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venerdì 26 settembre 2008

Uomini senza il giorno prima

L' evoluzione semantica sforna sempre nuovi significati, ma ancora più spesso trasla i vecchi da un termine desueto ad un altro. Il primo rinsecchisce cedendo le sue linfe al secondo. La secolarizzazione, lungi dall' aver eclissato il linguaggio religioso, ha operato però profondi camuffamenti; ripercorrere il tragitto in senso inverso puo' essere interessante. La lettura di Carl Schmitt illumina sui retaggi della retorica politica e sui debiti evidenti nei confronti della teologia. Ma anche il linguaggio ordinario non delude l' archeologo degli idiomi.

Ho sempre notato come la gente trovi sconveniente il termine "anima". A volte lo sostituisce con la parola "vita" ma le insufficienze sono palesi. Molto meglio, mi dicevo, "memoria". L' anima, d' altronde, è cio' che regala unità (concetto ascientifico) e consente al soggetto di nascere. Io sono quello che ero ieri, sono responsabile anche di quello che ho fatto ieri. Me lo assicura l' anima, e poichè questa parola ci brucia sulla bocca, possiamo allora sostituirla con "memoria": me lo assicura la "memoria". Il cambio funziona abbastanza bene.

Così, stando a quanto racconta in un suo libro, la pensava pure Oliver Sacks, specie dopo un incontro fugace con Jimmie G., un malato affetto da una forma esacerbata di sindrome di Korsakov. La memoria di Jimmie non oltrepassava il quarto d' ora. Jimmie era un' anima perduta impossibilitata a stabilire una continuità con le sue radici.

"Cos' è la vita senza collegmaneti", dice il grande Hume, "... altro non saremmo che un fascio, un accumulo indifferenziato di sensazioni diverse". Veniva istintivo parlare di Jimmie come dell' uomo humeano perfetto, come dell' uomo dall' "anima perduta".

Ma bastò confrontarsi con chi conosceva meglio Jimmie per capire che le cose stavano ben altrimenti, che qualcosa di fondamentale eccedeva la semplice equazione Anima-Memoria. "Pensate che ce l' abbia un' anima?", le infermiere che seguivano l' infermo con costanza, rimasero indignate a questa domanda impertinente del celebre neurologo e lo invitarono a giudicare egli stesso osservando Jimmie nella Cappella dell' Ospedale.

Le pagine successive raccontano la commozione di Sacks mentre dal buco della serratura spiava l' intensità e l' attenzione con cui Jimmie si raccoglieva in preghiera. La fruttuosa concentrazione con cui, in ginocchio, riceveva l' Ostia consacrata. Era evidente che Jimmie, pur non ricordando niente di quanto accaduto un quarto d' ora prima, conservava una sua memoria "interiore" che difficilmente saprei spiegare cosa sia, anche perchè non l' ho mica capito mica tanto bene. Sacks la chiama "memoria bergsoniana": "... cio' che era fugace, non trattenibile come struttura formale, era perfettamente stabile, perfettamente trattenuto come arte e volontà...".

lunedì 1 settembre 2008

In preghiera al cospetto dei numeri

Nato a Brno, Kurt Godel viene comunemente considerato come il massimo logico di tutti i tempi.

Fu un fervente platonico e si dedicò anche al problema di Dio dandone una sua dimostrazione nel solco di Leibniz.

Ma la cosa interessante è un' altra: l' ente di natura divina dotato di tutte le propietà positive e necessariamente esistente non venne da Godel relegato al ruolo del "Dio della ragione" di fronte al quale - come scrisse Heidegger - " l' uomo non puo' pregare, non puo' sacrificare e non puo' per timore cadere in ginocchio".

A differenza della concezione un po' intellettualistica del divino quale "mente superiore" professata dall' amico Einstein, il logico moravo considerava infatti Dio non solo come entità razionale logicamente dimostrabile, ma anche come essere degno di venerazione.

A me la cosa sembra decisamente strana. Certo che la vita dei grandi logici di stranezze è sempre costellata.

Fonte: Timossi p.445

domenica 31 agosto 2008

Dio dimostrato (velocemente perchè ho fretta)

Ho letto il libro di Timossi che fa bella mostra di sè sul comodino. Viene squadernata una completa rassegna storica sulle dimostrazioni dell' esistenza di Dio. E' una selva in cui ho cercato di tracciare un mio sentiero personale.

Tra le prove empiriche lascerei perdere quella del Dio/architetto o quella del Dio/orologiaio. Non mi sfagiolano e mi rivolgo altrove.

Innanzitutto Dio potrebbe esistere per il fatto che esistono alcuni precetti morali universali nel tempo e nello spazio. Ne esistesse anche uno solo, sarebbe ufficiente. E io in questa esistenza credo fermamente.

Mi sento confortato avendo al mio fianco su questa strada due tipini come Dostoevskij e Kant. Il primo disse che "senza Dio tutto sarebbe permesso", il secondo parlava di una legge che ciascun uomo porta dentro di sè.

Mi convince anche la prova cosmologica, ma solo nella sua forma radicale che non considera tanto l' armonia del creato: Dio esiste perchè c' è qualcosa al posto di niente.

Questa conclusione la traiamo sotto l' egida del principio di ragion sufficiente: ogni cosa che esiste ha necessariamente una spiegazione ragionevole e l' esistenza di Dio spiega l' esistenza dell' essere al posto del nulla. Certo, qualcuno potrebbe dire che l' essere esiste autonomamente, ma così facendo rinuncerebbe al principio. Il nostro nume tutelare in questo caso sarebbe Leibniz.

Ci sono parecchi atti di fede in queste dimostrazioni, due su tutti: esiste almeno un principio etico universale, esiste poi un principio di ragione sufficiente. Al primo in fondo credono tutti, tranne qualche nichilista isolato. Il secondo è l' atto di fede tipico delle scienze: credo nell' intelleggibilità del mondo.

Si instaura così un rapporto tra fede e ragione, è il rapporto anselmino: credo per poter capire. Anche se la vera fede interviene successivamente a caratterizzare il Dio a cui ci rivolgiamo. In questo senso Tommaso docet: la ragione come trampolino della fede.

La prova etica e la prova cosmologica sono prove empiriche, approdano a delle possibilità, il massimo che possono dirci è che l' ipotesi di Dio prevale.

Per sigillare il tutto con una certezza ci si appella alle prove logiche e la logica modale ci dice innanzitutto che la verità di un' affermazione o è necessaria o è impossibile. In altri termini, un' affermazione è o vera o falsa. Anche questo principio (bivalenza) è un atto di fede (la logica è piena di atti di fede).

"Dio esiste" prevale tra le affermazioni possibili, dunque non è impossibile, dunque è necessaria. Ecco, l' esistenza di Dio è dimostrata.

I padrini dell' argomento logico sono parecchi, si va da Leibniz fino a Godel. Mi sembra che la qualità dei cervelli in campo sia la massima disponibile sul mercato della logica.

Ma l' argomento logico non regge senza che la "possibilità" di Dio sia sostenuta dall' argomento empirico, infatti in virtù del semplice argomento logico anche una "materia infinita ed autonoma" sarebbe possibile (non contradditoria) e quindi necessaria. Per questo che il "possibile" è un titpolo di merito da assegnare con argomenti ex post e non semplicemente affidandosi alla coerenza interna.

Le mie conclusioni sono ben diverse da quelle sponsorizzate dall' autore, lui esalta l' argomento anselmino (puramente logico): Dio è il maggiore tra gli enti immaginabili, poichè "maggiore" significa che detiene tutte le qualità al massimo grado, deterrà al massimo grado anche la qualità dell' esistenza. Kant sostenne che l' esistenza non è una "qualità", mi sembra una critica distruttiva. La critica di Kant viene aggirata facendo atto di fede circa la qualità dell' esistenza. In tutta franchezza preferisco gli atti di fede richiesti più sopra.

martedì 19 agosto 2008

Quando il cristiano tenta di pensare

Se faccio il "cristiano" che pensa mi trovo spesso il passo sbarrato da tre baluardi:

1) Il Prblema del Perdono. Come puo' la Misericordia accordarsi con la Giustizia?

2) Il Problema dell' Onniscienza. Perchè un Dio Onnisciente ci mette alla prova per giudicarci? Dovrebbe sapere tutto fin da subito.

3) Il Problema della proporzionalità. Perchè la gradualità nei meriti e nei demeriti non si riproduce in una gradualità nei premi e nelle punizioni?

In merito ho solo qualche proposta, nell' ordine:

1) Dio è Prima Misericordioso (ci regala la libertà) e Poi rigoroso (ci giudica con giustizia).

2) La libertà donataci da Dio è talmente radicale che lui stesso non sa come la useremo. Deve vederci all' opera per giudicarci.

3) Forse è solo una mia ignoranza, forse sia l' Inferno che il Paradiso hanno una loro gradualità. Dovrei approfondire ma preferisco non farlo per evitare delusioni e fatica.

Ho tralasciato il classico Problema del Male poichè è riconducibile al Problema dell' onniscienza: il Male infatti dovrebbe esistere per due motivi: 1) per realizzare la nostra libertà e 2) come banco di prova affinchè ciascuno di noi possa essere giudicato con giustizia. Insomma, il Male esiste affinchè esistano Libertà e Giustizia.

martedì 24 giugno 2008

L' anello mancante: lo scienziato cattolico d' assalto

Steven Pinker afferma che difficilmente sapremo mai quanto la genetica influenzi le differenze che dividono i generi e le razze (parla proprio di razze).

Questo settore di ricerche è taboo per gli accademici e chi tocca muore, almeno professionalmente.

Da parte sua però è pronto ad accettare il fatto che la genetica giochi un ruolo importante nel caratterizzare i talenti tipici delle donne tenendoli ben distinti da quelli degli uomini. Lo stesso dicasi per le razze.

Chi di fronte ad affermazioni del genere fa scattare l' accusa di "sessismo" o "razzismo", è semplicemente un analfabeta statistico.

Sarebbe interessante chedere a Pinker cosa intende per "razzista".

Altra osservazione: il fatto che certi settori di ricerca siano oggi taboo per le scienze è una chiara accusa al secolarismo. Eppure penso proprio che Pinker simpatizzi con la tendenza secolare.

Il secolarismo affida unicamente alla scienza sperimentale il compito di ricercare il Vero. Quando si profila un Vero scomodo non puo' che tirare le briglie.

Bisogno estraneo a chi, avendo a disposizione "altre dimensioni", puo' concedersi il lusso di porre l' enfasi sul lato strumentale della ricerca senza imporsi dei limiti.

La Fede Religiosa è un' ottima produttrice di "altre dimensioni".

Dopo tanto trambusto sulla religione, vuoi vedere che proprio il secolarismo (nella sua variante più avanzata del politically correct) sia il vero nemico pronto ad imbavaglare le scienze?

La logica della conclusione fila da dio.

Peccato latiti la figura dello scienziato cattolico spregiudicato.

Ma non disperiamo, sembra che al San Raffaele, tanto per dirne uno, si diano da fare per costruirla.

D' altronde questa impasse è la stessa che coglieva Feynman nel momento in cui non trovava nessuna incompatibilità tra fede e scienza, salvo poi rilevare quanto gli atei affollino la comunità scientifica in proporzioni ben maggiori rispetto alla comunità civile.

mercoledì 11 giugno 2008

Quel libertario di nome Gesù

Ma Gesù era un libertario?

Invitava il ricco a "dare" del suo, considerava tutto cio' un buon investimento. Non lo invitava a prendere con la forza da altri per dare.

Come dice il senatore Tom Coburn:

"... show that true giving and compassion require sacrifice by the giver. This is why Jesus told the rich young ruler to sell his possessions, not his neighbor's possessions. Spending other people's money is not compassionate..."

Le condizioni necessarie per arruolarlo tra i libertari ci sono. Mancano quelle sufficienti.

Questa lacuna ha portato ad un' evoluzione un po' forzata del messaggio evangelico.

Oggi si ritiene che il governo debba intervenire in aiuto dei più bisognosi laddove la società civile non ce la faccia.

E' il principio di sussidiarietà.

Diventa chiara una cosa: se la società civile è in grado di cavarsela, allora Gesù resta un libertario.

Non è poi così impossibile dimostrare che la filantropia privata, laddove lasciata libera di agire, sopravanza i programmi pubblici.

E lo fa sia in termini di efficienza che in termini quantitativi.

Vuoi vedere che anche il Gesù riveduto e corretto resta un libertario/liberista?

sabato 8 marzo 2008

Vite a buon mercato

Occhio per occhio, dente per dente. Oggi ci ripugna venire a contatto con quelle idee che stanno comunque alla base del nostro sistema giudiziario. Preferiamo ammantare il carattere compensativo della pena con altre sue più presentabili funzionalità. Eppure la matrice di una buona giustizia resta pur sempre quella. Dove lo scambio non funziona la vittima si sente tradita.

Un mondo dove ci si paga scambiandoso "pezzi di corpo" è un mondo che la lezione cristiana non tollera: un mondo incompatibile con il reale valore della vita umana.

Non la pensa così l' erudito giurista William Ian Miller. Nella sua appassionata ricognizione sulle "culture dell' onore", conclude che il loro mancato sviluppo dipendesse da un eccessivo valore dato alla vita e al corpo in genere. Una vita soppressa o diminuita, costava parecchio al colpevole, troppo. Cio' impediva la necessaria accumulazione di capitali. Tanto per fare un esempio: immaginate se ogni incidente mortale dovesse costare la vita all' imprudente. In queste condizioni il capitale era sempre precario e poco disponibile ad essere indirizzato verso impieghi produttivi di lungo periodo. Anche la separazione della società in caste (Signori, plebe...) è forse volta a porre un freno alla repentina mobilità sociale che da simile sistema di giustizia si scatena.

Oggi noi rinunciamo a tanta meticolosa compensazione giustificando razionalmente la nostra denuncia e dicendo che gli inconvenienti che mi colpiscono oggi a causa della tua improvvida azione, domani potrebbero vederci protagonisti a parti rovesciate.

WIM EFE p. 55

venerdì 7 marzo 2008

Le 4 inutili eresie di Vito Mancuso

Aderisco in pieno al modo in cui Vito Mancuso imposta il suo discorso teologico e al modo in cui concepisce la fede: l' esperienza di fede è intimamente legata a quella razionale; la leva della fede è tanto più potente quanto più si concentra in un punto ristretto facendo il più possibile largo alla ragione umana.

Detto cio' non riesco a seguirlo allorchè deriva le sue conseguenze eretiche da questo punto di partenza. Esistono, secondo me, discorsi compatibili con la premessa che evitano le magagne in cui il Mancuso si impegola.

Faccio l' esempio del seguente atto di fede: Dio con un atto di giustizia espelle Adamo ed Eva dal Paradiso marchiandoli con il Peccato Originale; dopodichè, con un atto d' amore, regala alla loro genia (l' Umanità tutta) il dono della libertà che comporta possibilità di salvezza.

Veniamo ora alle difficoltà su cui Mancuso chiede una revisione dell' ortodossia.

  1. Il problema del Peccato Originale. Perchè dovrebbe soffrirne anche la stirpe di Adamo? Le colpe dei padri, secondo giustizia, non dovrebbero ricadere sui figli!

    Comicio con il dire che il Peccato Originale segnala un limite sostanziale nella condizione di chi ne è affetto.

    Anche la Ragione ci parla continuamente dei limiti di cui soffre la condizione umana. Le due visioni convivono dunque in pace.

    Venendo alle questioni di giustizia. Si puo' tranquillamente evitare di pensare al Peccato Originale come all' eredità di una colpa. Consideriamolo come una conseguenza del comportamento di un nostro ascendente. Se perdo metà del mio patrimonio in borsa non potrò farne oggetto della mia eredità. Nessuno si sognerebbe di dire che i miei figli abbiano subito un' ingiustizia.


  2. Il problema del male. Perchè il male?

    Poichè Dio ha reso libero l' uomo, il male si presenta come opzione necessaria.


  3. Il problema del male innocente. Perchè deve soffrire anche chi, secondo la ragione, è senza colpa?

    La libertà donata all' uomo è di natura radicale. Anche l' onniscenza di Dio arretra di fronte ad essa. Ma un giudizio sull' uomo è necessario. Affinchè Dio possa giudicare l' uomo deve quindi metterlo alla prova, per farlo, a volte, è necessario metterlo di frinte a situazioni sconvenienti che implicano un male innocente. L' innocente ha la salvezza garantita, ma per salvare anche il libero è necessario che la sofferenza innocente esista prima di essere redenta.


  4. Il problema dell' eternità dell' inferno. Perchè una punizione infinità, cio' è contrario alla Ragione? Tutto cio' non comporta una diminutio dell' Amore divino?

    Se il peccato mortale è un danno reso a Dio, la ragione puo' tranquillamente considerarlo un danno dal valore infinito. La pena è dunque equa. L' inferno è eterno perchè Dio prende sul serio la Libertà dell' Uomo e lo sottopone a scelte radicali. L' Amore divino si esprime nel dono della libertà.

Concludo rapidamente: se le tracce fiutate qua sopra fossero percorribili, le revisioni che il teologo chiede sulla base di argomenti ragionevoli sarebbero in realtà inutili.

Altri acrostici che Mancuso tralascia, sembrano invece incalzare con maggiore veemenza l' approccio ragionevole alla fede: come coniugare il Perdono e la Giustizia?



P.S. evito persino di segnalare il best seller del teologo, se volete ascoltarlo in viva voce potete cliccare qui

martedì 4 marzo 2008

Il monopolio dei buoni

In un recente scambio a distanza, Samek Lodovici perora una tesi favorevole al pluralismo scolastico (in questo editoriale), mentre Gian Antonio Stella, nella sua risposta, fa il contro canto mettendo in guardia dai pericoli di disfacimento sociale che una istruzione diversificasta potrebbe comportare. Ne ha parlato anche Fahre in una puntata da domani disponibile in podcast.

Qualcuno è rimasto turbato da fatto che si parlasse con una certa noncuranza di "indottrinamento" dei bambini. Ma le alternative all' utilizzo di questo lessico sono forse ancora peggiori.

In fondo trovo paradossalmente onesta la domanda "chi deve idottrinare i bambini"?

Coloro i quali invece si chiedono "bisogna indottrinare i bambini?", affrontano la questione avendo già diviso il mondo tra "buoni" e "cattivi": quelli che "indottrinano" e quelli che no. La cosa mi insospettisce. Anche perchè il passo successivo è noto: verrà presto individuato un "grande buono" presso cui tutti saranno tenuti a ricevere la loro istruzione, l' unica esente dal maligno "indottrinamento". E così, possiamo dire addio alle ricchezze che puo' offrire un opluralismo ben temperato. sarà soppiantato dall' argomento: tu indottrini io no, quindi i tuoi bambini me li prendo io.



Se poi la domanda disturba o suona male la si puo' sempre sostituire con una variazione del tipo "chi ha il diritto ad esercitare le scelte cruciali nell' ambito dell' educazione di un bambino?".



Io rispondo: i genitori. Lo Stato dovrebbe limitarsi a fissare con le sue leggi uno spettro entro il quale i genitori eserciteranno le proprie scelte. Avere idee differenti sull' educazione è così dannoso? Mina la "coesione" sociale? In alcuni casi sì, per esempio nei casi di una società fascista o assimilabile. Opporsi a questa diversificazione è difficile, bisognerebbe dire (magari dimostrandolo) di avere in mano una ricetta oggettivamente ottimale. Non credo a questo genere di realtà oggettive, preferisco la libertà di sperimentare nei limiti di legge.



Mi piace vedere come in questo campo sia proprio la Chiesa Cattolica, per una naturale convenienza sua propria, a sostenere la soluzione più liberale, l' effetto pluralistico che favorisce la sua presenza concreta nella vita sociale si manifesta al massimo grado in questo campo. Il bello è che se fosse l' istituzione dominante, probabilmente sarebbe infastidita da un simile pluralismo. Evviva la chiesa nonostante se stessa allora. Naturalmente sarebbe auspicabile che anche altre istituzioni le si affiancassero arricchendo il ventaglio dell' offerta. Ma dove andarle a trovare in un par terre clientelare incapace di porsi come alternativa credibile?



***


Enrico insegna in una scuola statale, fa presente che mai andrà in classe a sostenere che il suo insegnamento è quello veritiero. Gli rispondo.

Enrico, tu forse non andrai in classe a dire "ora vi insegno la verità". Tuttavia, se il padrone che si avvale dei tuoi servizi pretende di formulare la sua offerta in regime di MONOPOLIO COERCITIVO, è un po' come se nei fatti ti costringa a fare cio' che avresti volentieri evitato. Infatti, perchè mai un monopolio se non per il fatto che non esistono alternative credibili? Purtroppo, quanto più si realizza e si tutela una condizione di monopolio, tanto più incorriamo in queste spiacevoli conseguenze.


***


Chi si oppone al pluralismo scolastico, nel caso concreto del dibattito linkato il giornalista Gian Antonio Stella, spesso oppone il fatto che, siccome la verità è unica, così deve esserlo pure la scuola.

Mi chiedo, forse che la pluralità di approcci riceva una disconferma dall' unicità del vero? Il vero, per indebolire la libertà, non dovrebbe limitarsi ad esistere, dovrebbe anche essere unico, conosciuto e fermato una volta per tutte. In caso contrario, non solo è compatibile, ma addirittura auspica una sperimentazione differenziata e ampia.

Potremmo dire anche di più aggiungendo che la presenza di una simile sperimentazione è la miglior garanzia di avvicinare proprio quel vero tutti assieme. All' uomo occidentale lo insegna la pratica scientifica, forse che in quell' ambito, una volta dati dei limiti etici, ci si sognerebbe di ridurre la libertà sperimentale?



Se Stella ha delle certezze irremovibili circa il miglior modo per "formare" ed "educare" una persona, puo' ritenersi in dovere di farlo seguendo quel metodo e chiedendo di essere seguito da tutti su quella strada. Nel caso invece in cui abbia anche solo dei piccoli dubbi, il modo più corretto di procedere consiste nel delimitare un intervallo entro il quale lasciare libertà di sperimentazione. Allora mi chiedo se, vista la complessità della materia, sarebbe mai attendibile chi si presentasse a parlarne esente da incertezze o da dubbi? No, questa è una delle poche certezze.

sabato 1 marzo 2008

Quando le parole offrono una segnaletica che funziona

Com' è difficile orientarsi quando si è alla ricerca di una buona scuola Cattolica. in proposito puo' tornare utile il suggerimento di Padre McCloskey:

"...se nella vostra ricerca vi imbattete in parole come "standard", "fede", "maturità", "convinzione", "impegno", "matrimonio", "famiglia", "evangelizzazione", "cultura", "carattere", "verità" e "conoscenza", date un' occhiata più da vicino. Al contrario, se vi trovate di fronte a parole o espressioni come "apertura", "società giusta", "ricerca", "diversità" e "preparazione professionale", procedete oltre. Se poi l' Università ospita qualche ben noto "dissidente", allora la questione è chiusa...Soprattutto non lasciatevi ingannare da chi si dice Cattolico, probabilmente mira ad una buona pensione..."

Schemino apologetico ad uso e consumo dell' Opusdeista convinto

Qui mi interesso di un Movimento sul quale sembra sia lecito sparare con l' immunità garantita.

Accuse di tutti i generi si riversano sulle losche attività che lo interessano. Il sospetto è che tanto acrimonia si produca, non perchè esista un credibile edificio probatorio del malaffare, quanto per il messaggio propagandato da Escrivà: la Chiesa deve essere presente ed agire contando nella vita quotidiana, nella vita lavorativa e produttiva in paerticolare. Tutto cio' disturba sia chi vorrebbe preservare certi monopoli, sia i custodi del candore immacolato della Chiesa Mistica e Pauperista. Altri sono disturbati dal fatto che l' OD pretenda molto dai suoi aderenti, alzare tanto gli standard potrebbe danneggiare l' intera cristianità.

Memore delle accuse più comuni, offro di seguito alcune tracce da seguire per impostare una corretta difesa.



  1. OD è un movimento segreto. Proprio la laicità lo impone. Meno segreti di quanto si pensi: ufficio informazioni, pagina web...enetrare in paesi difficili potrebbe essere pericoloso. Ci sono mille esempi simili e mai fatti notare: non sarà che OD dà fastidio?

  2. I membri di OD esercitano pratiche di mortificazione eccessive. La mortificazione è dovuta e teologicamente giustificabile, oltretutto non è mai prescritta in forme eccessive, nelle palestre moderne si assiste a sacrifici ben più duri.

  3. Vige una mentalità misogena. Si invita a parlare CON le donne di OD, e non DELLE donne di OD. La "separazione" puo' essere spiegata in termini ragionevoli e così pure la riluttanza con cui ci si adegua all' ideologia femminista. Non manca poi la proposizione di un femminismo alternativo. L' importanza della maternità e le famiglie numerose dei membri spingono con naturalezza le donne verso certi ruoli. Nell' OD esiste di fatto un autogoverno del "ramo femminile" e non mancano le forti personalità.

  4. Nell' OD circolano troppi soldi e troppa voglia di Potere, l' anima della chiesa è messa a repentaglio. In questo campo troppi "si dice". Esiste una distinzione tra i membri e l' Opera. Le famiglie numerose abbassano il reddito medio. I confronti rendono giustizia: la San Vincenzo de Paoli, tanto per dirne una, accumula ogni anno una ricchezza pari al patrimonio totale dell' OD che è complessivamente pari a quello di una diocesi media americana. L' organizzazione è decentralizzata. Non esiste raccolta senza preventivo progetto di stanziamento.


  5. OD è infiltrata nelle gerarchie dove fa pesare la sua ideologia reazionaria. Per rispondere basterebbe fare una pedissequa conta dei membri di OD in Vaticano, tra i Cardinali, tra i Vescovi, nelle Parrocchie. Un confronto con i Gesuiti, chiude la questione. Dopo il Vaticano secondo, nella mappatura ad uso e consumo delle Gerarchie ecclesiastiche, OD era considerato un movimento progressista, proprio per l' enfasi data al laicato.


  6. C' è un legame stretto tra i partiti conservatori di tutto il mondo e OD. I membri di OD hanno certe idee prima di entrare nell' organizzazione. Lì ricevono al limite un rinforzo dottrinale. L' insegnamento originario e mai rinnegato è chiaro nell' esprimere avversione verso un nesso troppo vincolante con la politica.


  7. OD è tra le organizzazioni più intransigenti nel chiedere un' obbedienza cieca. Il dibattito sul film "La Passione" di Mel Gibson e anche quello su "I promessi Sposi" sono esempi di pluralismo interno. Uscire dall' OD: ci sono storie diverse, come conciliarle? Le poche regole interne esaltano la personalità del Direttore. OD è costantemente migliorata nel tempo. La rinuncia precoce è tipica di chi sperimento solo la fase più dura.


  8. La macchina di reclutamento di OD è implacabile. Conta lo stile personale di un dato membro, non esistono metodi codificati, anche perchè ci si trova ad operare in realtà completamente differenti.

lunedì 25 febbraio 2008

La Fede rende felici

Qui e qui gli studi che più sono andati a fondo sulla questione.

Mi chiedo se questa conclusione deponga in qualche modo a favore "della Fede": da un lato ce la fa apparire come un' opzione ragionevole e da perseguire, dall' altro revoca in dubbio la sua portata veritativa.

mercoledì 13 febbraio 2008

Sulla questione della preghiera agli ebrei

Accettare le ovvie proclamazioni di "superiorità" da parte dei rappresentanti di una certa religione e l' ovvio desiderio di "convertire" il proprio prossimo, è essenziale per poter parlare di tolleranza tra religioni. Le cose da evitare sono ben altre. Nelle parole che seguono mi ritrovo abbastanza.

"...è importante garantire il diritto di credere nella verità della propria fede. Come ha affermato il rabbino David Berger, purché i cristiani non denigrino l’ebraismo hanno il diritto di affermare che l’ebraismo sbaglia attorno a questioni centrali come quella della divinità di Gesù; poiché è valido il diritto simmetrico. Essi – osserva Berger – hanno anche il diritto di aspirare a che gli ebrei riconoscano la divinità di Cristo alla fine dei giorni e di affermare che la salvezza è più difficile per chi non è cristiano. Secondo Berger, la posizione ratzingeriana, in quanto evita un “doppio standard”, è più rispettosa per l’ebraismo di molte altre. Al contrario, secondo il rabbino Laras riaffermare che la verità sta in Gesù Cristo implica lo screditamento dell’ebraismo come fede fallace. Ma, se la Chiesa riconosce che l’ebraismo è la base solida su cui poggia il Cristianesimo, non si può negarle di ritenere che il cristianesimo costituisca un passo in avanti, come non si può negare agli ebrei il diritto di rifiutare tale passo. Proprio in quanto la questione della divinità di Gesù è il nodo cruciale di divergenza, è su di essa che si misura un dialogo franco e onesto, come quello tra Benedetto XVI e il rabbino Neusner. Invece, posizioni come quella di Laras servono soltanto a dare argomenti a chi sostiene che le religioni sono intrinsecamente intolleranti e non riescono a parlarsi se non imponendo all’interlocutore di piegarsi al suo punto di vista o, nel migliore dei casi, di tacere le divergenze in quanto offensive. Dice Laras: cosa succederebbe se gli ebrei trattassero in modo simmetrico la fede cristiana? Lo fanno. Lo facciamo. Non ho bisogno di insegnargli che le preghiere ebraiche sono (inevitabilmente) intrise della convinzione di possedere il vero e la vera elezione..."

giovedì 7 febbraio 2008

Per l' economista esistono sia il Peccato Originale che la Coscienza

Mica è vero alla lettera..eh? Tuttavia:

"...in general, the results point to a few interesting aspects of human nature. One is that most of us, when tempted, are willing to be a little dishonest, regardless of the risks. Another is that even when we have no chance of getting caught, we still don’t become wild liars-our conscience imposes some limits. Finally (and what I find most disturbing), it’s clear that we have an incredible ability to rationalize our dishonesty and that justifying it becomes substantially easier when cheating is one step removed from cash. Nonmonetary exchanges allow people greater psychological latitude to cheat-leading to crimes that go well beyond pilfered pens to backdated stock options, falsified financial reports, and crony deals. Such latitude is the force behind the Enrons of the world..."


martedì 29 gennaio 2008

Cristiani & Libertari

Olanski all' insegna del classico "small government requires social conservatism", analizza i punti di frizione e il miglior modo di aggirarli.

lunedì 28 gennaio 2008

Con il caso Galileo la Chiesa indicò la via all' epistemologia moderna

Si ammassano gli scritti che sovvertono alcuni pregiudizi formatisi intorno al caso famoso del processo che Galileo subì nel diciasettesimo secolo. Ripeto: pregiudizi, poichè i giudizi, almeno dagli anni sessanta del secolo scorso, sono abbastanza stabili.

Non poteva mancare il martello di un Kattolico come Rino Camilleri, è lui a redigere il numero monografico de "Il Timone".

Si tratta in questi casi di autori apologetici. Significa forse che non meritano una risposta allorchè avanzino argomenti reali? Ebbene, io questa risposta non riesco a darla. Oltretutto, va detto, questi autori attingono dalle ricostruzioni più rigorose di un epistemologo ateo/anarchico come Ferayebend. E neanche a lui, a suo tempo, seppi mai dentro di me opporre una risposta valida.

Il carattere di Galileo, gli attriti tra protestanti e cattolici, la formazione del pregiudizio...tutte questioni interessanti ma che lascerei da parte per concentrarmi sui due punti, riconosciuti i quali, si giunge senza intoppi alla conclusione del titolo.

  1. Galileo, grande fisico piuttosto che astronomo, sostenne la teoria copernicana intuitivamente, senza apportare prove fattuali. L' osservazione dei pianeti che ruotavano intorno a Giove non provava certo che la Terra ruotasse intorno al sole. Del resto questa prova si ebbe secoli dopo con il pendolo di Foucault e, in modo ancora più stringente, con il metodo del parallasse. Da qui la prima condanna ecclesiastica ad insegnare tale teoria come Ipotesi e non come Verità. Mi sembra che anche l' epistemologia contemporanea richieda prove fattuali. Successivamente Galileo apportò la prova per lui decisiva: le maree. Keplero ci rise su e gli scrisse una lettera. Oggi sappiamo che quella prova è falsa.


  2. Galileo - in verità messo alle strette da cho lo odiava veramente per i mille privilegi che la Chiesa gli conferiva, ovvero i suoi colleghi laici - si espresso nel senso di ritenere doverose alcune interpretazioni bibliche piuttosto che altre. Insomma, Galileo cominciò ad occuparsi di Teologia e di testi sacri. Non fu la Chiesa ad interferire nel lavoro scientifico ma piuttosto il contrario. L' epistemologia contemporanea oggi concorda: lo scienziato non deve trarre dalla sua ricerca conclusioni in tema di teologia. Questa interferenza costò a Galileo la seconda durissima condanna: recitare alcune preghiere. Cosa da cui fu comunque esonerato vista l' età purchè lo facesse in sua vece la figlia monaca.




ADDENDUM: Carioti, Galileo e ferayebend

lunedì 21 gennaio 2008

Parlare del Papa che parla ovunque è parlare d' altro

I radicali c' informano, dati alla mano, che il Papa parla ovunque, per lui il termine "censura" è inappropriato.

Ma si puo' benissimo "parlare ovunque" e subire una censura. Le due cose non sono incompatibili.

Facciamoci una domanda:

Perchè nessuno recrimina sul fatto che il Papa non abbia tenuto il suo discorso all' Università di Bologna, Università che non lo aveva affatto invitato?

Facile, evidentemente si accetta il fatto che ognuno inviti chi vuole. E, con questa idea in testa, si accetta in teoria anche un mondo potenziale in cui il Papa, personalità di scarso interesse, non ricevendo inviti da nessuno, parli molto poco se non alla ristretta cerchia dei fedeli.

Quindi l' oggetto della recriminazione è altro rispetto a quello a cui fingono di interessarsi i radicali.

Riguarda il diritto ad essere invitato (e ad invitare), e non il numero di inviti che si sono ricevuti.

Contestare l' invito e contestare il discorso. Questa distinzione è lecita?

Il Papa ha il diritto, una volta invitato, a tenere il suo brutto discorso in una Università.

Per molti contestatori si ha l' impressione di no. Per questo e solo per questo si contestano i contestatori. Se veramente si vuole questionare il diritto di cui sopra, allora sventolare le statistiche sull' onnipresenza vaticana, è solo un modo per coprire la ritirata.