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lunedì 1 febbraio 2016

Sul ragionevole dubbio

How to Be Reasonable at Steven Landsburg | The Big Questions: Tackling the Problems of Philosophy with Ideas from Mathematics, Economics, and Physics: "When you lower your standards, you increase the chance that Mr. or Ms. Average will be convicted of a crime, and raise the chance that the same Mr. or Ms. Average will become a crime victim. The right standard is the one that balances those risks in the way that Mr. or Ms. Average finds the least distasteful."



 A weak penalty has very little deterrent effect — so little that it’s not worth convicting an innocent person over. But a strong penalty can have such a large deterrent effect that it’s worth tolerating a lot of false convictions to get a few true ones.





'via Blog this' Sulla pena equa. Una pena elevata aumenta il rischio del Sig. Media di essere incarcerato a lungo (sia che sia colpevole sia che sia innocente). Una pena bassa aumenta il rischio di subire il crimine. Qual è il livello della pena ottimale per il Sig.Media? Ecco, quella è la pena equa. Oltre al livello dobbiamo però fissare anche lo standard di condanna (ovvero la prob. che specifica il concetto di ragionevole dubbio). Il beneficio di pene elevate deriva dalla deterrenza che producono. Quali sono le pene che producono più deterrenza? Le pene che colpiscono i crimini pianificati a tavolino (e quindi calcolando anche le possibili pene). Dove la deterrenza si dispiega appieno diventa più conveniente punire un innocente, e quindi abbassare gli standard di condanna.

lunedì 21 settembre 2015

L'ingranaggio della libertà David Friedman - legge, crimine e tribunali

 L'ingranaggio della libertà David Friedman - legge, crimine e tribunali
  • È possibile privatizzare i tribunali?…
  • Diritto commerciale: arbitrati. L'azienda rispetta la sentenza x proteggere la sua reputazione. Chi farebbe affari con chi elude gli accordi?…
  • L'arbitrato è disponibile solo x dispute in cui preesistono dei contratti. E il tamponamento o il furto?…
  • Problema: come difendersi dalla coercizione. Rimedi privati: lucchetti, antifurti, guardia del corpo. Agenzie private di protezione AP...
  • Guerra tra AP? Troppo costosa: meglio un arbitrato tra AP...
  • Chi fa le leggi? L'arbitro in concorrenza con gli altri arbitri. In teoria ogni coppia di AP sceglierebbe preventivamente un arbitro...
  • Troppe fonti del diritto? Già oggi ce ne sono parecvhie: stato, città, regione...
  • Esempio della pena di morte. Se nasce una controversia tra chi la offre ai suoi clienti e chi no? Da quale arbitro si va? Dipende dalla potenza economica di  AP...
  • Obiezione 1: nn si avvantaggerebbe il miglior offerente? Non è sempre un male, e qualora lo si faccia imbrogliando si perderanno i clienti...
  • Ob. 2: la giustizia è unica (nn ci sono due leggi di gravità in concorrenza). Ok, ma possono esserci due ipotesi in concorrenza..
  • Ob.3: troppa confusione. Se fosse un problema serio ci sarebbero incentivi ad adottare degli standard...
  • Ob.4: e se le agenzie nn si mettono d'accordo?. Perderebbero tutto il business...
  • Ob.5: instabilità. E' un problema reale, soprattutto psicologico...
continua

mercoledì 9 settembre 2015

Legal reasoning - Steven Landsburg

Landsburg sulla giustizia e i giudici
  • Gli uomini del diritto nn sanno stimare l' evidenza. Sottoposti ad alcuni esperimenti condannavano imputati con probabilità oggettive di colpevolezza inferiori rispetto a quelle degli imputati che assolvevano.
  • La quantità conta, non si puo' basarsi solo sulla vaghezza. Che significa un'espressione come "oltre ogni ragionevole dubbio"?
  • Per il giudice Blackstone il ragionevole dubbio sembra attestarsi al 98% (un innocente in carcere ogni dieci colpevoli fuori.
  • Ma nella pratica dei tribunali gli standard sono vaghi, la stessa legge è vaga. Perché? Probabilmente per assicurarsi una buona dose discrezionale.
  • La discrezione non ha solo risvolti negativi (realizzare abusi di potere) ma anche positivi: adeguarsi al contesto.
  • Il colmo lo si raggiunge quando un tribunale sentenzia che le probabilità non possono avere un ruolo nella condanna dei cittadini. ma non esiste conoscenza pratica che non sia probabilistica!
  • I cardini della pena giusta: alla ricerca dello standard ideale. Per calcolarlo occorre immaginare un contratto collettivo dove ogni cittadino mette sulla bilancia i benefici della deterenza con i costi di una probabile condanna (anche sbagliata).
  • Alcuni principi conducno ad assurdità: per esempio quando si dice che ogni persona deve essere condannata per un reato specifico. E se due noti gemelli commettono contemporaneamente due omicidi? Nessuno potrà mai provare oltre il ragionevole dubbio chi ha commesso quale omicidio, anche in presenza di certezza assoluta di colpevolezza.
  • L'economista ha una soluzione semplice (forse troppo)): rendere i giudici responsabili x le loro sentenze rinunciando a districare fortuna e merito. In fondo facciamo così con tutti, dall'agricoltore al ragioniere. perché il giudice dovrebbe essere esentato? Regola: quando lo sforzo è inosservabile si premiano/puniscono i risultati
  • Movimento contro l' "obiezione vostro onore". La scienza ci dice che "tutto c'entra con tutto" quindi non esistono domande non pertinenti. Perché mai un giurato non dovrebbe leggere un giornale quando giudica? Essere immersi nella realtà fa solo bene.
  • Ability to test evidence: il teorema di bayes esprime il metodo scientifico e ci dice che le apparenze contano eccome, conta l'abito, le scelte fatte in passato, l'avvocato che si sceglie per farsi difendere eccetera.
  • Riformare le regole processuali: tutto deve essere ammesso.
  • E per i procedimenti che si trascinano? L'affitto delle aule deve essere a carico degli avvocati.
  • Tesi anti garantista: i criminali sono propensi al rischio e scambiano volentieri basse probabilità di condanna x alte pene. Sono i "probabili innocenti" che temono le pene basse comminate a tappeto. 
  • Il problema delle pene alte è anche un altro, sono criminogene in quanto non graduabili (esiste un limite verso l'alto): quando il tuo crimine è leggero lo aggravi senza problemi se la pena è molto severa in entrambi i casi.
  • La pena di morte funziona? Secondo il suo massimo studioso, Ehrlich, sembra di sì. da notare che E. era comunque contrario per motivi etici.
  • C'è poi il problema dei PM esosi sempre a caccia di condanne prolungate. Ma le carceri costano. Diamo allora un budget di anni da comminare, forse la scarsità di risorse si farà sentire anche per loro.
  • La punizione corporale resta più economica e immediata rispetto alla detenzione. Il suo maggior vantaggio è che non ti manda in carcere, ovvero nell' università del crimine. In alcuni casi vale la pena di reintrodurla.
continua

mercoledì 7 gennaio 2015

Fomentare il crimine

Ci sono leggi criminogene - quelle che non si possono rispettare.
Ma ci sono anche pene criminogene.
Qui il giustizialista comprende al volo: ma certo, quelle troppo basse che invitano a delinquere.
Ci si dimentica sempre di quelle pene criminogene perché troppo alte. 
L' antica Cina ne fece un' esperienza talmente disastrosa da fornire un monito perenne. 
Una storiella paradossale aiuta a capire la dinamica che s' innesca:
"... Chen Sheng fu uno stimato ufficiale al servizio della dinastia Quin, famosa per la sua disciplina draconiana. Lo si attendeva col suo esercito per un incontro della massima importanza ma le intemperie ostacolavano la marcia degli uomini cosicché fu presto chiaro che avrebbe tardato all' appuntamento con il Re.
Chen si rivolse all' amico Wu Guang chiedendo “Qual è la sanzione per il ritardo?"
"Morte", disse Wu.
“E per la ribellione?”
“Morte” disse Wu.
“Molto bene…” disse Chen Sheng.
E' così che comincio' la disastrosa rivolta del Dazexiang, che causò migliaia di vittime e sfociò in un periodo d' instabilità e caos, fino al collasso definitivo della dinastia Qin tre anni appresso..."

giovedì 2 maggio 2013

Punire il femminicida

Il Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini recentemente ha scritto un' accorata lettera al Corriere della Sera per prendere di petto una volta per tutte l’ emergenza che in queste ore sta mettendo a dura prova le sorti del Bel Paese, parlo dell' emergenza femminicidio naturalmente.
Il Presidente auspica che il fenomeno venga affrontato per via legislativa: Governissimo e Parlamento devono farsene carico al più presto.
Nessuno sa con esattezza cosa ci sia dietro espressioni quali “per via legislativa” ma è possibile prevederlo: pene più severe. Meglio se esemplari.
Detto in altri termini, il criminale che si macchierà di “femminicidio” sarà punito più severamente del criminale che, ad esempio, si limiterà ad uccidere una donna.
Il primo ad appoggiare in modo entusiasta l’ appello è stato il pimpante Aldo Cazzullo che settimana scorsa leggeva i giornali a Prima Pagina.
Il giornalista ha alzato al cielo le sue strilla di giubilo giustificandole poi così: trattasi di atto “particolarmente odioso” che merita pene “particolarmente severe”.
Una motivazione particolarmente ideologica, mi viene da dire.
E vista la carica altamente ideologica  che ha sempre contraddistinto una figura come Laura Boldrini, sono portato a pensare che la giustificazione della sua richiesta non si discosti in modo significativo da quella del Giornalista Unico di vedetta questa settimana nell’ inespugnabile fortino di Radio Tre.
Eppure scommetto che anche per due “smart” come il giornalista Cazzullo e la Presidente Boldrini sarebbe imbarazzante presentarsi al cospetto dei parenti di un assassinato a sangue freddo nel corso di una rapina dicendo che in fondo cio’ che ha subito il loro congiunto non è un trattamento “particolarmente odioso”.
FEMM
Purtroppo (per LB) i criteri con cui di solito si stabilisce l’ equità di una pena non comprendono l’ “esemplarietà”.
L’ ideologia dovrebbe essere bandita da materie tanto delicate e gli atti simbolici dovrebbero di conseguenza lasciare spazio agli atti razionali.
Stabilire l’ equità di una pena inflitta non è come indire un “giorno della memoria” all’ ONU, la sensibilità al simbolico deve cedere il passo al pensiero ordinato. C' è poco dai giochicchiare con i simboli quando in ballo c' è la vita delle persone.
Di sicuro la sede in cui si stabilisce l' equità della pena non è la sede ideale per allestire la vanitosa sfilata dei "buoni" di professione.
FEMMMM
Ma come si calcola una pena equa?
La pena equa è decisa da un membro molto particolare della società. Un soggetto costruito a tavolino e che non esiste nella realtà, un soggetto che dobbiamo raffigurarci facendo uno sforzo d’ immaginazione. Potremmo chiamarlo Decisore.
Se la comunità fosse costituita dai soggetti x, y e z, il Decisore prenderebbe dapprima le sue decisioni in materia di pena equa, e solo successivamente, in modo completamente casuale, scoprirebbe  la sua reale identità che potrà essere indifferentemente x, y o z.
In gergo si dice che il Decisore agisce dietro un velo d’ ignoranza.
Un soggetto del genere non è né maschio né femmina, né ricco né povero...  Non è nulla del genere, o meglio, non è ancora nulla del genere; nel momento in cui decide non ha nemmeno un corpo!
Ideologismi e moralismi sono finalmente tolti di mezzo, il Decisore è un egoista razionale. Ma un egoista molto particolare che non puo’ trascurare gli interessi di nessuno visto che in lui collassano gli interessi di tutti.
FEMMMMMM
La pena equa selezionata dal Decisore per ciascun crimine sarà dunque scelta soppesando alcuni parametri chiave.
1. VITTIMA/COLPEVOLE.
Nella sua vita incarnata il Decisore potrebbe ritrovarsi ad essere un criminale, pensando a questo ci andrà piano nel prevedere pene eccessivamente severe.
Ma potrebbe essere anche una vittima potenziale in grado di scamparla se solo la pena fosse sufficientemente elevata da offrire una deterrenza efficace.
E’ da questo tira e molla che nasce la pena equa.
In altri termini, il Decisore, da dietro il suo velo, è sia vittima che carnefice. Dentro di lui potenziale vittima e potenziale carnefice contrattano animatamente.
2. DANNO/VANTAGGIO.
Se i danni derivati alla vittima saranno ingenti, nel decisore la voce della vittima cercherà di orientarlo con forza verso una pena aspra; ma se i vantaggi derivati al colpevole saranno ingenti, il Decisore sentirà forte una voce che sponsorizza pene lievi.
Per cogliere meglio il punto: uccidere un ragazzo nel fiore degli anni e pieno di vita non è esattamente come uccidere  un aspirante suicida. Anche se sempre di omicidio si tratta.
3. APPLICABILITA’.
Se il colpevole puo’ facilmente sfuggire alla sua sorte, la vittima desidererà compensare questo pericolo con pene più severe; d’ altro canto, il potenziale colpevole tollera la richiesta di pene più severe quando sa che le vie di fuga sono molte.
Si tratta di un fattore in cui gli interessi di potenziale colpevole e potenziale vittima sono allineati.
4. RECIDIVA.
Anche qui gli interessi sono allineati: se riteniamo che ricadere nello stesso delitto sia poco desiderabile sia per la vittima che per il colpevole, è giusto auspicare pene tanto più severe quanto più questa possibilità è concreta.
Se un delitto non verrà mai commesso di nuovo dalla stessa persona, perché punirla con un sovrappiù di pena?
5. COSTOSITA’ della pena.
Applicare la pena è costoso. La galera non sarà un hotel a cinque stelle ma ha pur sempre un costo che di solito viene accollato alle potenziali vittime.
La potenziale vittima razionale pensa in questi termini: se una pena ha scarso potere deterrente meglio abbassarla, si risparmierà almeno sui costi.
FEMMM
Vediamo ora come i quattro fattori salienti impattano nel confronto tra femminicidio e semplice omicidio (magari di una donna).
1.
Sarò vittima del crimine?
Ecco cosa si chiede il decisore da dietro il suo “velo”.
Se il crimine in questione è l’ omicidio da rapina, allora è praticamente impossibile rispondere. Chiunque, per esempio, puo’ essere vittima di una rapina che si conclude tragicamente. Come escluderlo a priori?
E nel caso del femminicidio?
Non dirò certo che uno si va a cercare certe compagnie ma di sicuro in un caso del genere gioca un ruolo anche la discrezionalità della vittima: ma perché non lo molli prima un tipo così? Anzi, perché hai cominciato a frequentarlo contribuendo ad intrecciare con lui un rapporto tanto morboso?
Una discrezionalità del genere è opinabile ma di sicuro non esiste, per esempio, nell’ omicidio in seguito a rapina.
Mi hanno rapinato e mi hanno ucciso. Certo, potevo starmene a casa anziché andare al cinema, ma…
Chi rinuncia a vivere ne uscirà sempre incolume ma chiedere una simile rinuncia è palesemente assurdo.
Il Decisore ragionerà allora in questi termini: scampare al femminicidio sarà per me possibile, qualora sentirò “puzza di bruciato”, forse saprò tirarmi indietro.
Ed ecco che le probabilità di essere vittima di femminicidio si abbassano di un pelino a parità di tutto il resto.
Ricordiamoci che nel Decisore il potenziale colpevole spinge per abbassare la pena incontrando l’ opposizione della probabile vittima; se la probabile vittima si accorge di essere un po’ meno probabile di quel che pensava, rilasserà le sue pretese.
FEMMMMMMMMM
C’ è poi il caso dei “colpevoli innocenti”.
Nel Decisore, oltre alla voce del potenziale colpevole, parla anche la voce del potenziale innocente dichiarato colpevole. Entrambi questi personaggi fanno le medesime rivendicazioni.
L’ interesse dei due è allineato e diventa importante isolare quei crimini dove l’ errore giudiziario è più probabile.
Esiste il rischio che un innocente venga condannato di omicidio?
Naturalmente esiste in tutti i generi di omicidio. Ma nel caso dei femminicidi il rischio è più elevato visto che la fattispecie non sempre è chiaramente distinta da quella del “semplice” omicidio.
A dire la verità ancora oggi c’ è gente che non ha capito bene come discernere in teoria il femminicidio dall’ omicidio di una donna, figuriamoci quando si passa al caso pratico.
Il Decisore deve tener conto che potrebbe incarnarsi in un colpevole ma deve assommare a quella probabilità la probabilità di incarnarsi in un semplice omicida accusato ingiustamente di femminicidio.
2.
L’ vittima dell’ assassinio sarebbe stata una persona felice?
Se sì, allora i danni procurati dall’ assassino sono particolarmente gravi.
Difficile comunque rispondere alla domanda: io me ne andavo al cinema e un rapinatore mi ha ucciso. Sarei stato felice? Boh!
E la vittima media dei “femminicidi”?
Anche qui difficile dire, bisognerebbe chiedere allo psicologo.
Probabilmente non si tratta di persone particolarmente abili nella gestione delle relazioni intime e noi sappiamo che la felicità di un soggetto dipende in modo preponderante dalla qualità delle sue relazioni.
Il Decisore dovrà soppesare con cura simili informazioni.
3.
Il femminicidio non è quasi mai un omicidio perfetto.
Il femminicida difficilmente sfugge alla sua sorte. Addirittura è talmente poco desideroso di sfuggire alla sua sorte che spesso si suicida o si costituisce.
Quando va male tenta delle ridicole quanto brevi fughe.
Di sicuro è più difficile catturare chi uccide in modo professionale calcolando tutte le conseguenze del suo gesto, pensiamo solo ai rapinatori professionisti o ai terroristi.
Il fatto che il colpevole non puo’ o non vuole farla franca indebolisce il bisogno di una deterrenza forte della pena.
4.
Sicuramente la recidiva è un rischio a cui sono soggetti tutti gli assassini.
Bisognerebbe chiedere ai criminologi la posizione dei femminicidi rispetto agli altri assassini.
C’ è però un aspetto tecnico che rende la recidiva del femminicidio più difficoltosa: bisogna costruire una relazione minimamente complessa e stratificata per odiare la propria donna fino ad ucciderla. Questo richiede tempo ed energie.
Il killer appena uscito di galera, al contrario, puo’ ricevere ordinativi che lo fanno entrare in azione immediatamente.
5.
Spesso il femminicida è un povero disperato che si augura solo di marcire in galera. Si dirà: e allora non lesiniamo sulle pene!
In questi casi l’ atteggiamento più corretto è quello contrario: le pene verso chi desidera subire pene aspre dovrebbero essere più lievi.
Chi desidera pene aspre non teme la pena. Detto in altri termini, la pena non ha potere deterrente su di lui, ovvero non tutela le potenziali vittime. D’ altro canto la pena ha un costo che le potenziali vittime devono sobbarcarsi. La conclusione è che in casi del genere non ha senso formulare pene particolarmente afflittive. 
FEMMMMMMM
Analizzando i cinque fattori non ideologici sulla base dei quali elaborare una pena equa, non mi sembrano emergere stringenti ragioni per inasprire quelle che colpiscono il femminicida.
E consiglio al Presidente Boldrini di non approfondire la pratica, il rischio è quello di giungere a conclusioni opposte rispetto a quelle verso cui la spinge la tanto amata ideologia.
 

giovedì 29 novembre 2012

Iudicium Aquae Fervantis

Per mezzo millennio le più sofisticate menti giuridiche trovarono un solido accordo nell’ adottare strani diritti processuali: l’ imputato veniva preso e immerso senza riguardi in un calderone di acqua bollente. Se si ustionava era colpevole, se usciva incolume innocente. Il tutto passò sotto il nome di Ordalia.
Esiste forse un esempio migliore di oscurantismo?
Fortunatamente qualche secolo dopo irruppe sulla scena il Prof. Voltaire con il suo assistente Odiferddi a denunciare le barbarie di un periodo storico tanto ottenebrato.
Mai più fu il motto che pronunciarono solennemente davanti a una platea devota.
La visione storica di questo corpo docente è alquanto semplificata: prima eravamo degli idioti, ora siamo degli intelligentoni. Seguono slogan del tipo “evviva la scienza”, “Abbasso dio e tutte le sottane che lo venerano”.
Non proprio “nani sulle spalle dei giganti”, quindi.
Anche la ricetta su come procedere d’ ora innanzi è semplice: fare tabula rasa del passato e ricominciare da zero.
boiling
I soliti frettolosi, scommetto che gli errori giudiziari del passato erano inferiori ai nostri, e questo nonostante si operasse in condizioni precarie a dir poco.
Pensateci bene e cercate di tornare indietro nel tempo in una società quanto mai ricca di spiritualità che oggi giudicheremmo strampalata.
Nel medioevo, in condizioni tanto arretrate rispetto alle nostre e con strumenti tanto rudimentali, risultava difficile evitare errori giudiziari: quando si puntava sulla confessione erano tutti innocenti, quando si puntava sulla tortura erano tutti colpevoli.
Fortunatamente le superstizioni erano potenti e si pensò bene di sfruttare quella nota come Iudicio Dei  in accordo alla quale Dio in persona condanna e assolve se opportunamente interpellato dai Sacerdoti.
C’ è da dire che all’ epoca Giudici e Sacerdoti coincidevano.
L’ idea fu geniale e degna delle menti sofisticate di cui sopra, con queste premesse costruire un “processo giusto” divenne un gioco da ragazzi: si fissava la possibilità di patteggiare, chi non ci stava si sottoponeva all’ ordalia.
In un mondo pieno d’ incertezze abbiamo ottenuto una certezza non da poco: il colpevole patteggia, l’ innocente si “sottopone”.
Manipolando opportunamente l’ ordalia il Sacerdote procurerà poi un verdetto d’ innocenza.
Indagini zero ed errori giudiziari zero, dunque. Qualche obiezione?
Bé, una percentuale del 100% d’ innocenti tra chi non patteggia potrebbe inoculare dosi di scetticismo. Sarebbe un grave danno visto che tutto si fonda sulla superstizione e lo scetticismo è l' acido preposto a erodere questo genere di fondamenta.
Rimedi? Si potrebbe abolire il patteggiamento lasciando comunque aperte vaghe e discrezionali alternative all’ Ordalia. Magari le si giustifica così: dio non puo’ essere continuamente disturbato per sistemare gli affaracci nostri, ha cose più importanti da fare.
Nell’ udienza preliminare l’ accusa accuserà, l’ imputato si difenderà e il giudice giudicherà.
Ma cosa giudicherà? Come detto giudicare con rigore i fatti era estremamente costoso, mancava ogni tecnologia d’ indagine che andasse al di là della parola di testimoni per lo più corrotti.
Fortunatamente in questo caso i fatti possono essere accertati senza bisogno di conoscerli. Il giudice non giudica i fatti ma l’ atteggiamento dell’ imputato in aula e la sua strategia difensiva: punta sull’ Ordalia o punta a evitarla? Un giudizio semplicissimo visto che non si puo’ bleffare.
Nel primo caso si farà precedere l’ immersione da una luuuunga serie di ciacolatorie in modo da raffreddare opportunamente il liquido, nel secondo si sbatterà il colpevole nel pentolone senza nemmeno spegnere il fuoco.  
Ancora una volta: indagini pressoché zero ed errori giudiziari pressoché a zero.
Un meccanismo perfetto che puo’ essere inclinato solo dall' allentamento delle superstizioni.
Non è un caso che gli scettici notori (per lo più gli ebrei) non venissero mai sottoposti a Ordalia.
Non è un caso se la cerimonia dell’ Ordalia fosse parte integrante della liturgia cristiana e si svolgesse in Chiesa (luogo interdetto agli scettici).
Non è un caso se dai registri constatiamo una prevalenza impressionante dei verdetti d’ innocenza con percentuali che s’ impennano in presenza dei patteggiamenti.
Non è un caso se i sacerdoti fossero gli unici ammessi a constatare e giudicare l’ esito dell’ Ordalia.
Non è un caso se si dovette rinunciare a questo ingegnoso meccanismo non appena le funzioni giudiziarie passarono dai sacerdoti a laici incapaci di evocare qualsiasi spirito.
Morale: nanetti come Voltaire o Odifreddi, anziché sforzarsi sulla punta degli alluci farebbero bene a scalare la montagna umana di cotanti giganti, sistemarsi sulle capienti spalle e dare da lassù il loro misero ma mai disprezzabile contributo.

giovedì 4 agosto 2011

E il colpevole si dileguò

La riforma della giustizia secondo il neuroscienziato David Eagleman (determinista-ala dura):

“… il punto cruciale è che di fronte ad un crimine non ha più senso chiedersi “quanto conta la biologia e quanto conta la persona?”. questo perché sappiamo che non ha più senso disgiungere la biologia di una persona dalle decisioni che prende. Sono cose inseparabili…

… abbiamo un’ idea della “pena” che si fonda ancora sui concetti di ”intenzione” e “colpevolezza”… ma la moderna comprensione del cervello richiede un cambio di paradigma… il concetto di “colpevolezza” deve essere rimosso dal gergo legale… è un concetto del passato irriconciliabile con la rete genetico/ambientale che disegna i comportamenti umani…”

E’ una vera fortuna avere tra noi gente che parla chiaro. E auguri per il nuovo paradigma.

A proposito, il filosofo Saul Smilansky, senza tanti filosofemi,  ha cominciato a dire che una simile svolta è impossibile. Dietro l’ angolo della “svolta” non ci sono che burroni.

Ma una scappatoia si offre: basta considerare la pena alla stregua di un trattamento sanitario obbligatorio.

Alcuni di noi sono nati del colore sbagliato e dobbiamo ridipingerli.

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Non sarebbe la prima volta, pensiamo all’ inquisizione: si torturava per liberare l’ eretico dai demoni. Ovvero, per curarlo.

Il determinista deve farsi piacere questo paradigma. Cio’ che porta a delinquere è una malattia: la cura per il delinquente effettivo si chiama riabilitazione, quella per il delinquente potenziale si chiama deterrenza.

In questo modo si reintroducono di straforo elementi essenziali per tenere in piedi una società.

Ma affidarsi unicamente alla pura deterrenza (+ riabilitazione) risulta ripugnante al senso comune.

Rothbard sintetizza due classici punti d’ inciampo:

… il criterio della deterrenza implica degli schemi punitivi che la gran parte di noi giudicherebbe grossolani e ripugnanti… Per esempio, in assenza di legislazione molti di noi si asterrebbero spontaneamente dai crimini più orrendi, per esempio l’ omicidio… d’ altro canto potrebbero essere tentati da crimini insignificanti (per esempio il furto di un frutto sulla pianta)… se la funzione della pena si esaurisce nella deterrenza, una punizione più severa è richiesta per quei comportamenti illeciti a cui la gente da poco peso… il furto di una gomma dal tabaccaio da parte di un ragazzino dovrebbe essere punita con la morte… per l’ omicidio basterebbero pochi mesi…

 

… vorrei aggiungere che se la deterrenza fosse il nostro criterio guida sarebbe perfettamente legittimo che l’ autorità giudiziaria condanni chi sa essere innocente previa verifica dell’ esistenza nell’ opinione pubblica di un generalizzato sentimento di colpevolezza… la pubblica esecuzione di un innocente – purché la sua innocenza venga tenuta nascosta – avrebbe un effetto deterrente pari a quella di un colpevole,,, ma questo viola qualsiasi standard di giustizia concepibile…

… il fatto che chiunque consideri le due conclusioni precedenti come grottesche, per quanto soddisfino il criterio di deterrenza, mostra in modo palpabile che la gente è interessata a qualcosa di più che alla deterrenza…

 

lunedì 27 settembre 2010

I due ubriachi

If two equally drunk drivers go home, and one kills a child, but the other arrives home safe because there was no child for him to hit, which driver is more culpable?

Un bel casino?

E' la via maestra per pensare a quanto umano sia ammettere l' esistenza di un giudizio divino.

P.S. Spesso il non credente è parente del fondamentalista religioso: fa finta di non capire i reali problemi sollevati dalla religione equivocando pretestuosamente sul linguaggio, magari un po' naif, che la religione impiega per esporli ed affrontarli. In questo senso gli torna molto comoda una lettura fondamentalista (letterale) dei testi consultati.

giovedì 4 marzo 2010

Al di là di ogni ragionevole Ragione

All'art. 533 codice penale: «se l'imputato risulta colpevole del reato contestatogli, il giudice pronuncia sentenza di condanna auando la colpevolezza è provata al di là di ogni ragionevole dubbio. Con la sentenza il giudice applica la pena e le eventuali misure di sicurezza»

Non così per la giustizia civile, qui per la condanna basta la "preponderante evidenza": non è, dunque, necessario raggiungere la certezza "oltre ogni ragionevole dubbio", ma è sufficiente affidarsi alla regola "più probabile che non" (insomma più del 50%).

Motivi di scetticismo verso il principio garantista sono già emersi, ora vorrei solo segnalare la sua incoerenza.

Immaginiamo una società in cui la Giustizia sia retta, tra gli altri, anche da questi tre principi.

Principio prudenziale: per il quale si accoglie il dettato del nostro art. 533 codice penale.

Principio proporzionale: la pena è proporzionale all' offesa (esempio, l' assassinio è punito con la morte).

Principio libertario: le violazioni procedurali, diversamente da quelle sostanziali, sono punite in via amministrativa (multa, ammenda...).

Non mi sembrano ipotesi particolarmente forti. Adesso faccio un caso concreto e mostro come un sistema del genere sia insostenibile.

1. Giovanni ha assistito ad una scena terribile: la sua figlioletta stuprata e uccisa da Giulio. Tra i due non è mai corso buon sangue.

2. Ora Giulio è sotto processo e Giovanni testimonia contro di lui.

3. Nel processo vengono presentate una serie di prove a carico e a discarico dell' imputato.

4. Il giudice assolve Giulio applicando il primo principio: non è possibile provare la sua colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, per quanto l' evidenza a suo carico sia "preponderante".

5. Alla lettura della sentenza Giovanni si alza, estrae una pistola e stende Giulio.

6. Giovanni viene prontamente bloccato e consegnato alla Giustizia. Anzi, si consegna lui stesso considerato che basterà pagare una multa per tornare a casina.

Eh sì, non vedo alternative, infatti...

... 1) se Giulio non è un assassino, allora lo è Giovanni e... altro che multa; 2) se invece Giulio è un efferato assassino di minorenni, allora Giovanni - pur violando le procedure - nella sostanza si è limitato a fare giustizia e non puo' essere considerato a sua volta un assassino.

Chi giudica Giovanni, vincolato dalla sentenza emessa nel processo a Giulio, dovrà necessariamente scagionarlo limitandosi, al limite, ad infliggere un' ammenda.

Da notare che neanche se giudicassimo Giovanni adottando il criterio della "preponderante evidenza" potremmo mai condannarlo per assassinio, per quanto abbia ucciso un innocente!

Questa conclusione è decisamente insoddisfacente ma segue dall' applicazione dei tre principi cardine.

A quale principio rinunciare per ricondurre tutto al buon senso? Per un libertario la scelta è obbligata, rinuncerà al primo, quello che più rompe le balle, cosicchè il principio anti-garantista della "preponderante evidenza" troverà applicazione universale in un sistema coerente di regole.

link



N.B. ai sensibili faccio notare che l' ipotesi specifica della "pena di morte" non è un fattore necessario per costruire il paradosso. Se l' ho inserita nella storiella è solo per renderla più vivida.

lunedì 14 dicembre 2009

Punire la persona o punire i geni?

Finalmente è successo: in sede penale ad un imputato sono state concesse delle attenuanti in quanto il suo corredo genetico era predisposto affinchè commettesse un certo crimine.

Domani, anzichè le attenuanti, secondo questa logica avremo delle vere assoluzioni. Non vedo alternative.

La cosa spaventa? Direi di sì, specie per chi considera la pena come una semplice soluzione etica.

Se un "atto" non implica volontarietà, non è più un atto "colpevole" e la persona che lo compie non merita di essere sanzionato.

Chi considera invece la pena come una soluzione economica, ha qualche chance in più di evitare questo baratro.

Per costoro punire i geni o punire la persona è indifferente, quindi queste attenuanti non hanno senso e la punizione piena resta giustificata.

Premia i cattivi e ne avrai sempre di più, puniscili e ne avrai meno. Vale per le persone, ma vale anche per i geni.

Mi fa particolarmente piacere notare che la medesima efficienza della giustizia la si ottiene postulando l' uomo come essere libero (a prescindere dai suoi geni). Ancora una volta felicità e libertà vanno a braccetto.

link

lunedì 16 novembre 2009

Qual è il proplema che affiligge la giustizia italiana?

L' organizzazione degli uffici.

E a chi spetta?

Ai magistrati.

Quindi il processo breve è un primo passo nella giusta direzione?

Sì, purchè il magistrato sia sanzionato quando scade un procedimento.

Qualche tabella: link

mercoledì 22 luglio 2009

Perchè non sono un garantista

Tutto sommato i criminali devono amare il rischio, perchè se non lo amassero invece di delinquere si guadagnerebbero la vita lavando le auto. Prferiscono avere poche probabilità di ricevere una grossa punizione che non molte di riceverne una lieve. Infatti, le persone favorevoli alla seconda opzione non delinquono ma scelgono attività punitive come il lavoro nell' edilizia o in miniera. Quindi, se vogliamo che i criminali siano meno attratti dal crimine, è meglio raddoppiare le probabilità di essere condannati anzichè raddoppiare la severità della pena.
Devo ammetterlo, l' argomento anti-garantista è anche il più convincente contro la pena di morte.

lunedì 15 giugno 2009

Quando è ragionevole punire la diligenza

Ad uccidere Yankel Rosenbaum fu Lemerick Nelson. Lo sappiamo perchè Nelson dopo 10 anni ha confessato - quando ormai era stato assolto e liberato da tempo. Due giudici, primo grado e appello, emisero una sentenza sbagliata, eppure nessuno di loro sarà mai punito. Non dovrebbero pagare perlomeno una multa?

E' giusto punire dei giudici diligenti che commettono errori in buona fede? Certo che no. Così come non è giusto punire i contadini diligenti i cui raccolti vanno male, oppure scrittori diligenti i cui libri non hanno successo. In una società ideale la diligenza sarebbe premiata ma ovunque si preferisce premiare i risultati. L' ingiustizia fa parte di ogni buon sistema d' incentivi. Una multa per i giudici non costituirebbe certo un trattamento "duro": ogni giorno fallisce un' impresa.

lunedì 1 giugno 2009

Giudici razzisti che piacciono ad Obama

"... senz' altro una saggia donna ariana, con la ricchezza della sua esperienza, saprebbe prendere decisioni molto più assennate rispetto ad un uomo ebreo che ha vissuto una vita ben diversa..."

Non parla il portavoce del KKK ma Sonia Sotomayor, il nuovo giudice in odore di razzismo che Obama ha insediato presso la Corte Suprema.

Errata Corrige: non "ariana" ma "latino-americana"; non "ebreo" ma "bianco". Non c' è più nulla da correggere

mercoledì 27 agosto 2008

Un ciccione ci salverà

  1. Un vagone senza controllo scende per i binari e investirà 5 persone che stanno sulla sua traettoria. Ma non siamo completamente impotenti di fronte alla tragedia poichè possiamo azionare uno scambio che farà scartare il vagone su un binario dove si trova un mite ciccione che a quel punto verrà sacrificato. Decidiamo di agire.
  2. Un vagone senza controllo scende per i binari e investirà 5 persone che stanno sulla traettoria. Ma non siamo condannati al ruolo di spettatori passivi. A fianco a noi mangia le sue patatine un mite ciccione che, se scaraventato sui binari, con la sua mole fermerà il vagone impazzito sacrificandosi. Decidiamo di spingere.

Chi agisce nel caso due è più colpevole di chi agisce nel caso uno?

Dal punto di vista razionale sembrerebbe di no. Sia chi "scambia" che chi "spinge" è causa diretta e volontaria della morte del ciccione. Qualora il giudizio sia di colpevolezza, costoro condividono il medesimo grado di colpa.

Ma probabilmente nel giudizio interviene una componente emotiva poichè è accertato sperimentalmente che chi "scambia" venga ritenuto meno colpevole che chi "spinge" (Philippa Foot: The problem of abortion and the doctrine of double effect; Marc Hauser: menti morali, come la natura progetta il senso universale della morale). L' esperimento è stato condotto presso tutte le popolazioni del pianeta con il medesimo esito.

Il caso è affrontato anche nel libro che sto leggendo di Michael Shermer: The mind of the market. Secondo l' autore un' emozione evoluta nel tempo ci fa ritenere più colpevole chi agisce direttamente sull' uomo che non chi agisce con l' intermediazione degli oggetti.

Oggi il caso di scuola è ripreso sul Corriere da Massimo Piattelli-Palmarini per affermare che esiste una morale universale di natura emotiva.

Non sono ancora convinto.

Trascurare il concetto di "entità della pena", il concetto di risarcimento e limitarsi a prendere in considerazione le categorie di "colpevole" e "innocente" facilità di molto l' approdo di Piattelli-Palmerini. Una vita è risarcibile? Se sì le cose cambiano e la ragione etica non puo' ancora essere accantonata.


sabato 23 agosto 2008

Una libbra di carne contesa

Non è una buona difesa del Cristianesimo quella che Shakespeare appronta nel "Mercante di Venezia".

Se quelle che il grande Bardo mette in tavola sono le uniche carte a disposizione stiamo freschi.

Man mano che gli eventi evolvono cresce dirompente la mia simpatia per l' ebreo Shylock. Sono in sparuta ma buona compagnia, il critico Hazlitt è il più deciso del gruppetto e parla per tutti, secondo lui: "... S. è onesto nei suoi vizi, gli altri sono ipocriti nelle loro virtù...".

"Gli altri" sono il partito della pietà, un sentimento nobile che sembra in grado di giustificare qualsiasi infingimento. Le buone intenzioni appaiono destinate a scontare l' ingenuità economica del Cristiano che puo' quindi permettersi di perpetuarla in eterno. Ma l' ebreo non ci sta, per lui la giustizia è chiara e sopravanza la pietà: la libbra di carne che ha liberamente contrattato con il generoso sprovveduto deve essergli pagata.

Uno shylockiano ritiene che la vendetta dell' ebreo sia inappuntabile e condotta secondo le regole. La pretesa di S. stabilizza la società: è pur vero che vendetta chiami vendetta, ma lo è molto meno se si seguono le regole. D' altronde anche il perdono sollecita il male rendendolo conveniente.

Nell' Incarnazione cristiana avrebbe dovuto trasfondersi l' idea ebraica del Talione: è con la carne che si pagano i debiti (il Cristo morto in croce lo sapeva). Ma da qualche parte qualcosa è andato storto, il messaggio non si è trasfuso nella sua pienezza e la mentalità di molti cristiani è rimasta lacunosa sul punto.

Quando nella commedia questo saldo puo' essere evitato ai danni del disprezzato giudeo, abbiamo la sensazione che trionfi la pietà cristiana. Cio' sembra compiacere alla maggioranza che vede l' occhiolino dell' Autore.

Shakespeare ha il buon gusto di metterci davanti al naso anche l' ingrediente grazie al quale la pietà trionfa sulla ragione: il lubrico trucco legalistico, il viscido paralogismo di cui Portia è maestra incontrastata. Esempio: A. deve una libbra della sua carne a S. Ma non è possibile estrarre una libbra esatta, l' esito sarà sempre approssimativo e quando la giustizia non puo' essere perseguita che si cessi di farlo. "De minimis non curat lex", ecco l' elementare principio che Portia trascura per trarne vantaggio.

Hazlitt rassicura la nostra minoranza dicendo a proposito dell' avido ebreo S. "... che in ogni sua risposta c' è una forza argomentativa ineludibile..." e proseguendo sul discorso di Portia "... la perorazione pietistica è sublime ma nemmeno la potenza espressiva di Shakespeare risulta mai convincente...".

Fonte: William Ian Miller - Eye for asn Eye

venerdì 11 luglio 2008

Capitalismo dimezzato

Sembra che alla Clinica Santa Rita di Milano non tutte le operazioni chirurgiche effettuate fossero indispensabili. Venivano però giustificate dal tentativo di intascare rimborsi facili.

Un Ospedale pubblico non incorrerà mai in simili comportamenti, per lui non esistono incentivi alla produttività. E' una lacuna fonte di tanti guai, ma in questo caso è una garanzia.

Possiamo ben dire che il "modello lombardo" sia ora sotto accusa e, poichè siamo in Italia, ad essere sotto accusa è il sistema capitalistico in genere.

Certo, un' accusa credibile non puo' fondarsi interamente su un caso o su pochi casi, occorrerebbero numeri più rappresentativi per il momento sconosciuti. La cosa che tranquillizza è il fittissmo andirivieni creato dal turismo medico che interessa la Lombardia. Chissà che ora non cessi di botto, bisogna pur essere coerenti.

Nelle mentalità conservatrici la presenza di un inconveniente viene subito sfruttata per reclamare il ripristino del vecchio. Sarebbe molto meglio sfruttarla per una messa a punto dell' esistente.

Togliere incentivi alla produzione di servizi medici non è un migioramento poichè saremmo da capo a dodici con i guai di prima che conosciamo bene.

L' incentivo produttivo è importante ma sono importanti anche i controlli. Nel caso della Santa Rita la "produzione" è colpevole di aver barato, ma anche i controlli sono colpevoli di inefficienza.

Certo che una buona riuscita delle soluzioni d' impronta capitalistica richiede anche una mentalità adeguata e partecipe, anche la cultura reclama la sua importanza. E da noi l' amore per le libertà economiche è piuttosto fievole.

Nel mondo, il sistema capitalistico ha sbaragliato i suoi concorrenti per l' efficienza che era in grado di mettere sul piatto.

Per i critici torna comodo dare molta enfasi all' efficienza produttiva, meno all' efficienza sui controlli. Si crea così un' immagine dimezzata del capitalismo che è molto comodo criticare.

Eppure c' è anche un' efficienza dei controlli, anche i controlli sono un' attività a tutti gli effetti: in un mercato senza fallimenti si crea un conflitto d' interessi e ciascuno controlla il proprio vicino. L' efficienza è garantita da una buona struttura degli incentivi.

Come una "produzione" sottratta alla mano pubblica guadagna in efficienza, così pure vale per l' attività di "controllo".

Il turpe caso del Santa Rita conferma: la produzione (privata) era efficiente (troppo), i controlli (pubblici) no. Una doppia inefficienza non ci fa fare rassicuranti passi in avanti.

Il conflitto d' interessi che consente un reciproco controllo non si realizzava per il semplice fatto che una delle parti era il pubblico e il pubblico, per definizione, ha interessi deboli da mettere "in conflitto".

Se a pagare la clinica fosse stata un' assicurazione privata forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse il Brega Massone non l' avrebbe turlupinata tanto facilmente (anche se abbiamo appena visto come molti proletari abbiano buggerato le grandi banche americane in tema di mutui).

Insomma, bisognerebbe incentivare anche i controlli oltre che la produzione.

Come? privatizzandoli e offrendo delle taglie. Magari le associazioni dei consumatori potrebbero rivestire un ruolo che vada finalmente al di là della vuota chiacchera o della denuncia esplosiva che non esplode mai.

Da noi le "taglie" non vanno troppo di moda per il fatto paradossale ma non banale che sono fin "troppo efficienti".

Chi si impaurisce di questa efficienza dovrebbe poi trattenere le urla scandalizzate di fronte ai casi del Santa Rita.

Attenzione, un buon "conflitto d' interessi" offre controlli efficienti, ma non sono tutte rose e fiori: il prezzo della sanità sale. Se i rischi per le cliniche si alzano si alzeranno anche i prezzi, è naturale. In parte verranno pagati anche dall' utenza.

Precisazione: si alzeranno i prezzi ma non i costi. Molto semplicemente conosceremo il prezzo reale del servizio di cui godiamo. Se consideriamo come i prezzi finti siano sempre fonte di guai dovremmo essere contenti.

martedì 17 giugno 2008

Cap & trade a scuola e in tribunale

Le intercettazioni sono troppe?

Lo scienziato triste ha la soluzione, si tratta sempre della stessa: fissare un minutaggio massimo per procura consentendo alle procure di negoziare tra loro i minuti.

Naturalmente la cosa funziona solo se i procuratori sono resi responsabili in base ai risultati. Oggi non sembra sia così.

I prof. con il tempo sono diventati troppo di manica larga danneggiando così i migliori allievi?

Lo scienziato triste ha la solita soluzione: fissare un budget di voti che ciascun professore puo' distribuire e introdurre forme di commercializzazione dei voti tra prof..

Gli alunni appartenenti ad una classe sopra la media sarebbero penalizzati. Ma lo sarebbero ancora di più se la "manica larga" non fosse disincentivata.


La cosa funziona, ma solo se i prof. sono responsabilizzati rispetto ad un risultato finale.

A proposito, ma perchè la "manica larga" danneggia i migliori? Semplice, se i voti si concentrano in alto, l' informazione che veicolano è dettagliata nel descrivere il profitto dei peggiori ma è molto scarsa nel descrivere quello dei migliori.