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mercoledì 1 aprile 2009

Cimatti riabilita Dio, e lo manda allo Zoo

Tra i conduttori di Fahrenheit, il filosofo Cimatti è quello a cui ho più voglia di pensare.



Con la sua partigianeria indissimulabile rivela al meglio quanto l' idea di una Radio Pubblica sfoci senza rimedio in forme di indebita colonizazione culturale.



Quel "senza rimedio" mi serve per mondarlo da ogni colpa.



E per rimpinguare il suo medagliere dirò ancora che per "colonizzare" culturalmente bisogna avere una "cultura". Cosa abbastanza evidente in Cimatti, meno nell' esangue apporto dei suoi colleghi più specializzati negli estetismi della letteratura.



La cultura diffusa da Cimatti è quella dell' ateismo materialista (variante esistenzialista). Benchè lo declini in modo più sofisticato rispetto a Star come Odifreddi, Dawkins, Dennet.



E sotto l' egida di Wittgenstein, è proprio contro costoro che osa prendersela, innanzitutto accusandoli di essere dei "creduloni".



Wittgenstein è un filosofo noto per non prendere mai sul serio l' interlocutore.



Prendiamo il caso della Preghiera: "... non c' è nessuno qui, e tuttavia parlo, ringrazio e chiedo... ma questo parlare è veramente un errore?".



L' ateo tradizionale, quello che ti prende sul serio, non avrebbe dubbi: se parli a NESSUNO sei pazzo o giù di lì. Ma Wittgenstein, lui no. Secondo lui tu stai invece facendo qualcos' altro, qualcosa di sensatissimo che l' ateo ingenuo non riesce a cogliere.



I vari Dawkins non sono altro che creduloni bloccati in superficie. Una proposizione puo' apparire assurda e l' assurdità della superficie essere inghiottita nella profondità.



Cio' che rende profonda una Preghiera è l' applicazione: la vita che conduce colui che vi crede. Un pensiero apparentemente assurdo che ci fa agire per il meglio perde qualsiasi assurdità. In questo senso, per Cimatti, anche l' ateo prega.



D' altronde se alcuni cervelli necessitano di particolari scosse con particolari voltaggi, perchè biasimarli quando le scovano da qualche parte e vi si sottopongono? Nel dolore la Preghiera puo' essere necessaria e difficilmente qualcuno potrebbe giudicare "sbagliata" una parola "necessaria".



In questo mondo popolato unicamente di bisogni, istinti e molecole, lo si sarà notato, la Verità non trova posto se non come arnese. Gli atei ingenui sbagliano nel considerare la Religione come un tentativo pre-scientifico di "Spiegazione". In realtà la religione nasce allorchè si rinuncia a "spiegare". Il senso del Sacro, che appartiene anche all' ateo, è la reazione animalesca allo stupore, ad un sentimento che permane anche dopo la spiegazione (fate pure con voi stessi l' esempio del fuoco).



Ma per quanto sofisticato, Cimatti rivendica il suo ateismo e si sente chiamato a puntellarlo dopo aver messo alla berlina quello altrui. L' affare è arduo: tutti noi poniamo dei discrimini e facciamo distinzioni in modo che riteniamo fondato. Poichè Dio assomiglia tanto a questo fondamento, è difficile negarne l' esistenza.



Ma i filosofi del linguaggio hanno un metodo tutto loro per negare l' esistenza di qualcosa (va bene per qualsiasi cosa): basta postulare che tutto sia linguaggio. Non sorprende che con questa premessa Dio diventi soltanto una parola e nulla più (Dio = "Dio"). E vai con l' impossibilità di uscire dal linguaggio... e vai con Godel di qua e Godel di là...



[... già Godel, ancora lui... proprio quel tale che dell' esistenza di Dio aveva fornito una dimostrazione rigorosa che considerava il suo capolavoro...]



Questa costante puo' essere ripetuta stancamente negli epigono soltanto se infiorettata da una terminologia originale, meglio se semi-esoterica. Anche Cimatti esibisce la sua Mossa del Cavallo, per lui il "discorso" non è un "edificio" che ha bisogno di fondamenta. E' piuttosto "l' ambiente biologico in cui vive l' uomo".



E qui comincia a parlare difficile e lo perdo. Quando smette di parlare difficile gira con l' aria di chi ha già dimostrato tutto.



Linguaggio come sfera biologica... non si impara a vivere in quella sfera, l' uomo è quella sfera... essere o non essere biologicamente significativi... insieme della sfera ambientale e insiemi esterni alla sfera ambientale... linguaggio come riflesso...



Un corvo gracchia sulla cima del cedro. Avrà detto la verità? Domanda tanto assurda quanto è naturale cio' che gli sentiamo fare.



Ma per Cimatti, l' uomo non è che una variante della cornacchia, e quando parla di Dio sta solo emettendo il suo armonioso versaccio. E quel verso è proprio il suo. Cio' delegittima lo scandalo teatrale messo in scena dai vari Odifreddi. Magari non sarà gradevole, ma cosa c' è di più normale di un porco che grufola nel suo stazzo?



Siamo in una botte di ferro: non appena apriamo bocca non possiamo che emettere il nostro verso, è la natura che ci guida e non ci fa toppare mai. Impermeabili ad ogni sberleffo del sarcasmo altrui, procediamo nella nostra invidiabile condizione. Tutti vivono immersi nella loro "biologia", anche chi raglia "Dio-dio-dio...". E i nostalgici del giudizio, se proprio hanno voglia di esercitare quella che credono essere una loro facoltà, che giudichino piuttosto gli effetti di questo concerto.



Già, bravo Cimatti. Ma se ci hai appena tolto ogni metro (fondamento) di giudizio, come cavolo possiamo "giudicare" la bontà della meta verso cui procediamo? Molto meglio che i "nostalgici del giudizio" si astengano: sono gli unici a cui viene riservato il dubbio privilegio di parlare in modo insensato.



Io qualche giudizio avrei voglia di darlo, ma poichè non ho nessun diritto di essere "preso sul serio", poichè la mia unica prerogativa è quella di essere sezionato come un insetto, poichè la mia professione d' amore è pari al frinire della cicala e la dimostrazione del teorema equivale al bramito del cervo, preferisco tacere. Divento così uno stranissimo animale taciturno.



Con quel sacramento di Odifreddi perlomeno, bisogna ammetterlo, la voglia di turpiloquio tipica di noi bestiaccie veniva soddisfatta.



P.S. 1 Il link del libro.



P.S. 2 La mia posizione: credo che Dio esista. Sebbene non lo si possa toccare, la sua esistenza puo' essere dimostrata logicamente, ma ci sono anche parecchie prove emipiriche. Credo che chi dice "Dio esiste" non sia in preda ad uno sfogo ma voglia affermare semplicemente che "Dio esiste" (sono portato a prenderlo sul serio). Credo anche che costui affermi una Verità.

lunedì 12 gennaio 2009

Il mito delle materie difficili

Quali sono a scuola le materie più difficili?

Sento già dire: matematica, fisica...

E perchè mai? Forse perchè i voti in quelle materie sono mediamente più bassi? Ma i voti sono una convenzione.

Un' indagine più approfondita considera le materie con un taglio socio-umanistico che combinano fra loro storia, filosofia e scienze sociali (general studies), come le materie dal coefficiente di difficoltà più elevato.

E' la rivincita degli umanisti!

Ma perchè proprio i voti in queste materie tanto difficili sono più alti della media?

Perchè le risposte sono molto più sfumate. In un certo senso non esistono mai risposte sbagliate al 100% e molti prof indulgono per evitare rogne.

Tutto cio' fa salire i voti e scendere l' ansia. Dal che si nota come a "terrorizzare" lo studente sia la trasparenza della disciplina, spesso scambiata per "difficoltà intrinseca".


add: lo studio - l' articolo

lunedì 20 ottobre 2008

Spintarelle


Questo crack finanziario non ci voleva. Da ultimo per il fatto che Richard Thaler era in pole position per il Nobel ma, visti gli eventi, si è dovuto ripiegare su un premiato "d' occasione".



Ho letto il suo ultimo libro motivato nel modo migliore: sento che puo' spiegarmi al meglio delle intuizioni che da anni coltivo in modo cofuso.



Inoltre ho sempre segretamente voluto tendere la mano ai miei avversari ideologici, parlo di coloro che diffidano della libertà, sia di quelle economiche che di quelle civili. Il modo in cui Thaler avvicina i due partiti mi sembra il più promettente, il modo in cui sceglie di limitare l' aspetto crudele con cui la libertà aggredisce le nostre vite, mi appare appropriato.







Accettare alcuni dati di fatto è decisivo (le prove empiriche rimpolpano una bibliografia che è 1/3 del testo), per esempio questo:



a seconda di come il catering dispone le pietanze nella mensa scolastica puo':



1) massimizzare le vendite;

2) massimizzare i profitti;

3) massimizzare la salute degli studenti;

4) randomizzare le scelte;

5) incoraggiare la libera scelta.



Dall' esistenza di questo arbitrio nasce il "paternalismo libertario", ovvero quell' ideologia per cui la "libera scelta" è sacra (libertario) ma che non disdegna di incoraggiare (paternalismo) le scelte che il protagonista stesso, in un contesto più neutrale, reputerebbe probabilmente come le migliori.



L' arbitrio delle 5 opzioni di cui sopra nasce a causa di errori sistematici che commettiamo. Siamo stupidi? Tutt' altro. Sono "errori" che ci hanno fatto un gran bene, ma di cui qualche volpone potrebbe approfittare:






  1. Errore dell' Ancora: i punti di riferimento ingannano. A due clienti simili e ignari posso proporre tariffe l' una doppia dell' altra, es. 100 e 200. Non avendo punti di riferimento dopo qualche mugugno di maniera accetteranno. L' anno dopo al cliente privilegiato alzo la tariffa portandola a 150, al cliente vessato faccio uno sconto riducendo la tariffa a 180. Per quest' ultimo diventerò un benefattore dall' onestà specchiata, per il primo sarò un profittatore spregevole. Eppure ho trattato e continuo a trattare molto meglio chi mi disprezza. E' l' errore dell' Ancora, baby.




  2. Errore del sottomano: costruisco la mia visione con quello che ho sottomano. C' è chi ha sottomano i Tg di Fede e chi l' ultima intervista a Gallino di Fahrenehit... Facciamo esempi meno banali: quante probabilità ci sono che un pianeta sia abitato da Marziani? Se non ne so assolutamente niente è corretto dire 50%. Ma allora è praticamente certo che i marziani esistano nell' universo? No, anche in questo caso non ne so assolutamente niente. Nel primo caso mi sono concentrato troppo su quella specifica ignoranza al centro del discorso.




  3. Errore di connessione: siamo ciechi di fronte al caso, specie i profani vedono collegamenti ovunque. Ma anche gli esperti ci cascano: io stesso sono rimasto sconvolto dall' apprendere, per esempio, che nel basket la "mano calda" è solo un mito. Ci sono sorprendenti equivoci che nascono da questo bias.




  4. Errori di ottimismo: l' ottimismo è una benzina che ci "carica". Serve molto meno per ragionare. Sia gli studenti che i professori si credono "sopra la media", sia il matrimonio che lo start-up di un' impresa rivelano "il trionfo della speranza sull' esperienza"; secondo voi un lavoratore esperto e perfettamente informato che firma il suo contratto, quanto soppesa il rischio di incidenti alle condizioni proposte? E' l' overconfidence bias, baby.




  5. Errori sul rischio: perdere qualcosa ci deprime il doppio rispetto a quanto ci renda felici guadagnare quella stessa cosa. Non è prudenza, è prendere lucciole per lanterne. La paura di perdere produce una quantità esagerata di inerzia.




  6. Errore del "nulla di nuovo sotto il sole": per noi tutto continuerà più o meno come in passato, la cosa ci fa comodo. Il cambiamento non ci piace, non lo consideriamo. In fondo per farci vedere il TG5 basta metterci prima Gerry Scotti.




  7. Errore del quadretto: mi sottopongo ad una difficile operazione chirurgica solo se ho le garanzie che riesca perfettamente nel 98% dei casi. Se però sui duecento interventi compiuti mi dicono che ben quattro persone sono rimaste sotto i ferri, chiedo ancora una notte per pensarci su. Il nuovo "quadretto" non mi piace mica tanto. eppure è uguale al primo.




  8. Errore da tentazione: sappiamo che non ci sveglieremo, eppure non puntiamo la sveglia. Bè, magari la sveglia la puntiamo, ma in molte circostanze simili rinunciamo a premunirci. Sei grasso e vuoi dimagrire? Non capisco perchè non scommetti con te stesso 1.000 euro che perderai un chilo al mese! E' del tutto ragionevole farlo (linkati subito a questo sito!). L' errore da tentazione è sempre in agguato (avete già fatto i regali di Natale o anche quest' anno...).




  9. Errore del gregge: ci piace il calore dei nostri simili. Secondo voi cosa funziona meglio per far pagare le tasse?: 1) ricordare le sanzioni operanti 2) ricordae la necessità di opere pubbliche 3) ricordare che tutti le pagano 4) ricordare che c' è un aiuto per compilare i moduli 5) ricordare che ridistribuire la ricchezza è cosa buona e giusta... Basta, fermiamoci pure, tanto sappiamo che funziona solo il punto 3.







Siccome siamo tutti affetti da queste ottusità meritiamo una protezione. Non dico un tutore, ma perlomeno un "calcione" che ci indirizzi correttamente.



In questo libro gli ideologi della "spintarella" si sono scatenati invadendo con il loro genio accademico diversi campi: scelte sul risparmio, scelte d' investimento, scelta del mutuo, scelta delle medicine, donazione d' organi, scelte ecologiche, scelte scolastiche, scelte ludiche (lotterie, gioco d' azzardo, droghe, alcool...), scelte di matrimonio, scelte bioetiche, scelte di beneficienza, scelte sulla dieta, scelte sulla fertilità.



Non mancano le obiezioni, ecco la più forte: sbagliando s' impara. Detto in modo rigoroso: aiutare uno "stupido" pregiudica la sua guarigione evolutiva.



Gli "spintonatori" non hanno molte risposte in merito, si limitano a dire che le loro soluzioni sono da caldeggiare nei giochi "one shot" piuttosto che in quelli ripetuti dove l' evoluzione biologica e non-biologica "lavora" molto meglio.



La "spintarella" viene presentata dunque come un modo intelligente per restringere le nostre libertà. Una "terza via" tra il proibizionismo e il libertarismo.



Ma se guardo al mondo in cui vivo ho l' impressione che molte soluzioni avrebbero un effetto "liberalizzante" piuttosto che il contrario [ non sarà un caso se proprio in questo libro si dettagliano i migliori argomento contro l' obbligo del casco?], e allora mi sembra conveniente starci.

sabato 18 ottobre 2008

Per favore, sai dirmi quali sono i miei gusti?

C' è qualcosa che lega Baricco a Surowiecki? Direi di sì, ne parlo a Fahreunblog.

Conta più l' esperto o il popolo? Era inevitabile che si finisse lì.

lunedì 29 settembre 2008

Il Sig. Newcomb misura il libero arbitrio

E' possibile che un problema chiaramente esposto tolleri due soluzioni opposte entrambe perfettamente razionali? Un certo Sig. Newcomb pensa proprio di sì ed avanza altresì un esempio notevole che ancora deve essere decriptato dagli studiosi.

Poniamo che Omega, un essere venuto dallo spazio, con le sue apparecchiature abbia la capacità di leggere nel cervello umano prevenendo le nostre reazioni. Su questo punto le sue sentenze sono infallibili, inutile star lì a discutere, è così.

Omega, che si diverte a giochicchiare con esemplari della razza umana come fossero topolini, un bel giorno ha invitato me e mio fratello nel suo ufficio dicendoci se volevamo giadagnare quattro soldi. Siamo schizzati come schegge.

Sul tavolo c' erano due scatole: una trasparente che conteneva 1.000 euro; l' altra opaca e dal contenuto misterioso. Omega ci assicurò che la seconda conteneva 1.000.000 di euro. In caso contrario sarebbe stata vuota. Non poteva dirci di più se non garantirci che non potevano darsi terze opzioni. Poi ci chiese cosa intendavamo fare: prendavamo solo la seconda scatola oppure le prendavamo entrambe? Naturalmente c' era l' inghippo che fu precisato con un' avvertenza decisiva: la seconda scatola era stata approntata da lui in persona secondo il criterio per cui chi sceglieva entrambe le scatole si sarebbe ritrovato con la seconda vuota, mentre chi sceglieva solo la seconda si sarebbe ritrovato 1.000.000 di euro sull' unghia. Dopo questa concisa ma esauriente spiegazione Omega lasciò la stanza abbandonandoci alla nostra decisione.

Passano pochi secondi e, come al solito, sto già litigando con mio fratello. E' ovvio, intendo prendere solo la seconda scatola, trovo ineccepibile il mio ragionamento: 1) Omega non sbaglia mai nel prevenire le nostre azioni, e su questo tutti noi concordiamo 2) se prendessimo entrambe le scatole ci ritroveremmo con 1.000 euro; quindi: bisogna prendere solo la seconda e partire per una lunga vacanza. Ovvio.

Quello zuccone di mio fratello non ci sta e devo dire con riluttanza che il suo ragionamento non è meno rigoroso: visto che Omega ha lasciato la stanza, non puo' più modificare il contenuto delle scatole (su questo tutti sono d' accordo), e allora noi dobbiamo appropriarci di entrambe le scatole: come minimo avremo assicurato 1.000 euro alle nostre saccocce.

Due conclusioni opposte raggiunte con due ragionamenti senza pieghe.

Ci siamo consultati con esperti ma non hanno saputo cosa dirci, formalmente abbiamo ragione tutti e due. Forse mio fratello è più ingegnoso e meno fatalista. Io sono più pratico avendo escogitato un metodo dall' applicazione universale.

Quale sia la soluzione corretta nessuno lo sa, c' è chi ancora ci si sta spaccando la testa sopra. Resta il fatto che trattasi di un buon test per misurare la propria sensibilità al "libero arbitrio". Finora per isolare la psicologia di un soggetto lo avevo spiato di fronte a dilemmi per cui non esistevano soluzioni razionali. Ecco a sorpresa uno caso in cui ce ne sono troppe e tutte senza sbavature.

venerdì 26 settembre 2008

Uomini senza il giorno prima

L' evoluzione semantica sforna sempre nuovi significati, ma ancora più spesso trasla i vecchi da un termine desueto ad un altro. Il primo rinsecchisce cedendo le sue linfe al secondo. La secolarizzazione, lungi dall' aver eclissato il linguaggio religioso, ha operato però profondi camuffamenti; ripercorrere il tragitto in senso inverso puo' essere interessante. La lettura di Carl Schmitt illumina sui retaggi della retorica politica e sui debiti evidenti nei confronti della teologia. Ma anche il linguaggio ordinario non delude l' archeologo degli idiomi.

Ho sempre notato come la gente trovi sconveniente il termine "anima". A volte lo sostituisce con la parola "vita" ma le insufficienze sono palesi. Molto meglio, mi dicevo, "memoria". L' anima, d' altronde, è cio' che regala unità (concetto ascientifico) e consente al soggetto di nascere. Io sono quello che ero ieri, sono responsabile anche di quello che ho fatto ieri. Me lo assicura l' anima, e poichè questa parola ci brucia sulla bocca, possiamo allora sostituirla con "memoria": me lo assicura la "memoria". Il cambio funziona abbastanza bene.

Così, stando a quanto racconta in un suo libro, la pensava pure Oliver Sacks, specie dopo un incontro fugace con Jimmie G., un malato affetto da una forma esacerbata di sindrome di Korsakov. La memoria di Jimmie non oltrepassava il quarto d' ora. Jimmie era un' anima perduta impossibilitata a stabilire una continuità con le sue radici.

"Cos' è la vita senza collegmaneti", dice il grande Hume, "... altro non saremmo che un fascio, un accumulo indifferenziato di sensazioni diverse". Veniva istintivo parlare di Jimmie come dell' uomo humeano perfetto, come dell' uomo dall' "anima perduta".

Ma bastò confrontarsi con chi conosceva meglio Jimmie per capire che le cose stavano ben altrimenti, che qualcosa di fondamentale eccedeva la semplice equazione Anima-Memoria. "Pensate che ce l' abbia un' anima?", le infermiere che seguivano l' infermo con costanza, rimasero indignate a questa domanda impertinente del celebre neurologo e lo invitarono a giudicare egli stesso osservando Jimmie nella Cappella dell' Ospedale.

Le pagine successive raccontano la commozione di Sacks mentre dal buco della serratura spiava l' intensità e l' attenzione con cui Jimmie si raccoglieva in preghiera. La fruttuosa concentrazione con cui, in ginocchio, riceveva l' Ostia consacrata. Era evidente che Jimmie, pur non ricordando niente di quanto accaduto un quarto d' ora prima, conservava una sua memoria "interiore" che difficilmente saprei spiegare cosa sia, anche perchè non l' ho mica capito mica tanto bene. Sacks la chiama "memoria bergsoniana": "... cio' che era fugace, non trattenibile come struttura formale, era perfettamente stabile, perfettamente trattenuto come arte e volontà...".

venerdì 12 settembre 2008

Avvistamenti contagiosi

Forse i marziani esistono e ci hanno pure già visitato, non soffriamo certo della mancanza di "avvistamenti". Ma c' è qualcosa di sospetto, le testimonianze circa la presenza di esseri eccezionali sono spazialmente correlate: qui il caso UFO-Big Foot: chi vede un Big-Foot ha maggiori probabilità di vedere anche un UFO.

sabato 6 settembre 2008

Il darwinista reticente

La teoria evoluzionista va bene quando puo' essere brandita come arma contro il Crazionismo e l' Intelligent Design, quando si tratta di ingaggiare combattimenti sui programmi di biologia da tenersi nelle nostre scuole. Va molto meno bene quando si tratta di trasporre analoghi concetti in altre scienze quali la psicologia, la sociologia o l' economia; in quei casi si paventa lo spettro del darwinismo sociale e le bocche si cuciono improvvisamente lasciando il posto a girandole di eufemismi e disegni intelligenti governativi.

Non sarà che nel primo caso faccia piacere avere come bersaglio indiretto alcune istituzioni religiose generiche mentre nel secondo caso il nemico sarebbe il ben più temibile culto del Politically Correct?

Per chi ama le scienze avendo in uggia l' ipocrisia sarebbe meglio dedicarsi ad altri campi del sapere.

Fonte: Shermer p.XVIII

lunedì 1 settembre 2008

In preghiera al cospetto dei numeri

Nato a Brno, Kurt Godel viene comunemente considerato come il massimo logico di tutti i tempi.

Fu un fervente platonico e si dedicò anche al problema di Dio dandone una sua dimostrazione nel solco di Leibniz.

Ma la cosa interessante è un' altra: l' ente di natura divina dotato di tutte le propietà positive e necessariamente esistente non venne da Godel relegato al ruolo del "Dio della ragione" di fronte al quale - come scrisse Heidegger - " l' uomo non puo' pregare, non puo' sacrificare e non puo' per timore cadere in ginocchio".

A differenza della concezione un po' intellettualistica del divino quale "mente superiore" professata dall' amico Einstein, il logico moravo considerava infatti Dio non solo come entità razionale logicamente dimostrabile, ma anche come essere degno di venerazione.

A me la cosa sembra decisamente strana. Certo che la vita dei grandi logici di stranezze è sempre costellata.

Fonte: Timossi p.445

martedì 19 agosto 2008

La domanda giusta

"Che cosa farei se fossi in lui?".

Mettersi nei panni degli altri non è poi così interessante.

Non è nemmeno molto utile. Ai fini strategici, quando l' altro è qualcuno con cui siamo in relazione (cooperazione o conflitto), la questione decisiva è un altra:

"Che cosa farei se fossi in lui che si chiede cosa fare se fosse in me che mi chiedo che fare se fossi in lui?

L' etica e la ricchezza nascono rispondendo bene a questa domanda.

Fonte: Thomas Schelling

sabato 9 agosto 2008

Sindrome di Voltaire: vedere stupidità ovunque

Nelle scienze umane l' assunto della "razionalità dell' agente" scatena sempre un putiferio. E' uno dei più contestati. Ma anche dei meno capiti.

Qualcuno pensa di espellerlo con disinvoltura osservando la quantità di comportamenti incongrui in cui ci imbattiamo di continuo. E' esperienza comune, chi potrebbe negarla... bastasse questo!

Di fronte all' ingenuità di chi è colto dalla sindrome di Voltaire, viene buona l' avvertenza di Thomas Schelling. Lo studioso ci invita ad osservare come non sempre sia vantaggioso essere "razionali", in particolare se il fatto di esserlo o meno non possa essere nascosto o fatto conoscere (p.21). A volte conta anche il fatto di nasconderlo a se stessi.

Schelling fa diversi esempi. Anch' io vorrei tentarne uno: per il claciatore Kakà il Milan ha ricevuto un' offerta da 110 milioni di euro, un record.

Probabilmente un comportamento razionale esorterebbe ad accettare quell' offerta e, con il ricavato, rifondare una squadra credibile. Ci sono sulla piazza almeno quattro grandi giocatori acquistabili a 30 milioni l' uno in grado di costituire la spina dorsale del nuovo Milan.

Eppure Galliani rifiuta sdegnosamente. E' forse matto? No, molto semplicemente la notizia dell' offerta è stata divulgata e, allorchè dovesse presentarsi nelle vesti di acquirente dal portafoglio rigonfio, i prezzi da fronteggiare non sarebbero più i 30 milioni di cui parlavo e il progetto andrebbe a carte e quarantotto.

Quindi attenzione: dietro molti comportamenti inspiegabili il senno continua a pulsare più lucido che mai. Bisogna andare oltre le eleganti superfici di Voltaire per reperirne l' esistenza.

E come bottom line, un esempio in extremis: occhio a classificare tra gli "stupidi" l' amante folle che minaccia di tagliarsi le vene. Spesso la sua strategia è la migliore.

venerdì 1 agosto 2008

L' IQ conta?

Ho voluto dare un' occhiata ravvicinata al libro The Bell Curve.

L' ho fatto anche perchè notavo come le opinioni più significative sulla realtà sociologica americana, venivano introdotte in reazione alle tesi di quello scritto. E questo ancora oggi, a quindici e rotti anni di distanza.

Volete un esempio? Ecco David Brooks che sul NYT dell' altro giorno presenta due recenti lavori accademici che scattano, secondo lui, la foto più nitida della realtà americana contemporanea. Conclude indicando in Obama l' uomo giusto per tenerne conto. Ebbene, entrambi gli studi presentano se stessi come una contromossa da leggersi nell' orizzonte tratteggiato da TBC.

L' Introduzione di TBC è meramente descrittiva, presenta il dibattito intorno al concetto di "intelligenza" così come si è svolto nell' agone delle scienze psicologiche. Dichiara senza infingimenti di assumere le posizioni "mainstream" trascurando quelle radicali. Quindi: esiste una sola intelligenza (abilità logica e linguistica) misurabile in modo significativo dall' IQ e, in buona parte, ereditabile.

Cio' non toglie che il valore di una persona dipenda anche da altro; i "talenti" sono molteplici, sebbene ci sia qualcosa di specifico che possiamo chiamare "abilità cognitiva".

Non si entra nel merito del dibattito, ci si limita a descriverlo. Agli autori interessa altro, interessa dimostrare quanto la distribuzione dell' IQ nella popolazione incida sull' evoluzione sociologica delle società di mercato. Loro ritengono che incida parecchio, una nuova "elite cognitiva" si sta isolando.

L' IQ conta a scuola. Il sistema universitario americano è cambiato nel corso del secolo, ora premia in modo crescente la fascia di studenti con IQ elevati. Basta vedere chi fa il suo ingresso nelle Università. Prima la provenienza famigliare era decisiva, così come lo erano le condizioni socio-economiche di partenza.

L' IQ conta sul lavoro. Volendo indovinare il lavoro di Pincopalla, meglio informarsi sul suo IQ da ragazzo che sul numero di anni trascorsi tra i banchi.

L' IQ conta sul mercato. L' intelligenza è strettamente legata alla produttività, anche dopo anni di lavoro la conclusione resta valida. L' IQ predice l' efficienza del lavoratore in modo più accurato di quanto non faccia un colloquio di lavoro. E' molto costoso il provvedimento con cui la Suprema Corte ne ha impedito l' utilizzo.

IQ ed educazione. Studiare un anno in più non incide molto sulle sorti di un basso-IQ, il suo destino nella società mercatista, come direbbe Tremonti, sembra segnato. L' ironia è che parificando le condizioni ambientali, si esaltano ulteriormente le differenze genetiche.

IQ e isolamento. I più intelligenti tendono a sposarsi tra loro. Avendo redditi elevati possono permettersi anche un isolamento fisico.

IQ e povertà. Se nasci in una famiglia povera (ultimo ventile), rischi di restare povero, rischi 8 volte di più rispetto a chi nasce nei ventili superiori. Ma se il tuo IQ è nell' ultimo ventile, il rischio sale al 15%. Anche qui "IQ is the best predictor".

IQ e abbandoni scolastici. Le condizioni socio-economiche incidono sugli abbandoni scolastici ma, in modo significativo, solo se l' IQ dell' interessato è basso.

IQ e disoccupazione. Legame stretto. Anche i lazzaroni non sono quasi mai intelligentoni.

IQ e famiglia. La famiglia tradizionale tiene bene, ma solo tra i più "smart". Costoro tendono a prediligere il matrimonio e il loro tasso di divorzi è ben sotto la media, specie se comparati con i low-IQ. Anche la presenza di prole illegittima è strettamente correlata con le abilità cognitive.

IQ e welfare. Se ricorri all' assistenza pubblica (ragazze madri, sanità...) probabilmente il tuo IQ è sotto la media. Ci puoi scommettere razionalmente una buona cifra.

IQ e genitorialità. Una buona madre probabilmente ha un buon IQ.

IQ e crimine. L' intelligenza media dei criminali è ben al di sotto di quella comune.

IQ e civismo. C' è un solido legame tra partecipazione politica e livello d' istruzione. Ma poi, se vai a grattare, a parità d' istruzione quello che fa la differenza è l' IQ.

IQ ed etnie. Ci sono chiare differenze, inutile girarci intorno. Gli asiatici sopravanzano i bianchi che sopravanzano i neri. In più, facendo la tara con l' IQ, molte diseguagliaze sociali si attenuano.

IQ e demografia. Purtroppo le dinamiche demografiche stanno abbassando l' IQ medio della popolazione. Le donne con istruzione più alta hanno un tasso di natalità basso. La natura dell' immigrazione completa il quadretto.

IQ e problemi sociali. Praticamente tutti i problemi che affliggono le società moderne vedono implicati soggetti a basso IQ.

Politiche: alzare l' IQ. Molto è stato provato: nutrizione, scuola, prescuola, ambiente familiare. Insistere è un dovere, per ora i risultati sono scarsini.

Politiche: pari opportunità nell' educazione. Si sono riprodotti i ghetti anche a scuola e nei college. Inoltre, lo svantaggiato nero finisce per fare concorrenza allo svantaggiato bianco. Meglio aiutare gli svantaggiati che puntare tutto sulle etnie.

Politiche: pari opportunità sul lavoro. Hanno funzionato? Boh, certo che la società le paga care.

Politiche: scuola. La scuola americana ha subito un involuzione. A pagare sono stati soprattutto i "gifted".

Politiche auspicate. Anche se siamo differenti, in una società libera ciascuno trova il suo posto. Aiuto integrativo: semplificare le regole, redistribuire la ricchezza in modo efficiente, selezionare l' immigrazione, incentivare la maternità delle donne istruite, non premiare la maternità delle underclass...

Tutto qui. Le contestazioni sono state assordanti e quasi sempre di scarso momento.

Tra una contestazione e l' altra, la lezione sembra essere stata appresa anche a sinistra: forse una politica delle pari-opportunità non consiste nell' ennesimo corso formativo per il trentenne perennemente disoccupato. Bisogna agire prima, molto prima.

giovedì 31 luglio 2008

Diventare ricchi in modo sc-sc-sc-sciiientifico!

Meglio diventare ricchi, e non pensarci più. Meglio diventare ricchi al più presto, per poi pensare ad altro.

Dopo qualche post piuttosto astratto, mi sembrava proprio il caso di affrontare l' argomento, tanto più che posso saccheggiare la saggezza del libanese Nassim Taleb.

Fortuna che Taleb non strilla in copertina il messaggio cruciale del suo libro (come diventare ricchi), altrimenti non l' avrei comprato. Si sarebbe mimetizzato nel nugolo dei mediocri concorrenti che, come mosconi, roteano sulla medesima zuccherosa caramella.

Fortuna che nulla trapela nemmeno dall' indice - Taleb, diversamente da me, odia i libri ricostruiti nel sommario - altrimenti avrei snobbato molta roba interessante che lui appronta come contorno.

Fortuna che Taleb ammanta il suo messaggio con mille riferimenti all' epistemologia, alla filosofia, all' economia e alla statistica; altrimenti non mi avrebbe mica sedotto tanto facilmente, non sono un materialista io.

Un' istruzione del genere è roba seria, merita di essere riportata almeno in due post, il primo lo dedico quindi a qualche concisa precisazione, di quelle che non si possono omettere pena l' oscurità.

Innanzitutto nulla dirò su come diventare "ricchissimi". Molto semplicemente, non lo so. Quelli sono casi dove la Fortuna conta troppo, scordatevi le "metodologie".

Vi arricchirò in modo "decente", diciamo che la gente a Park Avenue vi guarderà con un po' di puzza sotto il naso, magari nemmeno tutti vi saluteranno. Ma intanto abiterete proprio lì.

Per dedicarsi all' accumulo vi chiedo un paio di ore lavorative al giorno per alcuni anni. Vi secca?

Sarebbe auspicabile provare un certo interesse per l' attività. Cio' significa che nell' ampio tempo libero, la meditazione speculativa intorno alla portata filosofica di quello che state facendo, occupi in modo piacevole e arricchente, uno spazio importante nella vostra spaziosa mente. Spero che la vostra mente esista e giri a dovere, perchè i pensieri con cui giocare, quelli ci sono di sicuro.

Agiremo sui mercati finanziari, occorre quindi qualche pre-requisito materiale: un computer, un collegamento internet, un capitale iniziale di 100-200 mila euro, una sospensiva dal vostro vecchio lavoro, l' accesso al trading on line (oggi molte banche ve lo offrono a costo zero), una conoscenza minima (ma proprio minima) dei mercati e l' abbonamento ad un settimanale (non quotidiano!) finanziario - si consiglia l' Economist.

Sento già balbettare: ma il piano è sc-sc-sc-scientifico? Direi di sì.

O perlomeno, per crederci bisogna sapere cosa sia la scienza.

Se la scienza è per voi come per Popper quella disciplina che formula teorie rigorose e ripetutamente verificate che quasi tutti credono vere ma che poi, alla lunga, si rivelano sbagliate, allora il metodo è scientifico.

Oltre a sapere cosa sia la scienza, bisogna anche sapere che per arricchirsi sui mercati finanziari l' economia non serve a niente, conta solo la psicologia.

Fortunantamente molte leggi psicologiche sono ferree. Soprattutto quando trattano le distorsioni dai comportamenti razionali. Maneggiando il rischio facciamo molti errori che non si auto-correggono neanche con le martellate. Nessuno è indenne da questa maledizione che sembra risalire alla cacciata dall' eden.

Ricapitoliamo: occorre sapere cosa sia la scienza ed avere alcune nozioni di psicologia. Non per niente i numi tutelari di Taleb sono Popper e Kahnamen. Il primo è una celebrità, per il secondo dare un occhiata al comodino.

Secondo Taleb la scienza individua delle regolarità continuamente confermate e che tutti, per motivi psicologici, tendono a considerare come verità.

Poi, capita un evento raro che le smentisce. E' questa la regolarità più impressionante che ci garantisce di avere a che fare con pratiche scientifiche.
Popper docet.

Anche i mercati finanziari funzionano così. Le teorie "scientifiche" sono destinate a cadere (ce lo dice l' epistemologia popperiana), quindi, per arricchirsi, basta scommetterci contro.

Ma le teorie ben fondate cadono raramente, quindi, "il cacciatore di crisi" è destinato a perdere di frequente piccole somme. Ma quando vince, vince parecchio. Ve la sentite di perdere frequentemente? Ci vuole una tempra d' acciaio, parola di Kahnamen: perdere una somma è molto più doloroso di quanto sia gioioso vincere quella stessa somma.

Qualcuno obbietta: "se K. ha ragione preferisco vincere poco e di frequente che non vincere molto e di rado"

Ma non c' è simmetria!! E' proprio K. che ce lo garantisce. Ecco il messaggio centrale di Taleb: non c' è simmetria poichè, a causa del bias cognitivo, noi scambiamo la legge "scientifica" per una legge vera, per una legge causale. Questo eccesso di fiducia è irrazionale e quando si cade, si cade rovinosamente. Chi scommette con metodo contro la scelta probabilisticamente più "ragionevole" si arricchisce sistematicamente, proprio perchè la gente riconosce quella scelta come la migliore ma sbaglia nel pesarla per eccesso di fiducia.

Sui mercati non ci sono vere leggi scientifiche ma, nel tempo, si sviluppano regolarità statistiche che assomigliano molto alle prime e producono i medesimi illusionismi.

Taleb sconcertava i suoi colleghi: per la settimana entrante predisponeva il suo portafoglio come chi attendesse un "orso". Richiesto di un parere razionale però pronosticava "toro". La spiegazione è molto semplice e comprensibile per chi combina epistemologia e psicologia: organizzava il suo portafoglio in cerca degli "eventi rari", dei "cigni neri", al fine di sfruttare le asimmetrie che ho descritto.

Taleb, durante la sua carriera di trader, ha avuto buone idee ma la migliore è stata quella di tradirle sistematicamente prendendo esempio dall' evoluzione delle discipline scientifiche. Cio' lo ha reso passabilmente ricco. Un ricco circondato dai cadaveri di trader una volta "ricchissimi" che però hanno avuto l' esiziale difetto di non tradire le intuizioni a cui tanto dovevano.

Taleb non rinnega che i mercati possano avere delle "tendenze" pronosticabili dagli economisti. Ma un trader non è un investitore, non è interessato alle tendenze di lungo periodo, bensì al "rumore", ovvero alla casualità di breve periodo.

Qualche dritta pratica. Il "metodo Taleb" si esercita sul mercato delle opzioni. Se un titolo oggi vale 30 e tra una settimana tutte le previsioni razionali lo pronosticano a 40, comprate l' opzione che vi consentirà di venderlo tra una settimana a 38.5. Tra una settimana, con tutta probabilità, il titolo quoterà 40 e a quel prezzo dovrete comprarlo per rivenderlo a 38.5. Perderete, ma è normale.

Perderete a lungo proprio perchè le previsioni razionali sono razionali, proprio perchè la scienza è scienza.

ma prima o poi arriverà il Cigno Nero, grazie alle asimmetrie vi rifarete con gli interessi alle spese di chi ha scambiato la scienza per la Bocca della Verità.

lunedì 28 luglio 2008

Riforma sanitario/probabilistica

Poverini i numeri delle statistiche, non è colpa loro. E' il nostro cervello che non sembra molto adatto a manovrarli.

In questo post elencavo alcune radici sollevate dove si inciampa più frequentemente cadendo a pelle d' orso.

Opera ben più sistematica è quella di Deborah Bennett che nel suo Randomness elenca 40 casi di problemi stocastici, anche semplici, affrontando i quali il nostro cervello, forse per motivi legati all' evoluzione, va in panne. E non si parla del cervello della nonnina ma di quello di fior di laureati, magari proprio nelle materie in oggetto.

Ecco un caso molto verosimile sottoposto a folle di medici:

Ipotizziamo che il test diagnostico della malattia X dia un 5% di "falsi positivi";

ipotizziamo ancora che nella popolazione una persona su mille soffra di quella malattia;

ora, dopo aver preso un individuo a caso, lo sottoponiamo al test e scopriamo che risulta positivo. Quante probabilità ci sono che sia effettivamente malato?

La grandissima parte dei medici ha risposto con sicumera: 95%. Invece la risposta corretta è 2%.

E' una distorsione colossale (95 contro 2) e continuamente confermata nei test. Folla dopo folla.

Vi imbottiranno di medicinali (con tutto il corredo di effetti collaterali) quando, nonstante il test, esisterà una percentuale piccolissima che voi siate malati.

Bias di questo genere giustificano persino una riforma sanitaria. Ed infatti Robin Hanson imposta la sua puntando tutto sulla gratuità delle diagnosi e l' onerosità delle cure. Lui, oltre alle distorsioni cognitive di cui sopra, ci mette pure la distorsione da "effetto placebo", il che non guasta.

martedì 22 luglio 2008

Quando la neurobiologia fa bene alla libertà

Quando sul giornale appare la notizia di una nuova conquista della neurobiologia, tra i libertari c' è sempre qualcuno che trema.

I motivi sono almeno due.

Innanzittutto, qualcuno pensa, man mano che il cervello viene scannerizzato, si finisce per ridurre l' uomo ad un robot programmabile/prevedibile ed evapora un concetto prezioso come quello di libertà.

Calma, rispondo. Il concetto di libertà ha natura filosofica, non scientifica. I suoi destini si giocano nell' agone delle credenze filosofiche ed etiche. Mi sembra di averlo già detto, per esempio qua. Bisogna aver cara la libertà e contemporaneamente avere la scienza come religione, per farsi venire i sudori freddi.

Oltretutto, anche in un' ottica meramente utilitaria, non è detto che alla pratica dei cervelli scannerizzati seguano dei limiti alle libertà, semmai il contrario (ne parlavo qua e qua).

Ma poi c' è un secondo timore: i modelli liberisti neo-classici si fondano sull' ipotesi dell' uomo razionale, la scannerizzazione revoca continuamente in dubbio questo assunto.

Anche qui soccorrono alcune rassicurazioni in fondo già fatte: il mercato induce un doppio beneficio. Per sfruttare il primo occorrono individui razionali. Ma il secondo funziona al meglio proprio quando la ragione canonica latita.

Finalmente esce un libro che difende il libero scambio con gli argomenti delle neuroscienze, l' ha scritto Michael Shermer, trattasi di The mind of the market.

In Italia, per molti, il mercato è sinonimo di avidità, ma Shermer dimostra come il libero scambio, attraverso meccanismi darwiniani, abbia plasmato la neurobiologia della cooperazione, della fiducia interindividuale, della capacità di non tradire anche quando conviene (tipico dell'uomo razionale), eccetera.

Il processo è abbastanza semplice, facciamo l' esempio della fiducia. La fiducia è un bene di grande valore, sui grandi numeri esisteranno alcune comunità che la sviluppano a livello neuronale tra i membri che le compongono. Queste comunità si arricchiranno molto di più rispetto alle comunità diffidenti. In un mondo aperto saranno anche quelle più potenti ed "adatte" ad esercitare un predominio di natura evolutiva. In altri termini, il mercato favorisce un contagio benefico tra civiltà. Naturalmente sto parlando di una "fiducia" matura, di quelle che non porgono tre volte la guancia.

Davide qui sembra interessato all' argomento e chiede esempi storici di dinamiche similari. In questo libro ne trova parecchi.

Ma la filosofia di Shermer, presa in blocco, appare a dir poco incapace di indicare una plausibile stella polare. Sembra anzi destinata ad avvinghiarsi su se stessa. L' autore infatti è maestro quando ci spiega che i comportamenti razionali non sono tutto e che l' adozione e il contagio di principi etici puo' essere decisivo per lo sviluppo e l' arricchimento di una nazione. Peccato che con la sua scelta "riduzionista" e scientista azzeri poi il valore dell' etica, ovvero del bene più prezioso sulla base del suo stesso ragionamento. Tylor Cowen sul WP sembra cogliere la contorsione.

venerdì 4 luglio 2008

Divulgazione per "capire" o per "provare"?

Nella puntata del 18.6.2008 ascoltabile qui, l' arguto Pontiggia affronta la relazione che lega il linguaggio specialistico a quello di tutti i giorni.

In un primo tempo si diffida delle forme gergali per l' uso improprio che ne viene spesso fatto. Mascherato dietro la cortina del liguaggio specialistico, l' esperto coltiva i suoi interessi a danno dell' interlocutore profano che si puo' facilmente tagliare fuori. Questo è vero ma gli abusi sono all' ordine del giorno, bisognerebbe andare oltre.

Veniamo dunque alla parte interessante. Secondo Pontiggia lo specialista onesto sente l' esigenza di mettere alla prova le sue conclusioni tentando di trasporle in un messaggio semplice e comprensibile più o meno a tutti.

La divulgazione sarebbe dunque un esperimento volto a provare la bontà di scoperte relegate nel dominio degli esperti.

E' difficile prendere le distanze da Pontiggia, questa volta ci provo.

Personalmente ho sempre pensato che lo specialista "traduca" la sua teoria al fine di poterla "capire" meglio lui stesso, non per metterla alla prova.

La funzione del linguaggio specialistico è quella del rompighiaccio, con esso è più facile avanzare nella conoscenza. E' la nostra arma per progredire nella giusta direzione. Un' arma tagliente, efficace, rigorosa, fin troppo potente. Dopo che siamo tanto avanzati, infatti, è necessario fermarsi e orientarsi. Ecco allora che soccorre il linguaggio ordinario.

La validità di un pensiero è saldamente fondata, per esempio, sul linguaggio matematico. Interpretare quelle conclusioni trasponendole in un linguaggio piano non mette in pericolo la loro validità. Semplicemente ce le fa capire meglio.

Prendiamo la teoria quantistica. Nel momento in cui Einstein o Bohr tentano di interpretarla divulgandola, non la stanno "mettendo alla prova", la validità della teoria è già nelle loro mani. Molto più semplicemente cercano di capirla più a fondo integrandola con l' immagine più generale che abbiamo del mondo. E' un esercizio di comprensione che riguarda loro innanzitutto.

Se tutto questo è vero, si noti una funzione provvidenziale del "gergo": fa avanzare la nostra conoscenza anche in direzioni "scomode" per l' ideologia dello scopritore. Dovendo "scoprire" prima ancora di "capire", a costui non faranno velo i pregiudizi.

mercoledì 2 luglio 2008

Quando ha senso "cercare" e non ha senso "trovare"

Secondo il filosofo Popper, dove inizia la cratività si arresta il linguaggio.

Chi parla di scienza puo' trascurare senza colpa i temi che riguardano l' origine delle idee. Si tratta di temi che implicano elementi irrazionali ("...ogni scoperta contiene un elemento irrazionale, o un'intuizione creativa...).

L' origine delle idee è un antro oscuro dove solo l' ingenuo e l' idiota tentano di penetrare.

Un' idea puo' sorprenderci in sogno e, parimenti, essere la pietra angolare di una favolosa teoria scientifica.

Anche Israel riprende questo canone commentando Boncinelli.

Chi si oppose al canone fu il Nobel Herbert Simon. Secondo lui anche le macchine erano in grado entro certi limiti di innovare.

Costruì dei software attraverso i quali fece "riscoprire" alle macchine parecchie leggi scientifiche in tutti i campi.

la posizione di Simon è senz' altro difendibile: tutti riconosciamo tra le doti fondamentali dello scacchista anche la creatività. Eppure ci sono macchine che giocano in maniera eccellente e vincono anche con i "grandi" campioni. Come potrebbero farlo in assenza di una dote tanto decisiva?

L' attività innovativa esalta la creatività. Eppure la stragrande maggioranza della ricerca innovativa si svolge oggi con equipe organizzate in modo ferreo. Da lì escono la maggior parte dei brevetti. E' forse insensato tutto questo?

Non attendiamoci che la diatriba Simon/Popper abbia mai una soluzione definitiva. Anzi, diffidiamo piuttosto di chi su questi temi prende posizioni risolute. Le macchine continueranno a sorprenderci ma saranno sempre gli uomini a programmarle.

Potremmo concludere con questo paradosso: pensare che esista l' algoritmo della creatività è insensato. Eppure non è insensato cercarlo.

Un dibattito di livello tra le "curve" Popper/Simon si è tenuto 5 o 6 anni fa sulle pagine della rivista Sistemi Intelligenti. Purtroppo sembra che non ne esista traccia in rete. Pazienza, non esiste più nemmeno la biblioteca dove mi ero fermato a leggerne e, tra article, replay, joint e rejoint, tutto si chiudeva, ovvio, senza vincitori nè vinti.

martedì 17 giugno 2008

Battesimo come signalling

Ma perchè se mi comporto esattamente come un cristiano modello, contrariamente a lui, per il semplice fatto di non aver ricevuto il battesimo, metto a repentaglio la mia salvezza?

La questione è saltata fuori nei commenti ad un post. Mi sembra interessante sintetizzarla qui.

Perchè il battesimo farebbe la differenza? come si puo' rispondere secondo ragione?

Innanzitutto c' è una questione sostanziale: le intenzioni contano.

Fare la cosa giusta nutrendo intenzioni sbagliate vanifica il nostro gesto. La "cosa giusta" va fatta in nome di Dio, altrimenti conta poco. I sacramenti sono a garanzia delle nostre intenzioni.

Ma l' obiezione puo' essere spinta oltre: ammettiamo che le opere siano accompagnate dalle giuste intenzioni, mancherebbe solo il mero formalismo di una loro aperta manifestazione.

Anche il formalismo ha una sua funzione, serve in quanto "segnale" comunitario.

Il Sacerdote deve indirizzare correttamente la comunità attraverso segnali visibili, in caso contrario ogni comunicazione verrebbe neutralizzata nell' interiorità più intima e appartata.

L' elemento formale dei sacramenti realizza questo elemento comunicativo. Prestarsi al formalismo significa anche offrirsi alla comunità affinchè si svolga una funzione tanto importante.

Quest' offerta alla comunità è ragionevole, in varie forme e in altri ambiti già la realizziamo.

Robin Hanson, economista, da tempo elabora una teoria del "signalling". Molte nostre azioni hanno obiettivi che si affiancano o che sostituiscono del tutto quello che appara come principale.

Esempio: Hanson trova che gran parte della spesa farmaceutica non abbia lo scopo di guarirci dalle malattie ma piuttosto di comunicare il messaggio: "mi prendo cura di me". Messaggio molto apprezzato dalla comunità, una persona che si cura è affidabile. Oppure, in alternativa, il messaggio ancor più forte dal punto di vista relazionale: "mi prendo cura di te".

Anche per questo motivo, medicine che sono poco più che placebo, vanno a ruba.

Hanson applica la teoria del "signalling" ad una serie di casi svariati (not just medicine, but real estate transactions, the wooing of a spouse, the role of education in the job market, parenting, the economics of self-deception, and Robin's argument that we spend too much time on admirable activities...). Ecco un podcast di Robin sul tema.

Andrebbe precisato che Hanson avanza la sua teoria per giustificare il taglio dei sussidi sui farmaci. Secondo lui a risentirne non sarebbe la salute visto che gli utenti sacrificherebbero dapprima l' attività di "signalling."