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martedì 20 maggio 2008

La sacra alleanza tra giustizialisti e garantisti

"... i criminali hanno una certa attitudine al rischio... se non lo avessero si guadagnerebbero la vita impugnando uno straccio giù all' autolavaggio...".

Il libro di SL continui a leggerlo anche dopo che lo hai chiuso: puoi farlo visto che i suoi concetti base sono sintetizzati in due righe che riecheggiano nella mente anche quando sei sotto la doccia. E magari proprio lì dentro hai l' illuminazione.

Dalla premessa sopra riportata, SL trae alcune coerenti misure per la lotta contro il crimine: dobbiamo rendere l' attività criminale meno attraente, ovvero: meno rischiosa.

Farlo è semplice. Ammettiamo che non s' intenda inasprire il sistema. In questo caso basterebbe aumentare le probabilità di condanna diminuendo le pene previste.

Alcuni fatti a sostegno esistono: il numero di condanne alla pena capitale produce più deterrenze rispetto al numero di esecuzioni.

Un suggerimento del genere da noi è destinato a riscuotere scarso successo.

Sia i giustizialisti che i garantisti si opporrebbero: i primi si oppongono a qualsiasi sconto di pena, i secondi inorridiscono all' idea di un innocente ai ceppi.

Considerata poi la nostra storia recente in materia di giustizia, è facile osservare che sul campo sono rimasti solo loro: garantisti e giustizialist.

Nella nostra cultura giustizialista/garantista probabilmente c' è una falla: noi non vogliamo una giustizia che funzioni, quanto piuttosto una giustizia che separi i buoni dai cattivi.

C' è differenza? Sì, spesso una giustizia comincia a funzionare proprio quando rinuncia al discrimine netto tra onesti e disonesti.

Prendiamo una delle poche riforme positive della giustizia in Italia: il contenzioso tributario.

Cio' che ieri era estremamente macchinoso, cio' che ieri si perdeva in lungaggini ed accumulava arretrato, oggi si è snellito smaltendo quasi interamente il lavoro pregresso. Come? Grazie ai concordati, ovvero l' esaltazione della via di mezzo.

Il concordato è una specie di condono: tu paghi una percentuale della sanzione e io rinuncio a perseguirti. Conosciamo tutti il caso di Valentino Rossi: pagando una somma concordata ha ottenuto il condono dell' accusa che gravava su di lui. Come ha fatto Valentino, fanno ogni giorno migliaia di italiani: le casse dello stato si rimpinguano, il cumulo di processi si smaltisce e l' accusato torna alle sue faccende.

Purtroppo noi non sapremo mai se Valentino è disonesto o meno, il processo non verrà mai celebrato.

Questo fatto è intollerabile per un "giustizialista". Costui è essenzialmente un moralista ed è assetato di colpevolezze e di innocenze immacolate. Per la sua cultura non esiste giustizia senza un verdetto bivalente. E intanto, anche a causa di queste fisime, da noi non esiste giustizia funzionante.
***
SL lo dice da subito: a lui interessa solo una giustizia funzionante, ovvero una giustizia con i giusti incentivi.

Altro cardine per noi intollerabile della giustizia funzionante: la responsabilità dei giudici.

SL prevede multe e premi per quei giudici che vedono i loro giudizi riformati o confermati a posteriori.

Emergono fatti nuovi (prova dna, nuove confessioni, nuovi ritrovamenti...) e chi era stato condannato viene assolto? Multa per il giudice che aveva emanato il verdetto a suo tempo.

Ma che colpa ne ha il giudice se al momento della pronuncia la prova del dna non era disponibile?

Rispondere con una domanda non è elegante ma, in questo caso, è efficace: ma che colpa ne ha il contadino se cade la grnadine? che colpa ne ha il poeta se il suo libro non ha successo? Che colpa ne ha l' imprenditore se i prezzi crollano e deve chiudere bottega?

Non conosco esattamente la colpa di questi soggetti. Di sicuro renderli responsabili gli incentiva ad agire per il meglio.

E ci siamo di nuovo: l' espressione "... non conosco esattamente la colpa di questi soggetti..." è un passaggio chiave per giungere all' efficienza. Ma nello stesso momento è un passaggio intollerabile per la cultura garantista/giustizialista.





venerdì 16 maggio 2008

Lo strano caso di IE

Dopo trent' anni di studi sugli effetti della pena di morte (qui una rassegna equilibrata), di tanto in tanto ancora spuntano alla Tv o sui giornali personaggi disposti a dichiarare con tutta l' enfasi del caso che una simile punizione non serve a niente.

Sarà, ma chi è andato a fondo alla questione è arrivato a conclusioni ben diverse.

Negli USA per esempio, molto si è dibattuto, alcuni ritengono che ogni esecuzione salvi 8 vite, altri che ne salvi 24. Molti si collocano tra questi due estremi. L' effetto deterrenza però non sembra contestato.

Chi non trova giusto che il boia disponga della vita di un uomo, si dovrebbe fare carico anche delle altre 8-24 vite. Solo in questo modo comincerebbe una seria discussione morale.

Isaac Ehrlich è lo studioso che con il suo lavoro certosino ha convinto la gran parte degli economisti. Ha convinto anche se stesso, devo dire.

Resta da notare un' ultima cosa, la menziono perchè alle nostre latitudini potrebbe risultare addirittura curiosa.

IE ha cosruito un lavoro sistematico rispondendo nel dettaglio a molte contestazioni e giungendo sempre alla medesima conclusione: la pena capitale nel complesso funziona. Ciò non gli ha impedito di essere uno dei più strenui oppositori alla sua applicazione nel mondo. Uno mica deve fare l' economista 24 ore al giorno.

Particolari in SL p.131

mercoledì 9 aprile 2008

Comprarsi la depenalizzazione

Quando il governo Berlusconi varò la depenalizzazione del falso in bilancio in molti gridarono allo scandalo additando agli USA come modello di severità esemplare.

In effetti le nuove leggi SOX sono molto severe (anche se il giudizio a posteriori su di esse è in genere negativo).

Se poi allarghiamo il campo ad altri comportamenti delle grandi compagnie, notiamo che la "depenalizzazione" comincia ad essere messa in vendita. Non sorprende dunque che in molti abbiano deciso di comprarsela.

Lo fanno ormai parecchie multinazionali americane versando un canone periodico all' amministrazione. Forse funziona. Qualche links sugli ancora scarsi studi in merito.

martedì 8 aprile 2008

Qualche speranza solo dai fallimenti totali

Svanito l' effetto dell' indulto torna a riproporsi l' emergenza carceraria. Manco fosse la monnezza.

Finalmente anche in Italia l' opzione privatistica comincia ad essere presentata seriamente.

Unico rammarico: ma perchè da noi queste opportunità si presentano in modo timido solo dopo il prevedibile fallimento completo e su tutta la linea della gestione pubblica?

KPMG, società di servizi, sta disegnando forme di project financing come soluzione alle esigenze di spesa pubblica. Un esempio per tutti è il Regno Unito. Il governo britannico ha dato in concessione la costruzione e la gestione delle strutture carcerarie riuscendo, secondo Kpmg, ad arginare il problema del rapido e costante aumento dei carcerati e della spesa relativa, il tutto accompagnato da migliori condizioni per gli ospiti.



Per approfondire vedi articolo sole p.3 8.4.08 Marika Gervasio

venerdì 4 aprile 2008

Nothing works/Nothing works well/Something works

La storia che valuta il successo dei programmi riabilitativi in favore dei carcerati è particolarmente severa.

Martinson è stato il primo sostenitore della tesi "nothing works". Conclude così passando in rassegna 231 studi dal 45 al 68.

Una tesi successivamente confermata anche da Lipton/Martinson/Wilks.

Conclusioni similari vengono dal Panel on Research on Rehabilitative. In particolare Sechrest/White/Brown.

Non mancano studi che sottolineeano la scarsa qualità dei programmi analizzati. per esempio Gendreu/Ross.

Ma anche Hallek/Wittte.

Aggiungo anche Mair.

Il Panel, stimolato, insiste tentando di comprendere ulteriore materiale. Eppure le conclusioni non cambiano. Vedi in proposito Martin/Sechrest/Rdner.

Lattimore/Witte, successivamente, sono i più sistematici nel concentrarsi sull' importanza della qualità.

Sforzo doppiato da Lattomore/Witte/Baker.

Infine, un po' a sorpresa, uno dei coautori (Witte) ritratta gran parte delle precedenti conclusioni nel capitolo da lui curato in questo libro.

Leggermente diverso è il discorso sui programmi per i rilasciati e i detenuti in libertà vigilata.

Nel suo lavoro seminale Cook osserva come i prograami svolti in carcere abbiano scarsa influenza sulla recidività nonostante che le abilità risultino effettivamente aumentate. Cook suggerisce di privilegiare la ricerca del lavoro e il training on job.

Marks e Vining supportano Cook.

Mallar e Thornton documentano i risultati scadenti del programma LIFE.

Couch fa altrettanto per quanto riguarda il National Supported Work Program.

Basta così, concluderei con le parole dell' economista Kenneth Avio (Economics of Prison):

"...the evidence can be summarized as "nothing works well". Certainly the evidence suggests that a magic one-size-fits-all rehabilitation bullet does not exist. These programs tend to be "successful" only when evaluated on the basis of limited outcome mesaures and even then, the magnitude involved are typically small. Finally, it bear noting that even if "something works" in the limited sense of achieving e beneficiasl measured outcome, it may still be the case that such programs are too expensive to be worthwhile or that the resulting added incentives for individuals to enter the criminal market make the program indesiderable on net...".

venerdì 28 marzo 2008

L' arte di provocare

Non si sa bene se conti di più il coraggio o l' esibizionismo, ci sono però alcuni studi curati da economisti che possono tranquillamente essere considerati come "molto provocatori". Non a caso hanno scatenato una miriade di risposte tese a ridimensionarne la portata delle loro conclusioni quando non la confutazione pura e semplice. Il tutto condito da contro repliche e bagarre accademica.

Di seguito vorrei accenarne qualcuno.

John Lott non solo si limita a smentire ogni rapporto tra diffusione delle armi e diffusione di crimini violenti ma addirittura rileva una correlazione negativa.

Isaac Ehrlich in un suo storico studio rileva un chiaro effetto deterrente della pena di morte.

Robert Martinson, in uno studio che ha fornito la costola da cui è uscito mezzo mondo di studi accademici, rilevava come tutti programmi riabilitativi in favore dei carcerati avessero un effetto praticamente nullo.

Charles Murray: Bell Curve. Intelligence and Class Structure in America. Per conoscere a grandi linee il futuro di una persona (successo economico, capacità lavorativa, potenziale criminale...) la cosa più ragionevole da fare è guardare al suo QI. Con il QI si faranno predizioni più adeguate rispetto a chi si concentra sul contesto o il grado di istruzione. Cio' significa, per esempio, che un datore di lavoro dovrebbe discriminare in base al QI se vuole agire ragionevolmente. Aggiungiamo poi che il QI è strettamente legato all' etnia e... Davvero imbarazzante. Certo, il QI delle etnie cambia nel tempo (qui la vulgata ha tradito il buon Murray banalizzando il suo messaggio), però...bel colpo Murray, ci hai davvero provocato a dovere.

Greg Mankiw propone di tassare in base alla statura. L' ironia è scoperta. La provocazione sta nel fatto che una simile tassa risponde a tutti i requisiti dell' ottima politica fiscale così come la intendiamo oggi.

Bryan Caplan invita a disincentivare l' afflusso al voto. Quando la percentuale dei votanti è bassa si alza la percentuale degli "esperti" e il voto risulta più consapevole.

Robert Fogel: la schiavitù fu un sistema efficiente e, prima della guerra civile americana, la qualità di vita di uno schiavo del Sud era più elevata rispetto a quella di un operaio del Nord.

Daniel Gros: le "bolle" fanno bene all' economia, basta una rassegna delle più recenti per capirlo.

...continua...

giovedì 20 marzo 2008

Giustizia italiana, cosa c' è che non va (riforme) *

Un quadro della giustizia italiana alla ricerca delle radici del male.

Anche qui (disponibilità prossima) si puo' ascoltare un' analisi del bubbone.

Veniamo a conoscenza di come si spalmino silenziosi i costi di questo malfunzionamento. Perchè il mutuo da noi costa di più? Anche perchè la banca spende di più per pignorare la casa all' insolvente. Perchè le assicurazioni costano una cifra? Perchè i loro uffici legali costano una cifra.

E' nelle cancellerie che il vero disastro si realizza. Perveniamo ad una sintesi.

  1. I giudici lavorano con il freno a mano tirato. Se non smettessero alle 14.00 le Cancellerie non potrebbero mai smaltire i loro carichi di lavoro.
  2. Hai voglia a punire i recidivi. Per la giustizia molti super recidivi non sono tali. Le Cancellerie non hanno il tempo di registrarli!
  3. Calma con l' abolizione degli appelli. Prima dare un' occhiata alla percentuale delle sentenze riformate.
  4. Le colpe della giustizia molto spesso non sono altro che colpe da girare ad un legislatore ipertrofico.
  5. I tempi della giustizia sono allungati dai tempi morti.
  6. La domanda di giustizia che alluviona i nostri tribunali è eccessiva. Semplificazione e outsourcing.
  7. Troppi diritti, troppa domanda di giustizia. Troppo casino legislativo, troppo azzardo morale degli avvocati.

Da quanto detto i problemi sono soprattutto di natura organizzativa, come del resto era lecito attendersi. In questi casi l' economista forse ha qualcosa da dire. Anzi, avrà sempre le stesse cose da dire. In genere gli converrà fare uso di termini quali "responsabilizzazione". E' questa infatti una parola che, non si sa il motivo, suona tanto dolce a tutte le orecchie. Un' ottima maschera che riesce a celare il suo significato più intimo, ovvero incentivazione, ovvero privatizzazione.

Facciamo qualche piccolo esempio di soluzione pratica. Si tratta di sogni sognati tra il letto e il tavolino. Il decalogo è questo:

  1. Favorire l' accordo transazionale tra le parti. Prendere ad esempio lo spaventoso smaltimento semi instantaneo di cui ha beneficiato la giustizia tributaria con l' introduzione di varie forme di concordato.
  2. Favorire la scelta di tribunali alternativi (ADR).
  3. Correlare il compenso dei giudici alla quantità del lavoro svolto e alla qualità dello stesso.
  4. Separare la carriera di giudici e pm (c' è ancora bisogno di dirlo?)
  5. Foro libero (e concorrenza tra fori). Non dico di arrivare ad una giustizia liberale in cui 1)ciascun cittadino deve iscriversi ad un “tribunale” 2) ciascun tribunale deve accordarsi con gli altri per “regolare i conti” dei rispettivi clienti 3) si possono trasferire le pretese risarcitorie-, ma almeno ad un' approssimazione.
  6. Taglie. Si trovi un modo più civile per dirlo (delatore civico?9 ma ci siamo capiti. I processi con prove chiare dovrebbero essere più semplici e veloci.
  7. Buoni giustizia.
  8. Carriera dei magistrati da legare alla scelta del foro da parte di soggetti "fuori distretto". Oppure al ripiego su ADR dei soggetti distrettuali.
  9. Responsabilità dei giudici: incentivi monetari (Landsburg cap. 7)
  10. Respnsabilità degli avvocati: affittare le aule L;
  11. Incentivo ai PM: budget per gli anni di carcere L;
  12. Aumentare le condanne e rendere meno severe le pene L;
  13. Prove irregolarmente ottenute ed altri errori formali: miltare ma non archiviare
  14. Carceri private e depenalizzare. La seconda misura è necessaria visto il sovraconsumo del primo bene.
  15. Mettere in vendita la penalizzazione e vincolare i contributi da destinare alla giustizia.
  16. Informatizzazione delle cancellerie.
  17. Lavori forzati e sequestro: finalizzare tutto al risarcimento.
  18. Elettività della magistratura. E' un modo per dire via all' obbligatorietà dell' azione giudiziaria. Oggi la politica giudiziaria, nei fatti, la fa gente estranea ad ogni forma di consenso.
  19. Patto quota-lite: deflaziona le cause.

lunedì 10 marzo 2008

Libertari nei mondi virtuali

E' sorprendente quanto la gente sia disposta ad accettare disparità di condizioni anche pesanti quando i punti di partenza sono i medesimi. Un esperimento di massa in proposito è fornito dai "mondi virtuali" che proliferano su internet. Ne parla Castronova.

sabato 8 marzo 2008

Vite a buon mercato

Occhio per occhio, dente per dente. Oggi ci ripugna venire a contatto con quelle idee che stanno comunque alla base del nostro sistema giudiziario. Preferiamo ammantare il carattere compensativo della pena con altre sue più presentabili funzionalità. Eppure la matrice di una buona giustizia resta pur sempre quella. Dove lo scambio non funziona la vittima si sente tradita.

Un mondo dove ci si paga scambiandoso "pezzi di corpo" è un mondo che la lezione cristiana non tollera: un mondo incompatibile con il reale valore della vita umana.

Non la pensa così l' erudito giurista William Ian Miller. Nella sua appassionata ricognizione sulle "culture dell' onore", conclude che il loro mancato sviluppo dipendesse da un eccessivo valore dato alla vita e al corpo in genere. Una vita soppressa o diminuita, costava parecchio al colpevole, troppo. Cio' impediva la necessaria accumulazione di capitali. Tanto per fare un esempio: immaginate se ogni incidente mortale dovesse costare la vita all' imprudente. In queste condizioni il capitale era sempre precario e poco disponibile ad essere indirizzato verso impieghi produttivi di lungo periodo. Anche la separazione della società in caste (Signori, plebe...) è forse volta a porre un freno alla repentina mobilità sociale che da simile sistema di giustizia si scatena.

Oggi noi rinunciamo a tanta meticolosa compensazione giustificando razionalmente la nostra denuncia e dicendo che gli inconvenienti che mi colpiscono oggi a causa della tua improvvida azione, domani potrebbero vederci protagonisti a parti rovesciate.

WIM EFE p. 55

martedì 4 marzo 2008

La Pace, una questione fra bottegai

Basterebbe un' indagine sull' etimo per stabilire connessioni che inquiterebbero il tipico sbandieratore di vessilli arcobaleno.

"...take the word pay...pay comes from the latin pacare, which means to appease, pacify, reduce to peace...remarkable: the english world peace, coming via latin pax from pacare, derives from the idea of payng..."

William Ian Miller. Eye for an Eye, p.15

lunedì 3 marzo 2008

La deterrenza della prigione

Sembra essere scarsa considerati i comportamenti criminali intorno ai 18 anni, ovvero intorno all' età oltre la quale la durata della pena s' impenna.

Ma forse non abbiamo a che fare con individui razionali in senso classico. Tanto è vero che li riteniamo minorenni per quanto riguarda tutte le altre faccende.

martedì 5 febbraio 2008

Class action all' italiana

Luci ed ombre.

"...la class action italiana è utile perché abbassa i costi di accesso alla giustizia e attenua le conseguenze sociali derivanti da perdite patrimoniali di masse di piccoli investitori. Per il suo effetto preventivo rappresenta un elemento essenziale per il buon funzionamento dei mercati finanziari. Opinabile la legittimazione ad agire riservata alle associazioni dei consumatori, mentre il percorso per arrivare al risarcimento è comunque lungo. Ma l'incognita maggiore è se la nostra giustizia sarà in grado di governare controversie così complesse e difficili..."


add1. Come correggerla.

La class action sarà presto una realtà anche in Italia; Il testo approvato dal enato rappresenta una minaccia non solo per le imprese, ma anche per la tenuta del sistema giudiziario italiano; In questo Briefing Paper vengono proposte alcune modifiche per rendere migliore il testo del provvedimento; Tra i rincipali difetti dell’emendamento alla Finanziaria, la facoltà di lanciare azioni di classe viene garantita solo a un ristretto numero di soggetti autorizzati; Inoltre, rebbe opportuno ssoggettare la class action a una sorta di valutazione preventiva; otrebbe anche essere tile obbligare le parti a tentare di raggiungere un accordo prima di procedere alla ausa; Probabilmente la soluzione più accettabile arebbe quella di sopprimere interamente l testo e adottare in toto la proposta apezzone-Poretti, che di certo costituisce il progetto di legge più raffinato presentato su questo tema.


mercoledì 9 gennaio 2008

venerdì 21 dicembre 2007

Quattro conti sulla pena di morte...per gli hackers

Li fa per noi quel duro di Steven E. Landsburg
  1. Stando agli studi disponibili l' esecuzione di un assassino salva circa 10 vite.
  2. Il valore medio di una vita è circa di 7 milioni di dollari.
  3. L' esecuzione di un assassino vale dunque circa 100 milioni di dollari.
  4. Compare that to the benefit of executing the author of a computer worm, virus, or Trojan.
  5. La diffusione di virus costa all' incirca 50 bilioni di dollari all' anno.
  6. Se la deterrenza di un' esecuzione copre almeno i/5 dell' 1% di questa cifra, il gioco vale la candela.
  7. E' praticamente certo che il gioco valga la candela.

Scherzo, nè.

mercoledì 19 dicembre 2007

La pena di morte pensata

Alcuni link sul tema:

  1. Isaac Ehrlich: lo studio leader sul tema della deterrenza.
  2. John Lott passa in rassegna gli studi sull' effetto deterrente.
  3. 13 studi sull' effetto deterrenza e sulle problematiche etiche.
  4. Rassegna critica degli studi sulla deterrenza.
  5. Becker e Posner si sbilanciano.
  6. La critica più seria alla deterrenza (publication bias).

Proposta: perchè non introdurla per chi la chiede? I fanatici dell' eutanasia un pensierino dovrebbero farcelo.