lunedì 12 novembre 2012

Sleepytime Gorilla Museum

Cosa Brava - For Tom Tom Zé

La sete di governo dei libertari

Diversamente dagli anni 70-80, per alcuni libertari di oggi le dimensioni del governo non sembrano essere la bestia nera per eccellenza.

In passato andava di moda una lezione chiara. più il governo lavora male, meno domanda di governo ci sarà presso i cittadini.

Logico no? Peccato che le evidenza non confermino: a chiedere più governo sono proprio i cittadini che vivono in paesi con governi molto difettosi (l' Italia, per esempio). Come spiegarlo?

Forse chi abita in un paese retto da governi corrotti non auspica una drastica riduzione ma una moralizzazione. D' altro canto laddove il governo è più competente si accorgerà presto che una qualche forma di "privatizzazione" è auspicabile.

D' altro canto è bene che i libertari s' innamorino del governo: diverranno più esperti di politica e la cosa volgerà a loro vantaggio allorché proporranno le riforme. Una privatizzazione dilettantesca rischio di rinfocolare lo statalismo.

La narrativa passata dei libertari ha un rischio evidente: divide tra buoni (imprenditori) e cattivi (burocrati). Nessuna persona smaliziata crederà mai a nulla del genere. E anche gli ingenui non constateranno mai come i cattivi stiano solo da una parte.

L' urlo di battaglia si trasforma così da "tagliare" a "competenza"!

Qualcuno evidenzia un paradosso libertario: la libertà produce ricchezza e la sempre maggiore ricchezza produce domanda di governo. Ancora più chiaro chi formula in questo modo: la libertà produce innovazione e l' innovazione rende meno costosa la centralizzazione del potere.

I due dogmi libertari ("la libertà è bella" e "il governo è cattivo") andrebbero differenziati: il primo è molto più importante. A volte ci si è talmente spinti oltre su questa strada fino a fare l' apologia delle libertà positive, francamente il tutto suona come un rinnegamento dei principi libertari, senza contare che molti temi che mettono in imbarazzo i libertari (riscaldamento globale, proprietà intellettuale) possono rivelarsi inaspettatamente proficui alla causa. Non a caso uno dei massimi pensatori libertari fu Julian Simon, uno studioso che si dedicò anima e corpo proprio a queste tematiche "imbarazzanti".

LETTURE:

http://reason.com/archives/2010/01/13/five-reasons-why-libertarians/print

http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/five_responses.html

http://econlog.econlib.org/archives/2010/02/why_arent_the_i.html

http://www.economics.harvard.edu/faculty/shleifer/files/NBER_Regulation%20and%20Distrust.pdf

http://www.cato-unbound.org/2007/03/11/tyler-cowen/the-paradox-of-libertarianism/

http://econlog.econlib.org/archives/2007/03/worst_advice_to.html

Market Monetarism

La rigidità dei prezzi, in particolare quella dei salari, pregiudica gli aggiustamenti necessari per uscire dalle crisi ripristinando il tasso naturale di occupazione.

Ecco allora la ricetta Keynesiana: pompaggio di moneta e politica fiscale.

Ma la scuola chicagoana delle aspettative opina: pompare moneta genera un inflazione anticipata dagli operatori, questo vanifica i tentativi di ripristino: i prezzi reali non si abbassano. La stagflazione degli anni 70 fu un grande successo predittivo di questa scuola.

 La politica fiscale senza regole, poi, autorizza i politici a fare deficit e distorcere l' apparato produttivo. Qui l' apporto dei virginiani fu decisivo per costruire una critica coerente.

Eppure la disoccupazione esiste ed esistono anche buone teorie per spiegare la rigidità dei prezzi verso il basso. I neo keynesiani, per esempio, puntano il dito sulle difficoltà di coordinamento: "abbassa prima tu", "no, prima tu"... Abbassare i prezzi produce esternalità positive nei confronti delle altre aziende e questo semplice fatto rende difficoltoso coordinarsi.

I market monetarism coniugano neo classici e neo keynesiani. Ma come?

Dei keynesiani respingono l' ossessione sui tassi d' interesse: non sono un buon segnale per capire se una politica monetaria sia o meno abbastanza espansiva, anche da questo errore scaturisce l' ingiustificato scetticismo dei keynesiani verso le politiche monetarie che, stando ai MM possono e devono fare di più.

Dei monetaristi si respinge l' idea di mantenere costante l' inflazione. E perché mai? L' inflazione è l' unico strumento in nostro possesso per generare tassi negativi. Se ha senso abbassare i tassi, quando i tassi sono a zero ha senso renderli negativi.

E' vero, l' inflazione anticipata non abbatte i prezzi reali ma spinge all' uscita dalla trappola della liquidità. Quand' anche la rigidità dei prezzi sia solo verso il basso, ha senso produrre una certa dose di inflazione.

I Market monetarist hanno un padre nobile: Milton Friedman. Specialmente il MF che additò la politica monetaria restrittiva del 1932 come causa principale della Grande Depressione. Non condividono però con MF l' esistenza di un "long and variable lag" della politica monetaria. No, tutto è anticipato dal mercato e quasi tutto ha un effetto immediato. Qui, è chiaro, si professa il Vangelo di Lucas.

Il target della banca centrale diventa l' NGNP: in caso di shock sul lato dell' offerta non si esacerbano i problemi, al limite si sopporta un breve periodo di inflazione, nel caso di shock della domanda l' uscita dalla "trappola" è pressoché garantita.

Come targetizzare NGNP? Tramite un mercato dei future e relativa speculocrazia.

Alternative all' inflazione: penale (tasse) sulle riserve bancarie, a partire, ovviamente, dalle riserve presso la banca centrale..

da leggere:

http://en.wikipedia.org/wiki/Market_monetarism

http://www.econlib.org/library/Enc/NewKeynesianEconomics.html

http://econfaculty.gmu.edu/bcaplan/macro.doc




venerdì 9 novembre 2012

Le parole e le cose

George Lakoff sostiene che le persone “subiscono” in modo alquanto singolare le metafore e le associazioni di parole a cui vengono esposte nei discorsi di tutti i giorni, cosicché basterebbe un buon marketing del linguaggio per manipolare le loro menti. E questo anche a fin di bene, intendiamoci.
lakoff
Sulla scorta della sua teoria vorrebbe plasmare la società dizionario alla mano. Per esempio, propone di chiamare le tasse “membership fee” in modo che tutti possano indossare occhiali che consentano di vedere il mondo “da sinistra”.
Sperimentando l’ effetto di questi occhiali cosa vedo? Personalmente vedo che se qualcuno mi parlasse di “membership fee” anziché di tasse avrei come la sensazione di essere preso per il culo. Associo la parola “tasse” a una mazzata e l’ espressione “membership fee” a una mazzata che segue la cornificazione. Ma forse non sono stato abbastanza esposto.
Non che abbia in tasca una contro teoria particolarmente accurata, rilevo solo di aver cominciato a scrivere queste righe in treno nel corso del mio pendolaraggio tra Rho e Varese dopo aver origliato nel vagone accanto un gruppo di adolescenti che, tra il goliardico e il truculento, si apostrofano a suon di “gay rotto in culo che non sei altro” e simili. Eppure “gay” era termine introdotto per rimpiazzare “omosessuale” e tutti i connotati negativi che si portava dietro. A quanto pare il significato del secondo si è trasferito passivamente nel primo, connotati negativi compresi.
Ripensandoci, esempi dello stesso tenore fioccano: “Ministro” significa nientemeno che “servo” ma se penso a un Ministro della Repubblica Italiana non mi viene in mente niente di particolarmente umile, né tantomeno penso a un servo a mia disposizione. Figuriamoci. Eppure qui nessuno opinerebbe sui tempi di esposizione. Cosa è andato storto nella “strategia parolaia”?
Si è appena eletto il Presidente Americano. Basta una breve indagine per scoprire che fu scelto questo titolo al fine di ridimensionare la carica nel mitico “immaginario” dell’ uomo qualunque. Presidente è semplicemente colui che “presiede” una riunione senza particolari poteri. Voglio proprio vedere chi si è fatto “manipolare” a fin di bene pensando a Obama in questi termini burocratici.
Alzi la mano poi chi abbassa la guardia sull’ igiene solo perché un lercio bagno pubblico viene chiamato toilette?
“Idiota” era un termine clinico, sappiamo che fine ha fatto. Ci si è affrettati a sostituirlo con “ritardato mentale” finendo in breve tempo dalla padella nella brace.
Chissà poi Borghezio che ne pensa dei “migranti”, secondo me quand’ anche costretto ad accorgimenti lessicali di questo genere difficilmente perderebbe la sua verve.
Alla saggezza di Lakoff preferisco allora quella di Nicolo’ Machiavelli: non è il Titolo che fa l’ Uomo ma l’ Uomo che fa il Titolo.
machiavelli
Oppure quella della scienza, magari nella persona di Elizabeth Spelke.
spelke
Le sue ricerche sono volte a dimostrare che il pensiero precede sempre il linguaggio.

LEGGERE

http://tongue-tied2.blogspot.it/2006/05/lakoff-deconstructed-by-john-ray-m.html

martedì 6 novembre 2012

Brucia l' uomo nell' inutile valva di bellezza- Le poesie di Giovanni Testori.

Con un canto chiuso e disperato si rivisita il nulla che ci ha amato. I posti innanzitutto, prediletti gli angoli umidi di orina. Le persone poi, prediletta la madre che cuce e tace in cucina.

E non dimentichiamo la valenza didattica: un ottimo esempio di realismo non naturalista che offre un' ottima occasione per indagare la differenza (mai capita, a scuola) tra i due concetti.



Qui Testori si commuove ascoltando Leo Ferré che musica una sua poesia.


lunedì 5 novembre 2012

Confiteor

"solo è feto"
- cosa dici?
"Solo grumo,
gocce unite"
- cosa aggiungi adesso,
padre?
"Caso, bacio:
questo è stato.
Se t' ho amato..."
Gli occhi abbassi tu,
madre,
e la mano porti qui
dove cresco, tremo,
spero.
Stanza scura,
letto nero.
Chiedi:
"e poi?"
"Se tu vuoi
- ti risponde -
per me no."
Sì, ma è vita -
ti verrebbe da gridare,
forse solo sussurrare.
Sì, son vita.
Madre,
mamma,
a te m' aggrappo!
Dillo, su!
Apri la bocca!
Squarcia l' ombra!
Chi ti parla era pur come son io!
Digli:
e Dio?
In silenzio resti lì.
Chiedi il sonno,
il riposo chiedi al cuore.
Ma, l' amore?
Digli:
e Dio?
Dillo, mamma,
urla, grida
o sussurralo così.
Dici solo:
"ma è già qui..."
Forse basta.
Lui t' afferra,
il ventre tasta.
"Qui che cosa?
non c' è forma,
non c' è ossa,
non c' è senso."
Ma la mano
con la sua
appoggi a me.
No, non voglio,
e neanche te!
Notte lunga,
su di voi.
Notte lunga,
su di me.
Giovanni Testori (da Factum Est)
Quale argomento utilizza la Chiesa Cattolica per condannare l' aborto?

Ha un debole per la cosiddetta "teoria del doppio effetto".

Cioè?

Ci sono azioni che conseguono un doppio effetto: uno benigno e l' altro malvagio. Compierle è moralmente lecito solo se l' effetto malvagio 1. non è conseguito con intenzione diretta, 2. non è conseguito come mezzo per ottenere l' effetto benigno e 3. è proporzionale all' effetto benigno. Qualora manchi anche una sola di queste tre condizioni, l' azione non è esperibile.

E in tutto questo che c' entra l' aborto?

La donna vuole liberarsi del feto (effetto malvagio) per migliorare il proprio grado di felicità (effetto benigno). Certo, qualora la suddetta felicità sia il frutto di un capriccio, mancherebbe il requisito della proporzionalità; tuttavia i casi più interessanti sono quelli estremi, quelli in cui la vita del futuro bambino confligge con la vita della donna. Stando al punto 2 non si potrebbe intervenire direttamente eliminando l' embrione. D' altro canto, è lecito assumere le medicine necessarie alla sopravvivenza della donna, per quanto queste, in modo indiretto, sopprimano la vita del nascituro.
 
feto

E' un buon argomento quello del "doppio effetto"?

Sta in piedi, almeno per chi riconosce nell' embrione l' inizio di una vita umana, ma andrebbe integrato. Pensa solo a questo, poniamo che io e mia moglie decidessimo di non fare l' amore stasera, una decisione del genere impedirebbe al bambino  che avremmo concepito di nascere. Eppure, anche se sacrifichiamo una vita per un desiderio estemporaneo, a nessuno verrebbe mai in mente di condannarci, men che meno alla Chiesa Cattolica.

Che scoperta, in questo caso si tratterebbe solo di una "vita potenza"!?

Giusto, ma è la Chiesa Cattolica stessa che, giustamente, ha grande considerazione anche dell' essere in potenza. Pensa solo a quei filosofi abortisti i quali fanno notare che dopo la concezione non esistono ancora le cellule neuronali, quelle da cui una persona riceve la propria identità. Questi filosofi concludono per la liceità dell' aborto, almeno nei primi giorni di vita dell' embrione. La Chiesa, in casi del genere, risponde che per quanto queste cellule non esistano in atto, esistono pur sempre in potenza. 

Capisco. Poiché anche un bambino non concepito esiste in potenza, questo rappresenterebbe un problema per la Chiesa. Non è ben chiaro quando l' essere in potenza conta e quando no.

Un problema facilmente superabile se si distinguono due doveri: 1. il dovere di non interferire nella vita altrui e 2. il dovere di non omettere un servizio alla vita altrui. Il primo dovere, come sanno bene i libertari, è molto più cogente del secondo.

Torniamo ai nostri casi, come si risolvono alla luce di questa precisazione.

Nel primo caso i genitori omettono di fare l' amore per guardare la televisione, il loro comportamento è lecito per quanto omissivo visto che un dovere di omissione puo' ben essere scavalcato dal piacere di guardare la TV. Nel secondo caso invece assistiamo a un vero e proprio intervento attivo: si viola il principio di non-interferenza uccidendo l' embrione al fine d' impedire che si sviluppino le cellule neuronali già presenti in potenza. La differenza, anche dal punto di vista teorico, sembra ora più chiara. Una volta imboccata la via giusta si risolve agevolmente anche il "caso del violinista".

Cosa è mai il "caso del violinista"?
 
Un argomento abortista spesso riesumato per mettere in imbarazzo i pro-life che non distinguono chiaramente tra opere e omissioni: un mattina ci svegliamo in un ospedale e ci ritroviamo collegati al sistema circolatorio di un famoso violinista malato perché i nostri reni servono a depurare il suo sangue. Scollegarsi significa ucciderlo. La sua insufficienza renale sarà guarita in nove mesi. Il violinista è una persona e gode del diritto alla vita. Noi abbiamo il diritto di scegliere di andarcene, ma la nostra scelta ucciderebbe il violinista. “Aspettate solo nove mesi e poi potrete scollegarvi”, ci sentiamo ripetere. Il diritto alla vita del violinista è davvero più forte del nostro diritto di scelta? Se allo scenario suddetto si aggiunge un pericolo per la nostra salute o per la nostra stessa vita come effetto del collegamento ai reni del violinista (e quindi il conflitto diventa tra il diritto della madre alla vita e il diritto dell’embrione alla vita), è ancora più difficile giustificare il dovere morale di rimanere collegati al violinista.
 
Effettivamente è imbarazzante dover costringere il malcapitato a un ricovero forzato di nove mesi !
 
Ma non siamo affatto costretti a emettere una simile condanna se solo distinguiamo tra opere e omissioni. Qualora il malcapitato si alzi e se ne vada sarà solo colpevole di omissione di soccorso, una colpa che non basta a condannarlo moralmente visto il bene che consegue così facendo: la sua libertà. Ben diverso il caso dell' aborto, lì non siamo di fronte a un' omissione, lì si interviene direttamente interferendo su una vita.
 
Interessante. Non è che distinguendo tra opere e omissioni c' è la speranza di risolvere l' annoso problema del trolley?

 

Quasi. Ma ricordiamolo: siamo autorizzati a deviare un vagone fuori controllo per evitare la morte di cinque persone sacrificandone una? Forse, infatti deviare un' azione non significa proprio originarla (spero di non aver fatto una considerazione troppo cervellotica). Siamo autorizzati a sacrificare il ciccione che sta al nostro fianco gettandolo sui binari in modo da fermare il vagone fuori controllo e salvando così le cinque persone che sarebbero investite? Sicuramente no visto che "gettare il ciccione" è chiaramente un' azione che viola il principio di "non interferenza" nella vita altrui.

Eppure continuo a credere che "omettendo" ci si possa macchiare di gravi colpe!

Resta pur sempre un' asimmetria fondamentale tra opere e omissioni. Considera:: possiedi cinque dosi di una medicina e di fronte a te stanno sei persone che ne hanno bisogno per sopravvivere. Una delle sei necessita di una dose quintupla. Moralmente parlando puoi lasciarla morire e limitarti a salvare le altre cinque. Da cio' non consegue affatto che puoi uccidere una persona, estrarre i suoi organi e salvare la vita ad altre cinque persone. Per quanto l' esito delle due azioni sia il medesimo (sacrifico una persona per salvarne cinque) i due casi sono completamente diversi proprio in virtù dell' asimmetria tra dovere attivo e dovere passivo.

Ora le cose sono un po' più chiare. Solo un' ultima delucidazione: che c' entra il Confiteor di cui al titolo?

 
Recita: “Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa". Ecco, detta così sembra quasi che opere  e omissioni siano equiparate mentre tra le due cose abbiamo visto esserci un abisso, come sanno bene i libertari. Curiosità: nella messa Tridentina non si parla affatto di "omissioni". L' ennesima leggerezza del Concilio Vaticano II? Agli esperti la sentenza.
 
confiteor
 

 






sabato 3 novembre 2012

Andhira incontra Fabrizio De Andrè - "La guerra di Piero

De André spogliato della sua monumentalità. Forse ancora più bello. http://www.youtube.com/watch?v=YM3mJXTrIaM

martedì 30 ottobre 2012

Film visto ieri: Hbemus Papam

Siamo nei pressi de “La messa è finita”: un uomo di Chiesa in crisi totale per il carico di responsabilità che si sente addosso come un piombo. Là era un parroco di periferia, qui nientemeno che il Santo Padre. Là era un regista con tante idee e tecnica raffazzonata, qui un maturo uomo di cinema che ormai domina il mezzo senza preoccuparsi di riciclare vecchie idee. E' comunque bello veder Moretti risillabare il suo messaggio in bella calligrafia, sia la parte patetica: l' uomo costruisce la sua bolla per isolarsi dal Reale (sono bolle fatte di Nutella come di Cultura o di Religione); sia la parte cinica: la Realtà trova comunque un varco scoprendolo laddove è più ridicolo. 

Questo, poi, il pensiero sotteso alla storia per come l’ ho colto: “conosco parecchi uomini di Chiesa, si tratta di gente seria, preziosa e in buona fede, è praticamente impossibile che pensino veramente cio’ che dicono e, ad ogni modo, quando cominciano a pensare sul serio vanno necessariamente in crisi”. A molti credenti è piaciuto, non mi stupisce, ormai l’ assenza di disprezzo totale ci gratifica.
habemus

lunedì 29 ottobre 2012

Speculocrazia

Il miglior argomento contro la democrazia consiste in una chiacchierata di cinque minuti con l' elettore medio

Winston Churchill



Perché in Italia ci ritroviamo con il cosiddetto "governo tecnico"?

Perché la politica è incapace di affrontare situazioni particolarmente delicate. E non piangiamoci addosso, anche la favolosa Germania, da questo punto di vista, versa nelle stesse condizioni.

Cosa c' è che non va nei sistemi democratici?

Adottano di continuo cattive politiche, ovvero politiche che non conseguono gli obiettivi fissati. E questo nonostante ci sia pieno accordo, almeno tra gli esperti, su quali siano in realtà le vie da seguire.

democrazia

Perché questo scollamento?

Fondamentalmente perché l' elettore mendio è un ignorante e la sua opinione diverge sistematicamente da quella degli esperti. Metà dell' elettorato crede che l' uomo sia stato creato 10.000 anni fa esattamente com’ è adesso. Metà dell' elettorato crede che il governo nasconda le prove dell' esistenza degli alieni. E via di questo passo. La democrazia chiama questa gente a scegliere su materie molto complesse. Come meravigliarsi dell' esito finale?

Il problema è dunque l' ignoranza?

Non solo. L' elettore medio è anche disonesto quando si tratta di cercare la verità. Quand’ anche qualcosa lo smentisca in modo palese, si girerà dall' altra parte evitando di aggiornare le proprie credenze. Anche se messo al corrente dell' opinione degli esperti è molto riluttante a mutare la propria. Da un elettore ignorante e disonesto non puoi pretendere una grande capacità decisionale.

ignoranz

Non ci restano che gli esperti.

Troppo rischioso. Chi stabilisce chi è abbastanza "esperto" e chi no? Si cade in un ragionamento circolare, il concetto di "competenza" serve a ben poco in questi casi.

Allora, chi puo' salvarci?

Non lo so. Forse lo speculatore.

scommessa

In che modo?

Con le sue scommesse ha sempre dimostrato grande preveggenza. Maggiore, per esempio, rispetto a quella dei critici cinematografici, quando si è trattato di prevedere i vincitori degli Oscar; maggiore di quella dei critici calcistici, quando si è trattato di prevedere il vincitore del Campionato; maggiore di quella dei vaticanisti, quando si è trattato di prevedere il prossimo Papa. Insomma, lo speculatore di solito batte persino l' esperto.

Già, e le bolle finanziarie?

Lo speculatore non è infallibile, non è in grado di prevedere diverse cose. Ma io non mi preoccupo più di tanto, mi preoccuperei piuttosto se qualcun altro - politica, accademia, esperti... - fosse stato in grado di prevedere cio' che lui non ha previsto. Siccome non è questo il caso, archivio le sue defaillances.

Se non possiamo stabilire in via di principio chi è "esperto" nemmeno possiamo stabilire chi è "speculatore".

Ecco un altro vantaggio che lo speculatore ha rispetto all' esperto. Non c' è bisogno di stabilire chi sia tale, non c' è bisogno di una nomina dall' alto, tutti noi possiamo diventarlo, basta mettere i soldi sul tavolo e scommettere. In fondo la "speculocrazia” è una forma di democrazia, senonché anche l' elettore più ignorante e disonesto mitiga la sua ignoranza e la sua disonestà quando è chiamato a mettere i propri soldi sul tavolo.

Proprio qui volevo arrivare; lo speculatore, diversamente dall' elettore, è informato, ok. Ma sarà anche onesto?

Non c' è nemmeno bisogno che lo sia affinché scelga bene. Basterà che sia sufficientemente egoista. Se questo non è un vantaggio!

Ok, adesso i pregi dello speculatore mi sono più chiari ma possono queste abilità essere messe al servizio della politica.

Ammettiamo che il PD si affidi allo speculatore per scegliere il vincitore delle primarie. Una banca del PD dovrebbe stampare una serie di bigliettini contenenti questa promessa: "pagherò un euro al possessore di questo tagliando se il PD vincerà le elezioni generali [o supererà una certa soglia di voti] avendo per candidato ufficiale Renzi". Un' altra serie conterrà la promessa: "pagherò un euro al possessore di questo tagliando se il PD vincerà le elezioni generali avendo per candidato ufficiale Bersani". Le promesse cartolarizzate verranno messe in vendita e rese negoziabili su una borsa creata ad hoc. Presto si formerà un prezzo di equilibrio. Esempio, se al momento stabilito il primo biglietto è negoziato a 70 centesimi e il secondo a 30, Renzi avrà vinto le primarie. Con un' operazione di call off verrà ritirata la seconda serie di biglietti e si andrà alle elezioni generali. Alla fine delle elezioni generali si pagheranno gli eventuali vincitori.

Chi finanzia pagando le scommesse?

Le scommesse le paga l' organizzatore, così come le incassa. L' organizzatore partecipa ad un gioco equo andando mediamente alla pari. Per semplificare potremmo dire che il gioco si autofinanzia.

L' elettore tradizionale è completamente tagliato fuori da un sistema del genere.

Mi verrebbe da far notare come le categorie di elettore e di speculatore siano in buona parte sovrapposte. Ad ogni modo la soluzione migliore è forse quella intermedia: l' elettore tradizionale con il suo voto tradizionale sceglie i fini e lo speculatore con le sue scommesse sceglie i mezzi.

Ovvero?

Viene eletto un Parlamento il quale stabilisce un obbiettivo ben preciso e quantificabile mettendo altresì in campo politiche alternative tra loro ma tutte volte al conseguimento dell' obiettivo di cui sopra. Lo speculatore a questo punto voterà secondo il metodo che abbiamo visto, le misure prescelte diverranno legge il giorno dopo, le altre verranno tralasciate.

In questo modo le politiche prescelte non saranno quelle gradite alla maggioranza dei cittadini?

In realtà neanche il tradizionale metodo del voto garantisce l' adozione di politiche gradite alla maggioranza (teorema di Arrow). L' inconveniente, nella pratica comune, si supera grazie al fatto che la maggioranza stessa ignora questo semplice fatto. Senza contare che a noi interessano le "buone politiche" prima ancora di quelle favorite dalla maggioranza.

Ma alla gente piace votare, è un modo per crogiolarsi nelle proprie illusioni! Vuoi mettere la soddisfazione!

In effetti se il voto da mezzo si trasforma in fine, allora le “speculocrazia” non è un rimedio utile. Tuttavia occorre sempre ricordare che la partecipazione di tutti è comunque garantita, per quanto coltivare le proprie illusioni diventi più costoso. Chiediamoci poi se la fine d talune illusioni sia necessariamente un male. La risposta sarebbe: sì, ma solo se la fine del giochino inefficiente del voto democratico dovesse creare instabilità sociale.

Non è che la speculocrazia favorisca politiche orientate al mercato?

E perché mai? Il meccanismo puo' tranquillamente indicare la via del socialismo reale come la più efficiente per raggiungere gli obiettivi designati.

Un "cattivone" potrebbe turbare il mercato!

La presenza di un cattivone con obiettivi diversi da quello di far soldi è una manna per gli speculatori, non aspettano altro. Saranno loro ad agire: guadagneranno sulle mosse del cattivone neutralizzando le turbative e quindi, indirettamente, perseguendo il bene pubblico.

Un "super-ricco" farebbe il bello e il cattivo tempo!

Un "super-ricco" "super-informato" farebbe solo il bel tempo. Un "super-ricco" disinformato farà invece la fine del "cattivone" di cui sopra: sbranato dalla iena della speculazione chiamata e premiata per ristabilire gli equilibri turbati da scelte disinformate o con secondi fini.

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Si arriverà al punto che le politiche saranno in vendita!

E come? Lo abbiamo già visto per il "cattivone" e per il "riccone": non appena una persona o un gruppo di persone negozia per ragioni indipendenti dalle informazioni possedute diverrà conveniente neutralizzare la loro azione attraverso arbitraggi. Gli speculatori non aspettano altro e in un regime di Speculocrazia sono loro a comandare.

Sei sicuro che gli obiettivi meritevoli siano misurabili?

Bella domanda. Oggi misuriamo la ricchezza in termini di PIL, la diseguaglianza in termini di coefficiente Gini, l' andamento dei prezzi in termini di panieri inflazionistici... Sono fiducioso che esistano molti obiettivi meritevoli che possono essere misurati in modo affidabile da organismi terzi.

Da leggere:
http://hanson.gmu.edu/ifpubs.html#Hanson

giovedì 25 ottobre 2012

Come mai i soldi contano tanto poco in politica?

Strano, in genere il dibattito tra gli osservatori smaliziati è del tipo “come mai i soldi pesano tanto poco sull’ esito delle elezioni?”, e questo senza negare che esiste una “narrativa progressista” per cui “i soldi hanno ormai ucciso la democrazia”.

In una meta-analisi diventata un classico si conclude:

we argue that campaign contributions are not a form of policy-buying, but are rather a form of political participation and consumption. We summarize the data on campaign spending, and show through our descriptive statistics and our econometric analysis that individuals, not special interests, are the main source of campaign contributions. Moreover, we demonstrate that campaign giving is a normal good, dependent upon income, and campaign contributions as a percent of GDP have not risen appreciably in over 100 years – if anything, they have probably fallen. We then show that only one in four studies from the previous literature support the popular notion that contributions buy legislators’ votes. Finally, we illustrate that when one controls for unobserved constituent and legislator effects, there is little relationship between money and legislator votes. Thus, the question is not why there is so little money [in] politics, but rather why organized interests give at all. We conclude by offering potential answers to this question.

Certo, come già trapela dalle conclusioni di cui sopra, esistono studi che arrivano a conclusioni differenti, sono materie in cui ha senso solo mediare tra molti studi condotti con approcci differenti.

Lo studio di Alan Gerber su casi concreti, per esempio, conclude che forse c’ è una piccola incidenza per lo sfidante, molto meno per il presidente in carica.

La versione breve: troppi miliardari hanno perso troppi soldi perché sia credibile che la politica si compri con quelli.

Già nel 1995 molte analisi concludevano:

It seems unlikely that campaign finance reform, at least in its current guise, will have much impact on the functioning of the American political system...In the light of that conclusion, the substantial amount of energy devoted to the topic by the public, the media, and politicians might be more productively channeled towards other issues.

Conclusione che nella sostanza è ribadita nel 2012 dalla Sunlight Foundation:

2/3 of outside cash was spent on losers

Qui altri links per coprire la tematica e confermare la tesi principale.

 

 

mercoledì 24 ottobre 2012

Tristan Prelude & Isolde Liebestod

Un caso d' isterismo magniloquente

 

Sarabande

Musicista o scultore? Non lo sapremo mai, di sicuro questi sono monumenti più che partiture

 

Schumann: Märchenerzählungen Op. 132, III.

Un romantico ritorno a Bach.

Brahms, Piano Quartet in C minor, opus 60

Melodie che non finiscono più

Prelude In C major Bach

Un solo gesto che vaga tra i toni

Schubert Impromptu Op. 90 No. 3

Disperazione e tenerezza. Come si capisce che siamo di fronte a un viennese e non a un tedesco di Germania!

 

Beethoven Sonata Op. 110 (3/3)

La sofferenza è superata dalla volontà dell' uomo capace di opporsi alla sventura e prendere in mano il proprio destino.

 

MAURO OTTOLINI AND SOUSAPHONIX

Sxip Shirey

Isterical Oracle

Roomful of Teeth

Marco 14:7

Gesù disse che i poveri saranno sempre tra noi, è proprio così?
Se assegniamo al termine "povertà" un significato relativo, ovvero se, per esempio, chiamiamo "povero" chi percepisce un reddito pari alla metà di quello medio, allora i poveri saranno sempre tra noi, garantito al limone. Se invece chiamiamo "povero" colui che percepisce un reddito al di sotto di un certo valore assoluto, allora, almeno nei paesi più avanzati, i poveri non esistono più da un pezzo. Prego notare che chi predilige le misure "relativiste" è anche più propenso a interpretare la vita come un "gioco a somma zero".
poor

A cosa è più propenso il "relativista”?
A costui non interessa tanto la "povertà" quanto l' "invidia". Per un "relativista" così come l' ho definito, sono i ricchi che "creano" i poveri, se non ci fossero i primi non ci sarebbero neanche i secondi. In quest' ottica la vita è un "gioco a somma zero" in cui si vince solo sconfiggendo gli altri; quel che ho ce l' ho perché l' ho sottratto a te. Pensate solo agli scambi di mercato, così frequenti in una società liberà; il "relativista" non è certo affascinato da roba del genere: per quanto lo scambio migliori tutte le parti coinvolte, possiede una tara ineliminabile: funziona solo se in esso sono coinvolti degli egoisti, tuttavia non sprigiona i suoi miracolosi benefici se le parti sono semplicemente invidiose l' una dell' altra!
rapina

Ma come è possibile che sia di per sé  la presenza  dei "ricchi" a generare i "poveri"?
Ripeto, se consideriamo povero chi è esposto all' invidia, non avremo mai penuria di povertà. A meno che non vengano a mancare i ricchi, ovvero gli invidiati. Nel momento in cui l' invidioso supera l' invidiato e placa le sue ansie i ruoli si ribaltano e siamo punto a capo. Magari in una dinamica del genere la ricchezza di ciascuno di noi aumenta, eppure, nel mondo come lo vedono i "relativisti", con tale dinamica abbiamo generato solo nuova povertà. Per capire la forza delle parole di Gesù dobbiamo tradurre il termine "poveri" con il termine "invidiosi". Ecco, gli "invidiosi", loro sì che saranno sempre tra noi.

Ma è plausibile sostituire l' "invidia" all' "egoismo"?
Certo! Anzi, una logica evoluzionista lo richiede; nel gioco della riproduzione chi ha di più si accoppia e chi ha meno resta a bocca asciutta indipendentemente dalle sue dotazioni. E' un gioco crudele in cui chi vince piglia tutto. In un contesto del genere l' invidia domina l' egoismo.
invidia

Ma se l' invidia rappresenta un portato ineliminabile dell' evoluzione umana, cosa c' è che non va nella logica "relativista"?
Il fatto che l' invidia non implichi necessariamente "giochi a somma zero". Almeno in una società libera.

Eppure se cio' che conta è lo status, prima ancora che il patrimonio, è chiaro che siamo nel bel mezzo di un gioco a somma zero: per aumentare il mio status relativamente al tuo, il tuo deve decrescere relativamente al mio. E questo indipendentemente dal tipo di società. Come la mettiamo?
La mettiamo che, primo, ci sono società in cui è più semplice creare tanti giochi e, secondo, ci sono società che più di altre esaltano la preferenza soggettiva. Mi spiego meglio: quel che conta non è il nostro status ma lo status che percepiamo, è importante allora che non esista un' unica scala attraverso cui misurare lo status, ma che esistano molte scale. Molte scale, molta gente in cima. Ognuno, almeno in una società libera che esalta la preferenza, potrà scegliere o fabbricarsi la scala che più lo aggrada. Già, la società liberà non esalta solo lo scambio (ovvero il paradiso degli egoisti) ma anche la preferenza (ovvero il paradiso degli invidiosi).
prefere

Con molte scale avremo molta "gente in cima", dici, ma anche "molta gente in fondo". Verosimilmente parteciperò a una miriade di giochi, in alcuni mi piazzerò bene, ma in altri male. Il saldo resterà invariato. Come la mettiamo?
Basterà preferire i giochi in cui sono vincente, gli altri saranno irrilevanti per me. Sulle preferenze, dopotutto, abbiamo un certo controllo. E poi, diciamola tutta, è così facile prediligere e considerare più significative le materie in cui eccelliamo! In questo senso Madre Natura ci ha attrezzato con una psicologia che sembra fatta apposta.

In tutta questa storia c' è un "cattivo"?
Bé, se ci interessa mitigare le diseguaglianze socialmente più stressanti, il "cattivo" è colui che lavora per costruire la "scala unica" coltivando il mito della "misurazione oggettiva" dei meriti. Penso, per esempio, a chi si batte per la "scuola unica" o scuola di stato. Dopo quanto abbiamo detto ciascuno capisce perché non esiste una fabbrica di diseguaglianze stressanti tanto alacre. Insomma, il cattivo è sempre chi vuole una società autoritaria.
scuola unica

E l' eroe?
Non saprei, forse chi si dedica a moltiplicare la percezione di status prestigiosi. La pubblicità è senz' altro impegnata su questo versante, dal nulla fabbrica a getto continuo status da abbinare a ogni prodotto. Tanta pubblicità, tanta pace sociale. Insomma, l' eroe è sempre chi vuole una società libera.


Da leggere:
http://daviddfriedman.blogspot.it/2006/10/economics-of-status.html

http://willwilkinson.net/flybottle/2006/09/03/a-cold-compress-for-status-fever/

http://www.overcomingbias.com/2012/06/fragmented-status-doesnt-help.html

venerdì 19 ottobre 2012

Perché non andiamo d’ accordo?

Esiste Dio? Chi vincerà il campionato? L’ assassino era capace d’ intendere e volere? L’ omosessualità è un comportamento deviante?
Ci sono molte discussioni su cui non si riesce a raggiungere un accordo stabile, e questo per quanto si rispetti l’ interlocutore. A volte si finisce per accordarsi sul proprio disaccordo. Peccato che il disaccordo di due individui affini sia impossibile a prescindere dalla materia oggetto di discussione, e la cosa è rigorosamente dimostrabile.
Chiariamo cosa s’ intende per “affinità”? Giovanni e Giuseppe sono affini se Giovanni messo nei panni di Giuseppe agirebbe e penserebbe come quest’ ultimo. E viceversa.
Passa un’ auto, a Giovanni sembra rossa a Giuseppe viola.
Con il nostro bel teorema alla mano possiamo fare una previsione certa: nella discussione che segue tra i due si troverà un accordo sul colore dell’ auto. Magari sarà il colore sbagliato, ma di sicuro ci sarà accordo.
Come si procede? Semplice: basterà stilare una serie finita di ipotesi circa quanto è accaduto, dopodiché ciascuno dei due protagonisti stimerà ciascuna delle ipotesi in campo aggiornando poi la sua credenza in base a ai “fatti nuovi”, ovvero alle stime dell’ altro. Aggiornamento dopo aggiornamento si addiverrà necessariamente ad un accordo: si badi bene che non esiste necessariamente un sentiero di convergenza (Giuseppe non sa come cambierà la stima di Giovanni). Per dimostrare che l’ accordo è l’ unica posizione di equilibrio basta notare che solo quando le due stime coincidono non richiedono aggiornamento e quindi introduzione di fatti nuovi.
STRETTA
Non basta però l’ affinità e l’ onestà degli interlocutori, occorre anche la “conoscenza profonda” di queste caratteristiche; ovvero, Giuseppe e Giovanni devono essere onesti, in più Giuseppe deve credere all’ onestà di Giovanni e deve credere che Giovanni creda alla sua onestà e deve credere che Giovanni creda che lui crede all’ onestà di Giovanni, eccetera. Lo stesso deve valere a parti invertite. Se questa sequela non va all’ infinito, ciascuno dei due non prenderà come sincera e omogenea la stima data dall’ altro e quindi anche in caso di coincidenza casuale delle opinioni ci saranno sempre dei motivi per aggiornarle e farle divergere.
***
Nella vita di tutti i giorni, però, i disaccordi sono molti. Forse l’ accordo richiede tempi troppo lunghi per essere raggiunto. Oppure la persistenza dei disaccordi è spiegabile diversamente:
1. non siamo affini;
2. non siamo onesti di proposito;
3. non siamo onesti perché ci autoinganniamo;
4. pensiamo che almeno una motivazione tra 1, 2 e 3 sia plausibile e all'opera anche nell'altro.
5. pensiamo che che almeno una motivazione tra 1,2,3 e 4 sia plausibile e all'opera anche nell'altro;
.
.
.
n. pensiamo che almeno una motivazione tra 1,2,3,4… e (n-1) sia plausibile e all'opera anche nell'altro.
Tutte le “n” motivazioni date probabilmente giocano un ruolo ma il mio intuito punta su 1 oltreché su quelle comprese tra 4 e n: noi siamo molto più diversi di quel che crediamo comunemente, o perlomeno qualcuno lo crede, o perlomeno qualcuno crede che altri lo credono, o perlomeno qualcuno crede che altri credano che qualcuno lo crede…. Purtroppo 1 e 5-n implicano una conseguenza spiacevole: anche se esiste una realtà oggettiva e anche se qualcuno la afferra, difficilmente potrà mai comunicarla a chi intende “convertire” se non stabilisce un clima di “fiducia abissale” e la fiducia prescinde dall’ arsenale degli argomenti.
Letture:
http://mercatus.org/sites/default/files/publication/Are_Disagreements_Honest_-_WP.pdf
http://jasonfbrennan.com/RatioScepticism.doc
http://www.philosophyetc.net/2012/10/unreliable-philosophy.html

La rivincita delle scienze umane?

Ricordate la beffa di Sokal? Un fisico scrisse per divertimento uno strampalato articolo pseudo filosofico che fu pubblicato su una rivista (ex) prestigiosa di filosofia post moderna. Inutile dire il discredito gettato su un certo approccio filosofico dalla "dimostrazione" che in quella maniera si poteva dire tutto e il contrario di tutto.

Oggi ci risiamo. Ecco che esce di nuovo un articolo completamente nonsense. Solo che questa volta materia e rivista prese di mira sono altre: parliamo di matematica!

Da leggere:

http://www.lrb.co.uk/blog/2012/10/17/paul-taylor/stochastically-orthogonal/

martedì 16 ottobre 2012

Prediche inutili

Il trombone moralista non fa altro che suonare su una sola nota, quella dell’ evasione fiscale. Non conosce altra musica. Nulla di male, ma è buona cosa notare un fatto: da quando il trombone intona la sua musica l’ evasione anziché scendere – confermando una tendenza pluriannuale - sale, proprio come la pressione fiscale, guarda caso. Non è che una tassazione più civile del contribuente contribuisca a combattere l’ evasione meglio di tanti ipocriti predicozzi?

Interessante questo articolo che parla di IVA:

http://www.lavoce.info/articoli/pagina1003344.html

lunedì 15 ottobre 2012

Rosetta

Il racconto di un' esistenza vissuta ai margini, sempre in bilico. Eppure lei lotta come una leonessa per non finire nel "buco nero"; ci sentiamo addosso il suo sudore, la sua fatica e la sua ansia. Nonostante l' empatia, quando per esempio è crudele verso l' unica persona che le tende la mano, sentiamo anche la sua radicale "diversità": la conoscenza completa della sua anima ci è negata. Finale con la speranza incarnata in un semplice sguardo (tipico dei film francesi). C' è poi una domanda prosaica: ma i poveri, gli ultimi, i disperati sono così, posseggono proprio quei tratti psicologici? Esperienza e teoria mi dicono di no. Trattasi di personaggio romanzesco che agisce in un film iper-realistico.


mercoledì 10 ottobre 2012

La felicità secondo Haidt

La felicità è qualcosa di sfuggente, il viaggio sembra contare più della meta, questo per almeno tre motivi:

1. ha una componente biologica che spesso sottovalutiamo

2. esiste un adattamento edonico che annulla presto il terreno guadagnato

3. è più legata all’ invidia che all’ egoismo.

Ma non tutto è perduto, purché si tenga conto di questi fattori. Ecco una ricettina:

1. non siamo dei buoni predittori effettivi, affidiamoci di più all’ imitazione imparando da chi oggi è felice dopo essere passato per la nostra stessa strada.

2. esistono alcune fonti di felicità permanente: un miglioramento estetico, per esempio; così come esistono fonti d’ infelicità permanente: stress (pendolarismo, rumore).

3. cerchiamoci un’ “impegno vitale” sfruttando la segmentazione. un campo in cui stabilire relazioni, gratificazione, riconoscimento; relazione, religiosità, spiritualità hanno il vantaggio di essere beni inesauribili, che privilegiano il viaggio sulla meta.

lunedì 8 ottobre 2012

Oleg Vereshchagin

Floraleda Sacchi

Kat Edmonson

Yva Las Vegass

Arch Woodmann

Rokia Traore & Remi Dumoulin

Keith Fullerton Whitman

Peter Blegvad John Greaves

Jherek Bischoff

Gomalan Brass Quintet

ARTHUR RUSSELL

Antony and Lou Reed

ZU+OKAPI

tin hat

Funny Games

Haneke prosegue l’ indagine sul lato oscuro della “purezza” con un altro horror dalla “faccia pulita”.
Gli inserti di meta-cinema non giovano. Ma sul punto ci sono opinioni diversi.
funny

sabato 6 ottobre 2012

Già in tasca

Il ministro dell’Istruzione, Profumo, ha inserito nell’ultima legge di stabilità l’aumento, a parità di stipendio, dell’orario di lavoro per professori di scuola. La legge prevede il passaggio da 18 ore settimanali a 24. In cambio i professori otterrebbero 15 giorni di vacanze in più all’anno.
Si tratta di una buona proposta. Ed è precisamente per questo motivo che essa non passerà. Il coro dei contrari è unanime: dai professori ai sindacati. Dal Pd al Pdl… Sindacati e professori dicono che lavorano anche al di fuori dell’aula. Sacrosanto. Ma per quale motivo non hanno mai voluto quantificarlo nei loro contratti collettivi? Per quale motivo la maggioranza dei nostri insegnanti gode di fatto di più ferie di quante essi avrebbero sulla carta? Motivo per il quale possono allegramente considerare l’aumento delle ferie proposto dal governo (da 35 giorni a 50) non come un miglioramento della loro vita lavorativa, ma come qualcosa che già hanno in tasca.
http://blog.ilgiornale.it/porro/2012/10/23/i-politici-e-le-18-ore-dei-prof/

mercoledì 3 ottobre 2012

Le razze non esistono?

http://www.isteve.com/makingsense.htm

http://www.world-science.net/othernews/070904_human-variation.htm

Teologie contro

Oggi la teologia razionale presenta almeno due scuole: i “personalisti” e i “classici”.

I secondi rispolverano San Tommaso riaggiornandolo: il loro razionalismo non cede a compromessi. I primi nutrono un grande rispetto per il buon senso.

I secondi descrivono dio partendo dall’ uomo: l’ uomo può fare alcune cose, dio puo’ fare tutto; l’ uomo puo’ conoscere alcune cose, dio conosce tutto; l’ uomo vive nel temo, dio vive nell’ eternità. Eccetera.

Questo approccio si scontra con alcuni principi cari ai razionalisti puri, principi che rendono Dio un’ entità astratta, il “principio della semplicità”, per esempio.

Ma il vero ostacolo è come render conto della libertà umana. I “personalisti” ci tengono a dare risposte di senso comune e il “principio di conservazione” guasta loro la festa. In esso si stabilisce che il mondo è creato e sussiste in ogni istante. C’ è contemporaneità e necessità tra la causa prima e la conseguenza attuale. Come puo’ un mio atto essere contemporaneo e necessario, oltreché libero? Come possiamo respingere il determinismo naturale per abbracciare il determinismo soprannaturale?

Lettura consigliata:

http://edwardfeser.blogspot.it/2012/07/classical-theism-roundup.html

Fondi contro Premi

Se davvero siamo vittime di una Grande Stagnazione è perché le innovazioni non fioccano come una volta. Bisogna fare qualcosa, il sistema dei brevetti non funge. Perché siamo così ingessati, specie nella ricerca di base?
Non è il caso di sostituire i fondi alla ricerca con i premi alla ricerca?
Non sarebbe una grande novità, in passato le cose funzionavano grazie ai premi.
Ok, d’ accordo, i fondi assolvono a funzioni importanti: oggi il ricercatore deve investire in macchine costose e staff numerosi.
Ma i premi conservano un duplice vantaggio: 1. si pagano solo i risultati e 2. tutti possono concorrere.
La manna dei burocrati della ricerca sarebbe finita.
Ma perché storicamente si è passati dai premi alla ricerca?
Forse perché prima il finanziatore era un soggetto potente in grado d’ imporre alla lobby degli scienziati il metodo più efficiente.
Nelle nostre democrazie il finanziatore è un soggetto disperso e la lobby degli scienziati hanno gioco facile nell’ imporre la soluzione più comoda per loro.
Letture: http://www.overcomingbias.com/2007/01/prizes_versus_g.html

Europa 51

Se il film non decolla è perché manca una vera “invasata”. Nei panni della mistica Ingrid Bergman, con quel sottofondo di lucidità nordica che si porta sempre dietro, mi spiace dirlo ma non è credibile. A meno che Rossellini ritenga sul serio che la pratica concreta dell’ “amore universale” e del “porgere l’ altra guancia” non siano affatto segnali di follia.

europa

martedì 2 ottobre 2012

Il problema del “chi ha cominciato”.

Secondo Vivarelli il fascismo non è nato, e neppure si è affermato, come un movimento reazionario di classe sollecitato dagli agrari o tanto meno dagli industriali, come vuole lo stereotipo ancora oggi corrente. L'idea centrale della sua ricostruzione, invece - condotta, così come nei volumi precedenti, su una vastissima documentazione anche di ambito locale -, è che in Italia, tra il 1919 e il 1922, si sia combattuta in realtà una vera e propria guerra civile «tra due opposte passioni politiche», incarnate dai socialisti da un lato e dai fascisti dall'altro: la passione della classe e quella della nazione. Tra la bandiera rossa e il tricolore.

In una simile prospettiva di guerra civile il punto chiave, come è evidente, è l'uscita del conflitto sociale dai binari della legalità; il problema del «chi ha cominciato». E qui una montagna schiacciante di prove vale a mettere sul banco degli accusati il Partito socialista. Per pagine e pagine il lettore s'inoltra in una sorta di interminabile rassegna di quello che è difficile non definire un vero e proprio attacco di demenza politica che in quel dopoguerra colpì i socialisti

Il ladro di bambini

Classica storia senza una storia. Solo sguardi, sottointesi, sussurri.
Il Carabiniere Antonio illustra al meglio la psicologia near/far scoprendo che una coppia di bambini nominati sull’ ordine di servizio è ben diversa da una coppia di bambini che ti guarda standoti di fronte.
ladro

La conclusione ripugnante

Fu Derek Parfit ad imbarazzare gli utilitaristi con il cosiddetto argomento della “conclusione ripugnante”:

per quanto una comunità sia composta da individui felici, esisterà sempre una comunità che, pur composta da depressi o disperati, dovrà essere giudicata come migliore secondo meri criteri utilitaristici. Basterà infatti scegliere la seconda in modo che sia sufficientemente numerosa

Ragionare con gli “infiniti” crea moli paradossi, da Pascal a Hilbert, questo è solo uno dei tanti. Il miglior modo per smontarlo consiste nel “ragionare” in piccolo pensando a un problema ben specifico: “perché non faccio un altro figlio”? Ecco che allora ci si accorge che un altro figlio potrebbe diminuire la felicità degli altri e la sua venuta al mondo non è detto che incrementi la felicità totale della famiglia. E’ vero, un numero infinito di figli, dal punto di vista teorico, risolverebbe il problema dell’ utilitarista pur dando vita alla “conclusione ripugnante” ma questa è solo un’ ipotesi teorica, meglio limitarci agli insiemi finiti. Solo postulando insiemi infiniti si elude la conclusione ripugnante

La buona notizia per i natalisti: gli argomenti utilitaristi fanno comunque parte del loro arsenale anche secondo le scienze sociali accademiche.

Per approfondire:

http://www.gmu.edu/centers/publicchoice/faculty%20pages/Tyler/ZERO.pdf

Il libro della giungla

Mai visto un cartone tanto reazionario.

Che ognuno stia al suo posto! Che ognuno stia coi suoi e si ricordi che è quello che è.

Altro che… “politiche inclusive”, altro che accoglienza e integrazione.

Il rapporto con il diverso è possibile (Baloo e Mowgli, per esempio), piacevole ma condannato alla precarietà. E quando va a gambe all’ aria il saggio (Bagheera) pensa: “ecco, ci siamo, c’ è voluto un po’ di più di quanto pensassi ma ecco che ci siamo…”.

illibrodellagiungla6ux4

sabato 29 settembre 2012

Funziona il gun ban?

Queste ricerche hanno tre problemi: 1. come specificare la presenza di armi (non ci sono registri) 2. come depurare la variabile dei crimini e 2. come fare controlli omogenei.

Di solito funziona il metodo “difference in difference”: confrontare la città (contee, stato) prima e dopo la ban law con un gruppo di controllo prima e dopo la ban law.

Esito: le politiche di ban law hanno scarso effetto.

Sembra che la politica più efficace sia quella di punire in modo esemplare chi fa un cattivo uso delle armi.

http://www.freakonomics.com/2008/07/07/no-more-dc-gun-ban-no-big-deal/

In alternativa si potrebbe mettere una qualche forma di controllo (specie sul gruppo più a rischio: giovani adulti) premiare chi denuncia il porto abusivo di armi:

http://www.freakonomics.com/2008/08/22/whats-your-best-idea-to-cut-gun-deaths-a-freakonomics-quorum/

Poi ci sono i metodi più tradizionali di regressione. Qui, per misurare l’ intensità degli armamenti privati ci si sbizzarrisce: c’ è chi usa exit poll (Lott, elasticità +3.3), c’ è chi usa gli abbonamenti a riviste specializzate (Dungan elasticità –0.2) e c’ è chi usa il tasso di suicidi con arma da fuoco (Cook, elasticità tra -0.01 e +0.03).

http://home.uchicago.edu/~ludwigj/papers/JPubE_guns_2006FINAL.pdf (qui c’ è Cook con il riferimento anche agli altri studi citati).

venerdì 21 settembre 2012

Disonestà coerente o onestà incoerente?

Nei giorni pari il legislatore italiano ritiene che "la formazione e l' aggiornamento regolare" dei commercialisti non sia solo inerente ma addirittura indispensabile per l' esercizio oculato della professione.  Tant’ è che lo indica come obbligatorio.

Poi, nei giorni dispari, il legislatore indossa un’ altra maschera, quella da “legislatore fiscale” e decide che i costi (*) relativi ai “corsi di aggiornamento obbligatorio” sono inerenti all’ attività e quindi deducibili solo nella misura del 50%.

Per chi ritiene che l’ “incoerenza” combini più guai della “disonestà”, viene voglia di simpatizzare con quei politici che rubano direttamente dal vaso della marmellata.

(*) e i “costi” di cui sopra non sono pochi, basta pensare che sull’ aggiornamento ci campa un esercito di aggiornatori che quasi eguaglia quello degli aggiornati.

L’ imbucato

Chi oltre a pensare che il “capitale umano” sia la risorsa più preziosa che abbiamo pensa che questa risorsa si formi all’ Università, dovrebbe riflettere su un semplice fatto: le migliori lezioni universitarie sono aperte a tutti e gratuite, anche ai non iscritti. Nessuno vi fermera se accedete all’ aula. Perché mai il numero di “imbucati” è tanto basso se davvero si distribuisce un valore tanto prezioso?

Da leggere:

http://econlog.econlib.org/archives/2007/04/get_the_best_ed.html

mercoledì 19 settembre 2012

Fisco e Palestina

Da quando ho 6 anni in coda al TG sono costretto a sorbirmi il solito servizietto sulla “questione palestinese”. Mi affretto a cambiar canale anche se, lo confesso, è sempre tardi: un senso di noia incartapecorita si insinua puntualmente nel mio animo.

La domanda che vorrei fare a un palestinese: “Israele è più forte e organizzato,  pensare di abbatterlo è pura utopia. Ma perché non vi sottomettete completamente ai suoi voleri vivendo in pace?

La risposta che mi attendo: “Ah sì? E come mai tu non ti sottometti a chi ti ricatta e ti vessa con pretese ingiuste?”

La risposta che non vedo l’ ora di dare: “Ma io già lo faccio: lo Stato in cui vivo mi estorce gran parte dei miei averi mediante una tassazione ingiusta e io, per puro quieto vivere, abbasso la testa, mi sottometto e pago fino all’ ultimo euro.

venerdì 7 settembre 2012

Bagnasco immaginario

Cardinal Bagnasco sull’ immoralità dell’ evasione fiscale:

L’uso della forza è immorale. Lo Stato detiene il monopolio della forza legalizzato. Ma legalità non vuol dire legittimità né moralità. Il prelievo fiscale sarebbe legittimo se fosse approvato all’unanimità. Nella realtà una maggioranza di individui attraverso i propri rappresentanti politici è in grado di espropriare una minoranza a tassi di imposta paragonabili a una vera e propria confisca e innegabilmente immorali. Possiamo allora ritenere che colui che resiste a questa oppressione attraverso l’evasione fiscale sia in una situazione di legittima difesa dei propri diritti? Ci sono diversi metodi di evadere il fisco. Chi esilia per sfuggire a un fisco vorace come quello europeo non fa che esercitare i propri diritti e la propria libertà. Tuttavia chi sfugge all’imposta sa che gli altri contribuenti rischiano di essere ancor più pesantemente vessati dal fisco a causa della sua defezione. Egli può scegliere se esiliare oppure intraprendere un’opera di persuasione verso i propri concittadini al fine di eleggere nuovi governanti o, per esempio, organizzare uno sciopero collettivo. Tutto ciò però rientra nella coscienza individuale, è difficile stabilire in proposito una regola generale incontestabile.

(fonte: il mio sogno di stanotte)

mercoledì 5 settembre 2012

Consigli all’ egoista perché faccia più figli

Il messaggio della scienza alle coppie: ci sono ottimi motivi per fare qualche bambino in più rispetto a quello che avete pianificato.

E’ vero, chi ha figli è più infelici di chi non li ha. Ma:

1. la differenza è minima;

2. la differenza è facilmente compensabile (molti sacrifici non sono in realtà necessari);

3. 2/3 di coloro che non hanno figli si pentono;

4. molti benefici vengono dopo (es.: diventare nonni).

Naturalmente il consiglio di “fare un figlio in più” deve tener conto che i figli sono indivisibili e che alcune persone hanno un’ avversione molto spiccata per i bambini.

Ci sono poi altre motivazioni per fare un figlio in più:

1. donare la vita a un bambino significa renderlo più felice;

2. donare la vita un bambino rende il mondo un posto migliore;

3. il miglior modo per aumentare la felicità di bambini consiste nell’ adottarne uno.

Certo, queste ultime motivazioni non toccano l’ egoista. Anzi, per dirla tutta sono particolarmente mirate sulle elites di un paese.

Ore buche

Molti trovano spiacevole pagare la retta universitaria.

Molti si disperano allorché scoprono di ignorare alcune nozioni prima dell’ esame mentre, una volta inserite stabilmente nel mondo del lavoro, non si mostrano preoccupati di averle ormai dimenticate.

Molti studenti in fondo non pensano affatto che “copiare” senza essere beccati sia poi così nocivo a se stessi.

Molti preferirebbero avere in tasca una laurea 110 e lode alla Bocconi avendo studiato spassandosela ad Urbino che avere una laurea risicata ad Urbino avendo studiato con grande impegno alla Bocconi.

Molti provano un senso di gioia all’ annuncio di un’ ora buca.

Molti in presenza di un prof. tollerante e di “manica larga” dedicano meno tempo allo studio della sua materia per concentrarsi sulle altre.

Se i “molti” sono davvero “molti” e se il loro atteggiamento è tutto sommato ragionevole, allora la funzione della scuola e dell’ università è sopravvalutata. Domanda: perché questi beni godono di così “buona stampa”? Quali potenti trucchi pubblicitari sono in campo per difenderne la reputazione?

domenica 2 settembre 2012

L’ ambientalista per come lo conosco

L’ “ambientalista” rispettabile propone in buona fede di combattere il “global warming” attraverso una rettifica dei nostri stili di vita.


Peccato che io “ambientalisti” del genere ne conosca ben pochi.


Quelli di mia conoscenza, invertendo mezzi e fini, propongono piuttosto di rettificare i nostri stili di vita (un “altro mondo” è possibile) agitando lo spauracchio del “global warming”. L’ “alt

ro mondo” è quello socialista riveduto e corretto nell’ ennesima utopia.


Del resto si tratta spesso di personaggi reduci da catastrofici fallimenti ideologici che cercano di riciclarsi ancora una volta dalla parte dei “buoni” e dei “salvatori dell’ universo”.


La prova del nove? Non appena accenni a strategie contro il global warming che non implichino un mutamento radicale negli stili di vita (es: nucleare, gas naturale, geoegineering…) vanno su tutte le furie adducendo pretesti ben poco credibili.

domenica 19 agosto 2012

Perché non andiamo d’ accordo?

Esiste Dio? Chi vincerà il campionato? L’ assassino era capace d’ intendere e volere? L’ omosessualità è un comportamento deviante?

Ci sono molte discussioni su cui non si riesce a raggiungere un accordo stabile, e questo per quanto si rispetti l’ interlocutore. A volte si finisce per accordarsi sul proprio disaccordo. Peccato che il disaccordo di due individui affini sia impossibile a prescindere dalla materia oggetto di discussione, e la cosa è rigorosamente dimostrabile.

Chiariamo cosa s’ intende per “affinità”? Giovanni e Giuseppe sono affini se Giovanni messo nei panni di Giuseppe agirebbe e penserebbe come quest’ ultimo. E viceversa.

Passa un’ auto, a Giovanni sembra rossa a Giuseppe viola.

Con il nostro bel teorema alla mano possiamo fare una previsione certa: nella discussione che segue tra i due si troverà un accordo sul colore dell’ auto. Magari sarà il colore sbagliato, ma di sicuro ci sarà accordo.

Come si procede? Semplice: basterà stilare una serie finita di ipotesi circa quanto è accaduto, dopodiché ciascuno dei due protagonisti stimerà ciascuna delle ipotesi in campo aggiornando poi la sua credenza in base a ai “fatti nuovi”, ovvero alle stime dell’ altro. Aggiornamento dopo aggiornamento si addiverrà necessariamente ad un accordo: si badi bene che non esiste necessariamente un sentiero di convergenza (Giuseppe non sa come cambierà la stima di Giovanni), Per dimostrare che l’ accordo è l’ unica posizione di equilibrio basta notare che solo quando le due stime coincidono non richiedono aggiornamento e quindi introduzione di fatti nuovi.

STRETTA

Non basta però l’ affinità e l’ onestà degli interlocutori, occorre anche la “conoscenza profonda” di queste caratteristiche; ovvero, Giuseppe e Giovanni devono essere onesti, in più Giuseppe deve credere all’ onestà di Giovanni e deve credere che Giovanni creda alla sua onestà e deve credere che Giovanni creda che lui crede all’ onestà di Giovanni, eccetera. Lo stesso deve valere viceversa. Se questa sequela non va all’ infinito, ciascuno dei due non prenderà come sincera e omogenea la stima data dall’ altro e quindi anche in caso di coincidenza casuale delle opinioni ci saranno sempre dei motivi per aggiornarle e farle divergere.

***

Nella vita di tutti i giorni, però, i disaccordi sono molti. Forse l’ accordo richiede tempi troppo lunghi per essere raggiunto. Oppure la persistenza dei disaccordi è spiegabile diversamente:

1. non siamo affini;

2. non siamo onesti di proposito;

3. non siamo onesti perché ci autoinganniamo;

5. pensiamo che almeno una motivazione tra 1, 2 e 3 sia plausibile.

6. pensiamo che che almeno una motivazione tra 1,2,3 e ,4 sia plausibile;

.

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.

n. pensiamo che almeno una motivazione tra 1,2,3,4… e (n-1) sia plausibile.

Tutte le “n” motivazioni date probabilmente giocano un ruolo ma il mio intuito punta su 1 oltreché su quelle comprese tra 5 e n: noi siamo molto più diversi di quel che crediamo comunemente, o perlomeno qualcuno lo crede, o perlomeno qualcuno crede che altri lo credono, o perlomeno qualcuno crede che altri credano che qualcuno lo crede…. Purtroppo 1 e 5-n implicano una conseguenza spiacevole: anche se esiste una realtà oggettiva e anche se qualcuno la afferra, difficilmente potrà mai comunicarla a chi intende “convertire” se non stabilisce un clima di “fiducia abissale” e la fiducia prescinde dall’ arsenale degli argomenti.

Letture:

http://mercatus.org/sites/default/files/publication/Are_Disagreements_Honest_-_WP.pdf

http://jasonfbrennan.com/RatioScepticism.doc

http://www.philosophyetc.net/2012/10/unreliable-philosophy.html

 

martedì 7 agosto 2012

Legge di natura e diritti naturali

Sul tema regna grande confusione, inutile negarlo.

Quando propugni un diritto scondo natura spunta spesso lo stolto: “allora, se davvero vuoi seguire la tua natura, non dovresti nemmeno mettere gli occhiali”.

Oppure: “se la mia natura è quella di uccidere, comportarmi di conseguenza non dovrebbe essere riprovevole”.

E che dire poi dei problemi circa la naturalezza del comportamento omosessuale?

La natura ha a che fare con il “fine” della cosa in questione. Per chi crede in un universo senza scopo il concetto di “natura” nel senso aristotelico/platonico/scolastico è semplicemente assurdo.

La natura di un cane comprende anche la sua corsa, se un cucciolo nasce senza zampe è del tutto naturale aiutarlo con una protesi artificiale.

Nessun giusnaturalista dirà mai che “agire secondo i diritti naturali” chiuda la questione giuridica. Al contrario, la apre indirizzandola secondo una certa prospettiva.

Poiché l’ uomo è dotato di intelletto, la sua natura comprende anche degli obblighi morali.

Qui lo si dice meglio:

http://edwardfeser.blogspot.it/2012/10/whose-nature-which-law.html