo

  1. L'uomo, come  altre specie animali, dedica molto tempo al gioco, ovvero ad un'attività in cui, in un ambiente sicuro si impara a muoversi nel rispetto di alcune regole.
  2. Si può giocare a scacchi, a nascondino ma si può anche giocare "a parlare", o a cazzeggiare. Il cazzeggiatore domina le regole del linguaggio e per lo più parla di cose poco serie. Ma può anche darsi che affronti argomenti seri e qui la funzione del gioco cambia leggermente: ci si esercita a dominare le regole per violare una regola, magari in modo benigno. Cazzeggiando su argomenti seri si è autorizzati a dire cose che non si possono dire in un contesto di serietà. In un certo senso si è sempre giustificati poichè possiamo far passare per ottuso chi ci critica poichè "non capisce" l'aria di cazzeggio della conversazione. L'abilità del cazzeggiatore consiste nel barcamenarsi tra i diversi livelli del linguaggio affinchè il messaggio espresso sia sempre messo al riparo da un abile tono semiserio.
  3. L'umorismo è l'esito inevitabile del cazzeggiatore. L'umorismo allena alla comunicazione indiretta, al messaggio obliquo, alla creazione di codici personali, a un livello di comunicazione  che sia comprensibile solo agli amici. I nemici, quando intervengono per difendersi, intervengono per definizione fuori luogo: dimostrano di non avere senso dell'umorismo. I nerd, per esempio, sono le classiche vittime degli umoristi: hanno un solo livello di comunicazione e ciò gli rende facili prede di chi invece è abile nell'esprimersi su più livelli. L'umorismo è un residuo del dogmatismo del passato. Se ieri chi criticava un dogma co metteva un peccato, oggi chi si attarda a criticare l'idea sottostante una battuta viene additato come privo di senso dell'umorismo, il che è la massima scomunica del nostro tempo.
  4. L'ipocrita invece è simpatetico all'umorismo. E si capisce, il mondo della comunicazione polisemica, il mondo dalle mille uscite di sicurezza è il suo regno. L'umorismo è un'attività in cui alleniamo ed esibiamo le nostre potenzialità di produrre ipocrisia, ovvero un linguaggio ellittico, multistrato, dove tutti i livelli si mescolano in modo apparentemente incongruo. Il riso è una caratteristica basilare dell' Homo Hipochritus.
  5. Siamo molto legati a chi ci fa ridere perchè sentiamo che con lui si apre una comunicazione privilegiata fatta con un codice esclusivo. L'umorismo ci allena per la ricerca di complici nella violazione benigna di norme.
  6. Storia del riso. Nella storia dell'umanità il riso è stato sempre visto con sospetto dai moralisti, un segno di arroganza, di disprezzo, di superiorità e di derisione. Oggi invece viene per lo più considerato con simpatia. Perchè? Forse oggi un bene come quello della fiducia è meno ricercato visto che lo garantisce lo stato. Il riso, infatti, con le sue mille ambiguità, mette sempre a rischio la produzione di fiducia trasparente.
  7. Alcuni dati delle ricerche sul riso. Il riso non è una reazione a situazioni comiche bensì una vocalizzazione socievole: l'80% delle nostre risate non avvengono in contesti comici ma in contesti socializzanti. Chi parla, per esempio, ride molto di più di chi ascolta. Le donne ridono molto di più degli uomini, si ritiene sia un segno di sottomissione. Gli uomini per contro sono fonte di riso molto più delle donne, pensate solo a chi era il buffone della classe quando eravate al liceo.

martedì 9 giugno 2015

HL ITALIANO Michael Bailey: The man who would be queen. Cap 6

Cap.6. Le origini dell'omosessualità e le teorie sull'omosessualità.
  1. Esiste un gene gay? Risposta breve: si direbbe di sì, anche se non è completo. Dapprima sembrava che i gay nascessero da madri stressate ma gli esperimenti non sono stati ripetuti. L'ipotesi della genetica è nata osservando i fratelli gay (gay nel 20per cento dei casi).
  2. L'esperimento ideale: osservare gemelli omozigoti separati alla nascita. L'osservazione sembra confermare ma i soggetti sono troppo rari. Alternativa: osservare parallelamente omozigoti, eterozigoti e adottati. L'osservazione conferma un influsso genetico anche se non completo.
  3. C'è una correlazione chiara tra ricercatori sul tema e orientamento sessuale dei ricercatori.
  4. L'ambiente conta ma non dobbiamo pensare solo all'ambiente sociale, c'è anche quello biologico. L' ipotesi più probabile sul campo è che l'ordine di nascita influisca tramite le alterazioni del sistema immunitario. Ci sono ipotesi alternative come quella dello sdoganamento: i gay pullulano laddove sono accettati. I dati nn confermano, le stime rivelano percentuali tra l'1 e il 3% nonostante le associazioni parlino del 10%. Ipotesi dell'iniziazione: se il tuo primo rapporto è omo sarai omo. Alcuni studi confermano ma i soggetti osservati erano già sessualmente coscienti.
  5. Questi sono studi difficile con pochi fondi. Perchè? Si teme che la scoperta del gene conduca all'aborto di massa. Il paradosso è che chi teme qs conseguenze di solito sostiene che l'aborto è un affare privato. Quello che condanna è la discriminazione ma si può discriminare anche per  uoni motivi: 1 voglio evitare sofferenze 2 voglio un figlio come me 3 voglio nipoti. E poi, considera l'analogia: educare un figlio cristiano discrimina forse verso gli ebrei? Discriminare è cmq lecito se non fa male a nessuno.
  6. I gay sono un paradosso evolutivo. Tentativi di spiegazione. 1 i gay tengono sotto  controllo la popolazione. Nessuno accetta qs ipotesi. Si sarebbero cmq estinti da tempo e poi il gene resta sempre egoista, ammesso e non concesso che un mondo popoloso sia peggiore. 2 Kin selection.. Ipotesi poco credi ile, resta lo svantaggio evolutivo a meno che i gay abbiano tonnellate di nipoti. Oggi, comunque non è così, quindi se non si sono estinti si estingueranno. 3 Ereditarietà parziale. Resta lo svantaggio riproduttivo a meno che i fratelli dei gay abbiano molti più figli, realtà non osservata.
  7. Ipotesi alternativa: germ theory. Spiega bene la correlazione buona ma non perfetta tra gemelli.
  8. Altra teoria papabile: l'omosessualità è una specie di perversione etero: sono talmente attratto dalle donne che le desidero vicine a me, talmente vicine che mi fingo una di loro.
  9. E i gay che non mostrano tratti femminili? Specie nelle culture dell'antichità sono molti. Nota che anche in carcere sono molti. Spesso costoro pullulano laddove l'accesso alla donna è difficoltoso. Un gay ha scarse possibilità di accoppiarsi quindi è più "disponibile" a farlo. Un' occasione - forse l'unica - per chi cerca sesso disperatamente.
  10. Oggi sappiamo con una certa sicurezza dove rintracciare le differenze cerebrali tra un uomo normale e un gay: IMAH3 una parte dell'ipotalamo.
continua

Cap.3 geneder

  1. la teoria del gender sostiene che esiste un legame lasco tra sessualità e genere. la scienza sembrerebbe confutare una posizione del genere, il legame è robusto. e qui entrano in gioco le vicende di alcuni bambini che per gravi malattie sono stati fatti crescere secondo un'identità di genere che non coincideva con la loro sessualità. il risultato è stato molto spesso disastroso.
  2. tuttavia, anche se la sessualità è binaria, sarebbe esagerato pensare a due soli generi, qui lo spettro è leggermente più ampio.

sabato 6 giugno 2015

Terapie per la depressione

http://digest.bps.org.uk/2015/06/is-cbt-for-depression-losing-its.html?m=1

venerdì 5 giugno 2015

HL ITALIANO Diego Gambetta: Codes of underworld

Capitolo I Criminal credentials.

  1. Il mondo del crimine è ideale per studiare l'uso del linguaggio e i modi in cui si incontrano domanda e offerta. C'è chi allungherebbe volentieri una mazzetta ma rinuncia perchè non sa a chi darla. Come possiamo capire se siamo di fronte ad un criminale doc? E come far capire agli altri che siamo criminali affidabili? So o domande interessanti anche a chi non si appassiona al mo do della mala poichè la questione può essere facilmente allargata: come si crea quel bene primario   che è la fiducia in assenza dello stato?
  2. i posti che si frequentano sono importanti:prigioni, bar nelle ore di lavoro e notturne, prigioni. Le periferie malfamate si trasformano rapidamente perchè i criminali ambiscono ad abitare lì così come la brava gente ambisce ad andarsene. Abitare a lungo in una zona malfamata è importante ma mai come stare in prigione. La prigione è cri inogena poichè ti insegna le tecniche, ti garantisce co oscenze ma soprattutto ti marchia come criminale affidabile.
  3. commettere un reato è un segnale importante per guadagnare la fiducia della malavita. Spesso viene richiesto un omicidio iniziatico: non è una crudeltà ma una forma di giuramento. In fo do parliamo di come fabbricare quel bene che è la fiducia in assenza dello stato. Le azioni rischioso danno una buona immagine, per esempio scommettere molto: i criminali sono propensi al rischio, in caso contrario si guadagnerebbero da vivere aprendo un autolavaggio.
  4. Infiltrati come donnie brasco hanno ingannato anche la mafia ma ciò non significa che la malavita sia stupida: ha subito alzato lo standard di ammissione, ora l'omicidio iniziatico o è tornato d'obbligo, un poliziotto non lo farà mai.
  5. gli infiltrati hanno spesso agito al limite e specie in passato anche oltre il limite, specie se era in gioco la propria vita. Ad un  erto punto era praticamente impossibile capire da  he parte stessero  cergespie. Qui si poneun curioso dilemma per la mala: se punisce in modo troppo duro chi tradisce rischia di non scoprire mai l'infiltrato poichè costui in condizioni di pericolo farebbe di tutto. Certo che sesiarriva a fare  erte cose, ovvero u  idere, allora l'infiltrato non può più nemmeno dirsi tale, forse. Di certo  i sono diverse organizzazioni, per esempio quelle del terrorismo islamico, che vengono considerate ininfiltrabili.
  6. una volta risolto il problema degli infiltrati non è però risolto il problema del tradimento: anche un  criminale incallito può tradire. E qui veniamo a quella cosa che si chiama onore.

mercoledì 3 giugno 2015

L' ora di educazione civica

Sì. Purchè ruoti intorno al diritto/dovere alla disubbidienza civile

The problem of political authority di Michael Huemer

Hemer sul problema dell'autorità politica:

  1. Ottimo testo scolastico per l'ora di educazione civica: semplice, ordinato, comprensibile e convincente.
  2. Perchè noi consideriamo illecite talune azioni se le compie Tizio mentre le giustifichiamo se le compie il governo? Questo è il classico problema dell'autorità politica. Se Tizio cattura un vandalo, lo rinchiude in cantina e poi va dal suo  vicino estorcendogli un contributo in denaro a titolo risarcitorio, nessuno giustificherebbe il suo modo d'agire. Se invece lo fa Caio "a nome dello stato" tutto diventa all'improvviso legittimo. Ha senso che esista un doppio standard morale?
  3. Due spieghe:1) l'azione compiuta da Tizio e da Caio non è la stessa e 2) Tizio e Caio sono persone essenzialmente diverse.  Le uniche spieghe valide sono del secondo tipo poichè l'esempio del vigilantes può essere variato a piacimento in modo da rendere le due azioni da confrontare perfettamente uguali.
  4. C'è chi a questo punto introduce la democrazia ma la gran parte delle teorie che giustificano l'autorità politica precedono l'avvento della democrazia e prescindono da essa.
  5. Huemer si concentra sui casi di aggressione fisica, non perchè siano gli unici illegittimi nel rapporto tra privati ma solo perchè si tratta di casi dove quasi sempre si concorda nella condanna. È importante per Huemer partire da una posizione di accordo e quindi considerare azioni dove il doppio standard di giudizio è particolarmente evidente.
  6. Ci sono due metodi di analisi: 1) prendere una teoria etica astratta ed applicarla al caso concreto dell'autorità politica. Una di queste teorie potrebbe essere quella di Rawls. 2) considerare dei casi specifici in cui il giudizio etico è incontrovertibile e procedere coerentemente a giudicare altri casi. Huemer segue questa seconda via, non crede che esistano teorie etiche generali affidabili. Ci sono filosofi che credono nelle teorie (Singer), ci sono poi filosofi (Nancy) che credono nell'esistenza di giudizi specifici, ci sono poi filosofi che non credono a niente in campo etico (Mackie) e ci sono infine filosofi come Huemer cne pur non credendo in nessuna teoria credono in taluni giudizi specifici  condivisi,  questi giudizi sarebbero fondati e ragionevoli. Se così è, partire da una teoria etica o, ancora peggio, da una teoria politica, sarebbe tempo perso. Partiamo invece dall'ovvio. Attenzione: se si parte dall'ovvio e si traggono le ovvie inferenze non è affatto detto che si giunga ad ovvie conclusioni. Anzi, direi che le conclusioni di Huemer sono decisamente originali.
  7. Perchè non partire dall'idea di senso comune per cui un'autorità politica è necessaria? Primo perchè Huemer non condivide questa idea che quindi diventa controversa e non più condivisa, del resto esistono fior di filosofi politici e storici che non la condividono: Stringham, Ostrom, Schmidtz, Leeson, Beito . Ma, secondo, a quanto pare molti hanno ritenuto di doverla giustificare. Quindi non è poi tanto di senso comune.
  8. Tesi del libro: l'a. p. è un'illusione. Confutazione delle principali teorie giustificatorie ( contrattualismo democraticismo utilitarismo...). Altre tesi: le principali teorie politiche sono una razionalizzazione di conclusioni già raggiunte. La parte seconda è dedicata alle conseguenza del precetto che dichiara illegittima l'autorità politica.
  9. La tesi conseguenzialista come la presenta Hobbes: gli uomini non collaborano e senza un sovrano assoluto vivrebbero nella miseria, quindi la sua presenza deve essere accettata come naturale. C'è qualcosa di contradditorio nel contrattualismo: se gli uomini non collaborano perché mai dovrebbero collaborare accordandosi nell'accettazione di un sovrano assoluto? Paragrafo estrapolato da Stringham.
  10. Nagel dice che il nostro reddito non sarebbe lo stesso senza a.p., quindi il diritto al nostro reddito non esiste. Obiezione: certo, le istituzioni politiche contano, se vivessimo in URSS saremmo tutti più poveri, ma l'argomento dimostra troppo, dimostra che qualsiasi cosa faccia lo stato è giustificata, anche se violasse i diritti tanto cari a Nagel. E quindi, come la mettiamo? Oltretutto avere argomenti per dimostrare che la soluzione A (statalismo) è migliore della soluzione B (stato minimo) non implica l'obbligo di uniformarsi ai precetti di A. Ci sono auto migliori di altre nel rapporto qualità prezzo ma non esiste una costrizione all'acquisto. Paragrafo estrapolato da Stingham.
  11. la tesi conseguenzialista è la più accreditata per giustificare a.p.: senza lo stato che coordina le conseguenze sarebbero gravi quindi è doveroso obbedire. Obiezione: eppure se io disubbidisco lo stato non collassa affatto. Risposta: e il test kantiano?
  12. Le lacune dell'utilitarismo dei comportamenti fa ripiegare sull'utilitarismo delle regole: si deve ubbidire a una regola se risulta utile in condizioni "kantiane". Ma anche u.delle regole si confuta con casi specifici paradossali: nn posso fare il ragioniere perchè se lo facessero tutti il paese collasserebbe.
  13. dopo la confutazione dell'u.delle regole il conseguenzialista ripiega sulle teorie del fair play: applico il test kantiano per stabilire i doveri più che i diritti. Esempio:la barca imbarca acqua e tutti si danno da fare per svuotarla, si potrebbe fare a meno del mio apporto ma è doveroso che io contribuisca per quanto posso. Inconveniente: se i passeggeri si impegnano in due attività di cui una inutile (es: svuotare l'acqua dalla barca e pregare Poseidone) è mio dovere partecipare ad entrambe? Si direbbe di no, di conseguenza nn è mio dovere ubbedire a leggi sbagliate, o per lo meno lo stato che le emette nn è meno colpevole del cittadino che le infrange, manca quindi di legittimità. Se è vero che siamo eticamente esentati dal partecipare ad attività inutili è ancora più vero che lo siamo dal partecipare ad attività dannose. Per un pacifista la guerra è dannosa, per un anarchico il governo è dannoso, eccetera. La dannosità si rileva anche dalla presenza di alternative più efficienti: givewell è più efficiente dello stato nell'aiutare chi ha bisogno.
  14. con l'argomento del fair play si tenta di giustificare la legittimità generica dello stato nell'agire in modo violento. Tuttavia, per quanto appena detto analizzando l'analogia della barca lo stato può anche essere giustificato nella sua azione ma solo per attività specifiche (es per imporre a tutti un contributo nello svuotare la barca) non in generale. Anche giustificare il monopolio della violenza è difficile da giustificare: se sulla barca gianna estrae per primo la pistola e impone a tutti di contribuire al salvataggio perchè mai non potrebbe farlo Gino qualora l'occasione si ripresentasse?
continua

lunedì 1 giugno 2015

http://www.project-syndicate.org/commentary/education-economic-growth-by-ricardo-hausmann-2015-05#dKLDttg8lyoy8CX0.99

domenica 31 maggio 2015

sabato 30 maggio 2015

Il nazismo buono

http://www.pressreader.com/italy/corriere-della-sera/20150530/282664685990587/TextView

Argomenti pro lusso

http://bleedingheartlibertarians.com/2015/05/living-high-while-people-die/


al video linkato (circa al minuto 2) un indiretto quanto sorprendente elogio del "lusso" di don giussni (lui lo chiama bellezza): senza il contatto con la bellezza mai e poi mai potrai aiutare il tuo prossimo a cui manca anche il necessario:

https://www.youtube.com/watch?v=X_ORO-hVnJE

venerdì 29 maggio 2015

Non credo nelle teorie etiche

Lo dico subito: non credo in nessuna teoria etica.

Tutte sono altamente controverse, tutte prestano il fianco a critiche devastanti. Mi sembrano razionalizzazioni di giudizi già presi. Da Kant a Rawls non faccio eccezioni.

Con questo non voglio fare professione di scetticismo: credo pur sempre che alcuni giudizi specifici siano veri e ben fondati e non controversi.

La cosa migliore è partire da quei giudizi.

Puo' darsi che si arrivi a conclusioni controverse ma per lo meno si è partiti da giudizi specifici di buon senso che tutti condividono.

Se le conclusioni sono controverse la controversia andrà risolta a favore di chi formula la sua tesi partendo da giudizi non controversi.

giovedì 28 maggio 2015

Systematically Biased Beliefs About Inequality

Systematically Biased Beliefs About Inequality, Bryan Caplan | EconLog | Library of Economics and Liberty:



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la diseguaglianza percepita si discosta da quella reale e questa discrepanza ha profonde implicazioni per la teoria politica.

Raymond Boudon sul relativismo parte I

Raymond Boudon sul relativismo parte I
  1. Il relativismo può avere una natura varia, oltre a quello filosofico c'è quello etico, quello cognitivo e quello culturale
  2. Relativismo etico. Montaigne: esistono in giro per il mondo precetti tanto vari che l'etica potrebbe essere considerata un portato culturale più che un dato reale. Pensa solo al caso dell'infibulazione. Ma inferire conclusioni relativiste da Montaigne è esagerato: se ci concentriamo sulle ragioni profonde della pratica infibulatoria la nostra indignazione scema, non sono poi così diverse da quelle avanzate nelle nostre civiltà. D'altra parte anche chi la pratica ne percepisce la crudeltà e spesso ripiega su alternative. Insomma, questo venirsi incontro testimonia della presenza di valori assoluti che fanno sentire il loro magnetismo. Ad essere conenzionali non sono i valori di fondo, come pretendono i relativisti ma le forme in cui si incarnano.
  3. Relativismo etico. Hume: la fallacia naturalistica: da proposizioni all'indicativo non posso trarre conclusioni imperative. Il regno dell'etica è irrazionale, non ha mai un contatto con la razionalità descrittiva. La tesi di Hume si presta ad equivoci: parlando all'indicativo molti hanno in mente conseguenze dal chiaro portato imperativo.
  4. Relativismo etico. Weber: politeismo dei valori: i valori scaturiscono da principi indimostrabili quindi convivono tra loro fronteggiandosi nel conflitto sociale. Alla fine vince il più forte non il più ragionevole. Secondo i relativisti Weber è sulla linea Marx-Nietzsche. Ma qs resoconto relativista non rispecchia la posizione di Weber: lui era un evoluzionista: i valori partono alla pari ma nella concorrenza alcuni emergono fino ad imporsi mentre  altri affondano e spesso quelli vincenti sono tali perchè più convincenti.
  5. Il relativista etico abusa del principio della bivalenza: i precetti sono o fondati o relativi. Non è vero, molto più probabile che alcuni precetti siano relativi ed altri siano bloccati su solide fondamenta.
  6. Il relativismo si è imposto anche perchè teoria utile a proclamare un certo principio di eguaglianza: tutte le società hanno pari dignità e nessuna è superiore alle altre.
  7. Relativismo cognitivo: abbiamo accesso alla realtà? Kuhn: la storia della scienza nn è lineare come la rappresentano i manuali. Parecchi fattori irrazionali (estetica politica metafisica) pesano nella scelta della teoria da privilegiare.  Khun ha il merito di confutare Popper e di sottolineare l'azione di molti fattori irrazionali ma è solo con una forzatura iperbolica che dal suo lavoro si ricava un qualche relativismo
  8. R.cognitivo. Il relativismo si è imposto anche per l'insolubilità del problema della demarcazione. Popper propose il criterio della confutabilità lasciando almeno tre dubbi (ci sono teorie filosofiche confutabili tramite esperimenti mentali. Ci sono teorie scientifiche difficilmente confutabili: quelle contrassegnate da clausole coeteris paribue o il neo-darwinismo, teoria con diverse conferme ma di cui è difficile immaginare unaconfutazione). Questo fallimento apre indebitamente le porte al darwinismo.
  9. Il r. cognitivo s'impone anche perchè utile alla denuncia del connubio tra scienza, multinazionali e politica. Se la scienza è un sapere relativo i poteri forti se ne impadroniscono
  10. R. Cognitivo, confutazione. Una credenza può imporsi anche per motivi irrazionali ma affinchè si mantenga è necessario chesia fondata. L'irrazionalismo può farsi sentire sul breve periodoma non sul lungo. Il fatto di non avere criteri generali per definirla non significa che la scientificità del sapere non esista: in parecchi casi specifici la scientificità s'impone alla nostra ragione come un'evidenza quasi fosse unsentimento di scientificità
Continua.

mercoledì 27 maggio 2015

Il concetto di rischio in don Giussani

Essenzialmente è un concetto anti-utilitaristico: poiché non possiamo pesare con il bilancino le conseguenze dei nostri atti dobbiamo affidarci a dei principi indimostrabili, per quanto ragionevoli. Questo è tanto più vero quanto più si opera in certi ambiti, in particolare in quello educativo.

martedì 26 maggio 2015

reddito di cittadinanza

Michael Tanner on a Guaranteed National Income | askblog:



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Se devo immaginare un welfare, quello fondato sul reddito di cittadinanza o reddito minimo garantito sarebbe l'ideale. Ma purtroppo un welfare ce lo abbiamo già e quando si parla di reddito di cittadinanza non si capisce mai se lo si voglia cumulare alle altre garanzie o se invece si punti ad una sostituzione. A me sembra ovvio che, dato il minaccioso silenzio, si opti più meno consciamente per l'ipotesi più sciagurata, ovvero la seconda. Come procedere allora per sventare la minaccia e far uscire allo scoperto i falsi supporter? Basta una considerazione: la misura del reddito minimo consiste essenzialmente nel mutare i benefici in natura in benefici in denaro. Ebbene, lo si faccia gradualmente passandoli in rassegna uno alla volta. Mi spiego meglio: eliminiamo la sanità garantita ed elargiamo, almeno per i più bisognosi, una somma con la quale poter acquistare sul mercato un'assicurazione equivalente. Basta un annuncio del genere per capire realmente chi supporta in modo serio il cosiddetto reddito minimo.

keynesiani contro il precariato

Chi si lamenta del "precariato" è sempre in prima fila nel chiedere investimenti pubblici anti-recessivi. Ma questi ultimi sono investimenti precari per eccellenza: cessano col cessare della recessione. Qualcuno potrebbe dire: finita la recessione saranno comunque a disposizione delle alternative. Vero, ma questo vale anche nel mercato del lavoro flessibile, o precario. Nessuno contesta infatti che un mercato del genere abbia abbattuto la disoccupazione.

Relativamente al relativismo

  1. Il relativismo filosofico (o scetticismo) è sempre riconducibile al nichilismo.
  2. Relativismo teologico: molti sembrano negare recisamente l'esistenza di un fondamento per rifugiarsi nel relativismo, salvo poi sfoderare una sensibilità etica molto pronunciata. La loro negazione è naif: "non sento di poter credere", cionondimeno netta. Come conciliare questi elementi? Molto probabilmente si tratta di soggetti privi di una reale curiosità sulla questione dei fondamenti e della teoria del tutto. Il relativismo è per loro una via che  consente al contempo di esibire tolleranza e libertà dalla ragione. La mancanza di curiosità è rafforzata dalle "mille luci della città" ovvero un ambiente che ci distrae continuamente impedendoci di concentrarsi sulle cose ultime.
  3. In ambito etico la distinzione assolutisti/relativisti è spesso solo un fraintendimento, sottende in realtà la suddivisione tra virtuisti e deontologisti. La virtù ha sempre un carattere assoluto la regola no. E su questo potrebbero agevolmente concordare sia i primi che i secondi.
  4. Argomento relativista noto come "the gem": se la mente ha una sua natura propria allora noi siamo come intrappolati in essa e non potremo mai conoscere il mondo per come è. David Stove considerò questo argomento come il più insipiente mai sentito e ne fece una curiosa parafrasi:"poichè abbiamo occhi non possiamo vedere".
  5. Sembra esserci un solido nesso tra relativismo e moralismo. Boudon lo spiega bene: quando si cessa di credere nella teoria  era non resta che la teoria utile, chi non propone teorie in grado di migliorare l'umanità non solo è riprovevole da un punto di vista etico ma anche da un punto di vista epistemico.
  6. Se il relativista sceglie la sua posizione a tutela della pace dovrebbe riflettere: Samuel Huntington è un eminente relativista culturale e proprio perchè crede che l'uomo sia essenzialmente cultura crede anche  he uomini cresciuti in civiltà diverse nonabbiano nulla in comune e siano destinati a scontrarsi.
  7. Un errore comune: confondere assolutismo e infallibilismo. Si può anche credere nell'esistenza di verità assolute senza credersi infallibili: si punterà di più su verità di secondo grado, ovvero metodologiche, in grado di sviluppare ricerca. Ma soprattutto si punterà sul probabilismo. Stringa: checklist
  8. Altra confusione: relativismo e probabilismo. Entrambi, secondo alcuni, possono essere ridotti al nichilismo. Al probabilista puo' essere detto che, non avendo certezze su nessuna distribuzione probabilista, la probabilità finale delle sue affermazioni sarà nulla. L'obiezione è corretta ma molto astratta. Il probabilista ha buon gioco a rispondere che oltre un certo regresso la distribuzione che postula è certa. Il livello interessato sarà un concetto meramente astratto (la distribuzione di una distribuzione di una distribuzione...) nemmeno raffigurabile mentalmente.
  9. Esiste un solido legame tra relativismo e indignazione, infatti il relativista, non potendo contare su "ragionamenti etici" si affida ai sentimenti, come quello della ripugnanza. Chi dà grande importanza alle intuizioni non sempre utilizza la ripugnanza come metodo guida visto che quest'ultima quasi sempre riguarda situazioni complesse dove intuizioni differenti si scontrano. In questk caso il metodo che segue è unaltro: quali intuizioni privilegiare?

lunedì 25 maggio 2015

Cervelloni nazisti

Una tesi diffusa e consolante dice che il nazismo è stato un movimento senza alcuno spessore intellettuale.

Era già stato detto da Bobbio per il fascismo ma fu necessario subire la risposta di un tale De Felice.

Oggi si scopre che il Martin Hidegger, per molti il massimo filosofo del XX secolo è stato organicamente un Nazista. Un nazista metafisico addirittura.