martedì 5 febbraio 2008

Class action all' italiana

Luci ed ombre.

"...la class action italiana è utile perché abbassa i costi di accesso alla giustizia e attenua le conseguenze sociali derivanti da perdite patrimoniali di masse di piccoli investitori. Per il suo effetto preventivo rappresenta un elemento essenziale per il buon funzionamento dei mercati finanziari. Opinabile la legittimazione ad agire riservata alle associazioni dei consumatori, mentre il percorso per arrivare al risarcimento è comunque lungo. Ma l'incognita maggiore è se la nostra giustizia sarà in grado di governare controversie così complesse e difficili..."


add1. Come correggerla.

La class action sarà presto una realtà anche in Italia; Il testo approvato dal enato rappresenta una minaccia non solo per le imprese, ma anche per la tenuta del sistema giudiziario italiano; In questo Briefing Paper vengono proposte alcune modifiche per rendere migliore il testo del provvedimento; Tra i rincipali difetti dell’emendamento alla Finanziaria, la facoltà di lanciare azioni di classe viene garantita solo a un ristretto numero di soggetti autorizzati; Inoltre, rebbe opportuno ssoggettare la class action a una sorta di valutazione preventiva; otrebbe anche essere tile obbligare le parti a tentare di raggiungere un accordo prima di procedere alla ausa; Probabilmente la soluzione più accettabile arebbe quella di sopprimere interamente l testo e adottare in toto la proposta apezzone-Poretti, che di certo costituisce il progetto di legge più raffinato presentato su questo tema.


Sussidi all' editoria

Ecco dove reperirli.

lunedì 4 febbraio 2008

I 4 obiettivi di una buona politica fiscale

2 per l' efficienza del sistema e 2 per la sua moralità.

Aspettative inflazionistiche in crescita

Tutto come previsto. Una bella tassa nascosta e via.

Ribelli con troppe cause




Non sopporto più che mi si descrivano i sentimenti di indignazione, nausea, repulsa & ribellione, senza che siano prontamente abbinati con il resoconto della tipica ed immancabile immaturità di chi li prova.

Detto questo si buon ben capire come, pur sentendomi empatico alle vicende di tale Holden, mi siano risultate estranee ed intangibili quelle analoghe del clown Hans Schnier; con tutto che abbia un' opinione di riguardo per il Boll romanziere. E che sia disposto a mettere Boll sopra Salinger lo ribadsco a chi non lo ha sentito bene. Perchè sì, perchè se uno riesce a "volare basso" senza dover far ricorso a gerghi, argot, deformazioni sintattiche e sgrammatticature, tanto di cappello. Parlo sul serio. Ma ribadisco anche che "Il giovane Holden" l' ho trovato più riuscito, più leggibile, e meno intaccato dal tempo se paragonato alle "Opinioni di un Clown".

Da Holden non possiamo aspettarci niente se non che ci offra il purissimo spettacolo interiore della sua asociale e sgangherata inquietudine. L' inquietudine così com' è. Ovvero la cattiva consigliera che ti fa uscire dal solco per portarti su piste contorte, le quali, dopo averti prosciugatato ogni energia, ti depositano dove la via maestra ti avrebbe condotto facendo un passo. Una passeggiata che forse ossigena anche il resto della vita...ma beato chi puo' evitarla. Questo girovagare, visto da fuori, è persino divertente. E infatti leggendo Holden ci si diverte.

Tutto sommato Holden rimane un buon personaggio una volta liberato dall' assoluzione (vero galleggiante di piombo) che ne dette il popolo del 6 politico e dei ribelli assistiti, i quali, con l' alibi della purezza, arrivarono ad esaltarne le fughe e l' irresponsabilità(!?). Lui, anima in pena e in cerca solo di condanne.

Dall' amarezza teutonica e dai livori sociali del cattolico Hans invece ti aspetti che spunti fuori all' improvviso una nuova quadrata ortodossia, una nuova religione piena di spigoli. E forse c' è un' intera generazione che ha fatto proprio quel tragitto, lasciando alla sconcertata generazione successiva solo la possibilità di rifluire passivamente.

Il pericolo è quello di abbandonare l' ingiustificabile e magistrale imprecazione per degradare verso un "disagio da privilegiati". Mi sa tanto che Boll fallisca nell' aggirare questo rischio quando mette in scena il suo odio. L' odio per la convenzionale, inconsapevole e ipocrita letizia che permea l' ambiente sociale del protagonista, per l' ottusa dolcezza di una madre, per le rumorose e vitali risate cattoliche. Intorno al suo satirico spillone che vorrebbe tanto pungere finiscono per inanellarsi troppi cliché ormai sbiaditi e poco convincenti.

Il sentimento dell' odio deve instupidire chi lo prova. Quando l' onda morta del rancore si alza nel suo mare nero ed investe il nostro petto, ci lascia dimezzate le già misere facoltà. Se questo non accade allora la realtà non è ben resa. E nel libro di Boll non è resa bene. Se proprio non vogliamo metterci la stupidità mettiamoci almeno una paura instupidente. Ma non c' è nemmeno quella. Ah, se Hans si limitasse a bere e a precipitare invece di rivolgere la sua troppo vigile attenzione verso l' insopportabile vicino! Molta letteratura di lingua tedesca successiva sarà grande nell' esprimere l' astio per il prossimo (Bernhard è un sublime livoroso) ma l' anatomia dell' interiezione che fa Boll mi lascia freddo.

Se il companatico è di dubbio gusto il condimento però è eccelso. Per esempio, l' arte di dipingere l' epidemico degrado delle relazioni sociali che investe l' odiatore incontinente. Il tutto accompagnato da fugaci speranze di recupero e dall' iconcludente tentativo di minimizzare. Quel retrogusto della coscienza falsata, quella ingannevole e costruita sensazione dello "scolaro negligente che si trascina facendosi delle illusioni fino alla consegna delle pagelle". Per tutto cio', non c' è che dire, ho trovato in Boll un cantore ispirato.

sabato 2 febbraio 2008

Cittadinanza negoziabile

Idea bizzarra, al limite del provocatorio. Eppure a sua difesa possono essere protocollati alcuni argomenti.
  1. Facilitare la concessione del voto agli immigrati o garantirlo a tutti gli italiani all' estero? Chi è più interessato alle buone sorti del Bel Paese? Arduo dilemma che cesserà d' importunarci adottando la misura in esame.


  2. Politiche di privilegio sarebbero ostacolate dalle speculazioni inevitabili che si produrrebbero sul titolo della "cittadinanza". Cio' significa poco welfare, poca redistribuzione e, più in generale, maggiore astrattezza delle leggi.


  3. Politiche estese da parte dei governi verranno arginate dalle possibili speculazioni sul titolo della cittadinanza, nonchè dalla inevitabile selezione avversa che verrebbe a prodursi su quei mercati.


  4. Eventuali inconvenienti in materia fiscale sono solo apparenti visto che un sistema fiscale si impernia su concetti quali quello di residenza e di territorialità del reddito.


  5. I rischi alla democrazia potrebbero essere facilmente attenuati impedendo di cumulare titoli di cittadinanza.


  6. La negoziabilità del voto soffre di molti inconvenienti. Piuttosto che rinunciarvi, la negoziabilità della cittadinanza offre un' alternativa allettante. Non dimentichiamoci che nel pacchetto diritti/doveri del cittadino, il diritto di voto è preminente.


  7. Diversamente da quanto si crede, per essere implementata, una politica di tal fatta non richiede "universalità".


  8. Le quotazioni del titolo di cittadinanza offrono un criterio di valutazione della politica utilizzabile in diversi modi come alternativa al voto e alle imperfezioni di questo strumento.


  9. Jus sanguinis o Jus Solis? Altro dilemma che possiamo finalmente tralasciare. La cittadinanza dei figli si uniforma alla "titolarità" dei genitori.


  10. Verrebbe sollecitato un sentimento cosmopolita e pacifista. Il patriottismo più arcigno e retrivo subirebbe un colpo ulteriore. In assenza di "patriottismo coatto" taluni appelli al bene pubblico e al pubblico interesse perderebbero la loro presa. Anche la psicologia vuole la sua parte.
  11. Introdurre diversi gradi di cittadinanza. Un movimento verso l' ottimo paretiano.



Addendum. Variazione sul tema: vendere ai clandestini il diritto di restare.

Privatizzare gli enti locali. Deliri ultraliberisti.

Leggevo questo post tratto dal blog "Lettere ad Oreste". Nell' auto-proclamato "delirio liberista" si tenta di schematizzare una privatizzazione della politica. In realtà non si tratta di deliri, visto che si rifugge da soluzioni irrazionali, quanto piuttosto di utopie più o meno spinte.

"...perchè la privatizzazione degli enti locali funzioni, sarebbero necessarie gigantesche società di capitali in grado di acquistare tutto il territorio dell'ente locale. Il modo più semplice sarebbe offrire quote azionarie ai piccoli proprietari...".

Questa ipotesi non dice ancora niente, si ipotizza una corporation con azioni distribuite tra i cittadini. Il contenuto cruciale sta nella governance di questa impresa. Se ad ogni cittadino si attribuisce un' azione non negoziabile, oppure se ad ogni proprietario di azioni non negoziabili si attribuisce un voto, allora siamo in una semplice democrazia, esattamente come ora. Anzi, molti servizi sarebbero così "nazionalizzati".

Se invece, pur continuando a valere i vincoli del paragrafo precedente, i diritti di cittadinanza vengano riservati ai proprietari, allora siamo come in una democrazia del XIX secolo.

Ma siccome non mi sembra che l' esito auspicato sia quello appena descritto, ammettiamo pure che le azioni siano negoziabili e che la proprietà si concentri in poche mani. La gestione del territorio, si dice, dovrebbe diventare più efficiente. Vengono elencate più ragioni che sono poi tutte riconducibili alla seguente:

"...non si correrebbe alcun rischio di free-riders..."

E' difficile che "forti concentrazioni di proprietà" eliminino comportamenti opportunistici. Semmai è il contrario, ce lo dice la teoria del monopolio. In questa teoria chi offre il servizio è spinto alla notoria inefficienza e alla sottoproduzione del bene di cui è monopolista. Parecchi azionisti di minoranza sarebbero sacrificati.


L' efficienza non è mai garantita dalla semplice "privatizzazione", occorre anche la competizione.
Ben diverso il caso in cui tutte le azioni appartenessero ad un unico soggetto. Allora sarebbe possibile un urbanizzazione efficiente con eventuale rivendita parcellizzata del bene.
Resta il dubbio se la creazione di tanti piccoli sovrani non comporti dei rischi alla sicurezza.



venerdì 1 febbraio 2008

L' equità rende?

Poco, ma è meglio non dirlo. Siamo pieni di belle teorie che nessuno osa criticare. Ecco allora un' eccezione.

Capitalismi pacifisti

Estendere i commerci estende la pace.

I guai cominciano quando la felicità viene snobbata

Intervento forumistico sulla diffusione dei festini adolescenziali a base di sesso e coca.

Certi comportamenti libertini nella cui descrizione ci imbattiamo sfogliando le cronache giornalistiche contemporanee, sono collegati forse con l' egoismo crescente della nostra società?

No, non ci credo. Una buona dose di egoismo è connaturato all' uomo da sempre. Le distorsioni di cui parliamo, invece, sono relativamente recenti.

Anche concetti come "edonismo" e "consumismo" sono fuorvianti secondo me.

Faccio un' ipotesi differente supponendo libertinaggio e rilassatezza morale siano legate con la rinuncia definitiva alla propria felicità.

Il mancato bersaglio della "felicità" è un fenomeno che angustia sopratutto l' Europa, continente con una tra le popolazioni più infelici della terra.

Anche se altri popoli sono più poveri (esempio in Africa, Asia, Sudamerica), gli europei restano, al loro confronto, spaventosamente infelici. Anche se altri popoli vivono in società altrettanto convulse e ricche (USA, Giappone, tigri asiatiche), gli europei, in rapporto a loro, rimangono più infelici e pessimisti.

A questo punto bisognerebbe introdurre una distinzione importante, quella tra felicità e piacere. Il piacere lo si ottiene soddisfacendo un capriccio, è solo momentaneo anche se puo' ripetersi nel tempo. La felicità è legata inestricabilmente alla virtù e alla sua pratica.

I governi europei hanno rinunciato alla felicità per perseguire e garantire il piacere. Ma così hanno creato molti depressi con la pancia piena (è cio' che gli studiosi chiamano "sindrome europea"). Chi è affetto dalla "sindrome europea" ha come massima aspirazione quella di "passare il tempo nella maniera più piacevole possibile". Butto lì una mezza dozzina di messaggi (e relative politiche)che hanno contribuito a coltivare questa perversione dello spirito:

  1. settimana corta, lavorare poco, vacanze lunghe e frequenti, permessi facili, lavoro come male necessario. Ecco quali sono i concetti che hanno oscurato quello di "lavoro come vocazione", "lavoro fatto a regola d' arte". Trarre le conseguenze di una simile impostazione mentale è facilissimo;


  2. un lavoro brutto ma sicuro manda al diavolo la felicità e il merito personale ma consente di concentrarsi sui piaceri extralavorativi. E' questa la via perversa che l' Europa ha seguito per decenni e ancora stenta ad abbandonare;


  3. il matrimonio potrebbe essere una trappola mortale e da questo rischio ogni cittadino deve essere super-garantito. Se un pensiero del genere s' impone è chiaro che i matrimoni declinino. Peccato che il matrimonio sia anche la via più semplice per la propria realizzazione affettiva, spirituale nonchè materiale, specie per le donne;


  4. avere un figlio è come essere colpiti dalla lebbra. E chi ne ha deve essere subito soccorso a sirene spiegate quasi fosse in pericolo di vita. Un figlio è un grave ostacolo ai piaceri. Una volta che questo messaggio passa non meravigliamoci del calo demografico. In Europa è passato alla grande con le politiche assistenziali verso gli "appestati";


  5. a ciascuno deve essere garantita una vita dignitosa quand' anche in tutta quella vita non abbia fatto niente per meritarselo. Ma allora, ci si chiede, che serve più costruire una comunità, una famiglia, dei vincoli affettivi affinchè ci si prenda cura solidalmente l' uno dell' altro? Lasciatemi in pace con la mia pensione e la mia TV. Sono autosufficiente!!


  6. la religione è un fenomeno di tipica superstizione medievale e riguarda solo le persone meno consapevoli. A volte, nella difficoltà, qualcuno puo' anche ricorrervi, purchè lo faccia in silenzio, nel suo intimo e senza disturbare. L' Europa è la società più secolarizzata del mondo. Anche rispetto alle società che la superano in ricchezza e modernità;


  7. avere qualche progettucolo, guardare al futuro con un minimo di ampiezza da orizzonte, anche solo sognare ad occhi aperti, viene subito preso come una specie di delirio di onnipotenza o di ingenuità. Subito scatta l' invito a volare basso. Non sarà un caso che l' Europa abbia perso ogni leadership nel campo della ricerca e dell' innovazione. La fuga dei cervelli continua alla grande;


Se questi sono alcuni dei cardini su cui scorrono le società europee non meraviglia che la ricerca del "piacere" domini. Si è riusciti a costruire una società ricca e infelice. Per non parlare del fatto che anche quella ricchezza comincia a vacillare, almeno in senso relativo. Siamo all' estizione?

Maschere del relativismo

Intervento forumistico 30.9.2007

Esiste una filosofia relativista, ha il solo difetto di essere incoerente. Il che, per una filosofia, non è un difetto da poco. Smascherarla è piuttosto semplice: se tutto è relativo, anche questa affermazione è relativa.

Detto cio', nel linguaggio comune il termine puo' assumere diverse sfumature di significato. Nella mia esperienza ho incontrato diversi sedicenti "relativisti". Erano anche tipi svegli, non posso negarlo. E allora come si spiega la cosa? In genere si trattava di persona:

  1. che non avendo idee chiare su una questione esprimeva il suo parere etichettandolo come una "verità relativa";
  2. che volendo adottare un dispositivo prudente si trincerava dietro formule relativiste;
  3. che non essendo interessata ad una certa discussione, cercava di liquidarla al più presto affermando che "tutto è relativo", o espressioni equivalenti;
  4. che teneva per stella polare il valore della tolleranza;


Stando a queste 4 alternative, l' unica degna di essere presa in considerazione è la quarta.

Ma per dare un valore alla tolleranza il "relativismo" non è affatto necessario.

Anzi, a dir la verità, non saprei nemmeno dire se il "relativismo" sia compatibile con la tolleranza!

Essendo una filosofia incoerente darebbe un fondamento incoerente a qualunque valore voglia sostenere e così facendo finisce per nuocere alla sua causa.



giovedì 31 gennaio 2008

Prezzi alla produzione e prezzi al consumo. Chi aumenta di più?

Scarica documento.

La cultura della diseguaglianza fa lo sgambetto a Edward

Nell' editoriale del Sole di oggi, Alesina ci intrattiene sul fallimento di Edward, il candidato alla presidenziali americane che ha puntellato la propria campagna con il motto: "prendere ai ricchi per dare ai poveri".

Ma un simile programma, e lo si è visto, non puo' fare breccia in un mondo dove si pensa

"...di poter risalire la scala sociale con le proprie forze...".

Aggiungerei che si tratta di un Paese in cui il benessere di una persona non viene realmente apprezzato se non lo si ottiene con le proprie forze.


Eppure le Istituzioni di quel Paese consentirebbero la realizzazione di un simile disegno, forse lo agevolano addirittura. In passato lo si è visto.

Il freno che rende difficoltosa quella via è costituito allora da due elementi culturali.


Come a dire, conta anche la Cultura, le Istituzioni non sono tutto.

Il bluff della Radio di tutti. Cultura on air a Radio Tre.

Intervento nel forum



E' un po' squallido, è un po' banale.

E' qualcosa di trito, è qualcosa che per l' averlo troppo sentito non lo si ascolta più.

E' qualcosa che al solo pronunciarlo i forumisti più sensibili (e a ragione) scappano.

Eppure, ho la sensazione, che cio' che a Vlad (e a me) non va di Fahrenheit sia proprio quello.

La trasmissione veicola valori, diciamo, "de sinistra" (o di quella destra sua cugina prima), ora più, ora meno.

La cultura ci viene spiegata come un coacervo di stimoli e ragioni che spinge inevitabilmente il fruitore sensibile ad orientarsi da quella parte.

In fondo la trasmissione non è brutta.

Si tratta solo che constato in modo preoccupante come io non sia praticamente MAI d' accordo su quello che si dice, perlomeno sulle affermazioni di valore e sul modo di affrontare i temi sociali. E’ un caso fortuito?

No! E’ inevitabile vista anche la biografia dei conduttori.

E’ anche inevitabile considerato che trattasi di una radio pubblica (come potrebbe giustificare la sua esistenza se non facendo appello a valori tratti dal patrimonio della sinistra (o di quella destra che è sua cugina prima).

E’ inevitabile viste...viste le 10 ragioni per cui l' intellettuale europeo (continentale) è, in genere, di sinistra (o di quella destra sua cugina prima).

Sono 10 "formidabili" ragioni a suo tempo elencate in specifico thread.

La cosa è disdicevole poiché dovrebbe essere la radio di tutti e, non solo non lo è, ma non puo' nemmeno esserlo per sua natura.

Allora, l' unica lotta sensata (e, per ora, utopica), non consiste nel combattere la trasmissione ma nel combattere l' esistenza della radio da cui trasmette.
***
E non dire che giudico solo dopo aver letto le "biografie" dei conduttori perchè guarda che non inferisco proprio niente dalle "biografie".

Semplicemente ascolto (quando posso) quel che si dice.

Se ascolti Cimatti 2 minuti 2 su qualsiasi argomento (che non sia prettamente estetico), subito ti viene da dire "...ma questo parla come uno che scrive sul Manifesto...".

Poooi, solo dopo, solo successivamente, solo in un secondo tempo, solo per caso ti accorgi che...scrive sul Manifesto!

Se si parla di femminismo e si opta per approfondire la questione intervistando Luce Irigary non abbiamo già detto tutto?

Guarda caso non si intervisteranno mai Wendy Mc Elroy o Carrie Lukas, o...E' davvero un caso? No, si tratta solo del fatto che "la radio di tutti" è culturalmente orientata da sempre e non puo' che esserlo.

Se si parla di lavoro e si decide di approfondire intervistando Luciano Gallino non abbiamo già detto tutto?

Guarda caso non si deciderà mai di farlo intervistando Alesina o Colombatto o Perotti o Ichino o Cazzola...E' un caso? No, si tratta solo del fatto che la "radio di tutti" è, in realtà, dei soliti noti.

Sono questi pregiudizi? Nooo, perchè poi vai ad ascoltare e Luciano Gallino parla proprio come parlerebbe Luciano Gallino!
***
Riassunto e strategie:

Fahre veicola una cultura sensibile ai valori della sinistra (o di quella destra sua cugina prima).

I valori della sinistra si riducono ad uno che, in estrema sintesi, è il seguente: fare l' elemosina con risorse altrui.

Recentemente un altro valore è salito alla ribalta: il Politically Correct.

Il P.C. è quel sottile velo d' ipocrisia sparso un po' ovuque per cui non si possono dire alcune parole.

Per esempio "elemosina".

Si sa, un nebbiogeno è sempre necessario quando la chiarezza è imbarazzante.

Ma perchè Fahre è così com' è. Se lo scoprissimo potremmo anche modificarla.

Ho individuato due cause: 1) radio pubblica 2) biografia dei conduttori.

La seconda mi sembra più potente.

Ma si tratta di biografie normali di normali intellettuali.

E' una normalità dettata dalla presenza predominante ed invasiva della scuola pubblica.

Se la scuola pubblica prevale ci saranno sempre intellettuali in grado di giustificare, per esempio, l' esistenza di una radio pubblica (l' altra causa).

Se la formazione nella scuola pubblica prevale è normale avere intellettuali sensibili a quei valori.

E' normale avere una platea di ascoltatori che accolgano favorevolmente i temi culturali presentati con quelle sfumature.

E' normale avere delle case editrici che producano in modo da soddisfare una platea di tal fatta.

E' un processo che si autoalimenta ma ha una radice.

Questa radice è la presenza diffusa dell' istruzione pubblica.

Non serve a nulla contestare Cimatti o Pincopallino. Si taglierà una testa e ne spunterà subito un' altra.

La vera battaglia, anche se di lungo periodo, dovrebbe consistere nell' indebolimento (smantellamento) della scuola e dell' istruzione pubblica in generale.

E allora, adesso si capisce meglio perchè alti e fragorosi lai salgono puntualmente in cielo ogni qualvolta si accenni a forme di privatizzazione della scuola?

Non si tratta solo dell' orrore suscitato dalla meritocrazia ma del fatto che è in ballo l' egemonia di alcuni paradigmi culturali.
***
Qualcuno propone strategie alternative, per esempio fare in modo che sia garnatita un' equa rappresentanza sul mezzo pubblico.

A tal proposito sono d' accordo con Diana.

Mi sono guardato bene dal proporre come alternativa il ping-pong tra opposte fazioni.

Preferisco di gran lunga l' approfondimento di un punto di vista.

Naturalmente in questo modo c' è un' effetto "parrocchietta". E la "parrocchietta" è sempre quella del conduttore. E la "parrocchietta" è sempre la stessa (per i motivi di cui sopra).

La Caramore (parrocchietta del dialogo-dialogo-dialogo) non fa certo eccezione (ma dove sono finiti i podcast?).

Sulla radio di tutti l' effetto parrocchietta puo' essere interessante ma è decisamente sgradevole a vedersi.

Sulla radio della parrocchietta l' effetto "parrocchietta", devo dire, lo si sopporta molto megio.

E allora, abbasso la radio di tutti, evviva le radio delle parrocchiette.

Perchè questo messaggio passi, secondo me, è necessaria la riforma impossibile di cui sopra.


Consumo e identità.

Intervento nel forum - 20/09/2006 19:19

Se preciso a me stesso la nozione di "consumo" molte cose che ho in testa si dispongono in modo imprevisto.

In fondo noi viviamo per consumare.

Sì, qualcuno vive anche per salvarsi l' anima. Tutto è visto in funzione di qualcos' altro.

Ma chi ama la vita vive anche e soprattutto per consumare.

Così perlomeno se considero "consumo" tutte le attività distinte da quella produttiva.

Qualcuno ha detto che chi non vive per il consumo è un alienato. Per lui esiste solo la produzione, anche come fine. Mangia per lavorare anzichè viceversa. Inverte i fini con i mezzi.

Mi fermo a meditare l' infinito di Leopardi e ne traggo grande giovamento.

Ecco una tipica attività attraverso la quale molti consumano (il proprio tempo).

Quando consumo esprimo anche il mio voto (come dice Michela).

Non essendoci regalato è un voto più responsabile. E' naturale che nel mio voto ci sia la mia personalità.

C' è un' eccezione: colui che ama il proprio lavoro.

In questo caso siamo di fronte ad un "godimento produttivo". Che fortunato questo signore.
***
Produci, consuma, crepa.

Non è poi così male rispetto all' alternativa, ovvero: produci e crepa.

Non capisco l' opposizione tra "bisogni" e "consumi". Come se fossero in competizione. Il consumo è l' attività mediante la quale si soddisfa un bisogno.
Per quanto riguarda la "scelta consapevole" penso che la cosa migliore sia quella di premiare chi propone il miglior rapporto qualità/prezzo (...hai detto poco...) indipendentemente dalla nazionalità del produttore (non sono un nazionalista).
***
La teoria dei bisogni indotti non mi ha mai convinto.

La domanda "di cosa ho bisogno?" ha senso.

Se altri, nel loro interesse senza frodi o inganni, ci aiutano a rispondere significa forse che un bisogno viene creato dal nulla?

No, un bisogno viene scoperto. Meglio l' ignoranza?

Vista così mi sembra più ragionevole.

Inoltre non si dilapida quel bene prezioso che per me è l' architrave della società: la responsabilità personale.
***
L' obiezione ambientale che mi fai è sensata, te ne devo dare atto.

Dicono che sulla questione ambientale il consumatore venga posto di fronte a due strade.

Combattere le cause dell' inquinamento consumando beni ecologici (es. auto a idrogeno).

Combattere gli effetti dell' inquinamento consumando beni resilienti (es. condizionatore).

Per vari motivi sia etici che utilitaristici trovo che la seconda strada sia più ragionevole.
***
Trovi precaria la distinzione tra beni di consumo e beni di investimento.

Se leggo un sonetto di Shakespeare coltivo il mio spirito e la cosa puo' venirmi buona anche quando sono in ufficio.

Ma non è certo questa la funzione principale di quella lettura.

Innanzitutto io miro ad un godimento estetico e ad una realizzazione interiore immediata.

Il sonetto è dunque un bene di consumo e non di investimento.

Questa distinzione (consumo/investimento) io la manterrei, la trovo ancora ragionevole.

I tentativi di sopprimerla sono ingegnosi ma quasi mai ben riusciti.
***
Sei sospettoso del marketing accurato che accompagna certi prodotti.

La tua osservazione è corretta. Alcuni prodotti, più di altri richiedono di essere accompagnati da un pacchetto informativo cospicuo.

Mi rendo conto che l' espressione "pacchetto informativo" è inadeguata riferendosi a certe campagne pubblicitarie martellanti. In molti casi, più che vendere un prodotto per la sua funzionalità, si tenta rendere appetitosa l' iscrizione ad un club esclusivo a cui si accede solo mediante l' acquisto. Si vende un pezzo di identità. E' forse un male? L' identità è un bene delicato, ci sono modi ben peggiori attraverso i quali la gente è disposta a procurarsene una.
***
Mi parli di beni inutili, gente con tre telefonini e così via.

Viene prodotta troppa merce? siamo soggetti ad una iper produzione?

E' una domanda troppo complessa a cui rispondere.

Non posso certo basarmi sul fatto che altri utilizzano merce che io non utilizzerei mai!

Starei più tranquillo se si riuscisse a fare in modo che i costi dell' eventuale iperproduzione vengano sopportati da chi l' ha realizzata.

Siccome in una società libera la merce in eccesso coincide con quella che nessuno vuole, tale merce resterà invenduta.

In questo senso siamo garantiti.
***
Michela dice "i bisogni indotti esistono, lo sanno bene i grandi strateghi del marketing...".

Ma la funzione degli strateghi del marketing, come abbiamo visto, è perfettamente coerente con la teoria dei bisogni NON indotti (vedi sopra).

Michela, se entri in rete mentre sei sul posto di lavoro per un tuo piacere personale allora stai "consumando".

La cosa torna utile in modo rilevante all' azienda per cui lavori? Anche qui un bel problema.

Ma c' è una buona e ragionevole soluzione, basta vedere se l' azienda ti paga per passare così il tuo tempo.

Naturalmente al tuo datore di lavoro “torna utile” (in modo infinitesimale ma decisivo) anche se tu mangi una micchetta di pane.

Come potresti recarti al lavoro se non mangiassi? Ma per questo non ti paga. Sa benissimo che sulla questione il tuo interesse di consumatrice prevale su quello del produttore

Vorrei commentare anche l’ ultima tua uscita: "le idee sono le uniche cose che a condividerle si moltiplicano". Magari fosse così. Purtroppo brevetti e diritti d' autore esistono proprio per testimoniare il contrario.

Nel dialogo io ti dono le mie idee.

Probabilmente non hanno molto valore poichè le regalo a destra e a manca.

Ma se avessi un' idea particolarmente brillante la coprirei con il diritto d' autore (o con il brevetto) al fine di farmela pagare limitandone la circolazione.

Se non potessi fare tutto cio' probabilmente eviterei fin dal principio ogni sforzo e ogni investimento per produrre idee innovative.

Non è un caso che le società in cui esiste l' istituto del brevetto siano anche più innovative (con più idee originali prodotte).
***
Michela, mi piace darti la precedenza nel risponderti visto che sei portatrice di alcune idee che io considero dei pregiudizi.

In effetti qualcosa non torna con Michela.

Secondo te sono indotti tutti i bisogni che non siano primari.

Ma questo non è cio' che si intende comunemente.

Indotto è il bisogno che in realtà non esiste.

Mentre i bisogni non primari esistono eccome (ammesso e non concesso che abbia senso l' espressione "bisogno primario"!!).

Per avere bisogni indotti è necessario postulare che il consumatore non sia in grado di intendere e di volere.

Così correttamente definito per me è facile dimostrare che si tratta di una falsa nozione da abbandonare quanto prima per un corretto sviluppo del ragionamento.

L' alternativa è che una autorità tirannica stabilisca quali siano i tuoi "reali" bisogni.

Questa alternativa mi è antipatica di brutto.

No, no, meglio prendere la nozione di "bisogno indotto" e buttarla nello sciacquone (insieme ai tiranni che porta con sè).

Ma dei bisogni e dei consumi malsani esistono? Certo, si spera che agli errori si ponga rimedio. Per facilitare questi aggiustamenti è utile vigilare sulle frodi piuttosto che insistere con la psicologia, disciplina un po' troppo farraginosa per coniugarsi al meglio con l' attività legislativa.







mercoledì 30 gennaio 2008

Onlus e Fisco

Seminerio/Falasca. Perchè e come le agevolazioni al no-profit?

Numeri sull' aborto

Carlo Palma.

Rimbeccato sul Foglio 30.01.2007 inserto III da Agnoli.

La monarchia di diritto divino

[...] nell'Europa uscita dal Rinascimento e dalla Riforma, il potere monarchico si era rafforzato ed ulteriormente accentrato, onde la sua efficacia era di gran lunga superiore a quanto non fosse mai stata nel Medioevo feudale. Il feudalesimo aveva cessato di esistere in quanto sistema di organizzazione dello Stato, dacché tutto il potere s'era concentrato nelle mani del sovrano. Il conseguente incremento del loro potere politico era sostenuto dai monarchi con giustificazioni ideologiche destinate ad essere assai più efficaci e persuasive nei confronti della Chiesa di quanto non fossero quelle dei loro predecessori feudali. Protestando di aver ricevuto il potere direttamente da Dio, i sovrani implicitamente respingevano il concetto medioevale secondo cui supremo dispensatore di ogni autorità era, come affermato nella bolla “Unam Sanctam”, il pontefice. Pretendendosi chiamati ad esercitare la dignità regale per grazia di Dio (Dei gratia), i sovrani rivendicavano il diritto ad esercitarla senza restrizioni di sorta, mentre nessuno avrebbe potuto privarneli senza recare offesa a Dio stesso. Ne risultava il rifiuto sia della giurisdizione ierocratica di Roma, sia della pretesa calvinista di opporsi, se necessario, al potere temporale in nome della «vera religione».

La salute dell' America Latina

Bel resoconto di Alessandro Merli sul 24 ore di oggi p.18.
Il prezzo delle materie prime ha spinto una buona crescita. Dal punto di vista finanziario il sistema sembra al riparo dalle scosse internaznonali. Ma...
"...il problema è che quasi nessun paese latinoamericano ha approfittato degli anni di vacche grasse per fare le risorse strutturali, soprattutto micro, necessarie a creare un clima favorevole all' attività di impresa...Anche in questa fase positiva, l' America Latina ha continuato a perdere terreno sull' Asia"

Il salario dell' americano medio negli ultimi 30 anni


"...estimate for worker’s benefits that workers’ hourly earnings (wages plus benefits) actually increased by 16% over 30 years (1975-2005) rather than decreased...".