venerdì 11 luglio 2008

Interventismi

La terza città più violenta degli USA dichiara guerra... alla vita bassa. Ho dei soprassalti libertari.



Time Abuse

Per autodiagnosi da fare sotto l'ombrellone, leggere qui.

diana

p.s. per la lista dei gruppi di auto-aiuto: www.TAA.org (Time Abusers Anonymous)

Tennis d' acciaio

La partita con le palline più dure la gioca Arkadi Shilklper. Le spara con il suo corno d' acciaio. Da vedere non è granchè, ma d' ascoltare...

Avvisi preventivi per diventare ricchi (o poveri) studiando

Cosa studiare per avere un buon salario?

Qualche idea:


  1. Computer Engineering

  2. Economics

  3. Electrical Engineering

  4. Computer Science

  5. Mechanical Engineering

  6. Finance

  7. Mathematics

  8. Civil Engineering

  9. Political Science

  10. Marketing

  11. Accounting

  12. ...


Ecco, adesso, in preda alle vostre passioni insopprimibili, correte a iscrivervi a psicologia, sociologia o lettere antiche. Poi, quando avrete problemi alla quarta settimana del mese, non andate in piazza a strillare e a dire che non vi avevo avvisato.

Capitalismo dimezzato

Sembra che alla Clinica Santa Rita di Milano non tutte le operazioni chirurgiche effettuate fossero indispensabili. Venivano però giustificate dal tentativo di intascare rimborsi facili.

Un Ospedale pubblico non incorrerà mai in simili comportamenti, per lui non esistono incentivi alla produttività. E' una lacuna fonte di tanti guai, ma in questo caso è una garanzia.

Possiamo ben dire che il "modello lombardo" sia ora sotto accusa e, poichè siamo in Italia, ad essere sotto accusa è il sistema capitalistico in genere.

Certo, un' accusa credibile non puo' fondarsi interamente su un caso o su pochi casi, occorrerebbero numeri più rappresentativi per il momento sconosciuti. La cosa che tranquillizza è il fittissmo andirivieni creato dal turismo medico che interessa la Lombardia. Chissà che ora non cessi di botto, bisogna pur essere coerenti.

Nelle mentalità conservatrici la presenza di un inconveniente viene subito sfruttata per reclamare il ripristino del vecchio. Sarebbe molto meglio sfruttarla per una messa a punto dell' esistente.

Togliere incentivi alla produzione di servizi medici non è un migioramento poichè saremmo da capo a dodici con i guai di prima che conosciamo bene.

L' incentivo produttivo è importante ma sono importanti anche i controlli. Nel caso della Santa Rita la "produzione" è colpevole di aver barato, ma anche i controlli sono colpevoli di inefficienza.

Certo che una buona riuscita delle soluzioni d' impronta capitalistica richiede anche una mentalità adeguata e partecipe, anche la cultura reclama la sua importanza. E da noi l' amore per le libertà economiche è piuttosto fievole.

Nel mondo, il sistema capitalistico ha sbaragliato i suoi concorrenti per l' efficienza che era in grado di mettere sul piatto.

Per i critici torna comodo dare molta enfasi all' efficienza produttiva, meno all' efficienza sui controlli. Si crea così un' immagine dimezzata del capitalismo che è molto comodo criticare.

Eppure c' è anche un' efficienza dei controlli, anche i controlli sono un' attività a tutti gli effetti: in un mercato senza fallimenti si crea un conflitto d' interessi e ciascuno controlla il proprio vicino. L' efficienza è garantita da una buona struttura degli incentivi.

Come una "produzione" sottratta alla mano pubblica guadagna in efficienza, così pure vale per l' attività di "controllo".

Il turpe caso del Santa Rita conferma: la produzione (privata) era efficiente (troppo), i controlli (pubblici) no. Una doppia inefficienza non ci fa fare rassicuranti passi in avanti.

Il conflitto d' interessi che consente un reciproco controllo non si realizzava per il semplice fatto che una delle parti era il pubblico e il pubblico, per definizione, ha interessi deboli da mettere "in conflitto".

Se a pagare la clinica fosse stata un' assicurazione privata forse le cose sarebbero andate diversamente. Forse il Brega Massone non l' avrebbe turlupinata tanto facilmente (anche se abbiamo appena visto come molti proletari abbiano buggerato le grandi banche americane in tema di mutui).

Insomma, bisognerebbe incentivare anche i controlli oltre che la produzione.

Come? privatizzandoli e offrendo delle taglie. Magari le associazioni dei consumatori potrebbero rivestire un ruolo che vada finalmente al di là della vuota chiacchera o della denuncia esplosiva che non esplode mai.

Da noi le "taglie" non vanno troppo di moda per il fatto paradossale ma non banale che sono fin "troppo efficienti".

Chi si impaurisce di questa efficienza dovrebbe poi trattenere le urla scandalizzate di fronte ai casi del Santa Rita.

Attenzione, un buon "conflitto d' interessi" offre controlli efficienti, ma non sono tutte rose e fiori: il prezzo della sanità sale. Se i rischi per le cliniche si alzano si alzeranno anche i prezzi, è naturale. In parte verranno pagati anche dall' utenza.

Precisazione: si alzeranno i prezzi ma non i costi. Molto semplicemente conosceremo il prezzo reale del servizio di cui godiamo. Se consideriamo come i prezzi finti siano sempre fonte di guai dovremmo essere contenti.

giovedì 10 luglio 2008

Un condor "pasa" sul blog

Lo spingono i tamburi tartaglioni di Bennink, lo soffia il contralto di Moore, lo fiondano le corde di Reijseger... ecco che apre le ali.


Utilitarismi: come mixare il cocktail

Poca arte, ma quanto ingegno...

Il gol di Torres e la proposizione 9

"... Xavi, Xavi... palla in verticale... Torres... Torres... gooooool, gooool, goooool...."

Mentre io mi esaltavo, la miri restava impassibile. E ci credo, lei non aveva mai giocato a calcio.

Torres, nella finale, segnava il gol che decideva l' Europeo in favore della Spagna.

Nè io, nè la Miri eravamo coinvolti passionalmente, eppure io mi lasciavo entusiasmare dal gol, la miri no, per lei era un gol come un altro.

Anzi, prima ancora dei replay già mi chiedeva di "girare" su Filomena Marturano con la Loren e Mastroianni... ma come? Le donne non capiscono proprio niente, nè di Jazz, nè di calcio... vai al cine, vacci tu, io sto qui che aspetto Bartali.

Per la miri era un gol come un altro. Ma non aveva colpe a travisare così. L' avrebbe detto chiunque non avesse giocato a calcio.

Bisogna aver giocato per capire che era un grande gol per almeno quattro motivi poco percepibili:

  1. la velocità e il riflesso con cui Torres bruciava il difensore tedesco;
  2. la finta con cui Torres spiazzava il difensore tedesco;
  3. la scorrettezza al limite, tanto quanto basta per non farsi fischiare fallo, con cui Torres ostacolava il difensore tedesco;
  4. il gesto tecnico ("colpo sotto") compiuto in condizioni dinamiche estreme, con cui Torres scavalcava il portiere tedesco.

Quello era un grande gol, Torres è un grande centravanti (infatti solo il cartellino costa 60 milioni). Forse bisogna aver giocato per saperlo.

Ma bisogna aver giocato per apprezzare il calcio? In molti casi sì, il calcio non è uno spettacolo estetico, è uno spettacolo utilitaristico, bisogna vincere.

Lo scopo del calcio non è la produzione del bello, è la produzione della vittoria.

Un gol come quello di Torres non era bellissimo, altrimenti anche la miri ne sarebbe stata colpita, era però difficilissimo, frutto di equilibri miracolosi.

Per la vittoria conta più saper superare le difficoltà che non l' estetica. Ecco perchè chi ha giocato ha dei vantaggi nel giudizio, perchè le difficoltà possono essere latenti.

La prop9 ci dice che nell' arte le cose campiano radicalmente. Per giudicare la bellezza di un' opera non conta saper fare qualcosa di equivalente.

Un pianista puo' esibirsi superando mille passaggi ostici, e magari solo un suo collega in sala se ne accorge, uno che "ha giocato".

Ma la cosa è irrilevante da un punto di vista estetico. Puo' esserlo in un' ottica professionale, artigianale, ma non dal punto di vista del giudizio estetico.

Per il giudizio estetico l' artista è un cavallo nell' ippodromo: serve e non giudica se stesso.

L' estetica non giudica cio' che sta dietro le quinte, non giudica i metodi e le difficoltà incontrate per produrre l' opera. Giudica l' opera, il risultato finale e si disinteressa del resto.

L' Opera non è un' impresa utilitaristica come il calcio, la produttività dell' artista conta poco, il suo virtuosismo è solo strumentale in senso basso e il giudizio estetico puo' disinteressarsene per concentrarsi sull' esito.

Il calcio, essendo utilitaristico, apprezza, valorizza e dà centralità allo Strumento. Il lato artigianale dell' arte fa altrettanto, ma il lato estetico puo' tranquillamente scordarne l' esistenza per concentrarsi sul suo oggetto.

Spero che qualche esagerazione sia compensata da una maggiore chiarezza.

Hat tip a Davide che... se hai un' ideuzza stando da solo, discutendone con una controparte, ne germogliano altre dieci.

Proposizione Vonnegut

Il dibattito sull' estetica originato da questo post e proseguito nei link allegati, ferve. Ora il contributo di Vonnegut:

"... Maestro, come distinguere un buon quadro da uno cattivo?"

"Basta solo, mia cara, guardare un milione di quadri e non potrai sbagliarti"

"vero, vero".

Hat tip a Matteo (che mi ha regalato il libro).

mercoledì 9 luglio 2008

Indeterminazione, gratuità e la fuga nel passato

Questo è un post di servizio, Davide non riesce a riperire, non dico musica, ma nemmeno informazioni su Nin La Quan, batterista anomalo, titolare di un power quartett hardcore metal con Doneda e Repecaud, ma anche collaboratore regolare di Xenaxis.

Purtroppo i lavori più rock li ho solo in vinile (risalgono agli anni 80) e la conversione sarebbe troppo laboriosa.

Qui c' è invece un lavoretto per sole percussioni, forse è un po' ostico, ma trattasi di esemplificare.

Poi ci sono i giapponesi Ground Zero, da un cd di una decina di anni fa traggo questo pezzo, un po' truculento ma anche ironico. Insomma, ambiguo. Bello l' omaggio al forsennato e spoglio drumming in stile punk.

Metto questi due pezzi non perchè rappresentino qualcosa di particolare. Discutendo ho fatto una ventina di nomi, ne avrei potuti fare altri 50. Siccome da un accertamento a campione di Davide, è nei suoi diritti, questi mancavano all' appello...

Per i pochi scambi avuti so già che Davide non gradisce questa musica. In merito ho una mia congettura: non penso sia un fatto di "gusto", quanto piuttosto un semplice rifiuto dei parametri fondativi della sensibilità contemporanea, la quale difficilmente prescinde dalla materia bruta, indomabile (lato demenziale) e/o dall' incontro allucinato (lato straniante e umoristico). Tutte cose che ho tentato di dire meglio qui.

Ma l' arte compare imprevista anche fuori di ogni progetto estetico, all' improvviso. Per esempio in un pezzo folk che ascolto molto in questo periodo e che ho già linkato. Compare e si concentra struggente nell' assolo del clarinetto di Mirabassi. E vaffanbagno se è solo timido e romantico e non invece allucinato o demenziale. Salvo il fatto che che dell' Accademia, anche in questo caso, c' è solo la tecnica magistrale. Piaciuto? Allora beccatevi un bacio. Anzi Il Primo Bacio.

Indeterminazione e gratuità. Vi disturbano? Non vi resta che rifugiarvi nel passato

Se l' arte ci parla del mondo come fa la scienza, allora le due discipline potrebbero procedere a braccetto nella storia. In fondo, la sensibilità dell' uomo è unica e unico il suo sguardo sul mondo. Quando la scienza muta, puoi scommettere che alcune ripercussioni si avranno anche in campo artistico.

Voler tracciare però un parallelo rigoroso, è stato fatto, fa sfiorare il ridicolo a chi lo propone, quindi meglio procedere con i piedi di piombo.

Osservo dapprima che le scienze del secolo passato hanno accolto e tentato di descrivere alla meglio i fenomeni caotici.

E' accaduto persino nelle scienze più "dure" come la fisica: come formalizzare il comportamento delle particelle subatomiche senza ripiegare sulla statistica? Come descrivere la dinamica dei gas senza ricorrere allo studio degli errori e delle approssimazioni? E non parlo poi di quelle discipline, come la biologia, che da sempre si confrontano con l' indeterminato.

Il meccanicismo newtoniano è andato ormai in pensione, nemmeno si parla più di "leggi naturali", si fa molto prima a considerare probabilistica la natura di certe regolarità, anche delle più affidabili. Per qualcuno le teorie quantistiche nemmeno erano "scienza". Anche Einstein opinò osservando come Dio non giocasse a dadi. Oggi mi sembra che la discussione sia chiusa.

Secondo me questo movimento nelle scienze ha un corrispettivo nell' arte, parlo ora della musica: il rumore e l' aleatorietà assumono un ruolo centrale; una certa concezione del suono "ben temperato" segue con la sua sorte il "meccanicismo" e va in pensione.

L' aleatorietà nelle esecuzioni (improvvisazione) è la quinta essenza dell' indeterminazione, le parentele lì sono chiare, non c' è nulla da aggiungere. Ma anche il rumore ha una struttura sonora indeterminata, per quanto lo si controlli, altrimenti non sarebbe rumore.

Naturalmente, poichè l' arte si incarna in un linguaggio, "rumore" e "aleatorietà" devono trovare accoglienza in un contesto che li disciplini in modo creativo, che ne faccia un uso espressivo organizzandoli a dovere.

E' possibilissimo "controllare" il rumore e l' aleatorio, ce lo dice in primo luogo la scienza: la statistica controlla i suoi errori attraverso intervalli di confidenza. Altro esempio, Kantor, maneggiando gli infiniti, ci ha detto che alcuni infiniti sono più grandi di altri, che il loro mondo è estremamente vario e sorprendente, esempio: se abbiamo infiniti mattoni possiamo costruire infinite case e le case saranno più numerose dei mattoni.

L' arte di oggi è soprattutto quella che sa controllare il "rumore". E il "rumore" puo' essere "suonato" in infiniti modi. E' vario e sorprendente.

Ma le accademie musicali, pur accortesi per tempo che la via era questa, mi sembra che abbiano fallito nell' impresa.

Da Pousser a Stockhausen, da Maderna a Evangelisti, da Nono a Manzoni, per non parlare della "musica concreta", hanno proposto un rumorismo freddo e, secondo me, male integrato con la tradizione. Molti sono scappati, pochi hanno capito, nessuno ha goduto.

Con molto più profitto quelle strade sono state battute da chi partiva dal Rock e dal Jazz. Musiche che, anche se elementare, avevano sviluppato una loro tradizione dialogante con "rumore" e "aleatorietà".

E' bastato che una generazione di musicisti usciti da lì, una generazione di musicisti consapevoli, virtuosi e colti cominciasse a nutrire vere ambizioni artistiche, ed ecco che i risultati sono venuti.

Il loro "rumorismo" si è rivelato molto più vitale, molto più carico da un punto di vista esistenziale. Pieno di umorismo, truculenza divertita, gioie, dolori e tutte le infinite vie di mezzo, di sopra e di sotto. Al loro confronto, gli accademici sembravano invece impegnati in una pedante tassonomia da conferenzieri.

Dopo la lunga premessa esprimo la mia prima tesi: penso che la lingua musicale del nostro tempo sia debitrice dei musicisti usciti dai laboratori del rock, del jazz e del folk non omologato, prima ancora che della tradizione accademica impantanatasi a Darmstadt.


***


L' indetrminazione è solo un aspetto della scienza moderna. L' altro è la gratuità.

La legge scientifica ha assunto una natura statistica, cio' significa che la scienza rinuncia ad indagare le cause prime. Rinuncia a "dare spiegazioni", si limita a descrivere come dicono Mach e Duhem.

Il "fenomeno" esce dal nulla, non è mai spiegato alla radice. magari non lo faceva neanche prima, ma l' ambizione non era mai dismessa. La scienza ora diventa pragmatica e non soccorre più l' uomo nella sua esigenza profonda di capire le ragioni profonde.

Il mondo "non spiegato" assume natura allucinatoria. L' artista novecentesco, in tutti i settori, ha captato questa vuoto, questa sentimento dell' assurdo, questa vena allucinata e l' ha riprodotta.

La musica accademica ha una sua tradizione dello straniamento che fa capo a Stravinsky. Una tradizione presto tarpata però, forse per la paura di mischiare certi ambienti "seri" con il grottesco e l' umoristico inevitabile quando qualcuno cerca di sollevarsi prendendosi per i capelli.

E anche qui le musiche popolari soccorrono. Mai come qui possono dire la loro e l' hanno detta: cosa si presta alla degradazione più che la già vile canzonetta? E gli autori pop con ambizioni artistiche spesso hanno sfruttato queste possibilità.

La musica si irrigidisce in una mera canzone di genere raggelata, una musica commerciale, sradicata, che si limità ad una vile, chiassosa ed inspiegabile presenza. Puro oggetto pop iperealistico, epifania non attesa e disturbante.

Tesi seconda: anche il sentimento di gratuità, di straniamento, di assurdo trova nella musica popolare (pop), adeguatamente virgolettata da artisti consapevoli, il canale migliore attraverso cui esprimersi.

P.S. questo post fa parte di una discussione con davide, puo' essere utile un rimando qua, qua e qua.

Nuove aristocrazie

La meritocrazia sembra sia un' invezione del socialismo europeo, in particolare fu partorita all' interno del labour party dall' eminenza grigia Michael Young.

L' intento era quello rendere tollerabili anche forti diseguaglianze in presenza di una forte mobilità sociale. Una vera rivoluzione che oggi potremmo chiamare anti-sessantottina.

I risultati non furono molto soddisfacenti poichè i ragazzi migliori selezionati nei test provenivano tutti da famiglie ad alto reddito.

I nostalgici del buon vecchio egalitarismo alzarono subito la voce.

Ma altre minacce incombevano sul progetto.

Dopo un periodo di riflessione Young prese le distanze dalla sua creatura: era partito con l' intento di abbattere i provilegi ma si accorgeva che stava creando una nuova aristocrazia fondata sul talento e probabilmente sulla genetica (aristocrazia dello sperma fortunato). Era infatti molto probabile che i "migliori" conducendo vita simile si sposassero tra loro.

Forse la meritocrazia non era concetto molto idoneo a conciliarsi con l' ideale socialista.

Il libro di Young è piuttosto visionario, si conclude con la rivoluzione dei QI bassi, il proletariato del futuro.

In una società come quella USA, poco "socialista" e poco amante delle paturnie filosofiche - alle visioni di Young avrebbe potuto interessarsi giusto Hollywood - ci si preoccupo' poco di questi sviluppi inquietanti.

In fondo la selezione meritocratica sarebbe andata a vantaggio di tutti. Anche perchè l' élite avrebbe pur sempre agito in un quadro liberale, vera garanzia di tutta l' operazione.

Gli eredi di Young non abbandonano il progetto e si dimostrano più fiduciosi del maestro. Cercano d' insistere sulle pari opportunità a partire dall' inizio, dall' ambiente famigliare di partenza e dalla possibilità di uniformarlo.

Forse, in termini di efficientismo, una simile variante è saggia. Ma non mi sembra certo in grado di tranquillizzare granchè chi nutra preoccupazioni vicine a quelle di Young.





***




Cosa ostacola l' introduzione di meritocrazia:



  1. L' invidia. L' egalitarismo meritocratico non allevia le pene dell' invidioso.

  2. La funzionalità. I test sono un valido strumento di selezione? Ovviamente non sempre, spesso ci sono dei dubbi, spesso richiedono un' integrazione sostanziosa. Con queste premesse è facile sostenere che non siano MAI validi. Chiediamoci: meglio una diseguaglianza ingiusta o una eguaglianza ingiusta? Coloro i quali reputano che un' ingiustizia valga l' altra (pochi), sono più disponibili a lavorare con i test e a migliorarli.

  3. L' effetto valanga. Una valutazione ne trascina con sè altre. Se posso stimare quantitativamente la preparazione di un allievo, posso stimare anche il contributo dell' insegnante e strutturare meritocraticamente anche quel settore. Cio' rende sospetta tanta opposizione ai test: anche chi si dimostrerebbe disponibile, consapevole delle conseguenze, alza un muro.

  4. Avversione al rischio. Una società stagnante (magari egalitaria e assistenziale) favorisce, seleziona e sviluppa l' avversione al rischio. Cio' spiega perchè spesso al merito si oppone anche il soggetto che, in termini di neutralità del rischio, migliorerebbe la sua condizione con le riforme.


  5. ...

martedì 8 luglio 2008

Dopo gli animali, dopo i marziani, c' è chi si interroga sui diritti dei graffiti.

Da oggi non camminerete più troppo attaccati ai muri. Come tirar fuori qualcosa di creativo dalle tecniche della stop-motion. E occhio, anzi orecchio, anche alla didascalia musicale di Martignoni.



MUTO a wall-painted animation by BLU from blu on Vimeo.

Tutto realizzato graffitando i muri del garage dietro casa.

Droga libera. Beato il Paese che non ha bisogno di eroi (anti-mafia).

Nella sua lotta per depenalizzare il crimine che non nuoce agli altri, il libertario affonda regolarmente il suo vascello sullo scoglio delle droghe pesanti.

Liberalizzarle sembra decisamente impossibile, i rischi che la domanda s' impenni sono troppo elevati.

Ma anche il proibizionismo ha fallito viste le mafie che tiene in piedi regalando loro fortune inenarrabili. Anzi, la mafia così come la conosciamo oggi, esiste grazie alla droga, fonte primaria nelle entrate delle cosche. Non parlo poi dei costi e dei fallimenti della lotta ai traffici internazionali.

Ho sempre pensato che gli eroi anti-mafia non servano a granchè. Molto più utile sarebbe una legge sulle droghe.

Questa mi sembra una buona idea, almeno per partire con tentativi sensati.

Di cosa si tratta? Semplice, legalizzare la vendita di droga imponendo prezzi decrescenti in relazione allo stadio di assuefazione del consumatore. Il tutto accompagnato da una schedatura del drogato e da un luogo fisico dove consumare la droga stessa.

Qualcuno ha paura che la droga legalizzata convogli verso il vizio molta gioventù.

Ma per i ragazzi puliti la vendita legale sarebbe interdetta (è il prezzo più alto). In un centro autorizzato mai nessuno comincerà a drogarsi. E difficilmente si potrà iniziare a farlo fuori: che se ne fa la mafia degli spacciatori di un cliente che subito li abbandonerà? Di sicuro il martellante marketing ora in voga, non avendo più senso, si sgonfierebbe.

Altri temono la microcriminalità dei drogati.

Ma la schedatura degli acquirenti offre uno strumento indiretto d' indagine notevole per combattere una microcriminalità che oggi è prevalentemente impunita.

Senza contare che la schedatura offre la possibilità di introdurre altri disincentivi. Per esempio il mancato accesso ad una serie di posizioni per chi non intraprende certi percorsi riabilitativi.

A costoro che hanno a cuore la criminalità faccio solo notare le ingenti forze di polizia che si libererebbero per essere destinate alla lotta contro crimini diversi da quelli legati allo spaccio.

Altri ancora non si fidano dei rivenditori privati.

Un privatizzatore come me si fida che i controlli pubblici, dalle e ridalle, raggiungano una certa efficienza, anche in virtù delle schedature e dei registri di carico e scarico obbligatori e rigorosi. Ma questo non è l' argomento in ballo, concedo pure che tutta l' operazione venga gestita dal SSN.

Alcuni dicono, ma perchè io cittadino dovrei pagare la droga al tossico?

E chi l' ha detto? I margini dei malavitosi (soprattutto quello richiesto per l' illegalità dell' operazione) sono tali che la concorrenza nei loro confronti sarebbe vincente senza uscirne con delle perdite. Avete presente quanto costa l' oppio al produttore? L' operazione si autofinanzierebbe.

Zingales dice che i successi nella battaglia anti-fumo sono stati raggiunti "ghettizzando" i consumatori.

Aggiungo che anche l' immagine dell' eroinomane come persona "lercia" ha contribuito a spostare i consumi su cocaina e acidi (droghe più "pulite" e signorili).

Ebbene, consumare la coca in uno squallido stanzone anzichè nella discoteca trendy, insieme con la schedatura tra gli sfigati, puo' offrire un contributo notevole a sgonfiare molta mitologia malefica.

Mi piacerebbe capire se e dove inciampa questo "primo passo".

lunedì 7 luglio 2008

Imprenditori in polvere

Perchè il numero di microimprese in Italia è tanto elevato? Perchè la nostra struttura produttiva si discosta tanto da quella di molti Paesi più avanzati di noi?

E' un aspetto preoccupante, molte riforme risultano impraticabili a causa dell' estrema dispersione degli imprenditori.

Non mancano però gli aspetti positivi: si diffonde meglio una salutare mentalità imprenditoriale (è il popolo delle partite IVA). Quella mentalità più matura che sostituisce il tiro alla fune ideologico delle "conquiste" con il bilancino dei pro e contro.

Ora però non vorrei occuparmi se "piccolo" sia più o meno bello, do la precedenza alle domande del primo capoverso e offro due ipotesi:



  1. La regolamentazione posta sul lavoro dipendente è repressiva; si cerca di aggirarla puntando a forme elusive di imprenditorialità e trziarizzazione; conquiste come lo Statuto dei Lavoratori, nonchè la sciagurata giurisprudenza che ha innescato, hanno semplicemente ucciso cio' che volevano tutelare estinguendo la figura del Lavoratore in favore di quella ambigua di Microimprenditore.



  2. Il nostro welfare è stato costruito anche mediante una tolleranza spinta dell' evasione fiscale, soprattutto al sud. Cio' ha consentito di mantenere in vita parecchie microimprese improduttive. Ma perchè un microimprenditore improduttivo non cessa la sua attività per andare "sotto padrone"? A parte la scarsità di domanda (vedi 1), è sempre meglio "comandare" che "essere comandati". Specie se uno è abituato così. La differenza che si spunta con l' evasione impedisce di cedere le leve del comando, anche quando la barca fa acqua. A proposito, la preferenza verso il comandare piuttosto che verso l' ubbidire, giustificherebbe i redditi talvolta inferiori che il micro-imprenditore spunta rispetto agli stipendi dei suoi dipendenti!

Forme di welfare: microcredito ed evasione fiscale

Questo articolo sembra fare il punto in maniera credibile sulla pratica del microcredito.

Per alcuni, per esempio gli assegnatari del Nobel a Yanus, l' idea appariva forse come epocale.

Anche per questo alcune conclusioni meritano di essere evidenziate.

Non ci si aspetti che il microcredito risolva o allievi in modo significativo il problema della povertà. In genere è una boccata d' ossigeno, ma poche persone escono dalla loro condizione grazie a queste pratiche.

Il microcredito è sempre esistito, lo si sappia. Coloro che prendono i soldi dalle banche del microcredito, li prendevano senza molte difficoltà anche ieri. Ogni villaggio ha infatti sempre avuto il suo "prestatore" che agiva al di fuori del circuito bancario. Solo che le banche di oggi chiedono tassi intorno al 50-100%, il "prestatore" era invece più esoso, nonchè scrupoloso nel riscuotere. E' un miglioramento, certo, non una soluzione rivoluzionaria.

Il microcredito generalmente non aiuta lo start-up di nuove aziende. I denari ottenuti così vengono consumati in seno alla famiglia o risparmiati con l' acquisto di una mucca o di una capra (non si creda che la mucca sia un investimento! E' un risparmio: nessun povero risparmia in contanti, verrebbero subito parenti ed amici a chiedere favori non rifiutabili; la mucca invece non puo' essere fatta a pezzi). Al massimo si investe in beni da usare promiscuamente sia nell' azienda che in famiglia (per esempio il cellulare).

Non si creda nemmeno che il microcredito sia esente dall' incorporazione in titoli collaterali. Visto che siamo nel mezzo di una crisi subprime, ovvero di titoli minati da mutui concessi ai meno abbienti, la cosa non puo' che preoccupare.

Conclusione: quasi sempre il microcredito si risolve in una specie di elemosina con un lato positivo: consente al povero di mantenere un' attività che lo impegna durante la giornata e, quindi, una propria dignità personale. E' un' assistenza anche psicologica. Dall' altro canto cancrenizza le cose come stanno mantenendo in vita una miriade di imprese non produttive.

In un certo senso il microcredito ha effetti simili all' evasione fiscale tollerata a lungo specie nel sud Italia. Mancando di un vero welfare, si sorvola sull'evasione diffusa dei piccoli: costoro possono stare a galla conducendo la loro aziendina senza costituire un problema sociale: sbarcano il lunario e sono alle prese con un' attività che li impegna fattivamente e dà loro qualche soddisfazione illusoria. I pregi e i difetti sono i medesimi del microcredito: si campa ma ci si immobilizza con una produttività deprimente.

La struttura polverizzata del nostro sistema produttivo forse è dovuta anche a questo: 1) evasione fiscale tollerata che consente al micro imprenditore di portare avanti la sua impresa improduttiva (in fondo è meglio comandare che essere comandati) 2 e regolamentazione del lavoro dipendente oppressiva.



http://www.wilsoncenter.org/index.cfm?fuseaction=wq.essay&essay_id=361250

Finalmente 2 film (3)

ci riprovo, vediamo un po' se questa volta ci sono riuscita.

Sennò scriverò il link per esteso....

ciao
d

Il declino della guerra

Now let's try a thought experiment. What if that same tribal rate were true for modern states? In this purely hypothetical situation, we would be seeing 165 thousand Canadian deaths every year from warfare alone, 2.5 million deaths in the European Union, and 6.6 million in China! Clearly nothing like this is happening.

Here is another way of thinking about it: Richard Rhodes once calculated that warfare of all kinds caused 100 million military and civilian deaths worldwide during the 20th century. But if the entire world had been suffering war-related deaths at the tribal rate then, as Keeley points out, there would have been two billion deaths due to war over the course of that war-torn century.

The dramatic decline in the risk of death due to warfare during the last two or so millennia demands for explanation. There are numerous theories, of course, but essentially all of them include the idea that the growth of states has acted to decrease the risk of death due to warfare — despite the well-documented propensity of states to engage in war, and the staggering growth in military firepower


http://tqe.quaker.org/2007/TQE159-EN-War.html

L' animalismo portatore di diseguaglianze

La cultura animalista soffre di un doppio blocco:

Da un lato non puo' affermare risolutamente che, in tema di diritti, le "differenze non contino". Infatti gli stessi animalisti, parlando di "diritti", rispettano molte differenze: un gorilla non è un topo, un topo non è una pulce, una pulce non è una pianta.

Dall' altro non possono nemmeno affermare che le "differenze contano", altrimenti sarebbe lecito introdurle anche tra gli uomini.

Il fatto è che il GAP vorrebbe dedurre i diritti etici di un soggetto dalle sue capacità. Questa procedura potrebbe sedurre qualcuno ma poi non manca di rivelare i suoi pericoli.

Non c' è dubbio che il gorilla abbia delle capacità, per esempio linguistiche, maggiori rispetto alla pulce. Ecco che allora, secondo il GAP, a lui spetterebbe una generosa manciata dei diritti.

Ma i diritti si conquistano davvero con le "capacità"?

Se fosse così bisognerebbe introdurre molte distinzioni anche tra gli uomini. Per esempio, in una democrazia, potremmo rendere ineleggibili le persone che a 18 anni abbiano l' IQ sotto una certa soglia.

Una conquista etica fondamentale, l' eguaglianza dei diritti, andrebbe così a farsi benedire.

Questi "pasticci" sono tipici di chi vorebbe dedurre dei "valori" da dei "fatti".

Certo, i fatti sono fondamentali per giudicare, ma i valori hanno un' origine differente. Derivano da un Principio.

Un uomo ha dei diritti in quanto "Uomo", non in quanto "essere capace di fare certe cose". Esiste qualcosa che chiamiamo "umanità", da lì dentro escono i nostri diritti.

Questa parola, "umanità", possiamo renderla con altre parole: "auto-coscienza", "imputabilità", "libertà", "responsabilità"...

Non sono i fatti a decidere se un essere è "responsabile", l' ultima parola spetta sempre a noi e alla nostra sensibilità nell' individuare un Principio.

Qualcuno dirà: "Ma come riconosco l' "Uomo"? Come riconosco il Principio?". Secondo me con la Ragione. Soccorre infatti la coerenza. Se l' uomo è "respnsabile" delle sue azioni e io tratto "quella" creatura "come se" fosse responsabile - per esempio processandola quando commette un omicidio o un furto - allora sono di fronte ad un Uomo.

Su questi temi è difficile trovare qualcosa in rete oltre a molta fuffa, specie sul fronte anti-animalista. Diversi filosofi si pronunciano sul tema ma c' è poco di "dedicato". Segnalo pertanto il blog di Waseley Smith. Magari si puo' iniziare da questo post.

Strade: meno regole, più cervelli

Le regole sono costose e, a volte, per la nostra sicurezza, è meglio levarle che metterle.

Ne sa qualcosa chi si occupa di frodi finanziarie, ora la questione è affrontata anche da chi si occupa della circolazione sulle nostre strade.

Per combattere il traffico e gli incidenti nelle grandi città europee (specie al nord), il nuovo trend sembra consistere nel bonificare le strade stesse dall' eccesso di segnaletica e di semafori.

Anche da noi le "rotonde" stanno soppiantando la regolamentazione più rigida.

Un ruolo sempre maggiore è affidato alle teste degli automobilisti e al loro buon senso.

Molti incidenti sono divuti alle distrazioni, se la concentrazione viene spesso sollecitata i rischi scendono. I pazzi, poi, non sono così frequenti e, oltretutto, un semaforo non è per loro una barriera invalicabile.

In piccolo e in laboratorio, anche qui spunta il solito adagio: solo la fiducia nell' uomo è portatrice di libertà.