lunedì 9 dicembre 2019

MINI-MANIFESTO PER UNA NUOVA DESTRA

MINI-MANIFESTO PER UNA NUOVA DESTRA

La destra di fine secolo riteneva che tassare poco i ricchi fosse essenziale per la crescita economica, i benefici sarebbero poi "ricaduti" sull'intera società con la filantropia privata pronta a tappare le falle aiutando i "poveri meritevoli" rimasti ai margini. Ma l' economia dello "sgocciolamento" verso il basso si è con il tempo screditata e gli straordinari livelli di disuguaglianza riscontrati in molti paesi dell'occidente avanzato sono sempre più difficili da difendere.
La scelta della destra è stata semplicemente quella di cambiare argomento intensificando l'animus contro immigrati e gli altri nemici esterni. Gli appelli alla Nazione si sono moltiplicati.
Ma un'alternativa c'è. Piuttosto che incaricare politici inaffidabili di risolvere dall'alto i problemi della società creando quei conflitti tipici di cui sono ghiotte le prime pagine dei giornaloni nazionali, la destra potrebbero agire per decentralizzare la spesa pubblica mettendola nelle mani degli elettori attraverso una serie di "buoni sociali" spendibili per i servizi di base. Saranno loro a indirizzare verso qualsiasi organizzazione no profit di proprio gradimento la spesa pubblica.
Una simile mossa rivitalizzerebbe la società civile e il settore no profit sfruttando l'ingegnosità degli attori privati ​​per promuovere il bene comune. Le sparate dei politici diminuirebbero poiché diminuirebbe il loro protagonismo, con conseguente riduzione della polarizzazione e della partigianeria. I cittadini che non sono d'accordo con te non saranno più "nemici civici" che minacciano di strapparti il ​​controllo del timone; saranno semplicemente concittadini che spendono diversamente da te i loro buoni sociali.
La chiave sta nell'inghiottire il rospo di una politica ridistributiva - cosa difficile per la destra -, per poi mettere i cordoni della borsa staranno saldamente nelle mani dell'elettore. Qualcosa di insopportabile per la sinistra (l'istinto verso la scuola privata parla chiaro).
Faccio solo un esempio perché fresco fresco e di grande impatto. In questi giorni il Mega-Super-Ministrone centrale ha deciso per tutti che nidi/asili saranno gratis. Il proclama suona bene ma si traduce in una manovra per colpire la famiglia tradizionale. Supportare la famiglia è importante, ma qual è la giustificazione per escludere dall'aiuto chi sceglie di avere un genitore casalingo dedito all'assistenza della prole? Nessuno. Ma una politica di sinistra lo fa a cuor leggero (e lo ha appena fatto), una politica di destra non deve assolutamente farlo. I modi per evitarlo ci sono e si raccolgono attorno al principio per cui la spesa pubblica deve passare dalle mani ignoranti del Mega-Super-Ministro centrale alle mani sapienti dell'elettore. In questo caso si tratterebbe di trasformare l'asilo gratuito in un trasferimento di denaro che ognuno poi impiega come desidera.
La nuova destra non deve consegnare agli avversari il monopolio sulla spesa pubblica limitandosi a maledirla e sforbiciarla, dovrebbe invece accettarla per poi riconsegnarla al cittadino sotto forma di buoni, voucher o trasferimenti di denaro.

domenica 8 dicembre 2019

LA TASSA PERFETTA

Piccolo saggio di filosofia fiscale.
LA TASSA PERFETTA
La tassa perfetta non distorce l'economia creando disincentivi al lavoro, per questo motivo non colpisce i guadagni effettivi ma quelli potenziali. In altre parole, non tassa lo sforzo ma l'abilità. Una tassa del genere non crea disincentivi: io tasso il tuo talento, quanto poi vorrai o meno sfruttarlo sono affari tuoi. Una tassa del genere, in teoria, non si puo' nemmeno evadere: la sua natura è oggettiva.
Se Dio volesse realizzare una tassa perfetta potrebbe farlo, Lui conosce il potenziale di ogni persona. Tuttavia, per gli uomini è un po' più difficile, sarebbe necessaria una sorta di onniscienza.
Il meglio che possiamo fare è approssimarci alla tassa ideale. Ciò significa tassare chi presenta "indizi di fortuna". Per esempio, tassare i bianchi più dei neri, gli uomini più delle donne, gli alti più dei bassi, i belli più dei brutti, gli umori stabili più dei neurotici eccetera. Tasse di questo genere non creano disincentivi al lavoro e sono quindi efficienti. Tutti questi tratti, poi, sono "naturali" e positivamente correlati con il reddito.
Si puo' pensare che tassare la natura del contribuente sia una proposta radicale da accantonare, se non fosse che già si fa. Il sistema INPS, per esempio, tassa gli uomini più delle donne. Anche il sistema delle quote rosa e nere è un modo per tassare la razza e il sesso della persona.
Tuttavia, tassare in maniera esplicita il colore della pelle o la conformazione dei genitali del contribuente, per ora, resta tabù, cosicché ideare formule ipocrite è ancora oggi imprescindibile.
Idealmente potremmo tassare in base a tratti della personalità come l'intelligenza, l'autocontrollo o la pazienza, ma non funziona poiché si tratta di caratteristiche facili da falsificare. E' facile produrre un basso punteggio nei test. Forse domani sarà possibile ma per oggi occorre ripiegare su razza, sesso, bellezza e statura.
Ma se questa imposta è l'imposta perfetta, perché ci appare così "sgradevole"?
Vale la pena di esplorare i difetti e le imperfezioni di questa tassa sulla natura.
Innanzitutto, l'efficienza non è sempre una benedizione. Una tassa che non si puo' evadere e che non penalizza l'economia dà un grande potere ai governi. Forse troppo! Tasserebbero eccessivamente, probabilmente fino a distruggere tutto. Una tassa del genere potrebbe colpire anche i non nati. Come porsi di fronte a questi problemi?
Il problema di un fisco efficiente è che non pone freni all'ingordigia dei governi. Più in generale, potremmo dire che una tassa inefficiente distorce l'economia mentre una tassa efficiente distorce la politica.
Il problema della politica esisterà sempre quando si giudica un sistema fiscale: qualsiasi imposta richiederà un esattore delle tasse. Tassazione e autorità centralizzata vanno di pari passo, sia nella storia che nella logica.
Eppure non tutti ne hanno tenuto conto. Molti "contrattualisti" di ultima generazione, ispirati dal lavoro di John Rawls, sembrano dimenticarselo. Piccolo inciso: nl 1953, un economista di nome John Harsanyi inventò la metafora degli obblighi sociali come adempimento di contratti pre-parto. Nel 1971, l'influente filosofo John Rawls usò quei contratti - contratti firmati dietro il "velo dell'ignoranza" che ci protegge dalla conoscenza dei tratti particolari con cui nasceremo - come pietra angolare della sua teoria della giustizia. Questo filone di studi ragionava sul sistema ideale senza dare troppo peso al fatto che poi "qualcuno" avrebbe dovuto realizzarlo. Non si pensava che i difetti potevano riguardare questo "qualcuno" più che il sistema fiscale in sé. Il non-nato di Rawls che ragiona dietro il "velo di ignoranza", prima ancora di pensare ai criteri di giustizia ideali abbracciati dal paese in cui vorrebbe nascere, dovrebbe pensare di non nascere a Cuba, in Albania, in Mali, in Venezuela ma invece in Canada, in Lussemburgo. E questo a prescindere dai criteri di giustizia che a parole informano questi stati.
Poiché sia le tasse inefficienti che quelle efficienti presentano problemi, un' idea potrebbe essere quella di non tassare evitando di redistribuire la ricchezza dai più ricchi ai più poveri. Ma comportarsi in questo modo non violerebbe i nostri criteri di giustizia?
Penso di no. Al di là dei proclami di principio, infatti, nessuno sembra in realtà credere sul serio che esista un dovere in questo senso, altrimenti lo attueremmo beneficiando i veri poveri, ovvero le popolazioni del Terzo Mondo.
Su cosa si basa allora una credenza tanto diffusa? Probabilmente è un modo per legittimare la rapina. Partiamo dalle basi: se una squadra di bisognosi forti, robusti e armati fino ai denti incontra un ricco mingherlino inerme come finirà secondo voi? E' ovvio: i bisognosi prenderanno al ricco con un atto di forza. Se però per un qualche motivo dobbiamo mantenerci in buoni rapporti con il rapinato il prelievo deve essere in qualche modo giustificato, in questo senso occorre razionalizzare la situazione diffondendo una credenza filosofico\religiosa che renda "giusta" quella rapina specifica. Il riccone è solo e inerme, i "bisognosi" sono tanti e incazzati. Tuttavia, non si puo' provvedere ad una sottrazione indebita, il senso di giustizia che tiene insieme la società potrebbe risentirne. Ecco allora comparire una cervellotica teoria della giustizia che, pur presentando molte incoerenze, mantiene uno ieratico potere seduttivo.
Ma perché talvolta questa credenza filosofico\religiosa è condivisa anche dai ricchi? Alcuni di loro, come il miliardario Warren Buffett, chiedono a gran voce tasse più elevate! In fondo nessuno gli impedirebbe di fare un bonifico e mettersi la coscienza a posto, l'IBAN del Tesoro ce l'ha! Perché allora sgolarsi a quel modo? Probabilmente lo fa a fini pratici, il retro-pensiero è: "se noi ricchi non diamo ai poveri, la rivolta ci schiaccerà". In questo caso più che "dare" occorre "legittimare" il sistema ridistributivo. Anche qui appare evidente che non si fa appello a principi di giustizia ma a questioni di opportunità.
Per capire che non esiste un principio di giustizia che ci obbliga all'elemosina fiscale, prova questa variante: è "giusto" che le persone attraenti siano costrette a concedere favori sessuali occasionali alle persone brutte? Senza tali favori i brutti difficilmente potranno mai avere rapporti coi belli, e questi ultimi, oltretutto, sarebbero a costante rischio di stupro. Ma se riteniamo giusto sovvenzionare con denaro coloro che sono nati senza le competenze per guadagnare un reddito decente, perché non sovvenzionare con il sesso coloro che sono nati senza le capacità per attrarre partner desiderabili? Sembrerebbe giusto farlo, la logica è la medesima. Poiché la bellezza e il talento dipendono entrambe dalla fortuna sarebbe logico assicurarsi contro la sfortuna in entrambe le lotterie. Rawls che ne dice? Eppure la soluzione ci ripugna. Perché? Probabilmente perché un diritto del genere non esiste in entrambi i casi ma mentre nel primo le risorse in questione sono facilmente trasferibili mentre nel secondo no, ecco allora che per sfruttare la facile trasferibilità nel primo caso ci sforziamo di vedere un "diritto" mentre nel secondo un simile sforzo artificioso puo' essere evitato lasciando che la violenza susciti un naturalissimo sentimento di repulsa.
Ognuno di noi ha sensazione che il suo talento sia "suo" esattamente come la "sua" bellezza. Talento e bellezza ci appartengono. Una sottrazione lederebbe la nostra dignità e il nostro orgoglio. E' una specie di furto, di sfregio. Questo è esattamente il motivo per cui indietreggiamo di fronte all'idea del sesso coatto, abbiamo la consapevolezza che i nostri corpi ci appartengano. Ma lo stesso vale per i talenti. Consideriamo assurdo che Usain Bolt debba dividere la sua medaglia con l'ultimo arrivato. Sia lo stupro che il furto offendono la nostra dignità perché violano i diritti di proprietà. Se fai un'eccezione qua, devi farla anche là, e alla fine ti accorgi che la ridistribuzione coercitiva è una sorta di rapina. Questo è il motivo per cui non permettiamo ai bambini di subire o beneficiare di una "ridistribuzione" violenta dei giocattoli al parco giochi. Oltretutto, il talentuoso già dà a tutti senza dover essere sottoposto a un trattamento coercitivo. Quasi tutta la nostra prosperità la dobbiamo a un numero molto piccolo di scienziati, inventori e imprenditori. Dobbiamo tenerne conto in questa sede.
Anche la legittimità dei trasferimenti alle generazioni future è alquanto dubbia, soprattutto perché qui non puo' nemmeno essere evocato Robin Hood. Qui siamo di fronte all'operazione contraria. L'agenda dei gruppi ambientalisti consiste di fatto nel prendere ai poveri (noi) e dare ai ricchi (le generazioni future).
I nostri discendenti dovranno aspettare solo alcune generazioni, non più di qualche dozzina, per raggiungere uno standard di vita simile a quello di Bill Gates. Quindi ogni volta che il WWF o l'ONU ostacola lo sviluppo economico per preservare alcune ricchezze naturali del pianeta, chiede alle persone che vivono come te e me di sacrificarsi per il godimento delle generazioni future che vivranno come Bill Gates.

sabato 7 dicembre 2019

LA PARABOLA DI UN SOCIALISTA

David Brooks ha recentemente raccontato sul NYT la sua personale storia intellettuale, poiché la trovo edificante cerco di riproporla qui di seguito. Come molti giovani del suo tempo David non è stato attratto tanto dal socialismo quanto dalle belle definizioni che se ne davano, tipo quella di Michael Walzer, "ciò che tocca tutti dovrebbe essere deciso da tutti". Le decisioni delle grandi imprese "toccano" tutti? Sì? Ecco, allora dovrebbero essere prese da tutti realizzando una proprietà comune. Si deve decidere nell'interesse di tutti senza guardare alla massimizzazione dei profitti.
Se è per questo parole del genere fanno ancora vibrare il cuore di David. Il socialismo è la religione secolare più avvincente di tutti i tempi. Ti dà un ideale egualitario per cui sacrificarti e per cui vivere.
Le simpatie socialiste di un giovane così brillante non potevano sopravvivere a lungo una volta che, diventato giornalista, ha cominciato a guardare il mondo da vicino. Le parole di Walzer erano belle ma era palese che i burocrati di stato non fossero in grado di pianificare alcunché.
Al contrario, il capitalismo era davvero bravo a fare una cosa in cui il socialismo era decisamente inetto: creare un processo di apprendimento per aiutare le persone a capire i bisogni reciproci ed organizzarsi per soddisfarli. Se vuoi gestire una società di noleggio auto, il capitalismo ha un sacco di segnali di mercato, di prezzo e circuiti di feedback che ti fanno capire che tipo di auto le persone vogliono noleggiare, dove posizionare la tua impresa, quante auto ordinare e roba del genere.
Le economie socialiste pianificate - avendo la proprietà comune dei mezzi di produzione - interferiscono sui prezzi e gli altri segnali del mercato in milioni di modi. Sopprimono o eliminano i motivi di profitto, ovvero quelle ragioni che spingono le persone a imparare e migliorarsi. Non importa quanto siano poderosi i loro computer, il socialista non potrà mai raccogliere tutti i dati rilevanti per decisioni così complesse. Per esempio, non puo' permettersi di fallire mentre il fallimento d'impresa è l'anima del capitalismo.
Non c'è voluto molto per un giovane così brillante notare che il capitalismo aveva di recente assestato alla povertà il colpo più letale mai visto nella storia dell'uomo. Nel 1981, il 42 percento del mondo viveva in estrema povertà. Ora la quota non supera il 10 percento. Più di un miliardo di persone sono recentemente uscite da questa condizione.
Nei luoghi che hanno avviato le riforme del mercato, come la Corea del Sud e la Cina di Deng Xiaoping, si tende ad essere più ricchi e fieri. I luoghi che si sono invece spostati verso il socialismo - la Gran Bretagna negli anni '70, il Venezuela più recentemente - tendono inesorabilmente ad essere più poveri e miserabili.
Anche le condizioni ambientali sono molto migliori nelle nazioni capitaliste che in quelle socialiste. Le economie più libere del mondo sono luoghi come Hong Kong, Stati Uniti, Canada, Irlanda, Lettonia, Danimarca, Mauritius, Malta e Finlandia. Le nazioni nel quartile superiore in fatto di libertà economica hanno un PIL medio pro capite di $ 36.770. Quelle nel quartile inferiore arrivano a $ 6.140. Le persone nelle economie libere hanno un'aspettativa di vita di 79,4 anni. Nelle economie pianificate la media è di 65,2 anni. Non sono prove, sono indizi. Ma indizi pesanti, e andando avanti si accumulano. Vedete voi. Ad ogni modo David Brooks c'ha visto chiaro.
Nell'ultima generazione, il capitalismo ha abbattuto come non mai le disparità di reddito globale. Il rovescio della medaglia è che i lavoratori poco qualificati dell'occidente sono ora in competizione con i lavoratori in Vietnam, India e Malesia. La riduzione della disuguaglianza tra le nazioni ha portato all'aumento della disuguaglianza all'interno delle nazioni ricche, come Europa occidentale e Stati Uniti.
Inoltre, i livelli di istruzione e gli standard morali non hanno tenuto il passo con la tecnologia. Sempre più persone crescono in scuole inadeguate, in famiglie distrutte e in quartieri anonimi. Costoro trovano più difficile acquisire le abilità per diventare dei buoni capitalisti in miniatura. Il mercato è effettivamente chiuso a loro.
Questi problemi non sono segni che il capitalismo sia rotto. Sono segni che abbiamo bisogno di un capitalismo migliore per questa gente. Occorre un sostegno che al contempo non sia uno sfregio alla cultura capitalista del lavoro. Gli emigrati, per contro, non hanno problemi, pur essendo loro quelli messi peggio: toccano ogni giorno con mano il miracolo del capitalismo, lo fanno oggi, e magari lo fanno proprio nelle nostre città, a pochi metri da noi. Vivono in prima persona un miglioramento notevole delle loro condizioni di vita. David Brooks li vede indaffarati nelle loro botteghe precarie e non puo' che pensare alla sua famiglia ebrea appena sbarcata a NY.
David Brooks nota che le nazioni scandinave hanno livelli assistenziali elevati senza rinunciare alla cultura del lavoro: i loro mercati sono tra i più deregolamentati del mondo. L'unica ragione per cui possono permettersi di avere generosi stati sociali è che hanno anche mercati molto liberi. Non so se il loro modello si attagli a paesi più grandi e diversificati tuttavia il loro successo indica alcune verità: lo stato alimenta la prosperità quando aiuta le persone a diventare borghesi in miniatura, non quando attacca il capitalismo. Lo stato provoca incredibili livelli di miseria quando si spinge troppo avanti nei processi decisionali interferendo con la dinamica capitalista. Crea un'enorme sofferenza quando paralizza il sistema motivazionale che guida il capitalismo. Provoca un insanabile vulnus quando si intromette nel sistema di apprendimento reso possibile dai meccanismi di mercato.
Oggi l'ex socialista non ha più dubbi, il capitalismo non è una religione. Non salverà la tua anima, non esaudirà i desideri del tuo cuore. Ma in qualche modo susciterà le tue energie, ti farà alzare gli occhi e ti inserirà in un percorso permanente di apprendimento affinché tu conosca meglio le cose, ti possa migliorare e possa osare e osare ancora. Abbiamo bisogno di tanti tentativi e tanti errori per fare un passo in avanti stando dentro un mare di complessità, c'è bisogno del tentativo di tutti, di ognuno di noi.

LA CADUTA DEGLI DEI


LA CADUTA DEGLI DEI
Quando ero giovane avevo i miei eroi un po' in tutti i campi: Buffalo Bill, Sandokan, Frank Zappa, Captain Beefheart, Jad Fair, John Zorn, Fred Frith, Anthony Braxton, Derek Bailey, Lol Coxhill, Richard Wagner, Ludwig van Beethoven, Johannes Sebastian Bach, Pierre Boulez, Karlheinz Stockhausen, Maurizio Pollini, Emile Gileels, Vincent van Gogh, Jean Dubuffet, Jean-Michel Basquiat, Franco Causio, Michel Platini, Carlo Emilio Gadda, Tommaso Landolfi, Giorgio Manganelli, Giovanni Testori, Céline, Witold Gombrowicz, Elias Canetti, Alexis de Tocqueville, David Hume, Theodor Adorno, Milton Friedman, Friedrich August von Hayek, Bruno Leoni, Murray Newton Rothbard e molti altri.
Veneravo questa gente in solitudine.
Con la rete è cambiato molto. Più imparavo, meno i miei eroi mi facevano impressione. A questo punto della mia vita posso ben dire che nessuno di loro mi mette soggezione. Certo, sonno tutti dotati di un talento superiore, si tratta di personalità dalle intuizioni forti, avranno fatto anche molte osservazioni interessanti, nessuno lo nega. Ma una volta messa da parte l'aura, ognuno è, a modo suo, un po' deludente.
Come mai? Alcuni sono comicamente dogmatici e ripetitivi. Altri comunicano utilizzando tempi enormemente dilatati lasciandoti una spiacevole sensazione di spreco. Altri commettono forzature oggi molto più evidenti di ieri. Alcuni amano l'iperbole oltre il limite sopportabile dal buon gusto. Altri mascherano banalità in pomposa retorica accademica. Alcuni stiracchiano poche idee per decine di anni. Altri erano fantastici per il loro tempo ma oggi dicono poco. Altri ancora sono stati un po' sopravvalutati sin dall'inizio. Alcuni semplicemente vivevano prima di scoperte che hanno reso obsoleto il loro lavoro...
Sarò drastico: per quanto il legame affettivo resti, ho l'impressione che nessuno dei miei idoli di un tempo meriti oggi la mia venerazione.
Inoltre, la venerazione stessa è un bastone tra le ruote per chi viaggia alla ricerca della verità. Una volta idolatrato un pensatore o un artista, è difficile valutare con calma e ponderazione la sua opera. Ogni statua che ci costruiamo finisce per schiacciarci. Immagina se inserissi qua e là alcuni passaggi un po' banali nelle opere dei miei eroi di un tempo. Da "veneratore" sarei fortemente tentato di interpretare quelle interpolazioni come l'ennesima espressione di genio del mio idolo.
Forse sono stato troppo duro. Chiudo allora con un omaggio: è probabilmente grazie al fatto di aver incontrato loro - e non altri - se ancora oggi ascolto musica con passione, vado alle mostre d'arte con curiosità, seguo il calcio trepidando e leggo con interesse narrativa, poesia e saggistica. Grazie, ma, cari idoli, non chiedetemi più la prostrazione.

PROMUOVERE ED ESPRIMERE

PROMUOVERE ED ESPRIMERE
Ecco come di solito si invoca il primato della politica: quando acquisti la zuppa al supermercato, il tuo focus è limitato, stai solo considerando il tuo bene o forse quello della tua famiglia. Ma quando voti un senatore, consideri il bene di tutti. La politica deve quindi avere la precedenza. Riguarda tutti, non te solo, ha un focus più nobile.
E bisogna ammettere che chi appronta questa difesa della politica puo' disporre di prove empiriche in grado di sostenere entrambi i punti.
Tuttavia, questo argomento cade presto nella polvere. Non basta infatti nutrire un interesse pubblico per essere buoni elettori, occorre sapere come l'interesse pubblico si promuove. In caso contrario si fanno più danni che altro.
La distinzione tra promuovere un valore ed esprimere la propria fedeltà a quel valore è cruciale. Purtroppo, il voto è come il tifo. Io, per esempio, tifo Juve anche quando sono sul divano a centinaia di chilometri dallo stadio. So benissimo di non aiutare in niente la mia squadra. Esprimo solo il mio sostegno e mi sento bene così. Allo stesso modo, molte persone votano per esprimere il loro sostegno a determinati valori politici anche se non cambieranno nulla nella sostanza. Ma un difensore della democrazia deve dimostrare che gli elettori promuovano il bene comune, non solo che lo sostengano.
Non è necessario raccogliere faticosamente le informazioni corrette e soppesare l'evidenza contraria per esprimere semplicemente la propria fedeltà a un certo valore. Mettere un Like a un post di Facebook a favore del WWF esprime il tuo sostegno alla conservazione della fauna selvatica anche se non hai fatto alcuna ricerca per capire se il WWF aiuta effettivamente a preservare la fauna selvatica.
Come verificare il reale atteggiamento degli elettori? Se un elettore "promuove il bene" anziché "esprimere il bene" 1) acquisirà informazioni utili per promuovere quei valori e 2) rivedrà spesso le sue convinzioni per aggiornarle.
Tutto suggerisce che cose del genere sono rarissime.
Infine, c'è la questione di come i cittadini facciano uso delle informazioni che possiedono. Supponiamo di avere uno juventino doc. Il suo giudizio sul fatto che un calciatore sia buono o meno dipende in gran parte dal fatto che giochi o meno nella Juve. Per emettere il suo giudizio non trascorre il suo tempo ad analizzare con cura le partite degli altri club, a stilare o consultare le statistiche e a leggere i rapporti di scouting, ciò che per lui conta di più è l'affiliazione. Se il giocatore indossa la maglia bianco-nera è ok, altrimenti è una merda. Inutile dire che non dovresti fidarti del giudizio di un tifoso di calcio quando giudica le squadre o i giocatori. Ma lo stesso dicasi dell'elettore che si "esprime" nell'urna.
Geoffrey Cohen ha scoperto che l'atteggiamento delle persone nei confronti di una certa politica si prevede meglio guardando chi "tifa" che guardando alle sue idee. Il ricercatore ha presentato a elettori di sinistra e di destra due diverse proposte. La prima era una politica di benefici previdenziali; la seconda una politica di tagli sociali. Presumibilmente, quelli di sinistra avrebbero dovuto preferire la prima e quelli di destra la seconda. Senonché, ai soggetti è stato detto come si sono schierati i vari partiti. Quando la politica dei tagli è stata abbinata ai partiti di sinistra, una buona fetta degli elettori di sinistra l'ha preferita. E quando la politica più generosa è stata abbinata ai politici di destra, molti elettori di destra si sono aggregati.
Questo tipo di irrazionalità epistemica non è affatto irrazionale o, come dice qualcuno, è "razionalmente irrazionale". In effetti, avere credenze accurate sui giocatori della Juve è noiosissimo e ci priva del bello di tifare una squadra. Lo stesso vale per la politica.
Ci aspetteremmo di vedere un comportamento "espressivo" quando il costo dell'esprimersi è basso. Ma questo è proprio il caso della politica. Il tuo voto pesa poco e tutto quel che ti puo' dare la condizione di elettore è una felicità espressiva. Al contrario, il vantaggio espressivo dello shopping all'Esselunga è costoso: il prodotto di bassa qualità che acquisti solo per "esprimerti" lo paghi tutto tu e te lo mangi tutto tu. Scommetto che le persone hanno maggiori probabilità di assumere un comportamento espressivo nella cabina elettorale rispetto a quando fanno la spesa. La politica esalta l'espressività, il mercato la razionalità. Questo è un grave vulnus per la democrazia, affinché lo stato risolva il problema dei beni pubblici, gli elettori devono promuovere un governo che fornisca beni pubblici in modo efficiente, non semplicemente esprimere il proprio sostegno a tale governo.
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Unequivocal Justice challenges the prevailing view within political philosophy that broadly free market regimes are inconsistent with the basic principles of liberal egalitarian justice. Freiman argues that the liberal egalitarian rejection of free market regimes rests on a crucial methodological...

venerdì 6 dicembre 2019

Problema: RIUSCIRANNO I NOSTRI EROI A SINCRONIZZARE PER L'ATTACCO VISTO CHE NON SANNO QUANTO IMPIEGA IL PICCIONE PER ARRIVARE A DESTINAZIONE?

Risposta di Davide Curiosi: NO. (Applausi).

Dimostrazione: POICHÉ I NOSTRI EROI NN SANNO QUANTO IMPIEGHERÀ IL PICCIONE PER ARRIVARE A DESTINAZIONE, NON POTRANNO SINCRONIZZARE PER L'ATTACCO. (Mormorio tra la folla).

Grazie a tutti. È stato bellissimo. Buonanotte.

COME L'AMERICA VINSE IL RAZZISMO (verso i cattolici)

COME L'AMERICA VINSE IL RAZZISMO (verso i cattolici)
Gli europei enfatizzano la loro immigrazione e minimizzano quella USA. Forse perché per noi gli Stati Uniti sono una "nazione di immigrati", nulla di nuovo sotto il sole se altri ne arrivano in massa.
Nazione di immigrati? Di fatto sì ma di principio non proprio. La Costituzione del 1790 limitava la cittadinanza alle "persone bianche libere". John Jay, nonostante i suoi antenati ugonotti, considerava gli americani "essenzialmente inglesi" così come Alexis de Tocqueville. Molti padri fondatori consideravano gli americani discendenti degli anglosassoni che erano fuggiti dal giogo normanno in Inghilterra. L'etnia è un sentimento derivato da un senso di origine comune e tra i fondatori questo sentimento era forte. Il mito delle origini anglosassoni divenne l'interpretazione dominante della storia americana nel diciannovesimo secolo. Nel 1889, ad esempio, nella sua tentacolare storia americana - "The Winning of the West" - il futuro presidente Theodore Roosevelt tracciava con enfasi una linea diretta tra la conquista anglosassone della Gran Bretagna nel sesto secolo e la rivoluzione americana. Negli Stati Uniti, il cuore etnico è sempre stato racchiuso nella trinità "W-AS-P": aspetto bianco, cognome inglese,, lingua britannica senza accenti strani e religione protestante. Detto questo, gli americani restavano comunque un gruppo etnico "assimilazionista", non poteva essere altrimenti. Ogni volta che il cuore etnico veniva minacciato la reazione era immediata.
E' anche vero che nel 1820 le alte dichiarazioni dei Fondatori sulle origini anglosassoni della razza trovarono poca eco nella popolazione, la maggior parte della quale rimase attaccata alla sua identità confessionale e regionale. Questo iniziò a cambiare con l'immigrazione cattolica su larga scala dall'Irlanda e dalla Germania meridionale negli anni 1840 e 1850. Mentre la lingua o l'accento tendono a svanire nella seconda generazione, infatti, la religione e il fenotipo sono spesso ereditati e quindi persistono.
In quel periodo i protestanti hanno regolarmente bruciato le chiese cattoliche e attaccato i preti. Lo spirito di animosità anti-cattolica è stato rappresentato anche nel film "Gangs of New York" di Martin Scorsese, ambientato nel 1850, in cui un capofamiglia protestante interpretato da Daniel Day-Lewis avvia una guerra sul territorio contro una banda criminale cattolica irlandese guidata da Liam Neeson. Gli anglo-protestanti si vedevano come "nativi" e non tolleravano interferenze.
Come nella percezione contemporanea dell' Islam, il cattolicesimo era visto come una fede aliena senza alcun posto nella civiltà americana. A partire dal 1840 i movimenti politici anti-cattolici cominciarono a presentarsi alle elezioni. Il "Know-Nothing Party" - partito nazionalista anti-cattolico - è stato il "terzo" partito di maggior successo nella storia USA. Nelle elezioni di medio termine del 1854 toccò il suo picco. Nel Massachusetts - stato ad alta immigrazione cattolica - dei 377 rappresentanti 376 erano "Know-Nothings"! Nel 1854 i commentatori consideravano inevitabile un presidente del Know-Nothing, ma nel 1856 scoppiò la divisione nord/sud sulla questione della schiavitù. Nonostante il "Know-Nothings" guadagnò un 22% alle elezioni del 1856, le nuvole di guerra si stavano addensando all'orizzonte e l'agenda politica mutava. Nel 1860 il paese entrava nella guerra civile, l'episodio più sanguinoso della sua storia.
La guerra può avere molti effetti sul razzismo di un popolo. Se un paese perde, come la Germania durante la prima guerra mondiale, minoranze come quella ebraica possono essere messe nel mirino e soffrire parecchio. D'altro canto, specie in caso di vittoria il conflitto può fondere diversi gruppi etnici nella reciproca solidarietà. Sembra che negli USA la guerra civile abbia contribuito a legittimare la presenza immigrata tedesca e irlandese nel nord.
Altro elemento che smorzò le tensioni fu il fatto che dal 1860 un flusso di coloni cominciò a dirigersi verso ovest per insediare le Grandi Pianure, incoraggiato dall' Homestead Act di Lincoln del 1862 che garantiva a ciascuna famiglia 150 acri di terra libera. Lì, le configurazioni etniche sfumavano in un amalgama che le rendeva meno distinguibili. Messicani e cinesi erano estranei, ma i cattolici irlandesi e tedeschi erano ora meglio accettati come parte della maggioranza etnica. Il colore della pelle diventava lentamente la condizione centrale per l'appartenenza ai "normali".
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THE TIMES, SUNDAY TIMES, FINANCIAL TIMES and EVENING STANDARD BOOKS OF THE YEAR 2018Whiteshift tells the most important political story of the 21st century: how demographic change is transforming Western politics and how to think about the future of white majorities'Powerful and rigorously resear...

giovedì 5 dicembre 2019

IL WELFARE E' QUI PER RIMANERE, CHE CI PIACCIA O NO


IL WELFARE E' QUI PER RIMANERE, CHE CI PIACCIA O NO
L'amore per la libertà e il liberalismo, conducono a governi ipertrofici. Ach...
Non è il fallimento di un ideale! La libertà crea abbondanza e l'abbondanza attira i "predatori". E' sciocco ostacolare questa dinamica del tutto naturale, occorre piuttosto farci i conti.
In occidente - almeno a partire dalla fine dei '70 con la ventata Reagan/Thatcher - la "libertà" per molti versi ha vinto: l'inflazione è stata aggredita, sul debito pubblico c'è più attenzione, le aliquote marginali (quelle riservate ai ricchi) si sono abbassate ovunque, le partecipazioni statali sono sparite, i mercati del capitale si sono aperti, la globalizzazione avanza e i muri del socialismo reale sono caduti.
Le idee libertarie hanno migliorato anche la qualità dei politici, quasi nessuno sostiene più forme di pianificazione centrale o un'economia costruita attorno alla contrattazione collettiva. Il marxismo è caduto in disgrazia, intellettuali come Fusaro o Zizek sono considerati macchiette da invitare in TV per "fare casino" o da relegare su YouTube per il godimento del popolo freak. La ricchezza è aumentata ovunque. A livello planetario la povertà è stata praticamente sconfitta, le opportunità di cambiare vita sono cresciute ovunque. A confermare questa regola ci sono le molte eccezioni, naturalmente.
Eppure i governi si sono allargati, hanno preso piede, spendono più di ieri. Più ricchezza maneggiamo, più governo possiamo permetterci. Inoltre, migliore sarà il governo (magari perché ha imparato la lezione libertaria), maggiore sarà la domanda di governo. Questo è il paradosso fondamentale della libertà. La vittoria sul piano pratico porta sconfitte sul piano ideale.
Non c'è rimedio, i libertari devono rassegnarsi: con una ricchezza crescente, cresce la voglia di "libertà positiva" (quella che piaceva tanto ai tiranni) e quindi il governo chiamato a instaurarla. Non dobbiamo favorire la crescita del governo in sé ma dobbiamo riconoscere che talvolta siamo acquirenti di fronte a un "pacchetto" che comprende "più libertà" ma anche "più stato". Il vecchio motto anti-statalista era: "abbasso lo stato, evviva la libertà". Ora tocca scegliere, è più importante la prima parte o la seconda? Ma i libertari non sono abituati a questo dilemma, cosicché entrano in crisi proprio quando la loro idea è vincente. Questo libro è un caso classico. Non vogliono credere di essere di fronte ad un "pacchetto" e si lanciano in utopie che li rende irrilevanti. Ecco allora che ci si lamenta dell'ignoranza degli elettori o dell'ingordigia della lobby di turno. Si tratta di lamentele fondate ma che nascondono una sorta di fatalismo. Il welfare è qui per rimanere, che ci piaccia o no. Gli uomini hanno impulsi profondamente radicati, compreso il fatto che intendono spendere l'incremento di ricchezza ottenuto attraverso canali governativi. Rassegnamoci.
Oggi molte minacce alla libertà non ci vengono dai governi. Pandemie, catastrofi naturali, riscaldamento climatico... Le migliori risposte a questi problemi non si trovano nella vecchia cassetta degli attrezzi. Ha poco senso riproporre il vecchio schema stato/società e la conseguente privatizzazione di tutto. La cosa migliore è una cooperazione tra lo stato e il metodo della libertà, ovvero il mercato. Per esempio, tassare la CO2 è la soluzione che rispecchia la logica di mercato ma assegna allo stato un ruolo da protagonista. Se una volta si diceva "più mercato meno stato" oggi bisognerebbe dire "più mercato nello stato". La proprietà intellettuale (software, brevetti farmaceutici, vaccini...) è un altro ambito dove stato e mercato sono chiamati a collaborare. E la proliferazione del nucleare? Non vedo alcun approccio "purista" promettente. Il nuovo libertarismo dovrà avere un cuore pragmatico, dovrà progettare istituzioni in cui il governo avrà comunque un ruolo.
Se oggi leggi un libro autenticamente libertario, mi viene in mente il grande Murray Rothbard ma va bene anche questo, sei costretto a dire che non hai imparato niente. Sempre la solita adorabile litania. Ti viene persino nostalgia per i bei tempi andati, quelli in cui guerreggiavi contro i pianificatori dell'economia. Allora i libertari avevano davvero molte risposte giuste. Ma oggi? Non rischiano anche loro di cullarsi sugli allori e diventare macchiette irrilevanti?
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On Wall Street, in the culture of high tech, in American government: Libertarianism—the simple but radical idea that the only purpose of government is to protect its citizens and their property against direct violence and threat— has become an extremely influential strain of thought. Bu...

L'ECONOMIA DI TUO NONNO



L'ECONOMIA DI TUO NONNO
L'economia neoclassica è caratterizzata dall'assunto che la produzione sia un processo che impiega due fattori principali: lavoro e capitale. La cultura non ha spazio nel paradigma.
Gli attori dell'economia neoclassica, per esempio, non sono influenzati dalle loro convinzioni individuali o dalla loro cultura. L'azienda, altro esempio, è solo una macchina per trasformare input in output. Il consumatore è solo una macchina che persegue la soddisfazione dei desideri. Cio' che crede la gente non ha nessun effetto perché se volessimo prestare attenzione a ciò in cui credono le persone dovremmo prestare attenzione alle influenze culturali. Le persone introiettano la maggior parte delle loro credenze e abitudini copiando altre persone (genitori e parenti), almeno finché sono bambine. Successivamente, affiliandosi a gruppi (amici) o differenziandosi da altri gruppi (nemici). La necessità di imitare, affiliarsi e differenziarsi è una forza che talvolta supera i nostri desideri contingenti. Ma questa interdipendenza innesca un'evoluzione culturale difficile da rendere in un modello matematico. Come se non bastasse, l'evoluzione culturale è più rapida di quella naturale. Ciò conferisce all'economista un compito scoraggiante. Immagina quanto sarebbe complicata la botanica se la vegetazione delle piante si stesse evolvendo alla stessa velocità della cultura umana!
Data questa evoluzione, non può essere appropriato interpretare tutti i fenomeni economici in termini di "lavoro" e "capitale". Forse ai tempi di Karl Marx c'era qualcosa di interessante da dire utilizzando questa semplificazione. Forse c'era ancora qualcosa da dire negli anni '40, quando Paul Samuelson stabilì l'approccio neoclassico come metodo dominante per l'insegnamento e la ricerca in economia. Ma ora è passato molto tempo e conservare l'approccio a due fattori è davvero eccessivamente semplicistico. Non esiste una massa di lavoratori intercambiabili che potrebbero essere descritti come "lavoro". Vediamo invece un grado di specializzazione da capogiro. I lavoratori differiscono in termini di formazione, esperienza, personalità, socialità e altro ancora. Si tratta di differenze irriducibili. D'altra parte, neanche il "capitale" si adatta al modello neoclassico. Il capitale più importante oggi è intangibile: know-how, marchio, strategia aziendale, cultura organizzativa e proprietà intellettuale legalmente detenuta. Oserei dire che la grande azienda è essenzialmente un'istituzione culturale che genera profitto e il manager un portatore di cultura (aziendale).
Gli statistici del governo sommano il valore di tutti i beni e servizi prodotti e chiamano questo numero PIL. Si tratta di una misura poco significativa: 1) l'innovazione genera prodotti migliori e più economici che talvolta diminuiscono il PIL anziché aumentarlo, 2) una cultura dell'invidia svuota di significato il PIL come misuratore di benessere. Eppure per noi il PIL resta un totem, gli economisti poi persistono nel suddividerlo in ore lavorate, ignorando la miriade di differenze nelle competenze specializzate dei diversi lavoratori, e chiamano questo rapporto tra PIL e ore lavorate "produttività". Successivamente, confrontano questa "produttività" prendendola in due punti distanti molti anni sull'asse temporale e tracciano una linea di tendenza chiamandola "crescita della produttività". Facendo un passo ulteriore, cercano interruzioni su questa linea di tendenza e chiamano queste interruzioni "cambiamenti nel tasso di crescita della nostra economia". Sono sciocchezze accatastate su sciocchezze, difficile ne esca qualcosa di buono, si genera piuttosto una specie di telefono senza fili in cui il messaggio finale è poco intellegibile. Capisco che le persone vogliano avere misure per tenere traccia delle prestazioni economiche ma potrebbe non esserci alcuna misura in grado di tenere il passo con la rapida evoluzione dell'economia. Quel che è certo è che l'approccio neoclassico con il quale ancora oggi interpretiamo la performance economica attraverso la "produttività del lavoro" è decisamente anacronistico.
E allora: non indulgere con l'economia di tuo nonno. A tuo nonno è stato insegnato a pensare in termini di "lavoro" e "capitale", a tuo nonno è stato insegnato ad aggregare tutto, mele, pere, albicocche e tutto il resto. Invece, tu devi pensare in termini di specializzazione, fattori immateriali, preferenze segmentate ed evoluzione culturale. Facciamo uno sforzo, diciamo addio all'economia neoclassica, compresa l'eresia keynesiana che amplifica all'estremo i difetti a cui ho accennato. L'approccio neoclassico non è facile da capire, si tratta di una disciplina che utilizza strumenti ostici da dominare. Per questo gli economisti sono persone brillanti e con capacità sopra la media. Rendiamo loro omaggio stando però attenti a non cadere nell'illusione ottica di traslare questa ammirazione dagli uomini alla disciplina ormai obsoleta su cui esercitano le loro doti.
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