martedì 12 novembre 2019

UNA BUSSOLA ETICA IN TEMPI GRAMI. - capitolo redistribuzione

UNA BUSSOLA ETICA IN TEMPI GRAMI.
Non capisco come tu possa leccare il tuo gelato senza sensi di colpa quando in Malawi c'è un bimbo che muore di fame.
Se vuoi aumentare la felicità nel mondo i tuoi obblighi verso i diseredati appaiono decisamente enormi. Ti rendi conto o no?
Miliardi di persone campano con meno di due dollari al giorno, milioni di bambini muoiono per malattie banali come la diarrea. E tu lecchi il tuo gelato. Cosa rispondi? Per non fare scena muta potresti attingere ai suggerimenti di questo libro.
Che fare, dunque? Certo, esiste il dovere di aiutare chi sta peggio, ma fino a che punto? Dovrei forse rinunciare al mio gelato? Il buon senso mi dice di no ma un freddo "calcolo della felicità" dice invece di sì.
Secondo l'utilitarista integrale un dottore occidentale dovrebbe spendere gran parte della sua carriera in un villaggio africano e il mago di Wall Street devolvere il 90% dei suoi introiti ai bambini del terzo mondo. Ma siamo davvero disposti a considerare la felicità altrui alla pari della nostra? Oppure questo genere di santità ci appare piuttosto folle? Una mamma dovrebbe davvero lasciare o vendere il suo bambino per dedicarsi a chi muore di fame? Se fosse così vivremmo tutti come "schiavi del bene". Non è questa un'etica troppo esigente per essere corretta? Eppure tra i filosofi gli integralisti del bene non mancano, faccio un nome noto: Peter Singer.
Ma forse utilitarismo e buon senso si possono coniugare in modo che il secondo mitighi le esagerazioni del primo e ci liberi dalle odiose "catene del bene" che ci schiavizzerebbero.
In questa sintesi che propone il libro la maggior parte di noi potrebbe/dovrebbe continuare a lavorare sodo, a essere creativo, a essere fedele alla nostra civiltà, a edificare istituzioni sane, a risparmiare per il futuro, a contribuire a un'atmosfera di fiducia sociale, a essere critico quando necessario e ad amare la propria famiglia. I nostri maggiori obblighi, detto in due parole, sarebbero quelli di contribuire a una "crescita economica sostenibile" e di supportare la diffusione generale della civiltà, piuttosto che impegnarsi nella filantropia radicale.
La crescita economica di lungo periodo dovrà essere allora la nostra bussola, dovremo agire avendo come obbiettivo la sua massimizzazione. In questo senso i programmi di assistenza sociale potrebbero essere visti e valutati come modo per compattare la società e rendere più leali i cittadini. Farebbero sentire meglio le persone contribuendo indirettamente all'ordine pubblico, al consenso e alla stabilità. In altre parole, sarebbero veri investimenti più che trasferimenti di ricchezza.
In quest'ottica, un trasferimento di ricchezza massiccio danneggerebbe la crescita di lungo periodo, molte persone lavorerebbero meno, per esempio. Sarebbe poi necessaria una gigantesca burocrazia con tutto quel che ne consegue. Si creerebbe inevitabilmente una cultura urbana della dipendenza con ripercussioni sulla criminalità e il sommerso. Non è solo teoria, i dati empirici ci dicono che una spesa pubblica alta nelle non-infrastrutture si correla a bassi tassi di crescita. Ma c'è un'altra ragione per evitare le redistribuzioni massicce: ostacolano l'immigrazione. Quando l'immigrato accede al welfare scatena di fatto il risentimento di molti, e parte così la contestazione per limitare gli accessi da fuori. Meglio allora avere più immigrati e meno welfare, e lo dico dal punto di vista utilitaristico, ovvero di chi aspira al bene massimo.
Le società ricche servono, dobbiamo prenderne atto. Servono a tutti, anche alle società povere. Molti, a partire dal Papa, deridono la "teoria dello sgocciolamento" (trickle down theory) ma gran parte dei benefici che ricevono i paesi poveri cadono proprio dalla tavola imbandita di paesi ricchi, chiedetevi un po' come mai sui barconi hanno tutti il telefonino, da dove arriva? Dallo "sgocciolamento"! La polemica contro il lusso è stata persa da tempo dai suoi detrattori, il lusso ha una sua funzione, è un'avanguardia sperimentale per beni che poi saranno di tutti, quello che oggi hanno i super-ricchi tra dieci anni lo avremo noi e senza super-ricchi forse non lo avrà mai nessuno. Saranno contenti gli invidiosi ma non le persone ragionevoli.
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Growth is good. Through history, economic growth, in particular, has alleviated human misery, improved human happiness and opportunity, and lengthened human lives. Wealthier societies are more stable, offer better living standards, produce better medicines, and ensure greater autonomy, greater fu...

lunedì 11 novembre 2019

https://link.springer.com/article/10.1007/s10551-018-3811-8

PARLARE DI POLITICA

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PARLARE DI POLITICA
E chi ha più voglia di parlare di politica nel 2019? La qualità del discorso politico è in uno stato pietoso, dovrebbe essere vietato ai minori come i porno. I nostri ragazzi dovrebbero girare al largo da certe arene, e invece ci sono dentro in pieno. Dominano insulti igniominosi e offese sanguinose. Lo splatter costituisce lo standard.
Polarizzazione e il tribalismo coprono tutto il resto, niente si salva. Ci piace demonizzare più che persuadere. Chi vuole persuadere avvicina il suo prossimo con rispetto e lo ascolta curioso, ma parliamo di una razza estinta. Chi demonizza invece considera l'altro come una pessima persona, uno da evitare, sentina di tutti i vizi e causa di tutti i mali.
Pur di stare al calduccio, ognuno di noi si fa il suo schemino e da lì non esce. I tre schemini base ruotano intorno a tre concetti cardine: oppressione/barbarie/coercizione.
La sinistra si ritiene impegnata in una battaglia morale contro l'oppressione. La destra è perennemente in trincea per difendere la civiltà. I liberali si ritengono l'ultimo baluardo contro l'onnipresente coercizione statalista.
Le tre opposizioni (oppresso/oppressore, civiltà/barbarie e libertà/coercizione) possono essere utilizzate in alternativa tra loro per descrivere i fatti ed esprimere la propria opinione. Naturalmente, a seconda della prospettiva privilegiata certe idee si impongono sulle altre.
Insistere sul nostro asse preferito ci consente di demonizzare gli altri ma in questo modo si perde l'occasione per persuaderli. Poco male, avere una mente chiusa ci protegge dai pericoli tipici a cui la mente aperta e curiosa ci espone. Avere un disaccordo politico con qualcuno, infatti, è vissuto con ansia, la stessa che un atavico istinto ci fa provare quando vediamo un serpente o una tigre nella vegetazione. Nasce un'esigenza di incolumità, ed ecco che indossiamo la corazza.
Nei casi critici la nostra mente va subito alla ricerca spasmodica di conferme (bias della conferma). Esempio: se ci si imbatte in uno studio sostiene che il salario minimo comporta benefici sociali, il liberale cercherà con il lanternino eventuali errori metodologici. Se invece ci imbattiamo in uno studio che sostiene il contrario non ci si preoccuperà affatto di indagare oltre, lo studio entrerà a far parte dell'arsenale.
Un'altra tipica reazione è quella di imputare ai portatori di idee contrarie alle nostre intenzioni malevole (bias dell'attribuzione). Avere a che fare con persone malvagie ci risparmia ogni faticoso approfondimento della loro posizione: una persona cattiva non puo' che sostenere cattive idee.
Ricordiamoci sempre che la cosa più temuta dai nostri antenati era di essere "scomunicati" ed esclusi dalla tribù per ritrovarsi poi soli nella foresta selvaggia. Era una condanna a morte. D'altra parte, sapevano che sarebbero stati ricompensati dalla comunità dimostrando la loro lealtà al gruppo.
Per questo oggi una persona di destra che si ritrovi intruppata in un gruppo di sinistra - magari sul lavoro - tende ad auto silenziarsi, mentre se si trova nel suo elemento la spara grossa contro il nemico in modo da essere ancora più apprezzato.
Queste dinamiche operano da sempre ma oggi sembrano esacerbate. Come mai?
L'autore vede all'opera due meccanismi, il primo è una tendenza alla segregazione culturale, ovvero quel fenomeno per cui ci associamo sempre meno alle persone con un differente background. Il motore di tutto è probabilmente l'istruzione - mai come oggi legata alla ricchezza. Sia come sia le persone con un'istruzione superiore orbitano quasi esclusivamente su altre persone con istruzione di pari livello mentre un tempo era molto più comune che, per esempio, un "lui" laureato sposasse una "lei" diplomata, o un ricco sposasse una povera (matrimonio Cenerentola). Oggi persone con educazione differente vivono in enclaves differenti. Una donna bianca laureata difficilmente mostrerà interesse per un uomo bianco non laureato, cerca di meglio e per evitare perdite di tempo si tiene ben lontana dai posti dove sa che rischierebbe di incontrarlo.
Un altro fattore che inasprisce il confronto politico è il web, e i social media in particolare. Sui social le nostre reazioni sono rapide e concise quindi anche molto emotive, poco inclini alla riflessione; queste modalità favoriscono di gran lunga la demonizzazione rispetto alla persuasione. Quest'ultima richiede una sua simbolica per segnalare il proprio rispetto, il dissenso deve essere attutito da una sequela di premesse che ne ammorbidiscano l'impatto, ma sui social non c'è spazio per simili cerimoniali. In secondo luogo i social favoriscono l'incontro tra simili, ovvero la formazione di compagnie omogenee dove siamo più a nostro agio e autorizzati a "perdere il controllo" radicalizzandoci. Inoltre i social media e il web in generale creano quell' inflazione informativa che svaluta l'autorità dei media tradizionali impedendo loro di formare e spostare la pubblica opinione in modo omogeneo come hanno sempre fatto in passato.
Il risultato qual è? Che mentre gli avversari politici si differenziano sempre meno nelle politiche concrete, il sentimento ostile scava un fossato incolmabile tra le fazioni. Lo sappiamo bene in Italia dove chi fino a ieri se le suonava di santa ragione il giorno dopo governa a braccetto.
È probabile che alle tre prospettive descritte da Kling oggi se ne debba aggiungere una terza, quella che viaggia sull'asse élite cosmopolita/popolo sovranista. Sarebbe un'asse ben strano perché, mentre nei precedenti il "male" è chiaramente isolabile (oppressore, barbaro, despota), qui no. Inoltre, i populisti esprimono un generico sentimento "contro" senza avere in testa nulla di preciso (voi riuscite a capire cosa ha in testa un grillino?). In molti casi queste presenze sono decisamente spiazzanti, pensate solo ai poveri libertari che dovrebbero essere felici di vedere un movimento che si oppone alla potente élite politica ma poi constata tutti i giorni - ammaestrato anche dalla storia sudamericana - come questa anti-politica sia pronta in un amen a diventare iper-politica seguendo la fascinazione del primo demagogo carismatico che passa di lì.
Rimedi. Mah, sempre gli stessi alla fine. Per stemperare il discorso politico e renderlo di nuovo fruttuoso occorrerebbe avere rispetto per l'altro. La mancanza di rispetto genera l'odio, e l'odio le odiosissime crociate anti-odio, tutti fenomeni che sono uno peggio dell'altro. Evitare la personalizzazione delle idee altrui è il minimo, quando le idee sono disincarnate vengono ascoltate con più pazienza e le reazioni sono più moderate. L'obiettivo della discussione politica non è quella di sconfiggere o umiliare chi non è d'accordo con noi ma quello di comprendere l'origine di certe idee incondivisibile che stanno nella sua testa.
Un principio guida potrebbe essere questo: "chi sa di più faccia di più". Per questo mi sento di mettere sul banco degli imputati il disprezzo e le crociate anti-odio, perché chi disprezza e poi si batte contro l'odio di solito è più appassionato di politica, spesso ne "sa di più", ed è quindi anche più responsabile della degenerazione in atto.

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The Three Languages of Politics is a profoundly illuminating exploration of communication in America's political landscape. Progressives, conservatives, and libertarians are like tribes speaking different languages. Political discussions do not lead to agreement. Instead, most political commentar...

ROGNE

NATI PER LO STRESS
La mia passione sono le rogne, rogne grosse, rogne altrui, per mettermi in moto, per pagarmi il mutuo.
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Chi ha detto che la poesia epica non esiste più?Ha solo cambiato indirizzo: non sta piùnell’antica Grecia o nella penisola italica, ma aSidney in Australia. E non canta più di dame,cavalieri, arme e amori, ma delle atmosferecupe, dei caratteri ambigui e dei personaggi ...

MILLE MODI PER NON DIVENTARE VEGETARIANI

MILLE MODI PER NON DIVENTARE VEGETARIANI
Gli animali soffrono? Se hanno coscienza direi di sì.
Ma hanno coscienza del male che ricevono? Qui ci si divide ma ammettiamo che almeno in minima parte sia così.
Come vanno trattati? Non è facile dirlo ma se soffrono avendo coscienza di soffrire direi che bisogna tenerne conto, sono pur sempre "soggetti etici". Una soluzione di compromesso è questa: "etica kantiana per gli uomini e utilitaristica per gli animali". Tradotto: l'uomo è sempre un fine e mai un mezzo (principi) mentre l'animale puo' essere talvolta visto anche come un mezzo, sebbene il suo benessere va sempre tenuto in conto (utilità).
Ma perché molti "altruisti razionali", pur riconoscendo negli animali la capacità di soffrire, non sono vegetariani? Forse perché non credono che il vegetarianesimo sia una forma di altruismo efficace, c'é di meglio.
il vegetariano ingenuo pensa che, una volta considerato l'animale un soggetto etico rilevante, sia nostro devere non mangiarlo. E c'è anche la variante utilitarista del vegetariano ingenuo, quello che pensa: "poiché la sofferenza dell'animale eccede il mio piacere di gustarne le carni, allora diventa sbagliato macellare gli animali, almeno nel mio cado".
Non funziona così, impostare in questo modo il problema non centra la questione reale. La vera domanda da porsi èun'altra, non se il mio sacrificio nel rinunciare alle carni sia inferiore ai danni procurati all'animale ma se l'opzione vegetariana sia il modo migliore di fare del bene, oppure se possiamo spendere meglio le nostre limitate energie.
Diventare vegetariani perché il sollievo dato agli animali è maggiore rispetto al nostro sacrificio è come donare a una ONLUS presa a caso. Si può fare di meglio, per esempio si può donare ad una Onlus efficiente che si impegna per una causa valida. Il rischio cioè è quello di sottrarre risorse a cause più meritevoli.
Per esempio, se anziché assumere pasti vegetariani voi decidiate di assumere pasti più frugali risparmiando sui costi, avrete a disposizione un gruzzolo da destinare a cause alternative. Altro esempio, potreste sostituire il sacrificio dei pasti vegetariani rinunciando alla pausa caffè sul lavoro aumentando così la vostra produttività.
C'è poi un'altra questione differente ma imparentata con la prima, discende dala domanda: "il sacrificio dell'essere vegetariani quanto pregiudica la vostra produttività?" La risposta varia da persona a persona, alcune persone più di altre, per esempio, trovano difficile concentrarsi quando sono infelici. In altri casi c'è addirittura il piacere di sacrificarsi, la gioia e l'orgoglio di affiliarsi a una minoranza moralista. Ci sono poi anche i benefici in termini di salute da mettere sulla bilancia. D'altro canto, praticare il vegetarianesimo comporta stressanti costi informativi, occorre spendere più tempo per mettere assieme il proprio menù conservando una sufficiente qualità nutrizionale, bisogna leggere con cura un sacco di etichette. In passato essere vegetariani creava deficit di creatina con perdite di circa 5 punti nel rispettivo IQ, oggi è possibile integrare queste perdite ma cito ugualmente questo fatto per far capire di cosa sto parlando.
È chiaro che a questo punto ognuno è tenuto a fare i suoi calcoli, in quelli che espone Kate Grace l'opzione vegetariana non spicca per saggezza, si può fare di meglio, ad ogni modo vi lascio alla lettura e alle sue tabelle. Per quanto mi riguarda penso che mettere al mondo un bambino e renderlo sufficientemente felice stornando su di lui i sacrifici che ci imporrebbe il vegetarianesimo sia una scelta particolarmente azzeccata per chi vuole aumentare ricchezza e felicità sul nostro pianeta.
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I have lately noticed several people wondering why more Effective Altruists are not vegetarians. I am personally not a vegetarian because I don’t think…

domenica 10 novembre 2019

LO SQUALO

LO SQUALO
Questo bellissimo articolo racconta l'affare del secolo, ovvero quello in cui George Soros mise la Banca d'Inghilterra ai suoi piedi e guadagnò in un giorno un miliardo di dollari.
Ma per capirlo occorre capire come lavora un hedge fund (HF). Certo, come tutti gli speculatori fa scommesse ma non scommesse qualsiasi, le sue scommesse sono molto specifiche. Ammettiamo che un operatore veda delle debolezze nella Fiat ("la Fiat puzza") e ritenga che le sue azioni siano sopravvalutate, cosa farà? Un modo per trarne profitto è promettere a terzi di vendere domani azioni Fiat al prezzo attuale. Alla scadenza del contratto si compreranno azioni Fiat a prezzo ribassato per rivenderle al prezzo di ieri realizzando un profitto. In alternativa si possono prendere azioni Fiat "in prestito" rivendendole subito per ricomprarle più tardi a prezzo ribassato e restituirle al prestatore. E' un po' la stessa cosa. Ma c'è un inconveniente, se il mercato dell'auto dovesse in futuro "tirare", per quanto "Fiat puzzi" anche le sue azioni potrebbero aumentare e mandare in fallimento lo speculatore. Per questo un HF articola diversamente la sua posizione, non si limita a stipulare dei future o a prendere a prestito azioni Fiat ma si costruisce un portafoglio bilanciato di azioni Mercedes e Citroen, imprese di settore che "non puzzano" come Fiat. In questo modo se il mercato dell'auto fosse orso ci guadagnerebbe poiché i profitti sui future Fiat compenserebbero le perdite del portafoglio bilanciato, se il mercato dell'auto fosse toro ci guadagnerebbe lo stesso perché i profitti sul portafoglio bilanciato eccederebbero le perdite dei future su un titolo "che puzza". Insomma, l'HF fa scommesse molto oculate perché molto specifiche, basta che individui un unico titolo "che puzza" (sullo "specifico" noi abbiamo informazioni più specifiche, magari anche qualche soffiata da dentro).
C'è da aggiungere che l'HF fa ampio uso delle leve. Ovvero, quando individua la sua scommessa raccoglie in prestito più fondi che puo' per caricare al massimo le sue posizioni. Ultima cosa, gli HF operano pur sempre con la ricchezza di terzi, Soros non mette i suoi soldi, ma, poiché le scommesse sono molto studiate nello specifico e il rischio pur sempre elevato, le percentuali dei manager sui profitti sono enormi (circa il 20%).
Nel 1992 George Soros - con il suo Quantum Fund - scommise contro la sterlina, allora legata ERM (Exchange Rate Mecahanism), si trattava di un sistema a cambi fissi. Quando il cambio è fisso significa che il governo di un paese, ovvero la sua banca centrale, deve intervenire sul mercato e comprare la propria moneta che si sta svalutando in modo da riportare il suo prezzo al livello concordato (che è fisso, per l'appunto). Per farlo deve attingere alla riserva di valute straniere in suo possesso. In alternativa puo' alzare il tasso di interesse per renderla più appetibile e ottenere lo stesso effetto. Il problema sta nel fatto che le riserve di valuta estera possono esaurirsi e alzare i tassi quando un'economia è in recessione puo' essere mortale.
Ecco, in quel 1992 il valore della sterlina era posizionata ormai da tempo al limite basso di tolleranza ERM e l'economia inglese era in forte recessione, in questi casi i manuali ortodossi prevedono un aggiustamento tramite diminuzione di salari e prezzi ma cose del genere (deflazione) non sembrano tollerate dalle moderne democrazie, che preferiscono ottenere gli stessi risultati svalutando la moneta. Ma in un sistema a cambi fissi questo non è possibile. Da qui la scommessa di Soros: la deflazione non ci sarà e la sterlina è talmente sopravvalutata che uscirà dall' ERM per potersi svalutare.
Come si fa concretamente una scommessa del genere? Semplice, si prendono in prestito sterline a più non posso e le si convertono in marchi, quando bisognerà restituire il prestito si ricompreranno sterline a prezzo ribassato facendo profitti. Naturalmente bisogna conoscere le dinamiche ma anche i tempi.
Una dichiarazione imprudente di un banchiere tedesco fece capire che la sterlina "avrebbe potuto uscire dall'ERM" facendo perdere credibilità al sistema, Soros caricò la sua posizione con 10 miliardi di dollari e vinse intascando personalmente 1 miliardo di dollari, quello che per l'Europa era stato un Mercoledì nero, per Soros fu il Mercoledì più rosa della sua vita.
Ma perché la scommessa di Soros fu considerata una mossa particolarmente elegante? Perché era una tipica scommessa da HF, ovvero una scommessa "assicurata". La sterlina poteva solo abbassarsi (immaginare una sua rivalutazione era a dir poco assurdo), e nel caso non l'avesse fatto Soros non avrebbe perso nulla (giusto i costi di transazione).
Ecco, adesso che sappiamo come Soros quel giorno guadagnò un miliardo di dollari ai danni dei contribuenti inglesi, chiedo: voi ci trovate motivi per una condanna morale? Chi è il colpevole di questo enorme trasferimento di ricchezza?
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How George Soros made his fortune on a daring bet against the British pound and the Bank of England.

sabato 9 novembre 2019

JASON RICHWINE E GLI ALTRI

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JASON RICHWINE E GLI ALTRI

Ogni volta che una ricerca scientifica scopre differenzia su base genetica gruppi di persone la reazione è tremendamente negativa ed evidentemente viziata dal coinvolgimento ideologico di chi la mette in scena. Entra subito nel dibattito cio' che l'articolo chiama "fallacia egalitarista".

La fallacia egalitarista è una distorsione cognitiva molto presente sui giornali, una specie di errore grammaticale che sfruttiamo per reagire con ostilità a chi viola certi tabù. Le scoperte di cui sopra vengono rigettate perché percepite con implicazioni morali, quasi che una differenza su base biologica riscontrata tra gruppi umani possa essere definita "ingiusta". La "fallacia egalitaria" è onnipresente ma affligge soprattutto la sinistra dello schieramento.

Il caso del ricercatore Jason Richwine è illuminante, nel 2009 mise assieme una serie di dati a supporto della tesi che la politica migratoria americana avrebbe dovuto essere progettata per favorire persone con un IQ sopra una certa soglia, questo perché sia l'IQ personale che l'IQ medio della nazione sono correlati in modo robusto con certe cruciali perfomance della persona e ancor più sella nazione. E' una posizione magari sbagliata ma difendibile con buoni argomenti di fatto, senonché si preferì reagire insultando l'uomo piuttosto che criticare i dati presentati dal ricercatore. Richwine era diventata una cattiva persona, andava licenziato. E così fu.

Leggiamo l' Economist sul caso: "se la tesi di Richwine fosse corretta, dovremmo riconoscere che i razzisti hanno ragione...". Ecco comparire la tipica "fallacia egalitaria", ovvero il passaggio da un giudizio di fatto sulle differenze caratteriali tra gruppi a un giudizio morale relativo al razzismo di chi lo fa rilevare.

Un altro modo per inquinare il dibattito consiste nel buttarla sull' "inferiore" e il "superiore". Affermare cioè che chi constata differenze biologiche tra i popoli sta proclamando la superiorità dell'uno sull'altro. Il corto circuito è evidente, dimostrare una differenze non significa affatto affermare la superiorità di chicchessia, tuttavia questa sgrammaticatura viene utilizzata per tacitare la ricerca sulle razze. Non ha nessun senso dire, per esempio, che gli africani sono geneticamente superiori agli asiatici perché mediamente più alti! E' una frase senza senso, eppure la fallacia egalitarista la fa pronunciare a molte persone, penso a persone come Charles Murray, Jason Richwine, Nicholas Wade che in realtà sono molto prudenti nel separare giudizi scientifici e giudizi etici.

L'esito dell'esercizio compulsivo della fallacia è la prevedibile proposta di bandire le ricerche che studiano le razze. Motivo: sono studi che fomentano il razzismo causando danni che oltrepassano gli eventuali benefici. Si fa presente da più parti che gli stereotipi si rinforzano, chi ne è oggetto viene spesso anche demotivato, bisogna così rompere il circolo vizioso e queste ricerche non aiutano. A parte il fatto che quando lo stereotipo non è accurato ci vuole poco a romperlo, il caso degli ebrei in generale e delle donne in molte professioni parla chiaro. Ma è un'evidente tentativo di moralizzare la scienza.

Volete altri esempi? Considerate le reazioni al famoso libro di Murray e Herrnstein - The Bell Curve -, per molti un vero manifesto del neo-razzismo, un modo "gentile" per poter parlare ancora di "negri", uno strumento per esentarci dal dovuto tributo agli svantaggiati. Eppure gli autori asserivano solo che sia geni che ambiente hanno un ruolo nelle diverse performance dei gruppi razziali americani, qualcosa che bene o male accettano tutti gli studiosi più seri. Ma soprattutto, niente nel libro suggerisce che i neri dovessero essere trattati differentemente.

Jared Diamond, un cocco dei progressisti, divenne famoso per avere sostenuto che la geografia spiega più dei geni, una tesi che piaceva a molti. Protetto da uno scudo invisibile l'autore arrivò a dire su basi precarie che il popolo della Nuova Guinea era più intelligente degli europei. Chi indulge nella fallacia egalitarista dovrebbe vederci un'affermazione razzista ma così non fu. Cosa dedurne? Che per una certa parte politica il razzismo è solo un pretesto per difendere i presunti "oppressi" dai presunti "oppressori" (l'unica distinzione intorno alla quale gira tutto). Se è così capiamo bene perché certe forme di "razzismo" non preoccupano, anzi sono le benvenute.

Il caso James Damore ricalca i precedenti, l'uomo criticò l'assunto implicito nella politica delle assunzioni di Google per cui uomo e donna sono psicologicamente identici. Damore dubitava che Google potesse mai avere un numero di ingegneri donna pari a quello degli uomini senza abbassare gli standard. Fu licenziato con i tipici argomenti dalla fallacia egalitaria. Le affermazioni di Damore furono giudicate discriminatorie e costituivano una forma di molestia.

Larry Summers, presidente di Harvard, disse che il sesso biologico potrebbe incidere sul successo in certe carriere. Licenziato. James Watson disse che gli africani avevano un IQ inferiore a quello di altri popoli. Licenziato.

A queste persone si replica che concetti come sesso e razza sono in parte costruzioni sociali, non realtà oggettive. Ebbene? Anche se lo fossero potrebbero comunque esserci buone ragioni per impiegarli come base fruttuosa per una classificazione dell'uomo? Giudichiamo questo, piuttosto.

Conclusione: l'ostilità a senso unico verso i ricercatori in materie quali sesso e razza produce più danni che benefici, se la nostra integrità morale dovesse davvero dipendere dai dati scientifici è già compromessa in partenza.

https://link.springer.com/article/10.1007/s11406-019-00129-w