mercoledì 4 ottobre 2017

Ma perché il socialismo ancora non si leva dalle palle?

Ma perché il socialismo ancora non si leva dalle palle?

Quante popolazioni nel corso della storia sono state prima illuse poi impoverite e rese infelici dall’idea socialista? Ormai possiamo tranquillamente dire: innumerevoli.
Nelle sue forme più truci, quelle marxiste, il socialismo non si è limitato ad impoverire, ha letteralmente gareggiato con il nazismo nell’ evocare Satana in terra. E poiché più seduttivo del suo concorrente, ha potuto spingersi anche oltre.
Eppure, ancora oggi nel 2017, non si leva dalle palle!
Combina i suoi casini, sparisce per un breve lasso di tempo, e poi ritorna più vispo che mai.
Da Hugo Chavez a Jeremy Corbyn fino Papa Francesco lo zombie del socialismo sembra indistruttibile.
E trova sempre una “Radio Tre” o una “Repubblica” che subodorandolo all’orizzonte accorre sollecita con la bombola dell’ossigeno per rianimarlo.
Ma perché questa scoraggiante resistenza, che eguaglia solo il male prodotto nella storia?
C’è chi dice che noi il socialismo ce l’abbiamo nella testa, che è un baco inestirpabile dalla nostra rete neuronale. Siamo cablati per essere dei “socialisti naturali”. Il nostro cervello penserebbe in termini di “eguaglianza” e raddrizzarlo è impresa non meno vana del raddrizzar banane.
Ecco, è a questo punto che voglio entrare nel merito: siamo davvero una specie egualitaria? La nostra biologia ci rende altruisti? Quali sono le basi evoluzionistiche della nostra morale profonda?
Spiegare l’altruismo su vasta scala è sempre stato un cruccio degli psicologi evoluzionisti. Il modello che alla fine si è affermato è quello della “selezione tra gruppi”.
La competizione tra geni si traduce in competizione tra individui e quest’ultima in competizione tra gruppi. Un gruppo vincente richiede anche individui altruisti.
Ma come evolvono cultura e geni?
Chi in passato si è posto questi interrogativi è sempre stato trattato male. I riferimenti al darwinismo sociale sono percepiti come “reazionari”, se non fascisti. Ma lo sdoganamento è stato inevitabile e oggi costituiscono il cuore delle scienze sociali.
Forse perché in questo ambito anche “certa sinistra” ha trovato le sue brave “pezze d’appoggio”.
Una conclusione avanzata di frequente è che noi siamo una specie “egalitarista” nell’animo. Per buona parte della nostra storia siamo vissuti in formazioni con ethos altamente egalitario come quelle dei cacciatori/raccoglitori.
Da qui la preoccupazione di un liberale come Friedrich August von Hayek per il quale l’idea di mercato non si sarebbe mai potuta veramente imporre nella società umana.
È fondata la cosiddetta “preoccupazione-Hayek”? Probabilmente non del tutto. Vediamo meglio.
L’ipotesi più considerata: siamo evoluti da primati che vivevano in piccole formazioni non particolarmente inclini alla socializzazione, caratterizzate da una forte gerarchia litigiosa, specialmente tra i maschi. Un maschio Alfa in cima alla piramide assoggettava – finché durava – una sequela di subordinati.
La politica della scimmia-uomo era probabilmente una politica di dominio. Le società che si agglutinavano erano esili e dispotiche.
Ma a un certo punto le cose cambiarono, le relazioni tra i nostri antenati divennero socialmente più intense, crebbe la capacità di cooperare. Ma quando avvenne questo cambiamento? La risposta è oggetto di dispute.
In Israele sono state rinvenute carcasse che risalgono ad un epoca tra i 200.000 e i 400.000 anni fa. Si tratta di prede smembrate da uomini, a quanto pare le carni non venivano distribuite, ognuno prendeva per sé, lo si evince dai tagli approssimativi e diversificati. Il modello di pasto era altamente individualistico.
Prede simili sono state rinvenute anche per epoche più recenti, prima di 200000 anni fa, e mostrano un sezionamento delle carni più accurato, probabilmente realizzato da un’unica persona  che poi distribuiva i pezzi simili agli altri. Gli uomini erano evidentemente sulla strada dell’ egalitarismo.
Di fronte a queste evidenze è lecito congetturare che la svolta verso società più uguali avvenne circa 200000 anni fa.
Assumendo che l’uomo moderno è apparso circa 40000 anni fa, prima del neo-individualismo della rivoluzione agricola, ci sono 6000/8000 generazioni per fissare nel nostro cervello un sentimento socialista. Più che sufficienti, direi.
In quest’epoca, nota come tardo Pleistocene, l’uomo si muoveva in bande da 25-150 elementi e la sua vita può essere ricostruita abbastanza fedelmente. Inoltre, la ricostruzione può ricevere conferme dallo studio di organizzazioni sociali primitive che ancora oggi sopravvivono con modalità presumibilmente simili.
Ebbene, l’ egalitarismo di queste formazioni sociali sembrerebbe appurato. La risorsa più preziosa era la carne, che veniva distribuita in modo paritario tra i membri del gruppo.
Ma l’ egalitarismo non può essere solo constatato, può essere anche spiegato.
Innanzitutto serviva per gestire il problema della “varianza”.
L’attività di caccia può dare esiti differenti di giorno in giorno. A volte si preda una quantità di cacciagione superiore alle necessità di consumo, altre volte si preda quel che si consuma, e altre volte ancora non si preda nulla. Mettendo in comune le prede si diversificano i rischi riducendoli per tutti.
L’uomo è l’unica specie animale ad  aver adottato questa semplice e geniale soluzione al problema della “varianza”.
Ma c’è una seconda funzione, l’eguaglianza serviva a sopprimere ogni “segnale di dominanza”. Si trattava di una forma di “resistenza” contro i bulli. Ricordiamoci sempre che la competenza nella cooperazione si è sviluppata a questo fine.
I nostri antenati, più che del socialismo, erano preoccupati di resistere e tarpare i tentativi di dominanza di un potenziale maschio alfa.
Contro i potenziali bulli una serie di sanzioni sociali ben precise era costantemente in vigore.
Anche nelle popolazioni primitive del nostro tempo, la modestia del cacciatore è proverbiale. Un uomo torna dalla caccia con un bottino esuberante. La prima cosa che fa è nasconderlo e sedersi al suo solito posto in silenzio. Dopodiché, gli viene chiesto: “hai trovato qualcosa oggi?”. E lui risponde di no. Poi, dopo qualche secondo, riprende: “giusto qualcosina ma poca roba”. Gli altri ridacchiano perché hanno già capito. Solo alla fine, pressato dalle richieste e con discrezione si decide a mostrare la sua “magnifica preda”.
Perché tanto modestia? Perché bisogna far passare il messaggio: “io sono un abile cacciatore, molto più abile di te, ma non ho nessuna intenzione di metterti sotto il mio tallone”
L’ethos egualitario in questi casi è un antidoto contro le gerarchie e la dominanza del maschio alfa, non una via al socialismo, non un imperativo morale.
Ma come siamo arrivati dalla scimmia-uomo gerarchica all’eguaglianza?
Grazie all’abilità umana nella cooperazione.
Quando nel gruppo esiste un esemplare chiaramente più forte degli altri, impone la sua legge, è normale: noi restiamo pur sempre degli egoisti. È il caso dei gorilla, per esempio. Nella società umana questo non è avvenuto per la nostra grande capacità di coalizzazione. Il candidato al dominio veniva contrastato da un forte gruppo coeso e doveva cedere nelle sue pretese. Naturalmente, questa dinamica comportava il pesante costo di un conflitto. L’ ethos egalitario era un modo per tagliare alla radice il costo del conflitto. Rompere l’egalitarismo segnalava l’intenzione di tornare alla gerarchia, una tentazione che doveva essere repressa all’istante per evitare conflitti più onerosi. Rompere l’egalitarismo era un modo per innescare l’inizio delle procedure di coalizione.
Naturalmente, c’è anche da dire che il costo del conflitto è particolarmente diseconomico quando tra gli individui non esistono chiare differenze nelle potenzialità. Man mano che nella specie le differenze di produttività tra gli esemplari si riducono, ad un certo punto scatta una soglia oltre la quale il costo del conflitto diventa diseconomico e la convenzione dell’eguaglianza diventa ottimale.
Inutile dire che le abitudini iterate per lungo tempo tendono poi a diventare coscienza. L’abitudine all’eguaglianza si trasforma presto in ethos egalitario.
Boehm e Lee hanno argomentato in modo convincente che l’ethos egualitario delle popolazioni primitive non è di stampo collettivista. La motivazione non è quella di redistribuire le ricchezze ma quella di prevenire la tirannia. Il valore da salvaguardare non è quello per cui tutti debbano avere come gli altri ma quello dell’ autonomia individuale. Il motto delle popolazioni primitive potrebbe essere: “che ognuno sia padrone di se stesso”. Non esistono capi, e se esistono non si mostrano, la loro influenza è sottile e indiretta. Le popolazioni primitive sono animate da un amore autentico per la libertà personale. Hanno un sacro terrore dell’autorità esterna.
Il nostro antenato è caratterizzato quindi da un’ ambivalenza di fondo, proviene da scimmie egoiste che vivevano in società gerarchiche ma possiede un forte sentimento egualitario in virtù della sua vita da cacciatore nomade. Ha tentazioni autoritarie ma ha anche sviluppato strategie per resistere all’assoggettamento. L’egalitarismo rientra tra queste strategie, è a pieno titolo un mezzo di controllo sociale.
Il nostro antenato non è particolarmente vocato ad aiutare il suo prossimo ma è particolarmente attento a che il suo prossimo non abbia pretese di dominio.
Di fronte all’ egalitarismo dell’uomo primitivo possiamo allora fare due ipotesi. La prima: gli uomini hanno un particolare gusto per l’eguale distribuzione delle risorse. La seconda: gli uomini hanno la tendenza a resistere contro il dominio di un’autorità.
Nello studio del tardo Pleistocene scopriamo che la prima ipotesi non manca di supporto, dobbiamo ammetterlo. L’esigenza di controllare la varianza della dispensa rientra tra queste.
Anche le sperimentazioni fatte con il cosiddetto gioco dell’ultimatum sembrano confermare.
Senonché, proprio guardando più da vicino quanto succede nel gioco dell’ultimatum, scopriamo cose interessanti. A quanto pare l’uomo, più che all’uguaglianza, è interessato alrispetto corretto delle regole. Sono le regole che garantiscono la sua autonomia. Se c’è questo rispetto fondamentale si tende ad accettare anche un esito diseguale.
Per capire meglio questo concetto guardiamo ai nostri giorni. Le forti diseguaglianze di reddito ci provocano una sensazione sgradevole, inutile negarlo. Ma alcune più di altre.
Per esempio, lo stipendio stratosferico di Cristiano Ronaldo non distrae la nostra ammirazione del magnifico atleta. Tendiamo a considerare meritato il suo compenso faraonico: Cristiano Ronaldo si esibisce tutti i giorni davanti ai nostri occhi sui campi di calcio mostrando il suo valore e quindi mostrando che si “guadagna” il pane. Ce l’abbiamo sempre “vicino a noi”. Al contrario, lo stipendio di un manager ci sembra esoso: “ma che cazzo fa un manager per meritarsi tanto?”.
In sintesi, quando noi verifichiamo che una regola è stata rispettata correttamente ci tranquillizziamo. La diseguaglianza ci disturba invece quando non è accompagnata da trasparenza. Così nell’ ultimatum game, così nella vita.
Il mercato è un meccanismo di regole con esiti a volte fortemente diseguali. Chi conosce l’esistenza di queste regole, chi vive la cultura di mercato sa che la diseguaglianza può essere legittima ed è più propenso ad accettarla. Chi invece non conosce i meccanismi di mercato oppure non si fida di quei meccanismi vedrà la diseguaglianza come un sintomo di abuso.
L’ “egalitarismo” per noi è segno di correttezza nel rispetto delle regole più che un esito auspicabile di per sé.
Se nel tardo Pleistocene un cacciatore si presentava con una quantità di prede 10 volte quella del comune mortale i suoi compagni erano turbati. Ma perché? Non perché avesse più di loro ma perché questo era un chiaro segno che il cacciatore “ricco” avesse rubato il suo bottino a qualcun altro. Era il furto e l’abuso a preoccupare, non la diseguaglianza.
E così oggi, temiamo la diseguaglianza perché rinvia a possibili abusi e non perché costituisca un’ ingiustizia di per sé.
Se così stanno le cose, c’è una speranza che un giorno il socialismo si levi dalle palle (insieme a Radio Tre). Quanto più il capitalismo sarà trasparente e capace di ingenerare fiducia, tanto più il socialismo diverrà improponibile anche dal punto di vista morale.
Cos’è il mercato se non un gioco con delle regole? Nel momento in cui le regole sono rispettate, l’uomo è disposto ad accettare il suo esito e la rivendicazione morale socialista potrà essere accantonata: noi ereditiamo dai nostri antenati una psicologia individualista,  non ereditiamo il senso dell’eguaglianza come fine in sé.
L’eguaglianza è una sonda per segnalare potenziali abusi, nel momento in cui può essere sostituita da strumenti migliori la potremo finalmente gettare nell’immondezzaio della storia con un grande sospiro di sollievo.
Conoscere meglio la cultura del mercato ci aiuterà a superare le resistenze del nostro ethos egualitario e a silenziare i campanelli d’allarme che suonano ogni volta che siamo posti di fronte a una disparità.
A guardar bene, ci sono tanti egalitarianismi: c’è quello dei risultati, quello delle opportunità e quello dei diritti. Fissarsi sul primo non ha senso quando gli altri due sono disponibili ed accettati. L’unica vera minaccia al nostro amore per l’uguaglianza è l’abuso di chi viola le regole del gioco, e questo vale sia nella società di mercato che in quella socialista.
socialismo

10 Dominio & Sfruttamento

Dominio & Sfruttamento

Il segreto della ricchezza è tra quelli più gelosamente custoditi dalle pieghe della storia: perché quel piccolo lembo di terra emersa che chiamiamo Europa ha generato una ricchezza talmente colossale da consentirle di dominare il mondo e di forgiarlo a sua immagine e somiglianza?
Perché una simile divergenza con il resto dell’umanità?
Tra i tanti dubbi una certezza resta ferma: quella che riguarda il momento in cui tutto ciò è accaduto. La rivoluzione industriale costituisce il chiaro punto di svolta. Da allora la ricchezza esplode e genera ciò che va sotto il nome di “Grande Divergenza”.
In molti si sono cimentati nell’impresa si “spiegare”. Non hanno convinto.
Non convince Niall Ferguson, per esempio, e la sua storia delle “killer app”.
Secondo Ferguson noi eravamo i migliori.
I migliori nella scienza, i migliori nella competizione economica, i migliori nel diritto di proprietà, i migliori nel l’etica del lavoro. Inoltre, eravamo anche una società dai consumi elevati, il che non guasta. Questi fattori (le killer app) hanno fatto di noi, dopo il 1500, i padroni del mondo.
Ma c’è un problema (enorme) con i fatti.
Prima del XIX secolo il nostro primato nei fattori di cui parla Ferguson è alquanto dubbio. In campo medico, tanto per dire, la Cina era messa meglio. E vantava anche una competizione economica brillante; l’ Europa era invece attraversata da innumerevoli confini stracarichi di tariffe, dazi e tutti quei monopoli tipici del mercantilismo.
L’ortodossia sostiene che la frammentazione europea ha generato una virtuosa competizione tra governi. Tuttavia, da un punto di vista economico, la frammentazione dell’Europa è stata un vulnus difficile da sottovalutare. È stata per esempio all’origine di molte guerre, che non sono certo un viagra per l’economia.
O no? È pur vero, infatti, che alcuni autori – Voigtlander e Voth – hanno considerato la guerra come una fonte di sviluppo economico.
Una teoria troppo zeppa di controesempi per stare a galla con disinvoltura, ne faccio solo uno: la Germania impegnata nella guerra dei 30 anni non fu certo un esempio di paese prospero.
Il diritto di proprietà, poi, è sempre stato conosciuto dai cinesi e in Cina ha sempre goduto di buona salute. Come killer app ci dice poco.
Si tende a dare troppa importanza alla cronologia di Douglas North e Berry Weingast, i quali attribuiscono alla Gloriosa Rivoluzione del 1688 i grandi miglioramenti nell’applicazione del diritto di proprietà in Inghilterra. Che il punto di svolta stia lì è abbastanza dubbio. Con il medesimo “rigore” ne possono essere individuati almeno altri cinque o sei.
Ma che significa poi dire che noi eravamo una società dedita ai consumi? La categoria pare vuota di contenuto.
innanzitutto il consumo traina l’economia solo nella testa di qualche politico spendaccione. Puo’ farlo nel breve periodo ma non certo sul lungo. Say ripeteva che “ogni società è tanto lussuosa quanto può permettersi di esserlo”. Il lusso poi non è certo una prerogativa degli europei, molti antropologi hanno insistito con esempi su questo punto.
E che dire dell’etica del lavoro? È facile lavorare duro quando non si è debilitati dalla malaria! Su questo punto la mente corre alla distinzione di Weber: i protestanti lavorano duro mentre i cattolici, per esempio i bavaresi, se la prendono comoda. Per non dire degli indù o dei confuciani! Vi sembra convincente? In molti hanno smontato queste affermazioni poco solide.
Ad ogni modo per Niall Ferguson la presenza delle killer app ha consentito il dominio dell’Europa sul mondo.
E qui sorge un altro problema: dominare l’India non reca di per sé un vantaggio economico all’ Inghilterra.
I danni che si infliggono alle popolazioni sottomesse non si trasformano automaticamente in guadagni per la nazione che sottomette.
Questo lo crede Niall Ferguson, e con lui i teorici della dipendenza che di Ferguson sono l’immagine riflessa.
L’ India di oggi prospera perché è imperialista? No, e allora? Evidentemente, non è l’imperialismo la radice della prosperità.
Anche Jared Diamond cade nel tranello allorché sostiene che la nostra ricchezza derivi dalla nostra posizione geograficache ci ha consentito di disporre di animali e piante facili da addomesticare.
E’ il punto di partenza ad essere difettoso, è la capacità di comprendere cosa sia la “ricchezza” a latitare.
Si confonde la ricchezza del XIX secolo con quella del XVI secolo. La prima è fatta di innovazione, la seconda, spesso, di appropriazione, o al massimo di commerci.
Per questi studiosi potere=ricchezza. Non comprendono la natura speciale della ricchezza vera, quella di cui parliamo, quella derivata dalla rivoluzione industriale.
La ricchezza da appropriazione sparisce una volta usata, quella da innovazione si moltiplica continuamente nel tempo e cambia il mondo.
Da questo punto di vista, la guerra, strumento di dominio per eccellenza, è un fattore che brucia ricchezza anziché generarla.
Pensando alla ricchezza diamo troppo peso al capitale, e questo ci inganna. Guardate alla Spagna ai suoi bottini nel nuovo mondo. Ma guardate anche al Medio Oriente contemporaneo e alla manna del petrolio. Queste presunte benedizioni si sono trasformate sistematicamente in maledizioni! E allora non chiamiamole ricchezze! Non si tratta solo di ricchezze diverse dalla capacità di innovare ma addirittura in antitesi: sono ricchezze che producono un’ élite ostile al cambiamento.
Su questo punto si sono ingannati esimi studiosi, oltre a Ferguson e Diamond, anche David Land, Charles Kindleberger, Samuel Huntington, Ian Morris e Paul Kennedy.
***
La molla della ricchezza Europea è interna. Non bisogna guardare lontano. Non bisogna spaziare sulle colonie, bisogna guardare in casa nostra.
E non si confonda nemmeno la ricchezza dei commerci con la ricchezza da innovazione. Non si confonda il XIX secolo con i secoli passati. I commerci stanno ovunque nel tempo e nello spazio, il culto per l’innovazione testata dai mercati è una singolarità.
Chi aveva ben chiara questa distinzione – per esempio JB Say – fu in grado di capire che il dominio sulla terra e sui mari sarebbe presto apparso destituito da ogni attrattiva.
Anche l’ottuso contabile ormai ci dice che l’imperialismo europeo non ha condotto ad esiti economici positivi, semmai negativi. Il lamento di Disraeli è comprensibile: “queste maledette colonie sono come una macina al collo della nazione”. Gli imperi si sgretolarono senza rimpianti.
Ciò non toglie che con l’impero siano stati in molti ad arricchirsi, anche per questo l’imperialismo si trascinò tanto a lungo. Ma i “molti” di cui sopra non sono la nazione.
Anche gli USA, nella loro breve storia contemporanea, hanno compreso il costo dell’espansionismo: Vietnam e Iraq sono stati per loro delle dure lezioni da cui apprendere.
L’imperialismo puo’ essere riabilitato come azione umanitaria, non certo come impresa economica.
Il motore della ricchezza, ciò che ha consentito l’esplosione produttiva e le nuove, è stata l’etica della libertà, la dignità concessa alla persona qualsiasi, in particolare al borghese trafficone, l’ammirazione accordata alla sua inventiva e alla sua voglia di cambiare per il meglio, il rispetto per il profitto generato dalle idee. Questo sentimento ha fatto nascere la retorica dell’eroe-borghese quale mai la storia aveva conosciuto.
In poco o nulla ha contribuito il dominio, ovvero quella guerra prolungata che, a detta di Ian Morris, “sul lungo periodo ci farà più sicuri e più ricchi”.
Ma c’è un’altra molla che alcuni mettono alla base del nostro successo: la curiosità. Una caratteristica che il resto del mondo non aveva.
Si puo’ anche concordare, purché si aggiungano un paio di “se” e di “ma”.
La curiosità verso l’altro ha guidato molte imprese dubbie, come le Crociate. Spesso ha avuto esiti spiacevoli sfociando nella tortura che il bambino curioso riserva alla lucertola. Ma curiosità non significa necessariamente guerra, questo è vero. La curiosità può realizzarsi in altri modi, per esempio scoprendo la Via della Seta. I bottini di guerra si esauriscono, la Via della Seta si eredita e continua a dare frutti.
bou

martedì 3 ottobre 2017

Parole misteriose: natura.

Un sistema naturale è un sistema dove la decisione è decentrata.
Il sistema contrario è quello centralizzato, ovvero quello in cui un’unica intelligenza decide dall’alto sulla base di un piano.
Potremmo dire che nei sistemi naturali interagiscono “molte menti” poste più o meno sullo stesso piano. Il risultato finale sfugge a tutte queste singole menti coinvolte nel processo, le trascende. E’ quindi imprevedibile, casuale.
Immergersi nella natura significa immergersi nel rischio, lo si puo’ fare se si ha una grande capacità di accoglienza dell’imprevisto.

Chi esalta la natura, esalta il principio di accoglienza.

lunedì 2 ottobre 2017

Il rigore di Turone


Il rigore di Turone


Ecco le tre regole d’oro per la “moviola in campo” (o VAR). Obbiettivo: 1) migliorare la regolarità della gare e 2) evitare paradossi.
1) No-fischio, no-VAR. 
2) Ricorso alla VAR solo con il “challange” (sono le squadre a chiederla in modo contingentato).
3) Penalizzazione degli arbitri corretti dalla VAR
***
La prima regola serve a non vanificare il gioco sviluppato regolarmente dalle squadre.
La seconda regola serve ad eliminare i dubbi sugli episodi dubbi da selezionare per la VAR.
La terza regola serve a disincentivare il “fischio precauzionale”.
***
Per non pregiudicare il duplice obbiettivo, il “rigore di Turone” resterebbe non assegnato, mi rendo conto. Pace: con la VAR si vuole solo “migliorare”, in questi casi la trappola più insidiosa è quella del “perfettismo”.
Le tre regole cardine andrebbero raffinate da corollari, mi rendo conto. Esempio, la penalizzazione di chi ricorre invano al “challange”; Oppure, la previsione di un compenso (esempio sostituzioni in più) a chi ottiene “ragione” senza benefici concreti (esempio: fuorigioco verificati dalla VAR come inesistenti).
Qualcuno afferma poi che il conflitto d’interesse tra arbitro in campo e arbitro VAR porterebbe a poche correzioni. Separazione delle carriere? 🙂Non penso sia necessaria vista anche la trasparenza di uno strumento comunque accessibile a tutti la domenica sera.
soccer

HL Qui pro quo - Gesualdo Bufalino

Qui pro quo (Tascabili. Romanzi e racconti Vol. 849) (Italian Edition)
Gesualdo Bufalino
Last annotated on Friday September 22, 2017
56 Highlight(s) | 48 Note(s)
Yellow highlight | Location: 44
L’idea che il corso della Storia, come credeva Pascal, possa dipendere dalle proporzioni d’un naso fa di solito storcere il naso agli storici. Hanno torto. Poiché, non dico il Destino del Mondo, di cui m’importa pochissimo, ma il mio personale destino sarebbe stato affatto diverso, se un’emergenza delle più futili, la carie d’un premolare, non m’avesse condotto una mattina nell’anticamera del dottor Conciapelli.
Note:IL NASO DI PASCAL

Yellow highlight | Location: 55
una nubile senz’arte né parte, di trentott’anni, rassegnata a sgranare il suo tempo, un menarca dietro l’altro, regalandosi in agosto appena una settimana di Adriatico, per brulicanti pensioncine, col solito dubbio se e quanto esporre la pallida pelle alle soperchierie del sole e al disprezzo dei giovanotti...
Note:BRUTTINA STSGIONATA

Yellow highlight | Location: 58
osservando le ospiti di turno, per lo più di offensiva avvenenza, scendere al mare e passarmi davanti, flemmatiche come belve di circo. Tanto più mi rannicchiavo nella garitta dell’accappatoio, ai loro topless senza pietà opponendo per salvaguardia una cauta inerzia del cuore.
Yellow highlight | Location: 62
la libertà di sorridere a fior di labbra delle sue vestaglie malesi ricamate di draghi neri,
Note:LA PUPA DEL BOSS

Yellow highlight | Location: 83
la spianata d’atterraggio simulava la fronte e la calva zucca; le due piscine in forma di mandorle le mongoloidi pupille; gli strappi di luce nel fogliame dei sempreverdi le areole d’alopecia nel fosco del pizzo; la serie dei cottages d’un candore inesorabile la chiostra dei denti aperta abitualmente al sogghigno...
Note:IL VILLAGGIO

Yellow highlight | Location: 88
Troppa fatica per le mie diottrie, seppure soccorse da un binocolo di marina,
Note:ACCERTAMENTO IMPOSSIBILE

Yellow highlight | Location: 90
al fine di proteggere dalla sabbia rovente i piedi più teneri,
Note:GRADONI IN CEMENTO

Yellow highlight | Location: 98
muri di traverso, porte false o asimmetriche, finestre crudelmente strabiche, di cui sarebbe bastato all’architetto inclinare diversamente gli strombi perché s’aprissero sul più dolce panorama del mondo.
Note:STROMBI

Yellow highlight | Location: 116
non cessa di turbarmi l’eccentricità d’una residenza che, come certe musiche per pianista monco, s’era a bella posta privata di almeno metà dei suoi usi e funzioni possibili;
Note:RESIDENZE ECCENTRICHE

Yellow highlight | Location: 121
un matrimonio tenuto insieme con una molletta da panni.
Note:LA SPIRITATA E IL PAGLIACCIO

Yellow highlight | Location: 124
Non trovo mai cinque minuti liberi per morire”,
Note:NEL LAVORO COCCIUTO E INFATICABILE

Yellow highlight | Location: 128
L’avvocato Apollonio Belmondo era sui cinquanta, di bella faccia, di affabile lingua. Tale, però, che agli ascoltatori dava sempre l’impressione d’essere manomessi. Come quando un fotografo vi chiede un cheese, o un medico vi allaccia al braccio lo sfigmomanometro, e voi capite che le loro chiacchiere sulla pioggia e il bel tempo sono mezzucci intesi, in malafede affettuosa, a scaricarvi d’ogni tensione.
Note:AVVOCATI BRUTTA RAZZA

Yellow highlight | Location: 132
sotto la canicola portava a spasso con tedio regale il marmo pario delle sue carni.
Note:BELLEZZE ECCESSIVE

Yellow highlight | Location: 142
la sua croce – arrossisco nel riferirlo – era d’esser soggetto a pubbliche, irrefrenabili, immotivate erezioni.
Note:INCONVENIENTI

Yellow highlight | Location: 155
uno che al solo apparire spirava un sentore di malizia meschina. Ogni sua parola feriva, ogni suo silenzio conteneva un veleno
Note:TORTUOSO ANCHE NELL ANIMO

Yellow highlight | Location: 162
a tempo perso vedova consolabile
Note:ALIDIA ORIOLI

Yellow highlight | Location: 166
canaste infinite in terrazza, fra silenzi di tomba ed escandescenze di bettola;
Note:RIPICCA AGONISTICA

Yellow highlight | Location: 180
metteva a nudo sotto due spioventi di tenda carni goffe e tarchiate, che il molto vello, precocemente imbianchito, ricopriva di luminosi panneggi.
Note:UN FEDELE DELL'OMBRA

Yellow highlight | Location: 189
quella tavolozza di glauchi, turchini e celesti, fiorita appena di lievi canizie,
Note:OCEANO

Yellow highlight | Location: 197
trascorso in ozi assai faticosi.
Note:FERRAGOSTO

Yellow highlight | Location: 205
un rinforzo di stoffa mi simulava sul petto due promettenti eminenze; un filo di trucco mi segnava le labbra, quel tanto che bastasse a dissimularne l’insipida sottigliezza...
Note:APICCOLI TRUCCHI

Yellow highlight | Location: 214
godeva di farsi persecutore dei meno reattivi.
Note:BULLO

Yellow highlight | Location: 222
impercettibili segni, e intendo motti smozzicati, allusioni in cifra, circonlocuzioni e girandole di parole
Note:SEGNALAZIONI

Yellow highlight | Location: 227
le qualità che più apprezzo in un uomo: magnanimità, capacità di teatro, ironia... Col condimento dolceamaro d’una gocciola d’alterigia...
Note:L' UOMO IDEALE

Yellow highlight | Location: 230
Lo guardai di sottecchi. Mi parve, nella scialbatura del primo sole, più emaciato, più esposto.
Note:INCRINATURE

Yellow highlight | Location: 236
Io, per non essere solo, sono costretto a sdoppiarmi e a sopportare fra le mie due metà un’eterna guerra civile...”
Note | Location: 236
È BRUTTO ESSERE SOLI

Yellow highlight | Location: 241
callipigia,
Yellow highlight | Location: 248
attenta a cancellarmi nel mio cantuccio.
Note:TIMIDEZZA

Yellow highlight | Location: 248
Vado matta per i discorsi che non imitano la freccia ma la spirale e il gomitolo: viaggi che non approdano se non al cuore inutile d’un labirinto.
Note:COMIZIO

Yellow highlight | Location: 262
Ghigo mi coprì la parola e con un sorriso pieno delle gengive:
Note:INTERUZIONE

Yellow highlight | Location: 270
La creazione è un’equazione a miliardi di incognite, che noi giochiamo a risolvere, prima che una spugna, cancellando noi, la cancelli.
Note:LA CREAZIONE

Yellow highlight | Location: 273
La ragione vince sempre le scaramucce, ma mai una battaglia che conti.”
Note:RESTAURAZIONE

Yellow highlight | Location: 294
“Per un gioco di parole darebbe l’anima.
Note:L'ARTISTA

Yellow highlight | Location: 343
l’ingordigia d’una campagnola inurbata di fronte alla sua prima vetrina...
Note:INGORDIGIA

Yellow highlight | Location: 348
“Troppo calvo per essere biondo”,
Note:OVVIETÀ DEMENZIALI

Yellow highlight | Location: 376
Una vela all’orizzonte, d’ora in ora più vaga e lontana; e giù nell’arenile lo sventolio d’un asciugamani arancione, abbandonato su una sedia a sdraio, col quale la brezza giocava... Queste le sole due deroghe all’inerzia universale.
Note:DUE DEROGHE

Yellow highlight | Location: 381
il giovinetto Gianni (?) Orioli, qualcosa di mezzo fra l’efebo di Mozia e una bietola. Uno che amava i luoghi più solitari (e anche i vizi, insinuava Medardo, accusandone le occhiaie)
Note:VIRGULTO

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È dal finale che si giudicano i gialli, così come dal profilo le donne.”
Note:CRITERI DI GIUDIZIO

Yellow highlight | Location: 536
ti ci vorrebbe un amante. Possibilmente un amante sciocco. Sono riposanti, gli sciocchi.”
Note:TERAPIA

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e con un crac di noce la testa che m’era davanti, or ora pensante e viva, spaccarsi sotto un ingombro immane
Note:TRAUMA

Yellow highlight | Location: 565
“E ora?” rimproverai piangendo il cadavere. Il quale, con l’indisponente riserbo che dei cadaveri è proprio, non rispose.
Note:DISCREZIONE

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il mio strillo su una nota sola,
Note:LAMENTO

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pantaloni alla cacaiola
Note:VESTITI IN PRESTITO

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mostrava il fare spento, dinoccolato, d’uno che ha smesso ormai di sperare una promozione;
Note:QUARTO LIVELLO

Yellow highlight | Location: 600
occhi sempre più simili a due spine di ficodindia.
Note:SEGUGIO

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un’afa stagnava, partorita dal temporale,
Note:CAPPA

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Spiace a tutti strapparsi a un vizio così dolce, così incallito, qual è la vita.
Note:IL SUICIDA

Yellow highlight | Location: 706
composto da Hailè su un tavolo di ping-pong,
Note:LA VITTIMA

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diede la stura ai suoi estri di parlatrice matricolata:
Note:LA DIRETTICE EDITORIALE

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smorfieggiando visibilmente:
Yellow highlight | Location: 731
divenne di bragia,
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dopo un silenzio durante il quale parve inghiottire un grosso boccone,
Note:LAST FAMOUS WORDS

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Non so se è scartina o briscola,
Yellow highlight | Location: 775
“Paganini replica, dunque?”
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Soprattutto non prevedendo che lei avesse tanta malizia e tanto sale nel capo...”
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Paul Feyerabend: contro il metodo

  • La proliferazione delle teorie e benefica per la scienza mentre l'uniformità né meno ma il potere critico
  • L'unanimità di opinione può essere adatta per una chiesa, per una conoscenza obiettiva è necessaria invece la varietà di opinione. Un metodo che incoraggi la varietà di opinione e anche l'unico metodo che sia compatibile con una visione umanitaria. Un metodo che faccia proliferare le opinioni è l'unico metodo che può dirsi scientifico.
  • Uno scienziato cercherà di perfezionare anziché confutare le opinioni che appaiono uscire sconfitte dalla competizione.
  • I linguaggi nei quali vengono descritte le osservazioni possono risultare legati a strati più antichi del pensiero speculativo, i quali possono incidere in modo indiretto anche sulla percezione. Un esempio, il sistema di riferimento dello spazio-tempo assoluto della fisica classica che fu codificato e consacrato da Kant.
  • La percezione sensoriale contiene sempre una componente che non ha alcun correlato oggettivo punto questa componente soggettiva si fonde con resto e forma un tutto non strutturato che deve essere poi suddiviso dall'esterno con l'aiuto di procedimenti teorici. L'aspetto di una stella, per esempio, vista occhio nudo contiene gli effetti soggettivi dell'irraggiamento, della diffrazione, della diffusione, limitati dal inibizione laterale di elementi adiacenti alla retina. Considerando tutte queste circostanze, una teoria può essere in contrasto con l'esperienza non perché scorretta ma perché i dati sperimentali possono essere contaminati.
  • Il progresso fu spesso conseguito attraverso recuperi attenti dal passato. Dopo Aristotele e Tolomeo l'idea che la terra si muova, quella strana antica è del tutto ridicola opinione pitagorica, fu gettata nell'immondezzaio della storia, solo per essere richiamata in vita da Copernico.
  • Per il contenuto scientifico di certi miti confronta De Santillana The origin of Scientific and thought.
  • Tutto è scienza, Non c'è alcuna idea, per quanto antica e assurda, che non sia in grado di migliorare la nostra conoscenza. L'intera storia del pensiero viene quindi assorbita nella scienza.
  • I fatti sono costituiti da ideologie anteriori. Alcuni fatti sono visibili solo grazie a teorie.
  • Secondo Hume le teorie non possono essere derivate dai fatti. Secondo Popper le teorie non possono essere verificate dai fatti. II Feyerabend le teorie non possono essere falsificate dai fatti.
  • La nostra abitudine di dire “la tavola e marrone” quando la osserviamo in circostanze normali oppure “la tavola sembra marrone” quando le condizioni di luce sono scarse, esprime la convinzione che esistano circostanze familiari nelle quali i nostri sensi sono in grado di vedere il mondo come in realtà e altre circostanze, altrettanto familiari, in cui i nostri sensi sono soggetti ad inganno.
  • L'argomento della torre. Gli aristotelici si servirono di questo argomento per confutare il moto della terra. L'argomento implica interpretazioni naturali, idee connesse così strettamente con osservazioni da richiedere uno sforzo speciale per rendersi conto che dietro i presunti fatti c'è solo ideologia. Galileo identifica questi presunti fatti, li interpreta come teoria e li sostituisce con teorie di stampo copernicano. Il capitolo 6 tratta nel dettaglio l'esperimento galileiano della torre.
  • La concezione copernicana al tempo di Galileo era tanto chiaramente incompatibile con i fatti che Galileo dovette definirla "sicuramente falsa... non posso trovar termine all'ammirazione mia come abbia possito in Aristarco e nel Copernico far la ragione Tanta violenza senso".
  • La conservazione di teorie in contrasto con le osservazioni è tipica della scienza. La gravitazione di Newton ebbe fin da subito difficoltà abbastanza serie da fornire materiali per la sua confutazione. Il modello atomico di Bohr fu introdotto e conservato nonostante l'esistenza di precisi e incontestabili fatti di esperienza contrari. La teoria speciale della relatività fu conservata nonostante chiari risultati sperimentali in conflitto con essa ottenuti nel 1906 da Kauffmann e nonostante la confutazione di Miller. La teoria generale della relatività non riusciva a spiegare una discrepanza nel moto dei nodi di Venere è nel moto dei nodi di Marte. La teoria parmenidea dell'uno immutabile e omogeneo è contraddetta da quasi tutto ciò che sappiamo e sperimentiamo. Questa teoria ha molti elementi a suo favore svolge un ruolo importante anche oggi, per esempio nella teoria generale della relatività.
  • Il capitolo cinque è una sequela di teorie confutate dai fatti e aggiustate con ipotesi ad hoc. La teoria dei colori di Newton, elettrodinamica classica di Maxwell e di Lorenz, la teoria classica dell'elettrone di Lorentz. In tali circostanze, il procedimento più comune consiste nell'usare la teoria fino a un certo punto, dopodiché si introduce una nuova teoria.
  • Le ipotesi ad hoc hanno spesso avuto un ruolo positivo nelle introduzione di nuove teorie di successo. Vedi Lakatos cap. 8. Ci sono circostanze nelle quali è consigliabile introdurre, elaborare e difendere ipotesi ad hoc, o ipotesi che contraddicono risultati sperimentali ben stabiliti e universalmente accettati. Uno fra i pochi pensatori che compresero questo carattere dello sviluppo della conoscenza su Niels Bohr
  • Galileo attraverso il cannocchiale ha letteralmente abolito alcune sensazioni. Questa espressione provocatoria e dello stesso Galileo.
  • I discorsi di Galileo sono argomentazioni solo in apparenza, Galileo si serve infatti dei mezzi della propaganda, oltre a tutte le ragioni intellettuali che può offrire egli fa ricorso anche a trucchi psicologici. L'esperienza su cui Galileo vuol fondare la concezione copernicana non è altro che il risultato della sua fervida immaginazione, un'esperienza inventata.
  • Le prime osservazioni telescopiche del cielo furono indistinte, indeterminate, contraddittorie è in conflitto con ciò che chiunque poteva vedere a occhio nudo.
  • Il copernicanesimo e altri ingredienti essenziali della scienza moderna sono sopravvissuti solo perché spesso la ragione è stata ignorata.
  • L'idea che l'informazione concernente il mondo esterno viaggi indisturbata attraverso i sensi fino al nostro cervello è stata responsabile dello standard classico per cui tutta la conoscenza deve essere controllata dall'osservazione, che teorie in accordo con L'osservazione sono preferibili a teoria che non lo sono. Ma Galileo di fronte agli argomenti che confutano Copernico facendo ricorso all'osservazione, cambia semplicemente quel tipo di osservazione che sembra danneggiare il punto di vista eliocentrico, elogia Copernico per non averne tenuto conto. Sostiene infine di aver eliminato le evidenze contrarie puntando il cannocchiale verso il cielo, senza minimamente offrire qualche ragione teorica per cui si dovrebbe attendere che ce ne dia un'immagine fedele. E’ dunque violando scientemente gli standard di Aristotele che Galileo compie le sue scoperte e struttura la propria propaganda a favore del copernicanesimo. Galileo sviluppa un programma di ricerca in conflitto con l'osservazione
  • La metodologia è solo la falsa coscienza dello scienziato.
  • La scienza è molto più vicina al mito di quanto una filosofia della scienza sia disposta ad ammettere.
  • Attacco al razionalismo critico di Popper, resta comunque una filosofia positivista.
  • Attacco a Kuhn: il quadro che fa nel suo libro è falso, la scienza non è una successione di periodi di ricerca straordinaria e di periodi di monismo orecchini e sovrano un paradigma.
  • Anche gli aristotelici e gli scolastici o gli alchimisti e i maghi avevano i loro standard.
  • La storia è sempre più ricca di contenuto, più varia, più multilaterale, più viva, più astuta di quanto possa immaginare il miglior metodologo.
  • L'istruzione scientifica quale la conosciamo oggi a essenzialmente lo scopo di semplificare la scienza.
  • L'unico principio che non inibisce il progresso è “qualsiasi cosa può andar bene”.
  • Persino il razionalista più rigido è costretto a smettere di ragionare per imporsi e a usare la propaganda o la coercizione, non perché le sue ragioni abbiano cessato di essere valide, ma perché sono scomparse le condizioni psicologiche che le rendevano efficaci. L'appello alla ragione a cui si cede così prontamente non è altro che una manovra politica.
  • Potremmo servirci di ipotesi che contraddicono teorie ben confermate oppure risultati sperimentali ben stabiliti. Possiamo far progredire la scienza procedendo in modo contro-induttivo.
  • Nulla è mai deciso, nessuna concezione può mai essere lasciata fuori da un'esposizione generale punto esperti e profani, professionisti e dilettanti, cultori della verità e mentitori, sono tutti invitati a partecipare alla contesa e a dare il loro contributo all'arricchimento della nostra cultura.
  • Teorie in contraddizione tra loro convivono sempre nella scienza. È ben noto, ed è stato dimostrato nei particolari da… che la teoria di Newton è in contraddizione con la legge della caduta libera di Galileo e con le leggi di Keplero, che la termodinamica statistica è in contraddizione con la seconda legge della teoria fenomenologica, che l'ottica ondulatoria è in contraddizione con l'ottica geometrica, e così via. Una teoria in contraddizione con un'altra teoria spiega una serie di fatti che indirettamente sono anche una confutazione della prima teoria. In questo modo le teorie scientifiche diventano quasi indistinguibili dal mito per esempio consideriamo un mito come quello della stregoneria e della possessione demoniaca, che fu sviluppato dai teologi del cattolicesimo Romano e che dominò il pensiero Sul continente europeo dal 400 al 600. Questo mito è un complesso sistema esplicativo che contiene numerose ipotesi ausiliarie destinate a coprire case speciali.
  • Ma così stando le cose, come dobbiamo considerare la richiesta metodologica che una teoria debba essere giudicata sulla base dell'esperienza e debba essere rifiutata se contraddice asserzioni-base accettate? I metodologi possono insistere sull'importanza della falsificazione, Ma si servono tranquillamente di teoria falsificate.
  • Il metodo di Galileo, che ignora le evidenze scomode, può essere seguito anche in altri campi. Per esempio nella diatriba corpo-mente. I dualisti sostengono a ragione che i monisti trascurano l'evidenza della mente. Ma un’ evidenza del genere, come tutte le evidenze, può essere tranquillamente ignorata.
  • Il principio è abolire le distinzioni. Abolire la distinzione tra teoria e osservazione. Abolire la distinzione tra contesto di scoperta e contesto di giustificazione. Eppure molti filosofi della Scienza ancora distinguono tra conservazione e teoria. Perché? La distinzione non è di nessuna utilità, essa non svolge alcun ruolo nell'economia della scienza.
  • La scienza è un sapere cumulativo? Si pensava che le leggi scientifiche fossero ben stabilite e irrevocabile. Lo scienziato scopre fatti e leggi e aumenta costantemente la qualità delle conoscenze sicure e indubitabili. Oggi abbiamo riconosciuto, principalmente in conseguenza alle opere di Mill, Mach, Boltzmann, Duhem e altri, che la scienza non può dare alcuna garanzia del genere. Le leggi possono essere ricadute.

Ha senso la secessione lombardo-veneta?

Ha senso la secessione lombardo-veneta?

Vale la pena di chiedersi quando una secessione sia sensata.
I libertari sono dei grandi fan della secessione, il principio dell’autogoverno li seduce.
Il diritto di secessione, in ottica libertaria, è uno scudo contro le tirannie.
Un buon esempio di secessione libertaria e quello dell’Estoniaallorché il paese abbandonò l’Unione Sovietica.
La separazione fu pacifica e l’Estonia intraprese un cammino virtuoso, cosicché possiamo ben dire che oggi è governata molto meglio di prima, anche se una certa precarietà permane.
Quando un impero sta crollando e il suo governo è pessimo, il principio libertario trova un’applicazione sensata.
Tuttavia, il problema dei libertari è quello di porre un limite alla secessione.
Se il Veneto vuole andarsene dall’Italia questo è legittimo ma se Padova volesse andarsene dal Veneto? E se Galzignano volesse andarsene da Padova? Il governo politico di un territorio potrebbe trasformarsi in un caos peggiore rispetto alla situazione di partenza.
Solo un sano pragmatismo puo’ districare la matassa.
C’è poi un approccio conservatore alla secessione. A volte un territorio, per motivi legati alla religione, all’etnia, al linguaggio, alla cultura – come per esempio la Scozia o la Catalogna – intende andarsene per la sua strada.
In questi casi non è detto che la nuova entità politica garantisca al suo popolo più libertà e prosperità. In casi del genere è la “diversità” di popolo a legittimare la secessione.
E’ bello che esistano almeno due principi, cosicché le falle dell’uno possono essere tamponate da quello concorrente.
In generale potremmo dire che una secessione dovrebbe essere legittima quando conviene ad entrambe le parti,oppure quando esiste un solido accordo tra le parti, come per esempio nel caso della Cecoslovacchia. Ma soprattutto quando i “tempi sono maturi”, con tutta l’ambiguità che porta con sé questa espressione. Il buon secessionista non è un guerrigliero ma qualcuno dedito alla “maturazione dei tempi”.
Occorre pragmatismo, si guardi alla storia e si sviluppi una certa confidenza con i fatti.
Esempio: la secessione americana dell’Impero Britannico è stata legittima?
Le tasse erano piuttosto basse e probabilmente la schiavitù, restando sotto la corona, sarebbe stata abolita prima.
A favore ha giocato la distanza tra i due paesi, le reazioni britanniche agli avvenimenti erano tardive è sempre precarie.
Inoltre, pesa la qualità degli uomini che si posero alla testa del movimento secessionista e che furono decisivi nel presentare al mondo un progetto compiuto e razionale.
Come si vede il giudizio dipende da fattori specifici, difficile delineare principi astratti sempre validi.
Forse il problema è affrontato meglio se lo rendiamo meno radicale: non giova chiedersi secessione-sì/secessione-no ma piuttosto secessione-quando.
Non esiste una teoria compiuta della secessione, sia il principio libertario che quello conservatore hanno dei punti di forza e dei punti di debolezza. Non ha senso investire su uno piuttosto che sull’altro, prudenza e saggezza consistono nel confezionare un giusto mix.
In casi del genere il tempismo è tutto. Lombardia, Veneto, Catalogna e Scozia devono saper stare alla finestra senza forzare i tempi, prima o poi capiterà quella coincidenza storica, quell’errore degli avversari che consentirà loro di agire in modo pragmatico e nell’interesse generale.
Il referendum del 22 ottobre è solo un granellino aggiunto agli altri. Quando potremo parlare di mucchio?
SECESSIONE