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giovedì 2 febbraio 2012

Di fronte al due di picche

George Steiner – Il correttore

Come si esce da una cocente delusione esistenziale? Argomento interessante.

Ancora più interessante, capire come non si esce.

La Tv, tra una salva di pubblicità e l’ altra, trasmette le immagini del crollo del muro: sul divano lui, un comunista non pentito intento nella sterile attività di chiarire a se stesso, in un’ epoca di eccitanti contraddizioni, certi grovigli teorici: possibile che la Storia abbia chiuso bottega.

La storia di un’ anima incagliata che va mummificandosi giorno dopo giorno tra parole in subbuglio che traboccano e che nessuno vuol più sentire, una storia narrata in modo empatico ricorrendo a un linguaggio da delibare a ogni pagina.

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… i due di picche della Storia sono i più amari…

… troppa esposizione al mondo stampato sulla carta…

… regolarmente, dopo mezzanotte, un bruciore sembrava pizzicarlo dietro agli occhi… ma si continuava…

… vita da topo (di biblioteca)…

… tutta quella vita passata a inalare l’ odore acre dell’ inchiostro fresco, ad attivare le antenne dei polpastrelli, a ordinare il catasto della mente… a liberare gli occhi cisposi… a occultare l’ aria cerea… le concavità emaciate…

… lavoro ben fatto o sterile esattezza?…

… gli aleggiava intorno un demone… l’ arte dello scrupolo che mette ordine nel mondo… lì insensato ribrezzo per l’ approssimazione…

… cosa chiede il mercato…

… un lavoro affrettato… opera di mani inesperte o perseguitate…

… finalmente all’ aria aperta… ancora fisime…

… la carta straccia svolazzante lo feriva come uno spreco…

… albeggia…

… ed ecco la mattina stampare le prime ombre sul tetto del magazzino…

… passivi sul pullman, in osservazione dell’ autista…

… la precisione dei gesti lo consolava e lo affascinava… quel colpetto dato alla manopola del freno…

… la piovra democratica…

… gli “anni vociferanti” lo assediavano senza scampo…

… al mercato…

… le bancarelle lo adescavano, variopinte e opulente come tappeti persiani… aveva così pochi bisogni già di suo… ed ecco che un mondo impazzito per il superfluo lo spingeva a coltivare una santa privazione, un chiericato dell’ astinenza…

… da che parte soffia il vento?…

… si girò verso il delfino rampante…

… a Roma finisce la guerra…

… con l’ accompagnamento di sparatorie erratiche…

… le prime riunioni di partito…

… il ronzio della retorica sciorinata da voci cittadine rauche di tabacco e insonnia…

… le obiezioni non erano ben viste…

… si segregò come un lebbroso… cominciava il suo lungo soggiorno nel ventre della balena…

… mezzo secolo dopo, ormai al termine di tutto, ancora quei miserandi sabba marxisti…

… il compagno Lombardi era uno specialista della domanda obliqua… nell’ esporre con voce melliflua cominciava piano piano a capire cosa voleva dire fino a eccitarsi per le proprie tesi… proseguiva finché la focosa oratoria veniva meno, il che accadeva quasi subito… con lui il dibattito si disperdeva, era inconcludente e aggressivo…

… un altro Compagno…

… tendeva a scivolare in un lieve torpore nel corso dei dibattici teorici…

… parlare in pubblico…

… l’ intensità della sua voce lo mise a disagio…

… messaggio cruciale…

… lo disse piano dopo la pausa… formando con la bocca una O quasi perfetta di eccitazione generosa…

… conclusione dei lavori…

… si tennero per mani, imbarazzati, la retorica faceva male… ma cantò anche lui, stonato…

… sera, prima di coricarsi…

… si era stropicciato gli occhi per provocare una pioggia di stelle sul cristallino…

… la prima volta in un supermercato di Berlino ovest…

… barcollavano tra gli scaffali svuotandoli con gesti da sonnambuli…

… Sessant’ anni e la solita decisione da prendere in merito alla prima cataratta…

… secondo la mia opinione un’ operazione le porterebbe soltanto disagi e false speranze… l’ occhio sinistro si mette in sciopero caro signore… uno sciopero definitivo…

… la religione…

… cosa lasciò Cristo alla sua piccola mafia… dopo la mancata venuta la Chiesa prese a distribuire il calmante… ordine, obbedienza, docilità… in questa valle di sofferenze… indennizzo nell’ aldilà… dopo la curva del tempo…

… quel Messia che non arriva…

… i comunisti resteranno i soli a leggere i Vangeli, a capirli fino in fondo…

… le torture rievocate mentalmente…

… testicoli nel morsetto…

… inspiegabili dispetti di un uomo solo…

… subito, con grande loquacità, diede indicazioni fuorvianti agli sconosciuti…

… un secondo prima di dormire…

… sentì in dissolvenza il singhiozzo e il fischio dello sciacquone al piano superiore…

… c’ è persino una mini storia d’ amore…

… lui percepì la vicinanza della sua guancia… le labbra gli scivolarono sul corpo soffermandosi dove stagnava la stanchezza…

… gioventù…

… con la loro ardente speranza costringevano il futuro ad accadere…

… strane figurine che emergono dal nulla per ripiombarci dopo due righi…

… il cameriere puliva i tavoli intorno a loro con evidente disapprovazione…

… infine… il pensionamento…

… quella landa sterile del suo riposo…

… mass murder…

… al più io riesco a immaginare, diciamo, mille persone, in una sala… o, vagamente, qualche migliaio in uno stadio… una cifra come un milione per me non significa niente… venticinque milioni poi… ci dicono che questo è il numero di Stalin… venticinque… posso pronunciare la cifra ma la realtà, il suo significato concreto mi sfugge… e allora mi concentro su un unico essere umano… una suora che arrestarono nel 37 per atteggiamenti controrivoluzionari… le pisciarono in bocca… le chiesero se era buono come il vino della Comunione… e la stuprarono… i polsi legati col fil di ferro perché il dolore aumentasse… mi sforzo di vedere in suor Evgenija quei 24.999.999 altri esseri umani ammazzati dalle fiere leggi scientifiche del progresso sociale… “siano infrante le catene” così potremo utilizzarle per fustigarvi a morte…

… l’ accusa…

… il prodotto del tuo socialismo scientifico non era nemmeno il regno di Satana annunciato da apocalittici e inquisitori… era qualcosa di più piccolo, di più meschino, di più disumano… i tuoi Messia terrestri non erano altro che teppisti ipocriti…

… la difesa…

… il nostro grande errore, quello di sopravvalutare l’ uomo, l’ errore che ci ha traviato, è in assoluto la cosa più nobile dello spirito umano nella nostra tremenda storia… il capitalismo non si è mai spinto a tanto… pensa avendo in mente l’ uomo medio… e che media mediocre… investe sull’ avidità… sui suoi interessi meschini… blandisce i suoi interessi per i giocattoli materiali e le vacanze al sole… gli solletica la pancia affinché si giri pregandolo di continuare… il capitalismo non ha nemmeno lasciato l’ uomo al punto in cui l’ ha trovato, l’ ha reso più piccolo regalandogli la faccia beata degli imbecilli… siamo davanti a una muta che ulula per ottenere prodotti di lusso… che grugnisce con il muso nel truogolo… siamo posseduti dal possedere… hai letto di quei bambini americani?… ventisette ore alla settimana davanti alla TV… che cos’ è la tua aspirina sacramentale davanti alla TV?… il marxismo ha riempito le sale da concerto e le biblioteche… ha reso gratuita l’ entrata ai musei… ha dato agli insegnanti uno stipendio decente e uno statuto eminente nella società… sono un marxista, sono e rimango un comunista, altrimenti non potrei fare il lavoro che faccio: il correttore di bozze… se trionfa la California non esisteranno più correttori, le macchine se la cavano meglio… ora lavoro finché mi duole la testa per arrivare alla perfezione, per eliminare ogni infimo refuso da un testo che nessuno leggerà mai… l’ esattezza… la santità dell’ esattezza… l’ Utopia significa solo l’ esattezza… il Comunismo è un modo per togliere gli errata dalla Storia… dall’ Uomo…

… la sentenza…

… non sopporto la musica di oggi, il mio stomaco si ribella… non sopporto né la plastica né la pornografia… ma qualche mese fa un concerto rock organizzato per raccogliere milioni di dollari a favore di opere di carità è andato avanti per ventiquattr’ ore… mentre noi davamo conferenze su Kant, suonavamo Schubert, e nello stesso giorno spedivamo milioni di persone nelle camere a gas… nel nostro mondo i bambini nascono vecchi, basta guardare i loro occhi e le loro bocche in quelle immagini dalla Romania.. se l’ America è infantile, e forse lo è, che difetto fortunato! La Coca Cola ci torce le budella… ma frizza!

… the end…

… poi una macchia nel polmone sinistro…

lunedì 19 dicembre 2011

Dire la diceria

Anna Maria Ortese – Il cardillo addolorato

… sprofondiamoci ora in maestosi racconti ingarbugliati e lenti, che sembrano chiedere di essere seguiti con distratta attenzione se non franco disinteresse… lunghe storie a più voci dove le date non coincidono, dove nulla coincide… memorie sempre al limite della chiacchiera… con al fondo una menzogna di base e molte aggiunte dell’ immaginazione popolare a questo nucleo insignificante… sola difesa, a volte, un’ intuizione fulminea che per un attimo tutto ricompone miracolosamente prima di abbandonarci…

?

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In questa Napoli snervante e imbarocchita tutto è sfarzo e grandezza; ovunque miraggi, imbrogli, febbri e venti lunari. In questa Napoli, crogiolo di capre e coupés, i vicoli si attorcigliano strangolando chi tenta di mapparli razionalmente; le storie - che fioriscono ovunque, persino nel bel mezzo di una frase già opulenta – proliferano fino ad asfissiare chi è poco incline all’ incanto, chi non è protetto da una certa storditaggine dello spirito, nonché chi è animato da malsane voluttà di comprensione.

Regna un convulso disordine borbonico, complicati e ridicoli fatti tessono una trama stellare. Un intrico di pregiudizi si annoda intorno a eventi volatili appannando i già deboli lumi della ragione.

Il signoraggio sul “mistero non buono de li cunti” si esercita al meglio sapendo reprimere la folla di interrogativi che le incongruenze fanno sorgere, ma anche e soprattutto nel ricordarsi sempre che dietro la burrasca non vi è nulla se non il glu glu di un’ acqua che si perde nel buco nero dello scolo.

Ingegno, eleganza e stile di vita sono branchie imprescindibili per respirare in questo acquario crepato. Il sogno e lo scherzo  si rovesciano di continuo l’ uno nell’ altro, la gaia vita partenopea è concepita come infinito piacere mondano. Nulla si produce, tutto si dona ma non per generosità, bensì al fine di indurre nel beneficiato una miscela di piacere e dispetto. Nulla si dice se non la diceria, ci si insulta con colate laviche d’ improperi che rimpiazzano d’ un botto placidità atarassiche, ci si ammala solo di malattie alla moda. Ammalarsi di languore, per esempio, è cosa molto ambita.

Entrati nel radioso golfo mediterraneo si è invasi dal profumo molle e stordente di una primavera che spinge a bighellonare su una scena di cartapesta in cui tutto è fermo, tutto stagna. Tutto tranne i pensieri nella nostra testa, nessuno di loro sembra disposto a riposarsi. Un qualche Spirito del Male e del Bello ha trasformato i nomi dei protagonisti in soprannomi e l’ esistenza in nulla più che un vezzo retorico:

senza retorica, nulla di serio e di vero puo’ essere detto mancando quel falso che è misura e supporto del vero…

La realtà esiste solo affinché vi si aggiunga qualcosa: un orpello, un fregio, una voluta, uno stucco. Ma la decorazione più gradita resta il pettegolezzo che taglia i panni addosso. Il bordone atroce del pettegolezzo continuo, quello più felice di esagerare in sospetti e giudizi, è sempre scortato da curiosità impietose che sono il propellente per farlo “viaggiare”, e da false indignazioni che gli rendono onore ovunque passi. Ogni evento è lavorato da instancabili lingue. Il contenuto del loro messaggio puo’ variare ma per tonificare curiosità e indignazione nulla di meglio che riferire un mortal dolore per felicità altrui.

… l’ orribile patimento di un cuore per il di più che crede di intravedere in un altro… questo insondabile mistero da cui muove l’ Universo… questo mistero nessuno, solo la religione, chi l’ abbia, puo’ illuminare…

ABBATTUTO IL NIDO

Il fascino strano dell’ autoctono forse sta nel suo essere un grosso e rustico bambino dalle origini losche e servili. E’ persona superficiale e ordinaria; passionale e dispettosa; boriosa e indifferente; feroce e innocente; gelosa e benevola; superba e ignorante (simil capra): lo capisci da come stacca lo sguardo dal bello; per mantenersi intatto abita case prive di libri. Se concepisce un pensiero lo allontana da sé come estraneo alla sua natura; in fondo è affezionato ai suoi dolori, guai a offrirgli un sollievo. Una lieve crudeltà contrassegna ogni suo gesto, quasi sempre spregiudicato e infantile. Non ama e non si ama limitandosi a offrire al prossimo un mutismo esteriore e interiore che confonde e moltiplica le congetture.

Lo straniero non ha figli e ne è contento, giunge da terre ricche, solide, fredde e ragionevoli (Liegi?) è noiosamente riverito da gente che si occupa di lui per alleggerirgli il peso della felicità; viene quaggiù cercando di perdere la memoria e incontrare la bellezza. Quando ci riesce lo capisci a causa dei gridolini ammirati che emette. Trema per l’ assalto di troppe confuse emozioni, dopodiché si ritira febbricitante in camera sua dicendo che “non riceve”. Ad ogni modo è riconoscibile anche per la raffinata prodigalità con il servidorame (che lo giudica bestia dalla generosità contro natura) oltre che per gli occhi azzurri e allucinati e per il fatto di non reagire subito agli annunci terribili. Nell’ ira, infatti, sa che parlerebbe a vanvera non essendo in grado di esteriorizzare il tragico. Dà per scontato che Napoli non sia Europa e non distingue la popolazione autoctona dalla fauna sentendosi in dovere di ammirarla con gli occhi e criticarla con la testa.

 

venerdì 2 dicembre 2011

E l’ infame sorrise

Umberto Eco – Dario minimo

Fortunato chi “scala” il nostro intellettuale più prestigioso dal versante del “Diario Minimo” anziché da quello più impegnativo de “Il Nome della Rosa”, ci guadagna sia in qualità che in quantità.

La distanza breve è cruciale per la prosa ludica, che ha notoriamente il fiato corto: un bel gioco dura poco, com’ è noto.

Il “fortunato” si troverà tra le mani degli arzilli mini-saggi; in realtà, scorse poche righe, tutto assumerà una veste “adulterata”. Benvenuto tra i simulacri di Eco.

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La qualità squisita della scrittura autorizza poi a parlare di vera e propria “falsificazione letteraria”.

Pastiches, parodie, imitazioni… roba da non prendere sul serio che svolge al meglio la funzione della roba poco seria: quella di gettare un’ ombra di diffidenza sulle robe troppo serie.

E sempre tenendo presente che spesso ridicolizzare significa omaggiare il ridicolizzato.

***

Passando alla polpa, direi che su tutto primeggia l’ elogio della faccia tosta e trista di Franti.

Chi non è venuto a contatto con la languorosa melassa del libro Cuore non sa cosa si è perso. Si è perso innanzitutto l’ occasione di coltivare il proprio lato bestiale e crudele, unica ancora di salvezza per chi vuole evadere da…

… quell’ orgia di perdoni fraterni, di baci appiccicaticci, di abbracci interclassisti… dove tutti si comprendono, si accarezzano e baciano le mani a voscienza…

Ho sempre sperato che Pinocchio – il vero controcanto a Cuore - infili il suo naso nel bulbo oculare di Enrico Bottini trapassandone retina e cervello. Ma non avevo mai pensato a riporre le mie speranze in un tipo come Franti:

… ci ha qualcosa che mette ribrezzo su quella fronte bassa… su quelle unghie rose…

Eco, che a quanto pare “è della compagnia”, lavora sodo per convincerci che il nostro uomo è lui: è lui che puo’ dar fuoco…

… a quell’ ideologia dolciastra rappresentata dall’ ambiguo socialismo umanitario protofascista tanto caro a squallidi filistei guerrafondai e paternalisti…

… come appunto il padre di Enrico Bottini, un tale che…

… passa calda calda la carezza del Re alla prole…

Imbattersi nel Franti è come prendere una boccata d’ aria, con Franti presente in aula, si spalancano porte e finestre dell’ asfittica scuola del Regno:

… Preside [prima di pronunciare la sospensione al cospetto del monello e relativa madre vedova]: “Franti, tu uccidi tua madre!” … e l’ infame sorrise…

Franti “fa civetta” a tutto e a tutti, non manca di ridere in faccia al soldato zoppo sconcertando chi un attimo prima trascinava con orgoglio la sua menomazione.

Più che ridere sogghigna. C’ è qualcosa di animalesco nel suo ghigno.

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Ride di tutto, ride in modo osceno, la sua è una Negazione che assume i modi del riso, una vera e propria scepsi del riso.

Già Baudelaire identificava il riso con il diabolico rinvenendo in esso il principio del Male.

Per apprezzare questa figura è necessario un continuo ma proficuo lavoro di decriptaggio:

… perché di lui il libro ci parla come gli storici romani ci parlavano dei cartaginesi…

Ma è un lavoro che ripaga:

… il crescendo delle sue nefandezze assume volumi wagneriani…

La sociologia fasulla di Cuore è messa duramente alla prova:

… il mostro si istalla dentro un ordine e lo mina deformandone la fisionomia con atti di gratuita iconoclastia… solo di fronte al riso l’ Ordine misura la sua forza…

E l’ Ordine dell’ odiato De Amicis sembra proprio scricchiolare. Con un po’ d’ immaginazione possiamo prefigurare il “botto”.

Il botto sparato da Franti trasfigurato in Gaetano Bresci.

***

Nel saggio “Dove andremo a finire” ci si rifà invece alle descrizioni apocalittiche di una società decadente e conformista. Chi scrive è un uomo dell’ antica Grecia già alle prese con quella che diverrà nei duemila e rotti anni successivi la noiosissima antropologia negativa dell’ uomo-massa e il rimpianto per un tempo perduto in cui tutti (“… ai miei tempi…”) erano più raffinati e arguti.

Il modello stilistico – nonché il bersaglio parodistico – è  Adorno e l’ adornismo francofortese.

Gli eroi sono invece i tipi come Eraclito…

… e quelli che intenzionalmente scrivono in modo oscuro affinché si accostino solo coloro che possono…

Ahi noi, a quanto pare quei libri oggi sono aperti da ogni scimmia sapiente, la quale non manca di credersi più saputa del Maestro.

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Viviamo in mondi in cui il tiranno assume le sembianze…

… di una folla dalle cento orecchie e dalle cento menti acculturate secondo la modalità diluita dei digest…

L’ uomo-massa – un sonnambulo coatto - nella sciagurata corsa al dibattito intende mettere in vetrina con iattanza…

… il suo gusto mediocre… l’ amore filisteo per la conversazione e per l’ alibi filosofico… Ha eletto la distrazione a valore religioso… è permeato da un desiderio di sapere, da una voglia d’ informazione e da una foia di vedere coi suoi occhi… non solo, dalla sua ebete contentezza… nonché da certo appagato torpore in cui si crogiola… si direbbe che abbia realmente visto, udito e compreso…

L’ Accademia non è immune da colpe

… offrendogli generosa il “rumore” in cui lui si avvolge come un’ ostrica…

In chiusura ci si dedica anche a indagare i modi dei pubblicitari e di altri callidi sfruttatori che si accaniscono sul…

… succube beota emotivamente manipolato e ristretto in ambiti cogenti… nonché sui nostri giovani fatti gregge nei ginnasi…

***

L’ uomo-massa, in un certo senso, è vezzeggiato e trattato coi guanti:

… non gli si chiede mai di diventare altro da cio’ che è già…

Riceve da ogni elettrodomestico il suo narcotico, in particolare dalla Tv, vero tempio in cui si adora la Medietà:

… un tempo l’ idolo era Giuliette Greco, oggi è l’ Annunciatrice: bellezza modesta, sex appeal limitato, gusto discutibile, una certa casalinga inespressività…

Ma l’ archetipo dell’ eroe è Mike Bongiorno, oggetto di (leggendaria) trattazione a parte:

… si vende per quel che è senza porre in stato d’ inferiorità nessuno… lo spettatore, anche il più sprovveduto, vede glorificare e assurgere a dignità nazionale il ritratto dei propri limiti… MB non si vergogna di essere ignorante e non prova la tentazione di istruirsi… entra in contatto con le più vertiginose vette dello scibile umano e ne esce vergine confortando le altrui tendenze all’ apatia e alla pigrizia mentale… si mostra all’ oscuro dei fatti e altresì intenzionato a non apprendere nulla… in compenso dispensa sincera e primitiva ammirazione per colui che sa… di cui pone in evidenza le qualità da manuale (memoria, erudizione…)… Nel mondo di MB si diventa colti leggendo molti libri e ritenendo quel che dicono… non lo sfiora minimamente l’ idea che la cultura possa avere una funzione critica o creativa… si rivolge a noi con il suo basic italian… senza avventurarsi mai in incisi o parentesi… non usa espressioni ellittiche… non allude… qualsiasi spettatore avverte che, all’ occasione, potrebbe superarlo in facondia… E’ privo di senso dell’ umorismo… ride perché è contento della realtà, non perché ne trova ridicola la sua deformazione… gli sfugge la natura del paradosso… quando gli viene proposto… lo ripropone con aria divertita e scuote il capo sottintendendo come l’ interlocutore sia davvero un tipo simpaticamente anormale… rifiuta di sospettare che in quella figura retorica possa annidarsi un grano di verità… Ricevute spiegazioni non tenta mai di approfondire… rispetta sempre l’ opinioni altrui, non per proposito ideologico ma per disinteresse… rappresenta un ideale che nessuno deve sforzarsi di raggiungere poiché ognuno si trova già al suo livello… nessuna religione è stata mai tanto indulgente coi suoi fedeli…

***

Prima di chiudere bisogna citare per forza anche “Dolenti declinare”, siamo in una casa editrice immaginaria in cui giungono per essere vagliati alcuni manoscritti che proprio non convincono. Per esempio… la Sacra Bibbia:

… si inizia bene, la polpa c’ è: sesso (moltissimo), adulterio, sodomia, incesti, guerre, massacri e così via… ma poi cominciano a cumularsi mille cose con infinite varianti sul tema finché il libro non si trasforma in un omnibus mostruoso…

L’ Odissea ha molte più speranze:

… con Nausicaa c’ è un momento “lolistico”… ci sono poi scene con giganti monocoli, cannibali e persino un po’ di droga (il loto non è nella lista e non dovrebbero esserci problemi con il Nacotics Bureau)… le scene finali sono nella migliore tradizione western, la scazzottatura è robusta e la prova dell’ arco è tenuta bene sul filo della suspense… molto meglio rispetto alla prima prova dell’ autore – troppo statica! – … mi chiedo se cio’ che abbiamo davanti sia tutta farina del suo sacco…

A Dante viene riconosciuto talento tecnico e “fiato” narrativo. Peccato che per la Commedia esista una controindicazione grande come una casa:

… la scelta – dettata da velleità avanguardistiche – del dialetto toscano…

Anche la Gerusalemme del Tasso trova le sue resistenze nell’ ufficio marketing.

… parliamoci chiaro: la storia riguarda i crociati e la presa di Gerusalemme, un argomento di carattere religioso… ci giochiamo tutti i giovani extraparlamentari… come rifilare loro roba del genere?…

Kafka Franz (Il Processo) lascia invece non poche perplessità di natura stilistica:

… sembra quasi che abbia scritto sotto censura… zeppo di allusioni imprecise, senza nomi di persone, luoghi e cose… questi giovani scrittori credono di far “poesia” perché dicono “un uomo” invece di “il signor tale nel posto Tale all’ ora Tale”…

mercoledì 30 novembre 2011

Quando saremo al potere



Bansky – Wall & Piece

Finalmente un catalogo con i “pezzi” su paginone.

Incapucciato, bracalone, sempre alle prese con slogan tra il trito e l’ infantile, è il nuovo volto del graffitismo internazionale, una sorta di terzo pilastro nel genere.

Dopo le ossessioni di Keith Haring e i tribalismi di Jean Michel Basquiat, ecco il lirismo di Bansky, tenerone in cerca della rissa.

Tra tompe l’ oeil e impressionismo da carpentiere, nessuno gli crede quando minaccia ti tirare la bomba.

… l’ importante in fondo è aprire una breccia nel muro…

… senza escludere altre tecniche di “scavalcamento”…

… sempre oltre l’ ostacolo, sempre… al limite anche solo col cuore…

… e se ci ficcano i bastoni tra le ruote, e se ci mettono con le spalle al muro… sapremo come reagire…

… non faremo prigionieri, nessuno la passerà liscia…

… in caso di repressione, sappiamo bene anche come imboscarci per tornare a colpire più tardi…

… il nostro nemico è chiaro: la barbarie che spegne la cultura imbrattandola con la sua mania di pulito…

… la sanno nascondere da maestri la loro sporcizia…

… credono forse che non li vediamo?…

… credono forse che non li vediamo mentre ci vedono?…

… credono che non conosciamo i loro punti deboli?…

… credono forse di spaventarci assassinando la città…

… riducendola in fin di vita…

… credono forse di poter rallegrare le nostre tristezze?…

… credono che basti appesantire la Santa Croce per il Natale?…

… mentre magari di nascosto ci rapiscono i figli…

… non staremo ancora per molto sullo sgabello a coltivare le nostre angosce…

… sappiamo attendere il nostro momento… e appena la pioggia cesserà…

… partiremo alla riscossa alzando le nostre bandiere…

… abbiamo combattuto contro ogni sorta di mostro…

… ci avvarremo ancora una volta dei nostri fedeli amici…

… che ci seguono ovunque andiamo…

… che ci proteggono con le loro armi chimiche…

… ormai ci conoscete, siamo tipi che non demordono…

… dopodiché ci basterà poco, giusto un paio di macchie, per festeggiare la vittoria…

… per far spuntare un fiore nel grigiore…

… e per tornare a dar la vita ai muri grazie al nostro tocco…

… attenti a voi, ridete pure, riderete per poco… le scimmie urbane son tornate…





lunedì 28 novembre 2011

Manuale di sopravvivenza

Utile manuale con qualche dritta per i cattolici liberi su “come cavarsela” oggi in Italia. Non facile, i “nemici” sono tanti.

Come cavarsela con gli scassamaroni.

Se in Italia dici che sei cattolico trovi sempre qualcuno che ti rompe i maroni. Dal momento in cui lo scassamaroni fa la faccia del tipo “ma guarda un po’ sto pistola” al momento in cui attacca a parlare dell’ “assurda posizione della Chiesa sugli anti-concezionali” puoi contare fino a 8. A 10 non arrivi. E’ una forma di crudele martirio che speriamo venga calcolato qualcosa in Paradiso.

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Come cavarsela con i preti tediosi.

Detti anche collo torto (Gianni Brera) o clerical style. Alcune movenze e gestualità (sfregamento continuo di mani che si rigirano, abbassamenti inspiegabili di voce),  li rendono riconoscibili. Al punto che di chi non le possiede ci si dice subito appena dopo il congedo: “non sembra neanche un prete”. Quando un prete tedioso ti prende sottobraccio chiedendoti un favorino con toni da pia parrocchiana, meglio sospettare. Il prete tedioso non capisce proprio cosa c’ entrino i laici con Cristo, ma capisce sempre benissimo che possano  venir buoni per imbiancare un muro in Oratorio.

Come cavarsela con la politica.

Secondo la pubblicistica il cattolico che si dà alla politica dovrebbe essere un monaco che passa di lì per caso. L’ unico babbeo della brigata. Prete in trasferta parlamentare. Si scandalizzano se solo dimostri di avere un interesse materiale da difendere.

Come cavarsela con i pregiudizi.

Ma lui è un cattolico!”… e si chiude il discorso. Se uno ha più dei soliti due figli… “ma è un cattolico!”, e si chiude il discorso. Se due restano sposati tutta la vita… “ma trattasi di cattolici!”, e ci si è data una ragione, si puo’ passare ad altro. Il fatto che certe cose le facciano i cattolici rende tremendamente meno interessante la faccenda. Del resto, cosa c’ è di meno interessante del poeta cattolico o del rock cattolico!

Come cavarsela con i figli.

Compaiono sotto forma di domande (a martello) prima ancora di arrivare: perché non nascono? Poi si prosegue: perché non smettono di nascere? Perché non dorme? Perché dorme troppo? Perché è abulico? Perché fa tutti i corsi tranne quello di danza kabuki? Perché uno così bravo è tanto somaro a scuola?… domande che sono aritmia pura, che ti percuotono tra astio verso la professoressa e cazziatone alla prole… è tutto un correre in giro affannati, un organizzare di baby sitters e surrogati… Pensare che basti qualche orsù fa ridere i polli… l’ uomo non è fatto per la famiglia ma per la tribù… la famiglia isolata è perduta e solo nella tribù padri e madri riescono a fare la cosa più difficile e sana che c’ è da fare con un figlio: ritirarsi.

Come cavarsela con il sesso.

Se come il famoso scrittore francese, consideri che viverlo senza prospettiva e senza aggancio alla totalità ti porti nel modesto “infinito dei cani”, non sarà facile per te cavartela. Cominciamo col dire che il corso fidanzati in parrocchia difficilmente cambia le abitudini. Meglio cominciare da Rilke e scoprire con lui cos’ è l’ amore.

Come cavarsela con i soldi.

“Ah, se almeno la Chiesa fosse povera…”. E’ lo stesso refrain di Giuda, il patrono dei pauperisti. La Chiesa povera e nuda è cosa sognata solo dai ben vestiti. Naturalmente, chi vede bene la povertà della Chiesa vede bene anche il matrimonio dei preti e la rinuncia alla castità. La tanto vituperata ricchezza, per costoro, non ha mai a che fare con il comfort di una bella famigliola o con il piacere di una bella scopata all’ occorrenza.

Come cavarsela con l’ aldilà.

“Beato te che credi nell’ aldilà dove poi si sistemano le cose”. Ti parlano così pensandoti come uno che gira con il briscolone nella manica, oppure con in tasca la polizza assicurativa vinta alla lotteria. Come se sopportassi meglio l’ idraulico che ti frega facendo male i lavori o il barista che ti ciula portandoti roba scondita. Con aria affranta, poi, abbassano lo sguardo e confessano “… il fatto è che io non credo che esista nulla dopo”. E chi se ne frega se ci credi o no! Il problema della fede riguarda innanzitutto aldiqua, mica l’ aldilà: l’ eterno è solo una dimensione del tempo presente. Per Dante l’ aldilà cominciava già nel viso di Beatrice, nell’ incontro con la sua bellezza terrena.

Davide Rondoni-Stefano Del Magno  -  Manuale di sopravvivenza di un cattolico libero in Italia.

 

 

 

sabato 5 novembre 2011

Cedette colei che era già da molto vinta

Christopher Marlowe – Ero e Leandro

La poesia narrativa elisabettiana ferma sulla pagina una delle eroine più espressive di Ovidio per farla soffrire e godere ben oltre i pudici limiti consueti.

Dalla torre in cui vive in compagnia della laida nana che le fa da nutrice, la bella teme che, oltre la bufera, sia qualche sgualdrina a trattenere l’ amato supposto infedele.

Ma ostacolo invalicabile all’ unione è soprattutto il voto di castità che vincola la sacerdotessa di Venere. La passione sarà tale che le angustie e le prudenze sociali verranno ben presto smantellate.

Seguendo le intime transizioni dal desiderio al timore, impariamo che le dolci tenerezze d’ amore sono inseparabili dalla percezione umiliante della violenza.

La musa spossata di questa voce proto-decadente è prodiga di altri insegnamenti, esempio: il destino è più potente dell’ amore e ben presto ammorbidisce i rigori inflessibili dell’ allucinata gioventù.

Marlowe non esita un attimo ad aggirare la pedante conclusione tragica della leggenda per sprofondare il tutto nella vertigine di un gorgo singolare dove tragedia, desiderio, amore, gloria, bellezza si mescolano confondendosi in modo che i protagonisti superino i limiti umani per finire chissà dove.

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Psicologia e trascendenza amorosa traboccano da ogni pagina:

Come ci s’ innamora?

… fissandola smarrì la vista nel suo volto…

Potere dello sguardo:

… la sua vista disacerbava il bifolco più rozzo… il barbaro guerriero tracio, mai intenerito, s’ inteneriva…

Pendere dalle labbra dell’ amata:

… rapiti, le sentenze attendevano dai suoi occhi sdegnosi…

Come si cura il mal d’ amore?:

… c’ è chi sospira, chi s’ infuria… e chi compila satire mordaci… ma ahimè, troppo tardi… poiché mai in odio si muta amore…

Arredamento di alcova e vestiti:

… ovunque sula maiolica e la batista Dèi travolti in orge inebrianti e satiri estasiati da incesti e stupri…

Riconoscere il vero amore:

… quando la ragione domina, l’ amore è scarso… chi mai ha amato se non al primo sguardo?…

Dialogo tra innamorati:

… si parlano gli amanti esprimendosi col tocco delle mani: muto è il vero amore… i segni silenti impigliano i vinti cuori… a ogni parola ella il volto distoglie e sempre lo contrasta quando non desiste…

Contro la castità:

… come le auree corde stonate, inasprite vibrano le donne a lungo rimaste intatte… se usati i vasi d’ ottone brillano vivaci… e dove la differenza tra la ricca miniera e il vile terriccio?… le donne sole periscono come case abbandonate… l’ “uno” non fa numero… solo Pallade dai seni di selce fu fatta per la vita solitaria… se troppo difesa la beltà trascolora nel grigio… castità… insensati uomini la considerano virtù, ma quale virtù è nativa? Ancor meno le si puo’ attribuire onore: l’ onore lo si conquista con atti…

Appena prima del sì:

… rifiutò in modo da non toglierli ogni speranza offrendosi con sguardi dal diniego cedevole… il che d’ improvviso accese in lui il vigore dell’ eloquio e della supplica…

Appena dopo il sì:

… la di lui scimmiesca esultanza…

Amore corrisposto:

… soavi sono i baci, gli abbracci soavi, quando s’ incontrano impulsi e aneliti somiglianti… laddove la bilancia segna equivalenti inclinazioni…

Strategia del tira-e-molla:

… mentre parve abbandonarglisi, lo eluse, e quando egli pensò più imminente il successo, simile all’ albero di Tantalo, si ritrasse e pur sembrando prodiga, la verginità serbò… tribolò [Leandro] come Sisifo invano, finché a negoziati teneri non succedette tenero armistizio… sono guerre in cui le donne usano soltanto la metà delle forze… alfine sui frementi seni di lei qualcosa lui disse… e sospirò il resto… mai sovrano custodì un diadema con tanta determinazione quanta ne mise lei per preservare la sua gemma…

Ognuno a casa sua:

… la bellezza dell’ altro che da vicino ravviva, separata e lontana, là dove amava, trucida e rende simili a eredi in esilio…

Bando alla saggezza:

… l’ amore, se avversato, cresce in passione… nulla l’ amante più dei consigli aborre… è un ardente cavallo che sdegna superbo chi gli diriga la cervice… spezza le redini… sputa il morso e scalciando segna il terreno… quanto più lo si frena tanto più lo si sfrena…

Compensazioni:

… Ero si ritrasse e nel tepido suo posto si distese Leandro… per saggiar quel calore intenso che risveglia le anime in declino come se attingessero a nettare nell’ oro incoppato…

Pre-alba:

… mentre i piedi nudi sgusciano dalle coperte, lui l’ avvince all’ improvviso e come sirena scivola sull’ impiantito; una metà di lei appare, l’ altra rimane celata… la chioma come nube d’ oriente fugace… fece balenare nell’ orrida notte una falsa alba… monito di quella che a breve avrebbe rischiarato l’ onta…

martedì 18 ottobre 2011

Apprendistato nelle tenebre

Stephen Crane – Il segno rosso del coraggio

… apparve subito chiaro che ben presto un dio gonfio di sangue si sarebbe satollato…

… considerò le minacce in agguato nel futuro, e non gli riuscì di vedersi dritto e impavido al centro di esse… si ricordò delle immagini di gloria a spada sguainata, ma nell’ ombra dell’ imminente tumulto sospettò che si trattasse soltanto di quadri inverosimili…

Una delle esperienze più forti la vivi quando constati con lucidità e nel breve volgere di un attimo – magari dopo anni di riflessione anche esagerata su di te stesso – che non sai bene chi sei, che non sai bene con chi hai a che fare e se puoi veramente contare su di te.

Capita di solito alla vigilia di un evento traumatico. E’ una sensazione che ho sperimentato prima della mia recente operazione chirurgica e che, nel libro letto in ospedale, prova anche il “soldatino blu” Henry Fleming. Lui non attende l’ accensione dei faretti in sala operatoria ma, tra conati di vomito e sorsate di rum, il segnale della carica che lo proietterà verso verso un trattamento privo di anestesie e forse nelle braccia della morte.

Chi sarò? Sarò un pavido? Un coraggioso? Un temerario?

Come per incanto diventi una variabile ignota a te stesso. Di fronte la “disastro” imminente le tue consuete leggi di vita non valgono più, quel che sapevi di te cessa di essere importante. Sei assalito da timori di stupidità e incompetenza. Come nella prima gioventù, devi rifarti un’ esperienza partendo da zero.

Ti isoli, cerchi di cavare dal cilindro risposte formidabili o massime che ti possano trarre d’ impaccio con un colpo da maestro. Ma non le trovi, il momento si avvicina e annaspi.

Capita spesso, non si creda. Specie in certi temperamenti che hanno fantasticato molto in passato e ora sono costretti al contatto incandescente con la realtà.

Henry apparteneva di diritto alla razza dei sognatori a occhi aperti, leggeva libroni come l’ Iliade agognando - e disperando - di assistere e partecipare attivamente a combattimenti simili a quelli dei Greci. Ma gli toccava con rammarico di vivere in un mondo in cui gli uomini erano – purtroppo - “migliori”, o comunque più timidi. Tutti. Tutti dei gentili timidoni tranne (forse) lui, il taciturno Henry.

Nel corso della sua “vita in utero” trascorsa al paesello, affrontava spesso i discorsi sulla guerra, anzi, li cercava e li provocava, specie con chi era di opinioni opposte alle sue. Una volta scatenato il dissenso, era davvero piacevole crogiolarsi in una discussione burrascosa certi che il proprio movente etico fosse inattaccabile. Viveva lavorando ogni giorno alla frase che avrebbe detto alla mamma al momento del distacco per l’ arruolamento volontario.

Ma poi, una volta al fronte, rintronato dal rombo del cannone, percorrendo i bordi più prossimi al mostruoso alterco guerresco, lambito dai primi proiettili che cominciano a fischiare mordendo i rami come se fossero mille minuscole accette, fu preso di mira da pensieri molesti e vigliacchi che allontanò a fatica e con vergogna.

Purtroppo tornarono. Cadde preda di un logorante tormento e cominciò per lui la battaglia più impegnativa, quella sul “fronte interno”. Sono battaglie che si svolgono nella mente ma che non si vincono mettendosi seduti e rintracciando in un pensiero la chiave risolutrice dell’ enigma.

In questi casi la propria vicinanza diventa scomoda… dopo tutti i ricami della gioventù, eccoti in compagnia di un probabile fifone. Si prova di tutto per verificare e disconfermare , ci si misura sul metro dei compagni ma senza cavare un ragno dal buco. Si sta allora in disparte occupati in un dibattito estenuante quanto inane con se stessi.

Dopodiché, l’ evidenza dei fatti: Henry è un coniglio, Henry scappa non visto a gambe levate. Corre nei boschi senza minimamente sapere da che parte sia la salvezza, gira intorno, qualcosa di simile all’ istinto delle falene lo tiene vicino alla battaglia. Una strana fortuna fa in modo che gli ostacoli davanti a lui cadano per trasformarsi in aiuto.

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Nel corso della fuga senza meta, il dibattito esistenziale è rimpiazzato ora da una preoccupazione non meno impellente: come sopportare le occhiate scrutatrici dei compagni mentre si cerca di mettere in piedi qualche storiella giustificatrice della propria condotta? Ma in questi casi non esistono storie a cui si possa credere; le si imbastisce con lena accorgendosi che la propria mente è confusa e debole per qualsiasi operazione tranne che per scovare implacabilmente i punti deboli di quei patetici raccontini.

La sanzione sociale è una cappa terribile che incombe nelle società puritane. In altre storie una lettera scarlatta condannava, in questa una ferita incidentale al capo (il segno rosso del coraggio) salva.

Il finale è bellissimo; anzi, di più, è larochefoucauldiano: Henry viene accolto con onore e curato nelle file del suo reggimento, la vigliaccheria di Henry non potrà mai essere ricostruita da nessuno e lentamente svanisce anche nella mente del protagonista, è come non ci fosse mai stata.

Aveva commesso i suoi errori nelle tenebre… e quindi era ancora un uomo…

Ma non è tutto, la condizione periclitante si trasforma d’ incanto in una condizione privilegiata: Henry era stato in completa balia della sorte, e solo nelle mani della sorte un uomo diventa “un uomo esperto”. Quello che fino a un attimo prima veniva ritenuto da Henry un infamante curriculum, ora gli consente di darsi arie e atteggiarsi spontaneamente a veterano.

La lezione ricevuta è chiara e ti proietta dritto dritto nell’ età adulta: molti obblighi della vita si possono facilmente eludere, la legge dei compensi è indolente e cieca. Era stato nel bel mezzo di qualcosa di “mostruoso”, ma i “mostri” non colpiscono con precisione.

La vita è bella! Ma soprattutto è molto più facile del previsto. Forte di questa nuova autostima, Henry combatterà le battaglie a venire da vero eroe, e consacrato come eroe tornerà al paesello.

Recessi della coscienza di henry a parte, restiamo noi gli unici testimoni di qualcosa che non riusciamo nemmeno a considerare una vigliaccheria. Forse era solo una coscienza in cammino verso il suo destino eroico.

Bella storia, ma soprattutto raccontata con stile. I lampi di Crane sono da grande scrittore.

Qui di seguito alcuni esempi.

La guerra non è una passeggiata.

… una volta un soldato alto raccolse tutto il suo coraggio e andò risolutamente a lavare una camicia…

Gira una voce tra le truppe.

… c’ è chi giudicava quanto si bisbigliava come un affronto personale… c’ è chi si sente in obbligo di difendere la veridicità della notizia di cui era ambasciatore aggirandosi qua e là per il campo con aria di grande importanza e un caratteristico disprezzo a fornire prove …

Vite interiori troppo intense:

… desiderava stare solo con certi nuovi pensieri che gli erano proprio allora venuti in mente…

Guerra sognata e guerra reale:

… aveva creduto che la guerra fosse un susseguirsi di combattimenti mortali con intervalli appena sufficienti per il sonno… ora sapeva che in questo genere di esperienze l’ attività preponderante consiste nello scaldarsi durante le lunghe pause che sospendono le lunghe e incomprensibili marce…

Il bullo:

… era un uomo un poco cencioso che gli sputava con grande abilità fra le scarpe… possedeva un gran fondo di sicumera infantile e inoffensiva…

Anche un puntino blu ha i suoi sogni nel cassetto:

… desiderò senza riserve tutto quanto aveva fuggito… essere nella sua fattoria… fare i suoi interminabili giri dalla casa al granaio, dal granaio ai campi, dai campi alla casa…

In trincea ci si addormenta un po’ come in ospedale:

… esausti… e oppressi dalla monotonia della propria sofferenza…

Come si riconosce un reggimento di sbarbatelli:

… i berretti si assomigliano tutti ancora troppo…

Ritirata!:

… la borraccia gli batteva ritmicamente contro la coscia e il tascapane gli oscillava mollemente. A ogni passo il moschetto gli si muoveva un poco sulla spalla… avvertiva l’ impressione di non avere il berretto ben saldo in testa… Hey, Henry… corri come una mucca!…

Squarci di bellezza intorno al mattatoio:

… nella luce da cattedrale di una foresta…

Cosa succede durante una battaglia?

… un ufficiale impreca con empietà convenzionale… come se si fosse dato il martello sulle dita, a casa…

… un altro ufficiale a cavallo mostra la collera furibonda di un bambino viziato dimenando testa, braccia e gambe…

… un altro ufficiale si rivolge ai suoi uomini, per persuaderli, con il tono di una maestrina che parla a un gruppo di ragazzi della prima elementare… risparmiate il fuoco, ragazzi… non sparate fino a quando non ve lo dico io… aspettate che siano vicini… non fate gli sciocchi…

… un ufficiale impreca e gesticola in direzione dei suoi uomini come un pastore scontento che lotta con il gregge…

… c’ è una singolare mancanza di pose eroiche…

… c’ è un intrecciarsi di grida che ingiungono agli uomini della truppa di fare cose contrastanti e impossibili…

… i sensi, intorbiditi dal fragore, vogliono che tu svenga…

… guarda come il Colonnello trascina la gamba… ha avuto tutto la guerra che voleva…

… prima di sparare pensi sempre che il tuo fucile sia scarico e cerchi di concentrare la mente turbata ricordando il momento in cui l’ avevi ricaricato, ma non ci riesci… al primo colpo succede sempre così… a tutti…

… il tenente incrociò un soldato che, alla prima scarica dei suoi compagni era fuggito strillando… dietro le linee, quei due stavano recitando una scena a parte laggiù in fondo…

Come combattono le persone d’ indole pacifica?

… con la violenza esasperata degli animali domestici molestati… come pacifiche mucche tormentate dai cani…

Si parla in battaglia? Eccome!

… dalle sue labbra uscì una nera processione di bizzarre imprecazioni… un altro cominciò a parlare in tono querulo, come chi abbia perduto il suo cappello… perché non mandano rinforzi?… perché non ci vengono a salvare?…

Che facce hanno i feriti?

… hanno un espressione attonita e triste… come se un vecchio amico abbia giocato loro un brutto tiro…  altri sono pieni di rancore per le loro ferite e pronti a imputare a chiunque la causa di esse… dopo la battaglia agonizzano al fianco dei codardi tornati silenziosamente sul posto… sono per loro dei rimproveri viventi… i morti stanno invece a terra in atteggiamenti fantastici, quasi si fossero schiantati dall’ alto… i cadaveri sono anche i più invidiati…

Come termina una battaglia?

… il fuoco diminuì d’ intensità fino a ridursi alle ultime fucilate vendicative… dopodiché comincia a correre di bocca in bocca sempre la stessa frase con diverse varianti: “bene, li abbiamo respinti…”…

Il temerario:

… un bimbo chiassoso, pieno di un’ audacia tutta inesperienza… sconsiderato, ostinato, geloso e ricco di un coraggio superficiale…

La coda di paglia:

… gli sembrò che tutte le teste, come mosse da un solo muscolo, si girassero verso di lui…

Rissa sfumata:

… ci fu una discussione molto ingarbugliata… ma durante quel chiarimento che non chiariva niente, il desiderio di dar pugni sembrò sfumare…

Non esageriamo la centralità delle nostre guerre!:

… quell’ angolo di mondo conduceva una strana esistenza battagliera…

Presso la truppa trapela la notizia di un possibile attacco:

… poi tornarono a sedere in atteggiamento di aver accettato la cosa… e vi meditarono sopra con cento varietà di espressioni… era un argomento grave, che dava da pensare…

Introduzione:

… tossì d’ un tratto a guisa di premessa e poi parlò…

Avanti… maaaarsh…

… la linea mosse lenta in avanti, come un muro che crolla… e con un ansito convulso che voleva essere un grido di esultanza il reggimento intraprese il suo viaggio…

Il riposo del soldato:

… il soldato si rigirava e tornava ad appoggiare il corpo dopo che l’ esperienza del sonno gli aveva insegnato le ineguaglianze e le asperità del terreno su cui giaceva…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

mercoledì 21 settembre 2011

L’ astenuto

Molti si meravigliano di una mia paziente serenità di fronte alle difficoltà comuni della vita, e quasi me la rimproverano. C’ è pure chi me ne chiede la ricetta.

Non so darla. Alcune esperienze dei tempi andati mi hanno chiaramente dimostrato come, tra le difficoltà variissime che ognuno incontra sul proprio cammino, sia assai arduo scegliere quelle contro cui è più ragionevole abbattersi. Forse per questa difficoltà il mio animo a preso l’ abitudine di astenersi.

Il nostro scrittore più fascistone fu anche il più “parigino”, non ambiva certo all’ arditezza quanto a una vita facile e molle in cui declamare i suoi mots d’ esprit, in cui seguire indisturbato la catena divagante dei suoi pensieri, in cui togliersi lo sfizio di proferire osservazioni dalla precisione magistraturale.

La sua prosa a zig zag è una passeggiata distratta in cui, sopra pensiero, si finisce per mancare regolarmente la fermata del tramvai. Altre volta invece si gonfia trasformandosi in una rotonda orazione pronunciata in assenza di pubblico, solo nella propria testa. Strano fascista sempre in fuga abituato a salvarsi solo a forza d’ imprevisti; strano fascista che odia la civiltà dell’ appuntamento, che anela alla disgregazione e al frammento (da sempre più congeniale all’ estemporaneo), che dilaziona ripiegando su soluzioni a interim, che non sa mai uscire dal provvisorio, che monta e rimonta le sue frasi sotto i vostri occhi quando ormai la storia doveva essere già bella e confezionata da un pezzo.

Sempre elegante, azzimato, zeppo di scrupoli spagnoleschi, ostenta quel falso sussiego che rende simpatico il dandy. Come si fa a essere così poco seri senza ridere mai? Alla sua età, poi! Dal quell’ aplomb emanano scherzi insospettabili che procurano secche risatine da un minuto secondo. Le sue verità sono piccolissimi scogli in un mare di sogni e chimere che presto prenderanno il sopravvento. Eppure quelle presenze sono ineludibili e fanno sì che il Nostro si sia sempre considerato  un “realista”. La pretesa puo’ essere anche accolta, purché si integri il tutto con l’ aggettivo corretto: molti scelsero “magico”, io opterei per “beffardo”. Un micro-realista beffardo. Di quella schiatta ho già piacevolmente incontrato Landolfi, tanto che non l’ ho più lasciato.

Quanta poca vita in così tanta arte; se ne infiltra giusto l’ essenziale, ci entra di riflesso grazie a un gioco di specchi e giace mummificata, svuotata dei visceri e riempita di balsami.

Narratore di avventure invisibili non scriveva per uomini troppo semplici, quelli che son capaci di andare da casa alla trattoria senza incontrare nulla; ma nemmeno per quelli troppo complicati, che, sotto l’ influenza deleteria d Dumas, pretendono nello stesso tragitto d’ imbattersi in almeno tre o quattro duelli.

Alcuni lampi.

Con tono di rimpianto:

… vorrei avere vent’ anni… li ho anche avuti se è per questo, ma all’ epoca non lo sapevo…

Schernendo la donnina infagottata:

… non avevo mai visto arrossire un cappotto grigio…

Un nome sentito per caso in tram: “Zolfanelli”:

… un caso improvviso e imprevisto, mi portava d’ un tratto la conoscenza di una realtà: “la Zolfanelli”…

Perchè evitare il Savini in Galleria:

… troppe persone intelligenti…

Necessità di “avere un proprio momento”:

… era mia abitudine fare un cenno al tramvai nonostante fossi proprio accanto a una “fermata obbligatoria”…

Sul tram, seduto, occhi bassi…

… ogni due piedi un’ anima…

Ineffabile monumento di sciocchezza, abisso d’ imbecillità, immenso disastro. Penso alle prime parole rivolte alla ragazza incontrata sul tram preso a rotta di collo avendo persino scordato di acquistare le sigarette:

… scusi, le do noia se fumo?… No.

Umiliato, dopo la discesa della bella, fissando le carruggiule (manici per gli astanti)…

… in quel momento disoccupate, dondolavano beffardamente ridendo di me…

Nell’ atto di citare Aristotele:

… Aristotele, che dovrò talvolta pur citare, diceva…

Nell’ atto di citare un tale:"

… “Ah”… Luigi LuzzatiOpere complete”…

Graphic novel:

… le mie labbra le dissero: “ho molto piacere di vederla, si accomodi”. Il mio pensiero diceva: “che diavolo vorrà”…

Dentro la testa del pigro:

… il mio pensiero, che è abituato ad accudire tranquillamente gli affari propri in perfetta indipendenza da quello che dico e che faccio…

Capello lungo tinto con l’ henné rinvenuto sul risvolto della giacca del marito:

… luogo davvero critico… dove le donne amano appoggiare la testa negli abbracci più teneri…

Di certo il sognatore non è tagliato per la lotta e il conflitto:

… non so mai dire di no, per fortuna il destino mi ha fatto maschio…

Dopo aver cercato Garbagnarini per giorni:

… dopo mezzanotte incontrai G. e lo attaccai con un originalissimo… “come mai da queste parti”…

Dopo aver impostato il lavoro nelle prime ore della mattina:

… mi concessi il resto della giornata per riposare…

Nell’ atto di allungare all’ amata un oggetto ottenuto con sforzi eroici e che fino a ieri sembrava preziosissimo:

… glielo porsi… ella riuscì (inverosimile raffinatezza delle donne) a prenderlo in modo che io non m’ accorsi se sapeva di prenderlo, se operava in stato di coscienza o di estasi… con poche fredde sillabe annullo le acute fatiche di una settimana… il ghiaccio si era incrinato e io sprofondavo nella fessura…

Inattendibile avvertenza:

… questo romanzo non è una commedia ma una tragedia, ci tengo ad avvertirne i lettori fin d’ ora perchè non risentano l’ urto troppo violento dall’ incontro inaspettato con il drammatico… abbandoneremo il tono troppo sorridente delle precedenti avventure per gettarci a capofitto nella crudele serietà della vita…

Trucchi allo spaccio per ottenere doppia razione:

… vi si ripassa dopo un po’ una seconda volta, con faccia imperturbata e animo trepidante…

Dodicesimo motivo per rollarsi personalmente le sigarette:

… le falangi superiori delle dita acquistano e mantengono più durevole color tannico che è l’ ambizione di ogni fumatore cosciente, e costituisce fortissima seduzione presso le fanciulle appena uscite dal collegio…

Ventiseiesima:

… offrirete a signore intelligenti sigarette inumidite con il vostro umore… le conseguenze mediate e immediate di un tale fatto possono avere sviluppi incalcolabili…

Perché farsi una sigaretta è il miglior modo per scroccarne una:

… i fumatori comuni sono tipi nervosi… non solo non tollerano di non trovarsi pronta in tasca la solida rotondità di una sigaretta preconfezionata da palpare un attimo e subito brutalmente accendere… ma nemmeno sopportano di vedere in altri quei calmi indugi e quella placidità spirituale che sono la marca dell’ autosigarettista. Soffre nevrastenicamente, colui, nel vedere gli elementi della bisogna sparsi e tremolanti sulle vostre malsicure ginocchia… finché il cumulo di sofferenze vince su qualsiasi avarizia: “ma lasci stare, prenda una di queste!”…

orango che fuma

Il metodo più eroico per dimezzare il fumo:

… fumare sei mesi e astenersi gli altri sei… (copyright Nitti)…

Come insultare una donna (nel caso di specie la tabaccaia che rifiuta freddamente il pacchetto supplementare):

… stupida catechetica custode della lettera di uno stupido e catechetico diritto… ostacolo insormontabile alla facilità della vita… acida, magra, repellente e olivastra zitella con gengive giallastre perennemente mostrate in un ghigno d’ odio verso l’ umanità in generale e la mascolinità fumante in particolare… con quelle occhiate che sono come uno sputo… con quale soddisfazione questa testa nera dai pochi capelli tirati e mal pettinati investe il ritardatario con il suo “finite!”…

Giovane, ingenuo, in trasferta a Napoli… appena dopo aver scoperto che lo stipendio concordato non è poi così scontato:

… la mia ansia si accrebbe a dismisura dopo alcune allocuzioni partenopee della signora decaduta che mi affittava la stanza…

Flemmatici alla ricerca disperata di un lavoro:

… “Cercasi professore di albanese parlato per ore serali. Rivolgersi scc. ecc.” Ore serali… era il posto fatto per me. C’ era anche la condizione dell’ albanese: ma io sono sempre stato dell’ avviso che per insegnare i principi di una lingua a chi non la sa affatto basti impararli di mano in mano che si insegnano…

Passa una donna cicciona:

… con tutta la grazia di sui era capace la sua pinguedine…

Prima della fuga:

… tutte le mie disgrazie non mi turbavano… vi assistevo come si assiste ad uno spettacolo non troppo interessante, pronti ad andarcene alla prima pausa…

  Massimo Bontempelli – La vita intensa

venerdì 5 agosto 2011

Vite brevi circondate dal sonno

William Shakespeare – La tempesta
Riuscite a ricordare senza sbadigli il “metateatro” e la “metaletteratura”?
Quelle cose noiose e cerebrali che ci sono state inflitte per decenni da molti scrittori anche grandi – Pirandello e Calvino, tanto per citare due giganti.
Il Teatro e il Romanzo che parlano di se stessi, che svelano la loro genesi e il loro meccanismo.
L’ uomo moderno è in crisi, non ha più esperienze da raccontare perché le uniche esperienze sono quelle della sua intelligenza enciclopedica.
Ricordate poi il fantasy? Forse intorno ai dieci anni, non oltre, vi siete imbattuti nel genere, un genere che produce libri giganteschi tra il puerile e il truculento, libri su cui in molti si sono annoiati per ore, nonché affaticati nel tentativo eroico di scovare qualche pagina un po’ meno sciatta della media.
Peggio di quei libri ci sono solo i film covati da quelle storie, con tutto il ponderoso carico di effetti speciali che si trascinano dietro nel tentativo di giustificare la loro esistenza. Tanto fracasso fosforescente per produrre spaventi gratuiti alternati ad abbiocchi legittimi.
Ebbene, se il “metateatro” e il “fantasy” non sono nelle vostre corde state alla larga da “La Tempesta”, in caso contrario anche il monumento di Shakespeare potrebbe vacillare.
La finzione qui è esplicita, la teatralità ostentata, il manierismo galoppante. Arte e menzogna si intrecciano, le incongruenze si affollano senza che per il lettore abbia senso perdere tempo con mozioni d’ ordine.
A quel tempo i testi venivano essenzialmente concepiti come copioni da rappresentare, non come opere letterarie. E si vede!
Ogni tanto spunta un monologo fiammeggiante che s’ imprime nella memoria facendo dimenticare la paccottiglia che lo circonda.
Il demiurgo Prospero, grazie ai suoi libri, produce un big bang da cui si dipartono sentieri diritti e tortuosi. Alcuni arrivano in nessun luogo, altri si disperdono nel nulla.
Non capita mai niente, siamo alla corte di un grande illusionista, niente viene fatto sul serio, ci si limita ad inscenarlo; c’ è una vendetta da compiere ma subito vi si rinuncia in nome di non si sa cosa, le situazioni sono falsate, i sentimenti posticci. In più capiamo tutto fin da subito e la beffa non puo’ mai esplodere; gli effetti sorpresa risultano continuamente bruciati. A godere sembra essere solo il manovratore/regista che gioca senza limiti con la sua bacchetta magica, è lui l’ unico appagato.
Prospero, per i suoi continui dietrofront, viene considerato da alcuni commentatori alla stregua di una maschera amletica, ma i suoi cambi di rotta sono scevri da quel senso di stanchezza e di spaesamento che porta il personaggio a ripiegarsi su se stesso, a costruire nella sua fantasia un rifugio assediato da temibili responsabilità.
Qui niente di tutto cio’: Prospero è un Amleto “risolto”.
Ogni soluzione ha il difetto di allentare il morso del reale, consente il titillamento prolungato in una fantasia gratuita. Nei fantasy non c’ è dramma e senza dramma o si ride in modo volgare o si ammirano noiose allegorie.
La prima via, quella del crasso riso è tentata da Calibano. Mi sento di salvare solo questa presenza, l’ unica con una corporeità in grado di offrire resistenze a quel vapore (stuff of dreams) ammorbante.
Michael Guppy
Le pedanti allegorie appaiono bislacche, senza capo né coda. Ma forse siamo noi ad esserci distratti. Come in sogno non c’ una chiara distinzione tra cio’ che è esteriore e cio’ che è interiore.
Alla fine il cerchio non quadra, i conti non tornano, non si “esce a riveder le stelle” ma ci si ritrova, dopo questo morbido delirio, ai margini di un oceano soporifero.
E’ una vera fortuna che i classici non siano fatti per piacere ma per soppesarne l’ influsso. Se questo è vero, Shakespeare non deve temere, il vertice del canone occidentale gli spetta di diritto. Anche in fatto di metateatro e fantasy è stato  maestro. Cattivo maestro ma pur sempre maestro.
Ma forse l’ accomodante genio si è solo adeguato alla voga dell’ epoca che richiedeva toni fantastici e fiabeschi. Naturalmente un talento di tale portata non ce lo si puo’ dimenticare per strada e finisce inevitabilmente in tutto quel che si tocca.
Questa attenzione alla “domanda” me lo rende ancor più simpatico.
D’ altronde, non dimentichiamoci mai chi fu colui che oggi ci appare come un semi-dio: figlio di un ricco borghese (poi travolto da rovesci finanziari) va a Londra per guadagnarsi da vivere, raccoglie con il teatro una giudiziosa fortuna che si guarda bene dal dilapidare, torna a vivere da benestante e rispettabile pensionato al paese d’ origine.
Non proprio genio e sregolatezza.