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giovedì 21 febbraio 2008

Diseguaglianze e sviluppo

Grafici interessanti. Si badi bene a come si legano diseguaglianza e opportunità.


"...Quintin and Saving go on to point out that in the United States income inequality might not be as important as equality of opportunity. That would seem consistent with the large rates of immigration to this country: in other countries income and opportunity inequality go hand-in-hand whereas in the United States (and select other countries) opportunity is much more available to all, notwithstanding claims to the contrary..."

La globalizzazione fa divergere?

Esaminando gli ultimi due secoli sembrerebbe, ma forse l' intervallo prescelto non è molto significativo.

Per spiegare lo sviluppo, meglio Solow o Lucas?

Il capitale umano di Solow è la cosa che conta di più.

American dream alla prova

Prova superata.

lunedì 11 febbraio 2008

Chi sono i più poveri d' Europa?

Gli scandinavi.

"...A study by international accounting firm KPMG reported that when disposable income was adjusted for cost of living, Scandinavians were the poorest people in Western Europe..."

L' FMI cambia ricetta

Guido Tabellini Sole 10.02.2008 p.1

"...in passato, quando un Paese in via di sviluppo si indebitava troppo, l' FMI ha sempre predicato austerità e risanamento di bilancio. Ora che è toccato agli Stati Uniti, il medico ha cambiato ricetta..."

giovedì 7 febbraio 2008

Globalizzazione e diseguaglianza

Le osservazioni di Becker.

Attenzione a considerare sia la diseguaglianza nei paesi coinvolti che quella tra i Paesi coinvolti.

Attenzione a sceverare la diseguaglianza dovuta all' apertura commerciale da quella dovuta allo spread tecnologico.

martedì 5 febbraio 2008

Redditi al palo

Quali?



"...I dati relativi al 2006 dell'indagine sui bilanci familiari della Banca d'Italia confermano quanto era prevedibile: gli indici di disuguaglianza e povertà per le famiglie italiane non hanno subito di recente modifiche di rilievo. Con un rischio di povertà molto superiore per i giovani rispetto agli anziani. Tuttavia, è in corso da tempo una ricomposizione interna ai redditi delle classi medie. Crescono i redditi degli indipendenti, mentre sono praticamente fermi quelli dei dipendenti, soprattutto nel settore privato. E l'euro non c'entra..."


Questa dell' euro che non c' enta niente mica l' ho capita tanto. Molto più lineare la spiegazione del Galimberti sul Sole di qualche giorno fa: poichè l' euro ha causato spinte inflazionistiche, cosa possibile per motivazioni psicologiche abbinate alla scarsa concorrenzialità dei nostri mercati, hanno soccombuto i redditi fissi.


Nei commenti che i media hanno dedicato ai dati pubblicati dalla Banca d’Italia, la responsabilità della redistribuzione a favore degli indipendenti è stata attribuita all’euro. Eppure, se prendiamo sul serio i dati della Banca d’Italia, e consideriamo anche il periodo 1995-2000, è evidente che anche ben prima dell’euro le cose sono andate decisamente meglio per le famiglie degli indipendenti. Certo, l’indagine Banca d’Italia può avere problemi a cogliere con precisione i redditi di alcune categorie, però la tendenza di fondo sembra evidente: la redistribuzione è in corso da tempo, e può essere solo in parte attribuita all’introduzione dell’euro.


Non sembra molto indicativo prendere a base di tutto il cuore dei ruggenti anno novanta. Lo sappiamo che lì si stava gonfiando una bolla mica da ridere.

Prove di sorpasso

Spagna a tutta birra.

"...non ha molto senso angosciarsi per il sorpasso spagnolo quando il vero problema è la tendenza di lungo periodo. E questa mostra chiaramente che il reddito italiano pro capite a parità di potere d'acquisto è costantemente calato nell'ultimo decennio. Sicuramente le cause saranno svariate e complesse, ma investire di più e meglio nell'istruzione potrebbe davvero fare la differenza nel prossimo futuro. Anche perché la Grecia partendo dallo stesso livello dell'Italia, ha adesso una popolazione con circa il 30 per cento in più di anni di scolarizzazione..."

mercoledì 30 gennaio 2008

La salute dell' America Latina

Bel resoconto di Alessandro Merli sul 24 ore di oggi p.18.
Il prezzo delle materie prime ha spinto una buona crescita. Dal punto di vista finanziario il sistema sembra al riparo dalle scosse internaznonali. Ma...
"...il problema è che quasi nessun paese latinoamericano ha approfittato degli anni di vacche grasse per fare le risorse strutturali, soprattutto micro, necessarie a creare un clima favorevole all' attività di impresa...Anche in questa fase positiva, l' America Latina ha continuato a perdere terreno sull' Asia"

martedì 29 gennaio 2008

Economia canaglia

Presentato a fahrenheit il libro di Loretta Napoleoni: Economia canaglia, Il Saggiatore.

Non che io abbia letto il libro, nè che per il momento abbia intenzione di farlo. Nonostante questo, alcune sollecitazioni mi provocano anche solo ascoltando la presentazione fatta in studio.

Devo subito dire che il concetto stesso di "economia canaglia" mi arriva sfocato, non riesco ad afferrarlo con sufficiente chiarezza.

  1. L' economia canaglia...quando la raccomandazione e i comportamenti egoistici dilagano. Veramente la raccomandazione "dilaga" quando i comportamenti egoistici latitano, ovvero quando il profitto passa in secondo piano, quando ci si puo' permettere di anteporre un favore ai propri interessi immediati.


  2. L' economia canaglia...quando mancano le regole...quando la corruzione imperversa. Ma la corruzione si realizza proprio in presenza di regole al fine di aggirarle. la presenza di una regolamentazione pletorica la favorisce in ogni senso. Oltretutto, tanto più le regole sono inefficienti, quanto più la corruzione attecchisce.


  3. Un antidoto all' economia canaglia potrà essere la finanza islamica. Cosa? Non mi sembra che a distanza di anni la finanza islamica abbia mai dimostrato una particolare vitalità. Probabilmente nemmeno esisterebbe se non per l' immensa ricchezza accumulata grazie allo sfruttamento delle risorse petrolifere e alle dinamiche demografiche. Di sicuro non trae la sua importanza dalle particolari regole a cui si assoggetta. Anzi, semmai è penalizzata da quei vincoli soffocanti.


  4. Contro l' economia canaglia affidiamoci all' etica. Un sistema in grado di produrre ricchezza si alimenta sia di comportamenti altruistici (accettazione delle regole), sia di comportamenti egoistici (ricerca del profitto). I primi però non sono centrali per almeno due motivi: 1) le regole sono poche, 2) le regole procurano un vantaggio materiale a tutti quindi, si potrebbe dire, la loro accettazione richiede una forma "lungimirante" di egoismo piuttosto che un vero e proprio altruismo disinteressato. Quando l' etica viene richiesta in dosi tanto minimali, invocarla è rischioso poichè la sua istituzionalizzazione soffoca l' etica stessa e il sistema a cui viene imposta. La Sharia applicata alla finanza mi sembra un esempio lampante che non necessita commenti. Non che con questo abbia provato granchè visto che, colpo di scena, l' Autrice sembra proprio invocare per la finanza un' arcaica precettistica di origine coranica!


  5. L' economia canaglia...trova terreno fertile nei momenti di transizione. Quando non esistono regole bisogna crearne. Qual è il modo pià efficace? Una ricetta non c' è. Nonostante questa sconsolata osservazione, lasciare che regole emergano affidandosi al libero gioco delle forze in campo (economia canaglia), almeno per desumerne un orientamento, puo' essere la soluzione migliore. D' altronde, l' alternativa sarebbe quella per cui delle regole vengano imposte a tutti dall' alto con l' uso di una forza superiore. Come si vede l' economia canaglia, in questi casi, non solo trova il suo spazio nei mommenti di transizione, ma è addirittura auspicabile.


  6. L' economia canaglia è inevitabile e spesso fornisce anche dei buoni servigi. Devo ammettere che nel resoconto ascoltato questo messaggio era pure presente. Naturalmente non riesco a conciliarlo con il resto, disinnescare la contraddizione mi sembra arduo.

martedì 22 gennaio 2008

L' industria umanitaria

La parola all' antropologo Alberto Salsa ascoltabile qui ( http://podcast.rtsi.ch/ReteDue/Laser/LASERL'Africaafiordipelle114-01-08.mp3 ):

"...l' industria umanitaria è la settima al mondo. Sta sorgendo il dubbio che non si vogliano risolvere i problemi per non mettere in crisi il settore..."

venerdì 18 gennaio 2008

La libertà nel mondo? Cercatela in oriente

Declino dell' occidente?

Più libertà economica, più ricchezza

La morale è sempre quella. Qualche grafico aggiornato.

McDonald's fa bene al mondo

Interessante articolo sull' argomento.

"Critics have excoriated the US fast-food industry in general, and McDonald's most particularly, both per se and as a symbol of the United States. However, examining McDonald's internationalization and development abroad suggests that McDonald's and the others of its ilk are sources of development for mid-range countries. McDonald's brings training in management, encourages entrepreneurship directly through franchises and indirectly through demonstration effects, creates backward linkages that develop local suppliers, fosters exports by their suppliers, and has positive external effects on productivity and standards of service, cleanliness, and quality in the host economies"

martedì 15 gennaio 2008

Alla ricerca del feliciometro

Importante studio opina sulla cosiddetta economia della felicità.

Sostituendo la misura del PIL con gli indicatori di felicità si rende ancora più vago e manipolabile un concetto quale quello di "bene pubblico".

"...Hayek said of the phrase ‘the common good’ that: ‘it does not need much reflection to see that [this term has] no sufficiently definite meaning to determine a particular course of action..."

Quando si parla di felicità sacatta un riflesso condizionato e si pensa subito a politiche ambientali o di giustizia sociale. Non è così.

"...many people automatically assume that happinessbased policy would advance causes that they already champion, such as environmental protection or social justice. We saw in the previous chapter, however, that there does not appear to be any evidence that happiness-based environmental policy would offer improvements to current practice..."

Il riferimento alla felicità pone problemi etici non indifferenti, pensiamo al caso del Bhutan, ovvero del Paese che più coerentemente segue queste politiche.

"...Kingdom of Bhutan, for example, is cited approvingly by leading happiness advocates for being the first country in the world to use the concept of gross national happiness as the basis for policy. In this fortunate nation, national dress is compulsory and, until recently, television was banned..."

"...Bhutan wants to protect and maintain its culture, so the government achieves this by expelling the minority of the population which is ethnically Nepalese..."

La felicità sembra avere una forte relazione con l' invidia. L' invidia deriva da un confronto con chi ci sta vicino. La ricerca della felicità sembra penalizzare i modelli meritocratici.

"...it is only income within peer groups – among groups of people with whom one compares oneself – which determines happiness, rather than income inequality in society as a whole..."

Al momento sembrano non esserci variabili economico-sociali saldamente correlate con la felicità, ecco che allora ci si pone un dubbio.

"...even trying to increase the sum total of human happiness is an exercise in monumental futility, or that there are serious problems with measuring happiness..."

Come distinguere le politiche sociali alla luce dell' economia della felicità?

"...As Chapter 6 mentions, arguably the real dichotomy is not that of a material versus a holistic conception of welfare; it is between accepting preferences as a useful indicator of welfare, despite the acknowledged flaws of such an approach, and not doing so..."

Cosa nasconde in fondo il tentativo di introdurre misurazioni alternative al PIL?

"...until relatively recently, many well-meaning people on the left believed that the state should play an active role in the dayto- day running of industry. Following the abject failure of central planning in the Soviet bloc, there are few takers for this position today. But the reflex to reductively pinpoint capitalism as the root of all evil, the urge to intervene, the belief that the expert knows better than the ordinary person what is good for him or her, are incurable. Happiness research is one of the latest manifestations of this tendency. But, just like central planning, it is inherently flawed...".