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lunedì 18 marzo 2019

SOSPETTI MALEVOLI

SOSPETTI MALEVOLI
La storia è all’incirca questa: Greta Thunberg è preoccupata per i sacchetti di cellophane nell’ oceano (piange senza sosta durante un documentario visto alla TV), ma soprattutto per il clima che cambia. Conosco il soggetto, ho in casa una vegana naturista intransigente sempre in ansia per la sorte delle formiche e sempre rabbiosa quando ai margini di un’ innocua favoletta fa capolino un cacciatore. Ma Greta è una tipa intraprendente e trasforma il suo dolore in azione: decide di bigiare la scuola al Venerdì per piazzarsi davanti al parlamento di Stoccolma chiedendo ai politici “un mondo migliore”. Diviene ben presto un’icona della “nuova generazione” e in suo nome vengono organizzate manifestazioni di portata continentale.
Tutto qui? Difficile crederlo. Difficile anche per chi non ha nessuna intenzione di buttarla sulla “manipolazione” dei minori. I sentimenti di Greta sono sinceri ma dietro di lei si sente girare una colossale macchina propagandistica.
Ma è ipocrisia a fin di bene, dicono sensatamente i difensori del fenomeno. Lo ammetto, su di me l’ipocrisia è sempre “a fin di male”, non so perché ma quando è così scoperta mi tira fuori il peggio.
Innanzitutto, quando l’ipocrisia è utilizzata con tanta disinvoltura probabilmente se ne fa uso anche altrove. Io, almeno, ne sento l’odore ovunque. Tutti i sospetti diventano legittimi, in particolare quello per cui la semioticizzata sinistra europea stia tentando di camuffare i suoi obbiettivi politici dietro il mascherone del buon senso naif ben rappresentato da una bambina col faccione a luna piena.
Dietro Greta c’è “Greta”, e questo mi dà alcune sensazione.
Ho come la sensazione di sapere cosa ne pensi “Greta” circa la possibilità di affrontare il problema che tanto l’angoscia con la costruzione a distesa sul continente di centrali nucleari.
Ho come la sensazione di sapere cosa ne pensi “Greta” circa la possibilità di affrontare il problema che tanto l’angoscia sparando tra le nuvole una cannonata di agenti chimici in grado di ridurre la CO2, oppure di catturarla attraverso i processi artificiali dell’ingegneria climatica.
Ho come la sensazione di sapere cosa ne pensi “Greta” circa la possibilità di affrontare il problema che tanto l’angoscia con una corposa carbon tax destinata a creare sempre maggiori diseguaglianze nelle società contemporanee.
E chissà che ne pensa “Greta” dell’ipotesi secondo cui lei e la sua generazione erediteranno un mondo tremendamente migliore rispetto a quello ereditato dalle generazioni precedenti, e che le sue lamentele sono quelle tipiche della generazione-bambocciona. Chissà poi se si tranquillizza cessando il lamento venendo a sapere che le soluzioni preventive del problema climatico sono proibitive perché costosissime è inefficienti, e che è più ragionevole organizzarsi per una sana resilienza.
Ho come la sensazione di sapere cosa abbia invece nella testa “Greta”. Roba tipo: energie alternative, auto elettrica, cambiamento degli stili di vita, decrescita felice e altra roba del genere.
Certo, le mie sono solo sensazioni, solo sospetti.
Ma quando al centro del tuo progetto ci metti una quintalata di ipocrisia e di “non detto” i sospetti diventano automaticamente delle prove.

lunedì 4 marzo 2019

HL A Radically Moderate Answer to Climate Change Andrew Sullivan

A Radically Moderate Answer to Climate Change
Andrew Sullivan
Citation (APA): Sullivan, A. (2019). A Radically Moderate Answer to Climate Change [Kindle Android version]. Retrieved from Amazon.com

Parte introduttiva
Evidenzia (giallo) - Posizione 2
A Radically Moderate Answer to Climate Change By Andrew Sullivan
Evidenzia (giallo) - Posizione 11
Everything in moderation, including moderation.
Nota - Posizione 12
MOTTO DI OSCAR WILDE
Nota - Posizione 12
MOTTO DI OSCAR WILDE
Evidenzia (giallo) - Posizione 15
“If men are together in a boat, and one part of the company would weigh it down on one side, another would make it lean as much to the contrary.”
Nota - Posizione 16
ALTRO MOTTO
Nota - Posizione 16
ALTRO MOTTO
Evidenzia (giallo) - Posizione 23
So FDR was in many ways an extremist in the context of American history; but his extremism was a form of moderation given the dire economic crisis he had to handle.
Nota - Posizione 24
UN ESEMPIO
Nota - Posizione 24
UN ESEMPIO
Evidenzia (giallo) - Posizione 24
the same thing about Thatcher:
Nota - Posizione 24
ALTRO ESEMPUO
Nota - Posizione 24
ALTRO ESEMPUO
Evidenzia (giallo) - Posizione 27
it is the first time our species is on the verge of wiping out most life as it now exists on this planet.
Nota - Posizione 27
LA COSA OGGI PIÚ RILEVANTE
Nota - Posizione 27
LA COSA OGGI PIÚ RILEVANTE
Evidenzia (giallo) - Posizione 29
That’s why the Green New Deal has appeal.
Nota - Posizione 29
DA RIVALUTARE
Nota - Posizione 29
DA RIVALUTARE
Evidenzia (giallo) - Posizione 31
Focus on a non-carbon energy source that is already proven to be technologically feasible,
Nota - Posizione 32
CON UNA VARIANTW
Nota - Posizione 32
CON UNA VARIANTW
Evidenzia (giallo) - Posizione 32
What we need, given how little time we have, is a massive nuclear energy program.
Nota - Posizione 33
TESI...ALTERNATIVA
Nota - Posizione 33
TESI...ALTERNATIVA
Evidenzia (giallo) - Posizione 35
The speediest drop in greenhouse gas pollution on record occurred in France in the 1970s and ‘80s, when that country transitioned from burning fossil fuels to nuclear fission for electricity, lowering its greenhouse emissions by roughly 2 percent per year.
Nota - Posizione 37
IL RECOED
Nota - Posizione 37
IL RECOED
Evidenzia (giallo) - Posizione 41
While the price of renewables keeps falling, nuclear remains very costly. The plants take a long time to build,
Nota - Posizione 41
IL PROBLEMA
Nota - Posizione 41
IL PROBLEMA
Evidenzia (giallo) - Posizione 51
The point is that this is achievable with current technology. And renewables are not cost-free.
Nota - Posizione 52
IL PUNTO DI FORZA
Nota - Posizione 52
IL PUNTO DI FORZA
Evidenzia (giallo) - Posizione 53
Germany’s carbon emissions have been flat since 2009, despite an investment of $ 580 billion by 2025 in a renewables-heavy electrical grid, and a 50 percent rise in electricity cost.
Nota - Posizione 54
XFORMANCE TEDESCHE
Nota - Posizione 54
XFORMANCE TEDESCHE
Evidenzia (giallo) - Posizione 55
France produces one-tenth the carbon emissions per unit of electricity as Germany and pays little more than half for its electricity. How? Through nuclear power.
Nota - Posizione 56
IL MODELLO VIRTUOSO
Nota - Posizione 56
IL MODELLO VIRTUOSO
Evidenzia (giallo) - Posizione 59
huge amounts of land mass,
Nota - Posizione 59
COSA RICHIEDONO LE RINNOVABILI
Nota - Posizione 59
COSA RICHIEDONO LE RINNOVABILI
Evidenzia (giallo) - Posizione 59
costly transfers of energy across long distances,
Nota - Posizione 59
CCcccccc
Nota - Posizione 59
CCcccccc
Evidenzia (giallo) - Posizione 59
dependent on wind and sun
Nota - Posizione 60
Ccccccccccccc
Nota - Posizione 60
Ccccccccccccc
Evidenzia (giallo) - Posizione 61
duck curve”
Nota - Posizione 61
IL PROB DELLE RINNOVABILI DI FAR INCONTRARE DOMANDA E OFFERTA
Nota - Posizione 61
IL PROB DELLE RINNOVABILI DI FAR INCONTRARE DOMANDA E OFFERTA
Evidenzia (giallo) - Posizione 62
concentrated, consistent, and relied upon,
Nota - Posizione 62
IL NUCLEARE
Nota - Posizione 62
IL NUCLEARE
Evidenzia (giallo) - Posizione 63
Three Mile Island, Chernobyl, and Fukushima
Nota - Posizione 63
TRE CASI...SICUREZZA
Nota - Posizione 63
TRE CASI...SICUREZZA
Evidenzia (giallo) - Posizione 64
17,000 cumulative reactor-years of commercial nuclear power operation in 33 countries.
Nota - Posizione 65
DENOMINATORE
Nota - Posizione 65
DENOMINATORE
Evidenzia (giallo) - Posizione 65
cases to the environment was contained
Nota - Posizione 65
NUCLEARE E AMBIENTE
Nota - Posizione 65
NUCLEARE E AMBIENTE
Evidenzia (giallo) - Posizione 65
human impact has been trivial compared with the massive damage caused by carbon-based fuels.
Nota - Posizione 66
DANNI ALL UOMO
Nota - Posizione 66
DANNI ALL UOMO
Evidenzia (giallo) - Posizione 70
nuclear program is critical to decarbonization at the speed we desperately need.
Nota - Posizione 71
LA VELOCITÀ È ESSENZIALE
Nota - Posizione 71
LA VELOCITÀ È ESSENZIALE
Evidenzia (giallo) - Posizione 77
Choosing Not to See
Nota - Posizione 78
Ttttttttttttttttt
Nota - Posizione 78
Ttttttttttttttttt
Evidenzia (giallo) - Posizione 79
how Frédéric Martel’s new book on the hypocrisy and homosexuality in the Vatican would be received among Catholic critics.
Nota - Posizione 82
LE REAZIONI A UN LIBRO
Nota - Posizione 82
LE REAZIONI A UN LIBRO
Evidenzia (giallo) - Posizione 82
The more ludicrous reviews (almost all on the right) just pick and choose which parts of the book they decide are true
Nota - Posizione 83
STANDARD
Nota - Posizione 83
STANDARD
Evidenzia (giallo) - Posizione 91
the book of course is not just a description of the super-gay climate at the center of the church.
Nota - Posizione 92
COSA NN È
Nota - Posizione 92
COSA NN È
Evidenzia (giallo) - Posizione 92
catalogue of corruption, crime, abuse, and cover-up
Nota - Posizione 92
COS È
Nota - Posizione 92
COS È
Evidenzia (giallo) - Posizione 94
the book is mere “salacious” gossip,
Nota - Posizione 94
LA RIDUZIONE FATTANE
Nota - Posizione 94
LA RIDUZIONE FATTANE
Evidenzia (giallo) - Posizione 102
Take the shocking tales of Vatican officials hiring male prostitutes. What proof does Martel provide? Well, he spends many evenings in the area the sex workers pick up their johns, gets to know many of them, wins their trust and and also finds sources in the police force.
Nota - Posizione 104
LE FONTI...SEMBRANO BUONE
Nota - Posizione 104
LE FONTI...SEMBRANO BUONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 121
Is this journalistic unprofessionalism?
Nota - Posizione 121
Cccccccccccc
Nota - Posizione 121
Cccccccccccc
Evidenzia (giallo) - Posizione 126
Yes, there are some excesses.
Nota - Posizione 126
AMMISSIONE
Nota - Posizione 126
AMMISSIONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 128
theology professor Brian Flanagan is the fairest:
Nota - Posizione 128
TRA LE RECENSIONI
Nota - Posizione 128
TRA LE RECENSIONI
Evidenzia (giallo) - Posizione 132
the overall portrait seems vero. E troppo vero.”
Nota - Posizione 132
SINTESI
Nota - Posizione 132
SINTESI
Evidenzia (giallo) - Posizione 134
The Personal Politics of Late-Term Abortions
Nota - Posizione 134
Ttttttttt
Nota - Posizione 134
Ttttttttt
Evidenzia (giallo) - Posizione 140
“quick and dirty,”
Nota - Posizione 140
LA MESA IRLANDESE...VENTI MINUTI
Nota - Posizione 140
LA MESA IRLANDESE...VENTI MINUTI
Evidenzia (giallo) - Posizione 143
I believe both that abortion is the taking of a human life, and that in a free society, rooted in property rights, an individual has complete autonomy over her body— autonomy which the state cannot violate.
Nota - Posizione 145
LA MIA VISIONE
Nota - Posizione 145
LA MIA VISIONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 148
I came to the conclusion that late-term abortions are actually the least objectionable.
Nota - Posizione 148
LA POSI IONE
Nota - Posizione 148
LA POSI IONE
Evidenzia (giallo) - Posizione 149
Almost all of them were cases in which the child was desperately wanted, and in which some awful abnormality had emerged late in the pregnancy that essentially guaranteed that the child would be stillborn, or born and live only a short amount of time.
Nota - Posizione 151
DI QUALI CASI PARLIAMO
Nota - Posizione 151
DI QUALI CASI PARLIAMO
Evidenzia (giallo) - Posizione 153
There is nothing to celebrate about such horrible choices, which is why I found lighting up One World Trade Center in pink to commemorate their full legalization under the Reproductive Health Act in New York State deeply inappropriate.
Nota - Posizione 155
MA....
Nota - Posizione 155
MA....
Evidenzia (giallo) - Posizione 156
Every case is unique.
Nota - Posizione 156
DECIDONO LA MAMMA E IL MEDICO
Nota - Posizione 156
DECIDONO LA MAMMA E IL MEDICO
Evidenzia (giallo) - Posizione 157
“child killing”
Nota - Posizione 157
LÌ È CHIARO
Nota - Posizione 157
LÌ È CHIARO
Evidenzia (giallo) - Posizione 158
women who actually went through such experiences changed my mind.
Nota - Posizione 158
LO AMMETTO
Nota - Posizione 158
LO AMMETTO

venerdì 8 febbraio 2019

COLOMBO VERDE

cose imparate oggi in treno: COLOMBO VERDE

I germi “europei” esportati da Colombo sono stati devastanti: nel secolo successivo al 1492 hanno ucciso il 90% della popolazione di nativi americani causando la conversione di milioni di ettari di terreni agricoli in foresta. Il fenomeno ha contribuito ad aumentare l’assorbimento di carbonio e a ridurre sensibilmente la temperatura del pianeta. Altro che Kyoto!

https://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2019/02/columbus-lowered-world-temperature.html

lunedì 21 gennaio 2019

LA QUESTIONE AMBIENTALE AFFRONTATA E RISOLTA


In fondo bastano tre misure:
1) Tassare i combustibili fossili (carbon tax; si puo’ iniziare con 40 euro la tonnellata).
2) Eliminare ogni regolamentazione ambientale e i relativi sussidi (solare, auto elettrica…).
3) Girare in automatico il gettito della carbon tax ai cittadini sotto forma di credito d’imposta (il governo non deve vedere un euro).
Vi piace?
I pregi: chi inquina paga, chi è inquinato è risarcito ma soprattutto la scelta ambientale è guidata dai prezzi anziché dai “profeti ambientalisti” che ci molestano H24 da giornali e TV.

https://feedly.com/i/entry/jLbdATYr0p7bf56jn6TjC6yaiQ0m1xY/1xu3vVx5GdY=_168699e7bb8:2228064:56b782f7

lunedì 26 novembre 2018

RELIGIONE AMBIENTALISTA.

RELIGIONE AMBIENTALISTA.

La religione ambientalista è pericolosa poiché prende a pretesto un problema reale cosicché i precetti della sua fede inquinano una discussione seria. Si pone allora il problema di come distinguere ed emarginare i “preti verdi”?
Di seguito offro un criterio. Comincio col dire che quando si parla di ambiente e riscaldamento globale le questioni sul tavolo sono almeno quattro:
SE la Terra si sta riscaldando.
SE l’attività umana contribuisca al riscaldamento.
QUANTO l’attività umana contribuisce al riscaldamento.
QUALI sono i benefici (e i costi) che derivano dal riscaldamento.
COME affrontare il problema.

Ebbene, il “prete verde” parla seriamente solo dei “SE”. Sul resto o è silente o impiega slogan e formule prefabbricate. 

sabato 20 ottobre 2018

Non avveleniamo il “pasto gratis”! SAGGIO


Non avveleniamo il “pasto gratis”!


Lettera aperta ad un amico ambientalista.
Carissimo, sul tema dell’ambiente abbiamo sempre litigato, tuttavia sappi che riconosco le tue buone intenzioni e so bene che sei mosso da una spinta morale genuina. Ma direi di più, da un vero e proprio desiderio di bellezza! Odi gli economisti che continuano a ripeterti in modo ottuso: “non esistono pasti gratis”. Tu sai invece benissimo che esistono eccome i “pasti gratis”: il nostro pianeta è per noi un dono gratuito, così come è uno spettacolo completamente gratuito quello che offre a tutti il sole mentre cala tra le brume generando mille riflessi che neanche il più geniale artista saprebbe immaginare. Quanto più questi doni vengono apprezzati, tanto più si vorrebbe preservarli, e tu sei tra queste anime sensibili. Ma poiché anch’io aspiro ad essere della compagnia diventa necessario un chiarimento nel merito.
L’OBIEZIONE
Conosco a memoria la tua fondamentale obiezione all’economia del nostro tempo, la riassumerei così, dimmi se sbaglio: la continua crescita della ricchezza richiede massicce emissione di biossido di carbonio, ma, come tutti sappiamo, l’atmosfera si sta riscaldando proprio a causa di questo pernicioso effetto collaterale. Incentivando una crescita continua del benessere materiale dei popoli  e spingendo al massimo i motori dell’economia di mercato globale  finiremo per sacrificare l’ambiente in cui tutti viviamo. Con una formula icastica proposta da quel Papa Francesco che tanto ti piace (tranne quando parla di Cristo) possiamo ben dire che la nostra è, a lungo termine, “un’economia che uccide“: uccide prima il pianeta e poi i suoi abitanti.
Insomma, tu ti rappresenti il rapporto tra ricchezza e qualità dell’ambiente come un compromesso: o uno o l’altro. Ma i miei dubbi che le cose stiano proprio come tu dici sono sempre stati forti, soprattutto quando osservo che la ricchezza: 1) ci difende meglio dai disastri ambientali, 2) agevola la scoperta di soluzioni ai guai ambientale e 3) sensibilizza alla causa verde.
Una disamina articolata del dilemma che prenda in considerazione tutti i feedback tra ambiente ed economia l’ho trovata nel saggio di Bas van der Vossen e Jason Brennan “L’obiezione del cambiamento climatico alla crescita economica”. Te ne raccomando la lettura. I due, sulla base di quanto appena detto, si chiedono se il pericolo ambientale consigli di rettificare o di rafforzare il percorso intrapreso dalla civiltà occidentale da almeno due secoli.
UTOPIA
Da tempo l’ ONU – che tu vedi come un baluardo della scienza-  si è posto su questi temi obbiettivi ambiziosi, come per esempio quello di “stabilizzre le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera a un livello tale da prevenire pericolose interferenze antropogeniche con il sistema climatico”.
Peccato che le temperature continueranno a salire per almeno altri 50 anni qualunque cosa si faccia. In altri termini, i livelli di carbonio attualmente nell’atmosfera rendono già oggi tutto quel che si vorrebbe prevenire  inevitabile.
IL VERO DILEMMA
Una volta appurato che la stabilizzazione non basta, la reale domanda  da porsi riguarda il fatto se sia sensato agire con una radicalità sufficiente per abbattere le emissioni. La questione, insomma, è “ come” organizzare la vita su un pianeta più caldo e non “se” il nostro pianeta sarà tale.
Oggi la crescita delle emissioni è da imputare soprattutto ai paesi in via di sviluppo, per questo il dilemma povertà/ambiente è così pressante: cose come infrastrutture, assistenza sanitaria, istruzione, trasporti e tempo libero, così come la disponibilità di frigoriferi, lavatrici e aria condizionata, sono essenziali per risolvere i problemi della povertà nel mondo. Tuttavia, nello stesso tempo,  rischiano di pregiudicare il clima futuro.
LE PROPOSTE VERDI
Sul punto la tua posizione e quella dei tuoi amici, mi è sembrato di capire, non è univoca. Alcuni chiedono che la crescita economica dei paesi in via di sviluppo si fermi. Altri che continui ma sia controbilanciata da una decrescita della nostra. Altri ancora spingono per pesanti investimenti in produzione di energia pulita in modo da avere la botte piena e la moglie ubriaca: meno povertà senza danni per l’ambiente.
Chi paga, quindi? Nel primo e nel secondo caso si mira a imporre i costi a popolazioni diverse, mentre nel terzo caso si lascia aperta la questione.
Tra poco affronterò una per una le varie proposte, purché sia chiara la natura comparativa della scelta. Cioè, non possiamo sostenere una certa politica senza chiederci se i costi che impone (riscaldamento/mancata crescita) siano accettabili alla luce delle alternative disponibili.
L’EQUIVOCO DA DISSIPARE
Tutti, a parole, sembrano abbastanza d’accordo che i maggiori sacrifici non ricadano sui poveri della terra, tuttavia molti – e a volte mi sembra di poterti ricomprendere nel novero – partono da un assunto errato nei loro ragionamenti, non sembra cioè che abbiano molto chiara la relazione complessa tra ricchezza e ambiente. Per costoro la terra, se rispettata, fornisce condizioni climatiche ideali e un ambiente adatto all’uomo. Sotto inteso: è stata l’industrializzazione a rovinare questa armonia.
La realtà è piuttosto diversa: senza tecnologia (e quindi crescita economica) la maggior parte della Terra è un posto inospitale per noi. Senza tecnologia, molti posti risultano troppo freddi e molti altri troppo caldi. Ciò che nella gran parte dei casi rende la Terra vivibile è proprio la tecnologia. La nostra capacità di vivere bene in tutto il mondo deve quasi  tutto alla tecnologia e alla ricchezza che abbiamo saputo ottenere spremendo le risorse del pianeta.
Quando le persone sono povere, non solo hanno maggiori probabilità di soffrire di fame o le malattie, ma la loro capacità di far fronte alle intemperie e ai disastri meteorologici è anche molto indebolita, non è un caso se le morti legate alle condizioni meteorologiche siano diminuite drasticamente nel secolo scorso, e questo nonostante la popolazione sia cresciuta. Tali morti, infatti, sono circa un cinquantesimo rispetto a 80 anni fa. I costi dei disastri naturali sono  aumentati perché siamo più ricchi ma il pedaggio in termini di vite umane si è abbassato. La logica sottostante sembra chiara,  se i paesi sono ricchi, i costi economici dei disastri tendono a salire ma è molto meglio, ovviamente, essere ricchi e avere la villa danneggiata piuttosto che essere poveri e perdere tutto quello che hai, ovvero la tua baracca; questo anche se la baracca si presenta a livello statistico come una perdita economica minore.
Conclusione: la ricchezza ci consente di affrontare meglio tempeste e terremoti. Le persone ricche possono avere consumi strampalati che molti condannano come “mero spreco”, ma sono anche persone più “propense” a sopravvivere ai disastri. Sono meglio attrezzate per evitarli, vivono in case più robuste, hanno sistemi di allarme migliori e ricevono un aiuto migliore nel momento del bisogno, tanto è vero che il rischio di morte per fattori ambientali è molto più alto nei paesi poveri.
Altro vantaggio del mondo ricco: è un mondo in cui più menti possono applicarsi a problemi di alto livello (tipo il riscaldamento globale). Altrove, purtroppo, i bisogni di base assorbono l’intero potenziale cognitivo disponibile in loco.
QUANTUM
Certo, anche procedere sulla solita strada senza  badare all’ambiente produce inconvenienti, su questo hai ragione, nessuno lo nega. Ma come quantificarli? Sentiamo William Nordhaus: “per dare un’idea dei danni nel caso in cui si stia  fermi… fino al 2095 si stimano circa 12 trilioni di dollari, ovvero il  2,8% della produzione globale, per un aumento della temperatura globale di 3,4 ° C sopra i livelli del 1900”. Tradotto: un po’ come sospendere la produzione per sei mesi in un secolo (oggi la crescita media mondiale è oltre il 4% all’anno). In sé non è molto, è come arrivare alla meta secolare sei mesi dopo. Al contrario, fermare la crescita per salvare il clima condannerebbe miliardi di persone a “povertà e malattie per un futuro indefinito” (sempre parole del neo-Nobel).
Ricapitolando: il cambiamento climatico ci fa star peggio, la crescita economica ci fa star meglio. Ciò che dovremmo fare dipende dalla potenza relativa di queste due forze contrapposte, tenendo sempre a mente che se la crescita non viene intralciata dalle tue politiche predilette l’abitante  medio della Terra, entro il 2095, sarà tanto ricco quanto il tedesco medio o il canadese medio di oggi.
Chiuderei questa sezione con un’immagine eloquente: i Paesi Bassi e il Bangladesh sono entrambi in larga parte sotto il livello del mare ma nei Pesi Bassi nessuno teme un innalzamento del livello dei mari come invece accade in Bangladesh. Il medesimo fenomeno che passa inosservato nel primo paese sarebbe funesto  per il secondo. Perché? Perché gli olandesi possono proteggersi: sono ricchi! Ok?
DISTRIBUZIONE
Tuttavia, tu come molti ritieni che un’ulteriore crescita economica – con relativo inquinamento – non sia necessaria nei paesi poveri poiché quanto abbiamo già oggi in tasca, se opportunamente redistribuito, basterebbe a risolvere la piaga sella povertà mondiale. In altri termini, ci serve solo riallocare le risorse che già abbiamo.
Solo qualche osservazione in merito, primo: il congelamento della produzione mondiale ai livelli attuali non fermerà il riscaldamento globale (vedi sopra).
Secondo è alquanto discutibile se la produzione attuale sia sufficiente per porre fine alla povertà mondiale. Infatti, il prodotto pro capite mondiale nel 2015 è stato di circa 16.000 dollari, ovvero pari alla soglia di povertà in USA.
Ma poi c’è una questione pratica grande come una casa: non tutta la produzione economica si presenta in  forma idonea ad essere convertita in reddito da ridistribuire lontano da dove viene alla luce. La ridistribuzione burocratizzata tra nazioni ha precedenti disastrosi che hanno bruciato ricchezza anziché trasferirla. Agire in quei termini si prospetta come l’ennesimo spreco colossale. Anche perché il programma di povertà che veramente funziona, ovvero la libera migrazione dei popoli, sarebbe poi moralmente più problematico da giustificare in presenza di una grande macchina ridistributiva.
STOP AI RICCHI
Prendo ora in esame l’ ipotesi alternativa che avanzi quando cogli le difficoltà della prima, quella per cui non dovremmo stoppare la crescita economica nei paesi poveri quanto piuttosto  nei paesi ricchi. Si presenta subito un problema non da poco a cui abbiamo già accennato: la relazione perversa tra crescita, danni ambientali e capacità di fronteggiarli. E’ proprio grazie alla spinta innovativa dei paesi di frontiera, ovvero i più ricchi, che noi abbiamo più opportunità di scoprire una soluzione definitiva al riscaldamento globale: quanto più li freniamo, tanto più questo lieto fine si farà improbabile.
Ma c’è di più. Sembra infatti che nella sensibilità su questi temi ci sia un punto di svolta allorché il PIL pro-capite del paese esaminato supera la soglia dei 9.000 dollari, a questo punto, cioè, si comincia ad inquinare meno. Motivo? Un po’ la tecnologia pulita disponibile ma soprattutto la coscienza ambientale ormai pienamente formata. L’esempio USA parla chiaro: le emissioni di carbonio nel 1900 erano 1,8 tonnellate per 1.000 dollari di PIL (anno riferimento valuta 2005). Hanno poi raggiunto un picco negli anni ’30 oscillando intorno alle 2,8 tonnellate per 1.000 dollari di PIL. Da allora sono crollate costantemente, e oggi si aggirano sulle 0,4 tonnellate per 1.000 dollari di PIL.
Potremmo sintetizzare così il concetto di fondo: la cura dell’ambiente è un bene di lusso e come tutti i beni di questo tipo è più richiesto nelle società opulente.
Conclusione: se intervieni sulla crescita dei paesi ricchi: 1) sei poco efficiente poiché i paesi ricchi inquinano già molto poco, 2) impedisci alla coscienza ambientale di formarsi in modo pieno e 3) ridimensioni la probabilità di innovare nel settore delle energie pulite.
TASSARE I RICCHI
Consideriamo ora l’ultima soluzione proposta dal movimento ambientalista di cui fai parte: ridurre la crescita complessiva risarcendo della  perdita sopportata i paesi svantaggiati. Si tratterebbe ancora una volta di tassare i ricchi e trasferire ai poveri.
Questa proposta si scontra con un fenomeno spesso dimenticato ma ben noto agli economisti: i ricchi sono impossibili da tassare. Detto in altri termini, i paesi non sono economie autarchiche, cosicché ciò che accade in uno di loro si ripercuote necessariamente sugli altri. Se un paese ricco sopporta dei costi aggiuntivi non è detto che alla fine sia lui a farsi carico della sofferenza aggiuntiva. Tanto per capirsi, se tasso Paris Hilton lei pagherà l’onere aggiuntivo chiudendo uno dei suoi hotel in Nevada (che non sapeva e non saprà mai nemmeno di avere) e licenziando tutti, non certo rinunciando alla parure di brillanti che tanto agogna.

LE TRE SOLUZIONI DELL’ANTI-AMBIENTALISMO

Tenendo sempre presente il concetto fondamentale per cui ridurre le emissioni e ridurre la crescita sono cose differenti, vediamo ora tre possibili interventi coerenti con quanto detto. Te le sottopongo, fammi sapere cosa ne pensi. 
Primo. Ridurre i sussidi ai combustibili fossili. Sembrerebbe ovvio ma se ne parla poco. Le sovvenzioni per i combustibili fossili in tutto il mondo ammontano a circa 500 miliardi di dollari all’anno. La maggior parte di questi vengono elargiti in via di sviluppo, specialmente in quelli ricchi di petrolio come il Venezuela o l’Arabia Saudita.
Secondo. Carbon Tax a tutto campo. Incentiva l’utilizzo di tecnologie meno inquinanti senza distorcere i processi economici legati al mercato e allo sviluppo.
Terzo. Favorire l’immigrazione dai paesi in via di sviluppo. Oltre ad essere il programma anti-povertà che funziona meglio, consente agli ultimi di diventare produttivi utilizzando le tecnologie più avanzate e meno inquinanti.
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Félix Vallotton Soleil couchant dans la Brume 1911