martedì 8 luglio 2014

Scienziati e clima

Sarebbe bello se i "catastrofisti" fossero motivati da amore di verita' scientifica. Purtroppo cosi' spesso non e', e il recente incidente delle e-mail e' solo uno degli indizi di disonesta' intellettuale alimentata dallo spirito di crociata. Gia' nel lontano 1988 il climatologo di Stanford Stephen Schneider ammetteva, in un articolo di Discovery Magazine:
On the one hand, as scientists we are ethically bound to the scientific method, in effect promising to tell the truth, the whole truth, and nothing but – which means that we must include all doubts, the caveats, the ifs, ands and buts. On the other hand, we are not just scientists but human beings as well. And like most people we’d like to see the world a better place, which in this context translates into our working to reduce the risk of potentially disastrous climate change. To do that we need to get some broad based support, to capture the public’s imagination. That, of course, means getting loads of media coverage. So we have to offer up scary scenarios, make simplified, dramatic statements, and make little mention of any doubts we might have. This “double ethical bind” we frequently find ourselves in cannot be solved by any formula. Each of us has to decide what the right balance is between being effective and being honest. I hope that means being both.
O, per chi preferisce la lingua di Dante:
Da un lato, come scienziati, siamo eticamente vincolati al metodo scientifico, in effetti promettendo di dire la verita', tutta la verita' e nient'altro che la verita' - il che significa che dobbiamo includere tutti i dubbi, i caveat, i "se", e i "ma". Dall'altro, non siamo solo scienziati ma anche esseri umani. E, come la maggior parte delle persone, vorremmo vedere il mondo un posto migliore, il che nel contesto si traduce nel nostro lavorare per ridurre il rischio di un cambiamento climatico potenzialmente disastroso. Cio', ovviamente, significa ottenere una gran quantita' di copertura mediatica. Cosi' dobbiamo presentare scenari paurosi, fare affermazioni semplificate e drammatiche, e menzionare poco qualunque dubbio ci capiti di avere. Questo "doppio vincolo etico" in cui frequentemente ci troviamo non puo' essere risolto da alcuna formula. Ognuno di noi deve decidere qual e' il giusto equilibrio tra essere efficace ed essere onesto. Io spero che cio' significhi essere entrambe le cose.
Non ricorda la "verita' politica" dei comunisti di ieri o della Santa Inquisizione dell'altroieri?

Same sex parents and adopted children

Same sex parents and adopted children:



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una voce critica: http://www.campariedemaistre.com/2014/07/figli-di-coppie-gay-piu-felici-degli.html

sabato 5 luglio 2014

Evangelizzazione o valori? I cattolici tra riduzione etica e silenzio

Evangelizzazione o valori? I cattolici tra riduzione etica e silenzio | Libertà e Persona:



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Il post chiarifica diversi metodi di evangelizzazione al fine di condannarli e ricondurli nell' alveo dell' ortodossia.

La stessa opera di chiarificazione si potrebbe fare, e forse in modo più proficuo, mettendo in evidenza i punti di forza di ciascuna alternativa in modo che la linea ortodossa, la più raccomandabile, si possa rafforzare traendone un sano insegnamento.

Scegliere la prima o la seconda impostazione dipende probabilmente dalla psicologia dell' autore e dalle sue intenzioni: vuol predicare ai convertiti o a tutti?.

Passiamo allora in rassegna le diverse evangelizzazioni così come le propone Guzzo:

La posizione progressista-hegeliana

Nelle parole di Guzzo i progressisti "ritengono necessario mutare radicalmente sia il contenuto della fede che quello della morale, al fine di adeguarsi il più possibile al processo storico-culturale del progresso del mondo in atto in tutta l’umanità". 

Detto così sembrerebbe che i "progressisti hegeliani" vogliano "cambiare tanto per cambiare" al fine di appiattirsi su posizioni moderniste. Naturalmente questo è inaccettabile, tuttavia cio' non toglie che taluni insegnamenti della Chiesa possano e debbano mutare nel tempo, specie se nel frattempo sono confutati dalla scienza. Tutto cio' non è solo logico ma è già stato fatto in molti campi dalle Istituzioni consacrate. Un piccolo esempio per rendere ancora più chiaro il concetto: la Chiesa condannava come usura qualsiasi prestito ad interesse. Oggi che le scienze sociali hanno ampiamente dimostrato come l' intermediazione finanziaria sia indispensabile per la prosperità di un paese e per offrire una chance agli ultimi, la Chiesa ha profondamente rivisto le sue posizioni in materia mutando l' insegnamento.

Probabilmente Guzzo ha in mente altri casi - accenna, per esempio, a come oggi molti "progressisti-hegeliani"  dicano "... basta con l’affermazione della resurrezione reale di Cristo: essa sarebbe solo un simbolo della forza dello Spirito Assoluto che si sviluppa in ogni passaggio storico..." - dopodiché, condanna a tutto campo. Ma risulta problematico estendere la giusta condanna dei casi specifici alla condanna del metodo. Basterebbero dei controesempi per denunciare la fallacia di questa estensione indebita, e i controesempi abbondano.

La linea del silenzio etico

Nelle parole di Guzzo appartiene a questa linea di evangelizzazione chi "... sostiene le verità della fede come fatti oggettivi e come insegnamenti immutabili, ma si pone in modo dialettico-diplomatico sulle questioni morali: esse cioè, pur accettate come un dato permanente e innegabile, vengono mantenute sotto stretto riserbo nella presentazione della fede e dell’esperienza cristiana...".

Secondo Guzzo un simile approccio è fallimentare, e fa il caso dell' aborto: sì è ritenuto che silenziare gli appelli in materia - almeno queli ritenuti più "esagitati" - potesse dare frutti, ma così non è stato.

Nella mia piccola esperienza questa linea presenta molti pregi: i contenuti della fede non possono essere presentati allo scettico tutti insieme, bisogna fare un passo alla volta. Se non si hanno entrambi i piedi ben saldi su un gradino è vano affrontare il successivo.

Mi sgancio un attimo dai temi della morale per fare un esempio più neutro: quello dei miracoli. E' difficile essere convincenti sul tema dei Miracoli, la reazione dello scettico acculturato è da manuale:

I pani e i pesci... ah ah ah.
Il vino di Cana... ih ih ih ih.
La Madonna che piange sangue... uh uh uh.

E via di questo passo. Mi sembra inutile allora insistere con lui e provarci con il classico "Lazzaro, alzati e cammina".

Meglio sarebbe affrontare altre questioni, per esempio quella dualista: la nostra realtà è solo di tipo materiale? Rispondere "no" non suscita certo sarcasmi e apre la via ad una sensata possibilità del miracolo.

Se in questo campo non si procede gradualmente presentando le verità in modo ordinato e solo quando si è pronti al passo successivo, il fallimento è assicurato. Provate a consolare l' afflitto condensando una serie di passaggi per annunciargli trionfali che vive "nel migliore dei mondi possibili"!

Ebbene, molto spesso la dinamica si ripete anche quando dobbiamo giustificare certi obblighi morali.

Senza contare che in tema etico molto spesso la posizione scettica è convincente: "trovo giusto non uccidere il mio fratello e non ho certo bisogno di credere in dio per credere in questo precetto". Come dubitarne, certi precetti sono iscritti nei nostri geni prima ancora che sulle tavole del Sinai. I problemi cominciano quando dobbiamo stabilire se, per esempio, esiste un "dovere di digiunare" o un "dovere di non clonare".

Certi doveri che derivano dalla fede non possono essere sentiti in mancanza di fede. Occorre instillare la fede quindi per stimolarli. Ma l' unico modo con cui possiamo interloquire con lo scettico in tema di fede è presentare gli argomenti ragionevoli a suo sostegno.

Guzzo tende a trascurare questo lato della discussione. Secondo lui non sembrano esistere precetti (omicidio) adottabili a prescindere dalla fede, così come sottovaluta l' esistenza di precetti (digiuno) la cui forza è tratta essenzialmente dalla fede. Questa sottovalutazione fa passare in secondo piano il fatto che evangelizzare sui primi è pressoché inutile poiché sganciati dalla fede, mentre evangelizzare sui secondi è possibile solo facendo un passo alla volta, ovvero presentando in modo ragionevole la fede.



La riduzione etica del cristianesimo

Secondo l' apologeta Guzzo questa posizione è contraria alla precedente e appartiene a colui che "...si interessa ai valori morali cristiani ma appare quasi completamente disinteressata ai contenuti della fede e al loro scopo, che è l’unione dell’uomo con Dio".

Devo ammettere che neanch' io stravedo per l' evangelizzazione moralistica, eppure non posso non constatare i suoi punti di forza.

Qual è del resto l' obiezione più ficcante che l' ateo puo' avanzare verso l' uomo di fede? Semplice: "la tua è solo ideologia, credi quel credi e dici quel che dici perché ti costa poco e non potrai mai essere smentito, se dovessi sacrificare davvero qualcosa alla tua fede ci penseresti due volte e cambieresti idea". Ebbene, il moralista sarà anche pedante ma, almeno all' apparenza, sacrifica molto. Lo sforzo del volontariato missionario, per esempio, è enorme ed è difficile opporre l' "obiezione fondamentale" a colui che per l' immane sua opera dice di trovare la forza nella fede.

***

Guzzo prosegue poi enunciando la prospettiva autentica della Chiesa che consiste nell' inseparabilità della fede dalla morale che sancisce l' unione di "Verità e Amore". Sulla scorta della "prospettiva autentica" 

Si passa poi all' analisi di casi concreti come quello dell' aborto. In questa battaglia in molti hanno scelto la via del silenzio anziché quella del grido, e i risultati sono stati disastrosi.

Puo' darsi anche che vie alternative potessero rivelarsi più produttive, ma sembra quasi che Guzzo veda in queste occasioni mancate delle conversioni mancate.

Torna allora la distinzione che facevamo prima: un conto è la discussione ragionevole sulla liceità dell' aborto, un' altra è la questione dell' evangelizzazione. Guzzo, in questo articolo, sembra abbia a cuore la seconda, senonché finisce per concentrarsi sulla prima al fine di screditare chi contrasta la "prospettiva autentica". Ironia della sorte molti atei sono potenzialmente sensibili alla questione dell' aborto ma rifuggono dal prendere una posizione esplicita proprio per non mescolarsi a chi interviene sul tema con fini di evangelizzazione. E chi interviene sul tema con fini di evangelizzazione? Guzzo, il quale sostiene che le due cose (verità e fede) non possano mai procedere proficuamente disgiunte. 

In conclusione, ammetto che la mia sensibilità fatica su un articolo del genere, per quanto sia chiaro e informato. L' approccio apologetico lo guida ad una rappresentazione caricaturale delle prospettive di evangelizzazione concorrenti a quella "autentica" rendendolo poco credibile sulle conclusioni, almeno agli occhi dei non credenti. Per carità, azioni di questo tipo sono legittime, sopratutto in chi deve rafforzare una fede anemica e non è interessato al dialogo, sebbene il problema dell' evangelizzazione sia essenzialmente un problema di dialogo con l' altro. Peccato che così facendo si perdano per la strada molti insegnamenti che invece un' "interpretazione caritativa" consentirebbe di far fruttare mantenendo comunque ferma una condanna di fondo dell' eresia.


giovedì 3 luglio 2014

Lessico cristiano

Così come esistono i meta-credenti - ovvero coloro che affollano le Chiese senza credere sul serio - può darsi che esistano anche i meta-atei.

E chissà che anche qualche meta-ateo non si salvi.

D'altronde è detto che esistono "vie speciali" attraverso cui salvarsi stando fuori dalla Chiesa. 

L'argomento è delicato ma anche molto indeterminato, si spende in merito solo qualche vaga parola. Forse quando andrà chiarendosi avremo uno spiraglio anche per il meta-ateo.

Immagino che il meta-ateo debba per lo meno aderire ad alcune verità che costituiscono il suo Catechismo minimale.

Non voglio con questo dire che il catechismo del meta-ateo debba essere diverso da quello ortodosso ma solo che darà risalto ad alcuni aspetti che sarebbe inutile enfatizzare se a leggere fosse un credente tutto d'un pezzo. Cambia solo il gergo senza che i concetti vengano intaccati.

Riconoscersi cristiani non è facile, è un lavoraccio che porta via un sacco di tempo: tra il lavoro, la famiglia, gli hobby, lo spazio che concediamo a questa scoperta è talmente limitato che uno rischia di essere potenzialmente un discreto credente senza accorgerse.

Qui cerco di facilitare l'agnizione liberando alcune verità della fede dal gergo teologico in cui sono intrappolate. La mia speranza è di non storpiarle e la mia convinzione è che si possano ricondurre al senso comune e quindi all'adesione di una platea più vasta rispetto a quella dei credenti.

Questa premessa farà suonare molti allarmi visto che di solito un discorso con questi accenti anticipa le eresie più provocatorie. Mi auguro vivamente che in questo caso non sia così, d'altronde non mi sento di buttare insieme alle eresie una premessa in sè valida.

Di seguito ho steso una quarantina di punti ciascuno dei quali meritevole di ben altro sviluppo, in effetti ho preferito privilegiare la quantità alla qualità. Alcuni non sono nemmeno in linea con l'ortodossia vigente, altri in palese contrasto (vedi quello sul Diavolo). Pazienza, si tratta solo di suggestioni, l' importante è che sia chiara l'intenzione di fondo, dopodichè le  correzioni di rotta sono sempre possibili.


  1. Dio. Il discorso è troppo lungo, comunque un pezzo è qua. 
  2. Le immagini della scrittura. Il non credente trova decisamente assurdi molti passaggi scritturali. A costui bisogna ricordare di contestualizzare storicamente gli eventi ma soprattutto bisogna ricordare che noi vediamo le verità ultime come attraverso uno specchio; molte descrizioni sono quindi solo un' immagine della verità. E' nostro compito interpretare queste immagini per avere un' idea la più fedele possibile dei concetti legati alla fede cristiana. Molto di cio' che risulta ostico al non credente si dissolve poi una volta che si approfondisce la metafora sottostante.
  3. Giudizio universale - La responsabilità individuale sta alla base dell' individualismo moderno, non dovrebbe essere difficile accettare un concetto come quello di Giudizio Universale.
  4. Provvidenza - In molti casi quell' ordine spontaneo con cui l' uomo moderno affronta la complessità emerge naturalmente senza un responsabile; superfluo far notare quanto echeggi il concetto di Provvidenza.
  5. Peccato originale - Viviamo in un mondo con risorse limitate, è l' assunto della modernità. Se il credente rigetta il senso di colpa che accetti almeno i suoi limiti, un riconoscimento in tal senso è più che sufficiente per penetrare il concetto teologico di peccato originale.
  6. Albero della conoscenza... - Nella vulgata liberale l' abuso della conoscenza è l' errore più grave anche nel mondo moderno
  7. Condanna della richezza. 
  8. Poveri di spirito: la fiducia, merce rara di cui la modernità è assetata, si costruisce anche con l' apporto di una certa povertà di spirito.
  9. Poveri di spirito - L' umile del Vangelo - Gesù in primis - non spreca energie per difendere il suo status e la sua immagine, se prendessimo esempio da lui, quanta invidia eviteremo, quante risorse risparmieremo.
  10. Fine del mondo. Ascoltando il Santone che proclama l' imminente fine del mondo con accenni millenaristi scatta l' ilarità. Eppure le riflessioni più pacate e razionali sul futuro del nostro pianeta confermano - sempre in termini probabilistici - una fine vicina.
  11. Paradiso/Inferno - Una vivida immagine della nostra responsabilità, ovvero di un' architrave delle società contemporanee.
  12. Inferno: c' è chi si è turbato per una pena tanto dura. Esimi giuristi hanno addirittura affermato che non è costituzionale. La mia impressione è che la profonda comprensione del diritto non sia accompagnata da una altrettanto valida comprensione della teologia. L' Inferno è un luogo fuori dal tempo nonostante le immagini che ce ne diamo. Se dovessimo davvero trasporlo nel tempo allora dovremmo immaginare i dannati come eterni recidivi. Ecco, una volta tradotto in termini rigorosi l' Inferno, una volta immaginati i dannati per quel che sono, l' immagine dell' Inferno non solleva più obiezioni gravose. 
  13. Povertà evangelica. L' esaltazione della povertà e la condanna della ricchezza che ricorre nei Vangeli crea imbarazzo nella mentalità contemporanea. In realtà crea imbarazzo anche in me e non so come uscirne. Forse il "ricco" dei Vangeli è semplicemente il disonesto, oppure il superbo. Arduo problema.
  14. Riti e sacramenti. Forse la liturgia religioso non incontra le simpatie della mentalità moderna che vede in essa, al limite, un affascinante arredamento. Eppure non si sottovaluti troppo la funzione che il rito ha giocato nella storia. Mi limiterei a considerare otto punti, chi li ritiene importanti sarà portato a rivalutare i sacramenti.
  15. Anima - La modernità non puo' prescindere da identità e continuità della persona e delle sue responsabilità.
  16. Anima in attesa di Giudizio. Sembra davvero assurdo che le anime possano vivere distaccate dai corpi, ed invero alcuni teologi lo negano. Eppure a guardar bene la cosa non è così impossibile. Innanzitutto non è impossibile da immaginare: pensate di svegliarvi e farvi delle domande al buio, l' ipotesi che non abbiate un corpo vi apparirà credibile. Ma c' è di più: attraverso gli esperimenti mentali del teletrasporto e del brain split è possibile constatare che il legame tra corpo ed identità è molto più tenue e problematico di quel che si pensa comunemente.
  17. Trinità - Dio è amore: 1) l' amore più nobile è quello tra pari e 2) la fiducia è contagiosa (si autoalimenta). Per il punto uno: Dio genera il Figlio per poter amare un suo pari. Per il punto duo: per la prosperità delle comunità la fiducia è un bene essenziale, lo spirito è la forza che lo diffonde.
  18. Trinità - Molte persone ritengono il concetto della Trinità cristiana un' assurdità, eppure tutti noi sperimentiamo di continuo la presenza di più persone in un unico soggetto. Esempio: io non voglio mangiare dolci, eppure, se ora mi trovassi di fronte ad un dolce non potrei fare a meno di divorarlo. È prorpio come se in me convivessero più persone. Il fenomeno è noto agli economisti come "incoerenza temporale". Inoltre, a ben vedere, potrei immaginare che in me c' è una terza persona che agisce strategicamente affinchè io non possa trovarmi di fronte ad un dolce. Un pò come Ulisse che si fece legare all' albero per non seguire il canto delle Sirene. Ebbene, qui forse non esiste alcuna analogia nel merito rispetto alla Trinità cristiana, tuttavia balza all' occhio come anche per l' uomo moderno la convivenza di più persone nello stesso soggetto sia tutt'altro che assurda
  19. Spirito - Il determinismo materialista non si coniuga bene con la responsabilità personale, concetto chiave della modernità. Come se non bastasse persino la scienza - ammesso e non concesso che spieghi tutto - smentisce i resoconti meccanicistici in cui le realtà materiali sono sufficienti a spiegare tutto.
  20. A immagine di Dio - L' uomo è un' intelligenza, di portata inferiore a quella divina ma pur sempre un intelligenza. In questo senso ci distinguiamo dagli altri animali. Una distinzione confermata dalla scienza, in particolare dalla linguistica.
  21. Il dominio sul creato - La concezione proprietaria è tipica delle civiltà più avanzate. Quando denunciamo un abuso di solito lo facciamo perché le vittime sono altre persone, altri esseri umani. Perché, per esempio, si condanna il riscaldamento globale? Perché questi processi rischiano di danneggiare le generazioni future, è più raro che lo si faccia per salvaguardare i ghiacci del Polo presi come risorsa naturale a se stante. Certo, qualcuno lo fa ma difficilmente la sua denuncia ci tocca. L' uomo, quindi, resta al centro di tutte le nostre preoccupazioni etiche, il creato è solo uno strumento a sua disposizione per consentirgli di prosperare.
  22. Perdono e giustizia. Molti osservatori delle cose della religione cristiana trovano difficoltoso conciliare perdono e giustizia. Secondo me questo imbarazzo si ridimensiona se andiamo a vedere cosa richiede il perdono cristiano: innanzitutto il pentimento, poi le scuse ed infine il risarcimento, almeno fin dove si può. A ciò si aggiunga anche un senso di debito perenne verso l' offeso. Mi sembra che in questa ottica l' atto del perdono assuma dimensioni molto più umane e prossime al senso comune.
  23. Perdono - Una certa tolleranza informa le società più dinamiche; l' azione è tutelata e si perdona molto a chi opera, spesso a scapito della passività.
  24. Gesù e la legge ebraica - Legalità e legittimità sono distinzioni tipiche della modernità
  25. Santi - La funzione trainante delle élites conta molto anche nelle società moderne.
  26. Vocazione - Valorizzare il proprio talento è un imperativo della modernità.
  27. I pani e i pesci - Moltiplicare i beni per distribuirli è l' obbiettivo di molte società moderne.
  28. Preghiera, obbedienza e clausura - Sono forme di passività molto apprezzate nelle società complesse dove domina incontrastato lo "specialista" (divisione del lavoro).
  29. Confessione ed esame di coscienza. L' introspezione è l' atto da cui parte ogni forma di conoscenza anche del mondo moderno.
  30. Pace - Il pacifismo cristiano a volte puzza d' ingenuità ma forse merita una riconsiderazione. La guerra è un mostro che raramente l' uomo è stato in grado di controllare, e se la dottrina della "guerra giusta" è in teoria la più corretta, la professione di un sano pacifismo alla fine dei conti risulta più pragmatico.
  31. Sacra famiglia - La famiglia monogamica "tradizionale" nasce con la proprietà privata, favorisce da sempre l' accumulo di capitale ed è quindi funzionale ad ogni società moderna capitalistica.
  32. Sacro – Premesso che la religione cristiana ha ridotto al minimo il ruolo del “sacro” nel vivere sociale, a volte scordiamo che anche la modernità ammette l’ esistenza di un nucleo oggettivo di realtà  “non negoziabile”. L’ equivoco alligna in chi mescola modernità e post-modernità, quest’ ultima propone una narrazione alquanto seduttiva ma, alla resa dei conti, presa sul serio solo da pochi intellettuali barricati nelle loro università.
  33. Legge naturale - Spesso dileggiata non è affatto un concetto strambo, specie per una mentalità liberale. Occorre però un minimo di approfondimento.
  34. Il dono della vita. Per un credente la vita è dono e per questa elargizione è tenuto a ringraziare il Creatore. Un atteggiamento spesso estraneo all' ateo, specie se misantropo. Eppure l' assioma delle preferenze rivelate (su cui si basa la scienza economica, forse la più "atea" tra tutte le scienze) prevede che se consegno cento euro a Tizio miglioro - o al limite mantengo stabile - il suo benessere. Se la cosa vale quando conferisco cento euro a maggior ragione vale quando conferisco "la vita". Se l'ateo misantropo è insensibile alle bellezze della vita che mediti per lo meno sugli assunti fondamentali delle scienze economiche che dominano la civiltà contemporanea.
  35. Laicità - In paradiso non ci sono solo i santi, eppure è un dovere tendere alla santità. Il confine tra diritto al paradiso e santità è un concetto che prefigura quello della laicità: c' è un minimo a cui siamo tenuti e un massimo a cui tendere. Deontologia e Virtù, in questo spazio si gioca la laicità della società cristiana.
  36. Extra ecclesia nulla salus. Il precetto extra ecclesia nulla salus non può essere digerito dall'ateo e mette in crisi anche molti cristiani. In effetti, se lo si approfondisce, si coglie una certa indeterminatezza, quasi che i lavori su questo punto siano ancora in corso: Dio salverebbe anche chi si colloca fuori dalla sua Chiesa attraverso "vie speciali". delle quali sappiamo poco o niente. Lasciamo perdere i bambini morti e le grandi personalità del passato e chiediamoci se esiste una speranza anche per le persone di buona volontà che non militano. Forse, chissà,  l'accettazione delle verità di senso comune espresse in questo dizionario, una volta completato e corretto, è un primo passo verso l'accesso alle cosiddette "vie speciali".
  37. Essenze. Credere a verità soprannaturali implica una fede nelle essenze. L' uomo moderno accoglie con disturbo la parola stessa. Ma per riconciliarlo basta tornare all' eterna questione degli universali. Esistono gli universali? Esempio: sappiamo che esistono i gatti bianchi, che esistono i cavalli bianchi… ma esiste la “bianchezza”? Ha senso parlarne come di qualcosa in sé? I nominalisti negano tale esistenza, i realisti immanenti la ammettono ma non “in sè” (essenza) bensì sempre legata indissolubilmente ai “particolari”. I platonisti invece sostengono che gli universali esistono e sono autonomi. La posizione nominalista mi sembra assurda mentre quella “immanentista” è più vicina al senso comune. Il platonismo è una posizione spesso non necessaria, specie quando si ragiona su concetti che non siano quelli di Dio o della persona umana (vedi anima). Perché spingersi dunque a tanto? Il realismo degli universali, però, è accettabile, innanzitutto perché un certo platonismo (temperato) facilita la grammatica delle dimostrazioni. Faccio un esempio: 1) il giallo è un colore, 2) l’ affermazione precedente è vera, quindi 3) il giallo esiste. Semplice no? Ma è facile dimostrare anche la falsità del nominalismo (l’ idea per cui “giallo” è solo una comoda parola di cui ci serviamo per indicare certi fenomeni): 1) il giallo è un colore e i limoni lo posseggono 2) non esistono parole che sono colori e che sono possedute dai limoni, quindi 3) giallo non è solo una parola. Facile no? Perché allora cercarsi rogne? Direi che oggi il nominalista rinuncia a queste comodità servite sul vassoio d’ argento solo perché ha dei secondi fini, per esempio è un empirista radicale e certe forme di platonismo gli romperebbero le uova nel paniere. La filosofia moderna, anche quella di genealogia empirista, per esempio con Putnam e Kripke, recupera un certo essenzialismo che sembrava morto e sepolto.
  38. Alcuni valori cristiani sembrano del tutto incomprensibili a chi non vive dal di dentro la religione, eppure non è escluso che "la parte migliore della popolazione" li comprenda e li pratichi, magari inconsciamente. Prendiamo il valore della verginità: "...  In high school each extra IQ point above average increases chances of male virginity by about 3%. 35% of MIT grad students have never had sex, compared to only 13% of the average high school population. Compared with virgins, men with more sexual experience are likely to drink more alcohol, attend church less, and have a criminal history. A Dr. Beaver (nominative determinism again!) was able to predict number of sexual partners pretty well using a scale with such delightful items as “have you been in a gang”, “have you used a weapon in a fight”, et cetera. An analysis of the psychometric Big Five consistently find that high levels of disagreeableness predict high sexual success in both men and women..."
  39. Demonio e Angeli. A molti l' idea del Demonio e degli Angeli appare infantile. Devo dire che anch'io, nonostante le chiare affermazioni della Scrittura, non trovo il bisogno di credere all'esistenza di un diavolo personale, e nemmeno di angeli con una loro presenza reale, vedo invece queste figure come metafore. Naturalmente ciò non toglie che esista il Male ma è qualcosa che non esiste a prescindere da noi. Il Male sulla terra non deriva cioè dal pernicioso residuo della battaglia ingaggiata tra Dio e il Diavolo e vinta dal primo solo in parte, il Male è una precisa scelta divina allorchè viene elargita all'uomo la sua libertà, può essere immaginato quindi come una realtà metafisica ma immanente, come il colore "giallo", per fare un esempio, non mi sembra necessario immaginarlo platonicamente come una realtà a se stante. Quanto ho affermato mi sembra divergere dall'insegnamento ortodosso, che ammette perfino l' esorcismo,e quindi, ammetto, merita una meditazione ulteriore.
  40. Verità rivelate. Tu dici "rivelazione" e subito si pensa all'irrazionalità, al lato superstizioso della fede. Ma perchè? Anche il discorso del razionalista abbonda di rivelazioni. Lui magari gli chiama assiomi o postulati o premesse. Sta di fatto che sono verità indimostrate - sia fattuali che logiche - utilizzate ad ogni piè sospinto. Magari il razionalista sosterrà che la fonte di tali rivelazione è la dea ragione piuttosto che un qualche altro Dio, ma ciò qui non fa molta differenza visto che il mio intento è solo quelle di indicare come il concetto di rivelazione non sia affatto sparito nel pensiero moderno, si presenta solo in altre forme e neanche tanto velate. E d'altronde, come diavolo avrebbe potuto essere altrimenti?
  41. Preghiera. La preghiera intercessoria sembrerebbe un nonsense ma frse non è così. Se la nostra libertà toglie a Dio parte della sua onniscienza, ha senso allora mostrargli l'intensità dei nostri desideri. Forse lui non li conosce esattamente e constatandone la portata può intervenire per mutare le cose secondo le leggi della teodicea.
  42. Purgatorio. Il Purgatorio fa venire in mente tutti gli aspetti più bizantini della fede cristiana, lo avrà pensato anche chi tra gli uomini diChiesa non molto tempo fa voleva abolirlo. Eppure a me il Purgatorio sta simpatico, lo trovo consonante con la radicale libertà conferita all'uomo, una libertà che mette in crisi anche l'onniscienza divina e che costringe Dio a farci vivere per poterci giudicare. Ebbene, anche dopo morti Dio potrebbe non essere in grado di capire il bene e il male che ha compiuto una persona sulla terra. A questo punto diventano decisive le esternazioni intercessorie, ovvero le manifestazioni d'affetto, di quei testimoni ancora in vita. E per soppesarle con la dovuta calma un"parcheggio" quale il Purgatorio è l'ideale.
  43. continua...




...

martedì 1 luglio 2014

Le razze esistono?

Dopo la mappatura del genoma possiamo affermare che le razze esistono ed hanno un' origine biologica.

Il genoma è una biblioteca che ospita il progetto del ns. corpo. I volumi di questa biblioteca sono i cromosomi e le pagine dei volumi sono i geni.

I geni sono in realtà sequenze proteiche che si trasmettono con il meccanismo dell' ereditarietà. Spesso nemmeno sappiamo dove inizia e dove finisce la sequenza completa di un gene, ma nemmeno ci importa di saperlo. Di certo le sequenze più brevi sono anche quelle che hanno più chance di trasferirsi.

Dire che le razze hanno una base biologica non significa dire che abbiano una base genetica. Tutti gli uomini condividono gli stessi geni e gli stessi alleli (varianti con cui si presenta un gene). Quel che cambia è la frequenza con cui si presentano i vari alleli nelle varie razze.

L' esperimento da compiere è semplice: ci si fissa su un allele e si scannerizzano migliaia di genomi. Poi si formano dei cluster statistici (gruppi omogenei) in relazione alla frequenza dell' allele oggetto di analisi. Poi si ripete l' operazione con altri alleli. Analizzando il risultato finale si constata che i 5 principali cluster coincidono con i continenti e scendendo più giù c' è una coincidenza con le varie regioni.

Gli alleli considerati nelle sperimentazioni di cui sopra erano "neutrali" (non influivano sui tratti della personalità) ma da altri esperimenti noi sappiamo che 1) la pressione evolutiva agisce anche su geni ben più fondamentali 2) la pressione evolutiva agisce in tempi più brevi di quanto credevamo (2-3000 anni anziché 30-50000) e 3) la pressione evolutiva agisce a livello regionale.

lunedì 30 giugno 2014

DEFINITIVO La mia filosofia

Non ho mai studiato la filosofia a scuola, cosicché conosco poco la storia e gli eroi di questa disciplina. In un caso come il mio l’ approccio più semplice consiste nell’ affidarsi alla narrativa anglosassone (o “analitica”) che insiste su specifici problemi di facile descrizione, e di accantonare la narrativa continentale più concentrata sui singoli autori (e quindi sulla storia e sugli eroi). In termini provocatori: Platone con i suoi codicilli interessa agli “analitici” quanto Democrito puo’ interessare ai fisici contemporanei, praticamente una lettura da spiaggia, al limite. E questo, come è facile capire, risulta rassicurante per un ragiunat.
Fatta questa premessa si capirà perché l’ esposizione che segue consiste in un semplice elenco dei problemi sul tappeto seguito dalla soluzione che prediligo.
Ci tengo solo a precisare che non si tratta della “mia” soluzione ma della soluzione che ho comprato girando per le bancarelle dei migliori filosofi contemporanei in circolazione. I principi guida di questo shopping sono presto detti: semplicità e buon senso. In genere ci sono sempre soluzioni verso cui il buon senso è attratto; ebbene, le abbandono solo di fronte a critiche devastanti. Naturalmente mi riservo di cambiare idea in qualsiasi momento.
Ancora una cosa prima di partire: per questioni di economia molti dei “problemi” e delle “formule” a cui faccio riferimento non sono specificati a dovere ma chi è interessato basta che visiti in rete Wikipedia per avere una delucidazione sommaria oppure la SEP (Stanford Encyclopedia of Philosophy) per avere una panoramica più completa.

***

Esiste la conoscenza a priori? Direi di sì. Si possono fare molti esempi, mi limito ad uno: la logica. Noi conosciamo le leggi fondamentali della logica senza sentire l’ esigenza di una conferma empirica. Se dico che Giovanni è più alto di Paolo che è più alto di Nicola, so (a priori) che Giovanni è più alto di Nicola e per saperlo non mi occorre verificarlo empiricamente metro alla mano. Ebbene, di fronte a tanta evidenza del fatto che la conoscenza a priori è possibile, il compito di provare il contrario è piuttosto gravoso, e non mi risulta sia mai stato adempiuto in modo convincente.
Astrazioni: platonismo o nominalismo? Essenze. Credere a verità soprannaturali implica credere nelle "essenze". All' uomo moderno, ammettiamolo, disturba la parola stessa. Agisce qui, forse, l' indottrinamento liceale ricevuto sul finire del millennio, per riconciliarlo con il concetto di essenza e di soprannaturale basterebbe tornare per un attimo alla vetusta questione degli universali. Esempio: sappiamo che esistono i gatti bianchi, che esistono i cavalli bianchi… ma esiste la “bianchezza”? Se esiste è di certo una realtà incorporea. Ebbene, i cosiddetti nominalisti negano tale esistenza, i realisti immanenti la ammettono ma non “in sè”  bensì sempre a partire dalle cose (nel nostro caso il gatto, il cavallo...). I platonisti invece sostengono che gli universali esistono e sono autonomi, ci sarebbero a prescindere dal mondo. La posizione nominalista per me è abbastanza incomprensibile, quella “immanentista” è la più vicina al senso comune e alla nostra esperienza quotidiana. Il platonismo, dal canto suo, è una posizione che si puo' comprendere ma è non-verificabile e spesso non necessaria, noi del resto facciamo ben di rado esperienze "spiritiste" e non sappiamo fino a che punto siano affidabili. Perché spingersi dunque a tanto? Il realismo degli universali non è accolto solo dal senso comune ma anche dalla grammatica (e quindi dalle dimostrazioni logiche). Faccio un esempio: 1) il giallo è un colore, 2) l’ affermazione precedente è vera, quindi 3) il giallo esiste. Semplice no? Procedendo per assurdo è poi facile dimostrare le incongruenze grammaticali a cui conduce il nominalismo (l’ idea per cui “giallo” è solo una comoda parola di cui ci serviamo per indicare certi fenomeni): 1) il giallo è un colore e i limoni lo posseggono 2) non esistono parole che sono colori e che sono possedute dai limoni, quindi 3) giallo non è solo una parola. Facile no? Perché allora cercarsi rogne torturando il linguaggio naturale? In mancanza di prova contraria si fa molto prima ad accettarlo accettandone tutte le conseguenze. Direi che oggi il nominalista rinuncia a queste comodità servite sul vassoio d’ argento solo perché ha dei secondi fini, per esempio è un empirista radicale e certe forme di "essenzialismo" gli romperebbero le uova nel paniere. Ma a noi delle sue "uova" ci interessa molto poco. Accettiamo pure l' "essenzialismo" magari in una versione moderato che sta tra l' immanentismo e il platonismo: le essenze esistono e originano sempre dal mondo. Il Diavolo (essenza platonica) magari non esiste ma il Male (essenza immanentista) forse sì. Eppure anche la versione immanentista mi lascia dubbioso. A parte il fatto che Dio non sarà mai concepibile da un immantentista, prendiamo le Leggi di Natura e chiediamoci: seguono o precedono la natura? A me sembra ovvio, la precedono. Come puo' la natura creare le sue leggi. La natura, al limite, ubbidisce alle leggi. La cosa è rilevante anche per capire bene il concetto di "creato dal nulla". Il "nulla" non è semplicemente qualcosa provo di oggetti ed energia, è anche privo di realtà astratte come le leggi di natura, che sono concepibili separatamente dalla natura in quanto la precedono. Per questo il nulla dei fisici che ipotizzano un inizio grazie al "salto quantico" è pensato male: il nulla non contiene nemmeno le leggi della fisica, ovvero quelle leggi per cui si realizza un salto quantico. La filosofia moderna, con Putnam e Kripke, recupera un certo essenzialismo che sembrava morto e sepolto. Bene.
La metafisica ha ancora un senso? L’ opzione per il realismo immanentista non implica comunque rinuncia alla trascendenza. Un realista immanentista, per esempio, puo’ essere anche un dualista sostanzialista (vedi sotto), ovvero credere che l’ identità delle persone risieda nell’ anima, cioè in un’ entità trascendentale, ovvero in una sostanza soprannaturale  concepibile separatamente dal corpo fisico anche se originata da esso.
E’ possibile distinguere tra giudizi analitici e giudizi sintetici? Chiunque è in grado di fornire esempi di giudizi analitici (“il quadrato ha 4 lati”, “il gatto miao è un gatto”, eccetera) così come chiunque è in grado di fornire esempi di giudizi sintetici (il quadrato è blu”, “il gatto miao è feroce” eccetera). E’ forse un caso se possiamo farlo in tanti senza il minimo disaccordo? No, è semplicemente la prova che la distinzione tra giudizi analitici e giudizi sintetici è evidente a tutti e chi la nega deve provare la negazione con altrettanta evidenza. L’ empirismo radicale si trova nella condizione di negarla – e lo ha anche fatto in modo geniale (Quine) – ma questo è un punto debole di quella filosofia, non un punto di forza.
La giustificazione epistemica è di tipo “internalista”? Sì perché la conoscenza si fonda sul senso comune che è una facoltà dell’ uomo, ovvero una facoltà “interiore” attraverso la quale abbiamo un accesso diretto alla realtà esterna grazie all’ intuizione e al tribunale dell’ introspezione. Se parlassi solo della realtà esteriore (esternalismo), come fa il naturalismo, senza specificare nulla sull’ affidabilità di intuizione e/o introspezione, la teoria epistemica sarebbe incompleta e sempre in balia di uno scetticismo “à la” Hume. Questa posizione fondata sul principio di conservazione delle apparenze (“se mi sembra “F”, allora è “F”)  supera poi il cosiddetto Gettier problem, la bestia nera degli “internalisti”, poiché non “prova” ma si limita a trasferire l’ “onere della prova” su chi contesta le apparenze. Un argomento “giuridico” che viene buono anche per questioni filosofiche.
Fenomeni o oggetti? Esiste una distinzione importante tra oggetti e fenomeni. L' oggetto ha una sua fisicità e le sue proprietà possono essere ben rese attraverso descrizioni fisiche. Il fenomeno invece è un evento inestricabilmente legato alla coscienza umana e non puo' quindi essere penetrato a prescindere dalla coscienza stessa. Per esempio, il suono è da molti ritenuto un fenomeno poiché il sordo non puo' comprenderlo appieno, non puo' capire di cosa si parla quando parliamo di suoni, per quanto comprenda perfettamente il resoconto oggettivo che descrive i suoni in termini di vibrazioni frequenziali di un oggetto. Ebbene, chi considera questa interpretazione dei suoni come la più appropriata, e io sono tra costoro, considera i suoni dei fenomeni piuttosto che degli oggetti o delle proprietà di un oggetto.
Atteggiamento verso il mondo esterno? Scarterei sia l’ ipotesi idealista che quella scettica attestandomi su posizioni realiste. Quel che ho detto finora già basterebbe per far capire come questa scelta sia dovuta.
La conoscenza deve essere fondata? Una conoscenza è fondata se dedotta o auto-evidente. Secondo la tradizione empirista una conoscenza è auto-evidente se appartiene alla logica fondamentale o alla matematica fondamentale o ai sensi. Secondo l’ epistemologia riformata e l’ intuizionismo, però, esistono molte altre conoscenze auto-evidenti: la causa, la mente, la realtà del mondo esterno, i principi morali fondamentali… e anche Dio. Insomma, è il senso comune (l’ intuizione) a costituire il fondamento.
Libero arbitrio? Scarto sia il negazionismo che il compatibilismo per dirmi favorevole al libero arbitrio. Almeno un pochino noi siamo liberi di scegliere, me lo sento! E’ una delle questioni spesso affrontate nel blog e quindi mi astengo dal menare ulteriormente il torrone.
Dio? Se non si è capito mi dichiaro teista, da un punto di vista filosofico. Ma anche qui vale quanto detto sopra. Ad ogni modo rinvio al post “La mia fede”.
E quanto al relativismo? Non posso certo dichiararmi tale anche se certe varianti “contestualiste” hanno il loro fascino. Credo comunque che esistono delle verità fisse verso cui noi siamo in cammino, magari non le raggiungeremo mai su questa terra ma possiamo avvicinarle e vale la pena crederci e procedere.
Razionalismo o pragmatismo empirista? Penso che la conoscenza parta dalle nostre intuizioni per poi svilupparsi razionalmente, la verifica delle tesi è possibile solo in alcuni ambiti del sapere, dove del resto è doverosa. Chiamerei tutto cio’ “razionalismo intuizionista”. Ad ogni modo rinvio al post “la mia ragione”.
Esiste una legge di natura? Penso di sì e penso che la scienza sia in cammino per scoprirne alcune. In questo senso rigetto lo scetticismo humeniano e la necessità di ricorrere a “finzioni utili”: c’ è qualcosa di più di semplici correlazioni, ci sono vere e proprie cause. Così come rifiuto la soluzione kantiana per aggirare questo scetticismo, ovvero un idealismo che ancori al soggetto e solo al soggetto la verità delle nostre credenze.
I fatti e i valori sono sempre separati? E’ possibile passare dall’ “essere” al “dover essere” (is/ought problem)? Sì. A prima vista sembrerebbe di no ma a ben vedere nella matematica lo facciamo senza problemi: "examination of just about any mathematical proposition would reveal this mode of cognition - you cannot derive most theorems solely on the basis of definitions. You must also have some intuitive judgements, usually made explicit in the form of axioms". Allo stesso modo per l'etica: noi guardiamo e ricorrendo ad alcune intuizioni morali giudichiamo passando dall'essere al dover essere. C' è chi osserva: “il comunismo conduce regolarmente a schiavitù e miseria, quindi il comunismo è male”. Ma in un sillogismo del genere manca una premessa: “schiavitù e miseria sono male”. In altri termini, non puo’ esistere una conclusione valoriale se manca una premessa valoriale. Il problema is/ought è agevolmente superato dall’ etica intuizionista (vedi il post “la mia etica”): la miseria descritta implica una condanna morale https://fahreunblog.wordpress.com/2020/01/14/i-fatti-separati-dalle-opinioni/
L’ origine delle credenze: internalismo o esternalismo? Un individualista non puo’ che essere “internalista”: le credenze originano nell' individuo (che ne è dunque responsabile) prima ancora che dall’ ambiente. Del resto un dualista sostiene agevolmente questa posizione, che imbarazza invece il fisicalista monista. E’ infatti facile immaginare che due gemelli fisicamente uguali abbiano credenze diverse se posti in ambienti anche solo leggermente diversi. L’ olismo dei contenuti mentali (come del resto l’ olismo dei significati) sembra il destino dei fisicalisti.
L’ unica logica valida è quella classica? Non direi, l’ esempio delle scienze parla chiaro: l’ interpretazione standard della fisica delle particelle, per esempio, non sarebbe possibile se avessimo a disposizione solo la logica standard. Così come senza la logica delle relazioni sarebbe difficile dar conto del divenire e senza la logica modale (che interpreta l’ “esistenza reale” come un predicato) dar conto dell’ esistenza di Dio e di mille altri fenomeni che tutti noi crediamo reali. Tuttavia è pur vero che buona parte della logica classica contenga verità a priori. Diciamo allora che esiste un “cuore” logico invariabile e che non ricomprende tutta la logica classica.
Teoria del significato. La teoria descrittiva di Frege (teoria internalista) resta un caposaldo ma si è dimostrata di fatto insufficiente a trattare la nostra esperienza. Gli “esternalisti” seguendo Putnam e Kripke hanno elaborato teorie del significato differenti (“teoria del battesimo”) più ricche e confacenti alla bisogna.
E sul naturalismo? Da teista posso solo dire che…
E sul problema mente/corpo? Mi ritengo un dualista: il “mentale” è chiaramente qualcosa di diverso dal “materiale” e i tentativi di ricondurre il mentale al fisico mi sembrano fallimentari. Il mentale (anima) è essenziale per risolvere il problema dell’ identità: il caso del “brain split” ci dice che in condizioni di continuità fisica si realizza una discontinuità identitaria (chi sono se il mio cervello viene diviso e trapiantato su due persone differenti?) e il caso del “teletrasporto del colpevole” ci dice che in caso di discontinuità fisica puo’ realizzarsi una continuità identitaria (“se l’ omicida si teletrasporta con distruzione, continua a vivere nella copia teletrasportata che puo’ dunque essere legittimamente arrestata”). Tutto cio’ ci dice che sia l’ approccio fisicalista che quello psicologista falliscono quindi ci deve essere qualcosa d’ altro che mi consente di dire “chi sono io”. Non mi basta nemmeno il cosiddetto “dualismo delle proprietà”, la mente non è una proprietà del cervello, tanto è vero che puo’ trasferirsi da un corpo all’ altro (vedi teletrasporto) quando non ha senso pensare che che le proprietà del corpo A possano trasferirsi nel corpo B (A e B possono avere la stessa altezza ma non si riesce a concepire come l’ altezza di A possa trasferirsi in B). Non so se esistano menti senza corpo, so però che la mente è concepibile anche senza corpo (dualismo sostanzialista), ovvero so che potrebbero anche esistere menti senza corpo: se mi sveglio privo dei cinque sensi non so se ho ancora un corpo. In altri termini, è possibile che non l’ abbia e devo lasciare aperta questa ipotesi in mancanza di confutazione. Da ultimo, penso che ci sia un’ influenza reciproca tra mente e corpo (dualismo cartesiano), in caso contrario l’ idea di libero arbitrio sarebbe improbabile. In questo modo non resta che la posizione del “dualista-sostanzialista-cartesiano”. Ammetto che non è molto di moda. Poco male visto che questa posizione è anche la più naturale per trattare le questioni legate alla Resurrezione. Per una difesa aggiornata del dualismo sostanzialista vedi Richard Swinburne. Anche il dualismo tomistico - o aristotelico - è incoerente (vedi questo mio saggio.
Giudizi morali. Penso che esista anche una componente razionale per esprimerli. Mi ritengo un oggettivista (vedi Huemer) anche se nella variante anti-realista (vedi Scruton). Ma sul punto rinvio al post “La mia etica” in cui parlo del cosiddetto “intuizionismo etico”. Il desiderio non è l’ unica fonte della moralità. Noi possiamo “predicare bene e razzolare male”, ovvero distinguere il bene dal male con la mente ma poi avere impulsi di segno contrario.
Problema di Newcomb? Faccio un’ eccezione e prima della risposta fornisco un breve riassunto del dilemma: un tipo dalle previsioni infallibile ci convoca dicendoci “potrei aver nascosto 5000 euro sotto una di queste due scatole, per appropriartene puoi scegliere di scoperchiarne una o entrambe ma ti avviso che nel sistemare  “il bottino” ho tenuto conto della scelta che farai e ho voluto castigarti lasciandoti a secco se opterai per la seconda”. Che fai? Personalmente scoperchio entrambe le scatole perché non penso che il futuro possa determinare il passato: è proprio questo che implicherebbe l’ alternativa! La teoria delle scelte razionali è cogente – e imporrebbe di scoperchiare una sola scatola - ma l’ unidirezionalità del tempo lo è ancora di più, a mio avviso.
Etica: deontologia, virtù o utilitarismo? L’ utilitarismo lo scarterei perché propone troppi controesempi confutanti, argomento di coscienza incluso (ovvero: nemmeno l’ utilitarista più rigoroso seguirebbe mai i precetti della sua dottrina, nemmeno i più elementari, per esempio donare tutto ai poveri africani). Deontologia e virtuismo ripropone il solito dilemma: quanto conta la ragione nei giudizi etici? Io penso molto, almeno nello stabilire i principi di base. Cio’ però non significa che il sentimento non giochi un suo ruolo: non si puo' negare che il sentimento di ripugnanza abbia un ruolo in taluni giudizi etici. In questo senso l' etica puo' essere vista come divisa in due: principi di base (cognitivi) e limiti ai principi + precetti secondari (non cognitiva). Deontologia e virtuismo possono convivere e forse questa distinzione è la base della laicità. Le virtù devono dunque trovare un loro spazio, anche perché la virtù è un buon antidoto contro il moralismo: la virtù non si puo’ esportare visto che è congenita o comunque radicata nel soggetto che la riceve nell’ educazione sin da bambino. La deontologia invece tollera un “riformismo” qui ed ora che finisce sempre nella tentazione di “riformare” l’ altro ricostruendolo come “uomo nuovo” e ubbidiente. Inoltre, sebbene per un’ etica laica l’ approccio deontologico sembra promettente, per un credente i principi supererogatori diventano obbligatori, di conseguenza la virtù e la possibilità di migliorarsi sempre diventa essenziale. Concludo osservando che, se è vero come è vero che la laicità è possibile anche senza ripiegare sulla deontologia pura, allora non c’ è ragione di rinunciare ai molti pregi del “virtuosismo”, ovvero dell’ etica in forma di comando divino (per i credenti) e di ordine spontaneo (per tutti). Anche qui rinvio al post “la mia etica”.
Il bello è soggettivo? Francamente penso di no, anche se il punto non è poi così evidente. Forse gli equivoci maggiori nascono dal fatto che la meta-estetica più adeguata sembra essere quella anti-realista. Tuttavia, l’ anti-realismo estetico è pur sempre compatibile con l’ oggettività dei giudizi estetici.
Come prendiamo contatto con il mondo esterno? Affidarsi ai sensi apre le porte allo scetticismo di Hume, poiché sappiamo che i sensi tradiscono producendo illusioni e allucinazioni. Del resto affidarsi alle semplici “rappresentazione mentale” è qualcosa che apre le porte al soggettivismo e all’ idealismo. Tra questa Scilla e Cariddi la teoria migliore è il cosiddetto “realismo diretto” nella sua variante “intenzionalista” che vede la percezione come una presa di coscienza diretta degli oggetti attraverso le rappresentazioni mentali.
Chi sono? Il problema dell’ identità. Le sperimentazioni con la macchina del teletrasporto confutano in modo credibile sia la soluzione fisicalista che quella psicologista. Non resta che pensare all’ identità personale come a una forma di trascendenza. L’ esperimento mentale del “brain split” è molto utile in questo senso. Per ulteriori considerazioni vedi il punto del dualismo.
Politica? Rinvio al post “La mia politica”.
Sul problema del teletrasporto? Riassumo: una macchina teletrasportatrice funziona così: noi entriamo nella cabina A, veniamo disintegrati e ricomposti con materia simile (ma non la stessa) nella cabina B situata a migliaia di km di distanza (o nella stanza accanto). Possiamo dire che siamo morti o morti e rinati? La mia risposta è “no”. Ci siamo semplicemente spostati. Il fenomeno ha un solo significato: le teorie psicologiche dell’ identità sopravanzano quelle fisicaliste. E se la prima cabina non distrugge il “teletrasportato”? Evidentemente neanche la psicologia è un mezzo sufficiente per stabilire l’ identità. Conclusione: ci vuole qualcos’altro per “spiegare” le nostre scelte. Magari un concetto trascendente come quello di “anima”.
Teoria del tempo? Non vedo la necessità di abbracciare una B-theory contraria al senso comune (né tantomeno la C-theory). Certo, la relatività speciale pone problemi non da poco che comunque possono essere superati. Inutile dire di più su un punto tanto complesso, rinvio in merito alla trattazione del filosofo Howard Stein, per me convincente.
Problema del trolley? Rinvio al post “La mia etica”.
Teoria della verità? Da realista propendo per la “verità come corrispondenza” rinunciando a relativismo e coerentismo: esiste un mondo esterno e sono vere le credenze che stabiliscono una corretta corrispondenza con questo mondo. “La neve è bianca” è una credenza vera se la neve è bianca.
Il concetto di zombi è concepibile? Ricordo il dilemma: possono essere concepite creature in tutto uguali a noi ma prive di coscienza? La mia risposta: penso di sì perché penso che la coscienza sia in effetti qualcosa di cui la scienza contemporanea non riesce a dar conto in modo soddisfacente, priva com’ è del linguaggio adatto per farlo (su questo punto vedi il recente libro di Thomas Nagel). Non è un caso se per molti scienziati l’ uomo è ormai un “robottone” che procede per scosse elettriche, e tra i vari robottoni che popolano la natura nemmeno il più interessante. Per costoro gli zombi non sono di certo concepibili visto che coincidono in tutto e per tutto con noi, ma io non riesco a seguirli su quella via. Una via che contempla la “scienza naturale” come unico sapere













sabato 28 giugno 2014

Lo stato è un' azienda?

A prima vista viene da rispondere di sì. Un capo di governo è tenuto a far prosperare lo stato che dirige, esattamente come un manager l' azienda.

Ma se ci fermassimo qui saremmo degli utilitaristi.

Cio' che differenzia un governante da un manager è il ruolo delle presunzioni. Un governante, per agire, deve superare il precetto "liberty first" posto a tutela dei cittadini. Un manager non è tenuto a tanto. Un governante deve poter dire: "limito le tue libertà perché posso mostrare una quantità ragguardevole di prove che così facendo il paese diventerà più prospero. La "quantità ragguardevole" di prove consente quindi al governante di superare il liberty first. Per un manager il lasciapassare per l' azione è costituito unicamente dalle proprie convinzioni personali circa il bene dell' azienda. Bastano quelle ad autorizzarlo.

Quantità ragguardevole di prove contro convinzioni personali. Ecco cosa differenzia il governante dal manager ed ecco perché uno stato non potrà mai dirsi pari ad un' azienda.

giovedì 26 giugno 2014

I beni infiniti

Anche l’ economista ha qualcosa da imparare dal credente e dall’ economia dei “beni infiniti”. Oggi, infatti, anche  molti beni materiali sono diventati “infiniti”. Se programmo un buon software posso poi riprodurlo all’ infinito a costo zero. Se realizzo un solo e-book posso poi moltiplicarlo all’ infinito a costo zero. Tutto cio' ha delle conseguenze: se il mio software è anche solo leggermente migliore delle alternative, mi accaparro l’ intero mercato, proprio perché stendere la mia produzione a livello cittadino o mondiale mi è indifferente dal punto di vista dei costi. Si tratta di giochini cosiddetti “winner take all”. Se Facebook è anche solo di poco migliore di MySpace, Facebook si prende tutto e MySpace sparisce. Anche grazie a queste dinamiche le ricchezze si concentrano ed emergono pochi super-ricchi dal patrimonio quasi infinito. Il credente ci insegna che quando disponiamo di beni infiniti cio’ che manca, cio’ che scarseggia è il senso, ovvero cio’ che ci consente di trasformare la ricchezza in felicità e realizzazione personale. Noi non viviamo per accumulare patrimoni ma per trasformarli in felicità personale. Ecco allora che intorno al super-ricco si forma una corte di gente che “offre” senso: il cuoco con i suoi piatti unici al mondo, l’ esperto dei vini con i suoi consigli sofisticati, il monaco buddista con la sua filosofia immaginifica, il personal trainer con le idee per una forma perfetta, l’ artista con le sue trasgressioni uniche… Il futuro è di chi sa trasformare la ricchezza in senso e vende i suoi consigli e la sua arte ai super-ricchi. A volte il senso ha bisogno del sacro per emergere, cosicché l' opposizione del credente alla mercificazione che abbiamo cacciato dalla porta, potrebbe rientrare dalla finestra.

mercoledì 25 giugno 2014

Ave Maria

Ave Maria   -    Il saluto con cui il divino incontra l' uomo

Piena di Grazia   -   Dall' esistenza contrassegnata dai miracoli (verginità, ascensione...)

Il Signore sia con te   -   Unita a Dio nella generazione del Figlio

Sia benedetto il tuo nome e benedetto il frutto del tuo seno   -   Destinato a grandi cose nel bene

Santa Maria   -   Dall' umanità esemplare

Madre di Dio  -   Destinata a partorire il figlio di Dio

Prega per noi peccatori   -   Intercedi presso Dio invocando il suo perdono

Adesso e nell' ora della nostra morte   -  Ora e finché dura il tempo utile per decidere il nostro destino.

Globalizzazione e compenso ai manager

la globalizzazione ha fatto esplodere i compensi ai manager. Perché? Essenzialmente due ragioni:

1) La globalizzazione richiede all' impresa strategie allocative, un compito demandato ai manager.

2) Mercati più ampi (globalizzati), spingono la specializzazione del lavoro, il che aumenta la domnda di "coordinatori", ovvero di manager.

sabato 21 giugno 2014

Come emerge uno Stato?

1) Hobbes aveva torto. La vita senza governo non è affatto breve, violenta e spiacevole. La storia ci dice che ci si organizza.

2) In particolare ci si organizza con le persone di fiducia, i familiari innanzitutto. Dalla famiglia si passa alla famiglia allargata fino ad arrivare al clan e alla tribù. Difficile andare oltre, il collante sociale non terrebbe.

3) Il bene da produrre per convivere è la fiducia. Per farlo si ricorre alla cultura dell' onore e alla legge dei clan. Bisogna dire che senza un governo la vita sociale non assomiglia certo a quella sognata dai liberali individualisti. La legge del clan contempla la colpa collettiva: tu sei responsabile anche delle colpe di tuo fratello.

4) Uno dei tipici collanti sociali è la "creazione del nemico comune". I clan sono spesso in guerra tra loro, altro particolare che non piacerebbe agli amanti del pacifico commercio.

5) Le guerre portano a un vincitore che sottomette gli altri formando una specie di superclan dove le relazioni tra i membri cominciano a diventare anonime. Una casta detta legge sul popolo. Qualcuno anziché parlare di superclan parla di "stato naturale".

6) Lo stato naturale, al fine di perpetuarsi, adotta degli espedienti tipici. Innanzitutto facilita la mobilità tra governati e governanti al fine di tener buoni i primi, che son anche i più numerosi. Poi, anche per incrementare la sua efficienza, concede e garantisce i diritti individuali, in particolare il diritto di proprietà. In questo modo ottimizza gli incentivi.

7) I diritti individuali mandano in sollucchero i liberali di ogni risma, ma qui sta il paradosso dell' individualismo: i libertari vedono nello stato un nemico ma senza uno stato centrale forte che crea fiducia i loro adorati diritti individuali rischiano di regredire e venire fagocitati dalla legge dei clan.

8) E' anche vero che lo stato concede strumentalmente i diritti individuali e quindi, altrettanto strumentalmente, li viola non appena gli conviene farlo. Tasse esose, iper-regolamentazione sono la regola dello stato moderno. Lo stato attacca di continuo i diritti individuali ma per paradosso la sua presenza è anche garanzia per essi.

9) Dal punto di vista dell' etica individualista lo stato è ingiustificabile, eppure la sua presenza migliora la nostra condizione visto che garantisce i nostri diritti. Diciamo allora che la presenza dello stato emerge in violazione dei principi in cui crede il libertario ma la sua presenza puo' essere accettata come eccezione al principio, almeno finché lo stato si limita a garantire i diritti individuali (stato minimo) senza estendere la sua azione con interferenze condannabili.

venerdì 20 giugno 2014

Le dinamiche dell' innovazione


  1. La crescita di lungo periodo, ovvero la ricchezza di una nazione, dipende sostanzialmente dall’ innovazione, ovvero dalla produttività.
  2. L’ innovazione dipende dalla ricerca e, secondo la teoria standard, l’ attività di ricerca non consente di internalizzare a sufficienza i benefici prodotti.
  3. Si rendono necessarie convenzioni come i brevetti o i premi pubblici.
  4. Alcuni ritengono che sia necessario un intervento pubblico diretto, almeno nella ricerca di base.
  5. Un’ evidenza annedottica supporta quest’ ultima supposizione. In molte innovazioni recenti lo stato ci ha messo lo zampino, cosicché c’ è chi crede che il meccanismo sia generalizzabile. In molti pensano che mediante i suoi investimenti in ricerca, lo stato compie una politica industriale indicando la direzione agli altri investimenti.
  6. Ma guardiamo a periodi storici in cui i fondi pubblici nella ricerca di base latitavano (e latitava pure la protezione dei brevetti). Il tasso di innovazione era realmente inferiore? Non sembra proprio, almeno se esaminiamo il XIX secolo, oppure se confrontiamo USA e Europa nella prima metà del XX secolo. Per sapere a che punto siamo oggi consultare la curva-tabarrok http://broncobilli.blogspot.com/2014/10/la-curva-di-t.html
  7. L'innovazione nelle mani dello stato è un feto abortito. Internet sarebbe rimasta una specie di telex. In cerca di un'analogia mi vengono in mente i Maya, si dice che non scoprirono mai la ruota. In realtà la conoscevano eccome, nei giochi dei loro bimbi è stata rinvenuta ma l'"invenzione" è stata abortita nella culla.
  8. Negli ultimi 30 la produttività dei paesi avanzati ha rallentato la sua crescita. Tuttavia, questi sono anche gli anni in cui i fondi pubblici sono intervenuti massicciamente un po' ovunque nella ricerca.
  9. Inoltre, guardando all’ evidenza aggregata, notiamo che non esiste correlazione tra fondi pubblici destinati alla ricerca di base e crescita economica. Anzi, la correlazione è negativa. Come spiegarlo senza negare la teoria standard?
  10. Probabilmente non si capisce che lo “stato innovativo” è in concorrenza con il welfare state o il warfare state piuttosto che con lo stato a bassa tassazione. La ricerca pubblica spiazza quella privata di suo, se poi viene finanziata da tasse che scoraggiano i privati, il trade off è ancora più accentuato. In questi casi i benefici della spesa pubblica, pur essendoci, vengono più che compensati. Ecco spiegata la correlazione negativa senza rinnegare la teoria standard.
  11. Oltretutto, nemmeno in teoria si rimedia ai fallimenti di mercato con l’ intervento governativo. I burocrati non hanno incentivi corretti per agire in modo efficace.
  12. C' è poi un altro paradosso. Chi ha studiato "le grandi scoperte dell' umanità" in campo scientifico (es Charles Murray: The great human accomplishment) sa che, almeno rispetto alla popolazione, da metà del XIX secolo, esiste un declino nell' avanzamento del sapere umano, da non confondere con i miglioramenti tecnologici. Strano perché la nozione di "sapere umano" è strettamente imparentata con quella di "ricerca di base" e i massicci interventi governativi in questo campo avvengono proprio nel XX secolo.
  13. Conclusione plausibile. Volete uno stato innovativo? Escogitate un mix di meccanismi per internalizzare i benefici dell' innovazione (brevetti, premi...), poi tagliate il welfare e investite in ricerca, la concorrenza vera è tra queste due opzioni. I poveri delle generazioni presenti saranno sacrificati ai poveri delle generazioni future.
  14. Si dice che la ricerca di base sia copiabile. Vero, ma chi arriva per primo ha sempre grandi vantaggi.
  15. C' è chi dice: niente ricerca di base, niente ricerca applicata. Calma il flusso è spesso invertito. Oltretutto molta ricerca applicata deriva da altra ricerca applicata.
  16. I fondi pubblici portano alla scienza politicizzata, qualcosa di dannoso. Che fare della ricerca sulle staminali? E di quella sul nucleare? Difficile pensare che la politica non finisca per avere un ruolo.
  17. I fondi pubblici favoriscono il big project bias.
  18. Le imprese private spendono in innovazione 2 volte e mezzo delle pubbliche (Hanson seti)
  19. Le imprese private sono 3.5 volte più reattive alle opportunità di investimento innovativo (Hanson seti)
  20. L' innovatore cattura il 3% del valore che produce (Nordhaus)
  21. Molte innovazioni implicano una rivoluzione infrastrutturale per poter essere implementate, cosicché il ruolo dello stato crea incertezze decisive sulla cattura del valore.
  22. Charles Murray ha indagato i fattori che nella storia gli elementi che più incidono sulla produzione di eccellenza sono 1) pace 2) libertà individuale 3) connessione tra le intelligenze 4) riconoscimento e ammirazione generale per il genio
  23. Per i governi la politica culturale più importante è quella legata al copyright, qualche considerazione::

    1. il copyright non è mai stato forte e applicato come nell'era pre-internet, ora, con la pirateria, si tornerà agli standard storici del passato
    2. l'indebolimento del copyright è inevitabile poiché l'autore blinda il suo prodotto con una tecnologia data ma il pirata lo sblocca avendo a disposizione tutte le tecnologie offerte dal futuro
    3. difficile teorizzare sul copyright, anche i libertari sono confusi: qual è la situazione naturale, la situazione di partenza? il pragmatismo diventa l'unica via accettabile
    4. la pirateria internet non arrecherà un danno mortale agli autori poiché la merce culturale ha innanzitutto un valore simbolico: guarda quanto vengono letti i libri acquistati e lo capisci subito
    5. la cultura al tempo del copyright indebolito: ci si avvia verso una riscoperta dell'aurea, verso l'evento unico, l'evento dal vivo, ci sarà un ritorno al passato, chi lo avrebbe detto (walter benjamin no di sicuro)
    continua
  24. c'è un nesso tra diseguaglianze e innovazione http://www.usnews.com/opinion/economic-intelligence/2015/06/04/love-your-iphone-learn-to-love-income-inequality
  25. Innovazione e urbanizzazione (Edward Glaeser). L'innovatore impara x contatto e prossimità prima che x istruzione. Il talento è contagioso. Il talento x esprimersi deve verificare che può farlo, nemmeno lui crede alle sue potenzialità pratiche, da qui l'importanza di vivere dove il ghiaccio è già stato rotto... 
  26. The Hanson-Yudkowsky AI-Foom Debate Robin Hanson, Eliezer Yudkowsky
    • Due approcci per elaborare previsioni sul futuro distante: analogia vs. modello
    • L'analogia individua fenomeni passati simile e cerca di estrarne delle leggi generali applicabili anche in futuro. Il modello studia il fenomeno specifico per come si è sviluppato finora cercando di isolare delle sue leggi interne al fine da prevedere i successivi sviluppi.
    • Philip Tetlock distingueva tra "volpi" e "porcospini".
    • Previsioni: esperto in scommesse (analista di precedenti) vs. esperto di settore (analista specifico)

    • H. è un economista evolutivo (hayekiano), Y. è un ingegnere amante dei progetti che ottimizzano. Il primo è + empirista, il secondo + razionalista
    • Le questioni su IA: emergerà in modo concentrato (un laboratorio proclamerà la scoperta) o in modo diffuso (varie approssimazioni compariranno qua e là)?
    • Che forma assumerà IA? 1) la forma di un pc con i suoi codici o 2) la forma di un emulatore di cervello umano...
    • Per H. sarà un processo diffuso e orientato all'emulazione. Y. è di parere opposto.
    • le diseguaglianze: il modo + efficiente x contenerle consiste nel lasciare una certa xmeabilità all' informazioni in modo che la copiatura dei programmi e delle soluzioni sia facilitata.
    • Le 3 transizioni analoghe: da neanderthal a sapiens, da cacciatore ad agricoltore, da agricoltore a industriale...
    • Cause principali nei fenomeni analoghi: nn tanto la conoscenza specifica quanto la messa in rete delle singole conoscenze.
    • Y. analizza l' agricoltura secondo la narrativa dell' ottimizzatore che dà molto peso all'intelligenza e alla bontà del progetto. H dà + peso al caso e quindi alle capacità combinatorie del sistema. E 
    • Con competizione diffusa e difesa allentata delle idee possiamo avere emersione delle idee migliori senza che il leader distacchi troppo gli altri. Vedi esempio Microsoft.
    • Problemi etici: la società sarà talmente ricca che passeranno in secondo piano.
    • Diseguaglianza: minore di quella prevista ma maggiore di quella possibile in un sistema a stretta regolamentazione. Cruciale la  xmeabilità delle informazioni
    • Il mercato nero sarà importante x lo sviluppo e l' aggiramento delle restrizioni etiche e di brevetto.
    • Problemi legati ad  emulatori  di diversa qualità: originali e tarocchi. Pericolosi i secondi ma essenziali per limitare diseguaglianze sostanziali.
    • Dilemma: gli em obsoleti accetteranno pacificamente il genocidio? Nella storia abbiamo già assistito al genocidio accettato degli improduttivi;
    • Altra analogia: la città. X' i terreni a NY valgono tanto? X' sono incorporati in una rete che valorizza. Può esistere un cervellone che progetta città? No. La città è un sistema complesso e nn si progetta ma emerge evolutivamente valorizzando il caso...
    • Inciso sulla meritorocrazia: l' indice di Shapley obietta al mercato come ordinatore meritocratico ma x altra via il mercato è ancora il rimedio che risponde meglio a qs critiche: oltre alla concorrenza individuale il mercato produce una concorrenza di gruppo (hayekiana) che fa emrgere il gruppo con gli individui disposti al meglio...
    • Altra analogia: il business plan tipico delle dot com: : big jump growth + decelereting growth: esplosione a rendimenti decrescenti con estinzione (bolla) di molte...
    continua
  27. A Critique of Mazzucato’s Entrepreneurial State DI Alberto Mingardi
    • tesi di m.: la politica industriale è il fattore fondamentale x l innovazione. i privati si aggregano....
    • m. cita casi in cui le conseguenze benefiche sono non intenzionali....
    • due problemi di m.: 1 nn considera lo spiazzamento in un sistema di scarse risorse 2 nn dà valore al ruolo della domanda...
    • m. si concentra sugli usa. ma se la sua tesi centrale tenesse dovrebbe essere ancora più vera x l europa dove i governi pesano ancor di più. il che non sembra.
    • m. sulla crisi: è reale la finanza nn c entra. manca innovazione. perchè? xchè manca lo stato...
    • curioso.per m. il governo che corregge i fallimenti di mercato è lo stato minimo teorizzato dalla publi choice...
    • lo stato è importante x innovare? x m. la risposta è davanti ai ns occhi. basta vedere ferrovie farmaci nanotecnologie e soprattutto la mitica internet...
    • ferrovie: chiaro il ruolo preponderante del privato nell innovazione pura. lo stato nazionalizza e crea grandi progetti...
    • problema di m.: esamina solo un xiodo in cui la spesa governativa è esplosa ovunque: difficile pensare che in qlc modo nn incocci con l innovazione. più difficile capire il ruolo giocato....
    • ottocento nn è stato forse innovativo? direi anche più del novecento. e il xiodo della riv. ind.? quello è un culmine. un epoca aurea con lo stato minimo. strano...
    • l onere di m.: provare che l i. è frutto di un progetto governativo consapevole...
    • internet: i finanziamenti governativi erano essenzialmente spesa militare. nn sembra che i. abbia molto a che fare com la guerra. i. fu un esternalità positiva di certi sforzi di ricerca....
    • università: m. le assimila al governo ma le u. americane sono quel che sono x l ambiente competitivo in cui operano e x l adeguamento al mondo del lavoro...
    • la spesa governativa impiegata in un progetto è ben diversa da un fondo governativo conteso in un ambiente competitivo...
    • la m. tipo: siccome lo studente che escogitò il touchscreen studiava in un univ. statale allora l i phone è il frutto della politica industriale governativa. c è qlcs xhe nn va...
    • farmaceutica usa: molti stimoli ricevuti sono identici in altri paesi. chiediamoci xchè funzionano negli usa e meno altrove...
    • m. esalta il giappone anni 70 e il suo recupero sugli usa. motivo? l investimento governativo in RD. ma l urss investiva di più così come il giappone stagnante degli anni novanta...
    • l urss ilvestiva tutto nel settore spaziale. il giappone in tanti settori. xchè? semplice: il giappone aveva industrie private attente alla domanda e quelle andavano finansiate. in urss il governo creava anche le entità da finanziare...
    • la m. implicita: l inintenzionalità conta più dell imtenzionalità. ma qs è assurdo. certo chi compie un azione cambia tutti gli stati futuri dell universo ma nn è nè colpevole nè meritevole del bene e del male che qs stati producono...
    • il ruolo dell imprenditore: sfruttare le conseguenze nn intenzionali. la spesa governativa in molti casi nn è stata altro che un fattore ambientale ben sfruttato. in quanto tale difficile attribuirgli meriti di sorta. sarebbe come attribuire al petrolio i meriti dello sviluppo...
    • le mele che cadono dagli alberi sono fattore di sviluppo innovativo?…
    • m. scambia i fattori ambientali con le cause. ricorda quel tifoso che x negare un rigore guarda al fallo nn fischiato a metà campo un quarto d'ora prima. certo: la catena causale sarebbe stata ben diversa ma quel fallo di per sè non ha nè meriti nè colpe su quanto accaduto...
    • xchè l america è stata scoperta da Colombo e nn dai vichinghi che ci sono arrivati ben prima?…
    • lo stato è un cattivo imprenditore nn xchè manca di genio ma xchè manca di dinamismo nn incontra la domanda lasciando inerti le sue trovate. se opera in un ambiente in cui poi c è qlcn che le valorizza allora rischiamo di nn vedere la sua improduttività e m. a quanto pare fa di tutto x nn vederla...
    • l imprenditore innovatore scopre nuovi bisogni prima che nuove tecnologie in qs senso lo stato nn è certo imprenditore..
    • thiel: oggi l i. avviene nei bits e nn nelle cose xchè le cose sono troppo regolate...
    • m. nn propone un modello. xchè lo stato dovrebbe essere un buon innovatore? come incentiva? come assume? testare un modello è molto più affidabile ma qui il modello manca...
    • tesi m.: i. richiede tempo e xdite. il mercato nn può tollerare il tour de force. ma così come si può essere poco lungimiranti si può essere anche troppo lungimiranti passando di fallimento in fallimento creando delle voragini. e la cosa non è mera teoria.  senonchè: ci sono errori fatti con le proprie risorse così come ci sono errori fatti con le risorse altrui. dove allignerà di più l opportunismo?…
    • policy di m.: tassa e spendi in RD. ci si disinteressa dell impatto di qs tassazione supplettiva. a meno che si intenda sostituire il welfare state con un RD state ma qs è tuttaltro discorso che non penso piaccia a m.
    continua
  28. la tesi della Mazzuccato: "è la spesa pubblica che alimenta l'innovazione" è inaccettabile e, non a caso, sostenuta grazie ad una corposa presenza di non sequitur. Oppure simulando che la ricerca universitaria faccia parte senza eccezioni di "ricerca finanziata dalla spesa pubblica" Tuttavia, puo' essere accettata una tesi similare seppur depotenziata: "a volte dalla spesa militare scaturisce un processo d'innovazione non voluto". Ecco, adesso si puo' discutere.
  29. Mazzuccato: lo stato ha inventato internet. Se è per questo anche l'urss ha "inventato" internet. solo che lì non c'erano i privati e la cosa collassò: Benjamin Peters  How Not to Network a Nation: The Uneasy History of the Soviet Internet,
  30. negli ultimi anni il differenziale di produttività alla frontiera si è allargato. Cosa significa? Forse che non manca l'innovazione ma che si diffonde poco. Spiegazione alternativa: o-ring production. http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2015/10/the-future-is-here-just-not-evenly-distributed.html  *****  http://marginalrevolution.com/marginalrevolution/2015/10/why-has-productivity-dispersion-gone-up.html

  31. The myth of basic science di Matt Ridley
    • scienza di base e innovazione hanno una storia divergente. conta di più trafficare con la tecnologia che fare studi astratti
    • mito: la scienza spinge l innovazione che spinge i commerci. è piuttosto vero il contrario.
    • guarda alla storia: le scoperte scientifiche sono l effetto delle grandi innovazioni
    • l astronomia è fiorita ai tempi dei viaggi spaziali non viceversa. la ruminazione astratta viene dopo.
    • il mondo sarebbe stato diverso senza edison? no. altre 23 persone lo avrebbero ben rimpiazzato
    • con bell idem
    • la nota storia dell invenzione parallela di newton e leibnitz è la norma. una legge evolutiva stabilisce quando i tempi sono maturi
    • darwin wallace malthus
    • la tecnologia è un organismo che si evolve. è lei che trova i suoi inventori
    • nuova visione: la tecnologia è un essere autonomo
    • corollario: brevetti e premi nobel sono assurdi
    • il freno della proibizione ha qualche risultato se eliminiamo la concorrenza.
    • come non si puo' proibire la tecnologia non si puo' neanche incentivarla
    • l inventore è sopravvalutato
    • spesso costa più copiare che inventare
    • francis bacon: il padre dell idea che l'innovazione puo' essere creata o spenta. temeva la marina portoghese e chiedeva grandi investimenti alla corona gb.
    • corollario: i fondi governativi non servono alla scienza.
    • l ortodossia: robert solow: prima l innovazione poi la tecnologia. la storia suggerisce l opposto.
    • periodo tra 1880/1914. paesi gb+usa vs francia+germania. chi ha innovato di più? chi ha finanziato di più?
    • è stata la guerra a chiamar dentro lo stato nella ricerca bellica in gb e usa, non il desiderio di dare una base solida alla prosperità. e l economia non è cresciuta più rapidamente.
    • l' ocse con un certo imbarazzo: solo la ricerca privata impatta sulla crescita. 11970/1998
    • la ricerca pubblica spiazza quella privata, che è più produttiva.
    • ma internet e il bosone di higgs? non è quello il problema, difficile pensare che una massa di fondi andasse completamente a vuoto. anche le fabbriche sovietiche producevano. noi dobbiamo cercare chi ha una migliore produttività non chi produce.
    • conclusione: l innovazione viene da se basta lasciare che le menti più industriose traffichino con la tecnologia e  possano interagire tra loro.
    continua
  32. La proprietà intellettuale è un furto? AAVV
    • Intro di cesare galli
    • 2 critiche al copy:
    • 1 altri sarebbero arrivati in tempi successivi
    • 2 stoppata ogni innovazine derivativa. Forse la più importante.
    • Differenza tra copy e prop. materiale: solo per quest ultima esiste scarsità del bene.
    • Alternativa: 1 statalizzazione con aste 2 brevetti a scadenza 3 contrattualizzazione
    • Cap3 henry lepage
    • Brevetto: premio conferito all innovatore attraverso un monopolio naturale
    • Conclusione: l analisi economica dà risultati ambigui e differenziati x settore. Meglio allora l analisi filosofica del problema.
    • Il male: nn copiare ma appropriarsi in modo fraudolento.
    • Locke: l uomo è proprietario del proprio lavoro dei propri pensieri.
    • Se stendo lamia idea su un foglietto e mi viene rubato il foglietto, allora l atto deprecabile è il furto nn la copia
    • Se costruisco una casa originale prospiciente la strada...
    • Conclusione:nessuno nasce col diritto a nn essere copiato
    • Alternative al  brevetto:
    • 1 investendo in anticipo l inventore guadagna ugualmente
    • 2 storicamente molte invenzioni anche senza copy. La curiosità umana si scatena anche senza compensi
    • 3 la pubblicità finanzia il prodotto creativo in alternativa al copy
    • 4 ricorso al segreto di fabbrica e a discipline contrattuali
    • Argomenti pro brevetto:
    • 1 stimola l innovazione
    • 2 rende pubbliche le innovazioni a scadenza
    • 3 abbatte i costi di transazione della contrattualistica in alternativa
    • Contro brevetti
    • 1 società ingiusta
    • 2 ostacolano l innovazione cumulativa
    • 3 difficile misurare il tasso di innovazione. Nessuno sembra aver dimostrato che i brevetti aiutano
    • 4 rischio: troppi in investimenti in ricerca.
    • Cap4 tom palmer
    • Copy: proprietà su oggetti ideali. Ma esistono gli oggetti ideali? Una questione metafisica
    • 2 approccia difesa del copy:
    • 1 difesa dei frutti del lavoro
    • 2 difesa della dignità(chi inventa e si vede copiato subisce un umiliazione)
    • Utilitarismo: alcuni rivendica alcuni negano
    • Teoria del fascio:la prop è un fascio di diritti. Se il fascio è opportunamente calibrato emerge un copy
    • Se il fondamento filosofi o della prop è la prop di se stessi allora la approp dell idea di un altro nn viola il fondamento
    • Il diritto al copy viola anche la libertà contrattuale e nn emerge da alcun contratto. Sembra proprio un diritto incoerente.
    • Cap5 richard epstein
    • Locke: la prop ci rende liberi
    • Critica di rawls: meglio fo darsi sul contratto per nn dare troppo spazio alla fortuna
    • Critica a rawls: con lusioni ambigue su tutto. Meglio la chiarezza dei giusnatutalisti alla locke. E poi, se nn merito io chi merita? Nota: l utilitarista epstein opta per l utile chiarezza del giusnaturalista
    • Sì è vero, il copy ha fondamenta filosofiche precarie. Ma neanche la prop materiale è molto più salda: senza l utilitarismo della chiarezza la  ritica dirawls sarebbe vincente
    continua
  33. 1-10 The Hanson-Yudkowsky AI-Foom Debate by Robin Hanson, Eliezer Yudkowsky - letretempesteprecedenti homoagrindustr analogiaomodello? unuomoconquistailmondo? pcchecostruisconopc analogiaastrazione
  34. 1 The Low-Hanging Fruit We Ate -The Great Stagnation: How America Ate All The Low-Hanging Fruit of Modern History, Got Sick, and Will (Eventually)  by Tyler Cowen - joblessrecovery motoredeldebito polarizzazionepolitica ortodossiadellacrescitainfinita nojetson ilperiodomagico lostudentemarginale redditomedianopiatto energiaediscriminazioni negazionistieredistribuzionisti rdaumentaeleinnivazionidiminuiscono innovazionepubblicaeprivata
  35. tabarrok: alternativa al sussidio: ripetizione di esperimenti, costituzione dataset e ricerche ad alto rischio + premi