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sabato 15 ottobre 2016

Leggere i romanzi ci rende persone migliori?

Una domanda eterna alla quale cerca di rispondere in modo compiuto Gary Saul Morson nel saggio “Can Reading Literature Make Us Moral?”.
Alcuni suoi illustri predecessori si sono pronunciati recisamente per il “no”: il libro, come del resto l’arte in generale, cela pericoli. Platone (contro i poeti), i riformatori protestanti (contro i cattolici), i governanti comunisti (contro i borghesi)… tutti uniti nel lanciare un grido d’allarme:
… Plato thought fiction dangerous and regretted, for instance, the depiction of the gods as given to laughter… During the Reformation, much Catholic art was destroyed…  the Chinese Cultural Revolution sought to rid the world of reactionary artworks; and the Soviets, when they took power, were faced with the choice of banning pre-revolutionary literature or, as they eventually decided, reinterpreting it…
In realtà l’opera letteraria spesso allarga i nostri orizzonti e apre la mente verso il “diverso”
…reading literature will seem like a way of acquiring wisdom; it gets us off our little island in time and place and shows us how our own values might appear to others. We no longer accept our own values as the only possible ones for a decent, intelligent person to hold…
Se “il diverso” ci assedia con le sue idee per noi scorrette, proviamo un moto di repulsa. Ma se invece lo percepiamo vivere in un romanzo siamo disposti, non dico a sposare la sua diversità, ma a simpatizzare con lui per un attimo.
Per capire il nazismo meglio leggere Celine o Drieu de la Rochelle più che festeggiare il 25 aprile. Per capire chi era un partigiano meglio leggere Fenoglio che frequentare l’ ANPI.
Ma molti non ci stanno. Per molti l’altro ha torto e lì il discorso deve chiudersi. Nel momento in cui la diversità s’insinua nel nostro mondo appellandosi all’empatia cio’ costituisce un pericolo da fugare…
… Some view such broadening as potentially dangerous. The more one regards differing perspectives as necessarily evil or stupid, the less one wants others to practice seeing the world from such perspectives…
Facciamo un esempio concreto: i regimi comunisti e la tragedia greca
… Tragedy, for example, was considered pernicious for at least two reasons. First, it contradicted the official optimism of Communist philosophy, which held that it was inevitable that people would reach universal happiness. Second, tragedy affirms that the human mind is inadequate to understand the strange universe, whereas Communist philosophy held that, guided by Marxism-Leninism, people could not only understand the laws of nature and society, but also change them at will…
Ma è un bene per una persona mettersi temporaneamente nei panni del “nemico”? In parte sì, inoltre esistono delle modalità letterarie per ridurre i rischi di fascinazione del male.
Se restiamo sul romanzo realista dell’ottocento, fu Jane Austen a realizzare in modo prudenziale questo transfert attraverso la tecnica delle due voci
… Jane Austen invented a technique for allowing us to enter into the process of another person’s thoughts, and in so doing she in effect invented the realist psychological novel… The Russian philosopher Mikhail Bakhtin called this technique “double-voiced words.” Here’s how it works: The author paraphrases the sequence of a hero’s or heroine’s thoughts from within. The paraphrase assumes the tone, manner, and typical choice of words of the character, and we hear how she speaks to herself. Thus, when she needs to justify herself to herself, we hear her address an invisible judge. When she wants to do something she feels she shouldn’t, we witness her talking herself into it, banishing contrary arguments, veering away at the first sign she is about to stumble onto a consideration too strong to evade…
Con le “due voci” noi possiamo contemporaneamente metterci nei panni del “nemico” e prenderne le distanze
… there is all the difference between simply not thinking of something and avoiding the thought of that thing. That difference is visible only to someone who can follow the process of her thoughts…
Jane Austen, George Eliot, Leo Tolstoy, e Henry James sono scrittori che hanno fatto ampio uso della doppia voce.
Facciamo un esempio tratto da una pagina di “Anna Karenina”, in cui Anna nel leggere un romanzo ripensa a sè con indulgenza...
“… L’eroe del romanzo aveva già cominciato a raggiungere la sua felicità inglese: il titolo di baronetto e un possedimento, e Anna desiderava andare con lui in quel possedimento, quando a un tratto sentì che lui avrebbe dovuto vergognarsi e che lei si vergognava proprio di questo. Ma di che cosa lui doveva vergognarsi? «Di che cosa mi vergogno io?» si domandò con offeso stupore. Lasciò il libro e si distese sullo schienale della poltrona, stringendo con forza con entrambe le mani il tagliacarte. Non c’era nulla di cui vergognarsi. Riandò a tutti i suoi ricordi di Mosca. Erano tutti belli, gradevoli. Ricordò il ballo, ricordò Vrònskij e il suo viso innamorato e sottomesso, ricordò tutti i propri rapporti con lui: non c’era nulla di cui vergognarsi. E tuttavia proprio a questo punto dei ricordi la sensazione di vergogna si faceva più forte, come se una voce interna, proprio a questo punto, quando lei si ricordava di Vrònskij, le dicesse: «Caldo, caldissimo, bruciante.» «E con questo?» si disse risolutamente, cambiando posizione nella poltrona. «Che vuol dire questo? Perché, io ho forse paura di guardare in faccia a questo? E allora? Possibile che fra me e quest’ufficiale ancora ragazzo esistano e possano esistere altri rapporti che non quelli che si hanno con qualsiasi conoscente?» Sorrise con disprezzo e riprese nuovamente il libro, ma ormai non riusciva più, veramente, a capire quel che leggeva. Fece passare il tagliacarte sul vetro, poi ne avvicinò la liscia e fredda superficie a una guancia e per poco non scoppiò a ridere forte dalla gioia che l’aveva presa a un tratto senza motivo. Sentiva che i suoi nervi si tendevano sempre di più come corde su cavicchi che si avvitavano. Sentiva che i suoi occhi si aprivano sempre più, che le dita delle mani e dei piedi si muovevano nervosamente, che dentro qualcosa le soffocava il respiro, e che tutte le immagini e i suoni in quella penombra vacillante la colpivano con straordinaria intensità.”
La verità trapela e il modo in cui il protagonista la elude è molto umano.
Nella lettura di Anna Karenina il senso di giustizia e il senso di umanità convivono anche se sono in apparente contraddizione tra loro.
Chi potrebbe approvare la sua condotta? Nessuno. Ma chi potrebbe non simpatizzare con lei? Nessuno. E’ il miracolo della letteratura quando scaturisce da un genio come Tolstoj.
E’ questo obiettivo che caratterizza la doppia voce rispetto al flusso di coscienza
… Another reason we need double-voicing, rather than stream of consciousness, is that the moral complexity of the sequence of thoughts depends on hearing simultaneously both the character’s thoughts and the perspective of another who might listen in…
Nel romanzo riusciamo ad amare chi deploriamo. Amare il peccatore è una missione impossibile che l’arte spesso porta a termine felicemente…
… Readers often feel that Anna Karenina and Lily Bart (in The House of Mirth), for instance, represent values they deplore. And yet those same readers— if I am an example— still feel deep compassion as Anna and Lily descend into suicide…
Oltre a metterci in contatto con persone “diverse”, la letteratura ci puo’ far abitare mondi con valori “diversi”. Se riusciamo a starci e a comprenderli, forse riusciremo a convivere meglio anche con l’avversario politico o sportivo nella vita di tutti i giorni…
… to read The Iliad or Paradise Lost is to share, however briefly, an epic perspective on events, as well as to adopt the values taken for granted by ancient Greek or English Renaissance culture. The more alien the culture, the more we are likely to encounter authors or protagonists who do not share our values. If we learn to empathize with them, and regard them as holding their views for motives no less sincere than our own, could we perhaps learn to do the same for people in our own culture, for example, who do not share our political party or social class?
Purtroppo, oggi il potere empatico della letteratura va scemando. Il libro diventa sempre più una macchina da costruire e decostruire. Oppure un contenitore di messaggi da estrarre e giudicare con relativa sentenza di condanna o assoluzione…
… Some literary critics and teachers have tried to “de-literize” literature. They try to remove the essential literary act of experiencing other points of view by treating literature as propaganda that endorses what one already believes, or by only assigning works by approved authors with an approved message…
Al punto che gli studenti di lettere si chiedono perché mai sobbarcarsi libri tanto ponderosi come i romanzi ottocenteschi quando il nocciolo non sta più nell’atmosfera incantatrice necessaria a produrre un transfert verso i protagonisti, anche i più bizzarri. Il meccanismo, in effetti, richiede molto meno per essere realizzato…
… students are bound to wonder why they should put in the hard work to read long books only to learn what they already knew….
Una cultura paternalista a tutela del regime oppure ossessionata dall’università come “safe space” vede questo transfert valoriale come rischioso, meglio limitarsi all’esercizio sulle regole, meglio dedicarsi all’esperimento decostruttivo e strutturalista…
… The more a culture wants to protect its citizens from potentially harmful viewpoints, the more it will de-literize the literary. For totalitarian regimes, intolerant religions, and morally superior social-justice warriors, the way literature can make us moral may seem like a threat to all they hold sacred…
COMMENTO PERSONALE
L’ultimo libro ponderoso che ho letto è stato quello di David Foster WallaceInfinite Jest. In effetti l’ho trovato “inutilmente ponderoso”. Tutto era fermo, non scorreva, non evolveva. Era un meccanismo, non un organismo. Un esercizio, non una creazione. La lettura non ne soffriva nemmeno aprendo casualmente, lo stile sembrava tutto. Se è possibile rintracciarvi delle “atmosfere”, allora bisogna concludere che ce n’era solo una: quella legata ad al degrado, alla decomposizione. Una sola, dall’inizio alla fine tutto era “malato” e destinato a disfarsi. In questo senso mi ritrovo nella disamina di Morson.
BOOK

venerdì 14 ottobre 2016

Can Reading Literature Make Us Moral? Gary Saul Morson

Notebook per
Can Reading Literature Make Us Moral?
Gary Saul Morson
Citation (APA): Morson, G. S. (2016). Can Reading Literature Make Us Moral? [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 2
Can Reading Literature Make Us Moral? By Gary Saul Morson
Evidenzia (giallo) - Posizione 6
Plato thought fiction dangerous and regretted, for instance, the depiction of the gods as given to laughter.
Nota - Posizione 7
PLATONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 7
During the Reformation, much Catholic art was destroyed;
Nota - Posizione 7
ICONOCLASTIA
Evidenzia (giallo) - Posizione 7
the Chinese Cultural Revolution sought to rid the world of reactionary artworks; and the Soviets, when they took power, were faced with the choice of banning pre-revolutionary literature or, as they eventually decided, reinterpreting it.
Nota - Posizione 9
CINESI E SOVIETICI
Evidenzia (giallo) - Posizione 27
reading literature will seem like a way of acquiring wisdom; it gets us off our little island in time and place and shows us how our own values might appear to others. We no longer accept our own values as the only possible ones for a decent, intelligent person to hold.
Nota - Posizione 29
ALLARGA GLI ORIZZONTI
Nota - Posizione 29
APERTURA MENTALE
Evidenzia (giallo) - Posizione 29
Some view such broadening as potentially dangerous. The more one regards differing perspectives as necessarily evil or stupid, the less one wants others to practice seeing the world from such perspectives.
Nota - Posizione 31
CHI SI OPPONE?
Evidenzia (giallo) - Posizione 33
Tragedy, for example, was considered pernicious for at least two reasons. First, it contradicted the official optimism of Communist philosophy, which held that it was inevitable that people would reach universal happiness. Second, tragedy affirms that the human mind is inadequate to understand the strange universe, whereas Communist philosophy held that, guided by Marxism-Leninism, people could not only understand the laws of nature and society, but also change them at will.
Nota - Posizione 36
COMUNISTI E LA TRAGEDIA
Evidenzia (giallo) - Posizione 37
Is it morally good or bad for people to adopt— even temporarily— unapproved points of view?
Nota - Posizione 38
x DOMANDA
Evidenzia (giallo) - Posizione 42
Jane Austen invented a technique for allowing us to enter into the process of another person’s thoughts, and in so doing she in effect invented the realist psychological novel.
Nota - Posizione 43
METTERSI NEI PANNI ALTRUI. DENTIFICAZIONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 43
The Russian philosopher Mikhail Bakhtin called this technique “double-voiced words.” Here’s how it works: The author paraphrases the sequence of a hero’s or heroine’s thoughts from within. The paraphrase assumes the tone, manner, and typical choice of words of the character, and we hear how she speaks to herself. Thus, when she needs to justify herself to herself, we hear her address an invisible judge. When she wants to do something she feels she shouldn’t, we witness her talking herself into it, banishing contrary arguments, veering away at the first sign she is about to stumble onto a consideration too strong to evade.
Nota - Posizione 47
TECNICA DELLA DOPPIA VOCE
Evidenzia (giallo) - Posizione 49
there is all the difference between simply not thinking of something and avoiding the thought of that thing. That difference is visible only to someone who can follow the process of her thoughts,
Nota - Posizione 51
IDENTIFICAZIONE IMPERFETTA
Evidenzia (giallo) - Posizione 51
Jane Austen, George Eliot, Leo Tolstoy, and Henry James
Nota - Posizione 51
x
Evidenzia (giallo) - Posizione 56
suddenly felt that he ought to be ashamed, and that she ought to be ashamed of the same thing. But what had he to be ashamed of? “What have I to be ashamed of?” she asked in injured surprise… There was nothing. She went over all her Moscow recollections… there was nothing shameful. And for all that, at the same point in her memories the feeling of shame intensified, as though some inner voice, just at the point when she thought of Vronsky, were saying to her, “Warm, very warm, hot.”
Nota - Posizione 59
ANNA DOVREBBE VERGOGNARSI MA NN SI VRRGOGNA. DOPPIA VOCE
Evidenzia (giallo) - Posizione 63
If I quoted this whole passage, almost a page long, it would be evident how we overhear the steps with which Anna tries to banish a truth she knows,
Nota - Posizione 64
BANNARE LA VERITÀ
Evidenzia (giallo) - Posizione 69
Another reason we need double-voicing, rather than stream of consciousness, is that the moral complexity of the sequence of thoughts depends on hearing simultaneously both the character’s thoughts and the perspective of another who might listen in.
Nota - Posizione 71
FLUSSO DI COSCIENZA E DOPPA VOCE
Evidenzia (giallo) - Posizione 74
Readers often feel that Anna Karenina and Lily Bart (in The House of Mirth), for instance, represent values they deplore. And yet those same readers— if I am an example— still feel deep compassion as Anna and Lily descend into suicide.
Nota - Posizione 76
AMARE CHI SI DEPLORA
Evidenzia (giallo) - Posizione 77
to read The Iliad or Paradise Lost is to share, however briefly, an epic perspective on events, as well as to adopt the values taken for granted by ancient Greek or English Renaissance culture. The more alien the culture, the more we are likely to encounter authors or protagonists who do not share our values. If we learn to empathize with them, and regard them as holding their views for motives no less sincere than our own, could we perhaps learn to do the same for people in our own culture, for example, who do not share our political party or social class?
Nota - Posizione 81
CAPIRE IL DIVERSO. MACCHINA DI TURING
Evidenzia (giallo) - Posizione 82
Some literary critics and teachers have tried to “de-literize” literature. They try to remove the essential literary act of experiencing other points of view by treating literature as propaganda that endorses what one already believes, or by only assigning works by approved authors with an approved message
Nota - Posizione 84
DELETTERATURA. ESTRARRE IL MESSAGGIO
Evidenzia (giallo) - Posizione 87
students are bound to wonder why they should put in the hard work to read long books only to learn what they already knew.
Nota - Posizione 88
IL DUBBIO DELLO STUDENTE DI LETTERE
Evidenzia (giallo) - Posizione 92
The more a culture wants to protect its citizens from potentially harmful viewpoints, the more it will de-literize the literary. For totalitarian regimes, intolerant religions, and morally superior social-justice warriors, the way literature can make us moral may seem like a threat to all they hold sacred.
Nota - Posizione 93
PATERNALISMO E DELETTERATURA

giovedì 24 settembre 2015

Liberty, Commerce, and Literature William H. Patterson Jr., Sarah Skwire, Amy H. Sturgis, Frederick Turner - letteratura e liberalismo

Liberty, Commerce, and Literature  William H. Patterson Jr., Sarah Skwire, Amy H. Sturgis, Frederick Turner - letteratura e liberalismo
  • La letteratura sembra snobbare i valori del mercato. C'è un motivo? Si puo' fare qualcosa?
  • Forse sì. Forse ci sono motivi per essere ottimisti, specie se guardiamo alla letteratura di genere e a quella commerciale di qualità.
  • Principio "deduction by reductio": si estrapola ad ad hoc in preda al confirmation bias. Es. non basiamoci solo sul mercante di venezia x giudicare il rapporto tra scrittori e denaro, sarebbe come basarsi solo sul Macbeth per giudicare il pensiero di Shakespeare sul matrimonio
  • Idem x Dickens, spesso è usato in modo strumentale. E' vero, Dickens enfatizzò le brutture della Rivoluzione industriale  e dell'avidità, come per esempio nel Canto di Natale ma le brutture stavano sia nei commerci che nei governi, e alla fine lo scrittore vide una salvezza nella relazione tra i singoli, nella beneficenza privata. Esempi di una possibile apertura di Dickens al mondo dell'individualismo: La commedia degli errori, dove i commercianti onesti abbondano e Casa desolata dove tutti i guai derivano da una mancata valorizzazione del capitale umano e dall'insipienza finanziaria.
  • Morale: sample bias dietro le conclusioni che sottolineano l'incompatibilità tra letteratura e denaro
  • Detective fiction e romantic fiction. Si tratta di generi dove la ragione ha un ruolo importante e quindi anche l'interazione razionale tra soggetti, questo giustifica le logiche di mercato, o per lo meno pone le premesse per comprenderle. Cercare il colpevole e cercare marito sono problemi che richiedono grande razionalità
  • C'è molta inerzia intellettuale: un'analisi del Mercante di Venezia. E' davvero così anti-market?
  • Osservazione generale: la letteratura migliore non è mai didattica, non troveremo mai un manuale di economia perfetto. Ma proprio per questo le cose sono più complesse di come vorrebbe ridurle certa critica ideologica.


  • Vogliamo coltivare la speranza di un legame? Forse ci inganna la prospettiva storica, siamo troppo legati a quel che succede oggi: alziamo lo sguardo e scorgeremo un movimento dialettico che spiega le relazioni tra economia e letteratura: Libertà e letteratura, sono due  prodotti dell' illuminismo. L' illuminismo settecentesco con le sue filosofie individualiste é all' origine sia dell' economia moderna che del "romanzo"

  • Già l' età barocca fondeva arte e commerci: Goldoni, Bach... fino a Defoe
  • La storia conserva un movimento dialettico a pendolo: x ogni Goethe c' è un Dickens
  • Oggi siamo in pieno riflusso: governo mondiale e welfare dominano la scena, così come l'interpretazione dei testi si orienta di conseguenza. Attendiamo allora un rovesciamento dialettico invocando un ritorno ai valori illuministici

  • La critica professionale nasce tra gente borghese che tentava di elevarsi nelle università e sentiva impellente il  dovere di disprezzare denaro e commerci x non sfigurare in nobiltà
  • Università d' élite: contro la ricchezza x senso di nobiltà; Università di massa: contro la ricchezza x ideologia sinistrorsa
  • Le 4 interpretazioni del "Mercante". Impazza il cherry-picking e allora ce n'è anche una criptocapitalista: l' happy end è possibile solo grazie al contesto capitalistico di Venezia
  • Ricordiamoci che un reietto come Shylock puo' costruire la sua potenza (una potenza che non usa mai la forza) solo in un contesto capitalistico a grande mobilità sociale come quello di Venezia che neutralizza ogni forma di antisemitismo. E' forse questa una brutta cosa?
  • Non è un caso che Dante ponga sia gli usurai che gli omosessuali all'inferno: senza mercato il sessismo costa poco.
  • Cosa occorre per mutare il paradigma? Una nuova generazione di critici libertari: la letteratura in sé non mostra bias così forti

  • Strano: sono + indulgenti col mercato gli scrittori che vendono bene sul mercato (scrittori di genere). Salvo il fatto che all' inizio tutti faticano.
  • La fantascienza allena al pensiero "what if", che è il tipico pensiero dell' economia.
  • Fattore positivo: il "genere di qualità" attira soprattutto i giovani/adulti, c'è dunque di che sperare.
  • Quel libertario di Harry Potter

  • Atto d'accusa: i liberali hanno lasciato campo libero nelle mani della critica marxisti e post-moderni. Dov'erano? Forse in borsa?
continua

giovedì 7 agosto 2014

Il lettore nel nuovo millennio

Mi riallaccio a un commento molto pregnante postato da F. Pecoraro sulla discussione che è avvenuta sul tuo profilo FB. Anch’io - che comunque sono sempre stata lettrice forte di narrativa e saggistica, e quindi se ho capito bene non faccio testo - leggo forse anche più di prima, ma ho sempre il tablet accesso, sono sempre sui social, zompo dall’ebook alla rete con una velocità che fa impressione anche a me, ho almeno tre libri di carta iniziati e li leggo a spizzichi fra una chiaccherata su FB e tre post sui vari, moltissimi blog che seguo, un paio di condivisioni, un video su youtube. È un tipo di lettura diversa, e non me la sento di affermare che sia meno concentrata o di valore inferiore rispetto a quella “novecentesca” a cui mi dedicavo fino a dieci anni fa. I tomi di sette, ottocento pagine non riesco più a leggerli, non importa quanto li trovi interessanti, intriganti, importanti, addirittura imprescindibili. Quelli che non ho letto nell’era precedente a questa so che ormai non li leggeró più - a meno che non mi servano per lavoro - e mi sono già messa il cuore in pace. Quello che mi stupisce è che ci siano ancora scrittori che ne partoriscono di volumi così e in tutta franchezza temo che siano delle ciofeche oppure dei cliff hanger, libri strutturati apposta per tenerti col fiato sospeso e farti arrivare alla fine. Ecco, di libri così non ho mai sentito il bisogno: ho letto con molta soddisfazione Finnegan’s Wake ormai due decenni orsono, che è tutt’altro che un cliff hanger - si vede che all’epoca ce la facevo. Ora mi sarebbe impossibile, e non perché sono invecchiata o cecata io, ma perché questa nuova pratica di lettura, interconnessa, frammentaria, transmediale, personalmente mi piace, mi diverte, mi soddisfa molto di più.


Mi ritrovo nel post di claudia (22.7 10.36). Il mio percorso di lettore è ben descritto nel suo resoconto, del quale sottoscrivo ogni parola. Con un’ aggiunta, ovvero un mutamento nelle preferenze personali. Noto infatti una decisa transizione dalla letteratura alla saggistica. Chissà che anche questa variante non sia imputabile a quella strumentazione tecnologica che tanto ha contribuito a frammentare la lettura. In fondo è la stessa strumentazione che agevola il contatto e la discussione con terzi, magari terzi sconosciuti: ed è molto più facile dilungarsi a discutere la tesi contenuta in un saggio che non l’ evocazione esalata da un verso.

Speriamo solo che questo mutamento nella mia “domanda” di lettore non sia condiviso dalla maggioranza, così da riorientare l’ offerta. Non sia mai. Molti scrittori, già oggi, non vedono l’ ora di riconvertirsi degradando le loro qualità per farsi “decifratori del reale”. Scrivono romanzi sognando di scrivere saggi. Li vedo ansiosi di rimpiazzare le affidabili quanto noiose metodologie quantitative con qualcosa che sia alla loro portata, qualcosa di “romanzesco”. Magari qualche bolsa allegoria con cui appesantire i loro testi. Temo il rischio si affievolisca quell’ intimità di relazione con le cose descritte che, se da un lato rappresenta un’ epistemologia decisamente scadente, dall’ altro è essenziale per avere un prodotto artistico. Già oggi, troppo spesso, l’ artista intervistato intona il suo “resistere, resistere, resistere!” fuori luogo. Questo uomo di mondo, una volta sul proscenio, resiste a tutto, anche a parlare del suo libro. A tutto, tranne che ad esecrare un qualche disegno di legge in itinere.

mercoledì 30 luglio 2014

Cechov e l' anti-borghese

L' Ottocento è un profluvio di letteratura anti borghese. Da Tolstoj a Flaubert, il borghese è solo un rozzo benpensante privo di idealità.

Ma comincia a farsi largo anche un altro tipo: l' anti-borghese inetto. Di solito è un borghese che ripudia in qualche modo le sue origini per tentare delle vie alternative. La sua goffaggine scatena in noi sentimenti contrastanti: ilarità mista a patetismo e disprezzo.

Ho incontrato questo tipo nei racconti di Cechov. Mann, nel Novecento, saà un maestro nel dipingere questa forma di velleitarismo tipico dell' artista dilettante e negato. Anche lo Zeno Cosini di Svevo rientra nel mucchio.

venerdì 18 luglio 2014

I capitalisti della letteratura

Ormai è sempre più evidente, così come il capitalismo fagocita i suoi nemici, e fa di Che Guevara un brand, allo stesso modo il postmodernismo letterario ingloba i suoi denigratori, sottoponendo i Sokal a serrate analisi decostruzioniste.

Pasolini lo ventilava e Joseph Heath lo dimostrava: il capitalismo sfrutterà anche gli operai ma cio' che sfrutta di più sono i ribelli (compresi quelli che si ribellano al capitalismo), senza la loro carica eversiva e la loro voglia di rinnovamento non si rinnoverebbero nemmeno i magazzini e le merci da vendere e da desiderare.

Anche il postmodrnismo letterario sta affinando questa preziosa facoltà. Ieri era terrorizzato da Sokal, l' uomo che inviava a riviste prestigiose articoli senza senso che venivano pubblicati esponendo gli editori al pubblico ludibrio. Tuttavia, cio' che ieri suscitava pubblico ludibrio, oggi sollecita "analisi decostruttive" in stile, per l' appunto, post-moderno.

A Ricercabo ci si sofferma a lungo sulla pagina "calcinata" nei bianchi e sul contributo dell' impaginatura nel frammentare il testo. Poi viene fuori che si tratta di un errore di comunicazione tra pc e stampante che, alterando la stampa, ha riversato in modo erroneo lo scritto poetico sui fogli. Fa niente! L' elemento casuale fa parte del gioco situazionista e non puo' che arricchire l' analisi testuale affinandone la strumentazione!

Certo che Steve Jobs e Renato Barilli hanno un futuro roseo di fronte a loro!

https://www.youtube.com/watch?v=gc19wuNzyuY&list=UULm4hU5NfP3Epk3YRr6_0MQ

sabato 7 dicembre 2013

venerdì 3 settembre 2010

Il lettore

L' immagine del "lettore di libri" che mi viene in testa istintivamente, non collima molto con quella di Ferguson.
La mia impressione è che purtroppo i libri si coniughino male con la vita reale, e chi si dona anima e corpo ai primi perde gran parte del controllo sui gangli nevralgici della seconda.
Quando lascio una lettura particolarmente intensa mi sento sempre un po' spaesato, mi sento vittima di una qualche menomazione.
Le strade della vita reale sono finalmente mie. Eppure mi accorgo che sto zoppicando, e la colpa, ahimè, è proprio di quelle letture troppo coinvolgenti.
Questa diffidenza non migliora se guardo ai "forti lettori" che nel loro mondo hanno una fama consolidata.
Capita che costoro abbandonino il loro cantuccio claustrofobico per regalarsi un periodo di estroversione sul mondo comune. Magari in politica, o come commentatori giornalistici, oppure...
Eccoli allora sbandare paurosamente. I loro esiti sono piuttosto sconsolanti. La loro "zoppia" è macroscopica e decisamente imbarazzante.
Anche quando si indirizzano nella direzione che ritengo corretta, anche quando sostengono cio' che auspicherei anch' io, sento che il loro contributo contorto fa solo "male alla causa".
D' altronde è cio' di cui parlavo (con nomi e cognomi e date) più sotto, nell' "Apologia della Torre d' Avorio".
***
Per produrre una lettura intensa si richiede un certa capacità di distacco.
Non è un caso che nel "vero lettore" si sia evoluto un organo particolare. E' questo un organo in grado di secernere una singolare sostanza dalle proprietà isolanti.
Come una crisalide, il "vero lettore" si avvolge e si separa da tutto grazie a questo potentissimo anestetico.
Ma l' organo di cui parlo cade facilmente vittima dell' usura e ben presto si guasta sviluppando una sorta di incontinenza. A quel punto gli inconvenienti si moltiplicano.
Non sempre infatti lo si puo' tenere sotto controllo, capita che continui a lavorare indefesso anche dopo che gli si è comandato lo "stop" di rito. Che continui a lavorare anche quando sei in compagnia di altri.
Tu dici "stop", "stop!", "stooop!!", ma lui niente. E allora sono guai.
***
In conclusione: per leggere bisogna rinunciare a molto. E il molto a cui si rinuncia è in gran parte costituito dalla strumentazione (lucidità, tempismo, istinto, empatia, carisma, ricchezza...) idonea ad esercitare un certo ascendente sul prossimo.

lunedì 15 marzo 2010

Wurstel insipidi

Guardate laggiù chi sta seduto al tavolino della birreria. C' è il vecchio dott. Brecht alle prese con il solito wurstel da tre soldi.

Il burbero dott. Brecht ci scruta in tralice, si mette in guardia alla maniera dei pugili, finchè rompe gli indugi e sferra un gancio allungando il suo guantone... per strisciarci sulla guancia una ruvida carezza.

Poi torna a rosicchiare il suo wurster insipido, tanto per mettere in chiaro che lui non è un intellettuale dispersivo, che lui ha da tempo rinunciato a pensare tutti i pensieri. Ne ha scelti alcuni, li ha avvolti con cura nella sua carta stagnola, e con quelli si è rimpiattato in trincea.

Questi rivoluzionari... sono proprio abitudinari. Glielo leggi in faccia lo scontento per le cose che non stanno mai ferme, progresso compreso. Cosa c' è di meglio allora che il Wurster non-cucinato al modo in cui non-lo-cucinava la mamma? Sempre quello, ora come allora.

D' altronde a lui piace così il cibo: insipido, disadorno, dimesso. Chi non scorge in tutto cio' una patente civetteria?

La civetteria ingenua del rude ormai prolifico solo nello scrivere libri... viene in mente il Corona gasato dalle cantilene della Bignardi come un bimbetto quando hai ospiti in casa.

Cessa la guerra, ma a lui dispiace sfangare la trincea; e quando lo congedano a forza si aggirerà tra i nostri divertimenti con il fare del reduce rancoroso. Cerca dove affondare la baionetta e trova solo morbidi cuscini, cerca la mischia rigeneratrice e trova solo sangue colorato.

Brecht davanti al suo wurstel insipido... Chi non scorge i fasulli rimpianti dell' arricchito, del fresco borghese? Come farsi perdonare al più presto la scalata sociale? Che forma dare alla punizione da autoprescriversi?

E poi, chi non trova sbilanciato un uomo che ha scelto di sbilanciarsi tanto? Chi non scorge ad ogni suo passo mille zoppie? Chi non nota insicurezza in colui che reagisce alle critiche radicalizzando ulteriormente le sue posizioni? Chi non trae almeno dieci difetti da ciascuno dei difetti appena rilevati?

Gli spiriti guerrieri come il suo amano denunciare la putrescente tranquillità della pace (borghese), è una debolezza insuperabile.

Naturalmente lo fanno in nome della "vera pace", mai disgiunta dalla giustizia. Quest' ultima da conseguire mediante crociata con in appendice la messa in cantiere dell' Uomo Nuovo. Gliene serve uno su misura per lubrificare i meccanismi ritorti della macchinosa Utopia.

Poichè i mulini a vento di allora decisero di indossare le svastiche, il cantore di denunce ebbe la sua ora di gloria, le sue immobili lancette segnarono l' ora esatta come per incanto. Forse urtato da tanta rispettabilità guadagnata, il mangiatore di Wurster insipidi si fece stalinista e finalmente, ma a fatica, fu ricoperto del fango che agognava.

Il dott. Brecht ora siede al baretto su un tavolo in disparte, continua imperterrito a cantilenare la sua canzone da tre soldi. Quella valuta è ormai fuoricorso, il vocalizzo imbarazzante, la melodia monocorde... ma è pur sempre la "sua" canzone. Tanto attaccamento a cose che valgono tanto poco, tanto appetito per cose tanto insipide, meritano lo scappellamento del passante. E tutto sommato non mi è spaiciuto affatto passare di qua.

mercoledì 3 febbraio 2010

Come leggete i libri?

Se è per questo anch' io ho smesso da tempo di leggere come prima cosa la Prefazione.
Sarà per preservare il virginale incontro con la scrittura d' autore in modo che sgorghi spontaneo un giudizio personale incontaminato...
...sta di fatto che ora le leggo..."durante".
Il "durante" non è sempre facile da definire.
Ci provo: non appena mi accorgo che la valutazione si va consolidando, che gli occhi subiscono una panne problematica, che il testo ha un momento di stanca...zac, ci infilo un pezzo di Prefazione.
Così, come diversivo. Così, come sorbetto. Così, tanto per cambiare aria aprendo porte e finestre.
Con questo modo di leggerle, a pezzi e bocconi, non voglio certo svalutarle.
Per non lasciare dubbi dirò che alcuni libri, in passato, gli ho acquistati o presi in prestito solo per le Prefazioni.
***
Ora che sono partito a pensarci mi vengono in mente altre modalità attraverso cui i libri "mi leggono".
Di solito si fanno impugnare mettendomi supino, poi, oplà, mi girano pancia sotto. Tempo dieci minuti e siamo in posizione "alla romana" (fianco sinis'-sinis').
Terminata una rotazione completa si riparte con la schienata iniziale e via, verso una seconda serie di posture.
Dopodichè la seduta viene dichiarata sciolta e sono finalmente libero di dedicarmi ad altre attività.
***
Recentemente mi sono ribellato imparando a non finire i libri che non lo meritano. E che cavolo!
E' stata una conquista di civiltà anche se non priva di inconvenienti. Figuratevi che avevo abbandonato Faulkner, autore per cui oggi ho aperto un fan club.
***
Ho notato che sia Rossella che De Mauro consigliano la "lettura lenta". Unisco entusiasta la mia voce a cotanto coro dichiarandomi un sostenitore di questa pratica.
Attenzione però, la lettura in surplace non è un dogma.
Meglio riservarla ai territori inesplorati, quando non sai chi hai di fronte, quando cammini sotto un cielo senza stelle.
Poi, dopo aver fermato l' oriente, si puo' procedere impostando una velocità di crociera. Ogni autore ha la sua.
La lettura rallentata non è nemmeno uno scherzo, ci vuole molto self control.
Quante volte sono partito con tutte le migliori intenzioni ma poi - sarà stata l' ansia di sciogliere qualche nodo, la curiosità di districare il plot, la seduzione del libro successivo o parallelo - mi ritrovavo lanciato a razzo, comprensione nulla, occhi spremuti...praticamente una tortura autoinflitta.

 

Ci si puo' aiutare con il podcast.
Il podcast ti cala nel contesto, ti fornisce una bussola, ti schiarisce la storia, almeno nei suoi snodi principali.
Con queste premesse puoi permetterti il lusso di calarti appieno nella pagina saggiandone fino in fondo tutti i ghirigori.
L' aggressione compulsiva, o frenetico/consumista, al libro è il nemico che la lettura "lenta" vorrebbe sgominare.
Darsi dei limiti facendosi legare al palo come un Ulisse, costituirebbe una strategia alternativa.
Io, per esempio, non avendo nobel da consegnare, mi dedico solo ad autori defunti. Le tentazioni sono forti, le trasgressioni non mancano e non so se durerà.
***
Solidarizzo con i lettori da treno.
Aggiungo una locazione affine. I freddi marmi della Stazione Centrale mentre attendi coincidenze che non coincidono.
Almeno finchè i barboni più smandrappati non entrano in frizione (accade puntualmente all' ora X), in questi casi attaccano a ruzzare ed inveire biascicando. Cosa fai? Chiudi il libro, fai finta di niente, ti alzi zufolando e teli.
Altra piaga per la concentrazione sono gli audacissimi piccioni che ti stringono d' assedio reclamando una briciola dei tuoi preziosi krek.
Degli annunci continui (dlin-dlon), non mi preoccupo. Riesco a relegarli in un vicolo cieco del cervelletto in fondo a destra (è un po' come il cestino di Window). Lì non disturbano.
A meno che non mi venga il dubbio atroce (con paturnia allegata) che il treno soppresso sia proprio il mio!?
Ti precipiti nel cervelletto in fondo a destra ma non riesci a ripristinare nulla di intelleggibile. La fronte s' imperla, meglio fare l' orecchia alla pagina e andare ai monitor azzurrini.
***
Chiudo con una nota di realismo impudico affrontando l' ineludibile tema della Salle de Bain.
Ogni volta che mi rilasso sulla maieutica seggetta il mio QI s' impenna. Come non approfittarne?
Per letture "volanti" del genere privilegio la lirica. In alternativa aforismi o monografie della Taschen.
In quella sede quando il reading è maturo lo capisci subito. C' è sempre un momento in cui l' interesse per il verso/epigramma/immagine "frana".
Allora tiri lo sciacquone e arrivederci alla prossima.

giovedì 29 ottobre 2009

La Beltà delle donne comparisce la sera

Volendo concedere un libro alla Morante, mi sono risolto per "L' isola d Arturo" relegando eventualmente alle dolcezze della vecchiaia "La Storia". Scelta felice!

Strano che da un pennino femminile sgorghi una potente quanto inattesa apologia del Patriarcato e delle sue ragioni. Ma le ragioni in realtà sono flebili e sfumano quasi subito risolvendosi in bellezza, unica vera "ragione" residua. E in tanta bellezza, la bellezza del ruolo femminile - sapientemente incastonato nell' articolata struttura oppressiva - rifulge facendole sembrare tutte Madonne che tramutano la Morte in un travestimento. Quelle donne sono invece solo Madri, ovvero la nostra prima e indimenticabile compagnia.

L' uomo - unico essere autorizzato ad uscire di casa, bambino in difficoltà tra i flutti di una vita attiva che è chiamato a vivere da solo - conosce a fondo una sola elaboratissima arte: quella di chiedere aiuto. Lo fa nei modi più disparati e strani, ricorrendo ad una fantasia pittoresca quanto ignorante.

Solo la preziosa conchiglia dell' orecchio femmineo puo' echeggiare e percepire l' ingiunzione, solo un muliebre talento puo' decodificare l' esse o esse.

E' un mondo che pullula di marmocchi travestiti da grandi, tutti smaniosi all' apparenza di accaparrarsi l' odio di lei con occhiate bellicose. La cattiveria si fa immaginifica per offenderla più in profondità. La crudeltà s' ingegna per sorprendere e deturpare la passività accogliente dei grembi.

Insopportabile per noi ragionatori quell' amore non perturbato da alcun pensiero.

Irritante la presenza di tanti motivi d' infelicità, tutti resi irrilevanti da un empito misterioso.

Fastidiosa quella bontà automatica, indifferente quanto la bellezza del fiore notturno. Una bellezza che comparisce la sera e si svela del tutto solo violandola.

Intollerabili quei seni che danno solo latte cristiano e convertono creature ombrose, creature cresciute inventando parole selvatiche mentre poppano latte caprino.

Che rabbia quella debolezza sempre opposta e che ci impedisce di sfogare al meglio la nostra ira! L' unica via d' uscita consiste nel colpire di rimbalzo.

Non aspettarmi più! E soffri il colpo che m' infliggo.

Non scaldarmi più. E vergognati per l' azione che mi degrada.

Non rincuorarmi più. E soccombi alla sciagura che mi attinge.

Non cucinarmi più. E piangi la sventura che mi procuro.

Non accudirmi più. E disperati alle mortificazioni che m' intaccano.

"Perchè non ti vergogni di me! Voglio che ti vergogni di me!".

Ricordati che da vecchia mi chiederai il pane e ti darò un sasso. Ti colpisco, e grazie al disonore mi metto in salvo.

Voglio salvarmi dal vizio della tua santità e tornare a respirare con i miei polmoni in un mondo freddo, liberato dalle pastoie del sentimento.

E' un inferno essere amati da chi non ama nè la felicità, nè la vita, nè se stesso ma solo te. Donne, tacete, non opinate, se dite ancora una parola vi ammazzo... non mi servite... l' amore delle femmine è il contrario dell' amore... vi lascio volentieri a quei disgraziati che sono liberi solo la Domenica... mi sdoganate l' impropero per il solo fatto d' ingombrare l' aria... guardate come vi guardo, vi guardo come il dotto guarda l' ignorante... occhi bassi quando vi leggo il Codice della verità Assoluta... io sono scandaloso, ricordatevelo sempre, ficcatevelo in testa... e adesso che ore abbiamo fatto con tutta sta tiritera, guardate l' orologio al mio polso... non tengo voglia di alzare il braccio...

Una Madre in declino non capirà mai che la bellezza di noi Figli è impermeabile e rifugge il suo sfacelo, che accostare le due cose produce scintille mortali per entrambi. Ma da quell' amore, eterno parassita, nulla scampa. Se piove, nel suo pensiero è pioggia che ti bagna; se boffa, è vento che ti sferza; se rischiara, è sole che ti essica. Scappa pure lontano, sarà sempre vicino a te, sarà sempre incinta di te.

Sazio di negazioni, il bambino fanfarone impartisce i suoi ordini contraddittori e scoordinati con voce soffocata dal piacere d' infierire. Lei tace ed esegue scevra d' insubordinazioni, sa a memoria che quando tutto venne stabilito lei non era presente; è appena nata e, inoltre, è nata stupida come solo una donna puo' esserlo. Un simile destino d' ignoranza eterna non puo' avere l' ardire di scancellare leggi sacre confitte nel nostro cuore come piloni a sostegno di pianeti gravosissimi. Solo un' ombra leggera d' interrogazione stupefatta è consentita.

Non resta che la fatale semplicità dell' inazione peritosamente descritta una volta per tutte. Non resta che la concavità dell' accoglienza geometricamente misurata da goniometri professionali.

La società patrircale è resa quale barca con timone saldamente retto dalla callosa e virile mano maschile. Le sue ragioni e le sue rotte sono Sacramenti da non dibattere. Ma pur sempre barca che naviga in un mondo dove la donna è vento, mare, notte e tutto. Vento che incoraggia, mare che agevola, notte che giustifica (occultando); e poi Tutto: proscenio colossale che regge e osserva impietosito il beccheggio e il rollio della barchetta alla deriva.

Ora, non fraintendetemi: mai mi convertirò ai "bei" tempi andati. Ma proprio questa repulsione mi aveva impedito di capirli. Strano e bello, poi, che l' illuminante spiega provenga da una delle poche donne italiche inserite di diritto nel solco della grande letteratura. E pensare che il fantasma aleggiante di una "quota rosa" che potesse schizzarla col suo fango mi stava facendo perdere qusto autentico talento. Ah... i dannosi effetti collaterali dell' azione affermativa!

***

Un libro da leggere, dunque, raccomandato soprattutto ai lettori miopi, a chi reca nel corpo il prezzo della sua passione: quando la qualità della scrittura si mantiene alta e costante, il principiante cessa quasi subito di percepirla; quando la tensione non si allenta, il neofita s' imbambola come su una vetta senza ossigeno. Che spreco. Alla larga.

martedì 8 settembre 2009

La vecchiaia non è un picnic

Philip Roth è un ottimo scrittore. Anche se non ha ancora vinto il Nobel, si puo' stare tranquilli: è americano!

Questa estate ho scelto la sua compagnia intrattenendomi con un piccolo capolavoro forgiato nella sua operosa officina, "Patrimonio".

Il soggetto è, come al solito, un evento biografico. C' è un Padre da accompagnare lungo l' ultimo anno di vita concessogli dal cancro che, partendo dal cervello, ha già cominciato a divorarlo. Ci sono parole consolatorie che devi pronunciare al genitore mentre ti scopri incapace di crederle.

E c' è anche una dentiera dimenticata sulla poltrona da spostare: ecco, Roth nel suo libro racconta l' umidore che s' irradia dal palmo del figlio mentre la ripone in un bicchiere di fortuna.

Come capita in questi casi, ci si sveglia un mattino e l' uomo che il giorno prima assomigliava così tanto a lui non gli somiglia più: metà del suo viso se n' è andata per conto suo, non è più quella. Piccoli ictus hanno cominciato il loro singolare e grottesco lavorio notturno.

La bocca è storta e parla come fosse appena fuggita dalle grinfie di un dentista.
Mangiare è causa di frustrazione mascherata. Quel che non riesce a nascondere è il residuo di cibo che staziona a sua insaputa sul mento mentre ti guarda tra un boccone e l' altro.

E ora, che ne faremo di questo vecchietto?

Non fa più paura a nessuno quel vecchio leone in disarmo con le orecchie stiracchiate quasi fossero caramelle mou e il viso che gli regala la pappagorgia di famiglia afflosciandosi sempre più sulle ossa facciali.

Stringere le radiografie di quel cranio tra le mani... che esperienza! E' il suo cervello! Il cervello che lo faceva dormire ai concerti giudicati poi "bellissimi" al risveglio tra gli applausi. Quel cervello che lo faceva pensare in modo tanto brusco, che lo faceva parlare in modo tanto enfatico e primitivo, che lo faceva combattere ottusamente ogni punto di vista che si discostasse anche di poco dai suoi trionfanti pregiudizi.

Un modo insopportabile, specie per un figlio che ha fatto la metà della metà di lui e studiato il doppio del doppio.

E' il miracoloso cervello che nella prole spargeva tanta preoccupazione e frustrazione ai tempi della sua onnipotenza; il cervello che animava una tale ansiosa dispotica tirannia in grado di spegnere mestamente, al solo contatto, ogni vivace indipendenza in fieri.

Un cervello che si appresta ora ad ingolfarsi causa "grande massa neo plastica localizzata in zona parietale". E' una meraviglia che tanta vita vissuta e fatta vivere potè uscire da quel "coso". D' altronde la volontà di Dio eruppe da un roveto ardente e, in modo non meno miracoloso, quella del Padre scaturì da lì.

Vecchio, vedovo e con un cancrone nel cervello... che fare? Una strana pigrizia pre-mortuaria avvolge la vittima predestinata. Si consumano ancora dei pasti, ovvio. Ma ci si limita a qualche wurstel bollito o a fagioli in scatola.

Nonostante la solida situazione finanziaria non si esce nemmeno a comprare il giornale: si aspetta tutto il giorno di riceverne una copia da qualcuno nel condominio.

Vestiario: si comincia a tirar via su cio' che agli altri non è visibile; pigiama, fazzoletti, mutande, calzini: sembrano attendere una moglie che li sistemi.

Poca voglia di parlare. Qualche crocchio sul pianerottolo dove il vicino racconta del cognato, un tale con un tumore del tutto simile: gli hanno fatto le radiazione ed è andato via.

Solo il portinaio riesce a rianimarlo: ce l' hai da dieci anni, il ritmo è tanto lento che ce l' avrai per altri dieci, sono ben altre le bestiacce ti fotteranno. E lui che rintraccia ogni parente per elencare con autentica gioia i potenziali assassini alternativi.

La vecchiaia non è un picnic, e scopri solo oggi quel misto patetico di sfida e rassegnazione dissimulata che i figli scambiano per onnipotenza castrante.

Onnipotenza? Il ricordo del rifiuto grezzo con cui ti rovinava la vita impedendoti di uscire la sera, oggi lo riconosci, ne cogli la disperazione di fondo e ti commuove: è lo stesso con cui allontana da sè la croce del catetere.

Roth è talmente cristallino nella sua prosa che tutti lo capiscono. Ma se tuo padre non è stato uno stinco di santo, lo capisci ancora meglio.

E ho in mente quei Padri criticabili che non riesci fisicamente a criticare: e a 58 anni è difficile come a 18, come a 8. Che persino oggi sanno disseccare i virgulti intorno a loro con incazzature degne di chi ha davanti una vita intera. Sono casi in cui è molto più semplice uccidere che criticare.

Che pacchia, pensi, quando a sopravvivere è la mamma! Per lui non c' era nulla della mamma che andava bene, doveva rassegnarsi all' inevitabile: sarebbe diventato il boss della mamma come di tutti gli altri; anche se la mamma non aveva affatto bisogno di un boss, anche se nessuno in famiglia aveva più bisogno di un boss.

Il bisognoso era lui, anche all' acme del vigore aveva sempre impellente necessità di un partner placido, bonario e paziente a cui correggere continuamente i difetti.

La mamma non era in grado di opporsi; incitata pronunciava mentalmente la solita solfa: "come faccio a fargli una scenata... lui non è come me... non la sopporterebbe... andrebbe a pezzi...". Quando il sacro terrore di mandare a pezzi qualcosa invasa chi hai al tuo fianco, puoi permetterti un vitalismo oggi irreperibile.

Lo senti sbraitare verso la zia che apre la scatola di fagioli senza mantenerla ferma, è sinceramente stizzito... ma possibile che non capisca... che non la tenga dal basso... che sia così tonta... ma come si fa... lui gliel' ha detto mille volte?! Ascolti dall' altra stanza: "sei sull' orlo della catastrofe, vecchio scemo, fai solo passi piccolissimi per non cadere e allarghi le braccia per tenerti alle pareti del corridoio, lascia che apra quella scatola come cazzo vuole".

Poi, un bel giorno, un Padre così si smerda. E tu devi pulire. Lo trovi piagnucolante in bagno, gli fai una doccia e lo metti a letto. Operazioni durante le quali è riuscito a spargere merda ovunque. E tu devi pulire senza capire bene da dove cominciare.

Si pulisce la merda del proprio padre perchè va pulita: una volta sfuggita la nausea, ignorato il disgusto e dominate quelle fobie che hanno raggiunto la forza di un tabù, c' è ancora tantissima vita da accogliere dentro di se', c' è un intero Patrimonio nascosto da ereditare.

Morire è un lavoro e i nostri padri erano sia dei gran lavoratori che dei gran datori di lavoro.

***

Un padre ebreo che muore facendosi odiare a più non posso, dunque. Come gli ebrei traffichini nei campi di Maus. E quando l' odio cresce nel cuore insieme alla compassione, libera una fragranza che rinuncio fin da subito a descrivere perchè per essere all' altezza del compito ci vorrebbe molto più di un premio Nobel. Ci vorrebbe un bel Nobel americano.

martedì 29 aprile 2008

La vita dopo aver sparato - 49 racconti







Mettono a disgio i dialoghi ellittici con cui Hemingway inaugura almeno una ventina dei suoi 49 racconti.

Sembra si diverta a tirare in lungo le ambiguità. Nei casi limite, quelle lacune tanto fastidiose allo sprovveduto, non verranno mai colmate.

Pur in presenza di una scrittura semplice, l' economia tirannica di certi passaggi emargina i non-iniziati. C' è una voglia di castigare il dilettante, di escluderlo grazie al gergo. L' inesperto "non ha vissuto", questa è la sua colpa, che brancoli nel vuoto pneumatico delle verginelle.

Se in molti scrittori l' utilizzo di un gergo serve per "sporcare" la pagina, per abbassare il tono, per renderlo poplaresco, per volare basso, in H il gergo è un marchio elitario, è funzionale all' emarginazione del curioso che passa.

Se in molti scrittori la semplicità serve per rendere modulare il racconto al fine di giocare con le strutture, ad H serve per ridurlo ad una laconicità petrosa e sempre più inaccessibile.

Lo stile è la mia passione, ho sempre la speranza di ricavare informazioni utili dedicandomi al linguaggio. Mi deprimo quindi quando gran parte della mia attenzione va persa per consultare la bussola del plot, per comprendere lo scenario, l' ambiente, la trama.

H gioca scherzi del genere, figuriamoci, alcune precisazioni giungono all' ultimo rigo, quando è tardi per rilassarsi; i suoi protagonisti hanno sempre una vena criptica. La loro gergalità è al limite del mafioso: se vuoi sfangarla e partecipare ad una vera emozione, devi penetrare quel mondo e decifrarlo alla svelta. Ma il biglietto d' ingresso costa caro.

Mi vengono in mente le facce interrogative di certa gente dopo l' ascolto di una canzone da lacrime di Paolo Conte. Realizzo solo molto dopo che per loro non possono esserci sussulti: sono prive delle altre mille canzoni che lastricano la strada per giungere fino a quelle lacrime. Non hanno mai pagato un biglietto d' ingresso, hanno ascoltato "da fuori". Non sono mai entrati "nel mondo", manca l' esperienza.

Questa passione per il professionismo rinvia ad una voglia di stare nel mondo.

Il fine principale è quello di "stancarsi". La morte "da stanchi" non ci fa più paura.

"... da quando la cancrena gli aveva attaccato la gamba non sentiva più dolore, era sparito anche l' orrore, provava solo una gran stanchezza. Per cio' che stava per piombargli addosso provava pochissima curiosità. Per anni lo aveva ossessionato; ma ora non significava nulla, in sè. Strano come la stanchezza rendesse tutto così facile...".

Fare, fare, fare...cose, cose, cose. Anche l' iteriorità è fatta di cose.

Dalla veranda africana il nostro eroe divorato dalle infezioni, al calar della sera, quando non c' è più luce per sparare, sente (orecchi, occhi, naso) la solita iena maleodorante passare al limite della proprietà. Perchè ci viene fatto sapere questo particolare? Perchè poi H si propone di dirci in due righe cos' è la morte. Per farlo gli servono "cose".

"...sua moglie era una brava donna e lui quel pomeriggio era stato crudele... nel preciso momento in cui pensava questo sentì che stava morendo; non era nè un' ondata nè una raffica di vento ma un vuoto improvviso e puzzolente, e la cosa più strana è che sull' orlo di quel vuoto scivolava con passo furtivo la iena..."

Ivan Ilic + una iena.

L' Uomo Stanco è un Uomo che ha Sparato, entra in un' elite speciale, un' elite senza donne (la proverbiale misogenia di H, altra comunanza con Conte). La donna vedentodoti così assorto e sfiancato ti chiede... ma poi si distrae. L' Uomo Stanco vuole una ragazza, ma non vuole dover faticare per averla. Gli piacerebbe una pupa, purchè non perda troppo tempo a conquistarla. Non vuole complicazioni, è stanchissimo; magari non è mai uscito di casa, eppure è stanchissimo; non apre la bocca, eppure ha il fiatone. Gli si addice ormai solo una vita tranquilla, senza rogne. In fondo, a pensarci bene, di una ragazza non ha nemmeno bisogno. Avere una ragazza è ok, purchè prenda lei l' iniziativa e poi stia zitta. Purchè non turbi la tranquilla agonia in corso. Ma questa speranza è pretenziosa, appena le cose si avviano, da ogni dove sorgono maledette complicazioni che turbano il bene più prezioso: la sua inoperosità. Intanto, intorno a lui gli altri procedono, coltivano i loro affari e "si sistemano". Uno alla volta "si sistemano". Se provi a scuoterlo lui comincia a fissare qualcosa, tipo il grasso della pancetta che si rassoda. Chi gli sta accanto ogni tanto si dispera, non è da escludere che l' Uomo Stanco, preso dal panico, si lasci scappare parole di conforto, parole rassicuranti. Gli vengono anche perchè è sorpreso che ci sia della gente ancora in grado di fare caso a lui. Tornata la calma, l' Uomo che ha Sparato noterà quanto sia sciocco aver pronunciato quelle parole. Comunque ormai è fatta, speriamo non ci siano altri intoppi.

Uhm... forse un giorno ci spiegheremo meglio...

... intanto provaci tu, avvocato...

mercoledì 23 aprile 2008

Vita d' un uomo


Tiro il fiato adagiandomi nella pagina decongestionata delle prime poesie, quella con gli immacolati ed estesi margini bianchi, quella con i versi esauriti da una raminga parola. Parola facile.

Lascio invece volentieri all' esegeta gli avventurosi incastri sintattici della maturità. Non ho voglia di tuffarmi in quel "gomitolo di strade vocalizzate" che non asseconda la nevrastenia serale del lavoratore/lettore.

Preferisco la compagnia dell' Ungaretti in divisa, quello che declamava "attaccato alla vita" avendo per spettatori i freschi cadaveri dalla "bocca digrignata", amici toccati dall' ultima mina.

Quello che, quando la guerra crivellava di schioppettate un' aria sufficientemente distante, ne approfitta tentando, con parole tremule, una minuscola rivolta affinchè l' anima fosse messa allo scoperto e preparata a ricevere le ghiacciate benedizioni del Carso.

Quello che "tira su le sue quattro ossa" e ha voglia di "ricominciare", dopo aver riposato "come una reliquia" sulla pietra dell' Isonzo.

Quello che riesce a cullarsi nella crosta di una divisa inamidata da soldato semplice, magari rinvigorito dal ricordo delle "quattro capriole di fumo" prodotte dai caminetti goduti in licenza.

Quello che nel silenzio dei poeti cercava con il lanternino una parola scavata, che fungesse da emolliente per la folla sterminata di fanghi da cui era circondato.

Forse lo stesso silenzio in cui, 50 e rotti anni dopo, la Mastrocola la rileggeva, barricata nella sua cameretta mentre a sua insaputa mancava l' appuntamento con quelle furie del sessantotto che fuori imperversavano. Questo accenno è dovuto poichè proprio una sua rievocazione a "Damasco" mi ha spinto a comprare il libro.

Il libro di un Poeta Italico letto solo a scuola e mai sentito veramente affine causa l' eccesso di languore e la sofferenze ostentate senza dovute mediazioni.

Altre fregole furono sollecitate da questi essudati ghirigori di nostalgie. La fatica di questi mondi interiori e il culto per le opache profondità, fece esplodere nei nostri insofferenti sessanta comprensibili voglie. Per esempio di scrivere instupiditi versi premendo il bottoncino di un computer che li avrebbe rigurgitati in lunghezze e numero arbitrario: belli aridi e, se possibile, ancor più petrosi dell' Isonzo. Ma di una pietra mai lucidata da nessun pianto. Chi seppe comprendere la noia e il fallimento di un simile azzardo seppe anche collocarsi nella giusta via di mezzo.

venerdì 18 aprile 2008

Acque senza pesci




Me ne sto lì, appostato con il mio lapis tra le dita in paziente attesa di parole illuminanti intorno alle quali tracciare il mio circoletto.

Me ne sto aquattato con l' occhio vigile sulle righe che scorrono in attesa che abbocchi un simbolo, un' epifania, un alef. Ma non abbocca nulla. Quest' acqua non è abitata da pesci, ho temperato invano la mia matitina, oggi non arpionerò alcunchè.

Scorrono quindi intonsi i racconti di Raymond Carver.

Omaggiano molta letteratura americana facendoci capire che non ci si cura troppo di noi, che non si farà "accadere" nulla per noi, a nostro uso e consumo.

Ci accorgiamo subito che siamo in ritardo o in anticipo sugli eventi: tutto è già successo, tutto deve ancora accadere. E a chi ha mancato l' appuntamento tocca essere ricevuto da Mr. Carver.

Anche gli strumenti dell' archeologo possono essere deposti, non c' è un' assenza da ricostruire, da riempire con ipotesi e congetture. Dobbiamo solo sentire l' eco di cio' che abbiamo mancato, l' evento vibra ancora tra le minutaglie insignificanti che sporcano i silenzi.

Stiamo sempre nella testa del protagonista solo per scoprire che anche lì, nel suo luogo più intimo, lui è reticente, lui è in difesa, lui non osa e non sbroglierà mai la matassa, non getterà luce.

Intanto, alimentato da questa impotenza, l' eco disarticolato del "fatto grave" che l' ha messo ko si fa assordante.

Per fortuna che ogni tanto, un isolato "evento nuovo", fresco, naturale, completamente indifferente ai drammi umani, si presenta e "accade" ripulendo molta sporcizia accumulata.

E' la scossa di terremoto di America oggi, è il colibrì che appare dietro il vetro, è la marmitta che casca e viene trascinata dall' auto fra le scintille, è il generatore che smette di funzionare dopo mesi, sono i cavalli in fuga che appaiono nella nebbia mentre pascolano nel giardino della coppia che si sta lasciando (ehi cara, vieni a vedere...).

Questo evento "accade" disancorato e privo di nessi. E' un colpo di silenzio che depura e risveglia. Al suo apparire tutte le eco esistenziali cessano di marcire, le paludi si prosciugano, le tensioni si allentano.

Ci viene voglia di ricominciare ad amare, ad abbracciare... forse siamo inciampati in un po' di speranza. Ma non caveremo mai una parola in merito da quei personaggi. Il loro mutismo carico di brusii è impaurito da tutto, è destinato ad affrontare tutto diagonalmente. Siamo lieti per loro se possono rifugiarsi e rigenerarsi in un lavoro lungo, duro e monotono come lo spaccar legna per l' inverno.

Ci voleva un mezzo cow-boy semi alcolizzato per spiegarci senza parole la bellezza di "ricominciare".

Quella prosa, spogliata dal lavorio a cui è stata sottoposta, suona come una musica da camera per piccolo organico, una musica con un tema che non si chiuderebbe mai. I finali non sono funzionali al contenuto bensì al modus operandi: quando ci si sorprende a cancellare cio' che si è appana aggiunto, allora è bene mettere il punto.

giovedì 17 aprile 2008

Ancora tre parole

Ho già dato sul tema, eppure non riesco a trattenere le ultime tre parole sul libro di Imre Kertesz e sulla sua Buchenwald. Poi mi taccio.

PRIMA PAROLA. Siamo venuti a sapere che quando un dolore s' intensifica, scioglie i suoi legami con la sgradevolezza e la repulsione per imparentarsi all' allucinazione. Ci sono momenti di vita vissuta dietro il reticolato che ricordano certe descrizioni acidule della letteratura beat.

SECONDA PAROLA. Il bambino vessato tende a considerare giuste e di buon senso le raccomandazioni del carnefice. "Legate le scarpe con le stringhe se non volete perderle", "è inutile agitarsi, mettetevi in fila indiana", "non vi conviene opporre resistenza". Scorgere il proprio carnefice in una divisa curata, vedere la sua guancia ben rasata e la sua fronte pensante, ravvisare un progetto nelle sue intenzioni, sono forme di contatto con il mondo esterno, simulacri di salubrità a cui ci si aggrappa proprio mentre è l' isolamento assurdo che ci opprime affondandoci.

TERZA PAROLA. Il bambino curioso tende l' orecchio e correda il suo resoconto riportando tra virgolette le espressioni degli adulti che stanno intorno a lui. Sono formule tipiche, sintagmi stereotipati, tratti dal linguaggio del lavoro, dai gerghi funzionali. Ed è commovente sentire da una voce inconsapevole l' eco dell' efficienza, intenerisce la preoccupazione inutile volta ad agire per il meglio in persone che noi sappiamo condannate. E' come ascoltare una madre sul letto di morte sincerarsi che la minestra sul fuoco non bruci. Ci viene un istinto di protezione per chi è "poco", ci viene un brivido estetico per la maestria con cui il "sublime" si mimetizza nel "poco". Eri tutto ed eri solo una "guardiana di minestre".

sabato 12 aprile 2008

Scavalcando il cancello di Baldini

Siamo cacciatori di mummie e l' istinto necrofilo che ci spinge inevitabilmente verso questi cultori di lingue morte, verso questi dominatori del certame vaticano. Scavalchiamo i loro arrugginiti cancelli, irrompiamo nel sepolcro dei loro studioli per auscultare il lentissimo bioritmo agonico che ci incanta.

Sul far della sera si esce insieme nella campagna vicentina dove le sonorità più tranquille coabitano con quelle più noise...

"...dove incrociano i cervi volanti..."...e nella macchia s' infrasca oscura l' ombra di una grand' ala..."

Tra questi bei "niente", colombe annunciano lo smorire del conflitto vitale...

"...e il ferro dell' arma si fa sempre più freddo tra le dita..."

Il ricordo si agita remoto ed è preservato dalla "...brina di fredde lune...".

Laddove senti che anche solo questi appena accennati atti cognitivi "...infangano di passi nevi incontaminate...".


Poi, con un guizzo di saturnini nervi, il Poeta torna all' attualità pronunciandosi nientemeno che sulla globalizzazione:
"...adesso il mondo non è remoto
sta tutto addosso a noi,
tutto pigiato nelle
stanze sgomente delle nostre case..."
vaghiamo in cerca d' ispirazione...

"...stoltamente pensando che una grazia celeste mi rimanga impigliata tra le dita..."

ma scatta un soprassalto di vigliaccherie...
"...e risprofondo nel mio cieco letargo, dentro un nero
inerte che cancella i sogni e le parole..."
come sono lontani le estati con i loro gesti d' altri tempi...

"...facendomi solecchio contro il barbaglio..."

ora resta solo la fatica e l' inseguimento trafelato di una parola misurata...

"...come il cane da caccia sull' usta della lepre che si snerva..."

neanche l' appoggio della donna, della...

"...mia proterva e dolcissima Virago..."

mentre si assaggiano tutte le sfumatore della precarietà...

"sì. anch' io sono stato nel mio secolo
una gracile lanternina appesa a un picciolo del tempo che mi nutriva ed era
il mio nodo scorsoio..."
ingannati da una psichedelia fatta in casa...
"...come quando si abbassano le palpebre
e ancora dentro agli occhi
in effimere spire brulicano i fosfeni..."
con i corpi a scrivere sul palinsesto del giorno...

"...il segno di un sorriso tra ombre catafratte..."

con l' invocazione alla madre viva da sempre trapassata...
"...forse mi osservi trepidante... come
questo tenero infante cominciava a tentare
i primi passi
correndo barcollando verso di te
finchè cadevo nel tuo grembo
madre, come allora anche adesso all' adulto che arriva
le braccia apri..."
raggomitolati attorno ad un ricordo, per toglierli l' aria e appassire con lui
"...il tempo filando una bava sottile
ha avvolto nel suo bozzolo il bambino di ieri.
Là tu sopravvivi come una crisalide della memoria..."
s' interrogano i suicidi per saperne di più...

"...che sgomento ha fiaccato il tuo cuore, tu che eri così lieto e protervo?..."

ma in fondo confidiamo nell' atteso soprassalto...

"...ma tu non rassegnarti, batticuore, all' angusta gabbia delle mie costole..."

piccoli segnali di soccorso lanciati dalla campagna vicentina...

"...il merlo alza il suo introibo...un angelo si apparta satollo di bontà...in cerca di felicità ci è bastato sognarla per coglierla...rincasiamo sotto un carico di enormi e rimandati paradisi..."

ci specchiamo nel codirosso...

"...nel suo nervoso zig zag da camino a camino, povera bestia incalzata da segnali..."

questa giornata è..."un libro che spinge gli occhi..." ora siamo stanchi...

un ultimo palpito amoroso rende incantevole persino la "...vasta pianura di autostrade..."

"...rotola un tuono sul tetto...andiamo a mangiare...".