Visualizzazione post con etichetta femminismo sessismo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta femminismo sessismo. Mostra tutti i post

lunedì 2 luglio 2018

LA BATTAGLIA INFINITA CONTRO IL SESSISMO

LA BATTAGLIA INFINITA CONTRO IL SESSISMO
Il relativismo è percepito ovunque: un atleta prestante diventa un nanerottolo se lo metti in una squadra di basket. E’ percepito anche dove non te lo aspetteresti, per esempio nella percezione dei colori. Uno dice “il blu è blu” ma le cose sono un po’ più complesse. Se mi chiedono di contare quanti pallini blu vedo su uno schermo dove compaiono pallini di tutti i colori, io rispondo senza esitazioni. Magari altri a cui viene posta la medesima domanda daranno una risposta diversa, d’altronde ci sono pallini con sfumature di rosso e di blu che io conto tra i rossi ma qualcun altro potrebbe contare tra i blu. Poco male. Senonché, in certe condizioni, anch’io vario inconsciamente i miei criteri e comincio a considerare blu le palline che prima consideravo rosse. Quando? In genere quando le palline chiaramente blu proiettate sullo schermo diminuiscono. Sì, quando il blu scarseggia io comincio a vederlo anche dove prima non lo vedevo. La nostra mente funziona così: la penuria produce miraggi.
Questo fenomeno spiega perché la battaglia contro il sessismo non è mai finita: chi la intraprende non percepisce i progressi fatti e comincia a vedere sessismo ovunque, anche laddove prima non c’era. Per esempio, ieri il giudizio “le donne hanno inclinazioni differenti rispetto agli uomini” non era un giudizio sessista, oggi sì. In sostanza, quando il sessismo reale diminuisce quello percepito potrebbe anche aumentare.
SCIENCE.SCIENCEMAG.ORG
Do we think that a problem persists even when it has become less frequent? Levari et al. show experimentally that when the “signal” a person is searching for becomes rare, the person naturally responds by broadening his or her definition of the signal—and therefore continues to find it even wh...
Mi piaceVedi altre reazioni
Commenta
Commenti

lunedì 19 marzo 2018

Il sessista

I Am Sexist

I am sexist, because I knowingly say something sexist: I believe women are naturally inferior to men in a certain way.  Time magazine:
For humans, there has always been something about a health message coming from a woman that gives it special authority. … Traditionally … it was the mother who saw to it that the kids got vaccinated, Grandma made it to her heart specialist and Dad stayed on his blood-pressure meds. …
Women make the primary health care decisions in two-thirds of American households. They account for 80 cents out of every dollar spent in drugstores and are likelier than men to choose the family’s health insurance. …  “Global development agencies [know] … when you give resources or money to women, more winds up in children’s health. When you give it to men, it’s likelier to wind up going for things like tobacco.” …
As with so many things, it begins with evolution, but it doesn’t stop there. Females of nearly all species expend far more time and energy producing young than males do and are thus far more motivated to protect that investment. … [Researchers] asked men and women in doctor’s offices why they were there and if anyone had encouraged them to come. Men were 2.7 times as likely as women were to say they were prodded by a member of the opposite sex.
Time describes a way that women are naturally different from men.  Is this “sexist“?  Technically yes, as it expresses a “belief or attitude that one gender or sex is inferior to, less competent, or less valuable than the other.”  But no, not according to common serious usage* of the term, since here Time says it is women who are superior.  Folks who say that are almost never seriously labeled “sexist.”
Now I believe we consume too much med, especially in the US.  We’d be better off to crudely cut med, via higher prices or less geographic practice variation.  So I think whomever is responsible for pushing for more med at the margin does a bad thing.  Therefore if I agree with Time that women naturally push med more, I must conclude that in this way women are naturally less valuable or competent than men.
Thus, I am “sexist.” So must you all now shun and condemn me for my knowing serious “sexism,” or can we agree either that it isn’t such a bad thing to be “sexist,” or that we should move to a narrower usage of the term?
Our social norms on serious sexism are now bendable; the way we’ve defined “sexist” gives media elites the flexibility to tar most anyone who speaks honestly with the label. After all, if honest, most should admit women are different from men in many ways, and worse in some of those ways.
By opposing such flexibility, I signal I am more likely that most to be so tarred, and hence less connected, influential, or savvy.  So be it.  Will anyone else join me, and publicly admit they are “sexist” as the term is used today?   Will anyone else oppose the term’s bendability?
*(Many agree “all men are rapists” is sexist, but few ever say that.  I can’t find an actual claim of female superiority widely accepted as seriously “sexist.”)
Added:  Two more “sexism” definitions:

INTRO Padre, quindi sessista -




Padre, quindi sessista

Un tempo avevo la mia dignità… poi divenni padre.
figli ti tolgono tutto, e la dignità è la prima ad andarsene: devi fare il palo mentre al parketto giocano con i giochi altrui, devi fingere di uscire di casa in piena note con guanti cappello e sciarpa per motivi che neanche tu capisci bene. Devi ingaggiare dei corpo a corpo con un nano sotto lo sguardo sprezzante di altri adulti… devi fare un mucchio di cose che puoi raccontare solo ad altri genitori!
Avere dei figli è un po’ come trasformarsi in un cane che invecchia, ogni anno ne vale sette. I figli ti tolgono tutto: oltre alla dignità ti tolgono cose, ti tolgono tempo, ti tolgono i tuoi hobby, ti tolgono la salute, ti tolgono soldi (tanti), ti tolgono serenità.
Alla fine resti solo. Solo con la tua anima, nudo con l’anima in mano. I cristiani chiamano un simile percorso Via Crucis, un consulente McKinsey lo chiamerebbe: “evoluzione per sottrazione”.
In teoria il padre dovrebbe portare in famiglia una risorsa scarsa come la virilità. Ma oggi la virilità non è benvista, in molti la giudicano obsoleta e poco necessaria. Meglio per i papi trasformarsi da orsi in orsettiPer capire cio’ che intendo leggetevi Hanna Rosin (The End of Man) o alcuni libri di Claudio Risé.
La virilità non ha molto spazio in un mondo effemminato come quello contemporaneo. In teoria la virilità sarebbe la capacità di prendere le redini quando la routine va a ramengo, quando si entra nella terra di nessuno dove non c’è legge a cui riferirsi, quando il controllo della modernità e le sicurezze della scienza diventano un pallido mito sullo sfondo, quando ogni altro piano fallisce. La virilità è l’ultima spiaggia, quella che precede la preghiera e la rassegnazione. Ma la virilità è anche fonte di guai, ha un suo lato oscuro, quello che produce tanti palloni gonfiati dall’ orgoglio ridicolo, individui fastidiosi sempre pronti ad attaccar briga con chiunque.
Tesi: i padri  si possono salvare solo salvando la virilità.
C’è una via? Forse sì, forse si puo’ puntare sulla “cavalleria”. Certo femminismo la odia e ne ha ben donde: è l’aspetto ancora “presentabile” della virilità. Se apro la porta dell’auto a mia moglie sono un maledetto sessista ma chi mi condannerebbe? Senza condanne sarei un sessista orgoglioso di esserlo, e questo è imbarazzante per chi vuol trasformare l’epiteto in un sinonimo di “psicopatico serial killer”. La “cavalleria” esiste da sempre e ovunque: paladini, crociati, samurai, soldati… è un concetto che possediamo e difficile da annientare, tutti plaudiamo ai “cavalieri”, non farlo appare ridicolo. Perché io dovrei essere disprezzato e bollato come “sessista” solo perché mi comporto da cavaliere? I cavalieri fanno sbiadire il significato alla parola sessista, ne indeboliscono il concetto stesso.
Il cavaliere sacrifica tutto per un interesse altrui, nel nostro caso: il padre virile intraprende un’ “evoluzione per sottrazione”, una via crucis per la sua famiglia. Il famigerato San Paolo chiedeva alla moglie di sottomettersi a lui e nel rigo successivo al marito di morire per lei. Inaccettabile. Ma forse anche reinterpretabile, quel “morire” oggi potrebbe essere inteso come  una richiesta di virilità: un po’ di onore/vergogna al posto del solito denaro/calcolo. Ma giusto un po’, consci del “lato oscuro” di questa roba. Un onore da ricercare nella difesa gratuita del debole e dell’innocente, ovvero “donne&bambini”. La paternità, a questo punto, diventa il lato buono della virilità. Se la cavalleria ha diritto di cittadinanza ancora oggi, allora la via crucis di cui sopra non è più un assurdo: un padre consuma la sua vita affinché un’altra possa fiorire, in senso biologico ma anche trascendentale.
Nessun testo alternativo automatico disponibile.

mercoledì 24 gennaio 2018

Colpa dei bambini

Diseguaglianze di genere: colpa dei bambini!
Despite considerable gender convergence over time, substantial gender inequality persists in all countries. Using Danish administrative data from 1980-2013 and an…
NBER.ORG

giovedì 24 dicembre 2015

Prezzi sessisti?

I would offer the following (speculative) generalization.  Guys are more likely to “just buy any usable sock,” whereas women are more likely to want “the right socks.”  Therefore socks for guys end up being cheaper, because male price elasticity is higher.

Yet guys are more likely to spend a lot to buy the most expensive stereo system, or the most expensive car, or make the biggest charitable donation.  There may not be coexisting “male” and “female” versions of these goods, as with pink vs. blue razors, but still the men pay big compared to the women.


More from Robin Hanson on sexist pricing, which might just be sampling bias http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2015/12/more-from-robin-hanson-on-sexist-pricing.html

venerdì 7 agosto 2015

Bulli e sessisti

New study suggests that it’s low-status and uncool men who are sexist bullies, in order to cover up their own inadequacies.


sabato 26 febbraio 2011

Per discriminare meno...

Per discriminare meno è necessario discriminare di più.

Come? Non capite?

E' possibile discriminare meno le donne discriminando di più tra le donne.

Questa semplice verità mi suggerisce un paio di considerazioni.

1. L' ambiente sociale che più nuoce alla discriminazione di gruppo è quello che massimizza la discriminazione individuale. La società libertaria crea proprio un ambiente del genere, ma guarda un po'. Peccato, se il pensiero femminista non avesse una chiara filiazione marxista, forse ci sarebbe una speranza.

2. Molte femministe, forse soggiogate dal mito della sorellanza, negano che la loro lotta sia condotta contro altre donne. Lo dicono pensando di esprimere un' opinione. Peccato che qui, trattandosi di un problema logico, le opinioni contino poco.

Sono stato un po' ermetico? Sì.

E allora spero soccorra l' elegante didascalia di Katja Grace in merito.

Alcuni corollari di Katja:

If you want to increase respect toward a minority group, do not ‘raise awareness’

Attempting to correct anti-female sexism often employs anti-female sexism.

Attaccare i comportamenti maschilisti additando un influsso culturale ci mette nell' imbarazzante condizione di dover condannare qualsiasi "influsso culturale".

Attempting to correct an inequality with affirmative action
may increase the appearance of discrimination.

Insomma, se non si fosse capito, per impostare il problema in modo rigoroso, consiglio il blog di Katja.

***

A proposito di "se non ora quando"... forse questo è il post ideale per rendere omaggio a Roberta Tatafiore e Michi Staderini, le due donne che, in passato, ponendo un robusto argine, hanno impedito al femminismo italico le derive moraliste di quello americano. Un argine che oggi mi sembra saltato.

giovedì 24 febbraio 2011

Il sessismo dei poveri di spirito

Quando l' economista approfondisce una questione, molti provano un senso di estraneità e di spavento. C' è chi fa finta di capire, chi rinuncia a capire, chi si fa congestionare dal rancore, chi sbuffa infastidito e chi semplicemente scappa.

Purtroppo l' economista è tenuto a pensare in modo semplice e sulla base dei fatti; la maggior parte di noi si ritrova solo se immerso nell' abituale confusione (i giornali piacciono proprio per quello). La confusione generalizata ci libera la favella che correndo a ruota libera ci fa sentire meglio.

Conta anche che l' economista sia tenuto a pensare in modo razionale, e la maggior parte di noi si orienta solo se circondata dalla rassicurante compagnia delle proprie distorsioni cognitive.

Non è certo un caso se nel mondo, in genere, la gente non riesce a pensare l' economia.

In Italia, poi, le cose vanno ancora peggio che altrove.

Qui, per esempio, Robin Hanson rifette sul significato della parola "sessismo".

Si chiede, tra l' altro, come evitare che ce ne sia troppo poco.

Una questione importante, ma sul punto è difficile avere risposte da chi non comprende nemmeno la domanda.

Purtroppo, chissà perchè, chi ha sempre in bocca quella parole non s' impegna poi tanto per affrontare quesito del genere, forse non sente l' urgenza.

O forse è troppo smaliziato per non sapere quanto la ragione rallenti le "grandi manovre".

Il fascino pragmatico dei "come" non puo' essere intralciato da dei prosaici "perchè".

Per fortuna, qua e là, vaga ramingo qualche economista, novello "povero di spirito".

mercoledì 9 febbraio 2011

"Così fan tutti"

Nei blog di Loredana Lipperini e Giovanna Cosenza si soppesa il reale valore dell' argomento "così fan tutti" in relazione alla questione femminile e alla pubblicità sessista.

Io penso che non sia poi così difficile perorarlo.

Immaginatevi in queste condizioni: operate in una società libera e dovete scegliere una linea di condotta, di fronte voi si stagliano due opzioni:

1. posizione "così fan tutti";

2. posizione "eticamente nobile".

Notate altresì che la posizione 1 è di gran lunga la preferita da chi "sceglie" avento interessi materiali in gioco.

Per contro la posizione 2. è caldeggiata da una minoranza che si limita a professare un' ideologia.

Ora, noi sappaimo che chi ha interessi in gioco privilegia soluzioni razionali, mentre chi è guidato da un credo etico-ideologico è più facilmente vittima di distorsioni cognitive. Anzi, per questi ultimi puo' essere razionale comportarsi irrazionalmente.

Sulla base di questa considerazione, qualora per voi la razionalità abbia un valore normativo, l' opzione 1 si fa preferire.