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lunedì 6 agosto 2018

IL PARADOSSO DI ZENONE RISOLTO

IL PARADOSSO DI ZENONE RISOLTO
Achille, simbolo di rapidità, deve raggiungere la tartaruga, simbolo di lentezza. Achille corre dieci volte più svelto della tartaruga e le concede dieci metri di vantaggio. Achille corre quei dieci metri e la tartaruga percorre un metro; Achille percorre quel metro, la tartaruga percorre un decimetro; Achille percorre quel decimetro, la tartaruga percorre un centimetro; Achille percorre quel centimetro, la tartaruga percorre un millimetro; Achille percorre quel millimetro, la tartaruga percorre un decimo di millimetro, e così via all'infinito; di modo che Achille può correre per sempre senza raggiungerla.
Molti, tra l’insoddisfazione generale, considerano la storia di Achille come la dimostrazione che il movimento sia solo un’illusione (e con esso anche il tempo). Si va da Parmenide all’influente filosofo Emanuele Severino, ma anche l’originale scrittore da cui ho tratto la storiella: Jorge Louis Borges.
Tuttavia, ci sono modi più sensati di risolvere il paradosso delle serie infinite da completare. Di solito, infatti, si generano da una confusione tra due significati ben distinti di “infinito”: il primo considera tale una serie progressiva in cui non esiste l’ultimo membro (o ultimo evento), il secondo una serie in cui la realizzazione di tutti i membri (o eventi) richiederebbe un tempo eterno. La serie infinita nel primo senso non puo’ essere completata ma si esaurisce ugualmente poiché per esaurirsi non necessità affatto che di realizzi l’ultimo evento della serie. Questa analogia dovrebbe chiarire meglio il punto: se io ti chiedo durante la mia assenza di nutrire i cuccioli che ho in casa, tu li nutrirai tutti: se ho una tartaruga, nutrirai anche lei; ma se non ho una tartaruga tu, anche qualora non la nutrissi, avrai adempiuto ugualmente al tuo compito: cio’ che non c’è non puo’ realizzarsi. Allo stesso modo per adempiere una serie infinita non è necessario che si realizzi l’ultimo evento per il semplice motivo che in una serie di questo genere l’ultimo evento non esiste. La serie di frazioni che separa Achille dalla tartaruga, quindi, si esaurirà senza completarsi e Achille procederà a quel sorpasso che tutti noi vediamo e di cui non abbiamo affatto intenzione di dubitare (alla faccia di filosofi affascinanti ma improbabili quali Parmenide, Severino e Borges).

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giovedì 2 agosto 2018

APOCALISSE

APOCALISSE
Riempio una borsa grande di biglietti numerati dall’uno al mille e una borsa piccola di biglietti numerati dall’uno al dieci. Poi ti informo che ho estratto casualmente il biglietto numero otto chiedendoti da quale borsa ho pescato. Per te è facile indicare la borsa piccola poiché pescando da lì la probabilità che esca l’otto è maggiore.
Con la stessa logica possiamo affermare che la nostra civiltà è prossima al collasso. Ammettiamo che ad ogni terrestre (passato, presente e futuro) venga assegnato un biglietto numerato che va dall’uno (il primo uomo) all’ X (l'ultimo uomo): che numero avrà il vostro? Boh, non avendo la minima idea di dove collocarvi in questa sequenza di terrestri è saggio ipotizzare un numero di mezzo. Ma se è così, considerati i trend della popolazione umana (vedi foto), l’apocalisse è molto vicina.
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C

martedì 31 luglio 2018

IL GIOCO DEL MATTATOIO

IL GIOCO DEL MATTATOIO
E’ un gioco crudelissimo: dopo che siete entrati nella stanza del mattatoio gli organizzatori lanciano la monetina non truccata, se viene testa vi sparano, se viene croce vi liberano chiamando altre 9 persone a cui riserveranno il medesimo trattamento. In caso di rilascio delle 9 persone ne chiameranno altre 90 e poi altre 900 e così via finché il gioco avrà termine.
Sapendo che vostro figlio è stato chiamato nella stanza che probabilità avete di poterlo riabbracciare?
La risposta non è semplice perché chi entra nella stanza ha sì una probabilità del 50% di cavarsela ma nello stesso partecipa ad un gioco che ha una mortalità del 90%, in genere chi partecipa a questi giochi ci lascia le penne nel 90% dei casi.
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Paradox Lost: Logical Solutions to Ten Puzzles of Philosophy
Commenti
Riccardo Mariani A pensarci bene la mortalità del gioco non è necessariamente del 90%, il tutto puo’ concludersi infatti senza vittime, basta postulare un numero di partecipanti finito. Ammettiamo per esempio che mio figlio sia l’unico giocatore: qui è chiaro che le probabilità di morire è del 50% poiché si puo’ giocare solo un turno e si lancia solo una volta la moneta. Ma se la popolazione dei giocatori potenziali fosse pari a 10 le cose non cambierebbero: mio figlio potrebbe entrare nel mattatoio con probabilità 1/10 nel primo turno - entra solo una persona su 10 - e avere la probabilità del 50% di morire, questo evento si verificherebbe con probabilità complessiva del 5% (50%*1/10). Oppure, con probabilità 9/10, potrebbe entrare nel secondo turno sempre con una probabilità di morire del 50%, questo secondo evento si verificherebbe con probabilità del 45%. Sommando le probabilità dei due eventi (45+5) torno al mio solito 50%. Se la popolazione dei giocatori fosse pari a 100 potrebbero esserci tre turni e anche qui, facendo lo stesso ragionamento fatto per i 10 giocatori, scoprirei per mio figlio una probabilità di morire del 50%. Insomma, finché la popolazione dei giocatori è in numero finito non ci sono paradossi da sanare, la probabilità del 50% emerge sempre. Ma se la popolazione è infinita? Ecco, in questo caso la probabilità che il gioco si concluda senza una strage si azzera e il paradosso si presenta in tutta la sua sconcertante realtà. Per sanarlo l’unica cosa da fare sarebbe quella di considerare un simile infinito vizioso, ovvero impossibile, implausibile o inspiegabile. Ma questo è un altro discorso. Per esempio è possibile "giocare all'infinito"? Sicuramente è difficile concepire un gioco del genere con degli umani, una razza destinata comunque ad estinguersi, dovrei pensare a delle macchine autosufficienti in grado di ripararsi all'infinito. Si tratta comunque di ipotesi difficili da formulare.

venerdì 12 maggio 2017

Due tipi di mentalità: scientifica e no

Una buona classificazione è una mezza soluzione.
Tuttavia, la cosa più difficile è classificare gli uomini, anche per questo il pensiero umanista sembra meno rigoroso.
Un aiuto a classificare in modo significativo gli uomini in due gruppi ci viene dalla storiella di Newcomb. Ascoltatela e schieratevi.
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Un Essere Superintelligente (ES) scende sulla terra da Marte dando prova ripetutamente di saper leggere nella mente degli uomini e di poter prevedere le loro azioni.
Un bel giorno ES ci convoca nel suo laboratorio dove ci sono due scatole: una nera e una trasparente. Nella seconda è possibili scorgere la presenza di 100 euro.
ES: “ora scegliete se 1) portarvi via la scatola nera o 2) portarvele via entrambe.
Sappiate però che io sono in grado di prevedere la vostra scelta e sappiate anche che ho messo 1.000.000 di euro nella scatola nera qualora la scelta prevista da me (che vi taccio) fosse stata 1).”
Io opto subito per 2): che ci sia o no il milione di euro, io mi porto via tutto garantendomi 100 euro in più.
Il mio amico opta per 1): ES ha dato continuamente prova di poter prevedere il futuro, quindi è il caso di fidarsi e scegliere 1).
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Tesi: il mio amico ha una mentalità scientifica, io una mentalità astratta.
Lui fa affidamento sui fatti, io sulla logica.
Io credo nell’analisi, lui nella sintesi.
Io credo nelle affermazioni apriori, lui nell’esperienza.
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Facciamo un caso più estremo: Alfredo è più alto di Luigi che è più alto di Giorgio. Domanda: chi è più alto tra Alfredo e Giorgio?
Io: senza alzarmi dal tavolino: “Alfredo”.
Il mio amico: misura e poi dice: “Alfredo”.
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E voi siete dei tipi scientifici come il mio amico o metafisici come me?
Molti filosofi contemporanei ambiscono ad essere “scientifici”, arrivano a negare l’esistenza di proposizioni analitiche, ovvero di proposizioni vere per definizione.
La loro negazione è interessante: dicono che poiché tra le parole non esiste la relazione di “sinonimia”, allora non esistono neanche proposizioni analitiche.
Due parole sono sinonime se sono intercambiabili in qualsiasi affermazione, e non esistono parole intercambiabili.
Due” e “2” non sono intercambiabili, per esempio. Considerate l’affermazione “Due è una parola con tre lettere”. Vi sembra che siano sostituibili?
E’ una dimostrazione ingegnosa ma, secondo me, chi sostiene l’ “esistenza” ha argomenti più forti: tutti noi sappiamo produrre  centinaia di proposizioni analitiche non ambigue: “ogni rettangolo ha quattro lati”, “ogni gatto è un gatto”... Si tratta affermazioni ben diverse da “ogni rettangolo è blu”, oppure “ogni gatto è tigrato”. Tutti percepiamo la differenza, dimostrare che non esiste è una perdita di tempo.
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Proposizioni analitiche, verità a priori, astrazioni… tutto puzza di metafisica l’uomo moderno ne rifugge (scegliendo 1). Non l’uomo di buon senso: perché mai negare l’evidenza?
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Da notare che chi sceglie 2) implicitamente fa anche affermazioni empiriche che andrebbero verificate: non è possibile che il futuro determini il passato. E’ un’affermazione più che ragionevole ma resta un’affermazione empirica che l’esistenza di ES mette in discussione.
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