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giovedì 24 dicembre 2015

Lincon fa la differenza

…prior to 1860, few political events seemed to affect slave prices, and even the Dred Scott decision had only a small and temporary effect. After Lincoln’s nomination for the presidency, slave prices fell, and they continued to fall once the war commenced. The overall decline in slave prices was large (more than one-third from their 1860 peak) and occurred prior to any battle losses by the South
Were the Civil War and abolition a surprise? http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2015/12/were-the-civil-war-and-abolition-a-surprise.html

mercoledì 25 novembre 2015

L'Africa e gli Africanani di John Thornton

L'Africa e gli Africanani di John Thornton
  • La ricerca sul mondo atlantico: troppo concentrata sull europa
  • Chaunu: eurocentrismo giustificato. L europa trainava tutto. Tecnologia. Africa e amerca soc primitive
  • Anche i marxisti sebbene vicini alla causa dell africa continuava a postulare la sua passività
  • Schiavitù: tesi trad: molto dura negli usa. Ha svuotato i neri. Nero soggetto bisognoso di aiuto.
  • Nuovo corso: l africano è intraprendente e influenza l ambiente anche la cultura usa. Primi studi sull a. Poca storia molta antropol.
  • Domande: 1 la schiavitù fu causata da uno squilibrio di potenza tra bianchi e neri?
  • I neri erano in posizione subalterna nei commerci compresa la schiavitù?
  • I neri contaminarono culturalmente i bianchi?
  • Tesi: no no sì
  • Tra af ed eur erano i primi a fissare i termini commerciali. Gli afr erano commercianti esperti (paura degli storici ad ammetterlo)
  • Mai introdotto alcun bene dannoso x le economie africane
  • Tesi1: Sch.: fenomeno comune in af. Tutti erano stati sch.per ragioni politiche. La demografia consigliava alle elite la deportazione dei più miseri. La grande deportaz.fu essenzialmente voluta dagli africani. Il mercato era fiorente e i bianchi comprarono.
  • Tesi2: lo schivo usa godeva di abbastanza libertà da influenzare la cultura del posto.
  • La contaminazione bianco nero avvenne prima in afr che negli usa a dimostrazione che fu un fenomeno volontario.
CONTINUA

lunedì 26 maggio 2014

Race

A Few Links on Race http://feedproxy.google.com/~r/BleedingHeartLibertarians/~3/rX9lSi9lC_8/

mercoledì 12 giugno 2013

E' morto Robert Fogel

“Without Consent or Contract,” R. W. Fogel (1989) | A Fine Theorem: "“Although the slave system was horribly retrogressive in its social, political, and ideological aspects, it was quite advanced by the standards of the time in its technology and economic organization. The paradox is only apparent…because the paradox rests on the widely held assumption that technological efficiency is inherently good. It is this beguiling assumption that is false and, when applied to slavery, insidious.”"

'via Blog this'

mercoledì 19 dicembre 2012

Il fascino della schiavitù

La pratica della schiavitù ha ricevuto dalla storia lo stigma che si meritava ma gli schiavi, quelli non passano mai di moda. L’ importante è usare con loro una certa accortezza linguistica. Un concetto che viene buono in questi casi è quello di capacità contributiva.
Viene talmente buono che forse siete degli schiavisti perfetti e neanche lo sapete.
Vergogna!
Ma ripensandoci sarei indulgente, se uno è venuto su a pane e Costituzione certe cose neanche le vede. Con che coraggio condannare.
ku-klux-bill
Molto peggio chi svicola definendo di volta in volta lo schiavismo in base a cio’ che di volta in volta lui non è.
Qui grido convinto: doppia vergogna!
Sì, “doppia”, perché tra le due categorie di persone penso che la seconda sia la peggiore, almeno la peggiore con cui discutere.
Facciamo allora un piccolo test per capire come ci collochiamo rispetto al tema della schiavitù, ma prima definiamola come la pratica di ridurre un terzo ai lavori forzati al fine di estrapolarne i frutti e farli godere ad altri. Mi sembra una buona definizione: semplice e intuitiva.
SITUAZIONE 1: Aldo, Giovanni, Giacomo, Giuseppe e Paolo naufragano su un’ isola deserta, il sostentamento ora dipende unicamente dalle loro forze. La situazione si presenta così: Aldo, il tipico emotivo imbranato, scopre di non poter badare a se stesso, è messo male; Giovanni, Giacomo e Giuseppe se la cavano a malapena, ognuno di loro produce comunque risorse sufficienti al proprio mantenimento: non pasteggiano certo a mango e papaja tutti i dì ma per lo meno tirano la fine della giornata senza mai rischiare la pelle. Poi c’ è Paolo, un tipo fenomenale in grado di produrre ogni giorno una quantità tale di risorse sufficiente a far vivere nell’ agio 5 persone, per lui il naufragio si è trasformato in una vacanza esotica.
DOMANDA 1: Giovanni, Giacomo e Giuseppe hanno il diritto di “tassare” quel fenomeno di Paolo e trasferire parte della sua ricchezza verso il tapino Aldo (magari trattenendo qualcosina anche per loro)? Rispondete mentalmente prima di passare alla seconda fase.
SITUAZIONE 2: E’ praticamente la medesima di cui sopra, con gli stessi identici protagonisti. Senonché il “fenomeno Paolo” decide di limitare le sue attività alle prime ore del mattino rilassandosi per il resto della giornata: ora produce risorse bastevoli solo a se stesso, per quanto, come sappiamo, possieda le capacità per fare molto di più.
DOMANDA 2: Giovanni, Giacomo e Giuseppe hanno il diritto di forzare il talentuoso Paolo al lavoro in modo da migliorare la condizione dell’ inetto Aldo (e magari, almeno un pochino, anche la loro)?
Il test in teoria è già finito, chi ha risposto SI’ alla seconda domanda ha fornito una giustificazione etica alle pratiche schiaviste, per lo meno se prendo per buona la definizione data all' inizio.
Un mio amico, per esempio, ha risposta SI’ alla prima e NO alla seconda, cio’ detto non ha nessuna intenzione di considerarsi uno sporco schiavista.
Magari ha ragione lui ma di sicuro le cose non sono così semplici come crede: per esempio, non si puo’ rispondere in quel modo e allo stesso tempo sposare un principio costituzionale all’ apparenza pacifico come quello della capacità contributiva (CC)
Ricordo che la CC è la capacità che ciascuno di noi ha di contribuire al bene comune. La tassazione, per esempio, è messa costantemente in relazione alla CC.
Non è facile conoscere la CC di ciascuno poiché è un mix di abilità, talento, forza, intelligenza, fortuna eccetera. Gli ordinamenti di solito sono costretti a semplificare considerando tutte queste doti come “segnalate” dal reddito prodotto. Di conseguenza, il prelievo fiscale si relaziona al reddito.
Ma questo ripiego non è necessario nel nostro esempio dove la capacità contributiva di ognuno è nota a tutti a priori.
Io concluderei così: la nostra Carta Costituzionale, almeno in potenza, sembra proprio schiavista (visto che prevede tasse in relazione alla capacità contributiva), e probabilmente anche il mio amico (visto che sventola continuamente il libretto della Costituzione Italiana facendo un gran chiasso manco fosse il libretto rosso di Mao).
Come alternativa si potrebbe passare a una definizione cervellotica di “schiavitù”. Ma ci vuole un cervellone per farlo. Il cervellone di un intellettualone. E poi uno si stupisce se gli intellettuali sono di sinistra.

lunedì 11 ottobre 2010

Come ripensare l' Africa e la schiavitù

... il set up di fondo lo diedero gli storici francesi...

"... Pierre Chanu difese con vigore l' eurocentrismo degli
storici: a suo avviso, l' Europa ricopriva un ruolo guida sul resto del mondo,
una superiorità che traeva origine dalle complesse trasformazioni sociali del
Basso Medioevo. Queste trasformazioni consentirono agli europei di acquisire una
posizione straordinariamente dominante nel mondo, così dominante che, nel bene e
nel male, essi divennero i soli attori significativi... la dominazione europea
aveva radici nella superiorità dell' Europa, e se cio' fosse stato un bene o un
male non era rilevante per questionare il punto..."


... la curiosa alleanza tra "eurocentristi" e "terzomondisti"...

"... i movimenti nazionalisti dell' Africa e dell' America latina, come pure
i loro apologeti e storici per lo più d' impronta neo-marxista, nel complesso
continuavano a convenire sul fatto che il mondo non occidentale, inclusa l'
Africa, avesse svolto un ruolo passivo nello sviluppo delle relazioni atlantiche, sebbene la
prospettiva radicale e le simpatie terzomondiste rendessero questi studiosi
prossimi alla causa africana... la "passività" era compatibile con lo sfruttamento europeo del continente africano... per quanto riguarda le americhe si pose l' accento sulla durezza della schiavitù
subita dagli afroamericani, si rinforzò l' immagine dello schiavo inteso come
soggetto bisognoso d' aiuto e necessariamente passivo... anche la religione e la
cultura dei neri americano non poteva che essere spiegata a partire dalla
schiavitù...La convergenza con gli eurocentristi serviva per denunciare lo sfruttamento e
l' emarginazione delle popolazioni del Terzo Mondo..."


... ora alcune domande che s' impongono...

"E' corretto assegnare all' Africa uno sviluppo
inferiore rispetto all' Europa e indicare nello squilibrio che ne consegue la
causa della tratta degli schiavi? Gli africano parteciparono al commercio
internazionale come partner uguali o furono vittima dell' ingordigia europea?
Gli schiavi africano furono brutalizzati al punto da non potersi esprimere
culturalmente e socialmente?"


... così come s' impongono alcune risposte...

"... una seria ricerca porta a concludere che gli africani
parteciparono attivamente alla vita economica e culturale, sia per quanto
riguarda il commercio degli schiavi tra Africa ed Europa, sia come schiavi nel
Nuovo Mondo... "


... ma veniamo alla parte più interessante...

"l' analisi politico militare che mette a confronto Africa ed Europa fa emergere che erano
i primi a fissare le modalità d' interazione con i secondi. Gli europei non
possedevano la forza militare necessaria per costringere gli africani a
partecipare a qualsivoglia commercio che i loro leader non avessero voluto
intraprendere... per questo motivo si puo' ipotizzare che l' intero commercio
africano con l' Atlantico, inclusa la tratta degli schiavi, sia stato
volontario..."
... ancora...

"... infine uno sguardo attento al commercio e al processo
di acquisizione degli schiavi dimostra, al contempo, che la schiavitù era una
pratica da sempre diffusa nelle società africane, che nel loro sistema giuridico
l' istituto della schiavitù era centrale e che un numero relativamente grande di
persone fu schiavo, per un certo periodo di tempo, almeno una volta nella
vita..."


"... siccome gran parte della tratta era nelle mani delle
elites africane, queste ultime furono in grado di proteggere se stesse dall'
impatto demografico e di canalizzare sui membri più poveri delle loro società le
implicazioni negative del fenomeno..."


... facciamo adesso una capatina oltre atlantico...

"... nel complesso le fonti supportano l' idea che un numero significativo
di schiavi abbiano posseduto una certa libertà di movimento e di interazione
sociale per partecipare attivamente alla vita culturale della regione..."

"... l' incidenza culturale dell' Europa sulla vita africana,
manifestatasi attraverso il cristiasnesimo, si registra prima in Africa e solo
successivamente nelle americhe. Percio', quello che gli africani hanno contratto
dagli europei l' hanno importato spesso di propria volontà, nei propri termini e
nei propri territori, e non sotto l' annichilente influenza della schiavitù. La
società africana era tutt' altro che passiva, bensì scossa da un dinamismo che
riuscì a trasferire successivamente anche oltre Atlantico"


John Thornton - L' Africa e gli africani nella formazione del mondo atlantico - Il Mulino -

mercoledì 17 febbraio 2010

La domanda di Nozick

A volte si identifica la Schiavitù con un certo genere di indigenza non meglio precisato.

Ovvero: quel "genere di indigenza" non costituirebbe un effetto probabile dell' essere schiavi, bensì la natura stessa di quella condizione.

Se fosse così per essere schiavi basterebbe essere affetti da quel particolare tipo di miseria materiale. Forse non necessiterebbe neanche più che esista un "padrone".

Peccato che percorrendo quella via s' incorra in continui paradossi che rendono la condizione di "schiavo" appetibile rispetto, per esempio, a quella di chi versa in condizioni ancora peggiori.

Per metterci una pezza potremmo dire che la miseria dello schiavo non ha eguali. Che è il più basso tra i gironi infernali. Ma ecco che subito nuovi inconvenienti ci incalzano.

Se fosse così infatti, parlando degli Stati Uniti pre guerra di secessione, dovremmo considerare schiavi parecchi bianchi "liberi" del nord e considerare uomini liberi parecchi neri "schiavi" del sud. Sappiamo bene infatti come il tenore di vita di questi ultimi fosse più alto.

A questo punto che fare? Così non si puo' andare avanti.

Probabilmente il difetto sta nel manico, il fioccare dei paradossi indica solo l' inadeguatezza della definizione implicitamente adottata.

Ma perchè nonostante i continui "segnali" molti insistono nel percorrere quello che sembra essere decisamente un vicolo cieco? Perchè non si rassegnano al semplice fatto che la schiavitù, per sua natura, non puo' emergere da un accordo?

Probabilmente perchè cambiare significa fare i conti con cio' che è noto come la "domanda di Nozick".

Ecco la storiella da cui origina la domanda, la divido in nove punti.

(1) C’è uno schiavo, completamente alla mercé dei voleri del suo padrone. Viene spesso maltrattato, fatto lavorare agli orari più improbabile, malnutrito.

(2) Il padrone diventa un po’ più gentile e picchia lo schiavo soltanto quando non rispetta ripetutamente le sue istruzioni. Comincia a concedergli un po’ di tempo libero.

(3) Il padrone comincia ad avere non uno ma un gruppo di schiavi, e comincia a dividere un minimo di cose fra di loro, tenendo conto dei loro bisogni e prendendo atto dei loro meriti e della loro fatica.

(4) Il padrone consente ai suoi schiavi di lavorare quattro giorni per sé, e chiede loro di faticare sui suoi possedimenti solo per tre giorni a settimana. Il resto del tempo è tutto loro.

(5) Il padrone concede ai suoi schiavi di lasciare la sua casa e di andare a lavorare dove desiderino, per ottenere un salario. Chiede loro soltanto che gli rendano 3/7 dei loro guadagni. Mantiene inoltre il potere di richiamarli alla piantagione per delle emergenze, di proibire loro attività che possano mettere in pericolo il suo ritorno finanziario sul capitale investito (non possono fare fumare, consumare droghe, bere stando alla guida, andare in moto senza casco), e di aumentare o diminuire la quota di reddito che gli preleva.

(6) Il padrone consente a 10.000 suoi schiavi, cioè tutti eccetto te, di votare, e loro possono decidere assieme qual è la porzione di reddito (loro e tuo) alla quale rinunciare, e che uso ne viene fatto.

(7) Nonostante tu non abbia ancora il diritto di voto, hai il diritto di discutere con gli altri 10.000, per persuaderli circa l’uso migliore che sia possibile fare delle risorse "comuni".

(8) Avendo apprezzato il tuo utile contributo, i 10.000 ti consentono di votare quando vi sia un pareggio nelle votazione.

(9) I 10.000 accettano che tu voti con loro. Quando vi sarà una situazione di parità fra gli altri votanti, il tuo voto sarà decisivo. Altrimenti, no.

Ed ecco la domanda: quando nelle nove scene, questa ha smesso di essere la storia di uno schiavo?

Forse mai, forse è solo una storia di "padroni benevoli", forse è una parafrasi dello Zio Tom... ma solo chi è disposto a pensarlo è sulla buona strada per aggirare le incongruenze che ci incagliavano in partenza. Gli altri, coloro che non "osano" pensare ad una simile risposta, ci restano invischiati senza speranza.

mercoledì 27 gennaio 2010

Presunto fardello


Prendiamo il continente africano tra il 1400 e il 1800. Il divario con l' Europa non era poi così abissale, tutt' altro. Non date retta a quanto vi è capitato di leggere in giro.

Certo, i modelli di sviluppo erano piuttosto differenti: i bianchi puntavano sulla proprietà privata delle cose (essenzialmente terra), i neri su quella degli uomini (schiavitù).

La schiavitù in Africa è stato per secoli il business numero uno. Pressochè l' unico. D' altronde era l' unica forma di "proprietà" che conoscessero. Avevi quattro soldi da investire? Corri a comprarti uno schiavetto.

La colpa dei bianchi schiavisti del XIX secolo? Incrementare una domanda già fiorente.

Spiega bene il massimo esperto in materia, ovvero il prof Thornton.

Sintetizza ancora meglio Paolo Mieli sul CdS 26.1.2009 (Le colpe dell' Africa nella tratta dei neri).


sabato 18 ottobre 2008

Libri maledetti da non bruciare

Questo articolo su Fahreunblog è dettato dalle impressioni sorte dopo una lettura di Time on the Cross, libro chiave per capire il fenomeno della Schiavitù ameriacana. Lo ha scritto Robert Fogel.

Certo che le idee, quando sono feconde, e questo libro ne accoglie parecchie, si sviluppano in tutte le direzioni sfuggendo totalmente al controllo del cervello che le ha prodotte.

Nei commenti si affronta un nodo che ritengo cruciale: il ruolo della semplificazione nel discorso pubblico. E in tutti i discorsi in genere. A cosa serve? Quando è dannosa? Come si relaziona con la pratica del dialogo?

mercoledì 2 luglio 2008

Quando il razzismo conviene a tutti, che si fa?

Robert Fogel nel suo famoso Time on the Cross (1974) dimostrava che la qualità di vita di uno schiavo del sud prima della guerra civile americana era notevolmente più alta rispetto a quella di un operaio del nord.

Lo Schiavo viveva meglio rispetto all' Uomo Libero. Sia materialmente che psicologicamente.

Lo Schiavo, per esempio, lavorava molto meno, non rischiava mai il licenziamento e anche il trattamento disciplinare nei suoi confronti era più umano.

Non che Fogel fosse uno schiavista, dal punto di vista morale si opponeva strenuamente all' istituzione, ma, dati alla mano, non riusciva a negare il benessere prodotto un po' per tutti dalla schiavitù.

In precedenza, molti storici avevano visto il sistema schiavista come inefficiente. Ma Fogel negava anche questo: il sistema schiavista, per lui, era un' organizzazione efficiente e funzionante. Più efficiente rispetto all' agricoltura praticata da soggetti liberi.

Con conclusioni del genere non poteva pensare di passarla liscia. Certo, i suoi sistemi d' indagine storica, fondati sul metodo quantitativo, gli valsero il Nobel negli anni novanta, eppure non mancarono risposte altrettanto articolate che tentarono di invalidare almeno in parte il suo lavoro.

Da notare una cosa: Fogel rifiuta la Schiavitù ma non tace il benessere che è in grado di produrre per tutti (schiavi e padroni). Ci si chiede, in nome di che cosa "rifiutasse" la schiavitù?

Forse in nome di "valori non negoziabili"? Probabilmente sì, visto che se quei valori fossero negoziabili, se cioè contasse solo il benessere materiale, allora converrebbe negoziarli visto che, in base a questo parametro, l' opzione per la schiavitù sarebbe dovuta.

Il gioco uomo libero/uomo schiavo è molto complesso. Al punto che forse noi oggi siamo più schiavi di ieri ma anche più liberi visto il trattamento privilegiato e la protezione che ci riserva il "padrone".

Da notare un altro scherzo della storia: gli argomenti di Fogel sembrerebbero benvenuti per quelle mentalità nostalgiche del vecchio Sud. In realtà costoro abbracciarono la posizione antitetica: la schiavitù era un metodo di produzione inefficiente e si sarebbe esaurita da sola. Proseguono poi affermando che il Nord non capì questa elementare verità scatenando una guerra sanguinosa quanto stupida.

mercoledì 26 marzo 2008

Origini della Rivoluzione Industriale

Per gli economisti dello sviluppo esiste un prima e un dopo. lo spartiacque è la rivoluzione industriale inglese. Non esiste paragone tra i ritmi dello sviluppo precedente e quello successivo. Se così è, si capisce bene l' urgenza di rintracciare le cause di un simile cambiamento. Offro di seguito alcune ipotesi che cercherò di mantenere aggiornate nel tempo.

  1. Marx. Giocano un ruolo decisivo gli espropri terrieri del XV secolo. Vedi su questa linea anche Dobb.


  2. Toynbee. Giocano un ruolo decisivo la distribuzione delle terre e la loro recinzione (vedi sul punto anche Zingales: Difendere il Capitalismo dai capitalisti, e Ashley: la rivoluzione industriale.


  3. Hartwell. Ha contato la crescente domanda interna.


  4. Rostow. L' innovazione ha segnato una rottura. Contro Gershenkron: in realtà i processi di sviluppo si sono chiaramente differenziati nei vari paesi nonostancte che le innovazioni fossero ormai disponibili per tutti.


  5. Clark. Ha contato l' evoluzione: solo in Inghilterra il successo economico si è tradotto in profonda selezione demografica (beneficienza stigmatizzata).


  6. Findlay-O'Rourke. L' Ingjilterra, anche grazie alla sua potenza militare (marittima) ha saputo porsi al centro di un mercato globale in cui non era estraneo il commercio degli schiavi e i successi dell' agricoltura estensiva statunitense (Londra-Africa-Virginia). Questi effetti benefici vennero prolungati con la pax britannica del 1815.



Per ulteriori suggestioni si rinvia all' articolo di Gianni Toniolo sul domenicale del sole 23.3.2008 p. 43