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lunedì 16 aprile 2018

SOTTOVALUTARE LA GRADUALITA’

SOTTOVALUTARE LA GRADUALITA’
I ritardi nell’avvento dell’innovazione tecnologica ci rendono tutto più sopportabile, in caso contrario ogni progresso sarebbe destabilizzante. Il progresso è un bene, il progresso graduale è ancora migliore. Se fossi improvvisamente trasportato nel medioevo non saprei che lavoro fare, non so né ferrare un cavallo né badare a un mulino né servire una Messa in latino, sono molto più abile a smanettare sul mio I-Phone 6.
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The groundbreaking follow-up to the New York Times bestseller The Great Stagnation The United States continues to mint more millionaires and billionaires than any country ever. Yet, since the great recession, three quarters of the jobs created here pay only marginally more than minimum wage....

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sabato 14 aprile 2018

UNA NARRAZIONE DIVERSA DELLA CRISI

UNA NARRAZIONE DELLA CRISI
Negli USA la grande perdita di posti di lavoro c'è stata nel biennio 2008-2009 e la contrazione della domanda seguita alla bolla immobiliare spiega bene il disastro, anche se le imprese, in casi del genere, non licenziano in massa per non deprimere il morale di chi resta. Tuttavia era in moto al contempo un trend più generale, tanto è vero che chi è stato messo fuori è poi rientrato altrove ma in modo lento e con lavori non certo al livello dei precedenti, i salari erano bassi e la precarietà la regola, quasi che accanto ai posti prestigiosi potessero esistere solo lavori umile: la precedente condizione “media” sembrava essersi dissolta. Probabilmente, già in precedenza questa gente dismessa occupava posti poco produttivi e la crisi ha rappresentato per loro un “momento della verità”, studiosi come Nir Jaimovich e Henry Siu avevano già parlato di lavori polarizzati e il fenomeno si è scatenato con la recessione, chi occupava posti medi poteva essere ricollocato solo in basso: i nuovi lavori non sono e non saranno mai come i vecchi, e questo a prescindere dallo stimolo keynesiano di cui parla sempre la politica. Chi prima era impiegato ora fa commissioni per conto terzi o assiste persone anziane o sistema merci sugli scaffali o impacchetta prodotti per la spedizione, e se non accetta il cambio infoltisce l'esercito di chi sta a casa e non cerca più perché il mercato “non offre nulla di interessante”. I lavoratori che non producono nulla (zero-marginal-product-worker) ieri non sapevano neanche di esserlo, c'è voluta la crisi per recapitare questa notizia, ormai questa gente aveva interiorizzato un certo giudizio su di sé e oggi fatica ad accettare occupazioni più umili.
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NON SIETE ALTRO CHE COMUNISTI MANCATI

NON SIETE ALTRO CHE COMUNISTI MANCATI
Negli ultimi decenni l’andamento del reddito mediano è stato scoraggiante, e peggio mi sento se guardo al salario mediano dei maschi. Il periodo nero parte a fine anni sessanta, negli USA il salario mediano del tipico lavoratore maschio è diminuito del 28%! Immaginate di essere alla fine dei sessanta e di discutere con un vostro amico comunista l’ andamento futuro dei salari. Bè, se senza sapere null’altro vi avessero dato questa informazione probabilmente sareste diventati comunisti anche voi 
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SECESSIONE (DAL LAVORO)

SECESSIONE (DAL LAVORO)
Il dato più importante di questa epoca post-crisi è il tasso di occupazione, ovvero quanti cercano lavoro. Sì perché sembra proprio che in tantissimi non intendano lavorare, il mercato del lavoro non fa offerte stimolanti e loro secedono dal mercato del lavoro, la cosa vale soprattutto per i maschi. Cresce lo stereotipo del giovane adulto che vive a casa con i genitori attaccato alla playstation. L’impresa lavorativa non lO stimola. Forse non è pigro, di certo non trova opzioni produttivi attraenti. La popolazione aumenta, la produttività aumenta ma aumenta anche chi secede dal lavoro. O domini la complessità cibernetica o trasporti i pacchi, le vie di mezzo sono sempre più rare.
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PIU' DISC JOCKEY, MENO INGEGNERI

PIU' DISC JOCKEY, MENO INGEGNERI
Perché anche un grande scacchista soccombe alla macchina mentre il pokerista la tiene a bada?
Perché nel poker la psicologia pesa di più. Il poker è un gioco più “strategico”, i migliori pokeristi sono ancora uomini perché leggere nella mente di altri uomini è fondamentale.
Questo fatto, indirettamente, ci fa capire anche i lavori destinati a restare e quelli destinati a scomparire: avremo sempre più disc jockeys e sempre meno ingegneri.
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Come irrompe l'IA nel mondo del lavoro?

Il mondo degli scacchi è una buona metafora del futuro che ci attende sul lavoro. Nei tornei degli anni settanta girava un goffo computerone di nome Belle, sfidava gli scacchisti perdendo quasi sempre, era pieno di difetti, andava continuamente in palla e si bloccava. Negli anno novanta IBM comincia ad impegnarsi sul serio formando dei pool di scacchisti e informatici, ne escono macchine sofisticate; nasce il “freestyle chess”, si tratta di tornei in cui si gioca in coppia: il gran maestro viene affiancato dalla macchina, è libero di scegliere quella che più preferisce, sarà lui ad integrarla e a indirizzare la sua potenza di calcolo in modo opportuno. Tra il 2004 e il 2007 i vincitori dei tornei free-style sono persone esperte sia di scacchi che di informatica, non necessariamente dei grandi scacchisti, quel che conta è indirizzare secondo linee strategiche oculate la potenza di calcolo della macchina. Dopo il 2007 l’expertise messa in campo dai neo-campioni è sempre più di tipo informatico e sempre meno di tipo scacchistico. Ma è presumibile che la prossima generazione di macchine – faccio solo il nome del Rybka Cluster – non avrà nemmeno bisogno di questa integrazione umana per affrontare i tornei.
Riepilogando: la macchina entra dapprima come curiosità, in un secondo momento l’uomo è chiamato a colmarne le lacune con competenze che si spostano via via dal campo specifico a quello informatico, infine la macchina fa da sé e l’uomo puo’ dismettere ogni lavoro o trovarsene un altro.
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Il post-lavoro

Siamo fuori dalla crisi ma la gente non è più tornata a lavorare come prima, sembra che il lavoro non sia più qualcosa di indispensabile, in tanti nemmeno lo cercano, forse stiamo pregustando un antipastino di quella che sarà l’era delle macchine, l’era del post-lavoro.
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