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martedì 29 luglio 2008

Il capitalismo del "Buon Samaritano"

Con Enron falliva il capitalismo cattivo, quello avido. E a molti è piaciuto emettere in modo stentoreo una denuncia di cui sento ancora l' eco.

Come mai la stessa lamentazione non è seguita alle crisi di Fannie Mae e Freddie MacFanny?

Forse perchè con quelle banche a fallire era il capitalismo "buono".

Sul baratro si sono trovate quelle banche "con un cuore" per cui non ha senso "prestare i soldi a chi già ce li ha", quegli istituti per cui "è giusto dare un' opportunità anche a chi non puo' offrire garanzie".

Il capitalismo buono quindi, sempre attento alla sua missione sociale. Non solo, la sua missione era anche osservata con benevolenza e sostenuta dalla politica che concedeva prestiti agevolati ai buoni samaritani; che dimostrava in mille modi come, in caso di bisogno, sarebbe intervenuta prontamente.

Ma è ancora mercato questo? Non lo è nemmeno secondo Lawrence Summers, il quale parla di "fallimento sociale" piuttosto che di "fallimento di mercato":

"... how about chartering private companies as government sponsored enterprises with the mission of promoting home ownership affordability? Give them boards with some private representatives and some public representatives. Make clear that government stands behind their capital market innovations so they can borrow more cheaply and pass the savings on. Exempt them from the state local taxes that others pay. Give them specific objectives on affordability that they must meet. Rely on a special government regulator to assure that they balance their social responsibility with their drive to profit. Harness the profit motive to meet a social objective... But market discipline was nearly nonexistent given the general perception -- now validated -- that their debt was government backed. Little wonder with gains privatized and losses socialized that the enterprises have gambled their way into financial catastrophe..."

lunedì 7 luglio 2008

Il declino della guerra

Now let's try a thought experiment. What if that same tribal rate were true for modern states? In this purely hypothetical situation, we would be seeing 165 thousand Canadian deaths every year from warfare alone, 2.5 million deaths in the European Union, and 6.6 million in China! Clearly nothing like this is happening.

Here is another way of thinking about it: Richard Rhodes once calculated that warfare of all kinds caused 100 million military and civilian deaths worldwide during the 20th century. But if the entire world had been suffering war-related deaths at the tribal rate then, as Keeley points out, there would have been two billion deaths due to war over the course of that war-torn century.

The dramatic decline in the risk of death due to warfare during the last two or so millennia demands for explanation. There are numerous theories, of course, but essentially all of them include the idea that the growth of states has acted to decrease the risk of death due to warfare — despite the well-documented propensity of states to engage in war, and the staggering growth in military firepower


http://tqe.quaker.org/2007/TQE159-EN-War.html

martedì 10 giugno 2008

Imbarazzi libertari

Siamo più liberi oggi o lo eravamo di più ieri?

Naturalmente conta cosa intendiamo con la parola "libertà".

Il libertario tende ad essere nostalgico. Guarda a come cresce nel tempo la spesa pubblica degli Stati e si immalinconisce fino a raggiungere prostrazioni da cui non lo tira su più nessuno.

Una posizione paradigmatica in questo senso puo' essere fatta risalire a Bertrand de Jouvenel (Sorbona, Oxford, Cambridge, Yale, Chicago, Berkeley) e al suo libro "Il Potere. Storia della sua crescita." (Sugarco).

Lui la risposta alla domandina del primo rigo l' aveva già formulata negli anni 70, dopo una lunga maturazione condotta parallelamente ad una guerra che lo segnò parecchio.

Per Potere intende quella forza coercitiva in grado di ottenere la sottomissione (schiavitù) del prossimo anche solo con la minaccia.

BdJ nota e descrive come nel corso della storia il Potere sia sempre più cresciuto. Le guerre dell' ultimo secolo hanno mobilitato e richiesto l' obbedienza di una moltitudine impensabile solo qualche secolo prima.

Però c' è un altro insegnamento che viene dalla storia: per trarre i migliori frutti da una persona sottomessa, specie sul lungo periodo, è necessario che venga "trattato bene", è necessario concedere a costui dei privilegi.

Il Potere ha imparato e impara sempre più questa lezione.

La risultante di queste due forze si riassume in una formula storicistica di questo tipo: nella storia la condizione di schiavutù è andata estendendosi, così come sempre più estesa è stata la consapevolezza di quanto convenga rispettare lo schiavo assicurandogli un trattamento sempre migliore.

Certo le concessioni che fa il Potere riservandosi il diritto di revocarle quando desidera (cosiddetta libertà repubblicana) sono certamente un bene prezioso, ma sono ancora libertà?

Una volta la libertà era un concetto radicale, aveva natura aristocratica, era il dominio che il Potere non era ancora riuscito ad invadere.

Oggi le barriere sono travolte, il Sovrano straborda e la libertà ha assunto una dimensione artificiale: è cio' che il Potere onnipresente ci concede graziosamente dall' alto finchè non ci ripensa.

Forse non diversa, ma giocata su un' inontonazione ottimistica è la posizione di Tylor Cowen che puo' essere così riassunta:

"...he made a cogent case for the idea that we (in the developed world, at least) are freer now than we were in the past, and that it’s unwise for libertarians to look back on any particular era as some sort of libertarian elysium. If government was small way back when, in large part it was because everything was small. There is a tendency among some libertarians to argue for the future by going back to a past that did not exist; Cowen exposed this tendency very effectively..."



Il privato non ha mai dominato tanta ricchezza quanta ne domina oggi. Certo, ma in proporzione puo' darsi che la sua fetta sia diminuita. E come è spesa la ricchezza maneggiata dai governi? Forse è spesa anche per dare sicurezza alla proprietà privata. Tutti interrogativi che sospendono la sentenza finale.

In effetti, limitandosi all' economia, potremmo concentrarci nel valutare i parametri presi in considerazione da indici quali quello dell' Heritage Foundation o quello del Fraser Institute. Anzichè nello spazio si potrebbero stilare graduatorie nel tempo. Ho l' impressione che, nonostante le alte tassazioni, le società di oggi risulterebbero, nei fatti, molto più libere.

Cowen è concentrato sui "fatti", mentre Jouvenel sulle "minacce potenziali". Povero de Jouvenel, lo capisco visto che gli è toccato salvare la pelle in un periodo in cui quelle minacce si sono scatenate al massimo grado.

La posizione di Cowen è imbarazzante per un libertario, implica che, forse si poteva far meglio, ad ogni modo l' istituzione statale ha giovato alla causa libertaria. Vaglielo a raccontare a un misesiano.

L' essenza statale non sarebbe quindi quella espressa da De Jasay (quello che, anzichè chiedersi "cosa posso fare per lo Stato", trovava più proficuo chiedersi "cosa farei se fossi lo Stato). La libertà arricchisce e, prima o poi, tra mille resistenze anche lo Stato si piega a queste ragioni, specie se messo in concorrenza con altre istituzioni.

Mi sento abbastanza vicino a Cowen e penso che oggi, prima ancora che battersi affinchè lo Stato si estranei dalla vita sociale e di mercato, convenga "difendersi" offendendo, ovvero spingendo l' adozione di procedure di mercato all' interno delle istituzioni statali. Qualcuno chiamerà tutto questo "ingegneria" e sospetterà, a me pare una via promettente.

lunedì 2 giugno 2008

Realisti senza realtà. La vendetta dell' idealista libertario.

L' anatema più celebre contro i libertari fu lanciato dal grande filosofo Thomas Hobbes, l' autore del Leviatano.

Secondo lui l' istituzione statale, per quanto spiacevole, s' imponeva come necessaria.

Fuori dallo stato c' è solo cio' che definiva "società naturale", un ambiente in cui:

"... la vita dell' uomo si fa solitaria, povera, perfida, brutale e breve".

Sono parole immortali. Sono parole passate a prverbio e talmente vicine al buon senso - se solo si pensa ai primitivi - che ormai in pochi si peritano di soppesare.

Restano comunque i libertari e il loro idealismo un po' fanciullesco.

Ma forse il grande realista britannico non aveva visto bene la realtà. Forse non ne aveva nemmeno i mezzi.

Oggi li abbiamo e Gregory Clark è uno dei più abili nel maneggiarli.

Basterebbe osservare "la storia dell' uomo in un diagramma" per notare subito come il tenore di vita dei nostri simili non sia mai significativamente cambiato dalla preistoria al 1800.

Infatti GC lo nota. Ripetutamente. Anche perchè vorrebbe spiegare la singolare vicenda.

Forse è meglio ripeterlo: nell' Inghilterra del 1651 - anno in cui il grande filosofo proferiva il suo motto eterno - non si disponeva di mezzi materiali (case, cibo, vestiti...) granchè superiori rispetto a quelli di cui disponeva l' uomo del medioevo o il babilonese.

Neanche l' introduzione dell' agricoltura, che in molte zone soppiantò la caccia e la raccolta, fu in grado di alzare significativamente il tenore di vita. Il motivo è abbastanza semplice e mi permetto di non soffermarmi su di esso.

Semmai l' agricoltura introdusse alcuni istituti "capitalistici" da cui derivò una forte differenziazione all' interno dei componenti della società. Cominciarono a distinguersi proprietari e lavoratori.

Questa differenziazione distorce la prospettiva con cui guardiamo al nostro passato.

Dai romanzi, dai quadri spesso veniamo a contatto con lussuose tolette, con stoffe di pregio, con vestiti eleganti e quant' altro.

Ma non sappiamo di avere a che fare con un ceto elevato composto da una sparuta minoranza isolatasi grazie ai meccanismi sopra accennati parlado della rivoluzione agricola del neolitico.

In una tribù primitiva niente del genere è riscontrabile, cio' non toglie valore all' equivalenza fatta circa i living standard delle due società.

lunedì 21 aprile 2008

Troppa generosità verso i bisognosi. Pagano tutti: i poveri, i generosi e chi non c' entra nulla

La finanza stritola i più deboli e presta soldi solo a chi già ce li ha.

Non è infrequente ascoltare questo ritornello.

Se riuscite nella facile impresa di bloccare qualcuno che lo sta riptendo, non mancate di fargli notare questo documento in cui il governo invitava il sistema bancario a supportare con prestiti ipotecari le aree più povere.

Oggi gran parte di quei prestiti sono saltati in aria generando la crisi finanziaria che ci affligge in questi mesi.

L' avida finanza è stata TROPPO GENEROSA con chi non poteva permettersi certi trattamenti. E magari lo è stata per farsi benvolere dalla politica.

Perlando delle turbolenze in corso non dimentichiamoci di mettere anche questa tra le cause.

mercoledì 2 aprile 2008

Problemi con il dibattito elettorale? Una ricettina storico-economica per cavarsi d' impaccio

Sole 2.4.2008. Alesina compendia in quattro righe la storia economica dell' italia post-bellica. Ah, come mi quadra. Ottima micro lettura per chi continua a parlare di "declino".

"...l' italiano si era abituato al boom degli anni 50 e 60, un boom prolungato artificiosamente dall' indebitamento e dall' inflazione degli anni 70, 80 e parte dei 90; sciagurate politiche pensionistiche e assistenzialismo al Sud, nonchè politiche distorsive sul mercato del lavoro hanno contribuito a creare un senso di eccessiva sicurezza basato su castelli fiscali di carta. Da qualche anno [grazie ai vincoli monetari e fiscali assunti in sede europea] i nodi sono venuti al pettine. Ed ecco il declino economico [che da sempre cova ma solo oggi è visibile]..."

Direi che manca solo una mazzatina al centro-sinistra degli anni 60, ovvero a quella forza politica che semino' leggi (pensioni, lavoro...) che più tardi contribuirono al dissesto.

Tutto bello e fila bene. ma forse facciamo i conti senza l' oste: avevamo in casa il Partito Comunista più forte d' Europa, e per le strade il terrorismo rosso aleggiava quando non imperversava.

Con un bubbone del genere Andreotti ha gioco facile nel dirci: voi, con tutta la vostra spocchia, non avreste potuto far di meglio.

Ma veniamo alle ricette. Per alzare i redditi il Prof. illumina alcune vie e io ci aggiungo del mio.
  1. Alzare la produttività: lavoriamo troppo poco e troppo in pochi, aliquote differenziate per le donne (ndr molto meglio differenziare i contributi, vedi punto sotto), altri incentivi ad entrare nel mondo del lavoro.
  2. Abbassare le tasse: finanziare la misura alzando l' età pensionabile e agendo sul pubblico impiego (pre pensionamenti, mobilità...).
  3. Alzare i salari puntando sull' innovazione incentivata dalla concorrenza.
  4. Alzare i salari contenendo l' inflazione mediante deregolamentazioni (es. grande distribuzione).
  5. Alzare i salari colpendo la classe dei privilegiati mediante abolizione della contrattazione collettiva e introduzione di un contratto unico.
  6. Add1: vendere i gioielli di famiglia e fare cassa con quelli.
  7. Abbassare gli oneri contributivi e dirottare la differenza su altri pilastri previdenziali.
  8. Add3. Le solite riforme, scuola, giustizia...
  9. Liberalizzazione delle utilities.

giovedì 13 marzo 2008

Regole contro Mercato. Rodrik contro De Soto?

La fama che circonda personaggi come Rodrik e De Soto spinge a riflettere.

Si tratta di due grandi economisti che si sono spinti a fondo nella ricerca inaugurata da Adam Smith: rinvenire il segreto che rende ricca una Nazione e povera l' altra.

Il primo si è spesso mostrato critico verso le ricette comunemente utilizzate per gestire la globalizzazione.

Poichè queste ricette, cucinate dall' FMI e dalla Banca Mondiale, vengono con faciloneria etichettate come neo-liberiste, va da sè che l' economista di Harvard venga ritenuto poco più che un social-democratico.

Mi è capitato di sentire parecchi no-global citarlo attingendo alla ricchissima messe di esempi che l' Illustre ha con dovizia sciorinato nelle sue preziose pubblicazioni.

Al contrario, De Soto, si è spinto a difendere le economie illegali di cui ribolle la suburbia dei paesi poveri. I suoi libri presentano nella controcopertina i giudizi sperticati di Coase e della Thatcher. Chiude ogni suo paragrafo con una perorazione del diritto di proprietà. Ha appena vinto il premio Friedman...Insomma, appare a molti come un mastino del mercato spinto.

Eppure, quando poi vai a guardare, non c' è una grande differenza nell' approccio dei due.

Entrambi, sulla scia dell' insegnamento neoclassico, vedono nella qualità istituzionale la chiave di volta delle questioni legate allo sviluppo. Entrambi predicano forme di decentramento nell' azione volta a costruire dette istituzioni.

Rodrik giudica questo decentramento come garanzia di un approccio molteplice da contrapporre al Modello Unico (e Neoclassico) degli organismi internazionali.

De Soto si spinge ancora oltre e invita a rintracciare l' esistente embrione di regole condivise che già è presente - spesso in forma illegale - nella vita quotidiana dei diseredati. Una volta rintracciato quello scheletro, la formalizzazione del diritto dovrà tenerne conto.

In fondo dicono qualcosa di molto simile.

C' è però un elemento meramente retorico che li differenzia e che forse crea un' ingiustificata frattura negli schieramenti in cui vengono poi collocati.

Nella prosa di Rodrik si tende a sottolineare l' importanza delle Istituzioni Non di Mercato. Viene usata esattamente questa locuzione in modo che il lettore resti colpito da quanto il fondamento di tutto non sia affatto il mercato. Rodrik ci appare subito come un non-fondamentalista, per lui contano le Regole. Il mercato viene dopo.

Altra storia per De Soto. Invitandoci a formalizzare dette Regole sulla base delle consuetudini, il peruviano non puo' enfatizzare l' estraneità di quelle Regole rispetto ad un fenomeno contrattualistico. La consuetudine infatti emerge hayekianamente da una miriade di interazioni umane, ovvero da qualcosa che assomiglia molto ad un mercato.

Personalmente attribuisco a Rodrik un' imprecisione retorica. Per i fini che si propone lo studioso è praticamente irrilevante ma per il giudizio ideologico che a me interessa ora, no.

Come distinguere infatti chi assume le Regole come fondamento contrapponendole al mercato, operazione che traspare dalla retorica di Rodrik?

In genere costoro prediligono soluzioni centraliste: esistono delle Regole e vanno poste a fondamento. Tutto deve girare intorno ad esse.

La soluzione "localista" in fondo cos'è se non un "mercato delle regole": esistono dei set istituzionali differenziati, che competano visto che sono entrambi legittimi. Ma optare per un "mercato delle regole" è un modo per asserire la superiorità del Mercato sulle Regole.

Poichè abbiamo visto che sia De Soto che Rodrik propendono per la soluzione istituzionale localista, allora entrambi, nella diatriba Regole contro Mercato, appartengono di diritto allo stesso schieramento.



ADD1. A chi si infervora nel proclamare in astratto la necessità di un' imprescindibile gabbie di regole a fondamento della vita civile e a barriera di un mercato pervasivo e corruttivo, fate pure presente che sono in molti a ritenere la Costituzione come un contratto su cui gli italiani fondano la loro convivenza. Poi fate anche presente che "il contratto" costituisce l' atto di mercato per eccellenza. Dopodichè attendete risposta.

lunedì 10 marzo 2008

Fine dello Stato

Per dimostrare l' incompatibilità tra Federalismo e Secessione si ricorre spesso all' argomento per cui non siano mai esistite Costituzioni federali che prevedano, regolandoli, processi secessionistici.

A rigore questo non è vero. Le Costituzioni di URSS (art.77), Etopia e Birmania, prevedevano questa eventualità, per quanto fossero formulazioni astratte e di mera convenienza. La secessione dell' Irlanda nel 1921 non era prevista dalla Costituzione, ma lo stesso non puo' essere affermato tanto perentoriamente per la secessione della Slovacchia e per i referndum secessionisti del Quebec.

John Caldwell Calhoun volle basare la Secessione statunitense sulla Costituzione. Fu sconfitto nei suoi intenti grazie alla valorizzazione del concetto di Sovranità. La Sovranità Popolare è sempre unica.

Del resto fu il grande giurista tedesco Carl Schmitt ha individuare una derivazione diretta tra i concetti teologici e quelli politici relativi allo Stato: la Sovranità non puo' che essere unica e indivisibile poichè tale è la sovranità divina.

Accogliendo l' intuizione di Schmitt si sarebbe portati ad affermare, non tanto l' incompatibilità tra federalismo e secessione costituzionale, quanto quella tra secessione e statualità.

Il giorno in cui si riuscirà ad introdurre una regolazione dei processi secessionistici all' interno delle Costituzioni, potremmo dire che sarà arrivata la fine dello Stato. Da notare che la cosa prevede una relativamente semplice fattualità formale. Che l' istituzione statuale abbia un suo inizio e una sua fine è sempre stato negato da chi ricorre alla concettualistica teologica indicata da Schmitt.

Già in passato gli studiosi si divisero circa la possibiòità di prevedere clausole scissioniste nel patto costituzionale. Altusio era favorevole, Hobbes no. Locke e Grozio le ammettono in circostanze eccezionali come varianti del famoso "richiamo al cielo".
GM e AB: FS

mercoledì 27 febbraio 2008

Perchè alla gente piace tanto il Governo

A dispetto di tutte le evidenze il cittadino medio continua a preferire che la mano pubblica intervenga pesantemente anche laddove non ha molto senso che lo faccia. Perchè quest' amore sfrenato per il governo?

Per Klein lo Stato non altro che un punto focale in senso schellingiano, a lui guardiamo per cooridinare i nostri comportamenti quando siamo immersi nella molteplicità e nella complessità. Sradicarlo è molto doloroso quand' anche una condizione alternativa si riveli più propizia per in nostri affari. Non mancano le vie attraverso cui realizzare una transizione.



Distorsioni nel calcolo del rischio ambientale

Nelle questioni ambientali appare più che altrove la tendenza ad assumere posizioni irrazionali in cui i rischi vengano sistematicamente sovrastimati.

Una possibile spiegazione del fenomeno la danno Kuran e Sustein. Esiste una chiara evidenza per cui l' individuo amplifica la probabilità di eventi cosiddetti "memorabili", ovvero eventi singolari e strani es: uomo morde cane.

Purtroppo questo genere di eventi sono anche quelli di cui i mass-media sono sempre a caccia, con una certa regolarità ci riproporranno la storia in cui un uomo ha morso un cane distorcendo la sensazione di rischio percepito.

Queste approssimazioni sono possibili laddove il rischio rimane pur sempre lontano e improbabile, laddove anche un errore di calcolo non tocca in modo molto sensibile la nostra vita quotidiana, in caso contrario, l' esame dei fatti sarebbe condotta da ciascuno di noi in modo ben più accurato.

Le catastrofi ambientali hanno proprio questa caratteristica: sono eventi singolari e strani ma rimangono pur sempre relegate in uno spazio remoto che per ora non ci tocca nell' immediata contingenza.

Questo meccanismo (avaibility cascade) spiega anche l' eccessiva domanda (e offerta) di regolamentazione in tema assicurativo, un buon argomento da contrapporre a quello canonico della selezione avversa.

BC MRV p.208

sabato 2 febbraio 2008

Cittadinanza negoziabile

Idea bizzarra, al limite del provocatorio. Eppure a sua difesa possono essere protocollati alcuni argomenti.
  1. Facilitare la concessione del voto agli immigrati o garantirlo a tutti gli italiani all' estero? Chi è più interessato alle buone sorti del Bel Paese? Arduo dilemma che cesserà d' importunarci adottando la misura in esame.


  2. Politiche di privilegio sarebbero ostacolate dalle speculazioni inevitabili che si produrrebbero sul titolo della "cittadinanza". Cio' significa poco welfare, poca redistribuzione e, più in generale, maggiore astrattezza delle leggi.


  3. Politiche estese da parte dei governi verranno arginate dalle possibili speculazioni sul titolo della cittadinanza, nonchè dalla inevitabile selezione avversa che verrebbe a prodursi su quei mercati.


  4. Eventuali inconvenienti in materia fiscale sono solo apparenti visto che un sistema fiscale si impernia su concetti quali quello di residenza e di territorialità del reddito.


  5. I rischi alla democrazia potrebbero essere facilmente attenuati impedendo di cumulare titoli di cittadinanza.


  6. La negoziabilità del voto soffre di molti inconvenienti. Piuttosto che rinunciarvi, la negoziabilità della cittadinanza offre un' alternativa allettante. Non dimentichiamoci che nel pacchetto diritti/doveri del cittadino, il diritto di voto è preminente.


  7. Diversamente da quanto si crede, per essere implementata, una politica di tal fatta non richiede "universalità".


  8. Le quotazioni del titolo di cittadinanza offrono un criterio di valutazione della politica utilizzabile in diversi modi come alternativa al voto e alle imperfezioni di questo strumento.


  9. Jus sanguinis o Jus Solis? Altro dilemma che possiamo finalmente tralasciare. La cittadinanza dei figli si uniforma alla "titolarità" dei genitori.


  10. Verrebbe sollecitato un sentimento cosmopolita e pacifista. Il patriottismo più arcigno e retrivo subirebbe un colpo ulteriore. In assenza di "patriottismo coatto" taluni appelli al bene pubblico e al pubblico interesse perderebbero la loro presa. Anche la psicologia vuole la sua parte.
  11. Introdurre diversi gradi di cittadinanza. Un movimento verso l' ottimo paretiano.



Addendum. Variazione sul tema: vendere ai clandestini il diritto di restare.

mercoledì 30 gennaio 2008

La monarchia di diritto divino

[...] nell'Europa uscita dal Rinascimento e dalla Riforma, il potere monarchico si era rafforzato ed ulteriormente accentrato, onde la sua efficacia era di gran lunga superiore a quanto non fosse mai stata nel Medioevo feudale. Il feudalesimo aveva cessato di esistere in quanto sistema di organizzazione dello Stato, dacché tutto il potere s'era concentrato nelle mani del sovrano. Il conseguente incremento del loro potere politico era sostenuto dai monarchi con giustificazioni ideologiche destinate ad essere assai più efficaci e persuasive nei confronti della Chiesa di quanto non fossero quelle dei loro predecessori feudali. Protestando di aver ricevuto il potere direttamente da Dio, i sovrani implicitamente respingevano il concetto medioevale secondo cui supremo dispensatore di ogni autorità era, come affermato nella bolla “Unam Sanctam”, il pontefice. Pretendendosi chiamati ad esercitare la dignità regale per grazia di Dio (Dei gratia), i sovrani rivendicavano il diritto ad esercitarla senza restrizioni di sorta, mentre nessuno avrebbe potuto privarneli senza recare offesa a Dio stesso. Ne risultava il rifiuto sia della giurisdizione ierocratica di Roma, sia della pretesa calvinista di opporsi, se necessario, al potere temporale in nome della «vera religione».

lunedì 28 gennaio 2008

Piano con la Grande Coalizione

I casini che sta combinando in Germania.

"...German discussion of economic policy is appallingly demagogic. Neglect of economic reasoning has resulted in the threat of a maximum wage and passage of a minimum wage that will cost thousands of jobs..."

giovedì 24 gennaio 2008

Il Paese della Sfiducia

Se ne è parlato a Fahrenheit

Cosa sono le Istituzioni? Sono delle Organizzazioni (strutture) sociali create al fine di perseguire il bene pubblico.

Perchè la gente non si fida delle istituzioni? O perchè non funzionano o perchè si è preda di un abbaglio collettivo. Tenderei ad escludere questa seconda ipotesi.

Perchè le istituzioni non funzionano?


  1. Per colpa delle persone: sia coloro che non le rispettano, sia coloro che le occupano in modo immorale e incompetente.
  2. Perchè sono costruzioni mal progettate. Perchè sono Organizzazioni mal strutturate.

Come rimediare? Dipende se la diagnosi è la prima oppure la seconda.

Nel caso sia la prima occorre: EDUCARE (ed ecco che l' umanità va divisa tra educatori ed educandi), INCRIMINARE (la malapianta va estirpata), MORALIZZARE (l' etica è tutto)- Ho citato alcuni campioni di questo approccio (Grillo, Travaglio, il clan di Repubblica...) ma potrei anche sbagliarmi.

Nel caso sia la seconda occorre: EFFICIENZA (Responsabilità, Meritocrazia...)

***

Chi ha una visione liberale caldeggia la seconda ipotesi. La prima appare poco consistente oltrechè irta di insidie. A parte la facile deriva a cui sono soggette la criminalizzazione e le campagne moralistiche, consideriamo un attimo l' EDUCARE.

A parte la necessaria e pericolosa distinzione che s' imporrebbe tra EDUCATORI/EDUCANDI, vediamo un altro punto.

Si puo' educare ad essere uomini, oppure ad essere cittadini. Il liberale opta per la prima ipotesi. La cittadinanza è una libera scelta dell' interessato, non una scelta che l' educatore fa per lui. Se non fosse così le scuole rischierebbero di diventare dei centri di reclutamento con una visione militaristica. Anzichè parlare di soldatini parleremmo di cittadini ma la sostanza non cambierebbe. Fuori il Regolamento dalle scuole, fuori la Costituzione.

***

Addendum 1 e 2

Nessuno nega che sia la cultura che le istituzioni abbiano un peso. Infatti:

"...if you think that culture matters but institutions do not, look at North and South Korea. If you think that culture does not matter at all, look at differences among different ethnic groups within countries..."

Tuttavia è necessario porre le istituzioni al centro dell' analisi per il semplice fatto che sono l' elemento rigido a cui una cultura flessibile si adatta.

"...however advantageous a culture may be, it cannot overcome bad institutions. And however disadvantageous a culture may be, it will improve when people get to live under institutions of political and economic freedom. Culture can act as a constraint, but it is also a malleable constraint. The important causal variable is the set of rules that govern the way we interact with one another and with the resources at our disposal. Those rules must enable our ability to realize the gains from specialization and exchange, and reap the benefits of innovation..."



sabato 15 dicembre 2007

Inutile una legge su quattro

La ghiglittina delle norme inutili è pronta a scattare dal 2009. Colombo/Rogari sole 151207 p.1

venerdì 14 dicembre 2007

Lo Stato grasso

Porro presenta Porro. E presenta anche le differnze tra i denunciatori di sprecopoli: c' è chi vorrebbe porre rimedio riqualificando la spesa e chi invece tagliandola.

giovedì 13 dicembre 2007

Sovranità in vendita

Perchè Elvis compare sui francobolli del Burkina Faso? Un nuovo studio sulle sovranità in vendita: dai francobolli, alle bandiere, fino ai paradisi fiscali. Un nuovo studio.

Farmaci con troppa burocrazia

Richard Epstein parla al sole (13.12.2007 p.12) del suo nuovo libro per ibl: Overdose.

La burocrazia incide eccome sui prezzi dei medicinali.

Governare per finta. Non è poi così difficile

Accade in India: scoperti falsi uffici governativi. Raccoglievano tasse, fornivano i servizi e rilasciavano anche certificati.
Addendum