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mercoledì 1 agosto 2018

SAGGIO La prima lezione di don Giussani sul senso religioso (come si è mutata dentro di me)

La prima lezione di don Giussani sul senso religioso (come si è mutata dentro di me)

Quella prima lezione l’ho metabolizzata per 34 anni finché si è trasformata in qualcosa di diverso. E’ diventata più prosaica, non potrebbe essere mai letta con profitto in nessuna Scuola di Comunità ciellina, si è probabilmente mutata in un banale buon senso che non interessa nessuno, ma è comunque rimasta (la stessa cosa non puo’ dirsi per le altre lezioni impartite in quell’Università). A mente libera, senza la preoccupazione di tradire o di travisare, dico apertamente quel che mi è restato dentro, espongo al pubblico ludibrio la striminzita pianta che ha fatto crescere quel semino destinato sicuramente a più grandi imprese, ma tant’è. Lo faccio poi nei limiti che impone la stilistica contemporanea, ovvero senza superare le cinquanta righe. E sempre nelle cinquanta righe ci aggiungo molto del mio.
***
In quella prima lezione Giussani diceva che l’uomo è un essere che desidera l’infinito, e quindi destinato all’ insoddisfazione eterna. Noi uomini – e qui già sento che cominciano le interferenze – ci adattiamo a tutto e ben presto quel “tutto” ci lascia indifferenti, cosicché vogliamo di più. Potremmo anche avere un Picasso in tinello che nel giro di una settimana diventerebbe per noi invisibile.
L’errore fondamentale dell’ingenuo: “quando avrò di più, avrò meno bisogni”. No, stupido: “quando avrai di più, vorrai di più”. Il bisogno sembra crescere con il possesso, i poveri dovrebbero donare ai ricchi poiché tra noi sono loro i più “bisognosi”. 🙂
Vogliamo di più, vogliamo di più: la dipendenza è ovunque, non riguarda i drogati ma la natura umana.
Ora, le favole sono bugie che raccontano la verità e molti miti sono favole che raccontano proprio questa verità con cui Giussani esordiva: il vaso di Pandora, Adamo ed Eva, Tantalo… Forse per questo Giussani era tanto amante della letteratura (con relativa cotta per un Leopardi che citava a raffica).
Il problema è insolubile, ma perché esiste? Perché diavolo è così difficile essere appagati? Perché siamo creature imperfette. Noi cattolici pariamo di Peccato originale. Sul “perché esiste?” Giussani non insisteva ma io nel tempo ho insistito.
Insomma, la spiegazione più convincente che ho trovato sarebbe questa: tutti i vizi hanno alla loro base un bene, l’attrazione per il glucosio ci assicura calorie, anche se implica golosità. Il riposo ci garantisce un recupero di energie, anche se spesso sfocia nella pigrizia. L’amore per il rischio ci conduce a grandi imprese, ma anche ai tavoli del casinò. La curiosità ci garantisce conoscenza, ma anche molti guai. La rabbia ci assicura il rispetto degli altri, ma accende risse inutili. Eccetera: non siamo perfetti e il bene che accumuliamo nelle nostre dispense in parte marcisce assicurandoci, tra gli altri inconvenienti, l’ insoddisfazione perenne di cui si diceva. Il nostro cervello ha molte imperfezioni perché molto sofisticato, ma le imperfezioni possiamo vederle ovunque nei nostri organi: gli occhi, tanto per dire, vedono bene in molti casi ma in altri sono vittime di miraggi. Si chiama, ripeto, peccato originale, puo’ parlarne il religioso come lo scienziato, entrambi dicono fondamentalmente la stessa cosa, entrambi aderiscono alla medesima teologia.
Potremmo chiamarlo: problema del desiderio, per arginarlo le emozioni chiedono aiuto alla ragione. Come gestirlo visto che non possiamo eliminarlo? Mentre Giussani ti proponeva la sua via, la ragione te ne propone 5:
1. Aumenta continuamente i tuoi consumi.
2. Prendi coscienza del problema: la consapevolezza non risolve ma attenua la gravità del male.
3. Applicati a filosofie particolarmente versate su questo punto: stoicismo, epicureismo, buddismo…
4. Appartati limitando la tua conoscenza del mondo: cio’ che non si conosce non si desidera. Anche scegliere i giusti amici è importante (viene in mente la “compagnia” giussaniana).
5. Dirigi correttamente questo eccesso di desiderio. Per esempio verso la conoscenza, oppure verso la religione (la via privilegiata da Giussani e a cui verrà dedicata la seconda lezione).
Risultati immagini per lezione di don giussani

lunedì 8 maggio 2017

Le critiche a Don Giussani

Il miglior modo per comprendere la teologia di Don Giussani è leggere i suoi critici, operazione possibile all’interno del volume di Massimo Borghesi: “Luigi Giussani”.
Il pensiero di Karl Rahner è senz’altro affine a quello di Giussani…
… Non aveva Karl Rahner nel suo kantismo trascendentale dimostrato che l’a priori ontologico di ogni uomo è mosso verso la soluzione cristologica?…
Entrambi miravano ad abbandonare l’impostazione scolastica per avvicinarsi a forme di “personalismo”: si partiva dall’io, dall’uomo, dal soggetto.
Edoardo Benvenuto – il primo critico preso in esame – nel suo saggio “Qualche domanda attorno al senso religioso”, pubblicato nell’ottobre 1988 nella rivista “Il Regno”, parlava di “svolta antropologica” della teologia e di “metodo d’immanenza” blondeliano.
Il concetto di “senso religioso” tanto caro a Giussani entrava in questo clima, il che facilitava l’ornamento della prosa con esempi gustosi e belle citazioni poetiche. Poche domande dttrinarie e molto vissuto
… Ecco qual è il nocciolo della questione: se si pretende – come da gran parte della teologia contemporanea – che sia inerente all’ontologia della natura umana, ed anzi di essa costitutiva, l’apertura infinita dell’uomo a Dio e alla sua rivelazione, diviene necessario radicare tale sete inestinguibile di Dio nel cuore dell’uomo in quanto tale, di là dalla formulazione esplicita e consapevole della domanda teologica. Per questo Rahner innerva il «fattore esistenziale soprannaturale» al livello dell’«esperienza trascendentale»…
Anche per Rahner vievere è credere: l’esperienza di sé dell’uomo è anche esperienza di Dio.
Ma, per Benvenuto, il radicalismo di Rahner è più coerente, specie nell’espellere da sé la ragione. In Giussani permane invece un fastidioso residuo…
… la sua identificazione, troppo stretta, tra senso religioso e ragione…
In Rahner la Grazia è già tutta data nella natura…
… Questa puntualizzazione veniva letta alla luce dell’antropologia soprannaturale propria di Rahner, antropologia per la quale la “grazia” è data già con la natura dell’uomo. In tal modo il limite di Giussani non starebbe solo nel suo intellettualismo ma, più radicalmente, nel distinguere tra la dimensione religiosa e il piano dei valori umani…
In Rahner l’idea Christi è un a priori presente in noi. Cristo è una conferma dell’attesa che tutti noi viviamo. l’uomo è un cristiano naturale…
… il «tutto è potenzialmente cristiano» rahneriano – ognuno è un cristiano “anonimo” – si converte in «tutto il cristianesimo è potenzialmente mondano»…
Per questo Benvenuto critica la distinzione giussaniana tra antropologia religiosa e Rivelazione: la seconda si dà già nella prima, secondo il critico. E’ insita nella nostra natura, non un fatto d’esperienza.
Qui Giussani sul senso religioso dell’ateo
… Antonio Sicari aveva chiesto: «a chi dice: “basta che ci intendiamo su un minimo comune di valori” non è pericoloso offrire quest’ultimo valore comune che è il senso religioso? Non è rischioso?». Rispondendo Giussani affermava: No, perché questo è una modalità umana che fonda tutti i valori e non permette di trascurarne nemmeno uno…Il senso religioso diveniva qui l’universale comune, il luogo che decide dell’autenticità dei valori, il terreno proprio del dialogo e dell’incontro fra tutti gli uomini, credenti o non credenti….
Benvenuto mette in luce una domanda dove Giussani e Rahner divergono…
… Il senso religioso si riconosce dalle domande fondamentali di senso – come vuole l’antropologia filosofica – oppure si sedimenta nei valori comuni i quali conterrebbero, più o meno consapevolmente, l’idea Christi? In questo secondo caso saremmo di fronte ai logoi spermaticoi “cristici” i quali documentano che la grazia è già immanente alla natura. È, quest’ultima, la posizione di Rahner, l’unica, secondo l’autore, che consente di incontrare il mondo senza chiusure e settarismi…
Cosa non va in Giussani?…
… la netta distinzione giussaniana tra natura e grazia, tra senso religioso e Rivelazione…
Ma nella sua critica a Giussani, Benvenuto perviene, indirettamente, a criticare Rahner: con a sua impostazione non è più possibile distinguere cristiano e sciamanico…
… In un ribaltamento di prospettive Benvenuto provvede qui, senza accorgersene, a una autocritica della sua posizione. La con-fusione tra cristianesimo e religioni del mondo, l’in-distinzione tra il cristologico e il “religioso” sono proprie, infatti, della cristologia trascendentale… non permette più di distinguere, in modo chiaro, tra il cristiano e lo “sciamanico”… L’elemento storico risulta, giocoforza, attenuato…
***
Un concetto centrale in Giussani è quello di “conoscenza amorosa”. A Giussani serve per giustificare la “ragionevolezza” della fede.
Fuori dal gergo di Giussani potremmo far riferimento al ruolo centrale del soggetto nella conoscenza.
Il costrutto ha attirato le critiche del filosofo Pietro Barcellona
… In questo passaggio tra il “fatto” della presenza di Cristo e la ragione per cui si dovrebbe credere in Lui, non mi risulta chiaro…
La base razionale di Giussani sarebbe deficitaria…
… Vedo in questo complesso argomentare un residuo del tentativo storico di dare una base razionale, sia pure propedeutica, alla fede…
Ma soprattutto sarebbe inutile: un pleonasma. Perché perdere ancora tempo con la “conoscenza”.
Secondo Barcellona, la “conoscenza amorosa” è radicalmente diversa da quella giudicante. E’ una forma di conoscenza alternativa.
Barcellona segue in ciò la tipica impostazione di Max Weber sulla “avalutatività” del conoscere.
Giussani è affetto da una sorta di “fallacia naturalistica”…
… Trovo una contraddizione tra la rappresentazione della venuta al mondo del Messia come fatto e il successivo argomentare per attribuire valore di testimonianza al fatto stesso. Nella tradizione filosofica europea, tra fatto e valore c’è una differenza di piani…
Per Barcellona il Messia che non ha bisogno della ragionevolezza…
… Ragionare sui presupposti che inducono all’intuizione amorosa significa trasferirsi sul piano del pensiero razionale… si deve invece considerare una mediazione vivente, concreta e reale ma non simbolizzabile…
Sempre Barcellona…
… Non credo che ci siano ragioni plausibili per amare una donna…
Barcellona chiede al credente un’opzione emotiva, non motivata, fideistica. Per lui…
… l’ esperienza, privata del giudizio, si risolve in un affectus…
Questa impossibilità di conoscere con la ragione fa pervenire Barcellona a un pessimismo antropologico prossimo a quello della Riforma.
***
Anche il filosofo Emmanuele Severino è insoddisfatto del connubio tra fede e ragione operato da Giussani: l’ombra di Kant qui aleggia in modo evidente.
Si contesta il valore di “evidenza” alle verità di fede.
Ecco, per Severino, il dilemma insolubile che si trova davanti il cristiano…
… Oggi è chiaro – scriveva – che le cosiddette “verità storiche” non sono verità evidenti, ma soltanto ipotesi più o meno confermate (come sapeva sant’Agostino), e quindi è un’ipotesi, ben confermata, tanto che sia vissuto Giulio Cesare quanto che sia vissuto l’uomo stesso Gesù. Ma, per quanto confermata, un’ipotesi non riesce mai ad essere una verità evidente. Specie se l’ipotesi afferma non solo che sia esistito quell’uomo, ma che addirittura egli fosse Dio. Il credente si trova di fronte a un dilemma: o l’incarnazione di Dio è un’ipotesi, che nella fede viene assunta come vera, e dunque è una fede che non può smentire la fede contraria, perché ha lo stesso valore di essa; oppure è un’evidenza della ragione, e il cristianesimo finisce così col cancellare il proprio carattere soprannaturale…
Se la fede è volontà, non puo’ essere ragionevole.
Nel grido dell’uomo si perde ogni valenza razionale.
Per Severino il protagonismo del Soggetto, a cui Giussani non intende rinunciare, inficia ogni pretesa razionale. Severino sull’ “esperienza”, altro concetto cardine in Giussani…
… una ferrea distinzione tra esperienza-di-sé ed esperienza-di-altri… è necessaria…
Severino sull’ “altro”, altro concetto cardine in Giussani…
… Noi vediamo le fattezze di un amico; ma non possiamo vedere il cuore dell’amico… Ciò che Gesù compie induce alcuni dei suoi contemporanei a credere che egli sia il Salvatore; ma nemmeno le opere di Gesù rendono visibile il suo cuore di Salvatore…
L’esperienza ontologica (dell’essere) non è possibile, e quindi neanche l’esperienza religiosa. Cio’ che mi capita (mia esperienza) non puo’ avere un carattere universale.
L’esperienza personale è solo fonte di illusione: e qui esce l’anima buddista di Severino.
COMMENTO PERSONALE
Le critiche stanno in piedi solo radicalizzando talune distinzioni. La conoscenza, in realtà, è meglio compresa se vista come un processo graduale che ha il suo inizio e il suo fulcro nel soggetto. Ormai sappiamo che l’intuizione fa parte a pieno titolo del processo conoscitivo razionale. Non a caso molte forme di razionalismo etico prendono il nome di “intuizionismo”. La conoscenza – anche quella scientifica – è sempre di natura probabilistica, e la probabilità ha sempre una componente soggettiva che si aggiorna via via attraverso nuovi incontri nell’ambito del reale. Negare il connubio è problematico, per quanto Giussani possa porlo in modo rozzo. Non è un caso che Severino sia finito in rotta di collisione anche con la scienza. Una rischio che Giussani non corre. 

martedì 3 novembre 2015

Luigi Giussani (Duepunti) di Massimo Borghesi

Luigi Giussani (Duepunti) di Massimo Borghesi
  • formazione del gius: venegono più cielle. teoria e esperienza
  • un affine: romano guardini.
  • l influsso del protestantesimo liberale americano e il suo personalismo
  • venegono: tomismo aperto
  • autore chiave: john henry newman jhn
  • autore chiave: chesterton.
  • altro autore chiave: leopardi. la sua domanda radicale di significato.
  • un timbro esistenziale più che oggettivo.
  • un personalismo in odore di modernismo e protestantesimo.
  • senso religioso: l uomo è naturalmente orientato su un asse verticale.
  • più di un analogia con l antropologia cristologica di karl rahner: l uomo strutturalmente orientato al mistero
  • ma gius è più esistenziale di rahner
  • gius nn postula una vera conoscenza ma solo un esigenza
  • l infinito ha un volto da incontrare. da qui la centralità della chiesa come comunione di vita vissuta.
  • gius punta sulla teologia + che sulla filosofia: è l incontro che converte n la speculazione.
  • senso religioso incontro esperienza.
  • nell esperienza noi vediamo rappresentata una presenza. la testimonianza e l estetica si fondono.
  • con von balthasar: oltre la via cosmologica. la via dell amore.
  • i criteri del cuore: prova se è veramente vero bello giusto.
  • l esperienza verifica la corrispondenza.
  • l esperienza come superamento del trascendentalismo.
  • in sintonia con la critica fenomenologica al razionalismo. con il recupero del soggetto chiamato a sentire x fondare la ragione.
  • l accusa di modernismo.
  • gius salva però il realismo tomista. ma il realismo nn è tutelato escludendo il soggetto come vorrebbe la neoscolastica.
  • ricucire tommaso e agostino. fenomenologia e ontologia. atto e essere. ratio e affectus.
  • imho: come unire ratio e affectus? come si uniscono premesse e tesi? può essere qs un analogia?
  • conoscenza amorosa: oltrepassare razionalismo/irrazionalismo.
  • altro superamento: fatto/valore. l antropologia del senso religioso indirizza verso i valori. i valori slittano in secondo piano. contro il moralismo (che annoia e fa scappare i ragazzi)
  • barcellona e severino criticano appellandosi a kant: il mondo reale è inconoscibile con l esperienza. il noumeno irrecuperabile.
  • originalità: una teologia proposta da un educatore nn da un teologo.
  • gius propone una delle vie più plausibili per dare uno sbocco al vaticano II.
  • la storia di giussani, ma anche di cielle, è caratterizzata da un attento farsi carico delle critiche. prima la critiche dei modernisti  durante il vaticani ii poi le critiche dei conservatori durante il 68
conclusioni

giovedì 2 luglio 2015

All'origine della pretesa cristiana di Luigi Giussani


Introduzione e capitolo primo.
  •  L' ipotesi cristiana vive di ragioni a priori e di ragioni a posteriori. Giussani si concentra sulle seconde, in particolare sul valore della testimonianza. L' analogia del delitto calza a pennello per capire meglio: analizzando la scena del delitto posso farmi un' idea del colpevole ma conoscendo i sospettati posso aumentare o diminuire le probabilità della mia ipotesi iniziale. Ecco, Giussani punta tutto sulla conoscenza che segue l' idea iniziale (o a priori). Punta tutto sulla "fase seconda", ovvero sull' esperienza religiosa. Da qui una possibile critica: non sono in molti i privilegiati a cui è dato di fare una profonda esperienza religiosa...
  • Non si può chiedere di Dio a chi nn crede poiché Dio è al suo fondo un'esperienza da vivere, un'esperienza di cui l'ateo è privo...
  • L'uomo immagina la soluzione al dilemma delle cose ultime partendo dai dati di realtà che esperisce tutti i giorni. In qs senso la sua immaginazione è induttiva (scientifica) ovvero ragionevole. La religione è una costruzione con fondamenta razionali...
  •  I frutti dell' immaginazione: 1) l'uomo si rivolge all'ignoto immergendosi in un flusso armonico che gli consente di abbracciare il suo destino 2) l'uomo si rivolge con fiducia all"ignoto come ad una persona benevola... 
  • METODO 1 razionale: conoscere tutte le religione x scegliere la migliore. Ma come è possibile immagazzinare tanta sapienza? Questo metodo è astratto, utopico, contrario alla nostra natura... 
  • METODO 2: considerare solo le religioni principale e decidere. È cmq un metodo lacunoso, pensate a cosa sarebbe successo applicando qs. metodo 2000 anni fa a Roma... 
  • METODO 3: prendere il meglio da ogni religione (sincretismo). Ma nn x tutti "il meglio" coincide... 
  • METODO 4 o empirico: adeguati alla tua tradizione mantenendoti pronto a convertirti allorchè incontri ciò a cui la tua ragione aderisce meglio
  • IMHO: nella tradizione sei già immerso di fatto, non devi "immergerti". Nella condizione in cui sei fai le tue ipotesi e verifica le proposte più vicine, i nuovi incontri ti faranno aggiornare sempre la tua credenza. Il metodo religioso non è mai differente dal metodo scientifico...
continua

sabato 30 maggio 2015

Argomenti pro lusso

http://bleedingheartlibertarians.com/2015/05/living-high-while-people-die/


al video linkato (circa al minuto 2) un indiretto quanto sorprendente elogio del "lusso" di don giussni (lui lo chiama bellezza): senza il contatto con la bellezza mai e poi mai potrai aiutare il tuo prossimo a cui manca anche il necessario:

https://www.youtube.com/watch?v=X_ORO-hVnJE

venerdì 13 aprile 2012

Sorpresa o conferma?

Davanti a Gesù e alla sua parola, che fare? Seguirlo?

Puo' servire la calcolatrice nel prendere questa scelta?

Secondo Giussani “no”:

… Non è il ragionamento astratto che fa crescere, che allarga la mente, ma il trovare nell’umanità un momento di verità raggiunta e detta. È la grande inversione di metodo che segna il passaggio dal senso religioso alla fede: non è più un ricercare pieno di incognite, ma la sorpresa di un fatto accaduto nella storia degli uomini.

La ragione al suo vertice può giungere a coglierne l’esistenza, ma una volta raggiunto questo vertice è come se essa venisse meno, non può andare oltre. La percezione dell’esistenza del mistero rappresenta il vertice della ragione.

… l’oggetto proprio e adeguato all’esigenza esistenziale è incommensurabile con la ragione come «misura»…

… La ragione non riesce a dir nulla di ciò che il mistero possa o non possa fare…

… La prima domanda di cui ci dobbiamo investire non è: «È ragionevole o giusto quel che dice l’annuncio cristiano?», ma: «È vero che sia accaduto o no?», «È vero che Dio è intervenuto?»…

… dobbiamo sottolineare la resistenza istintiva che la ragione può avere di fronte all’annuncio dell’Incarnazione…

Non si può domandare che cosa rappresenti la parola «Dio» a chi in Dio dice di non credere. È qualcosa che occorre sorprendere nell’esperienza di chi quella parola usa e vive seriamente…

god reason

Secondo Swinbourne “sì”:

Different people have different reasons for believing that there is a God. Some people have deep private ‘religious’ experiences, as it seems to them, of the presence of God. Others believe that there is a God on the basis of testimony; that is, because their parents or teachers or priest tell them that there is a God, and they think their parents or whoever are knowledgeable and trustworthy.

It seems to me that religious experience provides a good reason for believing—so long as that experience is overwhelming, and you don’t know of any strong objections to the existence of God.

… also the testimony of others that there is a God also provides a good reason for believing—so long as everyone tells us the same thing, and we don’t know of any strong reasons why they might be mistaken. If we didn’t believe what others told us, for example, about history or geography, until we had checked it out for ourselves, we would have very few beliefs.

But I think that very few people have overwhelming religious experiences, and in the modern world most people come into contact not merely with those who tell them that there is a God but also with those who tell them that there is no God, and most people are aware of strong objections to the existence of God.

So I think that most people in the modern world need to have their experiences or the testimony of others reinforced by reasons to suppose that the objections… do not work.

Why should we suppose that God is the Christian God? I plan to answer that question [a tavolino]… and to show that, if there is a God, then the main doctrines which the Christian Church teaches about God, the doctrines which are special to Christianity and distinguish it from other religions which also claim that there is a God, are very probably true.

Giussani punta esclusivamente su un Gesù “sorprendente” che ci educa con il suo esempio diventando nostro amico; Swinbourne fa leva anche su un Gesù in gran parte prevedibile che fa quello che ci aspettiamo debba fare un Dio.

Con chi stare?

mercoledì 28 marzo 2012

0,45… e altri numeretti

Gesù è Dio?

Ci sono buone probabilità che sia così. Io direi un 45%.

Nelle meditazioni sul “Credo” si sgranano alcuni argomenti-a-priori che rendono la comparsa e l' azione di Gesù prevedibile, almeno in parte.

Manteniamoci prudenti e ammettiamo che questi argomenti consentano di stimare vera al 25% una storia come quella dell’ uomo/dio morto sulla croce per redimerci dai peccati e giudicarci al termine della nostra vita terrena.

Passando poi all' evidenza storica, la testimonianza dell’ esistenza di Gesù ci è data dai Vangeli, ma quanto è sensato appoggiarsi a documenti del genere?

Lo scettico non crede alla divinità di Gesù, ma nemmeno si meraviglia che esista qualcosa come i Vangeli: si tratta pur sempre di storie empatiche che l’ uomo potrebbe produrre indipendentemente dai fatti o condizionato dai suoi bias una volta esposto a fatti ben diversi da quelli che riporta.

Adottiamo pure una prospetiva moderatamente scettica e diciamo che l’ esistenza dei Vangeli, a prescindere dall’ esistenza reale di Gesù, sia probabile al 50%.

Certo che, proprio per quanto appena detto in una prospettiva scettica, se poi Gesù è esistito e ha realmente fatto quel che narrano i Vangeli, allora l’ esistenza della scritture non sorprende più nessuno: diciamo che è un fatto probabile al 90%.

Con questi tre numeretti possiamo ora calcolare la probabilità che Gesù sia Dio: 45%. Niente male per essere una tra le tante ipotesi in campo!

I numeretti sono provocatori, forse a questo punto è meglio usare le parole e dire che l’ ipotesi di un Gesù/Dio è plausibile.

numeri

altri numeretti molto “umani”…

Ma questo calcolo serve alla fede?

Secondo alcuni sì:

many… believe that there is a God on the basis of testimony; that is, because their parents or teachers or priest tell them that there is a God, and they think their parents or whoever are knowledgeable and trustworthy.

It seems to me that religious experience provides a good reason for believing—so long as that experience is overwhelming, and you don’t know of any strong objections to the existence of God. If we didn’t believe that what it seems to us obvious that we are experiencing is really there, when there are no good reasons for doubting that that thing is really there, we couldn’t believe anything. And the testimony of others that there is a God also provides a good reason for believing—so long as everyone tells us the same thing, and we don’t know of any strong reasons why they might be mistaken.

If we didn’t believe what others told us, for example, about history or geography, until we had checked it out for ourselves, we would have very few beliefs.

But I think that very few people have overwhelming religious experiences, and in the modern world most people come into contact not merely with those who tell them that there is a God but also with those who tell them that there is no God, and most people are aware of strong objections to the existence of God.


So I think that most people in the modern world need to have their experiences or the testimony of others reinforced by reasons to suppose that the objections to the existence of God do not work. But instead or as well as such reasons, they also need a positive argument for the existence of God which starts from very obvious observable data if they are to have good reason to believe that there is a God…

Di altro avviso sembra essere Don Giussani:

… non è il ragionamento astratto che fa crescere, che allarga la mente, ma il trovare nell’umanità un momento di verità raggiunta e detta. È la grande inversione di metodo che segna il passaggio dal senso religioso alla fede: non è
più un ricercare pieno di incognite, ma la sorpresa di un fatto accaduto nella storia degli uomini…

Sia chiaro, se Gesù diventa una mera “sorpresa”, allora il 25% di cui sopra si comprime drammaticamente indebolendo ogni base razionale per la fede in lui.

lunedì 4 aprile 2011

Gli amari frutti del mito Deweyano

... nell' affrontare il mondo contemporaneo la scuola si dimostra disorientata e inadeguata: sta fallendo in molti paesi europei sul piano didattico, sul piano della mobilità sociale, sul piano della crescita produttiva... la modestia dei risultati a fronte delle cospicue risorse investite salta agli occhi... così pure le carenze nella formazione di atteggiamenti socialmente utili e criticamente etici... il rischio è quello di porre la scuola al centro di tutto quando da sola non puo' molto... un rischio a cui è particolarmente esposto chi, dopo il crollo delle ideologie e la scarsa tenuta della famiglia, guarda alla scuola come ultimo presidio capace di promuovere valori comuni... Lo stesso concetto di valore ha per le nuove generazioni, cresciute nella prospettiva di un "pensiero debole", un sapore formale, retorico ed è percepito come privo di fondamenta... è difficile per un ragazzo ricondurre a senso unitario un sapere sempre più frammentato, tanto più quando questo sapere è inservibile professionalmente... un malinteso senso di tolleranza, un limitato concetto di laicità, conducono inevitabilmente ad una "società senza", senza quei fondamenti ideali, culturali, religiosi e pedagogici sui quali i valori della convivenza possono poggiare... questo sterile sbocco lo si deve innanzitutto alla diffusione del mito deweyano della neutralità educativa... che corrisponde ad una visione indiscriminatamente negativa verso cio' che è esterno ... una "scuola contro" il mondo e "contro" la persona intesa come individuo destinato ad entrare nel mondo...

Giacomo Zagardo - La punta di diamante - ISFOL

Illuminante e dettagliata analisi della scuola europea da parte di uno studioso che mette al centro il ruolo chiave delle "motivazioni".

Per "motivare" è necessario affiancare l' "educazione" all' "istruzione". L' educazione rende meno arido l' insegnamento e gli conferisce un senso unitario (Big Ideas).

Ma la scuola di Stato non puo' divenire realmente "educatrice" senza farsi sempre più dottrinaria. Ecco allora la necessità di rompere il pernicioso monopolio.

A "motivare", è facile capirlo, sono innanzitutto "libertà" e "responsabilità"; chiunque constata che se scelgo la mia via sono motivato a percorrerla in modo onesto e senza sotterfugi, il mio fallimento non avrebbe scusanti.

Morale: favoriamo un sistema in cui i genitori possano scegliere la scuola per i figli, un sistema in cui il ventaglio dell' offerta sia variegato, un sistema in cui l' insegnante possa scegliere il piano educativo da privilegiare lavorando a fianco e con coloro che lo condividono.

I migliori hanno già iniziato a muoversi in questo senso, non perdiamo altro tempo.

***

Don Giussani parla spesso di "rischio educativo" riferendosi alla necessità che l' insegnante metta tutto se stesso nello sforzo di trasmissione del sapere. Ma questa esigenza è frustrata da John Dewey che richiama di continuo ad unsegnamento asettico e imparziale.

Sebbene la moderna scienza dell' apprendimento sia più vicina all' impostazione di Giussani, in molti difendono ancora Dewey, non tanto perchè credano nella sua visione, quanto perchè le vedono, e a ragione, come l' unica compatibile con la scuola di stato, come l' unica in gradi di evitare processi di de-scolarizzazione.

giovedì 9 dicembre 2010

Solo l' integralismo è razionale

Ieri ho partecipato ad una scuola di comunità dei ciellini. E' praticamente un club di lettura, solo che si leggono solo i libri di Don Giussani.

Stiamo leggendo "Si puo' vivere così?", Rizzoli.

Viene assegnato un capitolo, poi piccoli gruppi di 8/10 persone s' incontrano a casa di un membro a rotazione per commentarlo insieme e rendere testimonianza di episodi di vita vissuta legati a quella tematica.

Dopodichè si mangia e si beve, cosa vi credevate.

Ieri il apitolo riguardava "il sacrificio"; Giussani sul punto non dà scampo: l' uomo di fede deve sacrificare alla fede tutto in ogni momento della sua vita; moglie, marito, figli, ricchezza, non deve guardare in faccia a niente... tutto.

Un tale ha chiesto persino se vincendo al super enalotto la vincita dovesse essere interamente donata alla chiesa, magari alla Compagnia delle Opere. In effetti mi sembra che il Gius non faccia aperture che consentano soluzioni alternative.

Oooohh... questo Giussani, il solito integralista senza ragione... direbbe mia mamma.
Puo' darsi integralista, ma non "senza ragione". E mi spiego.

La scommessa di Pascal è uno degli argomenti più forti per giustificare la razionalità dell' atto di fede.

I cattolici amano però rappresentarsela così: vale sempre la pena di credere quando ci promettono un bene infinito, anche se le probabilità che si realizzi sono minime.
La fede è dunque razionale. Sì, ma la versione dell' argomento fornita da molti cattolici è edulcorata.

Gli atei non riescono a smontarla, ma perlomeno, nel tentativo di farlo, ne danno una formulazione più rigorosa al fine di demoralizzare il credente di buon senso: vale la pena investire tutto nella fede di un bene infinito, anche se improbabile.
Qui l' argomento ateo sviluppato rigorosamente ricorrendo alla teoria delle scommesse.

In altre parole: solo il fondamentalismo è razionale.

In questo senso le parole radicali di Giussani vanno a braccetto con quelle dell' ateo Tabarrok.

venerdì 11 dicembre 2009

Intuitus Personae

Nel precedente post presentavo una piccola divergenza con il pensiero di Don Giussani in tema di fede e ragione.

Gius enfatizza le differenze tra l' uomo comune e lo scienziato quando si tratta di "pensare" e "decidere". Non mi ha convinto, ritengo infatti che i meccanismi in gioco siano i medesimi, cambiano solo contesto e circostanze.

Rispondendo alla domanda "è avvelenato il risotto che mi serve la mamma?" io decido, magari a livello intuitivo, ma pur sempre su un intuito formatosi in base ai "precedenti", esattamente la via maestra che percorre la scienza a caccia di regolarità.

Contro Giussani sono portato a credere che lo scienziato nei panni dell' uomo comune pensi fondamentalmente come lui e viceversa. Non ci sono "metodi" diversi ma solo "panni" (circostanze) diverse. Gli uomini sono tutti uguali ed uguale è la loro ragione.

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Ma vediamo come il Gius utilizza la sua premessa.

Incontro Gesù e devo decidere se costui dice la verità

La domanda, in questo caso, non è tanto "il risotto della mamma è avvelenato?", ma piuttosto "posso prestare 100 euro a Tizio?". Si tratta di una questione legata all' intuitus personae.

Gesù è affidabile? Tizio è affidabile? Il Cristiano e il Banchiere sono di fronte allo stesso problema, sebbene le poste in gioco siano differenti.

Ricordiamoci a questo punto la lezione del Gius, per questo genere di domande lui ritiene che esista solo il metodo dell' uomo comune, ovvero il metodo intuitivo.

Gius: Gesù è affidabile perchè intuisco che è buono e non mi tradirebbe.

Ma non basta! Un Gesù buono potrebbe ingannarmi in buona fede.

E allora il Gius scatena la sua intuizione anche sulla sapienza di Gesù. Gesù è buono e sapiente, me lo dice l' intuito, e dunque mi fido di lui. Il Gius è a posto.

E io, che ho dichiarato il disaccordo di cui sopra, come reagisco incontrando Gesù?

Bè, si tratta di questioni cruciali, devo usare tutta la mia memoria e la mia capacità di calcolo, inoltre non devo lesinare il tempo. Tempo e capacità non sono infinite, quindi l' intuizione non puo' mai essere del tutto espulsa, ma io, se voglio essere coerente con quanto detto prima, devo mettere in campo la mia razionalità calcolante oltre a quella intuitiva.

Per credere a Gesù sulle questioni chiave - quelle che, non prestandosi a verifiche, richiedono solo la fede - devo valutare al meglio come il mio dirimpettaio si esprime sulle altre.

Per credere se Gesù è figlio di Dio (inverificabile) devo ascoltare cosa mi dice Gesù sulla questione cruciale di Dio (questione che presenta molti punti verificabili). Lo confronterò con cio' che già so grazie alla ragione e metterò alla prova il mio presunto benefattore.

Ebbene, Gesù mi parla dell' esistenza del Dio unico, creatore del cielo e della terra, di un Dio che mi parla e si fa capire. Ma questa è una verità che io verifico mediante la ragione, quindi Gesù è un tale che dice la verità quando entrano in gioco questioni cruciali. Dunque è un uomo sommamente affidabile!

Molti mi parlano affermando l' esistenza di Dio, ma solo Gesù l' afferma in modo tanto perentorio, espressivo e chiaro. Cio' lo rende affidabile.

Gesù mi fornisce un precedente della sua credibilità. L' affermazione sull' esistenza di Dio è talmente complessa e articolata che in realtà sintetizza una miriade di affermazioni, una miriade di precedenti.

Con questi precedenti di inestimabile valore, con l' intuizione della sua bontà e l' alta posta in gioco, io posso finalmente deporre la ragione ed abbandonarmi nelle sue mani di uomo buono e sapiente.

giovedì 10 dicembre 2009

La certezza matematica per Giussani

Don Giussani su fede e ragione:

"... la certezza morale, diversamente da quella matematica, si fonda sull' intuizione..."

In realtà Godel ha dimostrato che anche la certezza matematica, lungi dall' essere analitica, si fonda sull' intuizione.

La Ragione in Don Giussani

Giussani sulla ragionevolezza della fede:

"... la ragione come capacità di conoscere certi tipi di verità, segue un certo metodo; per altri tipi di verità, segue metodi diversi. Gente esperta in un metodo puo' essere deficitaria nell' altro..."

Secondo don Giussani c' è un "procedimento" che segue la Ragione particolarmente importante, è quello che ci aiuta a rispondere (ragionevolmente) a quesiti del tipo:

L' America esiste veramente?

Mi vuole bene mia mamma?

Il risotto cucinato da mia mamma è avvelenato?

Ancora il Gius sul punto:

"... non è attraverso dimostrazioni scientifiche che giungiamo a risposte certe per questo genere di domande, eppure la ragione gioca anche qui un ruolo decisivo. C' è un metodo che porta a certezze matematiche, un metodo che porta a certezze scientifiche, un metodo che porta a certezze filosofiche e uno che porta a certezze sull' "umano comportamento". Quest' ultimo è paragonabile al metodo del genio e a quello dell' artista: da un piccolo segno si passa ad un' intuizione universale..."

Davvero il metodo scientifico e il "genio dell' umano" si giustappongono?

Io penso di no: l' "umanista" è solo uno scienziato con meno "tempo" e "memoria" per il calcolo.

Ammettiamo che sia lo scienziato che l' umanista intuitivo siano persone razionali.

Togliete tempo e memoria allo scienziato e si convertirà al metodo intuitivo; date tempo e memoria all' intuitivo e per le sue conclusioni si affiderà al metodo scientifico.