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venerdì 19 giugno 2015

Thomas Kuhn: The structure of scientific revolutio,

Introduzione.

  1. ci concentriamo un po' troppo sulle teorie finite, e questo ci trae in inganno, se guardassimo alla loro graduale formazione ci faremmo un'immagine ben diversa della scienza. in qs senso i manuali sono come guide turistiche
  2. La tipica caricatura della scienza: la scienza è fatta di osservazioni formalizzabili da cui fuoriescono formule generali. la conoscenza cresce gradualmente x fasi successive e la storia si limita a documentare qs crescita... lo storico deve stabilire chi ha fatto cosa ed elencare le scoperte che descrivono la crescita del nostro sapere.
  3. Eppure noi non potremmo rispondere alla domanda "chi ha scoperto l'ossigeno?". Perché? Perché quella appena fatta è una caricatura. nemmeno è così semplice distinguere la componente scientifica di un' attività. 
  4. la fisica aristotelica era un mito? no. ma se era scienza allora la scienza nn è propriamente quello che crediamo.
  5. le nuove ricerche storiche nn hanno uno sguardo "verticale": nn si guarda alla relazione tra galileo e noi ma a quella coi suoi colleghi. La comunità scientifica ha un ruolo centrale e questo dovrebbe dirci qualcosa sui complessi processi che informano un'attività apparentemente banale e in grado di staccarsi nettamente dalla mitologia.
  6. come emerge la teoria vincente?: studiando con lo stesso metodo lo stesso fenomeno (es. la luce) si può giungere ad esiti molto diversi. più che il metodo, per giustificare il proprio percorso, contano allora gli a priori l' esperienza passata (cosa si è studiato), cosa colpisce la nostra curiosità, perché privilegiamo certi esperimenti su altri. Tutte le possibili strade sono egualmente scientifiche ma in buona parte incommensurabili tra loro: non si puo' rispondere in modo determinato a questi perché.
  7. Le osservazione hanno un ruolo necessario ma tutt'altro che esclusivo. Altrettanto importante è l'idea condivisa sugli elementi costitutivi dell'universo e su come interagiscano con i nostri sensi. Ogni paradigma ha le sue basi e cresce su quelle, in esse c è una parte di arbitrio e la resistenza di una troria dipende anche dall affezione della comunità a quel paradigma. Quando il paradigma cede parliamo di rivoluzione scientifica. Si noti che il paradigma si propone sia come premessa che come conclusione, infatti, gli elementi base e il modo in cui reagiscono con i nostri sensi puo' essere "scoperto" ma è anche alla base delle nostre "scoperte".
  8. La teoria e i fatti nn sono facilmente separabili, innanzitutto per il motivo di cui al punto precedente: certi paradigmi teorici ci guidano inevitabilmente a vedere certi fatti piuttosto che altri. Spesso poi taluni fatti debbono essere congetturati e naturalmente lo si fa in modo conforme al paradigma adottato.

venerdì 12 giugno 2015

The Language Hoax: Why the World Looks the Same in Any Language John H. McWhorter

Capitolo 1

  1. neowhorfismo: teoria per la quale il linguaggio modella il pensiero. il libro si pone come obbiettivo quello di ridimensionare una simile tesi
  2. spesso gli esperimenti neowhor sono anche accurati ma si prestano ad una presentazione distorta da parte dei media, la critica, più che gli esperimenti, critica la loro pessima divulgazione
  3. le conclusioni neowhor vengono tratte da esperimenti tipo questo: in inglese il tempo è misurato come una lunghezza mentre i giapponesi lo rappresentano come una quantità. ebbene, gli inglesi sono più abili nel predirre quando un corpo in movimento raggiungerà un certo obbiettivo mentre i giapponesi quando un contenitore dove si riversa la sabbia si riempirà completamente. esperimenti sui colori: i russi hanno nomi diversi per diverse sfumature di blu e, forse in virtù del loro linguaggio, sono più veloci a compiere certi abbinamenti.
  4. domanda: ma davvero qualche millesimo di secondo di differenza nel compiere certi abbinamenti tra i colori puo' essere la base per dire che il linguaggio dei russi conferisce loro una diversa visione della vita? Sembrerebbe proprio di no.
  5. quando le differenze cominciano ad essere interessanti scopriamo che non è il linguaggio a guidare i parlanti ma piuttosto la cultura. si dice:"i piraha non hanno parole per i numeri e quindi sono scarsi in matematica". Assurdo, sarebbe come dire che "i tizi non hanno gambe né parole che designino le gambe e quindi non riescono a correre". gli eschimesi hanno 30 parole per designare la neve, nulla di speciale: vivono al polo! il loro ambiente pone delle esigenze su cui si modella il loro linguaggio. i guguu esprimono la posizione coi punti cardinali anzichè con parole tipo dietro, davanti ecc., nulla di speciale: vivono nel deserto dove ci sono certe esigenze di orientamento. L'ambiente incide sulla cultura la quale modella il linguaggio.
  6. linguaggio e cultura, cosa viene prima? E' un dilemma in stile uovo/gallina. No, per almeno tre motivi: 1) i guguu sradicati dal loro ambiente cessano di esprimersi utilizzando i punti cardinali 2) nessuno nella foresta parla il linguaggio dei guguu 3) i vicini dei guguu magari non hanno il liro stesso linguaggio ma possiedono processi mentali molto simili. e qui cade anche la tipica difesa neowhorf: esistono popoli che condividono l'ambiente ma non il linguaggio. ma nessuno sostiene che condividere l'ambiente porti necessariamente allo stesso linguaggio.
  7. conclusione: il linguaggio modella il pensiero? ma cosa si intende per pensiero? se si intende quella facoltà in virtù della quale noi possediamo una certa visione del mondo, la tesi è da respingere. il linguaggio puo' al limite condizionare certi comportamenti minimi che possiamo tranquillamente considerare trascurabili.
continua

martedì 9 giugno 2015

HL ITALIANO Michael Bailey: The man who would be queen. Cap 6

Cap.6. Le origini dell'omosessualità e le teorie sull'omosessualità.
  1. Esiste un gene gay? Risposta breve: si direbbe di sì, anche se non è completo. Dapprima sembrava che i gay nascessero da madri stressate ma gli esperimenti non sono stati ripetuti. L'ipotesi della genetica è nata osservando i fratelli gay (gay nel 20per cento dei casi).
  2. L'esperimento ideale: osservare gemelli omozigoti separati alla nascita. L'osservazione sembra confermare ma i soggetti sono troppo rari. Alternativa: osservare parallelamente omozigoti, eterozigoti e adottati. L'osservazione conferma un influsso genetico anche se non completo.
  3. C'è una correlazione chiara tra ricercatori sul tema e orientamento sessuale dei ricercatori.
  4. L'ambiente conta ma non dobbiamo pensare solo all'ambiente sociale, c'è anche quello biologico. L' ipotesi più probabile sul campo è che l'ordine di nascita influisca tramite le alterazioni del sistema immunitario. Ci sono ipotesi alternative come quella dello sdoganamento: i gay pullulano laddove sono accettati. I dati nn confermano, le stime rivelano percentuali tra l'1 e il 3% nonostante le associazioni parlino del 10%. Ipotesi dell'iniziazione: se il tuo primo rapporto è omo sarai omo. Alcuni studi confermano ma i soggetti osservati erano già sessualmente coscienti.
  5. Questi sono studi difficile con pochi fondi. Perchè? Si teme che la scoperta del gene conduca all'aborto di massa. Il paradosso è che chi teme qs conseguenze di solito sostiene che l'aborto è un affare privato. Quello che condanna è la discriminazione ma si può discriminare anche per  uoni motivi: 1 voglio evitare sofferenze 2 voglio un figlio come me 3 voglio nipoti. E poi, considera l'analogia: educare un figlio cristiano discrimina forse verso gli ebrei? Discriminare è cmq lecito se non fa male a nessuno.
  6. I gay sono un paradosso evolutivo. Tentativi di spiegazione. 1 i gay tengono sotto  controllo la popolazione. Nessuno accetta qs ipotesi. Si sarebbero cmq estinti da tempo e poi il gene resta sempre egoista, ammesso e non concesso che un mondo popoloso sia peggiore. 2 Kin selection.. Ipotesi poco credi ile, resta lo svantaggio evolutivo a meno che i gay abbiano tonnellate di nipoti. Oggi, comunque non è così, quindi se non si sono estinti si estingueranno. 3 Ereditarietà parziale. Resta lo svantaggio riproduttivo a meno che i fratelli dei gay abbiano molti più figli, realtà non osservata.
  7. Ipotesi alternativa: germ theory. Spiega bene la correlazione buona ma non perfetta tra gemelli.
  8. Altra teoria papabile: l'omosessualità è una specie di perversione etero: sono talmente attratto dalle donne che le desidero vicine a me, talmente vicine che mi fingo una di loro.
  9. E i gay che non mostrano tratti femminili? Specie nelle culture dell'antichità sono molti. Nota che anche in carcere sono molti. Spesso costoro pullulano laddove l'accesso alla donna è difficoltoso. Un gay ha scarse possibilità di accoppiarsi quindi è più "disponibile" a farlo. Un' occasione - forse l'unica - per chi cerca sesso disperatamente.
  10. Oggi sappiamo con una certa sicurezza dove rintracciare le differenze cerebrali tra un uomo normale e un gay: IMAH3 una parte dell'ipotalamo.
continua

Cap.3 geneder

  1. la teoria del gender sostiene che esiste un legame lasco tra sessualità e genere. la scienza sembrerebbe confutare una posizione del genere, il legame è robusto. e qui entrano in gioco le vicende di alcuni bambini che per gravi malattie sono stati fatti crescere secondo un'identità di genere che non coincideva con la loro sessualità. il risultato è stato molto spesso disastroso.
  2. tuttavia, anche se la sessualità è binaria, sarebbe esagerato pensare a due soli generi, qui lo spettro è leggermente più ampio.

venerdì 5 giugno 2015

HL ITALIANO Diego Gambetta: Codes of underworld

Capitolo I Criminal credentials.

  1. Il mondo del crimine è ideale per studiare l'uso del linguaggio e i modi in cui si incontrano domanda e offerta. C'è chi allungherebbe volentieri una mazzetta ma rinuncia perchè non sa a chi darla. Come possiamo capire se siamo di fronte ad un criminale doc? E come far capire agli altri che siamo criminali affidabili? So o domande interessanti anche a chi non si appassiona al mo do della mala poichè la questione può essere facilmente allargata: come si crea quel bene primario   che è la fiducia in assenza dello stato?
  2. i posti che si frequentano sono importanti:prigioni, bar nelle ore di lavoro e notturne, prigioni. Le periferie malfamate si trasformano rapidamente perchè i criminali ambiscono ad abitare lì così come la brava gente ambisce ad andarsene. Abitare a lungo in una zona malfamata è importante ma mai come stare in prigione. La prigione è cri inogena poichè ti insegna le tecniche, ti garantisce co oscenze ma soprattutto ti marchia come criminale affidabile.
  3. commettere un reato è un segnale importante per guadagnare la fiducia della malavita. Spesso viene richiesto un omicidio iniziatico: non è una crudeltà ma una forma di giuramento. In fo do parliamo di come fabbricare quel bene che è la fiducia in assenza dello stato. Le azioni rischioso danno una buona immagine, per esempio scommettere molto: i criminali sono propensi al rischio, in caso contrario si guadagnerebbero da vivere aprendo un autolavaggio.
  4. Infiltrati come donnie brasco hanno ingannato anche la mafia ma ciò non significa che la malavita sia stupida: ha subito alzato lo standard di ammissione, ora l'omicidio iniziatico o è tornato d'obbligo, un poliziotto non lo farà mai.
  5. gli infiltrati hanno spesso agito al limite e specie in passato anche oltre il limite, specie se era in gioco la propria vita. Ad un  erto punto era praticamente impossibile capire da  he parte stessero  cergespie. Qui si poneun curioso dilemma per la mala: se punisce in modo troppo duro chi tradisce rischia di non scoprire mai l'infiltrato poichè costui in condizioni di pericolo farebbe di tutto. Certo che sesiarriva a fare  erte cose, ovvero u  idere, allora l'infiltrato non può più nemmeno dirsi tale, forse. Di certo  i sono diverse organizzazioni, per esempio quelle del terrorismo islamico, che vengono considerate ininfiltrabili.
  6. una volta risolto il problema degli infiltrati non è però risolto il problema del tradimento: anche un  criminale incallito può tradire. E qui veniamo a quella cosa che si chiama onore.

mercoledì 3 giugno 2015

The problem of political authority di Michael Huemer

Hemer sul problema dell'autorità politica:

  1. Ottimo testo scolastico per l'ora di educazione civica: semplice, ordinato, comprensibile e convincente.
  2. Perchè noi consideriamo illecite talune azioni se le compie Tizio mentre le giustifichiamo se le compie il governo? Questo è il classico problema dell'autorità politica. Se Tizio cattura un vandalo, lo rinchiude in cantina e poi va dal suo  vicino estorcendogli un contributo in denaro a titolo risarcitorio, nessuno giustificherebbe il suo modo d'agire. Se invece lo fa Caio "a nome dello stato" tutto diventa all'improvviso legittimo. Ha senso che esista un doppio standard morale?
  3. Due spieghe:1) l'azione compiuta da Tizio e da Caio non è la stessa e 2) Tizio e Caio sono persone essenzialmente diverse.  Le uniche spieghe valide sono del secondo tipo poichè l'esempio del vigilantes può essere variato a piacimento in modo da rendere le due azioni da confrontare perfettamente uguali.
  4. C'è chi a questo punto introduce la democrazia ma la gran parte delle teorie che giustificano l'autorità politica precedono l'avvento della democrazia e prescindono da essa.
  5. Huemer si concentra sui casi di aggressione fisica, non perchè siano gli unici illegittimi nel rapporto tra privati ma solo perchè si tratta di casi dove quasi sempre si concorda nella condanna. È importante per Huemer partire da una posizione di accordo e quindi considerare azioni dove il doppio standard di giudizio è particolarmente evidente.
  6. Ci sono due metodi di analisi: 1) prendere una teoria etica astratta ed applicarla al caso concreto dell'autorità politica. Una di queste teorie potrebbe essere quella di Rawls. 2) considerare dei casi specifici in cui il giudizio etico è incontrovertibile e procedere coerentemente a giudicare altri casi. Huemer segue questa seconda via, non crede che esistano teorie etiche generali affidabili. Ci sono filosofi che credono nelle teorie (Singer), ci sono poi filosofi (Nancy) che credono nell'esistenza di giudizi specifici, ci sono poi filosofi che non credono a niente in campo etico (Mackie) e ci sono infine filosofi come Huemer cne pur non credendo in nessuna teoria credono in taluni giudizi specifici  condivisi,  questi giudizi sarebbero fondati e ragionevoli. Se così è, partire da una teoria etica o, ancora peggio, da una teoria politica, sarebbe tempo perso. Partiamo invece dall'ovvio. Attenzione: se si parte dall'ovvio e si traggono le ovvie inferenze non è affatto detto che si giunga ad ovvie conclusioni. Anzi, direi che le conclusioni di Huemer sono decisamente originali.
  7. Perchè non partire dall'idea di senso comune per cui un'autorità politica è necessaria? Primo perchè Huemer non condivide questa idea che quindi diventa controversa e non più condivisa, del resto esistono fior di filosofi politici e storici che non la condividono: Stringham, Ostrom, Schmidtz, Leeson, Beito . Ma, secondo, a quanto pare molti hanno ritenuto di doverla giustificare. Quindi non è poi tanto di senso comune.
  8. Tesi del libro: l'a. p. è un'illusione. Confutazione delle principali teorie giustificatorie ( contrattualismo democraticismo utilitarismo...). Altre tesi: le principali teorie politiche sono una razionalizzazione di conclusioni già raggiunte. La parte seconda è dedicata alle conseguenza del precetto che dichiara illegittima l'autorità politica.
  9. La tesi conseguenzialista come la presenta Hobbes: gli uomini non collaborano e senza un sovrano assoluto vivrebbero nella miseria, quindi la sua presenza deve essere accettata come naturale. C'è qualcosa di contradditorio nel contrattualismo: se gli uomini non collaborano perché mai dovrebbero collaborare accordandosi nell'accettazione di un sovrano assoluto? Paragrafo estrapolato da Stringham.
  10. Nagel dice che il nostro reddito non sarebbe lo stesso senza a.p., quindi il diritto al nostro reddito non esiste. Obiezione: certo, le istituzioni politiche contano, se vivessimo in URSS saremmo tutti più poveri, ma l'argomento dimostra troppo, dimostra che qualsiasi cosa faccia lo stato è giustificata, anche se violasse i diritti tanto cari a Nagel. E quindi, come la mettiamo? Oltretutto avere argomenti per dimostrare che la soluzione A (statalismo) è migliore della soluzione B (stato minimo) non implica l'obbligo di uniformarsi ai precetti di A. Ci sono auto migliori di altre nel rapporto qualità prezzo ma non esiste una costrizione all'acquisto. Paragrafo estrapolato da Stingham.
  11. la tesi conseguenzialista è la più accreditata per giustificare a.p.: senza lo stato che coordina le conseguenze sarebbero gravi quindi è doveroso obbedire. Obiezione: eppure se io disubbidisco lo stato non collassa affatto. Risposta: e il test kantiano?
  12. Le lacune dell'utilitarismo dei comportamenti fa ripiegare sull'utilitarismo delle regole: si deve ubbidire a una regola se risulta utile in condizioni "kantiane". Ma anche u.delle regole si confuta con casi specifici paradossali: nn posso fare il ragioniere perchè se lo facessero tutti il paese collasserebbe.
  13. dopo la confutazione dell'u.delle regole il conseguenzialista ripiega sulle teorie del fair play: applico il test kantiano per stabilire i doveri più che i diritti. Esempio:la barca imbarca acqua e tutti si danno da fare per svuotarla, si potrebbe fare a meno del mio apporto ma è doveroso che io contribuisca per quanto posso. Inconveniente: se i passeggeri si impegnano in due attività di cui una inutile (es: svuotare l'acqua dalla barca e pregare Poseidone) è mio dovere partecipare ad entrambe? Si direbbe di no, di conseguenza nn è mio dovere ubbedire a leggi sbagliate, o per lo meno lo stato che le emette nn è meno colpevole del cittadino che le infrange, manca quindi di legittimità. Se è vero che siamo eticamente esentati dal partecipare ad attività inutili è ancora più vero che lo siamo dal partecipare ad attività dannose. Per un pacifista la guerra è dannosa, per un anarchico il governo è dannoso, eccetera. La dannosità si rileva anche dalla presenza di alternative più efficienti: givewell è più efficiente dello stato nell'aiutare chi ha bisogno.
  14. con l'argomento del fair play si tenta di giustificare la legittimità generica dello stato nell'agire in modo violento. Tuttavia, per quanto appena detto analizzando l'analogia della barca lo stato può anche essere giustificato nella sua azione ma solo per attività specifiche (es per imporre a tutti un contributo nello svuotare la barca) non in generale. Anche giustificare il monopolio della violenza è difficile da giustificare: se sulla barca gianna estrae per primo la pistola e impone a tutti di contribuire al salvataggio perchè mai non potrebbe farlo Gino qualora l'occasione si ripresentasse?
continua

giovedì 28 maggio 2015

Raymond Boudon sul relativismo parte I

Raymond Boudon sul relativismo parte I
  1. Il relativismo può avere una natura varia, oltre a quello filosofico c'è quello etico, quello cognitivo e quello culturale
  2. Relativismo etico. Montaigne: esistono in giro per il mondo precetti tanto vari che l'etica potrebbe essere considerata un portato culturale più che un dato reale. Pensa solo al caso dell'infibulazione. Ma inferire conclusioni relativiste da Montaigne è esagerato: se ci concentriamo sulle ragioni profonde della pratica infibulatoria la nostra indignazione scema, non sono poi così diverse da quelle avanzate nelle nostre civiltà. D'altra parte anche chi la pratica ne percepisce la crudeltà e spesso ripiega su alternative. Insomma, questo venirsi incontro testimonia della presenza di valori assoluti che fanno sentire il loro magnetismo. Ad essere conenzionali non sono i valori di fondo, come pretendono i relativisti ma le forme in cui si incarnano.
  3. Relativismo etico. Hume: la fallacia naturalistica: da proposizioni all'indicativo non posso trarre conclusioni imperative. Il regno dell'etica è irrazionale, non ha mai un contatto con la razionalità descrittiva. La tesi di Hume si presta ad equivoci: parlando all'indicativo molti hanno in mente conseguenze dal chiaro portato imperativo.
  4. Relativismo etico. Weber: politeismo dei valori: i valori scaturiscono da principi indimostrabili quindi convivono tra loro fronteggiandosi nel conflitto sociale. Alla fine vince il più forte non il più ragionevole. Secondo i relativisti Weber è sulla linea Marx-Nietzsche. Ma qs resoconto relativista non rispecchia la posizione di Weber: lui era un evoluzionista: i valori partono alla pari ma nella concorrenza alcuni emergono fino ad imporsi mentre  altri affondano e spesso quelli vincenti sono tali perchè più convincenti.
  5. Il relativista etico abusa del principio della bivalenza: i precetti sono o fondati o relativi. Non è vero, molto più probabile che alcuni precetti siano relativi ed altri siano bloccati su solide fondamenta.
  6. Il relativismo si è imposto anche perchè teoria utile a proclamare un certo principio di eguaglianza: tutte le società hanno pari dignità e nessuna è superiore alle altre.
  7. Relativismo cognitivo: abbiamo accesso alla realtà? Kuhn: la storia della scienza nn è lineare come la rappresentano i manuali. Parecchi fattori irrazionali (estetica politica metafisica) pesano nella scelta della teoria da privilegiare.  Khun ha il merito di confutare Popper e di sottolineare l'azione di molti fattori irrazionali ma è solo con una forzatura iperbolica che dal suo lavoro si ricava un qualche relativismo
  8. R.cognitivo. Il relativismo si è imposto anche per l'insolubilità del problema della demarcazione. Popper propose il criterio della confutabilità lasciando almeno tre dubbi (ci sono teorie filosofiche confutabili tramite esperimenti mentali. Ci sono teorie scientifiche difficilmente confutabili: quelle contrassegnate da clausole coeteris paribue o il neo-darwinismo, teoria con diverse conferme ma di cui è difficile immaginare unaconfutazione). Questo fallimento apre indebitamente le porte al darwinismo.
  9. Il r. cognitivo s'impone anche perchè utile alla denuncia del connubio tra scienza, multinazionali e politica. Se la scienza è un sapere relativo i poteri forti se ne impadroniscono
  10. R. Cognitivo, confutazione. Una credenza può imporsi anche per motivi irrazionali ma affinchè si mantenga è necessario chesia fondata. L'irrazionalismo può farsi sentire sul breve periodoma non sul lungo. Il fatto di non avere criteri generali per definirla non significa che la scientificità del sapere non esista: in parecchi casi specifici la scientificità s'impone alla nostra ragione come un'evidenza quasi fosse unsentimento di scientificità
Continua.

martedì 11 novembre 2014

SAGGIO/RIASSUNTO Good and Plenty: The Creative Successes of American Arts Funding di Tyler Cowen -Perché sovvenzionare l' arte?

Non ci sono molte ragioni per sovvenzionare l' arte.

Ovvero, in realtà ci sarebbero: la legge sul copyright - quella che garantisce al creatore la sua fetta di torta - è di difficile applicazione.

Nell' arte, gli innovatori non catturano tutto il valore che producono.

Ma se la ragione fosse davvero quella, oggi dovremmo sovvenzionare più che altro la star pop o heavy metal, sono loro le vittime principali della pirateria.

In realtà nessuno pensa a niente del genere, quindi le ragioni stanno altrove.

In più non avrebbe senso sovvenzionare l' arte per poi metterla in un museo: non è certo il posto migliore per renderla disponibile al pubblico.

In realtà l' arte viene sovvenzionata per questioni simboliche: si ritiene prestigioso farlo e si ritiene che il museo sia il luogo più adatto per enfatizzare questo prestigio.

Non solo, si ritiene prestigioso avere un governo che sovvenzioni l' arte di qualità.

Un po' come per le "compagnie di bandiera". La Francia è un campione di questo orgoglio nazionalista.

In questo senso le ragioni economiche passano in secondo piano. Ma chi ha detto che l' economia è tutto? I simboli contano, checché ne pensi qualcuno.

A volte contano talmente - magari perché derivano da una tradizione centenaria - che hanno anche pesanti ripercussioni economiche. Ci sono casi molto chiari: nessuno dubita che si debba preservare il prestigio che ha nel mondo la bellezza di una città come Venezia, ricoprire i canali facendoci passare sopra una strada asfaltata non sarebbe certo una buona idea, neanche dal punto di vista economico.

Good and Plenty: The Creative Successes of American Arts Funding di Tyler Cowen - Il giudizio estetico

Vale di più l' Amleto o Re Lear?

Quante canzoni di Gershwin ci vogliono per fare una sinfonia di Prokofiev?

Anche chi professa l' oggettività dei valori estetici deve ammettere che c' è un problema di incomparabilità.

Forse, se proprio dobbiamo "misurare" ha più senso misurare la qualità di un' epoca storica piuttosto che raffrontare le singole opere.

Ma come?

La qualità media in questo ambito ha poco senso, meglio concentrarsi sui picchi.

Ma anche i picchi isolati possono trarre in inganno.

Propongo due criteri: 1) qualità estesa (esempio i primi cento picchi) e 2) varietà (picchi per genere).

lunedì 21 luglio 2014

Alvi, l' anticinese

Geminiello Alvi scrive un libro anticapitalista nel nome di Hayek. Non ero abituato a niente del genere.

Parte dalla legge di Sombart: il capitalismo, con il suo dinamismo estremo,  è sganciato da natura e moralità. Prima o poi và a sbattere.

Come farlo rallentare? Come mettergli qualche bastone tra le ruote? Come riportarlo all' ordine?

Non con le "riforme", che sono artifizi altrettanto dannosi, bensì sfruttando le inefficienze derivanti da un eccesso di libertà Per esempio: più autogoverno, più diversità, libera emissione di moneta...

venerdì 18 luglio 2014

Gli errori logici più comuni del credente

Molti atei segnalano una contraddittorietà nella dottrina della trinitaria: come puo' Dio essere uno e trino? Uno è diverso da Tre, quindi non potrà mai essere uguale. Si dice che questo sia "mistero", meglio dire che qusto è "contraddizione".

Giusto. Ma per chiarire meglio le cose tocca dire due parole su una proprietà divina: l' atemporalità. il Dio "atemporale" puo' essere inteso come "fuori dal tempo" che come "eterno", nella prima concezione si producono delle contraddizioni poiché l' azione di divina è pur sempre un processo e ogni processo posto fuori dal tempo si contraddice: il processo per cui "il bianco diventa nero" non è affatto contraddittorio ma se lo pongo fuori dal tempo non posso più utilizzare il divenire, e così ottengo "il bianco è nero", che è un' espressione contraddittoria. Il Padre causa il Figlio non è contraddittorio ma il Padre è il Figlio lo è. La contraddizione si supera 1) immaginando Dio come eterno anziché come fuori dal tempo (anti-tomismo) e 2) mettendo in evidenza le differenze - che ci sono - tra Padre, Figlio e Spirito Santo (il primo causa il secondo e i primi due in cooperazione causano il terzo: non è mai vero il processo inverso!). Solo il Padre è ontologicamente necessario, Figlio e Spirito sono solo metafisicamente necessari.

La scommessa di Pascal: non dimostra nulla poiché si applica a tutte le credenze che promettono un infinito bene o minacciano un infinito male. 

Giusto. Ma se coniughiamo gli argomenti della scelta razionale con una distribuzione probabilistica delle scelte alternative, magari ricavata dalla teologia naturale, torna ad essere molto utile. Ovvero, scartare l' opzione atea è solo il primo passo di ogni scelta razionale, se il percorso finisse lì ci areneremmo ma la teologia naturale ci consente di andare oltre.

Il problema del male: il male e un dio buono e onnipotente non possono esistere allo stesso tempo. 

Giusto. Bisogna intendersi però sul significato di "onnipotenza". Ne esistono due: 1) possibilità di fare tutto cio' che si desidera 2) possibilità di fare tutto cio' che si puo' fare. Nel primo caso Dio potrebbe creare oggetti contemporaneamente perfettamente gialli e perfettamente rossi, nel secondo caso no. Nel primo caso Dio potrebbe creare persone perfettamente libere ma incapaci di produrre il male, nel secondo caso no. Ora, la teologia prevalente per "onnipotenza" ha in mente il caso 2, quindi non cade in contraddizione.

Il principio antropico è inutilizzabile per inferire l' esistenza divina. Chi lo usa commette un errore logico perché deriva l' esistenza di una causa da una probabilità a posteriori. 

Giusto. Ma il principio antropico è utilizzato dai teologi in modo diverso rispetto a quello descritto. Serve ai teologi per coniugare probabilità a priori (cosa farebbe probabilmente il Dio dei teologi se solo esistesse?) e probabilità a posteriori (che probabilità ci sono che l' uomo - ovvero la creazione divina a priori più probabile - esista indipendentemente da Dio?). E' solo la presenza simultanea di probabilità a priori e probabilità a posteriori che permette d' inferire la probabile esistenza di Dio. L' errore logico ci sarebbe se considerassimo solo la probabilità a posteriori. Analogia: A odia B e ha manifestato più volte il desiderio di ucciderlo. B viene trovato morto, quel giorno, molto probabilmente, ha ricevuto la visita di A, C e D. Solo loro possono averlo ucciso. La probabilità che il maggiore indiziato sia A non si ricava (solo) dal fatto che molto probabilmente ha incontrato B nel giorno della sua morte ma dal fatto che esistono anche delle probabilità a priori che ci consentono di dire che voleva ucciderlo e probabilmente l' avrebbe fatto. 

venerdì 27 dicembre 2013

La ricerca del profitto come forma più alta della carità cristiana

La ricerca del profitto come forma più alta... - Riccardo Mariani:

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La povertà evangelica e il borghese.

Come riconciliare povertà e società borghese? Non ci sono che due modi:

1) il taglio di Tosato: parte del Vangelo va abbandonata come superata. Il "beati i poveri" va trattato come "stia la donna sottomessa all' uomo".

2) La "povertà" va reinterpretata come "disonestà". Nelle società primitive ci si arricchiva smisuratamente solo tramite rapina e la mentalità corrente identificava la ricchezza diseguale come un segnale di disonestà e prepotenza. Oggi non è più così. Dobbiamo prenderne atto aggiornando l' ermeneutica evangelica.

Aggiungo una terza via: la povertà evangelica è povertà di spirito, ovvero umiltà.

Questa terza via è promettente e risponde a chi obbietta: come mai la Chiesa fa assurgere la povertà a valore e non lotta per un mondo più povero?

La Chiesa in effetti auspica un mondo più ricco non più povero. In effetti arricchendosi correttamente si fa anche del bene, come insegna l' economia.

Ebbene, questo atteggiamento apparentemente assurdo si ricompone facilmente se assumiamo che povertà = povertà di spirito. La povertà di spirito infatti annienta l' invidia che - come ci spiegano gli psicologi evoluzionisti - è il fattore principale di infelicità nel mondo ricco. Noi sappiamo da tempo che la ricchezza non porta automaticamente felicità (paradosso di Easterline), ma sappiamo anche cosa occorre per ristabilire un saldo legame tra le due variabili, serve una maggiore "povertà di spirito", ovvero: serve più umiltà, ovvero: serve vaccinarsi contro l' invidia. In questo modo auspicare un mondo più ricco e più umile non solo è compatibile con l' azione della Chiesa ma è anche la ricetta più razionale per il non credente.

Perché Gesù ha bisogno di una Chiesa

Perché Gesù ha bisogno di una Chiesa. Anzi, è la... - Riccardo Mariani:

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