Visualizzazione post con etichetta elitismo populismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta elitismo populismo. Mostra tutti i post

martedì 12 febbraio 2019

COME DISINNESCARE IL POPULISMO

COME DISINNESCARE IL POPULISMO

In genere il populismo è auto-distruttivo, ci pensano le sue sciagurate politiche a fare il lavoro sporco: protezionismo, assistenzialismo, indebitamento a oltranza, guerra al lavoro e ai capitali finanziari non possono che sfociare in isolamento e stagnazione. Ben presto il populista sarà costretto a scappare in elicottero dal tetto della Casa Rosada circondata dagli stessi forconi che un attimo prima inneggiavano a lui.

Per un paese i guai seri cominciano quando il populista ne imbrocca una e allunga così la sua permanenza al potere. Bisogna evitare che politiche del genere siano a sua disposizione. Ma quali sono?

Qui penso alla politica monetaria. Non vi sembra che quella della BCE sia eccessivamente restrittiva e i populisti potrebbero aver ragione?

Supponiamo che nei prossimi anni i populisti europei vadano al potere vincendo le prossime elezioni. In tal caso, ci sarà quasi certamente un cambiamento nel mandato della BCE nel senso di strategie più espansive. Una misura del genere – ne basterà l’annuncio - avrà probabilmente successo, una certa crescita si concretizzerà e nelle menti degli elettori questo tenderà a confermare che i tecnocrati erano in errore su tutto e che i populisti hanno ragione riguardo all’economia nel suo complesso. Ergo: l'élite europea sta giocando col fuoco insistendo su una moneta forte.

Nel 1933, un rilassamento nell'emissione di moneta rese relativamente facile a Hitler generare quella rapida crescita economica che lo stabilizzò al potere. Negli Stati Uniti, il paragone non sia irriverente, Franklin Delano Roosvelt diventò molto popolare durante la metà degli anni '30, anche se la maggior parte delle sue ricette erano decisamente distruttive. Nei suoi mandati si ebbe infatti l’accortezza di rilassare la moneta e questo compensò gli innumerevoli errori.

Conclusione: libero mercato e politica monetaria hanno un cattivo rapporto, su questo la storia è chiara, ma va aggiunto che si tratta di un rapporto asimmetrico: quando i guai derivano da un errore in eccesso (iperinflazione) le colpe vanno giustamente al sistema politico, quando invece si sbaglia per difetto (recessione) le colpe chissà perché vanno al sistema economico. Non so spiegarmelo ma è così, vediamo di tenerne conto.

venerdì 11 gennaio 2019

POPOLO ED ELITE

POPOLO ED ELITE

Regola generale della politica: in ogni popolazione esiste un 10% di individui che si schiera in modo autonomo, genuino, valutando il merito delle cose secondo le proprie competenze.
Il restante 90% (“popolo bue”) si schiera mosso da conformismo, desiderio di affiliazione o di identità. Mi riferisco all’insegnante di provincia sedotta dal civile e dotto eloquio televisivo dell’accademico prestato alla politica, come all’ultrà della curva empatico ai toni schietti del neo-leader ruspante.
Facciamo ora il caso in cui il 5% dei “genuini” si schieri su posizioni “élitarie” (PE) e l’altro 5% su posizioni “populiste” (PP). I conformisti si schierano poi al 45% su PE e al 45% su PP.
Conseguenza: il partito élitario è zeppo di “popolo bue”.

Il fatto che una grossa fetta di “popolo bue” abbia posizioni élitarie non sembra affatto contraddittorio. 

venerdì 28 dicembre 2018

LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE

LIBERTA’ E’ PARTECIPAZIONE

Un tempo il popolo era passivo, votava per poi eclissarsi. Ogni tanto qualche mega manifestazione dei sindacati che cedeva presto il passo alla routine.
Oggi non è più così. Il “popolo” è diventato “pubblico” e in quanto tale interagisce con chi è in scena attraverso applausi, fischi, buu e commentini sarcastici di ogni tipo. Gli attori più scaltri si adeguano, gli altri prendono i pomodori in faccia e si tacciono.
Il “demagogo populista”, questo apparentemente abile imprenditore politico, attua una strategia molto meno sofisticata di quanto sembri: non travia il popolo, si limita a dargli quello che vuole e chiede. Altro che fake news.
In sintesi: il populismo non è che la democrazia partecipata. Non vi piace? Neanche a me… Odio la democrazia partecipata.

Occorre trovare al più presto escogitare un modo affinché la nostra democrazia possa continuare a dirsi “partecipata” senza più esserlo.

https://feedly.com/i/entry/Nkn6RK6HwBgWrvMj84SxHg63I5Wn8O87ZvoPCQT30Mw=_167e56e9a7d:3232993:3a104d3b

lunedì 24 dicembre 2018

TESI: QUALSIASI COSA SUCCEDA IN POLITICA E’ SEMPRE COLPA DELLA SINISTRA

TESI: QUALSIASI COSA SUCCEDA IN POLITICA E’ SEMPRE COLPA DELLA SINISTRA
Perché ci ritroviamo in mezzo al guado dei “popoulismi”?
Un tentativo di analisi politica (da parte di chi non ne ha mai azzeccata una).
PREMESSA 1. La Sinistra fa politica perché ama la politica, la Destra perché odia la Sinistra.
PREMESSA 2. L’èlite di Sinistra detta l’agenda culturale: quel che è importante per lei, diventa importante per tutti.
PREMESSA 3. L’èlite di sinistra non convince mai nel merito, specie le persone ordinarie orientate a destra. Anzi, spesso è ridicolizzata e presa a riferimento per sostenere l’opposto.
CONSEGUENZA. L’ipocrisia politically correct dei media, nonché il loro sistematico bias a Sinistra rinforza di fatto le convinzioni della Destra; nel suo ristretto ambito la persona ordinaria tocca con mano le esagerazioni ideologiche dei giornali e perde ogni fiducia in qualsiasi cosa dicano, in qualsiasi ambito.
GLI ULTIMI 40 ANNI. Dopo i fallimenti delle sue ricette economiche, la Sinistra ha puntato forte sui “diritti”, in particolare su concetti quali “razza” e “genere”.
ESEMPIO CONCRETO. La persona ordinaria, per esempio, sa di non essere né razzista, né maschilista. Oltretutto, non si sente particolarmente in colpa di essere maschio, bianco e occidentale. Al contraeio, ne è orgoglioso. Non si sente in colpa nemmeno quando intende controllare i confini della sua nazione. D'altro canto, si vede rappresentato in modo caricaturale dai giornali e finisce per disprezzarli a 360 gradi: così come mentono su di lui, mentono su tutto.
LA NOVITA’. Grazie alla disintermediazione e ai socal media il disprezzo che un tempo si disperdeva in mille rivoli puo’ trovare conferme reciproche, irrobustirsi, essere canalizzato e fatto fruttare dagli imprenditori della politica.

https://feedly.com/i/entry//uNtJ5Te/bTWNrQ93eWUZRWG2zLfACizMrZ4kDb0FIs=_167d1884a0f:1bdffa8:3a104d3b

sabato 29 settembre 2018

LA CURVA DI LAFFER

https://www.econlib.org/a-laffer-curve-for-government-spending/

Riccardo Mariani

Adesso
LA CURVA DI LAFFER
Ve la ricordate? E’ quel meccanismo perverso per cui il governo aumenta le tasse ma incassa di meno.
Non vale solo per le tasse, vale anche per la spesa pubblica: il governo decide di spendere di più per i suoi cittadini ma di fatto spenderà meno.
Con le tasse il meccanismo è noto: aumentando le aliquote oltre un certo livello la gente rinuncia a lavorare e lo stato incassa meno tasse.
Con la spesa il meccanismo è meno noto, anche se noi italiani siamo in una posizione di privilegio per comprenderlo: decidi di aumentare la spesa ma gli interessi che devi pagare per farlo superano la spesa che hai messo in programma. Esempio: decido di spendere 100 in più e per farlo pago 120 di interessi in più rispetto a prima.
L’Italia ha un debito del 132% e il suo governo spende già il 50% della ricchezza prodotta. Ieri il governo populista ha deciso di indebitarsi ulteriormente per spendere ancora di più. Poiché non governa la sua moneta, decisioni del genere fanno aumentare il rischio di fallimento con conseguente aumento dei tassi. La spesa per interessi non compare immediatamente ma il rischio di finire sulla curva di Laffer della spesa esiste.


INFORMAZIONEFISCALE.IT
La curva di Laffer mette in relazione la pressione fiscale con il gettito. Cos’è e cosa significa l’equazione elaborata dall’economista Arthur (...)

Mi piaceVedi altre reazioni
Commenta

venerdì 21 settembre 2018

APOLOGIA DELL’UOMO COMUNE

APOLOGIA DELL’UOMO COMUNE
Ci sono rischi calcolabili e rischi non calcolabili: in un mondo di calcolatori ci dimentichiamo dei secondi e finiamo per sottostimarlo.
Taleb ci parla dei nostri bias cognitivi, un tema che andava forte tra il 2008 e il 2010 (poi abbiamo constatato la loro incorreggibilità e ci siamo disinteressati della cosa). Il suo libro in fondo si colloca sullo stesso scaffale dei vari Daniel Kahneman, Philip Tetlock e Nate Silver. Questi ultimi però sono élitisti (l’accuratezza dell’esperto fa meglio), l’eroe di Taleb è invece l’uomo comune: è lui che, disdegnando i modelli e affidandosi al buon senso, elude al meglio le trappole della mente.

domenica 9 settembre 2018

NON POPOLO MA SPETTATORI


A cercare il pelo nell’uovo, è vero, la dicotomia élite/popolo non descrive al meglio la condizione attuale. Più di “popolo”, allora, parlerei di “spettatori” (il great divide diventa spettatori/attori), e forse un critico cinematografico è in materia di “spettatori” più ferrato di un analista politico.
Gli spettatori, infatti, non sono il popolo.
Gli spettatori non sono la gente.
Gli spettatori non sono la massa.
Gli spettatori non sono la folla.
Gli spettatori sono dei privati con un interesse comune e un comune punto di riferimento (la scena). Non sono passivi e anche se non possono incidere nel merito creano comunque pressione diretta sugli attori in scena attraverso applausi o fischi ad ogni scambio di battute. C’è il pubblico dell’arte, dell’economia, della TV… e anche quello della politica. Il giorno dopo andiamo regolarmente a verificare sul giornale cosa è successo, ma anche l' audience e l' indice di gradimento. Anzi, più che sul giornale andiamo nel nostro angolino preferito del foyer.

mercoledì 5 settembre 2018

IL PROBLEMA NON SONO LE “FAKE NEWS”!

IL PROBLEMA NON SONO LE “FAKE NEWS”!
Il problema non sono le molte "notizie false" ma le molte "notizie vere" (non perché siano “vere” ma perché sono “molte”).
Le “fake news” sono sempre state con noi, la propaganda che distorce la realtà è sempre stata con noi, il media bias è un classico, la percezione distaccata dai fatti è un sempreverde. Alla fine uno crede quel che vuole credere, anzi, oggi, diversamente da ieri, se davvero vuole sapere come stiano le cose basta perda un minuto su Google.
No, il problema non sono le fake news, Il problema sono le "true news".
L' "eccesso di informazione", infatti, quello non è mai stato con noi, è una novità nella storia dell'uomo. L'inflazione informativa deprezza l'autorità, ci rende cinici e sprezzanti, tutto alla lunga ci delude, nulla è all'altezza delle nostre aspettative (come è normale che sia quando la trasparenza è totale): quando vedremo il nostro idolo al cesso ci cadranno le braccia e lo abbandoneremo, prima o poi chiunque si lascerà sfuggire qualcosa di deprecabile obbligandoci a mettere anche su di lui una croce sopra. Una croce oggi, una croce domani resteremo soli nella nostra bolla capricciosa a contestare e condannare l’universo mondo.

BLOOMBERG.COM
Too much information can lead to a cynical population that expects little from its leaders.



Too much information can lead to a cynical population that expects little from its leaders... As problematic as “fake news” is, and as dangerous as the label can be, maybe “true news” is equally corrosive...  The contemporary world is giving us more reality and more truth than we can comfortably handle ...
Le fake news sono con noi da sempre basta pensare alle guerre e in fondo Oggi se vuoi conoscere come stanno le cose ti Basta perdere un minuto su Google.
Tante notizie significa meno autorevolezza concesso alle Elite..
Si attende al varco e basta che non prevedono una crisi economica Ed eccola spernacchia te
Tutto ci delude come è normale che sia quando il tutto e trasparente e così ci fidiamo solo di noi stessi...
It’s hard to stay idealistic these days, as information indeed is the enemy of idealism....
Il populismo dei nostri giorni è tremendamente informato è tremendamente razionale rispetto al passato. L'informazione gli serve per screditare l'autorità e l'uso della ragione per piegare al proprio servizio i fatti attraverso un'interpretazione ad hoc
https://www.bloomberg.com/view/articles/2018-09-05/how-real-news-is-worse-than-fake-news?utm_source=twitter&cmpid=socialflow-twitter-business&utm_medium=social&utm_campaign=socialflow-organic&utm_content=business

venerdì 31 agosto 2018

L'AMBIGUO DESTINO DELLA COMPETENZA

L'AMBIGUO DESTINO DELLA COMPETENZA
La distinzione competenti/incompetenti ha il solito difetto: la prima fazione è zeppa di incompetenti che vogliono farsi notare in compagnia dei competenti, la seconda di competenti un po’ narcisi che vogliono sentirsi “originali”.
ILFOGLIO.IT
Burioni, Boeri, Bentivogli, Cottarelli. Un partito dei competenti per passare come una ruspa sulla truffa populista

lunedì 23 luglio 2018

IL POPULISTA IGNORANTE

IL POPULISTA IGNORANTE
Poiché spesso l’elettore populista si presenta come orgogliosamente ignorante la controparte politica pensa all’istruzione come ad una “medicina” che guarirà il paese. Evidentemente non ha ben capito come incide la scolarità sui comportamenti elettorali. Qui come altrove è l’ignoranza relativa a farsi sentire, non quella assoluta.
Faccio un esempio macroscopico per spiegarmi meglio: sappiamo che chi è più istruito ha più probabilità di andare a votare, questo è vero oggi come lo era ieri. Tuttavia, nonostante l’istruzione media sia aumentata notevolmente nell’ ultimo mezzo secolo, l’affluenza alle urne è diminuita; non solo, in una buona parte dei paesi più scolarizzati si vota meno che nei paesi a bassa scolarizzazione. Quindi, sebbene resti vero che un titolo di studio più elevato aumenti la probabilità di andare alle urne, la legge generale da tenere a mente è un’altra: persone con la medesima istruzione tende a fare gruppo e a comportarsi in modo simile. Ecco, quanto detto per l'affluenza alle urne vale anche per il voto espresso.
Da quanto detto deriva che l’istruzione dell’elettorato attivo di per sé non incide granché sull’esito delle elezioni: quand'anche fossimo tutti scienziati ma permarrà una distinzione tra i “più istruiti” e i “meno istruiti” il populismo potrà giocarsi tranquillamente le sue possibilità, questo perché nel voto politico più che esprimere delle preferenze cerchiamo delle affiliazioni.

PEWRESEARCH.ORG

venerdì 15 giugno 2018

Populismo, Complottismo & Esoterismo saggio

Populismo, Complottismo & Esoterismo

Uno spettro si aggira per l’occidente: lo spettro del populismo. Per relazionarsi con lui in modo adeguato occorre conoscerlo, e magari di capire perché così spesso si accompagna a un fratellino all’apparenza tanto stravagante come il “complottismo”.
Il secchione voglioso di documentarsi a questo punto andrebbe in biblioteca (esistono ancora?) armato di una lista di libri e comincerebbe a compulsarli avidamente. Il furbetto indugerebbe: che noia la storia, chissà perché i libri degli storici sono sempre alti il doppio degli altri. Eppure, se vogliamo davvero imparare l’origine del populismo ci tocca leggerli, si tratta pur sempre di un fenomeno che quei logorroici studiosi sviscerano con destrezza. A prima vista non si puo’ che partire da lì. O no?
Forse no. Forse esistono delle scorciatoie“analitiche” che potrebbero risparmiarci la faticaccia e fornirci un attendibile ritrattino del “populista/complottista” tipo. Qui ne propongo una.
***
Qual è la capitale della Francia?
Parigi.
Bravo.
A quanto pare, almeno in geografia, esiste una conoscenza oggettiva – minimale ma oggettiva – che ci consente di distinguere “chi sa” da “chi non sa”. Tuttavia, la disciplina non è così arida come sembra, anche qui l’approfondimento origina su vari temi diatribe e  ipotesi speculative che si possono più o meno condividere, cio’ non significa che sia lecito mettere in dubbio l’oggettività di un sapere di base.
A quanto dista la terra dal sole?
Circa centocinquantamilioni di chilometri.
Bravino, ci sei quasi. Anche qui, con una cinquantina di domandine ben poste, possiamo formare diversi gruppi di persone sulla base della conoscenza oggettiva che hanno in materia di cosmo, anche se poi ci si divide su altro e ciascuno di questi soggetti elabora la sua congettura preferita sui primi istanti dell’universo.
A dir la verità, in tutte le materie, anche quelle più sfuggenti, è possibile fare un’operazione del genereisolando una conoscenza oggettiva da una conoscenza più speculativa e difficilmente misurabile. Qualche esempio di domandina basica indirettamente legata ai temi che infervorano il dibattito politico: il Pil nominale italiano degli ultimi 5 anni è stato superiore o inferiore all’ X%? Il memorandum d’intesa con la Libia è stato firmato dal governo X o dal governo Y? Il contributo dell’Italia all’ UE è superiore a X euro l’anno? La spesa per alunno nelle scuole secondarie italiane supera gli Z euro? L’inflazione degli ultimi 10 anni in Italia è stata inferiore al W%? In quale decennio la spesa pubblica italiana rispetto al PIL è scresciuta di più?: Settanta, Ottanta, Novanta o Zero? E in valore assoluto? E il debito? La missione italiana in Somalia comprendeva più o meno Tot unita? Quanti immigrati regolari ospitava il nostro paese nel 2015? Più o meno di Tot? Qual è la fertilità media in Italia nel 2010? Supera il tasso T? E in Svezia? e negli USA?… Termino qui l’elenco potenzialmente infinito perché penso che l’idea di conoscenza oggettiva sia ora sufficientemente chiaro.
Imbroccare alcune risposte è questione di fortuna, tuttavia, per la legge dei grandi numeri, se le domande cominciano a essere numerose, per ogni materia possiamo isolare i “conoscitori oggettivi” dagli “ignoranti oggettivi”.
In ogni area in cui il governo politico è chiamato ad operare (economia, ordine pubblico, relazioni internazionali…)  esiste quindi una conoscenza oggettiva verificabile sul campo che ci consente di formare almeno 3 gruppi omogenei: chi sa, chi sa poco e chi non sa praticamente nulla. ChiamiamoliG1, G2 e G3.
Quando dall’oggettività si passa poi alle preferenze soggettive scopriamo con sorpresa esistere una robusta correlazione tra il favore accordato ad alcune politiche specifiche e i tre gruppi. Non solo i gruppi sono uniformi a livello di conoscenza oggettiva ma anche a livello di preferenze di policy specifiche. Ogni gruppo caldeggia cioè certe soluzioni a certi problemi.
Mi permetto qualche esempio solo per far capire cio’ di cui parlo: chi possiede una maggiore conoscenza oggettiva in tema di politica estera è nel complesso più “interventista”, chi possiede una maggiore conoscenza oggettiva sui temi della società civile è più progressista, chi possiede una maggiore conoscenza oggettiva del mondo economico è più liberista. Cio’ non esclude il fatto che molti progressisti, liberisti e interventisti siano dei crassi ignoranti vogliosi solo di affiliarsi e farsi vedere in compagnia di chi possiede una maggiore conoscenza oggettiva, oppure che siano solo dei conformisti che pendolano ora di qua ora di là a seconda di come tira il vento. Questo indebolisce l’ipotesi ma non la invalida.
Veniamo alla mia proposta: propongo di chiamare “populiste” quell’insieme di politiche associate di solito con G3. L’espediente empirico ci consentirebbe di eludere la pesantezza dell’indagine storica giungendo, alla fine, alle medesime conclusioni di fatto. Una serie di studiosi sono arrivati a questa conclusione: Larry Bartel, Philip Converse, Jeffrey Friedman, Bryan Caplan.
Anche se identificare il populismo come “politica degli ignoranti oggettivi” getta un’ombra su quella ricetta, non la squalifica a priori: conoscenza oggettiva e conoscenza intuitiva non sono la stessa roba e spesso quando si passa dalla descrizione all’azione l’intuito pesa più della conoscenza misurabile. Puo’ darsi infatti che l’ “oggettivamente ignorante” abbia poi buone intuizioni nella pratica, così come puo’ darsi che chi non abbia una chiara idea di quanto la terra disti dal sole elabori poi, almeno a livello intuitivo, una visione cosmologica assai più interessante rispetto a quella del pedante scolaretto che ha letto tutti i libri. Quante volte chi si è impegnato tanto a studiare i dati di base poi non riesce nemmeno a vedere che “il Re è nudo”.
Io – che sono un élitista – personalmente non lo penso, ma puo’ darsi
Ora che abbiamo definito il complottismo cerchiamo di capire perché alla demagogia si associa così spesso il complottismo. Anticipo la mia risposta: perché lo confonde con l’esoterismo. Ma procediamo con calma.
Qualcuno potrebbe far notare che il nostro cervello ama le storie. Cosa significa? Che abbiamo delle inclinazioni naturali per cui capiamo meglio le cose se vengono spiegate introducendo nel resoconto l’ “intenzione” anche quando non c’è. Per esempio, ad un bambino conviene dapprima spiegare il tramonto dicendo che il solo “vuole” scendere dall’apice del cielo e nascondersi dietro l’orizzonte. L’arida descrizione dello stato delle cose non attrae il nostro interesse, noi cerchiamo il “dramma” più che il meccanicismo: tendiamo a disinteressarci degli effetti collaterali e a concentrarci su cio’ che è “voluto”. Se i migranti ci assillano ai confini la cosa non puo’ essere la risultante casuale di una serie di forze irrelate che agiscono contemporaneamente nel medesimo campo, ci deve essere “qualcuno” che desidera proprio quell’assedio e trama per realizzarlo.
Ma torniamo ai tre gruppi G1, G2 e G3, ho assunto che il populista tipo sia oggettivamente ignorante ma non che sia uno stupido, probabilmente nutre dei sospetti che non sono campati in aria. In particolare ne ha 4:
1. sospetta di collocarsi in G3,
2. sospetta che chi si colloca in G1 sa che lui si colloca in G3,
3. sospetta che chi si colloca in G1 sia un élitista e ritenga pericolose le preferenze politiche di chi si colloca in G3 poiché sono le classiche preferenze dell’ oggettivamente ignorante,
4. sospetta che chi è in G1 non voglia mai dire esplicitamente che le politiche favorite da G3 siano pericolose in quanto frutto dell’ignoranza oggettiva.
I sospetti del populista sono fondati, l’ élite (che si colloca in G1) cerca sempre di limitare, per esempio,  la scelta democratica al fine di limitare i danni dell’ignoranza, d’altro canto la cosa non puo’ essere detta esplicitamente perché una larga parte dei cittadini si risentirebbe e la situazione precipiterebbe.
Questo “fare senza dire” in passato si chiamava “esoterismo, una pratica politica da sempre presente nella storia che l’illuminismo ha ripudiato ma solo a parole.
 Esoterismo, non complottismo. Il complottista intraprende un’azione nascosta per favorire la sua parte e danneggiare quella altrui, l’esoterista intraprende un’azione nascosta che – solo se rimane occulta – avvantaggerà alla fine tutti. L’azione esoterica ha successo solo se la si compie negandola. 
Tuttavia, questi silenzi abbinati al tentativo di limitare la democrazia  fanno nascere nel populista un sospetto complottista, specie se i buoni frutti tardano ad arrivare. In realtà non c’è alcun complotto, solo un sano esoterismo che cessa però di essere “sano” una volta che, non andando a buon fine, viene subodorato e denunciato come complotto.
 Risultati immagini per arte populismo